PADOAN: ”ESCLUDO CHE L’ITALIA CERCHERA’ DI RINEGOZIARE IL FISCAL COMPACT E OGNI ALTRO TRATTATO ECONOMICO UE”

venerdì 2 maggio 2014
In un’intervista rilasciata questa settimana al Financial Times, il ministro dell’economia Pier Carlo Padoan ha critica l’Europa per prestare troppo poca attenzione a crescita e lavoro. “Dall’Europa molte chiacchiere e pochi fatti su crescita e lavoro”, ha detto.

Padoan, che ha dichiarato come sarebbe utile avere in questo momento un tasso di cambio deprezzato e un’inflazione maggiore, ha escluso che l’Italia cercherà di rinegoziare il Fiscal Compact e in generale la disciplina federale concordata in Europa.
Quindi, è ufficiale: il governo Renzi per bocca del più importante dei suoi ministri, e cioè il titolare del dicastero dell’Economia, rende noto che il Fiscal Compact NON si tocca e verrà RISPETTATO.
Questo significa che il governo Renzi intende DEVASTARE DEFINITIVAMENTE L’ITALIA.

Per attuare il Fiscal Compact, il governo Renzi dovrà TAGLIARE la spesa pubblica di 50 miliardi di euro l’anno per 20 anni. Escluso che Renzi duri a palazzo Chigi 20 anni, sarà sufficiente il primo taglio di 50 miliardi per:

– annientare la sanità pubblica
-demolire la scuola pubblica
-licenziare 100.000 impiegati pubblici
-prelevare non meno del 10% da tutti i conti correnti degli italiani.

Padoan ha annunciato la DITTATURA. Un governo NON eletto,, NON votato, NON legittimato, sta per compiere il massacro della popolazione italiana.

max parisi
http://www.ilnord.it/c-2923_PADOAN_ESCLUDO_CHE_LITALIA_CERCHERA_DI_RINEGOZIARE_IL_FISCAL_COMPACT__E_OGNI_ALTRO_TRATTATO_ECONOMICO_UE

TRACOLLO CONDOMINIALE: IL 25% NON PAGA LE SPESE PERCHE’ IN DIFFICOLTA’ ECONOMICA

3 maggio – E’ in deciso aumento la quota di condomini morosi: uno su 4 non paga le rate del condominio. Nel 2009, evidenzia un monitoraggio dell’Anammi, i condòmini inadempienti erano in Italia il 20%, oggi tale percentuale sale al 25%. Un fenomeno presente soprattutto nelle grandi città. In particolare, dice l’associazione degli amministratori condominiali, sono Roma, Milano, Napoli, Torino, Palermo e Genova le città più ”morose”. E non solo nei quartieri popolari, ma ormai anche in quelli ‘vip’.
http://www.ilnord.it/b-2249_TRACOLLO_CONDOMINIALE_IL_25_NON_PAGA_LE_SPESE_PERCHE_IN_DIFFICOLTA_ECONOMICA

Una brutta abitudine: dire la verità…

Il lavoro è lavoro. Pazienza la salute. Pazienza il territorio. Ma è il progresso, baby!

di Nicoletta Poidimani

Quando ci fu la fuoruscita del triclorofenolo di diossina dall’Icmesa di Seveso, il 10 luglio 1976, la notizia venne tenuta nascosta per una settimana. In quell’arco di tempo, i bambini e le bambine continuarono a giocare nei giardini lì intorno, mentre le madri cucinavano i conigli e i polli allevati in cortile, con contorno di verdure dell’orto.

All’epoca abitavo in un piccolo paese limitrofo a Seveso e ricordo, nei mesi successivi, i controlli – a mia madre chiedevano come stessero i nostri gatti… – e le paure; poi, in men che non si dica, la vita riprese come prima e dove c’era l’Icmesa venne creato il “Bosco delle querce”, vennero dato dei risarcimenti e tutto fu messo a tacere. Dicevano solo che, passando sulla superstrada lì davanti, era bene tenere chiusi i finestrini. Negli anni che seguirono, in tutta quella zona i casi di cancro si decuplicarono, ma il tempo trascorso rendeva difficile collegare i fatti tra loro…
D’altra parte ci si ammalava di cancro anche alla Snia e all’Acna, che sorgevano in altri paesi limitrofi a Seveso. Ma erano fabbriche che “davano lavoro” agli operai emigrati dal Sud e messi ad abitare, con le famiglie, in casermoni nei dintorni delle fabbriche. E quando c’è il lavoro c’è tutto, si sa…

Poi magari se tuo padre operaio si ammala di cancro, tu prendi il suo posto: “Sono entrata col cambio col mio papà, che purtroppo aveva un tumore e quindi hanno assunto me”, racconta Stefania De Virgilis, ex operaia all’Ilva di Taranto (1), e aggiunge “Tutti quelli che avevano delle malattie gravi facevano il cambio con un figlio”.
L’Ilva di Taranto è, da questo punto di vista, esemplare. Venne costruita cinquant’anni fa distruggendo centinaia di ettari di campagna coltivata a frutteti e uliveti – venne abbattuto perfino un ulivo secolare che, quando pioveva, poteva dar riparo a dieci persone, raccontano i locali… – e distruggendo completamente l’ecosistema marino. Ma il mito del Pci raccontava che avrebbe fatto diventare Taranto come le grandi città operaie del Nord, e poi “anche le feste dell’Unità erano finanziate dall’Ilva pubblica”. Insomma il mito del lavoro si intrecciava alle “grosse somme di denaro” che “su Taranto sono arrivate a cascata” e “c’era il problema della sicurezza, però, se mi davi dieci lire di più, mi prendevo le dieci lire di più, oppure il passaggio di livello, e non me ne fotteva niente se il fumaiolo menava”. E l’Ilva non è che un esempio tra tanti: si pensi solo ai morti di amianto a Sesto San Giovanni.

Ma non si tratta solo del mantra il lavoro – il lavoro – il lavoro, perché ce n’è anche un altro, altrettanto efficace: il progresso – il progresso – il progresso. Messi insieme ottengono certi effetti nel rincoglionimento di massa che nemmeno l’eroina negli anni ’70-80 è riuscita a sortire! Pensiamo anche solo a come il mito del progresso abbia sdoganato le centrali nucleari; salvo, poi, ritrovarci con Cernobyl in casa a non sapere più quale verdura fosse meno ricoperta di uranio, di stronzio e di cesio… E, non bastassero le varie Cernobyl e Fukushima, ci sono anche gli sversamenti radioattivi dei reattori dimessi, come il Cisam di Pisa; le scorie radioattive che viaggiano in treno da un paese all’altro, ecc. ecc.
Poi ci sono i termovalorizzatori, i rigassificatori, le raffinerie, i gasdotti, le discariche, le cave, gli infiniti cantieri delle grandi opere.

Poidi1

Ma è il progresso, baby! Siamo animali razionali noi, sai? Mica stiamo nel circolo della necessità come tutte le altre bestie, noi! A differenziarci dal resto del regno animale è il regno della libertà, baby! Che vuoi di più?!?

Eh, già, bella libertà… Siamo talmente liberi e libere che se ti permetti di dire la verità sui rischi del lavoro e del progresso, se ti va bene ti danno della matta, se no ti sbattono in galera, e se cerchi di fare qualcosa per sabotare questa macchina di morte ti ritrovi anche con una bella accusa di “terrorismo”. Perché “terrorista” è chi difende la salute e i territori, non chi li devasta, ovviamente!

E allora stattene zitta e buona una volta per tutte e lasci che il capitale e i suoi servi portino avanti lo sfacelo sotto ai tuoi occhi. Uno sfacelo ad alta velocità!

Ti frana la montagna in testa quando piove? Non ci sono soldi per fermare il dissesto idro-geologico, spiacenti! Dobbiamo fare le grandi opere, mica ‘ste cazzate!
Vivi in mezzo all’amianto? Non ci sono soldi per bonificare, spiacenti! Dobbiamo investire in guerra, mica in salute!
Mangi verdure alla diossina? Respiri polveri dannose? È la selezione naturale! Ma se avanzano dei soldi vedremo di darti un nuovo reparto di oncologia, dove imbottirti di chemioterapie che ingrassano i portafogli delle stesse multinazionali che producono diossina e altre schifezze.

È il profitto, baby! Tu che ne sai? Sei di passaggio sulla terra: è il capitale che deve vivere, eternamente se possibile…

E se proprio non ti vuoi arrendere all’evidenza, ti diamo un contentino: puoi far parte di un comitato che raccoglie le firme per chiedere gentilmente a qualche istituzione preposta di mettere in agenda la questione delle nocività.
Oppure puoi sperare che, quando sarai già morta o moribonda, in qualche tribunale qualcuno decida di aprire un fascicolo su questa o quella fabbrica/produzione di morte/grande opera. E spera di avere ancora un filo di voce, così potrai toglierti la soddisfazione di commentare “L’avevamo detto vent’anni fa…”.

L’importante, baby, è che ora tu te ne stia zitta e buona, senza avere la tracotanza di dire la verità su quello che sta succedendo a questo pianeta – e magari addirittura lottare con altre e altri…

Se proprio vuoi dire qualcosa, delega, delega, delega. Ripeti con me de-mo-cra-zi-a-de-mo-cra-zi-a-de-mo-cra-zi-a.

Il parlamento, i tribunali, son lì apposta. Come devi delegare la tua sicurezza, in quanto donna, agli uomini in divisa e alle leggi, così devi delegare anche la salute tua e del territorio alle istituzioni e agli esperti!

Poidi2

E se non ti fai passare al più presto questa sindrome da Cassandra ti troviamo noi uno psichiatra pronto a darti le goccine per curare questa malsana abitudine di dire la verità!

(1) Tutte le citazioni sull’Ilva sono tratte da Antonella di Palma,In nome del profitto. Taranto e la “sua” fabbrica, in «Il de Martino. Rivista dell’Istituto Ernesto de Martino per la conoscenza critica e la presenza alternativa del mondo popolare e proletario», n. 22-23/2013

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Per approfondire:

Banca dati italiana del cancro (fonte: Banca Dati www.tumori.net)
Principali cause di morte in Italia (fonte: Istat)
SENTIERI – Studio Epidemiologico Nazionale dei Territori e degli Insediamenti Esposti a Rischio da Inquinamento
Mappa dei siti inquinati (fonte: www.datajournalism.it)

 N.P. 03.05.14

Scontri Primo Maggio, la procura di Torino apre un fascicolo contro i responsabili

http://www.torinotoday.it/cronaca/aperto-fascicolo-responsabili-scontri-1-maggio-2014-torino.html

Dopo i tafferugli del Primo Maggio, la procura ha deciso di aprire un fascicolo. Tre soggetti indagati, tra cui il responsabile di un’aggressione che ha mandato all’ospedale un uomo della Digos

Redazione 2 Maggio 2014

A seguito dei tafferugli verificatisi nella giornata del Primo Maggio e che hanno visto il fermo di tre persone accusate di aver ferito, seppur in maniera lieve, sette agenti delle forze dell’ordine, la procura di Torino ha deciso di aprire un fascicolo.

Sul tavolo degli imputati, Marco Bolognino, l’anarchico arrestato ieri e portato in carcere alle Vallette con l’accusa diresistenza a pubblico ufficiale e lesioni aggravate. Egli, avrebbe colpito alle spalle col manico di un piccone, un uomo della Digos, mandandolo all’ospedale Mauriziano dove è stato immediatamente medicato.

Marco Bolognino non è l’unico ad essere inscritto nel fascicolo aperto dalla procura: nel mirino anche altre due ragazze, denunciate per resistenza a pubblico ufficiale, una 25enne di Pisa ed una torinese di 48 anni. Una delle due donne, inoltre, avrebbe lanciato una sedia metallica facente parte del dehor di un bar di piazza Vittorio Veneto contro la polizia.

Colombia. I Maggio di morte. Quaranta minatori sepolti vivi in una miniera a El Palmar.

Tragedia nella miniera a cielo aperto di El Palmar. Si teme nessun sopravvissuto

di Massimo Bonato

Sono circa le 22 del 30 aprile quando una enorme massa di polvere e fango frana sui minatori che lavorano in pozzo, rendono noto «El Pais» e «El Tiempo» tra gli altri.

Minapalmar

I testimoni stimano che almeno 70 metri quadrati di terra e fango hanno intrappolato 40 persone che speravano in un maggior compenso durante il lavoro notturno. A oggi sono state recuperate tre persone decedute, ma le altre rimangono disperse.

El Palmar, dove è avvenuta la tragedia, si trova a circa 20 minuti dalla città di Santander de Quilichao, dipartimento del Cauca, in un’area sudoccidentale della Colombia. Le prime informazioni provengono da un testimone giunto sul luogo: all’1,00 della notte del I maggio, soltanto tre corpi erano stati recuperati. Una miniera in cui lavorano contadini nativi e afrocolombiani. Le stesse fonti sostengono che alle prime luci del mattino, impresari ed équipe dei tecnici si erano messi in fuga.

Colleghi, parenti, amici dei minatori sono in preda alla disperazione, così come pure chi abita nella zona, che ha tra i propri cari qualcuno che lavora nella miniera dichiara la Asociación de Cabildos – Indígenas del Norte del Cauca..

Una disgrazia che potrebbe servire alla direzione per addossare la responsabilità dell’accaduto a chi è rimasto sepolto dalla frana, con un atto di vera criminalizzazione.

Le vittime di questa tragedia, come altre dovute a frane prodottesi in miniere erroneamente definite “artigianali”, sono lavoratori sfruttati in condizioni vergognose che mettono a repentaglio la loro vita per sopravvivere alla mancanza di lavoro.

Sono vittime della voracità dei proprietari degli impianti, spesso alleati con gli squadroni della morte in collisione con funzionari militari e governativi che sono a perfetta conoscenza di queste attività ma quando non ne sono diretti beneficiari preferiscono alla legge l’indifferenza.

MINERIA ILEGAL Palmar

Questa regione del Cauca settentrionale in gran parte popolata da indigeni e afrocolombiani ha dovuto assistere alla violenta espropiazione del territorio a favore dei grandi zuccherifici. La canna da zucchero ha sostituito tutte le colture alimentari e con sé ha portato miseria, inquinamento, fame, sopraffazione e violenza sociale. In questo substrato sociale, il traffico di droga ha torvato terreno fertile e permea tutte le aree della regione con movimenti di enormi quantità di denaro. Ma anziché affrontare e realizzare una riforma agraria per garantire il sostentamento della gente della regione e proteggere l’ambiente, lo Stato ha apertamente difeso gli interessi delle aziende e ora anche delle compagnie minerarie transnazionali attraverso enormi concessioni.

In queste condizioni di insicurezza, la criminalità e la povertà per l’interesse dei pochi e subita dalla popolazione più indigente e sfruttata, ha prodotto anche questo tipo di progetti minerari a cielo aperto: forme di sfruttamento che i minatori subiscono  lavorando in condizioni di rischio e di abuso inacettabili.

Il governo colombiano ha introdotto l’estrazione a cielo aperto, favorendo grandi aziende per lo più canadesi, che si presentano offrendo un ambiente di lavoro pulito, sicuro e tecnicamente valido come alternativa alternativa. La realtà è però profondamente diversa e antitetica. Tutte le prove dimostrano che la morte e la distruzione causata da questo tipo di megaprogetti di estrazione è di gran lunga peggiore di quella causata dai progetti più modesti. Sono questi, progetti che richiedono una massiccia distruzione ambientale e inquinamento, imprese che con il crimine e la violenza spogliano i cittadini di terreni oggetto di concessioni. Popolazione che una volta espulsa dalle proprie terre finisce per infoltire i bassifondi urbani, dove le uniche risorse sono la criminalità che recluta chiunque per il traffico di droga e per i gruppi armati.

La quantità di morti causate dal lavoro in una miniera a cielo aperto non fa notizia quanto quella prodotta da incidenti come quella appena avvenuta nel Cauca, anche perché al novero andrebbero continuamente aggiunte le morti prodotte dalla mancanza di acqua o per la sua contaminazione, come per la contaminazione delle terre.

L’attività estrattiva dell’oro, è bene ricordarlo, beneficia soprattutto il grande capitale speculativo transnazionale e i proprietari di grandi capitali che distruggono ecosistemi, montagne, giungle, città e campi, per seppellire lingotti in un caveau o far tintinnare gioielli evitando così il deprezzamento delle loro enormi ricchezze, pur provocando la spogliazione della natura e lo sterminio di intere popolazioni.

Tra i tanti criminaliresponsabili di un genocidio in atto vanno considerati anche questi, le compagnie trasnazionali e multinazionali che seppelliscono la dignità umana in una corsa alla preservazione e all’accrescimento del capitale. Morti, come quelle della miniera di El Palmar, di cui nessuno parlerà e che si dimenticheranno in fretta, scendendo in miniera di nuovo, per sopravvivere.

M.B. 02.05.14

Terzo Valico dei Giovi. Abbattute le palazzine di Ferriera, in Val Verde

di Gruppo ValVerde NoTav

Ferriera 1

In questi giorni è in corso l’abbattimento di tre palazzine alla Ferriera, località nel comune di Ceranesi, al confine con il comune di Camporone (Ge). Non si tratta di case in stato di abbandono, ma di un borgo storico, vissuto, oltre che abitato da 18 famiglie fino a un anno fa. Famiglie obbligate ad abbandonare la loro vita oltre che la loro casa per consentire l’allargamento di una strada in vista delle cantierizzazione della nostra valle.
Ferriera 3

Valle che da un anno si trova costantemente invasa dalle forze dell’ordine, mandate a “difendere” una cittadinanza dai suoi stessi cittadini, questa è una situazione già vista non molto distante da qua!
Oggi siamo qui non quali semplici testimoni di una demolizione, bensì per ribadire la nostra opposizione alla realizzazione di un’opera non solo assolutamente inutile, ma fortemente dannosa, il Terzo Valico dei Giovi.
Pur demolendo queste case, di certo non riusciranno a demolire quello che ci spinge oggi ad essere qua, quello che da due anni ci porta ad opporci alla devastazione della nostra valle e la nostra resistenza.
Continueremo a lottare contro l’indifferenza, la rassegnazione e la connivenza di questa politica,
Ferriera 4

Le immagini di oggi hanno lasciato una ferita nel nostro cuore e rimarranno indelebili nella nostra mente… ma altro non faranno se non alimentare la nostra voglia lotta contro questa ingiustizia.

Gruppo ValVerde NoTav

Marina aveva il suo negozio in una di quelle palazzine, e scrive questi ricordi

Sei lì che ci guardi
Con quegli occhi vuoti
Aspettando il giorno
Che chi ti è ora padrone
Ti darà il colpo finale…
E alla mente tornano
Tanti anni con te vissuti…
Quando con un po’ di apprensione
Aprii una delle tue serrande
E iniziai la mia esperienza artigiana in proprio…
E qui trovai tanti amici,
Di cui tanti ora non ci son più…
Da Milio a Sergio, da Maria a Ada, a Gina e tanti altri ancora…
Una grande famiglia…
Ecco quello che ci sentivamo…
Tutti pronti ad aiutarci l’un l’altro…
Talvolta penso che per loro, soprattutto i più anziani, sia stato meglio così…
A non essere presenti ora ad assistere allo scempio che di giorno in
giorno si fa sempre più insolente, più crudele verso quelli che per
chi non ti ha voluto bene come noi che ti abbiamo nel cuore,”sono solo
quattro muri”, ma per noi sono parte di noi, della nostra vita, della
nostra Storia…
“Marina resiste” recita una ceramica donatami dagli amici del
Movimento No Tav Terzo Valico, il giorno del mio inizio nella nuova sede…
Sì! Resisto alla Ferriera…
Di fronte a quello che è stato per me teatro di tante cose, alcune più belle e altre meno, ma tutte mie e di chi le ha vissute con me…
Ti terrò sempre nel cuore…
E con me gli altri che come me han dovuto scegliere, loro malgrado,
altre sistemazioni, più o meno lontane…
Resto qui accanto…
A condividere la tua agonia e a ricordare a tutti che si può voler bene…
Anche se sono solo quattro muri…

”LA TAV E’ INUTILE” STUDIO DELL’UNIVERSITA’ DI INNSBRUCK LO DIMOSTRA (NEL 2006) E IL GOVERNO ITALIANO LO HA NASCOSTO

venerdì 2 maggio 2014
La TAV Brennero è inutile. E’ quanto emerge da uno studio dell’Università di Insbruck, datato 2006 ma reso pubblico soltanto oggi. Per 8 anni il governo e il Ministero dei Trasporti italiano hanno secretato i documenti, rifiutandosi di renderli pubblici. Il deputato della Südtiroler Volkspartei, Manfred Schullian, aveva provato più volte a metterci le mani e lo ha fatto anche qualche giorno fa, ma ha incontrato sempre gli stessi ostacoli. Ora, però, i documenti sono stati resi pubblici, grazie a Riccardo Fraccaro, deputato trentino del M5S, che ha intercettato e pubblicato una copia dello studio. E il resoconto è tutt’altro che positivo, poiché dimostrerebbe l’inutilità di questa importante opera pubblica.

La relazione, composta da circa 1000 pagine, è stata scritta nel 2006 da Peter Lercher, professore dalla Facoltà di Medicina dell’Università austriaca di Innsbruck. All’epoca lo studio era stato commissionato dalla BBT (Brenner Basistunnel), la società italo-austriaca incaricata di costruire il tunnel ferroviario di 56 km, dalla città di Innsbruck alla città di Fortezza (Bolzano), nell’ambito del progetto TAV Brennero. Gli obiettivi dello studio erano diversi. Prima di tutto si voleva capire l’impatto dell’opera sulla popolazione e sull’ambiente, tentando di individuare eventuali benefici in termini di salute. Un altro obiettivo era invece legato al trasporto delle merci, così da valutare se l’utilizzo della TAV fosse stato più efficiente rispetto ai mezzi di trasporto comuni, ossia rispetto agli autocarri sull’autostrada A22 o ai treni merci sui tracciati ferroviari tradizionali.

I risultati dello studio non sono certamente quelli sperati dai sostenitori della TAV. Non è difficile capire perché la politica abbia secretato questi documenti per 8 anni. Prima di tutto perché la tesi maggiormente consolidata dai sostenitori della TAV, sarebbe prontamente smontata. Lo studio, infatti, dichiara che ci sarebbero “effetti positivi trascurabili” sull’ambiente. Motivo? Non è vero che la TAV abbasserebbe il trasporto su gomma. Sembra strano da credere, ma secondo lo studio, pur disponendo di un trasporto ad Alta Velocità, il traffico di autocarri sull’A22 rimarrebbe lo stesso.

A dire la verità, il trasporto su gomma è diminuito, ma non è servita la costruzione di alcun tunnel. Colpa della crisi economica, della riduzione dei consumi. Secondo le previsioni dello studio, nel 2012 circa 41 tonnellate di merci avrebbero viaggiato sull’A22, ridotte a 32 tonnellate grazie all’ipotetico utilizzo del tunnel TAV. Quante sono state alla fine realmente? Meno di 29 tonnellate. Ciò significa che, anche senza TAV, il trasporto su gomma si è notevolmente abbassato e questo perché i fattori che possono incidere sono tra i più vari.

A proposito: a che punto è l’opera? I lavori preliminari sono fermi da oltre 2 anni e il ritardo è davvero enorme. Nonostante la speranza in molti di vedere il tunnel funzionante dal 2015, l’opera sembra destinata a rimanere bloccata ancora per tanto tempo. Eppure non ci sono proteste e ostacoli come in Val di Susa. Qual è il motivo allora? Il problema è che nessuno ancora sa quanto costino veramente questi lavori. In Italia, il Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture continua a dire che l’opera costerà circa 8 miliardi di euro. Secondo la Corte dei Conti austriaca, invece, la spesa non sarà inferiore ai 24 miliardi, cifra che al momento Vienna non ha intenzione di spendere, tanto da dichiarare che non inizierà a scavare prima del 2016.

Un’altra tesi dei Pro-TAV verrebbe smentita da questo studio: non è vero che il tunnel abbasserà il tasso di rumorosità. Il rumore, soprattutto nelle ore notturne, è uno dei problemi più importanti della zona interessata (Alta Valle Isarco), poiché inciderebbe negativamente sulla salute e sul sonno degli abitanti (bambini compresi), diffondendo depressione, ansia e ipertensione. I sostenitori della TAV avevano quindi pubblicizzato l’opera come un’operazione che avrebbe ridotto il rumore degli autocarri, a beneficio della salute. Ma così, a quanto pare, non sarà. Lo scienziato Lercher ha infatti individuato nei treni merci il maggior nemico della quiete pubblica, e non nei TIR. Dato che i normali treni merci continuerebbero a viaggiare comunque, il rumore rimarrebbe lo stesso.

Come scritto, il trasporto su gomma non diminuirebbe in maniera importante, quindi l’inquinamento ambientale rimarrebbe pressoché invariato. In particolar modo, le emissioni inquinanti dei TIR (ossidi di azoto, polveri sottili Pm10, anidride carbonica, monossido di carbonio etc.) si ridurrebbero soltanto del 6-12%. Tra l’altro, per gli studiosi austriaci, questa riduzione non sarebbe frutto della TAV ma della prevedibile evoluzione tecnologica dei camion. Quindi, l’unica soluzione per ridurre il traffico di autocarri è aumentare i pedaggi dell’A22, ben più bassi rispetto ad altri varchi alpini e quindi più “attraenti” per i trasportatori. E per fare ciò, non serve nessun tunnel.

Riassumendo: la costruzione del tunnel per la TAV Brennero è opera incerta e “inutile”. L’inquinamento rimarrebbe lo stesso, il rumore anche, ma soprattutto ancora non si hanno dati certi sui costi effettivi. Lo studio austriaco poteva quindi fungere da stimolo per trovare dei correttivi, per diminuire l’incertezza attorno ad un’opera miliardaria. E invece si è preferito ignorarlo, tenerlo chiuso in un cassetto e secretarlo. Non proprio un gesto di responsabilità.

Articolo scritto da Davide Iandiorio per it.ibtimes.com – che ringraziamo.

NOTA.

L’Università di Innsbruck è una delle più prestigiose al mondo, e vi hanno insegnato ben quattro professori insigniti del Nobel (tre per la Vhimica, uno per la Fisica)

Per informazioni vedi link: http://www.informagiovani-italia.com/universita_innsbruck.htm

 http://www.ilnord.it/c-2926_LA_TAV_E_INUTILE_STUDIO_DELLUNIVERSITA_DI_INNSBRUCK_LO_DIMOSTRA_NE_2006_E_IL_GOVERNO_ITALIANO_LO_HA_NASCOSTO

Piero Pelù a Villa Wanda nel 1995 (video)- VIDEO

Piero Pelù a casa di Licio Gelli. In rete un video del 1995 nel quale si vede l’allora cantante dei Litfiba che entra a Villa Wanda e incontra il Venerabile della Loggia P2. (Rcd – Corriere Tv)

http://video.corriere.it/piero-pelu-casa-licio-gelli-video-1995/95662f2c-d232-11e3-8ed3-fdcfbf1b09b2

quello che dal palco denuncia la P2…..l’importante non nominare il Bilderberg e fingere che quella organizzazione smantellata conti più del CFR, Ue, Trilateral, FMI, BM etc

UE MARCIA E CORROTTA: 46 INDAGINI IN CORSO CONTRO FUNZIONARI (SEGRETATE!) BILANCI NON CERTIFICATI, CORRUZIONE OVUNQUE

sabato 3 maggio 2014
Ue parlamento gangster
 
L’unione Europea, si sa, e’ corrotta fino al midollo e quindi non deve sorprendere che il numero degli impiegati comunitari sotto inchiesta per corruzione e’ aumentato in maniera considerevole.
 
A tale proposito alcuni giorni fa Giovanni Kessler, il direttore dell’Olaf, l’ufficio antifrode della UE, ha dichiarato che nel 2013 ci sono state 46 indagini disciplinari contro altrettanti funzionari (che sono tutt’ora in corso) ma ha rifiutato di dire per quali istituzioni comunitarie stessero lavorando citando motivi di confidenzialita’.
 
Ovviamente non sono solo i funzionari comunitari ad essere corrotti ma anche gli stessi europarlamentari anche se per questi ultimi intraprendere azioni disciplinari e’ alquanto difficile.
 
Infatti l’Olaf prima di iniziare un’indagine su un europarlamentare deve prima informare il segretario generale del parlamento europeo con largo anticipo e se gli ispettori dell’Olaf vogliono entrare nell’ufficio degli europarlamentari indagati devono essere sicuri che chi e’ sotto inchiesta sia presente.

http://www.ilnord.it/c-2928_UE_MARCIA_E_CORROTTA_46_INDAGINI_IN_CORSO_CONTRO_FUNZIONARI_SEGRETATE_BILANCI_NON_CERTIFICATI_CORRUZIONE_OVUNQUE

Ucraina. Il Manifesto accredita la versione del Fmi

Non basta il titolo se nell’ articolo si giustifica tutto l’operato del Fmi. Quella del Fmi non è la cura da cavallo ma necessaria.
 
Il Fmi non può creare il precedente per cui da soldi senza imporre la sua cura. Quindi la sua cura (mortale) è obbligatoria, ma per impedire di vedere con chiarezza i disastri arriverà la guerra.
 
Spero di sbagliare.
 
Marcopa
 
La morsa del Fondo su Madjan
di Matteo Tacconi
da Il Manifesto del 3 maggio 2014
 
Le fon­da­menta dell’economia di Kiev erano già fra­gili, da prima che scop­piasse la pro­te­sta con­tro Yanu­ko­vich, il 21 novem­bre scorso. È il giorno in cui l’ex pre­si­dente ucraino rifiutò gli Accordi di asso­cia­zione tar­gati Ue, pac­chetto di impor­tanti incen­tivi com­mer­ciali. Da allora è suc­cesso di tutto. La rab­bia popo­lare s’è tra­sfor­mata in rivo­lu­zione, la Cri­mea ha preso la strada di Mosca e l’est del paese è diven­tato il tea­tro di una guerra, per ora a bassa inten­sità: da una parte l’esercito di Kiev, dall’altra i ribelli filorussi.
 
Que­sta catena di avve­ni­menti ha fatto molto male all’ex repub­blica sovie­tica. Diversi inve­sti­tori stanno por­tando via i loro capi­tali, anche a costo di sven­dere, come ha fatto Intesa San Paolo. La hry­v­nia ha perso dall’inizio dell’anno il 29% sul dol­laro. Nessun’altra moneta al mondo ha avuto un anda­mento così disa­stroso. Quanto alla cre­scita, il Fmi stima che quest’anno Kiev per­derà cin­que punti di Pil. Un’altra botta deva­stante, dopo i 15 punti bru­ciati nel 2009, causa crisi glo­bale. È lo stesso Fmi che cer­cherà di evi­tare che l’Ucraina capi­toli. Insieme all’Ue le pre­sterà all’incirca 23 miliardi di euro. Una somma che rap­pre­senta il 15% del Pil (dato 2013). La prima rata dell’importo, da due miliardi e 300 milioni, è stata già scongelata.
 
Lo stan­zia­mento fa parte della par­tita inter­na­zio­nale in corso. Il Fmi, stru­mento a tra­zione occi­den­tale, se si guarda al con­tri­buto for­nito dai paesi mem­bri (quello ame­ri­cano s’aggira sul 15%) e dal peso rela­tivo che ne deriva in ter­mini di voti, ha deciso di inter­ve­nire in Ucraina dopo che Mosca, una volta imploso il sistema pre­da­to­rio di Yanu­ko­vich, ha annul­lato il pre­stito da 15 miliardi di dol­lari e il taglio sul gas accor­dati a dicem­bre all’ex repub­blica sovietica.
 
Quell’intesa ne spo­stò il bari­cen­tro verso la Rus­sia, facendo eva­po­rare defi­ni­ti­va­mente l’ipotesi di fir­mare gli Accordi di asso­cia­zione, a loro volta legati a un pos­si­bile soste­gno del Fmi. Una delle ragioni a monte del no di Yanu­ko­vich sta nel fatto che il Fmi chie­deva di aumen­tare la tariffa del gas, tenuta arti­fi­cio­sa­mente bassa, per motivi di con­senso elet­to­rale, da tutti i governi che si sono suc­ce­duti al potere a Kiev.
 
Da qui, tutto som­mato, si riparte. La con­di­zione più strin­gente che Lagarde, la diret­trice del Fmi, ha chie­sto al governo del primo mini­stro Yatse­niuk è pro­prio la ret­ti­fica al rialzo delle bol­lette. Naf­to­gaz, l’azienda sta­tale del gas, ha i conti pro­fondo rosso. Deve più due miliardi di euro a Mosca. I soldi del Fmi ser­vi­ranno anche a coprire que­sta vora­gine, ma Kiev è tenuta – appunto – a cari­care la bol­letta. Il che può avere evi­denti con­trac­colpi sociali, in un paese dove il red­dito medio annuale non supera i 4000 dol­lari (in Rus­sia è 14000, in Polo­nia quasi 13000). Lagarde ha comun­que spie­gato che ver­ranno licen­ziati prov­ve­di­menti orien­tati a tute­lare le fasce deboli. Le altre misure che il Fmi reputa urgenti riguar­dano il con­te­ni­mento del defi­cit e dell’inflazione, il man­te­ni­mento del tasso di cam­bio varia­bile della hry­v­nia (adot­tato a feb­braio), una serie di riforme a favore della tra­spa­renza eco­no­mica, qual­che taglio e qual­che bal­zello in più.
 
Al di là dei con­te­nuti della ricetta, il vero punto è se que­sto piano sarà capace di pro­gre­dire. Diverse sono le inco­gnite. Una, ovvia­mente, è la situa­zione dell’est. Se il con­flitto tra forze gover­na­tive e mili­zie filo­russe dovesse aggra­varsi, deter­mi­nando per­sino varia­zione ter­ri­to­riali il Fmi dovrebbe rive­dere, aumen­tan­dolo, l’importo del bai­lout. E poi ci sono gli oli­gar­chi, la razza padrona del paese. Ric­chis­simi, refrat­tari alle riforme e al prin­ci­pio della con­cor­renza, il loro obiet­tivo sto­rico è sem­pre stato quello di sal­va­guar­dare i loro mono­poli indu­striali. Dosano forza media­tica e influenza sulla poli­tica. Sal­tano, quando neces­sa­rio, da un par­tito all’altro. Non disde­gnano l’Europa, ma temono le riforme che l’Ue e il Fmi squa­der­nano. Vogliono man­te­nere intatto il flusso di affari con la Rus­sia (è il loro mer­cato prin­ci­pale) evi­tando però che l’ipoteca esterna di Mosca s’ingigantisca. La loro indole, sotto certi aspetti, è gattopardesca.
 
L’azione del Fmi li disturba. Tanto che, si dice in que­sti giorni, pur in assenza di prove, qual­che tycoon avrebbe forag­giato i ribelli di Done­tsk. La stra­te­gia può por­tare all’indebolimento del governo e a ren­dere inef­fi­cace l’azione del Fmi, che ha già pre­stato molti soldi, nel corso degli anni, a Kiev. Ma l’Ucraina s’è rive­lata un buco nero. Le riforme non hanno attec­chito, non s’è creata una classe media, gli oli­gar­chi hanno con­ti­nuato a bivaccare.