Svizzera, referendum: no ai nuovi caccia. E l’Italia?

eh già. Non si può lasciare che i popoli decidano, sbagliano sempre. Per fortuna che abbiamo l’élite di illuminati che decidono per tutti noi, sono saggi loro, quelli del Bilderberg per esempio….ci hanno prestato Monti e la Fornero, ora la McKinsey ci da Renzi…di Toni De Marchi | 19 maggio 2014

Bocciati al referendum, i nuovi caccia non si potranno comperare. Ve lo immaginate, svegliarsi una mattina e leggere questa notizia in apertura di tutti i giornali, dei siti, dei telegiornali. Il sogno proibito di qualsiasi pacifista. Ma non un sogno impossibile, almeno per gli svizzeri che ieri hanno detto “no” all’acquisto di nuovi caccia. E così, il contratto tra l’Aeronautica del Paese della Milka e la Saab per 22 aerei da combattimento Gripen E, adesso inevitabilmente salterà.

Pochi se l’aspettavano, anche se i sondaggi degli ultimi giorni avevano segnalato un aumento della percentuale dei contrari all’acquisto. Quasi mai i nostri vicini orologiai si erano espressi contro un programma militare. Vent’anni fa, in un referendum analogo sui caccia F/A-18, la partita fu rovesciata e vinsero i “sì”.

Come sapete, nelle valli dei Grigioni o sulle rive del lago Lemano l’opinione dei cittadini conta, così tanto che almeno quattro volte l’anno si tengono dei referendum federali (ma poi ci sono quelli cantonali, quelli comunali e in molti villaggi si fanno ancora le assemblee generali in piazza dove si prendono le decisioni per alzata di mano) sulle materie più disparate. Ieri si trattava di approvare o meno l’aumento del salario minimo e decidere se acquistare i 22 caccia svedesi.

Il “no” ai caccia è decisamente clamoroso. Il Governo avrebbe voluto comperare questi aerei (il Brasile ha annunciato l’intenzione di acquistarne 36) per un investimento di 3,1 miliardi di franchi pari a 2,5 miliardi di euro. I caccia svedesi avrebbero dovuto sostituire a partire dal 2016 54 caccia statunitensi F-5, ormai giunti alla fine della loro vita operativa. È clamoroso, soprattutto, perché apparentemente la scelta dei cittadini elvetici non si è basata su una spinta genericamente antimilitarista. Se c’è uno Stato dove le forze armate godono di un consenso piuttosto ampio è proprio la Confederazione, che ha un esercito permanente di miliziani di oltre 160 mila uomini su una popolazione di 8 milioni (al confronto i nostri militari sono circa 170 mila su sessanta milioni di abitanti). Tutti i cittadini maschi abili devono prestare almeno tre settimane di servizio l’anno, gli esentati sono tenuti a pagare una sovrattassa del 3 per cento sui loro redditi e un referendum tenutosi il 22 settembre 2013 ha bocciato la proposta di abolire il servizio militare obbligatorio con una schiacciante maggioranza del 73 per cento. Dunque, niente pacifismo. Anzi, per non condizionare il risultato, il Gruppo per una Svizzera senza esercito (GSsE), ha tenuto un profilo molto basso proprio per evitare che il confronto diventasse ideologico. Il che avrebbe probabilmente portato alla sconfitta dei sostenitori del “no”.

Gli argomenti contro i caccia svedesi sono stati per certi versi simili alle argomentazioni che in Italia suggeriscono di cancellare, o quanto meno di ridurre drasticamente, gli F-35: costo eccessivo (2,5 miliardi di euro per l’acquisto, ma quasi 10 miliardi le proiezioni di costo di esercizio), problemi di sviluppo del velivolo e, non secondario, il fastidio dell’elettorato per il sospetto di ingerenza da parte della diplomazia svedese che avrebbe cercato di condizionare le scelte governative durante il processo di selezione del nuovo caccia. Vi ricorda nulla?

Ora, senza immaginare un eldorado alpino che non esiste, mutatis mutandis cercate di applicare la vicenda svizzera all’Italia dove: a) il Consiglio supremo di Difesa ha detto che neppure il Parlamento può entrare nelle scelte di acquisto di armamenti; b) è venuto persino Barack Obama a dire a Renzie che gli F-35 si devono proprio comperare seguito a ruota da interviste a valanga dell’ambasciatore John Phillips; c) la Lockheed ha messo in piedi una campagna di lobbying senza precedenti arruolando ministri, generali, giornalisti, pseudo-istituti di ricerca; d) il conto per noi sarà, alla fine, di 52 miliardi; e) il salario medio viaggia sui 1300 euro al mese, in Svizzera sempre ieri hanno votato per decidere se portare il salario minimo a 3250 euro. Mi sa che mi compro un chilo di Milka per dimenticare.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/05/19/svizzera-referendum-no-ai-nuovi-caccia-ma-salvi-gli-f-35/990700/  

Disastro sanità in arrivo: chiudono piccoli ospedali e rimborsi più difficili

rimborsi facili??? Quando mai? Un modo per toglierli. Si fa tanto baccano per il sovraffollamento delle carceri quando vi sono almeno 40 strutture pronte, come denuncia l’ass Antigone, ma non vengono usate per alimentare il sovraffollamento e spingere a fare indulti e decreti svuotacarceri. La ue indignata per il sovraffollamento,  lo sa che ci sono queste 40 strutture?
Mentre le numerose denunce di pazienti lasciati nei corridoi e lì il più delle volte trovano la morte, ALLA UE non interessano quindi va da se manco all’Italia che ovviamente deve fare propaganda per distruggere la sanità. Da qui si capisce perché la Ue non si allarma.

lunedì, 19, maggio, 2014

  Una riforma tipo quella della giustizia, ma fatta sugli ospedali. Per risparmiare soldi da reinvestire in ricerca e ammodernamento delle strutture “superstiti”. Con probabili proteste (come avvenuto nel caso dei mini-tribunali) nelle località in cui i mini-ospedali verrano chiusi. Si chiama “Patto per la salute” l’accordo, illustrato oggi su La Stampa, cheministero della Salute e Regioni si apprestano a sottoscrivere entro giugno. E si traduce in taglio dei piccoli ospedali con meno di 60 posti letto, stop alla rimborsabilità delle prescrizioni “inappropriate”, riforma dei ticket all’insegna del motto “pagare tutti per pagare meno”, “case della salute” per garantire cure 24 ore su 24 nel territorio.
 
Nelle intenzioni del ministro Lorenzin, l’intesa porterà risparmi per 10 miliardi di euro in tre anni, da reinvestire in ricerca e riammodernamento dei nostri ospedali. E prevede di arrivare dagli attuali 109,9 miliardi del fondo sanitario ai 115,4 del 2016. Meno di quanto previsto inizialmente perché le risorse devono seguire l’andamento lento del Pil.
 
Mini ospedali addio – Quelli sotto la soglia dei 60 posti letto dovranno essere riconvertiti in strutture per l’assistenza nel territorio e la riabilitazione, mentre le clinichette, salvo quelle mono specialistiche, dovranno riaccorparsi fino a raggiungere la dotazione di almeno 100 letti o chiudere i battenti. Ma gradualmente, per evitare contraccolpi negativi sul piano occupazionale. Sulla carta a rischio sarebbero 192 strutture private, anche se, alla fine, a chiudere i battenti saranno la metà. Nel pubblico, invece, sono 72 gli ospedali coinvolti dalla riforma. In totale oltre 2800 posti letto da trasformare in assistenza sul territorio. Anche perché, statistiche alla mano, ospedali o cliniche troppo piccoli significano più possibilità di incappare in errori sanitari.
 
Le inefficienze – Il «Piano esiti» del ministero fornisce la mappa dei reparti che trattano troppo pochi casi per essere sicuri o di quelli con risultati dal punto clinico insoddisfacenti. Per loro un tratto di penna rossa che vale circa 7mila posti letto.
 
Stop ai rimborsi facili – Linee guida diranno ai medici quando una cura o un accertamento saranno rimborsabili oppure no. Esempio: la Tac per un sospetto menisco dell’ultraottantenne no, per una sospetta lesione cerebrale sì.
 
Decentramento – Le case della salute dovranno garantire assistenza h24 e accertamenti diagnostici meno complessi, ospitando team di medici di famiglia, specialisti e infermieri. Faranno da filtro al pronto soccorso. Se ne parla da molto ma ora diventano un vincolo per le Regioni.
 
Pagamenti – Metà degli italiani è esente dal ticket e sono quelli che consumano l’80% delle prestazioni sanitarie. In compenso chi li paga si svena per visite specialistiche e diagnostica, alle quali, per questo motivo, rinunciano ogni anno 6 milioni di italiani. Di qui l’idea di rivedere le esenzioni, non più agganciate al reddito Irpef, che premia gli evasori, ma a quell’indicatore più reale della ricchezza che è l’Isee. Corretto in questo caso premiando chi ha più familiari a carico, anziani e malati cronici. Questi ultimi non sarebbero però più esentati se hanno un reddito Isee alto. libero

Roma: 2630 rifugiati in arrivo in 48 centri gestiti dalle “solite” Coop

risorse

lunedì, 19, maggio, 2014
L’invasione di rifugiati, più di 2.500 persone per lo più uomini, è sulla carta da settimane, blindata però negli uffici dell’assessorato alle Politiche Sociali di Roma, che per evitare insurrezioni popolari non lo ha comunicato ai cittadini. Si tratta di 2.630 persone in arrivo, la maggior parte nel quadrante est della Capitale, distribuiti tra 48 centri gestiti dalle “solite” coop. La mobilitazione, però, è giàa cominciata: «Hanno iniziato a scaricare i letti, così abbiamo scoperto che sarebbero arrivati».
Il Tempo ha potuto visionare in anteprima l’elenco dei nuovi centri di accoglienza che Roma si prepara ad allestire in piena emergenza sbarchi. Parliamo del programma Sprar, «Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati» costituito dalla rete degli enti locali che accedono al Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo.
Per il triennio 2014/2016, nel quadro dell’accordo tra ministero dell’Interno e Anci, si prevede su scala nazionale una capacità ricettiva di 16mila posti, e i numeri più importanti si registrano su Roma, «capofila» rispetto ad altre città come Milano, che si vede assegnati 142 arrivi, o Firenze, appena 65. Lievitano costì anche i costi: circa 35 milioni di euro l’anno, di cui 7 a carico dell’amministrazione capitolina, la parte restante cofinanziata a livello governativo. il tempo
http://www.iltempo.it/cronache/2014/05/17/la-lista-segreta-dei-centri-per-rifugiati-marea-di-immigrati-in-arrivo-a-roma-1.1250848

Alta velocità, sabotaggio sul nodo ferroviario di Bologna

e vuoi che non sia colpa nostra?

 Bologna, 19 mag. – Rallentamenti alla circolazione ferroviaria sul nodo di Bologna provocati dal danneggiamento, nella notte, di alcuni cavi di rame e fibre ottiche lungo i binari della linea ad alta velocita’ Bologna-Milano. I convogli hanno ripreso a circolare con regolarita’ a partire dalle 11.40 di questa mattina.
 
NO-TAV
Le modalita’ dell’episodio si avvicinano al furto di rame (nel caso si tratterebbe di un tentativo non andato a buon fine) ma non si esclude l’ipotesi del sabotaggio come conferma il procuratore aggiunto di Bologna, Valter Giovannini. Le indagini, coordinate dalla Procura, sono condotte dalla polizia ferroviaria e dalla digos. In particolare e’ al vaglio una scritta “No Tav” rinvenuta nei pressi dei pozzetti incendiati a fianco dei binari. Accertamenti sono in corso per capire se la scritta sia stata vergata per una sorta di rivendicazione oppure se la sua presenza era antecedente ai recenti danneggiamenti.
 
I tecnici di Rfi, sul posto dalla notte, hanno ripristinato la completa efficienza dell’infrastruttura e ora i treni veloci della linea Milano-Roma effettuano regolare servizio viaggiatori nella stazione sotterranea Alta velocita’ di Bologna. Durante le attivita’ di ripristino il traffico ferroviario e’ proseguito in superficie, con ritardi medi fino a 15 minuti per i treni coinvolti. (AGI) .
 
 
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A cura di nocensura.com
Ritardi treni sulla tratta Roma-Milano/Torino per furto rame casi così, sono all’ordine del giorno:
 
Da quando il valore del rame è aumentato, c’è stato un vero e proprio “boom” dei furti di rame: spessissimo a danno delle Ferrovie. I furti di rame sui binari sono ALL’ORDINE DEL GIORNO: con ingenti danni per il gestore, per lo Stato e per pendolari e viaggiatori, alle prese con frequenti, pesanti ritardi. Ma la questione non riguarda solo le ferrovie: anche altri enti (spesso beni comunali) o privati cittadini. E’ di tre giorni fa la notizia che un furto di rame ha provocato guasti al sistema idrico di una città. In altri casi i furti di rame hanno provocato problemi al sistema elettrico di una intera via, o persino di interi quartieri.
 
Sono MIGLIAIA i furti di rame registrati ogni anno, commessi da bande che spesso hanno un giro d’affari da centinaia di migliaia di euro, e che provocano danni persino maggiori.
 
Ci sono linee ferroviarie, come la Roma-Napoli, prese particolarmente di mira. Ovviamente non è possibile presidiare l’intera ferrovia, ma non è nemmeno possibile che lo Stato rimanga immobile a subire. Una situazione che ormai va avanti da ANNI, senza che sia stato assunto alcun provvedimento specifico.
 
Chi viene scoperto, per furto, spesso non va nemmeno in cella per un breve periodo. Viene denunciato a piede libero, in attesa di un processo che spesso va a sommarsi con altri: ma la giustizia è lenta, ed i delinquenti continuano a delinquere per ANNI, e se un giorno la situazione processuale si mette male, magari tornano al loro paese, oppure cambiano nazione europea, anche falsificando le generalità.
 
OCCORRE UNA LEGGE AD HOC che inasprisca le pene per chi danneggia le infrastrutture: non possiamo lasciare che ladruncoli blocchino le linee ferroviarie impunemente; questi non sono semplici “furti”.
 
 
Inoltre se i furti continuano ad esser numerosi, anche a danno dei privati (talvolta rubano persino le grondaie in rame…o altro) è necessario “tracciare” il mercato del rame: in modo che coloro che le industrie che lo utilizzano non abbiano modo di acquistarne al mercato nero, ad un prezzo più basso del mercato, incentivando i furti. O comunque, cerchiamo di non rendergli la vita facile!
 
Staff nocensura.com

Fine programmata della democrazia: l’ha deciso l’élite

I veri padroni del mondo non sono più i governi, ma i dirigenti di gruppi multinazionali finanziari o industriali, e di istituzioni internazionali opache (Fmi, Banca Mondiale, Ocse, Wto, banche centrali). Purtroppo, questi dirigenti non sono stati eletti, malgrado l’impatto delle loro decisioni sulle popolazioni. Il potere di queste organizzazioni viene esercitato su una dimensione planetaria, mentre il potere di uno Stato è ridotto ad una dimensione nazionale.

 Tra l’altro, il peso delle multinazionali nei flussi finanziari ha da tempo superato quello degli Stati. Di dimensione internazionale, più ricche degli Stati, ma anche principale fonte finanziaria dei partiti politici di ogni tendenza nella maggior parte dei paesi, queste organizzazioni si trovano quindi al di sopra delle leggi e del potere politico, al di sopra della democrazia. La democrazia ha già cessato di essere una realtà.

 I responsabili delle organizzazioni che esercitano il potere non sono eletti, e il pubblico non viene informato sulle loro decisioni. Il margine d’azione degli Stati viene sempre più ridotto da accordi economici internazionali per i quali i cittadini non sono stati né consultati, né informati.

Tutti questi trattati elaborati negli ultimi 10 anni (Gatt, Omc, Ami, Ntm, Nafta) hanno un unico scopo: trasferire il potere degli Stati verso organizzazioni non elette, tramite un processo chiamato “mondializzazione”

 Una sospensione proclamata della democrazia avrebbe senz’altro provocato una rivoluzione. Ecco perché sembra essere stato deciso di mantenere una democrazia di facciata, e di piazzare il potere reale verso nuovi centri. I cittadini continuano a votare, ma il loro voto è privo di senso. Votano per dei responsabili che non hanno più un potere reale. Ed è senz’altro perché non c’è più nulla da decidere, che i programmi politici di “destra” e di “sinistra” si assomigliano sempre di più in tutti i paesi occidentali.

 Per riassumere, non possiamo scegliere il piatto, ma possiamo scegliere il contorno. Il piatto si chiama “nuova schiavitù”, e il contorno può essere o piccante di destra, o agro-dolce di sinistra. Dai primi anni ‘90, l’informazione è stata progressivamente tolta dai media destinati al grande pubblico. Come le elezioni, i telegiornali continuano ad esistere, ma sono privi di senso. Un telegiornale contiene al massimo 2 o 3 minuti di vera informazione. Tutto il resto è costituito da soggetti da rivista, servizi aneddotici, fatti diversi e reality show sulla vita quotidiana. Le analisi di giornalisti specializzati e le trasmissioni di informazione sono state quasi totalmente eliminate. L’informazione si restringe ormai alla stampa, letta da un numero ridotto di Telegiornalepersone. La sparizione dell’informazione è un segno tangibile che il nostro regime politico ha già cambiato natura.

 I responsabili del potere economico provengono quasi tutti dallo stesso mondo, lo stesso giro sociale. Si conoscono, si incontrano, condividono gli stessi punti di vista e gli stessi interessi. Condividono quindi naturalmente la stessa visione di ciò che dovrebbe essere il futuro mondo ideale. E’ quindi naturale che si mettano d’accordo e sincronizzino le loro azioni verso degli obbiettivi comuni, inducendo a delle situazioni economiche favorevoli alla realizzazione dei loro obbiettivi, come ad esempio: indebolimento degli Stati e del potere politico, deregolamentazione, privatizzazione dei servizi pubblici, disimpegno totale degli Stati dall’economia, compresi i settori dell’educazione, della ricerca e, tra breve, dell’esercito e della polizia, destinati a diventare dei settori sfruttabili da ditte private.

 Indebitamento degli Stati tramite la corruzione, lavori pubblici inutili, sovvenzioni a ditte senza contropartita, spese militari. Quando una montagna di debiti viene accumulata, i governi sono costretti alla privatizzazione e allo smantellamento dei servizi pubblici. 

Più un governo è sotto il controllo dei “Padroni del Mondo”, più fa aumentare i debiti del suo paese. 

 Precarietà del lavoro e mantenimento di un alto livello di disoccupazione, intrattenuti tramite il decentramento e la mondializzazione del mercato del lavoro: tutto ciò aumenta la pressione economica sui lavoratori, che sono quindi costretti ad accettare qualsiasi stipendio o condizione di lavoro. 

 Riduzione dell’aiuto sociale per aumentare le motivazioni del disoccupato ad accettare qualsiasi tipo di lavoro o qualsiasi stipendio: un aiuto sociale troppo elevato impedisce alla disoccupazione di fare una pressione efficace sul mercato del lavoro. Impedire l’espansione di rivendicazioni salariali nel Terzo Mondo, mantenendovi dei regimi politici totalitari o corrotti: se i lavoratori del Terzo Mondo venissero pagati meglio, il principio stesso del decentramento, e della pressione che esercita sul mercato del lavoro nella società occidentale, verrebbe frantumato. Ciò costituisce un lucchetto strategico essenziale che deve essere preservato ad ogni costo. La famosa “crisi asiatica” del 1998 è stata innescata nello scopo di mantenere questo lucchetto.

 Le organizzazioni multinazionali private si stanno progressivamente dotando di tutti gli attributi della potenza degli Stati: reti di comunicazione, satelliti, servizi di spionaggio, dati sugli individui, istituzioni giudiziarie (stabilite dal Wto e l’Ami, accordo tramite il quale una multinazionale potrà fare causa ad uno Stato davanti ad una corte internazionale speciale). La prossima e ultima tappa per queste organizzazioni sarà di ottenere il potere militare e poliziesco che corrisponda alla loro nuova potenza, creando i loro propri eserciti, dato che gli eserciti e le polizie nazionali attuali non sono adattate alla difesa dei loro interessi nel mondo. Tra breve, gli eserciti diventeranno società private, presteranno servizio sotto contratto con gli Stati, o con qualsiasi altro cliente capace di pagarli. 

 Ma all’ultima tappa del piano, questi eserciti serviranno quasi esclusivamente gli interessi delle multinazionali, e attaccheranno gli Stati che non si piegheranno al nuovo ordine economico. Nel frattempo, questo ruolo viene assunto dall’esercito dei Stati Uniti, il paese meglio controllato dalle multinazionali.

 Oggi il denaro è essenzialmente virtuale. La sua realtà è una serie di 0 e di 1 nei computer delle banche. La maggior parte del commercio mondiale si opera senza denaro liquido, e solo 10% delle transazioni finanziarie quotidiane corrispondono a degli scambi economici nel “mondo reale”. Gli stessi mercati finanziari costituiscono un sistema di creazione di denaro virtuale, di profitto non basato su una creazione di ricchezze reali. Questa creazione di denaro senza creazione di corrispondente ricchezza economica è la definizione della creazione artificiale del denaro. Ciò che la legge vieta ai falsificatori di denaro, e ciò che l’ortodossia economica liberale vieta agli Stati, è quindi legale e possibile per un numero ristretto di beneficiari. Se si vuol capire ciò che realmente è il denaro e a che cosa serve, basta invertire la famosa frase “il tempo è denaro”: il denaro è tempo. Permette di comprare il tempo degli altri, il tempo necessario a produrre i prodotti o i servizi che consumiamo.

 E’ evidente che siamo oggi urtando i limiti ecologici dell’attività economica. I modelli economici attuali sono incapaci di stimare al suo giusto valore la “produzione” della natura, indispensabile alla nostra sopravvivenza: produzione d’ossigeno, fissazione dei gas carbonici dalle foreste e gli oceani, regolazione della temperatura, protezione dai raggi del sole, riciclaggio chimico, spartizione delle alluvioni, produzione d’acqua potabile, di alimenti. La produzione della natura è stata valutata a 55.000 miliardi di dollari annui da un gruppo di scienziati dell’Institute for Ecological Economics dell’Università del Maryland nel 1997La scomparsa della natura è inevitabile, poiché voluta dal nuovo potere economico. La scomparsa della natura e l’aumento dell’inquinamento renderanno gli individui ancora più dipendenti del sistema economico per la loro sopravvivenza, e permetteranno di generare nuovi profitti, tra i quali un consumo crescente di medicine e prestazioni mediche.

 Tutto quello che può portare un individuo a pensare e a vivere con la propria testa è potenzialmente sovversivo. Il più grande pericolo per l’ordine sociale è la spiritualità che porta l’individuo a rimettere in gioco il proprio sistema di valori e quindi il proprio atteggiamento. Questo nuovo potere è globale, planetario. Non ha quindi né alternativa, né scappatoia. Costituisce un nuovo livello di organizzazione della civilizzazione, una specie di super-organismo. D’altronde l’unificazione del mondo per via dell’economia e il declino degli Stati-nazione sono stati in parte decisi per una nobile causa: rendere impossibile una nuova guerra mondiale che, all’era atomica, significherebbe la fine della civilizzazione. La globalizzazione non è una cosa negativa in sé: potrebbe permettere una forma di pace mondiale durevole. Ma se continua ad essere organizzata a beneficio di una minoranza di persone e se conserva la sua attuale direzione neoliberista, non tarderà ad instaurare una nuova specie di totalitarismo, il commercio integrale degli esseri viventi, la distruzione della natura e una forma inedita di schiavitù.

 (Estratti da “Fine programmata della democrazia”, dal sito “Syti.net” a cura di Sylvain Timsit).

LUC MICHEL INTERVIEWE PAR ‘LA VOIX DELA RUSSIE’: « L’EUROPE DU GENRE. QUEL GENRE ? »

 Victoria ISSAÏEVA, pour la Radio russe ‘La Voix de la Russie’ (Rossiya Segodnya), interroge Luc MICHEL à propos de l’Eurovision 2014, de la Russophobie et de la « Théorie du Genre » …

PCN-SPO avec La Voix de la Russie/

2015 05 16/ PCN-SPO - LM eurovision genre LVDR (2014 05 16) FR

« L’EUROPE DU GENRE. QUEL GENRE ? »

 # Victoria ISSAÏEVA/ LVdlR :

A quoi bon proposer aux garçons de venir au lycée en jupe ? N’y a-t-il pas d’autres méthodes pour lutter contre le sexisme ? Mais bon, ce n’est pas à la mode aujourd’hui de mener ce genre de discours. Il semble que la vieille Europe en ait assez de ses traditions et de tout ce qui est naturel.

Un barbu en jupe bien maquillé et une fille en pantalon aux cheveux sales… Pourquoi pas ? De toute façon, chacun a le droit d’être ce qu’il veut. Mais se laisser manipuler tout en croyant que vous ne suivez que votre volonté – ça c’est autre chose.

La propagande des idées dites progressistes qu’on inflige avec acharnement aux Européens, en fait, ne sert qu’à la politique. On va parfois jusqu’à l’absurdité, comme dans le cas de la théorie du genre, par exemple, pour faire s’affronter les citoyens afin de détourner leur attention des vrais problèmes du pays. Ou bien pour faire s’affronter les peuples entiers.

Eh bien, le spectacle « du genre » en France continue. Cette fois-ci le gouvernement agit discrètement : on prétend que l’initiative « Ce que soulève la jupe » est issue du fond de la société. Mais le logo du Ministère de l’Education qui figure sur l’affiche prouve le contraire.

 Nous avons demandé l’opinion de M. Luc MICHEL, géopoliticien belge, administrateur général de l’ONG EODE (Observatoire Eurasien pour la Démocratie et les Elections) sur des problèmes sociétaux actuels de l’Europe et notamment de la France. Théorie du genre sous toutes ses formes, concours Eurovision de la chanson et pas que de la chanson, médias français consciemment réticents sur plusieurs sujets – voilà les thèmes que Luc Michel a abordé au cours de l’entretien.

 # Luc MICHEL :

J’ai pensé que l’initiative sur les jupes était faite pour promouvoir la féminité, pour que les filles puissent aller à l’école en jupe sans problème. Mais ils ont aussi appelé les garçons et les hommes à porter la jupe. On est dans un monde de fous. Je crois que c’est une petite minorité qui a inventé ça, ce sont des ‘bobos’, bourgeois à la fois libéraux et gauchistes. C’est la génération du mai 1968 mais ils sont au gouvernement maintenant. C’est pour cela qu’on voit de telles choses en France.

Ce n’est même pas uniquement la théorie du genre qui prend sa source dans des théories féministes américaines des féministes radicales. Et toutes ces théories du genre n’ont jamais concerné le mouvement homosexuel, qui ne l’a jamais demandé. La question de l’homosexualité en France ou en Belgique, ce n’est pas comme en Europe de l’Est. En Belgique, on marie les couples du même sexe depuis dix ans. Mais chez nous, ce n’est pas un problème de la société et on ne l’a pas rendu marginal. Mais ce sont ces féministes radicales, qui ont leurs théoriciens au gouvernement français, qui ont imposé cette théorie. Le but – pour qu’il n’y ait plus des hommes et des femmes. Moi je suis pour l’égalité totale mais une femme n’est pas évidemment un homme sur le plan familial et social.

 # Victoria ISSAÏEVA/ LVdlR :

La réapparition de la théorie du genre en France est-elle liée en quelque sorte avec la victoire du travesti au concours Eurovision ?

 # Luc MICHEL :

C’est différent. Derrière ce concours cette année il y un lobby antirusse, anti-Poutine. Ces gens-là ont utilisé le mouvement gay pour mener cette opération antirusse. Actuellement, en France notamment, il y a des militants homosexuels qui se rendent compte qu’ils ont été manipulés. La fameuse Conchita Wurst, c’est très vulgaire, elle a fait les déclarations anti-Poutine notamment à la presse française. On est dans une opération antirusse qui est lié à ce qui se passe en Ukraine.

 # Victoria ISSAÏEVA/ LVdlR :

La société européenne est maintenant divisée sur la décision du jury de l’Eurovision…

 # Luc MICHEL :

Oui et il a deux aspects à cela. En Europe « nouvelle » – Roumanie, Pologne, Hongrie – il y a véritablement un mouvement de révolte. En France, en Belgique et en Allemagne il y a beaucoup de gens qui n’étaient pas contre l’égalité homosexuelle mais qui trouvent que ça va trop loin.

Deuxièmement, le journal britannique ‘The Independent’ a mené une enquête sur le vote du jury. Il a révélé comment le vote populaire en Europe avait placé en tête le groupe polonais qui est un groupe panslaviste. Les jurys qui ont la décision finale ont dissimulé le rôle populaire et l’ont changé. Le scandale est pour le moment en Grande-Bretagne et dans les réseaux sociaux. Les gens sont scandalisés ! Mais les médias ici dissimulent totalement la situation. Personne n’a parlé dans la presse française de la révélation de ‘The Independent’. Personne ne parle de la campagne que nous menons dans les réseaux sociaux.

Les gens se rendent compte que le vote n’est pas sérieux et manipulé. Il a toujours été manipulé mais pas d’une façon pareille. Il y avait à l’Eurovision les années passées ce qu’on appelait le « vote géopolitique ». Mais ici ce n’es pas ça qui se passe. Là, on n’est plus dans des petits accords entre les pays, on est dans une opération politique.

Pourquoi a-t-on fait perdre le groupe polonais. Parce que le compositeur est à moitié polonais à moitié russe. Qui plus est, c’est un panslaviste, quelqu’un qui est pour l’union des Slaves. Il a fait auparavant des déclarations en faveur du rôle de l’armée soviétique dans la Seconde guerre mondiale. Le logo du groupe combine une Aigle impériale russe à deux têtes avec l’étoile rouge.

On a reproché au clip polonais d’être populaire puisqu’il montrait les traditions slaves. Tenue folklorique traditionnelle, village, rôle de la femme dans la famille… Il y avait un côté sexy, évidemment, ça c’est le show business. Et puis on leur a reproché que les femmes étaient des femmes, les hommes étaient des hommes. Les gens qui défendent la théorie du genre, ce sont des gens qui défendent la fin de la séparation des sexes. Mais la détermination sexuelle est la base de la biologie et de la société humaine ! »

 # Article original + Interview audio MP3 de Luc MICHEL sur :

http://french.ruvr.ru/radio_broadcast/5646129/272467267/

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http://www.scoop.it/t/pcn-spo

https://www.facebook.com/PCN.NCP.press.office

L’UNIONE €UROPEA UCCIDE

Le statistiche greche sono agghiaccianti. Dalla crisi finanziaria del 2008, seguita dai salvataggi bancari dell’Unione Europea con le sue dure condizioni e la distruzione del sistema sanitario, il tasso di mortalità ha subìto un’impennata verso l’alto. Il numero dei decessi è aumentato di un enorme 5% soltanto dal 2011 al 2012, stando all’istituto di statistiche ellenico (ELSTAT). Consideriamo i dati dei decessi:
2008 – 107.979
2009 – 108.316
2010 – 109.084 (nel maggio 2010 fu sottoscritto il primo memorandum UE-FMI.)
2011 – 111.099
2012 – 116.668
 
Non c’è alcun dubbio che i dati del 2013 saranno superiori a quelli dell’anno precedente. L’aumento è direttamente attribuibile al crollo del sistema sanitario dopo i tagli al bilancio. Le morti per neoplasie (tumori e cancri maligni) sono aumentate di quasi il 5% nel 2012, perché molti malati di cancro sono costretti a pagare di tasca propria i farmaci e gli interventi. Inoltre, c’è una grave carenza di farmaci perché il piano sanitario del governo non rimborsa le farmacie.
 
Anche i decessi per malattie respiratorie sono aumentati del 10% nel 2012. In parte perché la gente non può permettersi il combustibile per il riscaldamento, e brucia il legno, creando il peggior inquinamento nella storia della Grecia. Anche le morti dovute a “condizioni inspiegabili” sono aumentate drammaticamente da una media di 8.000 nel 2009 a 13.169 nel 2012.
Tra il 2008 ed il 2012 sono aumentati del 36% anche i suicidi, che riflettono la disperazione causata dal crollo nei livelli di vita.
 
Particolarmente allarmante è il nuovo rapporto dell’UNICEF, che rivela che un bambino su tre in Grecia è a rischio di povertà o espulsione sociale. “Le condizioni dei bambini sono deteriorate in Grecia negli ultimi anni”, scrive il rapporto, “a seguito dei tagli alla spesa sociale, della disoccupazione dei genitori, della povertà e dell’insufficiente accesso all’assistenza sanitaria”.
Dal censimento del 2011, il numero di bambini in Grecia è diminuito del 9%.
 

Note per uno studio di settore sull’attività bancaria

ma guarda, nessun studio di settore per le attività bancarie……. sarebbe ledere l’indipendenza degli strozzini?

Fonte: http://seigneuriage.blogspot.it/2014/05/note-per-uno-studio-di-settore.html

 
di Marco Saba*
 
(documento per l’Ordine dei Commercialisti)
 
16 maggio 2014
 
A seguito del mio intervento durante il convegno a Napoli del 7 maggio 2014 (1), è emerso che le banche svolgono attività d’intermediazione finanziaria solo marginalmente, mentre l’attività principale consiste nella creazione di denaro ex novo che – ad oggi – non risulta contabilizzata a bilancio. Al momento non si dispone di uno studio di settore dedicato all’attività bancaria (2), in particolare per i codici ATECO 64.11.00 (Attività della Banca Centrale) e 64.19.10 (Intermediazione monetaria di istituti monetari diverse dalle Banche centrali).La Commissione degli esperti dell’Agenzia delle Entrate (3) interpellata in proposito informalmente, fa sapere che tale studio non è nemmeno in agenda per il  futuro. Questo fatto rappresenta un’anomalia da correggere specialmente tenendo conto del rilevante fatturato del settore e del fatto che i bilanci presentati dalle banche, ancorché certificati da una delle quattro società internazionali di certificazione (4), presentano regolarmente l’omissione della dichiarazione del denaro creato durante l’attività.
Occorre ricordare che il denaro è l’assetto più importante per una banca da registrare a bilancio e che ne rappresenta in assoluto, come reddito monetario o signoraggio, la voce più significativa. Ometterne l’indicazione sarebbe come se una pizzeria non dichiarasse e contabilizzasse quante pizze produce annualmente (5).
 
Quello che emerge dallo studio approfondito dei bilanci bancari è che essi sembrano predisposti ad arte per occultare la creazione di denaro e sottrarre all’erario ingenti imposte. Infatti, se la creazione di denaro senza contropartita, come funzione centrale dell’attività bancaria, emergesse contabilmente, sarebbe evidente che il bilancio bancario non potrebbe MAI essere in perdita. Tale funzione creatrice di denaro (creditizio o cartaceo, nel caso delle banconote della banca centrale) imporrebbe la ridefinizione delle banche da semplici “intermediari finanziari” a “istituti di creazione monetaria e intermediazione”, con riflessi significativi in campo del diritto e dell’economia del paese ove esercitano l’attività.
 
Per sottolineare questo aspetto rilevante ho partecipato recentemente alle assemblee degli azionisti di tre istituti di credito (6) dove ho fatto rilevare che i bilanci presentati per l’esercizio 2013 erano palesemente falsi per omissione e che non potevano essere in perdita una volta segnalato in bilancio l’aggregato monetario prodotto durante l’esercizio in questione. Nel caso di INTESA e UNICREDIT ho anche evidenziato come uno dei soci principali dei due istituti, la società BLACKROCK, ne ricevesse un danno ingente perdendo l’opportunità di incassare dividendi per almeno complessivi 28 miliardi di euro. Eppure, straordinariamente, i bilanci in perdita sono stati votati ed approvati come niente fosse.
 
Questo fatto eclatante fa riflettere e pone seri interrogativi. Ma torniamo alle considerazioni contabili. Facendo riferimento al fatto acclarato che le banche per tutti gli impieghi creano ad hoc nuovo denaro senza alcuna necessità di previa raccolta, come indicato recentemente dalla Banca di Francia e dalla Banca d’Inghilterra, possiamo ridefinire il profitto dell’attività bancaria come: totale annuale del denaro creato meno spese di gestione dell’istituto. Il totale del denaro creato si può ricavare in seconda battuta dalla voce 70 “CREDITI VERSO CLIENTELA” dello stato patrimoniale sommandovi la quantità di denaro creato all’atto del ricevimento dei versamenti in contanti e del cambio valuta (7). Il risultato della sommatoria degli impieghi e della clonazione attraverso operazioni diverse va quindi segnalato alla voce “liquidità generata” del Rendiconto finanziario d’esercizio e quindi aggiunta a quanto dichiarato alla voce 280 del conto economico, ovvero “Utile (Perdita) della operatività corrente al lordo delle imposte”. Il rapporto di redditività dell’impresa, tenendo conto del reddito monetario al 100% sul denaro elettronico, diventa quindi deducibile dal rapporto tra liquidità totale creata e spese d’esercizio tenendo presente che tutte le voci che parlano di “riserva” nel bilancio diventano superflue e servono di fatto solo a mascherare degli utili. Infatti, di che riserve avrà mai bisogno un’attività che crea denaro dal nulla secondo la bisogna?
 
Suggeriamo quindi l’approntamento di uno studio di settore che tenga conto delle verità emerse dato che l’attività annuale di creazione di denaro del settore bancario in Italia, esclusa la banca centrale, è dell’ordine di mille miliardi di euro e che, a seguito di una imposizione fiscale attuale al 27,5% (IRES), porterebbe nelle casse dello stato 275 miliardi netti all’anno permettendo di eliminare la maggior parte delle imposte vessatorie oggi in essere. E’ da notare tuttavia che l’affidamento dell’esazione della tassa da signoraggio a società private al 100%, a loro esclusivo vantaggio, rappresenta un vulnus letale della sovranità della repubblica in rapporto alla nota LEX MONETAE, motivo principale per cui poi lo stato è costretto ad indebitarsi con privati per provvedere alle sue esigenze economiche, e poi successivamente ad imporre una fiscalità farraginosa e devastante per l’economia aggregata dell’intera società civile.
 
Nota finale: è opportuno infatti notare come il reddito vada meglio definito come “novella ricchezza”, una cosa ben diversa da quanto la stragrande maggioranza degli italiani attualmente percepisce come compenso per l’attività lavorativa, ovvero un compenso per tempo di vita persa e non già una “novella ricchezza” come invece ottengono le banche creando denaro dal nulla e, per giunta, “in nero”.
 
Note:
 
*Marco Saba, già membro dell’Osservatorio sulla Criminalità Organizzata di Ginevra, è direttore della ricerca presso il Centro Studi Monetari in Oristano, via Dritta 69. http://studimonetari.org
 
1 – Convegno PROPOSTE PER SOTTRARRE L’ECONOMIA REALE ALLA MORSA DELLA FINANZA, organizzato da IMPEGNO CIVILE e dalla Fondazione ODCEC
 
 
 
 
4 – KPMGErnst&YoungPWC e DELOITTE.
 
5 – Esempio suggeritomi dal Dott. Salvatore Tamburro.
 
 
7 – Quando la banca riceve contanti, crea sui conti correnti denaro elettronico equivalente al contante ricevuto, clonando quindi il valore di tale contante che, se propriamente dematerializzato, dovrebbe essee annullato o distrutto.

LA DIREZIONE E’ QUELLA DELLA BANCAROTTA: PIL ANCORA IN CALO NEL PRIMO TRIMESTRE 2014

Scritto il 16 maggio 2014 alle 12:08 da Paolo Cardenà

Nel primo trimestre del 2014 il prodotto interno lordo (PIL), espresso in valori concatenati con anno di riferimento 2005, corretto per gli effetti di calendario e destagionalizzato, è diminuito dello 0,1% rispetto al trimestre precedente e dello 0,5% nei confronti del primo trimestre del 2013.
Il calo congiunturale è la sintesi di un incremento del valore aggiunto nel settore dell’agricoltura, di un andamento negativo nell’industria e di una variazione nulla nel comparto dei servizi. Il primo trimestre del 2014 ha avuto una giornata lavorativa in meno del trimestre precedente e una giornata lavorativa in meno rispetto al primo trimestre del 2013.
Nello stesso periodo il Pil, in termini congiunturali, è aumentato dello 0,8% nel Regno Unito e ha segnato una variazione nulla negli Stati Uniti. In termini tendenziali, si è registrato un aumento del 3,1% nel Regno Unito e del 2,3% negli Stati Uniti.
La variazione acquisita per il 2014 è pari a -0,2%.
Fonte: Istatuntitled742

Alla luce dei dati comunicati ieri da Bankitalia che ha certificato che il debito pubblico, nel mese di marzo 2014, è salito a 2120 miliardi di euro, possiamo dedurre che il rapporto debito/pil, nel primo trimestre sia vicino al 136%, in aumento di oltre 3 punti percentuali rispetto ai valori registrati lo scorso 31 dicembre 2013.
Tutto ciò induce a ritenere che le previsioni  contenute nel DEF 2014, sono già saltate in aria. Pertanto, anche la fantasiosa possibilità di riduzione del debito pubblico ipotizzata dal governo, si rivelerà del tutto irrealizzabile. Arrivati a questo punto credo che siano aumentate esponenzialmente le possibilità che si arrivi a soluzioni “irrituali” nella riduzione debito pubblico, come la ristrutturazione del debito o imposte patrimoniali una tantum.
Con buona pace per i sognatori….. e per i risparmiatori.
Sempre sul tema, negli articoli in seguito segnalati,  potete trovare materiale in abbondanza per farvi un’idea ben precisa sull’esatta situazione e anche sulle possibili conseguenze.
http://finanzanostop.finanza.com/2014/05/16/la-direzione-e-quella-della-bancarotta-pil-ancora-in-calo-nel-primo-trimestre-2014/

PORTOGALLO: la Troika ha fatto più danni che altro?

son diventanti fannulloni ed incapaci di lavorare pure loro…..Scritto il 16 maggio 2014 alle 15:11 da Danilo DT
 
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Crisi Portogallo quasi archiviata. Lisbona ce l’ha fatta.
Dopo tanti sacrifici ecco l’uscita dalla procedura di salvataggio della Troika. E lo farà senza chiedere alcun sostegno alla BCE o all’Unione Europea per le future aste di finanziamento del debito pubblico. Quindi Lisbona spera che non ci siano deflussi di capitali e che, anzi, i flussi monetari in arrivo per lo più dall’Asia possano continuare a confluire dei bond di Lisbona.
Ma la cosa curiosa è che oggi, con la Troika in partenza, ci ritroviamo con un Portogallo in condizioni di salute non proprio brillanti.
L’obiettivo del deficit è stato posticipato e il debito pubblico è decisamente aumentato visto è che è aumentato di quasi il 30% in tre anni. Partito da quota 100% nel 2010 il debito portoghese sfiora ora i livelli italiani in area 130%.
Certo, il rischio default è stato debellato dall’iniezione di liquidità pari a 78 miliardi nel 2011. Ma ora la crisi, dicono, sia definitivamente scacciata ed il Protoglallo è pronto per ripartire.
Peccato però che la pressione fiscale (così chiede la Troika) dovrà essere mantenuta molto elevata. E poi c’è il problema della disoccupazione.
Insomma, sembra che l’intervento della Troika, alla fine, abbia generato danni enormi alla repubblica portoghese.
Vi lascio due grafici, con l’istantanea PRIMA dell’arrivo della TROIKA e ad oggi, quando la stessa abbandona il paese.
 
Debito Pubblico PORTOGALLO
 
02-May.-15-23.37
Numero occupati PORTOGALLO
 
03-May.-15-23.38
Non so perché ma è decisamente meglio cercare di non farla arrivare dalle nsotre parti. Viste le già delicate condizioni economiche, il forte rischio di fare la fine della Grecia non è poi così remoto.
 
STAY TUNED!