Elezioni in Valle. Zone grigie

TG Valle Susa

I casi delle liste con la dicitura No Tav “non autorizzata”. L’assenza di liste di centrodestra in alcuni Comuni sembra indicare accordi sottobanco di desistenza. Prc conferma l’inganno di Condove.

di Fabrizio Salmoni

Con la presentazione delle liste, i giochi sono fatti. Quelli buoni e quelli ambigui, i più fastidiosi perchè mirano a confondere la gente e a ingannare gli elettori. Giochi sleali, insomma come quelli di Rifondazione che inserisce la scritta No Tav nel simbolo della lista di Buttigliera Alta e in quello regionale de L’Altro Piemonte a Sinistra e cosi facendo si presta – quanto inconsapevolmente? – a iniziative discutibili che potrebbero costarle l’azzeramento della presenza in Valle. Non che sia un peccato mortale ma certamente l’idea di usare la dicitura No Tav si configura come scorrettezza nei confronti del Movimento se non altro perchè non discussa nella sua sede naturale: il Coordinamento dei Comitati.. E poi perchè pretende di mettere un cappello a liste che rappresentano solo una piccolissima parte di un Movimento dalle mille componenti che si muovono su delicati equilibri e funzionano per decisioni collettive.

Ma l’anomalia più curiosa si manifesta altrove, soprattutto a Bussoleno e Condove: il centrodestra non si presenta. Potrebbe non sorprendere di fronte allo sgretolarsi di quel fronte sul piano nazionale e regionale ma, come sappiamo, la Val Susa è un caso particolare dove sono in gioco enormi interessi in nome dei quali si sono anche tentate operazioni politiche estreme. Come quella di Avigliana 2012 quando Pd e Pdl si unirono in alleanza “contro natura” pur di non far vincere la lista No Tav e ambientalista di Patrizio. L’anomala alleanza era stata perorata dal Chiamparino e dal Pd. Si era particolarmente attivato il senatore Esposito, quello che dove va fa guasti. E infatti ad Avigliana vinse Patrizio.

Ebbene, visti i precedenti, e considerato il reiterato interesse a intorbidare le acque tramite il proconsole Ferrentino, la circostanza è sospetta e merita approfondimento. Luigi Casel, candidato sindaco a Bussoleno con la lista civica Cambiamo Insieme rileva che ci sono un paio di elementi di centrodestra nella lista Allasio ma ritiene improbabile che, almeno sul piano locale, ci sia un vero accordo tra Pd e centrodestra. Tanto più considerando il pur blando impegno della concorrente contro il Tav.

Per Condove il discorso sembra diverso: a detta di Riccardo Cinato, che fu inizialmente designato a candidato del centrodestra, il progetto sfumò per la presenza ingombrante della lista Bruno che si sarebbe in parte sovrapposta e avrebbe definitivamente scoraggiato il varo di una seconda lista. Argomento chiaro ma che presenta qualche debolezza se si considera che Piero Bruno, pur proveniente da un’esperienza leghista, non si considera tanto di centrodestra quanto “lista civica a 360°” e non vuole dare una sua versione sulle ragioni per il ritiro di Cinato. Ma intanto, fuori dall’ufficialità, volano “rumours”   di un intervento esplicito di “Giaveno” (leggi Osvaldo Napoli) per ritirare la lista Cinato. Chi ha in realtà le chiavi della grigia vicenda è Rifondazione Comunista. Un dirigente torinese da noi interpellato sulla ragione della loro adesione alla lista Sarti conferma che la motivazione è il rifiuto di Veggio di dar loro due posti in lista giustificando cosi la confluenza nella lista Sarti, una lista solo “formalmente No Tav” (lo dice ammiccando e sottolineando l’avverbio), una “forma” utile a salvare le apparenze di Rifondazione ma evidentemente – diciamo noi – anche a ingannare gli elettori. Alla nostra replica (“Ma come, per due posti in lista fate il salto dall’altra parte?“) la risposta è “Bisogna pur sopravvivere…“. Parole che sanciscono la deriva opportunistica di un partitino in debito di ossigeno e che chiariscono definitivamente la natura e la ragion d’essere della lista Sarti. Mistero risolto e cittadino avvisato.(F.S. 4.5.2014)

Le strane amicizie del Pm Rinaudo. L’intero dossier

http://www.tgvallesusa.it/?p=7720TG Valle Susa

Intrecci e appalti intorno al capoluogo torinese.

da notav.info

Riceviamo e volentieri pubblichiamo da parte di un No Tav questa minuziosa inchiesta che dimostra come la vicenda giudiziaria messa in atto contro i No Tav non avvenga per amor di giustizia. Non avvenga nemmeno in maniera disinteressata. Uno dei due Pm con l’elmetto ha un ruolo chiave in molte vicende della nostra regione, appassionato di calcio e del potere del calcio, il Pm Antonio Rinaudo, sempre solerte nei confronti dei No Tav, non sembra lo stesso per le sue frequentazioni e per lui medesimo.
E’ un No Tav a fornirci questa inchiesta, e ancora una volta ci fa pensare molto sul ruolo e il coinvolgimento dell’informazione nella crociata contro la Valsusa. Nessuno, in nessuna redazione, si è mai posto delle domande, ha fatto una ricerca negli archivi, per provare a capire qualcosa in più dell’astio profuso dai Pm contro giovani e meno giovani del movimento. Forse perché tutti troppo abituati a stringere mani.
Qui di seguito pubblichiamo la prima puntata dell’inchiesta. In calce tutte le parti suddivise per capitolo.

Le strane amicizie del Pm Rinaudo. Parte I. Magistratura e ‘Ndrangheta all’attacco della Val Susa

Nell’ottobre 2003 un pubblico ministero della procura di Torino, Antonio Malagnino, ricevette un rapporto dei carabinieri in cui comparivano telefonate “amichevoli” tra un suo collega in procura, Antonio Rinaudo, e un uomo, tale Antonio Esposito detto Tonino, soprannominato negli ambienti malavitosi “O’ Americano”, già accusato di aver pianificato un omicidio negli anni Ottanta, emissario a Torino del più potente e famoso boss della ‘Ndrangheta in Val Susa: Rocco Lo Presti, le cui attività criminali avevano condotto nel 1995 allo scioglimento per mafia del comune di Bardonecchia (primo caso nel nord Italia). Motivo scatenante dello scioglimento era stata l’inchiesta sul sindaco della piccola città alpina, che aveva concesso proprio a Lo Presti appalti miliardari in qualità di boss di quella “mafia della Val Susa” che connotò negativamente, per decenni, la fama di quei territori – fino alla nascita del movimento No Tav. Oggi Antonio Rinaudo gestisce con furore la battaglia giudiziaria contro quel movimento e difende un cantiere da più parti accusato di essere il nuovo e più grande bancomat per la stessa e sempre più potente organizzazione criminale.

La scoperta delle relazioni pericolose tra Rinaudo e l’emissario della ’Ndrangheta valsusina non portarono, sorprendentemente, ad alcuna conseguenza di rilievo per il magistrato. Rinaudo continuò, indisturbato, a ricoprire il suo ruolo di pubblico ministero. In quello stesso anno, anzi, gli fu affidata proprio un’inchiesta su attività riconducibili alla ‘Ndrangheta. Si trattava di sessantacinque persone coinvolte in un traffico internazionale tra tre paesi e due continenti. Rinaudo, per loro fortuna, lascerà giacere il fascicolo per ben dieci anni nel suo cassetto, prima di riesumarlo, appena un anno fa, quando per tutti gli indagati è ormai garantito, nei fatti, l’esito della prescrizione. È il procedimento 6616/02 R.G. G.I.P.: la chiusura indagini è datata 2003, ma la richiesta di rinvio a giudizio di Rinaudo (unico titolare dell’inchiesta) è dell’agosto 2013, dieci anni in ritardo e ad appena dieci giorni dalla firma del magistrato sulle prime accuse di terrorismo per chi si oppone all’alta velocità.

Prima di arrivare in Val Susa e imbastire la guerra giudiziaria contro il movimento, Rinaudo ha avuto tempo di lasciare altre tracce delle sue relazioni pericolose. Il 26 febbraio 2005, quando Tonino Esposito ormai da anni gestiva l’impero dello strozzinaggio per conto di Lo Presti a Torino, Rinaudo fece al criminale una delle tante telefonate, chiedendogli di passare a prenderlo in macchina per portarlo a cena in un Hotel di lusso, dove lo aspettava Luciano Moggi, da cui il pubblico ministero, scopriranno i carabinieri, riceveva da tempo regalie e favori. Ironia della sorte, il malavitoso si lamentò della richiesta di Rinaudo proprio con Moggi (che definì al telefono il pm “’Na rottura di palle”) e sbottò: “Questi qua so’ tutti la stessa pasta, so’, ‘sti magistrati!”. La telefonata era intercettata, stavolta, dal nucleo investigativo dei carabinieri di Roma, su ordine della direzione distrettuale antimafia di Napoli, che indagava, tra l’altro, sugli agganci che Moggi aveva con le forze di polizia e negli ambienti giudiziari.
Proprio da quelle telefonate emerse la presenza, alla cena tra Moggi, Rinaudo e Tonino Esposito, anche dell’avvocato ed ex deputato del Msi Andrea Galasso. La presenza di Galasso (che i carabinieri di Roma definiscono “comune amico” di Rinaudo e Moggi) conduce nuovamente, guarda caso, alla Val Susa. Galasso aveva difeso il presunto mandante di Esposito per il vecchio caso di omicidio: era Franco Froio, dirigente supremo dei lavori per l’autostrada del Frejus che ingrassarono a tal punto il clan di Lo Presti da attirare le attenzioni della commissione antimafia. Ora, mentre è a cena con Rinaudo, Galasso assiste il suo amico e sodale politico Ugo Martinat (all’epoca viceministro dei lavori pubblici), mentre suo fratello darà domicilio legale a Vincenzo Procopio, suo portaborse. I due erano sotto inchiesta per gli appalti truccati al previsto cantiere Tav di Venaus: il viceministro, grazie al suo faccendiere, aveva messo in piedi un sistema di incassi in favore di Alleanza Nazionale per tutti gli appalti pubblici del torinese, ma anche una spartizione occulta del denaro stanziato per il Tav (che coinvolse anche l’allora ministro per i lavori pubblici, Pietro Lunardi).

I fili pronti a dipanarsi dalle frequentazioni di Rinaudo, però, sono appena cominciati. Quando Antonio Malagnino scoprì i suoi rapporti con l’uomo di Lo Presti, nel 2003, stava indagando su vicende criminali che avevano il loro fulcro proprio nel rapporto tra Tonino Esposito e Vincenzo Procopio, l’uomo degli appalti a Venaus. Accadde in quell’anno, infatti, che Procopio (membro del comitato direttivo di Torino 2006) ricevesse strane telefonate di minaccia, per poi essere avvicinato da Tonino in persona, che gli disse: “So che hai dei problemi. Conosco persone che possono aiutarti”. Fu a partire da questo avvicinamento mafioso, e dal successivo invio di cinque buste contenenti proiettili calibro 10 a tutti i dirigenti del comitato direttivo, che la procura ordinò l’intercettazione dell’utenza di Esposito e appurò tanto i suoi contatti con Rinaudo quando quelli con Lo Presti, scoprendo le attività usurarie a Torino del boss della ‘Ndrangheta e il tentativo di infiltrazione nei cantieri olimpici.

Lo Presti ed Esposito furono arrestati alla fine del 2006, pochi giorni prima che uno dei sessantacinque indagati che Rinaudo aveva “dimenticato” nel suo cassetto, Rocco Varacalli (un affiliato di primo piano della ‘Ndrangheta), cominciasse a parlare con (altri) magistrati e raccontasse che tutti gli appalti di Torino 2006 erano stati assegnati dal comitato olimpico a ditte facenti capo alla sua organizzazione, così come i lavori finanziati dalla giunta Chiamparino per il piano regolatore torinese (spina 3) e dal governo per il Tav Torino-Milano (che servì anche a interrare quintali di rifiuti tossici nella pianura padana). E qui la storia inizia a farsi complicata. Varacalli rivelò i nomi dei capi delle “locali”, le strutture territoriali della ‘Ndrangheta torinese; tra essi Bruno Iaria, figlio di Giovanni, vecchio boss del Canavese, con centro di comando a Cuorgné, nell’hinterland settentrionale di Torino. Proprio in quei mesi Bruno Iaria figurava, guarda caso, tra i “dipendenti” dell’azienda di una nota famiglia valsusina, i Lazzaro, che secondo l’ex sindaco di Bardonecchia avevano svolto la funzione di prestanome per Lo Presti durante la costruzione dell’autostrada del Frejus. Lazzaro era stato anche arrestato per appalti truccati nel 2002, e in quell’occasione era emersa la presenza di una “talpa” in procura (mai identificata), che aveva avvisato gli “imprenditori” che era in corso l’intercettazione dei loro telefoni.
Poco tempo dopo, nel 2008, i Lazzaro ottennero appalti sia per lavori pubblici in Val Susa, sia per lavori di manutenzione della Salerno-Reggio Calabria e, attraverso complessi giochi camerali e contabili, si associarono a Giovanni Iaria in modo occulto. Questo, almeno, è ciò che dirà una relazione alla procura di Torino nel 2011, in cui si fece riferimento anche alle visite agli Iaria compiute da un altro “imprenditore” valsusino, Claudio Martina. Eppure, in quello stesso 2011, Ltf firmò un contratto milionario per il cantiere Tav di Chiomonte… con chi? Beh, naturalmente proprio con le ditte Italcoge e Martina Srl delle famiglie Martina e Lazzaro. Questo nonostante pochi giorni dopo, il 9 giugno, Giovanni e Bruno Iaria venissero arrestati con l’accusa di associazione mafiosa. Ma il 17 giugno, dopo altri otto giorni, Antonio Rinaudo firmò i primi cinquantacinque avvisi di indagine per altrettanti oppositori all’installazione del cantiere e ordinò la perquisizione di alcune loro abitazioni, tra cui quella del portavoce Alberto Perino (che avrebbe di lì a poco ricevuto una lettera con scritto: “Vi diamo tutti in pasto ai maiali e vi sciogliamo nell’acido”).
Altri dieci giorni e, il 27 giugno, duemila agenti tra poliziotti e carabinieri scortano la pala meccanica dei Lazzaro affinché essa distrugga, tra le proteste e la resistenza dei valligiani, le barricate che delimitavano l’ingresso alla Libera Repubblica della Maddalena, il presidio degli oppositori costruito dove doveva sorgere il contestato cantiere. Antonio Rinaudo fu allora definitivamente delegato a contrastare il movimento No Tav con l’arma degli arresti e dei processi. Il 18 gennaio 2012, intanto, Vincenzo Procopio entrò nel Consorzio Valsusa Imprese per lo Sviluppo, di cui facevano già parte i Lazzaro, e ottenne appalti per il cantiere appena aperto. Milioni di euro dei contribuenti sono quindi tuttora a disposizione, oltre che di chi è indicato dagli investigatori come sodale degli Iaria, e dall’ex sindaco di Bardonecchia quale prestanome di Lo Presti, anche di chi intrigò per spartire i miliardi di Venaus che non furono rubati (in favore del viceministro difeso dall’amico di Rinaudo, Andrea Galasso) soltanto per l’opposizione del movimento No Tav.

Il cerchio delle cene del 2005 e delle telefonate del 2003 si chiude sei giorni dopo l’ingresso di Procopio nel cantiere. Rinaudo firmò infatti la maxiretata con ventisei arresti e cinquantasei avvisi d’indagine contro gli oppositori al cantiere di Chiomonte. Le attività del pm e dei suoi collaboratori contro l’opposizione al Tav hanno successivamente portato, in meno di quattro anni, a quasi mille indagati per reati connessi alla protesta contro la grande opera. Arresti, forzature giudiziarie, lesioni del diritto di difesa, indifferenza smaccata o insabbiamenti per le violenze subite dai No Tav (dalle diffamazioni a mezzo stampa, ai pestaggi, agli incendi di auto e presidi, agli abusi sessuali). Tre ragazzi e una ragazza contrari all’opera sono detenuti da mesi, su ordine di Rinaudo, in completo isolamento e in regime d’alta sorveglianza nelle carceri italiane con l’accusa di aver danneggiato un compressore del cantiere, e per questo sono accusati da Rinaudo di “attentato con finalità terroristiche”. Due ragazzi scontano due anni e due mesi ai domiciliari per aver supportato un’azione No Tav. Le imputazioni e le intimidazioni del pm e dei suoi più stretti collaboratori non hanno risparmiato gli amministratori locali contrari al Tav, i giornalisti e i blogger critici verso il suo operato o verso quello della polizia, gli scrittori e gli intellettuali contrari all’opera; ma si sono concentrate soprattutto sui valligiani più affezionati alla salute della loro terra e sui giovani più generosi nel difendere un pezzo d’Italia dall’ennesima devastazione tossica da parte delle ecomafie e dei partiti.
Perché proprio Rinaudo? Perché proprio lui? Perché la procura ha affidato a un uomo con tali legami le controversie sociali sulla Torino-Lione, che coinvolgono migliaia di cittadini in contrapposizione a interessi politici e criminali cui conduce proprio ciò che abbiamo documentato con l’inchiesta che ora pubblichiamo nella sua interezza? E perché i mezzi d’informazione non hanno mai dato conto di tutto questo, almeno da quando Rinaudo è stato destinato a quella Val Susa che anche grazie a lui è diventata, in questi anni, territorio d’emergenza? Sono possibili risposte diverse. Quel che è certo, è che l’abuso giudiziario contro il movimento No Tav rivela, grazie alle informazioni che abbiamo qui raccolto, risvolti ancora più inquietanti. Tutte le notizie che abbiamo reperito sugli intrecci tra crimine organizzato, politica e magistratura in rapporto al Tav sono basate su fonti documentate, su visure camerali, atti giudiziari, interviste e report giornalistici che troverete indicati in calce ai testi. Curiosamente, questo materiale ci ha condotto esattamente dove ci avevano condotto, da anni, le informazioni raccolte nei bar della Val di Susa e, in alcuni risvolti decisivi, per le strade di Torino.
D’altra parte – come abbiamo già avuto modo di affermare – chi ci arresta e ci indaga sarà sempre sotto indagine da parte nostra. L’indagine di un movimento, però, è diversa da quella di un tribunale; ogni valutazione sui fatti è affidata unicamente all’attenzione critica di chi vorrà dare lettura di quanto segue.

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 Le strane amicizie del Pm Rinaudo. Parte II. Rinaudo nella selva incantata

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Le strane amicizie del Pm Rinaudo. Parte III. I furbetti del cantierino

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Le strane amicizie del Pm Rinaudo. Parte IV. Rinaudo muratore

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Le strane amicizie del Pm Rinaudo. Parte V. Rinaudo Furioso

Rifiuti nucleari vs armi chimiche

TG Valle Susa

Diventa di attualità quello che oggi inizia ad intravedersi come soluzione, ma il tutto manca di ideologia. Armi chimiche brutte da condannare, armi nucleari utili a stabilire la pace. Un significato stridente.

di Valsusa Report

Italia la decisione è presa. Sarà grande come un campo di calcio e alto come una palazzina di cinque piani, coperto da argilla e alla vista apparirà come un prato verde. Il sarcofago dei rifiuti atomici dovrà resistere intatto per almeno tre secoli, saranno rinchiusi 90mila metri cubi di rifiuti: quelli delle vecchie centrali e quelli che si continuano a produrre con medicina, industria, ricerca e militare.

Tutto sarà gestito dalla Sogin, azienda pubblica che con scarsi risultati venne incaricata dello smontaggio di vecchie centrali nucleari italiane. Fu creata, nel 1999, doveva smantellare gli impianti entro il 2020, spendendo 3 miliardi e mezzo di euro. Oggi, la fine dei lavori è rinviata al 2029, mentre la costruzione del deposito era prevista ad iniziare nel 2010. Raddoppia anche la spesa dello smantellamento: 6,7 miliardi, a cui bisogna aggiungere 2,5 miliardi necessari per costruire il deposito unico.
Inoltre non depone a favore l’uso dei fondi pubblici di questa azienda di Stato che ha all’attivo costi esorbitanti e curiosi finanziamenti. Un esempio su tutti, i 300mila euro stanziati per uno stand al Salone del libro antico di Milano, organizzato da Marcello Dell’Utri ai tempi del governo Berlusconi. Anche il 98 per cento del combustibile è stato spedito, con trasporti nucleari, a quello che è detto riprocessamento, utile solo a far rientrare nuovamente in Italia, entro il 2025, scorie altrettanto radioattive. Nella centrale francese di Le Hague e in quella inglese di Sellafield, sono stati mandati i soldi pubblici ricavati dalle bollette, questo ciclo ci costerà un miliardo e mezzo.

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Con il danno la beffa, oltre ad aver speso per tutti questi anni in inutili trasporti nucleari, giocando con l’incolumità dei cittadini, il deposito definitivo rischia un’altra sorpresa: l’aumento del costo dell’elettricità. Per la sua attività Sogin si finanzia attraverso due componenti della bolletta: la A2 e la Mct. Si tratta di circa 4,5 euro all’anno per un utente domestico tipo, che nel 2013 sono valsi 227 milioni di euro.

Torniamo in Italia, Gioia Tauro, la nave “Cape Ray” statunitense è incaricata di distruggere le sostanze pericolose delle armi chimiche siriane, lo farà nel Mediterraneo. in acque internazionali. Esiste un’organizzazione per la proibizione delle armi chimiche, la “Green Cross International”, un’organizzazione non governativa (ONG), è il braccio operativo delle Nazioni Unite si batte contro la loro proliferazione. Il cargo danese Ark porterà 560 tonnellate di elementi di “priorità uno” da Latakia Siria al porto di Gioia Tauro. Trasporterà 21 tonnellate di gas mostarda. Trasporterà i componenti separati, del gas nervino sarin.

Tutto il mondo si muove all’unisono per la distruzione di queste armi del secolo passato. I residui del processo? Saranno inceneriti, a Port Ellesmere, in Gran Bretagna, a Brema, in Germania, e a Kotka, in Finlandia. Verranno bruciate cinquecento tonnellate di sostanze con “priorità due”, trasportate dal cargo norvegese Taiko in Finlandia, e a Port Arthur, in Texas.

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In sintesi mentre si parla di Armi chimiche è l’internazionalità a saltare sulla sedia: urla al dissenso si corre ai ripari, si rende mondiale un problema; lo si sottopone alle nazioni unite che ne trova la soluzione. Per il nucleare no!! Togliamo il fatto che i materiali nucleari non sono distruggibili. Si dovrebbe produrne di meno, ci si aspetterebbe di evitare ogni tre mesi il reintegro efficace delle B-61, bombe atomiche che nella loro manutenzione per efficacia, producono scorie radioattive. Ecco ci si aspetterebbe di dover far le spese con il nucleare civile utile, delle sale ospedaliere, non per quello militare. Data la enorme potenzialità distruttiva del nucleare in confronto al chimico, ci si aspetterebbe che il mondo ideologicamente ritenesse i materiali radioattivi banditi, che si unisse in ONG per la lotta al nucleare, che seriamente si capisse cos’è l’inquinamento radioattivo, una piaga difficile da debellare e una possibile distruzione del mondo così come lo conosciamo.

Di tutto questo ne avevamo parlato quella sera del Presidio di Venaus, una serata speciale con persone informate dell’argomento, con cui umanamente si è riusciti a capire. Una volta per tutte, gli interessi di pochi non possono più ricadere su tanti e per dirla da Alfonso Navarra – ESIGETE! Un disarmo nucleare totale.

V.R. 29.04.14

Aereo scomparso, brevetto d’oro: ridono i Rothschild?

Certe cose, si dice, accadono solo nei film, perché tra il “complottismo” e i complotti (quelli veri) spesso c’è di mezzo il mare. Magari l’Oceano Indiano, dove si suppone che l’8 marzo 2014, alcune ore dopo il decollo da Kuala Lumpur, si sia inabissato il Boeing 777 della Malaysia Airlines, con a bordo 239 persone, compresi i 12 membri dell’equipaggio. Sull’aereo che dalla capitale malese doveve arrivare a Pechino, oltre a 4 passeggeri con passaporti falsi, ora si scopre che c’erano 20 specialisti del Pentagono, esperti in guerra elettronica, e quattro ingegneri cinesi. “Colleghi” degli americani, con una differenza sostanziale, cioè miliardaria: i cinesi erano titolari di un brevetto di importanza capitale, proprio sui semiconduttori su cui si basa il conflitto globale nell’era elettronica. Brevetto che, dopo la misteriosa scomparsa del velivolo, sarebbe ora rimasto interamente nelle mani del quinto socio, l’unico che non era a bordo di quell’aereo: il finanziere anglo-israeliano Jacob Rothschild.
 
Il giornalista messicano Alfredo Jalife-Rahme, docente di scienze politiche alla “Universidad Nacional Autónoma de México”, editorialista spesso intervistato dalla Cnn, cita la ricostruzione offerta da “Russia Today”, secondo cui quel famoso documento strategico sui semiconduttori era stato approvato dall’ufficio brevetti degli Stati Uniti appena quattro giorni prima che l’aereo sparisse nel nulla. La proprietà del brevetto, scrive Jalife-Rahme in un post su “Rete Voltaire” ripreso da “Megachip”, era detenuta da cinque titolari, ognuno al 20 per cento: la società Freescale Semiconductor con sede ad Austin, Texas, e i quattro cinesi a bordo del tragico volo, originari della città di Suzhou e a loro volta dipendenti della società texana. Secondo “Rt”, «se il titolare del brevetto muore, gli altri titolari si divideranno alla pari i dividendi del defunto, qualora ciò non sia contestato nel suo testamento». Quindi, scomparsi i quattro proprietari cinesi, il brevetto andrà a «colui che rimane in vita», cioè in questo caso la texana Freescale Semiconductor, «che appartiene alla controversa e invisibile società Blackstone», il cui proprietario è proprio mister Rothschild.
 
Per Jalife-Rahme, emerge «in maniera inquietante» il legame tra la Blackstone, la cui identità è definita «invisibile», e la super-finanziaria Blackrock, che – insieme a Evercore Partnership – ha appena beneficiato della privatizzazione della Pemx, la compagnia petrolifera messicana. «Apparirebbe dunque che Blackstone amministri la Blackrock, diretta dall’anglo-statunitense Larry Fink». Sicché, «al di là dell’interconnessione tra le alte sfere di Blackstone, Blackrock, Rothschild, George Soros, Scotia Bank, Evercore Partnership, Protego, unitamente a Kissinger Associates e alle controverse assicurazioni Aig, il cui presidente è l’israelo-statunitense Maurice Hank Greenberg, si dovrebbe scrutare l’identità dell’impresa Freescale Semiconductor», scrive l’analista messicano. «È alquanto strano che tra i 239 passeggeri, 20 fossero dipendenti del Pentagono, oltre ai quattro passeggeri che avevano dei passaporti rubati».
 
Ben al di sopra delle inevitabili speculazioni del caso, il fatto rilevante risiede nella professione di elettronico svolta dai 20 dipendenti del Pentagono, «tutti quanti molto qualificati nell’arte della guerra elettronica volta a evitare i sistemi radar militari». Cosa assai curiosa: dei 20 dipendenti scomparsi della Freescale Semiconductor, dodici sono originari della Malesia e otto della Cina. La Freescale, aggiunge Rahme, si vanta del fatto che i suoi prodotti abbiano applicazioni in ambiti sempre più strategici: comunicazioni sul campo di battaglia, avionica, guida dei missili, guerra elettronica, sistemi di riconoscimento amico o nemico. Usare l’elettronica, dunque: per depistare le armi dell’avversario e occultare obiettivi, fino a renderli completamente invisibili facendoli letteralmente sparire dai radar, come è accaduto per l’introvabile Boeing malese.
 
«La controversa società texana – continua il giornalista – è stata una delle prime società di semiconduttori al mondo. Cominciò come una divisione della Motorola, dalla quale poi si separò per essere acquisita nel 2006 dalla Blackstone (dei Rothschild), dall’onnipotente Carlyle Group e dalla Tpg Capital». Per inciso, dietro Carlyle Group c’è «il nepotismo dinastico dei Bush, di Frank Carlucci (ex consigliere per la sicurezza nazionale ed ex segretario alla difesa) e dell’ex primo ministro britannico John Major», mentre la Tpg Capital è una potente società d’investimento con sede a Fort Worth (Texas), presieduta dall’israelo-americano David Bonderman, «che eccede per stravaganze come quella di aver versato 7 milioni di dollari ai Rolling Stones e altri per celebrare il suo sessantesimo compleanno, nel 2002».
 
Freescale Semiconductor, aggiunge Jalife-Rahme, si è specializzata nella guerra elettronica e nella tecnologia “stealth”, sviluppando contromisure elettroniche anti-radar: interferenze, deviazione delle traiettorie dei missili, modificazione elettrica delle proprietà dell’aria. Secondo il “Daily Beast”, un attacco israeliano contro l’Iran andrebbe ben al di là del bombardamento aereo: probabilmente, Tel Aviv farebbe ricorso a una guerra elettronica contro l’intero sistema elettrico del paese, le sue connessioni Internet, le sue reti cellulari e le sue frequenze di emergenza per pompieri e poliziotti. Il giornale assicura che Israele «ha messo a punto un’arma in grado di imitare il segnale di mantenimento dei telefoni cellulari», che blocca efficacemente le trasmissioni. Nel corso dell’ultimo decennio, lo Stato ebraico ha «accumulato una vasta gamma di armi ad alta tecnologia del valore di svariati milioni di dollari», che gli permetterebbe di «contrastare, accecare e rendere sorde le difese di Teheran nel caso di un attacco aereo».
 
Inoltre, aggiunge Rahme, c’è una nuova tecnologia “stealth” che rende l’aereo invisibile ai radar e lo maschera all’occhio umano, laddove il camuffamento ad alta tecnologia può creare campi elettromagnetici, come afferma “Military.com”. «La Cina accusa gli Stati Uniti di una intensificazione degli attacchi via Internet, mentre Pechino e Washington accelerano la corsa agli armamenti per la dissimulazione della tecnologia dell’aereo invisibile». E una potente società britannica di armamenti come la Bae Systems, «legata alla Nsa, al segretariato della Homeland Security nonché al sinistro Wilson Center», possiede «un programma adattabile, che punta a occultare gli autoveicoli, e che può estendersi alle imbarcazioni e agli elicotteri». Si domanda Jalife-Rahme: «Dovremmo dunque vedere dietro la scatola nera del volo Mh 370 il lugubre duo finanziario Blackstone/Blackrock dei Rothschild?».
 

NAPOLITANO COSTA COME 46.000 FAMIGLIE DI OPERAI

DI ALBERTO MASCIONI

Ieri sono uscite due notizie. Una è che, il CENSIS ha calcolato che “I 10 uomini più ricchi del Paese hanno un patrimonio pari a quello di 500mila famiglie operaie messe insieme.”

La seconda è che il governatore siciliano Crocetta ha indetto una gara d’appalto per reperire 5 (CINQUE) autovetture di rappresentanza e per l’operazione è stato stanziato un milione e mezzo di euro, ergo 300 mila euro cadauna, (praticamente delle “utilitarie”!)

Mi sono divertito a “unire” le due notizie e ho calcolato che, per pagare le auto di Crocetta, serve la contribuzione IRPEF annua di 300 trecento (dicasi TRECENTO) famiglie operaie messe insieme (dati di calcolo disponibili).

Se vogliamo “divertirci” possiamo utilizzare il calcolo e scoprire che, solo per pagare i Costi della presidenza della repubblica (tutto minuscolo, tranne i Costi!) pari a circa 230 Milioni di euro, serve la contribuzione IRPEF annua di 46.000 (dicasi QUARANTASEIMILA) famiglie operaie messe insieme, cioè quasi il doppio dei dipendenti FIAT in Italia. State tranquilli non durerà molto, presto ci saranno più operai occupati per pagare le limousine di Crocetta.

La pacchia finirà presto, finirà quando il CENSIS, i ciarlatani della politica, gli sgherri dei Befera e i pifferai prezzolati della stampa “libera” poteranno a termini il loro “lavoro” e riusciranno a depredare, fare scappare o fallire anche l’ultimo dei Paperoni.
http://www.movimentolibertario.com/2014/05/napolitano-costa-come-46-000-famiglie-di-operai/?utm_medium=referral&utm_source=pulsenews

UKRAINE : DECLARATION DE RAMZAN KADIROV

Une traduction exclusive de Fabrice BEAUR / pour PCN-SPO/ 2014 05 03 /

http://www.scoop.it/t/pcn-spo – https://www.facebook.com/PCN.NCP.press.office

 Le dirigeant tchétchène a fait une déclaration condamnant l’opération militaire des autorités de Kiev contre des civils à Slaviansk : 

“De la ville ukrainienne de Slaviansk, nous avons reçu des nouvelles alarmantes. Les autorités ukrainiennes illégales ont commencé dans cette ville une opération opération militaire à grande échelle contre leur propre peuple” a déclaré Ramzan Kadyrov. Selon Kadirov, la ville est encerclées. Les civils ne peuvent pas sortir. Les femmes, les personnes âgées et les enfants sont pris en otage.

 PCN-SPO - DOCUMENT déclaration de Kadirov sur l'Ukraine (2014 05 03) FR

Le régime criminel de Kiev met en oeuvre, étape par étape une politique qui va déclencher une guerre civile en Ukraine :

 “Il ne fait aucun doute que Kiev a décidé de le faire avec le soutien clair et sans équivoque des autorités américaines, des pays occidentaux et de l’OTAN. Je me souviens dans la République de Tchétchénie des activités des services de renseignement occidentaux qui ont aidé les terroristes qui ont tué des milliers de personnes. Le même sort se prépare pour le peuple d’Ukraine aujourd’hui de la part de l’OTAN et des Etats-Unis” a déclaré le président de la Tchétchénie.

 “Nous ne pouvons pas rester les bras croisés et regarder lorsque des civils sont tués. Je suis sûr que le président russe, Vladimir Poutine, commandant suprême en conformité avec la Constitution et au regard de ses pouvoirs conférés par le Conseil de la Fédération, prendra des mesures concrètes pour protéger les civils dans la ville de Slaviansk et d’autres villes d’Ukraine. Nous sommes en attente d’un ordre de mobilisation du président russe et sommes prêt en peu de temps à le mettre en œuvre dans son intégralité”.

 Voilà qui est dit ! Les combattants tchétchènes de l’Armée de la Fédération de Russie sont prêt à aller tâter du nazi de Praviy Sektor.

 PCN-SPO / Fabrice BEAUR (Фабрис БЭОР) pour la traduction française /

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NOUVEAU MASSACRE EN UKRAINE: LES SOUDARDS DE KIEV TUENT 10 CIVILS DESARMES ET EN BLESSENT 30 A KRAMATORSK !

 Luc MICHEL pour PCN-INFO / 2014 05 04 /

avec LVDR – RIA Novosti – lucmichel.net – PCN-SPO /

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PIH - LM massacre à Kramatorvsk (2014 05 04) FR

 Dix habitants de la ville de Kramatorsk, dans la région de Donetsk, ont trouvé la mort dans la nuit de vendredi à samedi, a annoncé à RIA Novosti un des leaders des partisans de la fédéralisation de l’Ukraine. “La nuit dernière, 10 personnes ont été tuées de notre côté. Ce sont tous des civils sans armes”, a indiqué la source. Et d’ajouter que le pilonnage mené par l’armée ukrainienne avait en outre fait 30 blessés, dont 10 hospitalisés à Slaviansk.

 Un combat a éclaté vendredi soir près de Kramatorsk, après qu’une colonne de véhicules blindés a tenté de rompre le bouclier humain la bloquant. Les soldats ont d’abord tiré en l’air, puis sur les habitants de la ville.

 Les autorités criminelles de Kiev ne sont pas disposées à arrêter la phase active de l’opération spéciale à Kramatorsk qui sera poursuivie, a communiqué le « ministre ukrainien de l’Intérieur » fantoche de la junte, le criminel Avakov sur sa page Facebook.

 Vendredi soir, des violences ont eu lieu dans la ville d’Odessa, où plusieurs dizaines de militants opposés aux nouvelles autorités ukrainiennes ont été brûlés vifs à l’intérieur de la Maison des syndicats.

 MOSCOU CONDAMNE ODESSA, SLAVIANSK ET KRAMATORSK, JUGE « CRIMINELLE » ET « ILLEGITIME » LA JUNTE DE KIEV :« TOUTE JUSTIFICATION OCCIDENTALE DE LA REPRESSION EST CYNIQUE »

 Toutes les tentatives occidentales de justifier les actes de Kiev qui a lancé vendredi une vaste opération spéciale dans l’est de l’Ukraine sont l’apogée du cynisme, a déclaré samedi aux journalistes le porte-parole du président russe, Dmitri Peskov.

 « La justification de l’opération répressive est une preuve du plus profond cynisme dans la politique internationale. Ces justifications sont prononcées par les mêmes personnes qui ne reconnaissaient pas il y a quelques mois le droit du président ukrainien légitime [Viktor Ianoukovitch] à entreprendre des mesures en vue de rétablir l’ordre dans le pays », a indiqué M.Peskov.

 En commentant le drame qui s’est déroulé vendredi soir à Odessa, le porte-parole a souligné que les nouvelles autorités ukrainiennes avaient du sang sur les mains, ajoutant que ceux qui les reconnaissaient légitimes étaient leurs complices. « Les autorités de Kiev non seulement responsables de ce crime, mais ils sont des complices directs de ces actes criminels. (…) Ceux qui qualifient cette junte de légitime deviennent ses complices. Nous déplorons l’approbation de cette opération punitive, l’approbation de ce que Kiev fait dans les région du sud et de l’est du pays », a souligné le porte-parole.

 Vendredi matin, les forces ukrainiennes ont lancé une vaste opération spéciale contre les partisans de la fédéralisation du pays dans la ville de Slaviansk (est). L’opération implique des hélicoptères et des blindés de l’armée régulière. Des victimes ont été signalées dans les deux camps.

 Le président américain Barack Obama – ce prix Nobel en toc dont les drônes tuent des civils chaque jour – a évidemment soutenu l’opération à Slaviansk, dont il est le vrai donneur d’ordres, soulignant « le droit de Kiev à maintenir l’ordre dans le pays » (sic).

 Luc MICHEL

 # Nos infos de vendredi, hélas, confirmées :

http://www.lucmichel.net/2014/05/02/lucmichel-net-ukraineest-lassaut-general-contre-les-insurges-fixe-au-2-mai-et-confie-aux-neonazis-de-praviy-sektor/

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MASSACRE D’ODESSA : DES BLESSES DEPOUILLES, DES CADAVRES PROFANES PAR LES NEONAZIS DE KIEV !

PCN-TV & LIFE NEWS / Avec PCN-SPO / 2014 05 03 /

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https://vimeo.com/93772207/

 Video choc sur : https://vimeo.com/93772207

A protester walks past a burning pro-Russian tent camp near the trade union building in Odessa

A la suite du désordre et de l’incendie survenu dans l’un des immeubles du centre de la ville 40 personnes ont péri et 200 autres approximativement ont fait appel aux urgences médicales. Selon les justes estimations russes, la responsabilité de ses crimes commis à Odessa incombe au gouvernement par intérim se trouvant à Kiev. Le porte-parole du président de Russie Dmitri Peskov a déclaré : « Les gens qui croient les autorités de Kiev légitimes, deviennent des criminels ».

 Plusieurs dizaines de personnes ont trouvé la mort dans le feu, d’autres ont été intoxiquées par la fumée. Les rescapés se sont défenestrés. Selon les dépositions des témoins, les pompiers sont arrivés avec une demi-heure de retard par rapport au début de l’incendie et les  néofascistes les ont encore empêchés d’intervenir.

 Des vidéos sur le net montrent des brûlés insultés, lynchés et molestés. On évoque même des cadavres profanés et dépouillés.

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Une vidéo de LIFE NEWS, la chaîne d’information russe en fournit la preuve par l’image !

 # Aller plus loin :

http://www.lucmichel.net/2014/05/03/pcn-info-les-hordes-neonazies-de-kiev-frappent-massacre-a-odessa/

PCN-TV / RUSSIA24 /

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L’EUROPA HA DECRETATO: L’ITALIA AVRA’ NON 1 MA 7 DEPOSITI DI SCORIE NUCLEARI

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 di Gianni Lannes
 
Gli euroburocrati che decidono il destino del popolo italiano pensano che italiane ed italiani siano soltanto carne da macello, al massimo cavie per esperimenti non autorizzati dalla gente, ma che comunque vanno in onda sulla nostra pelle di esseri socialmente disuniti.
 
Dopo aver affondato impunemente per decenni centinaia di navi dei veleni e migliaia di container zeppi di scarti pericolosi delle industrie tedesche, francesi, elvetiche, olandesi  eccetera – sempre a Bruxelles si sono detti: perché scontentare Piemonte, Lazio, Campania e Basilicata, che si terranno per sempre le scorie. E non fare una sorpresa alla Sardegna?
«Il Deposito Nazionale sarà costituito da una struttura di superficie, progettata sulla base degli standard IAEA e delle prassi internazionali, destinata allo smaltimento a titolo definitivo dei rifiuti radioattivi a bassa e media attività».
 
E’ quanto è scritto a pagina 30 dell’audizione Sogin Spa, ovvero «Atto del Governo n° 58 (Gestione combustibile nucleare esaurito e rifiuti radioattivi)».
 
2014_01_08_-_Sogin-30
Dunque, la prima menzogna del Governo italiano è che non ci sarà un unico deposito nazionale. Infatti, per i rifiuti nucleari più pericolosi, ad alta attività o se preferite di terza categoria, è previsto un deposito di smaltimento geologico, vale a dire, nelle profondità della terra.
 
 
apat, inventario rifiuti radioattivi 2004-6
FONTE APAT
 
In passato, lo Stato italiano ha nascosto una quantità consistente di scorie nucleari, ben 350 metri cubi provenienti dalla centrale atomica militare di Pisa (Camen, già Cresam infine Cisam) nella miniera di Pasquasia in Sicilia (chiusa inspiegabilmente, seppure produttiva), dove ha operato l’Enea per un esperimento in materia di confinamento di scorie nel sottosuolo.
 
apat, inventario rifiuti radioattivi 2004-30
fonte APAT
 
E’ sufficiente esaminare il primo inventario nazionale sulla contabilità nucleare redatto dall’Enea nel 2000 e successivamente dall’Apat, per appurare che dei 700 metri cubi sfornati dal reattore RTS 1, gestito dallo Stato Maggiore della Difesa, mancano oggi all’appello appunto 350 metri cubi.
 
I depositi di rifiuti nucleari realizzati recentemente dalla Sogin – a Trino, Saluggia, Bosco Marengo, Borgo Sabotino, Garigliano, Trisaia – non sono “confinamenti temporanei” o momentanei, anche se le autorità, gli esperti di regime unitamente agli ambientalisti venduti al miglior offerente, lo vogliono far credere a tutti gli ingenui. Il settimo deposito di superficie sarà impiantato in Sardegna. “Tanto i sardi si vendono in cambio di qualche posto di lavoro, e poi sono già imbottiti di scarti radioattivi che dai vasti poligoni militari sono fluiti nel ciclo biologico”, hanno pianificato dall’alto quelli che comandano a casa nostra, beninteso per conto terzi.
Altra menzogna di Stato: la quantità di scorie da allocare nel predetto sito sardo. L’ultimo inventario nucleare dell’Apat tra rifiuti e combustibile irraggiato, indica una quantità complessiva di 26.137 metri cubi. La Sogin, invece, ne ha già stimato 90 mila metri cubi. Qual è la reale provenienza di ben oltre 60 mila metri cubi di scorie atomiche? La risposta è scontata: l’Europa.
 
Basta una semplice ricerca e due minuti di tempo per appurare che dietro le due direttive Euratom (2009/71 – 2011/70) si nascondono nientedimeno che i soliti profittatori internazionali. La Svizzera, ad esempio, non fa parte dell’Unione europea, ma detta legge in materia di spazzatura nucleare, dopo aver già inondato il nostro Paese, con la sua incontenibile immondizia chimica e nucleare.
 
 
 
Documento_ENEA_Direttiva_Euratom-1
Agli scettici, a parte il decreto legislativo del 4 marzo 2014, emanato da Napolitano,  si raccomanda la lettura di un illuminante documento dell’Enea stilato ad uso del Governo italiano, licenziato espressamente il 3 febbraio 2014 per le Commissioni riunite Ambiente e Industria Senato della Repubblica si legge:
 
«All’art. 3 comma 6 vengono fissate le condizioni alle quali sono soggette le spedizioni, importazioni ed esportazioni di rifiuti radioattivi e di combustibile nucleare esaurito che possono essere smaltiti anche in Paesi Terzi con i quali siano vigenti specifici accordi sotto l’egida della Comunità. Infatti la Direttiva riconosce esplicitamente i possibili benefici di un approccio “dual track”, tendente ad affiancare alla creazione di un deposito nazionale anche un deposito geologico multinazionale condiviso, che possa essere incluso nei programmi di gestione dei rifiuti radioattivi nei vari Paesi Europei. Per quanto riguarda i rifiuti ad alta attività, l’ENEA aderisce all’Associazione privata “ARIUS” (Association for Regional and International Underground Storage, con sede in Svizzera) dalla sua creazione nel 2002, della quale ha anche detenuto per qualche tempo la presidenza e partecipa ai lavori di ERDO-WG (European Repository Development Organisation – Working Group). Tale gruppo ha la proprietà del concetto di deposito consortile europeo condiviso per quelle nazioni che, essendo dotate di modesti inventari di rifiuti nucleari, troverebbero di difficile gestione ed antieconomica la collocazione di tali materie in un deposito definitivo nazionale. La Direttiva, anche per il lavoro di sensibilizzazione svolto da ARIUS presso la Commissione Europea, considera questa opzione anche in caso di destinazione verso Paesi terzi esterni all’Unione, previo accordo con la Comunità (Ch.1 Scope, Definitions and General Principles, art.4, punto 4). Si ritiene necessario sottolineare che l’adesione dell’Italia alla costituzione del consorzio ERDO (European Repository Development Organisation) per lo sviluppo di un deposito geologico profondo regionale condiviso in ambito europeo è una opzione importante sia dal punto di vista politico, che dal punto di vista dell’accettabilità sociale; prevede una strategia ed una decisione a livello istituzionale, anche alla luce di quanto avvenuto in Italia con l’esito del referendum che ha, di fatto, sancito la chiusura del programma nucleare nel nostro Paese e, quindi, il proprio inventario dei rifiuti radioattivi rimarrà nei prossimi anni pressoché stabile».
 
Esaminando una miriade di carte ufficiali (Governo, Sogin, Enea, Unione Europea, Iaea) è facile rendersi conto che dietro a tutto si profila un unico intento, mascherato a parole dalla sicurezza ambientale, vale a dire, il profitto economico a tutti i costi quel che costi.
 
Dagli anni ’50 non è cambiato nulla, sempre a prendere ordini dagli “alleati” angloamericani. Nel 1959 ad Ispra in provincia di Varese, viene allestito il primo reattore nucleare (impianto di ricerca poi regalato all’Europa): è la premessa per la produzione di energia generata dall’atomo, senza valutare le conseguenze ambientali e sanitarie, sul territorio e da danno della popolazione. Così l’Italia eterodiretta per volere di Washington innalza le sue centrali in luoghi inidonei, con il fine certo di produrre energia elettrica, ma al contempo plutonio, utile per le bombe atomiche. Latina con il reattore a grafite e uranio. Trino Vercellese e Garigliano alimentate dall’uranio arricchito. Nel 1980 giunge anche Caorso, in mezzo al Po, un impianto che funziona con gli stesso combustibili del Garigliano. Nel frattempo, dal 1963 è attiva anche la centrale nucleare militare, ovviamente segreta del Camen, oggi Cisam, ed una miriade di reattore nucleari di ricerca: università di Palermo, Milano, Padova, Pavia. L’Italia non aveva e non ha una politica ecologica  di smaltimento della spazzatura nucleare. Non a caso – attesta la banca dati internazionale Iaea – nel 1967 inabissa i primi 23 metri cubi di scorie nucleari, consentendo in seguito ad alcuni Stati europei che vanno per la maggiore (Germania, Francia, Svizzera, ad esempio) di inabissare nel Mediterraneo di tutto e di più.
 
A metà degli anni ’60 il Governo italiano realizza in Basilicata il primo cimitero nuclere, machedrabdolo con un centro di ricerca, prima dle Cnen, poi dell’Enea. Alòla Trusaia. a parte l’Itrec, ha operato attivamente l’Eni con una fabbrica di combustibili nucleari in società con un’azienda del governo inglese, ossia l’UKAEA. Le 86 barre dell’Elk River cedute da Washington – 20 soltanto riprocessate – sono ben altra cosa cosa, ovvero il ciclo uranio-torio. L’Eni ai magistrati ha sempre negato la produzione di plutonio alla Trisaia. Ma a luglio del 2013, in un’operazione quasi segreta, sono stati portati via da questo centro atomico in Lucania, ben 20 chilogrammi di uranio e plutonio, poi imbarcati su una nave diretta negli Stati Uniti d’America. Obama al recente vertice europeo di fine marzo ha ringraziato i maggiordomi della repubblichetta delle banane, per la cessione gratuita del materiale strategico. Appunto: quanto plutonio è stato prodotto dalle 5 centrali nucleari italiane? A proposito mister Napolitano, dove è finito?
 
Ma chi si è arricchito realmente con l’affarone dell’atomo nel belpaese? Vediamo un pò: prevalentemente società nordamericane e inglesi: General Electric, Westinghouse, Abb, Ukaea, Eni, Enel, Fiat. A pagare in termini economici nonché di perdita di salute è soltanto la popolazione, che non ha avuto benefici di alcun genere. Infatti l’attività di decomissioning viene finanziata dall’ignaro contribuente italidiota attraverso la componente A 2 della tariffa elettrica (la bolletta della luce). Lo hanno stabilito il Decreto interministeriale 26 gennaio 2000, la legge 83 del 2003 e il decreto interministeriale 3 aprile 2006.
 
Nel 1999 lo Stato ha inventato la Sogin per il decommissioning, inserendola nel portafoglio del ministero del tesoro. Nel 2010 la Corte dei Conti ha bocciato la gestione Sogin, oggi in nettissimo ritardo sulla tabella di marcia.In ogni caso, le ecomafie di Stati e le multinazionali del crimine ringraziano lo Stato tricolore. Tanto pagano sempre i “fessi”. A proposito Matteo Renzi, che ne sarà della centrale nucleare della Difesa, in riva al Tirreno in quel di Pisa?
 
  RIFERIMENTI:
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Un’Arca Spaziale Vivente salverà l’umanità dalla catastrofe?

ah naturalmente il biglietto sarà gratis per tutti e 7 miliardi, non dubiatiamo. Quindi distruggiamo pure il pianeta

3 maggio 2014 
 
Scienziati e architetti di tutto il mondo stanno lavorando ad un progetto finalizzato alla creazione di un “astronave vivente”, una sorta di Arca di Noè interstellare che entro 100 anni dovrebbe essere in grado di portare l’uomo lontano dal suo pianeta di origine. Il Progetto Persefone, sulla base di biotecnologie avanzatissime mira a creare un veicolo spaziale autosufficiente in grado di sostenere gruppi umani in viaggio verso mondi remoti delle spazio cosmico.
 
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Quando si propone un “arca” capace di salvare il genere umano da una catastrofe, si pensa al passato, ricordando il racconto biblico dell’arca costruita da Noè su comando divino, e si pensa al futuro immaginando navi spaziali autosufficienti in grado di trasportare i superstiti umani su una nuova Terra.
In realtà, il Progetto Persefone non fa riferimento né al mito, né alla fantascienza, ma ad un concretissimo piano che permetta all’uomo di esplorare lo spazio nei prossimi 100 anni.
Il progetto prevede lo sviluppo di “navi spaziali viventi” completamente auto -sostenibili. Astronavi del genere non solo sarebbero in grado di ospitare gruppi di coloni in viaggio verso nuovi mondi, ma anche di accogliere e salvare la popolazione umana in caso di catastrofe globale.
L’idea di fondo è di creare un vero e proprio “microcosmo” viaggiante, in grado di produrre autonomamente cibo e acqua per i suoi abitanti, ma anche sviluppare una propria cultura intergenerazionale, dato che il viaggio potrebbe durare anche migliaia di anni.
Il Progetto Persefone è nato dal pensatoio dell’Icarus Interstellar, un’organizzazione non profit che spera di poter un giorno realizzare il primo volo interstellare nei prossimi cento anni. L’idea sembra così interessante da aver attirato l’attenzione sia della Nasa che della Darpa, l’agenzia governativa del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti incaricata dello sviluppo di nuove tecnologie per uso militare.
Per effettuare la sua missione, la nave spaziale vivente dovrebbe essere progettata con un’architettura di alto livello, come ritiene Rachel Armstrong, leader del progetto e docente presso l’Università di Greenwich, istituto coinvolto pienamente nella ricerca.
 
“Persefone è una nave spaziale con un mondo vivente interno”, spiega Armstrong al Daily Mail. “Non stiamo cercando di prendere roba dalla Terra per metterla in una pentola gigante: vogliamo progettare un ecosistema chiuso autosufficiente. Bisognerà tener conto del suolo, dei cicli climatici e di altri processi che sono alla base della nostra esistenza”.
 
Inoltre, la vita su Persefone dovrà includere i progressi tecnologici. La società che vivrà sulla nave spaziale dovrà essere in grado di anticipare i passaggi culturali che avverranno sulla Terra.
 
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La ricerca potrebbe avere ricadute positive anche per il futuro della Terra stessa: la collaborazione tra designer internazionali, ingegneri e architetti pone una piattaforma per sviluppare prototipi che potrebbero risolvere alcune delle grandi sfide poste da megalopoli con più di 10 milioni di abitanti, come Pechino, New York e San Paolo, ripensando al modo in cui abitiamo lo spazio, come costruiamo gli edifici e come utilizziamo le risorse terrestri.
 
All’inizio del terzo millennio la Nave Spaziale Terra nono si trova in una condizione di abbondanza, ma affronta gravi sfide dettate dalla limitazioni delle risorse naturali determinata dal loro assorbimento nei moderni processi industriali globali.
Queste pratiche provocano l’interruzione progressiva di cicli naturali, con il conseguente rischio di compromettere il ciclo dell’acqua fresca e la progressiva riduzione di suoli fertili. Pertanto, il tema della sostenibilità potrebbe ricevere un contributo notevole dall’ingegneria spaziale e dall’architettura destinata alla progettazione di habitat.
Lo sviluppo sostenibile è un concetto relativamente recente, intensificato dalla crescente consapevolezza della limitatezza delle risorse e invita a chiedersi come le generazioni attuali possano soddisfare i propri bisogni senza compromettere il benessere delle generazioni future.
 
Armstrong e il suo gruppo di lavoro si è dato l’obiettivo di costruire una nave spaziale auto-sostenibile in un secolo, anche se, come ha lui stesso ammesso, non sa se questo è realizzabile. “Se avremo o no una nave funzionante in cento anni dipende dai finanziamenti, dal progresso tecnologico e dal supporto culturale per questo tipo di progetti”.
Effettivamente, un progetto del genere richiede un cambio del paradigma che sostiene lo sviluppo umano su questo pianeta e nel cosmo, in modo da preservare le risorse disponibili e recuperare quelle compromesse dallo sviluppo predatorio. Per una colonia spaziale destinata a prosperare nel lungo periodo, questa non è un’opzione, ma un requisito fondamentale.
http://www.ilnavigatorecurioso.it/2014/05/03/unarca-spaziale-vivente-salvera-lumanita-dalla-catastrofe/