Missioni all’estero nei paesi poveri. La Procura di Roma indaga e scopre uno scandalo milionario

Scritto da Redazione Infiltrato     | Pubblicato Martedì, 24 Settembre 2013
 
Lavorare in Cina per 44 giorni e tornare in Italia con 70 o 80 mila euro sul proprio conto corrente. E’ possibile grazie alle risorse pagate dal Governo in favore dei poveri.  Qualche mese fa in parlamento ci si stracciava la vesti per il taglio ai fondi della cooperazione allo sviluppo. Per poi approvarli con la benda sugli occhi.
 
Ed è così che dalla Farnesina partivano esperti in missione all’estero. E i costi? Molto alti. Partono, come riporta il Fatto Quotidiano, dai cinquecento euro per finire ai mille euro al giorno. Lo Stato a questo settore destina poche risorse.

Negli ultimi anni infatti sono stati tagliati i contributi diretti dell’80%, e sono stati chiusi anche molti uffici anche con finanziamenti già erogati. Le Regioni aspettano da anni di vedersi restituire milioni di euro anticipati come crediti d’aiuto. Le Ong a corto di fondi richiamano i volontari. Gli uffici tecnici per la cooperazione all’estero chiudono.

A Roma però accade che vanno e vengono come il nulla stormi di consulenti pagati a peso d’oro.  Il quadro missioni della Direzione Generale parla chiaro: esiste un professore di economia da inviare per quattro mesi in Ghana dove il 28% della popolazione vive sotto la soglia di povertà di 1,25 dollari. A lui però verranno dati 70 mila euro per svolgere non meglio precisare attività di supporto privato.

Scorrendo meglio troviamo che un capo progetto che lavora in Senegal, Paese dal reddito pro capite di due dollari al giorno, ottiene per un anno di lavoro 180 mila euro. In pratica il denaro per acquistare un appartamento nuovo di zecca. Un forestale che va a lavorare in Mozambico invece prende 11- 12 mila euro al mese.

Il problema principale è che esperti non si diventa ma si viene nominati. Ad attribuire gli incarichi ci sono gli Uffici della Dgcs, la direzione che coordina, gestisce e realizza tutte le attività internazionali dello Stato italiano dirette al sostegno dei paesi in via di sviluppo: ospedali, scuole, strade, interventi umanitari d’emergenza tutti finanziati con fondi italiani.

Come si diventa allora esperti? La figura nasce con la legge n. 49/1987, quella che a parole tutti i governi vorrebbero riformare (compreso quello attuale) e poi mollano il colpo. Esordisce come “legge speciale”, tale cioè da derogare le applicazioni giuridico-finanziarie imposte dalla contabilità generale dello Stato, le norme su assegnazione di incarichi, trasparenza e la tracciabilità dei flussi finanziari. Da qui sembra discendere anche la discrezionalità di selezionare chi inviare in missione come “personale di supporto e assistenza tecnica”.

Ce ne sono di due tipi: quelli assunti presso le Unità tecniche centrali e quelli esterni. I primi sono stati inizialmente inseriti a termine con contratti individuali di diritto privato e retribuzioni lorde fino ai 73mila euro che possono arrotondare con le missioni all’estero. La loro carriera da professionisti privati è finita nel marzo 2012 atterrando sul velluto della previdenza pubblica: i contratti sono stati trasformati a tempo indeterminato, nonostante l’età media di 63 anni. Fino al 2011 gli esperti Utc non erano pensionabili e non era raro incontrare ultraottantenni che ancora operavano negli uffici della Farnesina.Però qualcuno è riuscito a farne un vero e proprio mestiere anno dopo anno. Utilizzando il sistema delle missioni brevi o lunghe ha girato il mondo e messo via una bella somma di denaro.
Conoscere i nomi non è affatto facile. Infatti nell’area trasparenza del sito della Dgcs c’è una sezione incarichi ma è ferma a due anni. Non riporta curriculum e motivo dell’incarico. Arginare la discrezionalità delle assegnazioni e aprire il più possibile la partecipazione alle selezioni tre anni fa è diventato un obiettivo fondamentale. Sono stati messi alcuni paletti ed è stata valorizzata l’esperienza sul campo.

Perché nel frattempo, attraverso un’indagine della Procura di Roma, si è scoperto che non tutti gli esperti sono onesti. Ventinove di loro dichiaravano residenze fittizie in Italia per intascare indennità da 150-390 euro al giorno cui non avevano diritto perché regolarmente residenti nei paesi di destinazione.

Si andava da compensi tra i 10mila e gli oltre 300mila euro, frutto di varie missioni cumulate.

Una storia di cui ormai gli italiani non si meravigliano più. Anche perché nel 2012 siamo riusciti a spendere 1,3 miliardi affidando 300mila incarichi. Ma ancora non si era arrivati a perlustrare il fondo della Repubblica delle consulenze: far soccorre chi campa con un dollaro da consulenti privati che paga anche mille volte di più. Col paradosso che un giorno di missione in meno riempie la pancia a migliaia di disperati.

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Siria, il ricatto di Washington

Mosca e Pechino hanno imparato dalla lezione libica, i pacifinti italioti invece sempre al servizio americano

LUNEDÌ 23 SETTEMBRE 2013
di Michele Paris

Mentre il governo siriano di Bashar al-Assad sembra avere finora rispettato i termini imposti dall’accordo tra Stati Uniti e Russia sullo smantellamento dell’arsenale chimico di Damasco, l’amministrazione Obama continua a manovrare dietro le quinte per riuscire a creare un pretesto che giustifichi un intervento armato nel paese mediorientale.

Se l’Organizzazione per la Proibizione delle Armi Chimiche (OPCW) ha fatto sapere nel fine settimana che la Siria ha consegnato venerdì l’elenco delle proprie armi chimiche secondo le scadenze previste, le trattative per definire l’implementazione dell’accordo continuano ad incontrare ostacoli a causa dell’atteggiamento americano.

In particolare, la Russia da una parte e gli sponsor occidentali dell’opposizione armata siriana dall’altra non hanno ancora superato le loro divergenze sulla questione dei provvedimenti da adottare nel caso la Siria dovesse violare le procedure previste per la consegna e la distruzione delle proprie armi chimiche.

Gli Stati Uniti, assieme a Francia e Gran Bretagna, insistono cioè nell’introdurre in un’eventuale risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite il riferimento al cosiddetto “Capitolo 7” della carta ONU, il quale prevede appunto l’autorizzazione all’uso della forza in caso di mancato rispetto di quanto stabilito dalla risoluzione stessa.

Come hanno riportato i media americani nei giorni scorsi, inoltre, la Casa Bianca vedrebbe con favore l’adozione di un altro meccanismo che faciliterebbe un’aggressione contro la Siria, vale a dire l’assegnazione all’OPCW dell’autorità di stabilire se Damasco ha violato o meno l’accordo sulle armi chimiche. Questa ipotesi, viene ovviamente respinta da Russia e Cina, poiché consentirebbe agli USA di agire militarmente bypassando il Consiglio di Sicurezza.

In un’intervista concessa nella giornata di domenica alla TV russa, il ministro degli Esteri di Mosca, Sergei Lavrov, ha rilasciato dichiarazioni molto pesanti nei confronti dell’amministrazione Obama, accusandola di volere “ricattare” il Cremlino. Per Lavrov, a differenza di quanto stabilito inizialmente assieme al Segretario di Stato, John Kerry, gli Stati Uniti stanno minacciando di ritirare il proprio appoggio all’accordo sulla consegna delle armi chimiche siriane se la Russia non accetterà una risoluzione che includa il riferimento al Capitolo 7 della carta ONU.

Il governo russo, così come quello cinese, è ben consapevole che la richiesta di Washington ha come scopo quello di ottenere una parvenza di legittimità per un attacco unilaterale contro la Siria. Mosca e Pechino, infatti, hanno imparato la lezione del 2011, quando la loro astensione al Consiglio di Sicurezza consentì l’imposizione di una no-fly zone sulla Libia, subito manipolata dalla NATO per condurre una campagna di bombardamenti su vasta scala e rimuovere Gheddafi dal potere.

Sempre secondo le parole di Lavrov, dunque, “gli USA non vedono nell’accordo con la Russia un’occasione per salvare il pianeta dall’uso di consistenti quantitativi di armi chimiche, bensì come un’occasione per ottenere ciò che Russia e Cina non permettono: fare approvare una risoluzione che autorizzi l’uso della forza contro il regime di Assad a tutto vantaggio dell’opposizione”.

Con un simile strumento nelle loro mani, gli Stati Uniti potrebbero così in qualsiasi momento denunciare la mancanza di collaborazione da parte di Damasco nell’applicazione dei complessi termini dell’accordo sulla distruzione delle armi chimiche e giustificare un attacco militare che, a loro dire, trarrebbe legittimità da una risoluzione ONU.

L’inaccettabilità della pretesa degli americani e dei loro alleati europei appare poi ancora più evidente dal fatto che essa si basa su un presupposto tutt’altro che appurato, vale a dire la responsabilità del regime siriano nell’attacco con armi chimiche nella località di Ghouta – presso Damasco – lo scorso mese di agosto.

Un altro aspetto del tutto trascurato dagli Stati Uniti e dall’Occidente e su cui Lavrov ha invece portato l’attenzione nella sua intervista del fine settimana, è legato alle armi o sostanze chimiche letali nelle mani dell’opposizione armata. Per il capo della diplomazia di Mosca, l’accordo prevederebbe cioè anche la consegna agli ispettori internazionali delle armi non-convenzionali detenute dai gruppi anti-Assad.

Come ha sostenuto Lavrov, gli stessi servizi segreti israeliani avrebbero infatti confermato almeno due casi nei quali i “ribelli” hanno assunto il controllo di aree dove si trovavano depositi di armi chimiche dell’esercito siriano.

Su questa condizione avanzata dalla Russia, in ogni caso, gli Stati Uniti non si sono ancora pubblicamente espressi ma è improbabile che Washington acconsenta ad introdurla nell’accordo. Nonostante i molti indizi emersi circa la disponibilità da parte dei “ribelli” di armi e sostanze tossiche in quantità sufficiente per condurre attacchi come quello del 21 agosto grazie all’assistenza dei governi che li sostengono, gli USA continuano ad affermare il contrario.

La fermezza americana su questo punto consente d’altra parte all’Occidente di continuare a negare qualsiasi ipotesi che implichi i “ribelli” nei fatti di Ghouta e a promuovere la versione – propagandata da quasi tutti i media “mainstream” – che il rapporto degli ispettori ONU assegni sia pure implicitamente al regime di Assad la responsabilità degli attacchi con armi chimiche.

Il rapporto, in realtà, non identifica gli autori dell’attacco ma i vari governi che sostengono l’opposizione siriana avrebbero dedotto da alcuni dati tecnici in esso contenuti che almeno due dei missili esplosi il 21 agosto sarebbero stati lanciati da un’area della città sotto il controllo delle forze del regime. Inoltre, la quantità relativamente consistente di sarin impiegato era tale che sarebbe stato impossibile per i “ribelli” venirne in possesso.

Questa versione è stata però messa in discussione da molti esperti e analisti, tra i quali alcuni sostengono come l’attacco su “larga scala” descritto dagli ispettori ONU avrebbe dovuto fare migliaia o forse decine di migliaia di vittime se il gas sarin lanciato con più missili si fosse propagato nell’ambiente come si deduce dalla versione ufficiale dei fatti.

Alla luce delle conseguenze provocate, appare più ragionevole ad esempio l’ipotesi, avanzata qualche settimana fa da una testata on-line americana, dell’esplosione accidentale delle armi in mano ai “ribelli” dopo che questi ultimi le avevano ricevute dai servizi segreti sauditi.

Ancora, qualche media alternativo ha messo in discussione la credibilità stessa del capo della missione ONU in Siria, lo svedese Ake Sellstrom, i cui indizi seminati nel rapporto hanno consentito a Washington, Parigi e Londra di puntare il dito contro Assad.

Come ha fatto notare qualche giorno fa un giornalista investigativo giapponese sul sito web globalresearch.ca, ad esempio, Sellstrom lavora in un centro di ricerca presso un’università svedese sponsorizzata dal ministero della Difesa di Stoccolma e i finanziamenti ricevuti da essa per vari progetti di studio sono finanziati dai fondi dell’Unione Europea destinati alla “lotta contro il terrorismo”. La stessa università di Sellstrom collabora poi con un istituto di ricerca di Tel Aviv che, a sua volta, mantiene stretti contatti con le forze armate e i servizi segreti israeliani.

Quasi mai preso in considerazione è infine il calcolo strategico del regime di Assad nel decidere un attacco con armi chimiche proprio mentre erano presenti in territorio siriano ispettori ONU giunti dietro invito di Damasco. Alla luce delle minacce lanciate da oltre un anno da parte dell’Occidente in caso di ricorso ad armi chimiche, per il governo l’utilizzo di questo genere di armi sarebbe stato un autentico suicidio, oltretutto dopo avere sostanzialmente ribaltato gli equilibri sul campo e avere messo alle corde i “ribelli” in molte aree del paese.

In questa prospettiva, l’ipotesi forse più plausibile per spiegare i fatti di Ghouta continua ad essere quella di un’operazione messa in atto più o meno intenzionalmente dai “ribelli” stessi, con l’intenzione di incolpare il regime e provocare un intervento militare esterno.

Questo piano, verosimilmente concordato con gli Stati Uniti e i loro alleati, era stato sul punto di dare i risultati sperati nei giorni successivi all’attacco. L’amministrazione Obama si è però trovata a fare i conti con una inaspettata opposizione popolare ad un nuovo conflitto, vedendosi costretta dapprima a chiedere l’autorizzazione all’uso della forza al Congresso e, di fronte alla prospettiva di subire un’umiliante sconfitta vista la contrarietà anche di molti deputati e senatori democratici, ad abbracciare l’iniziativa russa sullo smantellamento delle armi chimiche di Assad.

Come dimostrano i contrasti con Mosca di questi giorni e l’insistenza americana per una risoluzione ONU che contempli l’ipotesi militare, tuttavia, la minaccia di guerra è solo rimandata e l’accordo in fase di finalizzazione, per l’amministrazione Obama, non è altro che un ulteriore mezzo per giungere finalmente alla rimozione con la forza di un regime ostile ai propri interessi in Medio Oriente.
http://www.altrenotizie.org/esteri/5673-siria-il-ricatto-di-washington.html

Il dissesto italiano. Una terapia

Antonio Rossini

 Dove e come trovare i soldi occorrenti per mettere a posto il dissesto finanziario dell’Italia?

Professori, Economisti, Tecnici e Burocrati si cimentano a fare conti stratosferici, invenzioni e spostamenti di spese e entrate, invenzione di tasse e finti contenimenti di imposte. Togliere l’IMU, non aumentare l’Iva. Sbilancio dello Stato e problemi che tengono occupate le menti dei parassiti che ci rappresentano, dei “professori” e di gente che si affanna a discutere in fiumi di trasmissioni televisive che turlupinano gli italiani. L’ importante è parlare: è l’unica cosa che ci lasciano fare dal dopoguerra.

Al momento abbiamo un enorme problema di spesa. Sappiamo tutti che i danni italiani sono stati causati dalle eccessive spese che gravano quotidianamente sul bilancio dello stato per motivi politici e partitici. Un costo eccessivo della macchina istituzionale con il gravissimo costo della politica, oltre a quanto viene rubato e dissipato così come recitano procedimenti e condanne da parte di Magistratura e Tribunali.

Leggiamo ogni giorno quanto costa e contro ogni logica per esempio lo stipendio di un Commesso di Camera e Senato, quanto guadagnano gli eletti, stipendi di alti magistrati, Corte Costituzionale, Cassazione, cosiddetti managers degli Enti di Stato come l’Inps, stipendi ad alti ufficiali, stipendi diversificati ad impiegati dello stato come quelli del Senato e della Camera che guadagnano il triplo dei loro colleghi, costi di gestione della Camera e del Senato, fiumi di auto di servizio dette blu, soldi ai consiglieri comunali ed assessori, soldi ai consiglieri provinciali ed assessori. Soldi ai consiglieri regionali ed assessori, sprechi relativi alla frammentazione delle nostre forze dell’ordine: Guardia di Finanza, Carabinieri, Polizia di Stato, Polizia Penitenziaria, Polizia Forestale, Polizia Provinciale, Polizia Regionale, Polizia Municipale, Vigili del Fuoco, Protezione Civile, Croce Rossa; Marina Militare, Guardia Costiera, Capitanerie e Carabinieri, Finanza, Polizia, Vigili del Fuoco, che stanno anche in mare; Aeronautica Militare e Carabinieri, Finanza, Polizia, Polizia Forestale, Protezione Civile, che agiscono con loro mezzi in volo; Esercito ancora numeroso e discutibile, dislocato anche all’estero con tutte le altre Armi.

Questo solo un frammento di quando spendiamo, perché poi esistono centinaia di Enti inutili dei quali non conoscono l’esistenza neppure il Governo, Camera e Senato. Enti che gravano sulle nostre tasche e che assorbono decine e decine di milioni di euro al mese.

Fotocopie di Enti e Istituzioni che fanno la stessa cosa – pensate ai neonati “Garanti” e“Autorità” varie – che si pestano i piedi quotidianamente, servizi che esistono solo sulla carta ma paghiamo, senza contare che una larghissima fascia degli impiegati dello stato, strutture periferiche, enti di ogni genere non fa il proprio dovere ma viene pagata anche se assente dal posto di lavoro e viene pagata. Vi assistiamo ogni giorno, indirettamente grazie alle inchieste giornalistiche e direttamente con i nostri occhi.

Questo è spreco, è malcostume, è corruzione di un sistema e una energica frenata può ridurre drasticamente questa grande ruberia e contenere il debito. Certo: non è soltanto per questo (ma per le superbollette energetiche, per le rapine dell’economia reale) che l’Italia è sotto zero, ma la gente è da questo che vuole si inizi a cambiare.

Pensate all’imbroglio del finanziamento pubblico ai partiti bocciato da un referendum popolare. In barba al popolo sovrano (secondo la Costituzione), hanno raggirato l’ostacolo ed è diventato rimborso elettorale e altro ancora. Si decide finalmente di abolirlo, però dal 2017. Perché ?

Perché sino al 2017 cadrà nel dimenticatoio quotidiano e sarà mantenuto sotto mentite spoglie.

Assistiamo ad uno stato politico che prende in giro il popolo che è lo Stato reale. Una continua fregatura per la povera gente che vede sempre di più arricchirsi una piccola fascia sociale. Un lavoratore non sa quando andrà in pensione mentre esistono personaggi politici o presunti “saggi” che riscuotono più pensioni o emolumenti che mensilmente superano l’importo di quanto due operai percepiscono all’anno dopo oltre 40 anni di contributi. Questi superuomini in molti casi non hanno mai lavorato e hanno pensioni o rendite derivanti da pochi mesi di attività politica.

Per il cittadino non esiste il cumulo delle pensioni, non può prendere la sua pensione e la reversibilità del coniuge e forse è giusto, ma perché un politico o un miracolato dalla politica può prendere un numero illimitato di pensioni, rendite e quant’altro?

Dove e come trovare i soldi per aggiustare questa Italia e rendere più vivibile la vita della popolazione?

Dobbiamo spremere come un limone loro, i politicanti, i miracolati dai politici, gli amici degli amici, chi viene pagato e non lavora, chi prende lo stipendio e non sa com’è il suo ufficio, chi vegeta in malattie continue che si chiamano mesi e anni di convalescenza che trasferiti al privato, significa che non puoi più svolgere le mansioni per le quali sei stato assunto e vai a casa.

È arrivata l’ora di fare questo tipo di conti, altro che Imu per la prima casa, Iva, interessi sui debiti.

È arrivato il momento di porre un serio freno alle spese militari, giustificate come “umanitarie” anche dai postcomunisti al governo (vedi aggressioni ai popoli sovrani, armamenti, mezzi e stipendi da missione).

Allora dove trovare i soldi che occorro per risanare il Bilancio dello Stato, per respirare e non essere tartassati.

Proviamo a:

  • congelare il 50% delle entrate dei Parlamentari sul netto della busta paga da subito e riparlare del caso fra cinque anni, stabilendo sin d’ora che nessun arretrato dovrà mai essere dato sotto nessuna forma;
  • proviamo a bloccare allo stesso modo gli aumenti ed il riferimento degli stipendi degli alti Magistrati e Militari che godono del collegamento automatico agli stipendi dei parlamentari;
  • proviamo a pagare gli stipendi dei dipendenti di Camera e Senato alla pari dei loro colleghi degli altri Ministeri e/o Enti dello Stato, togliendo anche i bonus che i loro colleghi non percepiscono o dando l’ulteriore mensilità a tutti i dipendenti pubblici e privati;
  • proviamo a contenere le spese di Camera e Senato iniziando dalla carta igienica, imprese di pulizie che tanto peso hanno sui bilanci del parlamento e a far lavorare i dipendenti (una denuncia costante di “striscia la notizia” e dei cittadini);
  • proviamo a togliere ai parlamentari e alle loro famiglie la Sanità alternativa introdotta dalla presidenza Casini e co., spese assurde che offendono la dignità della nazione;
  • proviamo a togliere agli eletti nazionali, europei e regionali, viaggi e voli gratuiti quando non lo sono per esclusivo servizio, il rimborso per poste, telefoni e telefonate, carta intestata, l’assegno per la casa alloggio, l’assegno per la segretaria. Facciamo vedere loro cosa costa un viaggio fuori servizio, un pranzo, un albergo, i mezzi pubblici. Facciamogli fare la fila alle Poste, alla Banca, alla fermata del Bus. Facciamoli camminare a piedi, salire sui tram che fa bene alla salute oltre a verificare il disagio della popolazione;
  • proviamo a cancellare gli Enti inutili dello stato, regioni e province e a ricercare quali e quanti sono;
  • proviamo a diminuire energicamente, almeno dimezzando, il numero dei soli Ufficiali di ogni arma e corpo esistenti, facciamoli stare più tempo nel grado, evitando che in tenera età prendano lo stipendio di Ten. Colonnello e Colonnello o che si ritrovino automaticamente “generali” a fine carriera;
  • proviamo a dimezzare e a imporre la trasparenza nei concorsi per ufficiali e sottufficiali, affinché possano vincerli i meritevoli;
  • proviamo a bloccare e riformare gli stipendi di tutte le alte cariche dello stato e di quei cosiddetti manager che riescono ad avere anche sei incarichi per volta, e, pur non eseguirli tutti, riscuotono però i sei stipendi;
  • facciamo rientrare immediatamente tutti i militari impiegati nelle cosiddette missioni di pace e a ridurre gli organici che nelle caserme potrebbero ancora pestarsi i piedi;
  • abroghiamo le Regioni, che sono uno Stato nello stato; che hanno un costo inverosimile; l’Italia è una grande nazione ma non è una nazione grande, le Regioni sono inutili, oltre a quanto avviene (leggiamo le cronache, vediamo le indagini, le sentenze che seguono) costano tantissimo;
  • abroghiamo il pagamento di qualsiasi cosa spetti ora ai consiglieri comunali e provinciali; togliamo lo stipendio agli assessori comunali e provinciali; paghiamo solo il Sindaco e il Presidente della provincia scelto fra i sindaci delle città che compongono la provincia e formino loro il consiglio provinciale
  • abroghiamo ogni forma di pagamento nelle commissioni degli Enti di ogni ordine e grado dove ci sono tutti gli amici del sistema e i sindacati;
  • impediamo le consulenze fisse dallo stato alla circoscrizione; aboliamo ogni pagamento a consiglieri e presidente delle circoscrizioni;
  • facciamo una seria riforma dell’Amministrazione Penitenziaria e vedrete quanto denaro si può risparmiare iniziando dal vitto per i detenuti (cucinato e buttato) e finendo agli stipendi e ai premi per i dirigenti; interveniamo sul riordino della Polizia Penitenziaria, dove serve chi lavora e non la valanga di chi porta i gradi con appena sei mesi di servizio;
  • arginiamo le spese militari perché la costituzione italiana ripudia la guerra e ogni forma di violenza, riduciamo allo stretto necessario tutte le spese e i bilanci militari; eliminiamo il megacontratto di acquisti di 90 cacciabombardieri F35;
  • stop alle auto blu, al lavoro si va con la propria auto, quella di servizio serve per i servizi; diverso è l’uso per ministri e sottosegretari e per le persone a rischio da proteggere;
  • riduciamo il numero dei bidelli nelle scuole che risultano essere superiori al numero dei Carabinieri in servizio;
  • diamo serio spazio all’iniziativa privata, incentivandola solo se assume e prestiamo loro denaro a tasso simbolico e direttamente escludendo per sempre il fondo perduto di democristiana memoria;
  • rivediamo le cooperative di lavoro, facciamo un monitoraggio su quanto di sporco avviene, finiamola di aggirare fisco e dare stipendi al di sotto dei ccnl esistenti, pagando meno contributi, spettanze regolari e altro ma agendo come vere imprese e società; rivisitazione totale delle norme sulle cooperative e fine delle allegre compagnie su tutti i fronti;
  • controlliamo veramente il lavoro nero, facciamo muovere diversamente l’Ispettorato del Lavoro oppure eliminiamolo; formiamo una seria classe imprenditoriale che rispetti il lavoro umano (umanesimo del lavoro);
  • facciamo funzionare seriamente gli Uffici per l’Impiego ed eliminiamo il caporalato di stato creato con il lavoro in affitto; con le agenzie di lavoro che vanno chiuse e mai più aperte;
  • abroghiamo la legge Biagi e le circolari di studio D’Antona che hanno fatto una enormità di danni sociali, complici i sindacati;
  • blocchiamo totalmente l’ immigrazione sino a quando perdura la povertà nelle famiglie e la mancanza di posti di lavoro per gli italiani; aiuti in patria alle nazioni bisognose con i miliardi che consumiamo per centri di raccolta, assistenza, impiego diverso delle Forze Armate, di Polizia, Magistratura, Assistenti sociali, Sanità ecc. ecc.;
  • facciamo in modo che i concorsi di ogni ordine e grado siano veramente una cosa seria;
  • introduciamo il limite di età e il massimo dei contributi per il collocamento a riposo per i baroni della medicina, dell’università e per i quadri dirigenti delle alte cariche dello stato;
  • obbligo di una sola pensione per tutti, la migliore fra le pensioni da percepire con un tetto massimo di erogazione netto, per esempio di 5mila euro, cifra più che onorevole;
  • abolizione anche retroattiva di ogni vitalizio a ex senatori, parlamentari e consiglieri regionali;
  • nessuno emolumento in più a Presidente del Consiglio, Ministri e Sottosegretari, nessun emolumento in più al Presidente della repubblica se Senatore a vita, se parlamentare o senatore ecc. nessuna pensione o liquidazione in più, drastica riduzione delle spese generali del Quirinale;
  • nessuna pensione in più o liquidazione ai componenti della Corte Costituzionale e a organismi alla pari (Cnel, Consiglio di Stato etc.);
  • introduzione della selezione per le alte cariche e la selezione meritoria per la suprema Corte di cassazione; divisione delle carriere fra Magistrati e Giudici; impossibilità sindacale ai magistrati e giudici; presidenza del CSM al Ministro della Giustizia e in assenza al Vice Ministro o al Sottosegretario;
  • interveniamo radicalmente su tutta la struttura Giustizia, Magistratura, Tribunali, Carceri, Tribunali dei Minori e quanto ad esso collegato (il risvolto economico sul bilancio dello stato è alto), abrogazione di tutti fattori che gonfiano a dismisura le spese dello stato come il facile ricorso alle intercettazioni e alle consulenze tecnico legali, Ctu di ogni ordine e grado;
  • investiamo nell’ambiente, sulle grandi opere sociali, nella sanità, nella ricerca, nell’istruzione, nell’agricoltura e nel turismo perché è su questo che si fonda lo sviluppo dell’ Italia;
  • blocchiamo lo strapotere delle Banche e delle Assicurazioni sanguisughe del popolo, riprendiamoci l’emissione della moneta, nazionalizziamo la Banca d’Italia.

Questo potrebbe essere un buon inizio per la riduzione e il contenimento della spesa pubblica, perché tanto altro esiste ancora da fare per evitare che migliaia di parassiti vivano alle spalle del popolo.

Per mettere in atto questa procedura di rientro radicale della la spesa pubblica, occorrono governi forti ed intenzionati a “fare” senza perdita di tempo.

Occorrono uomini politici sensibili e proiettati verso il sociale, politici che avessero il solo scopo di voler bene all’Italia, vederla crescere e competere con il resto del mondo così come avvenne prima dell’ultima guerra e, ma solo in parte, con la ricostruzione.

Quanto scritto in linguaggio comprensibile a tutti, non è pura fantasia, sono le riforme necessarie, sono le aspettative degli italiani stanchi di essere offesi, vilipesi e sfruttati da un regime che si impone e non viene neppure eletto.

Potremmo essere una nazione solida e prosperosa invece siamo tartassati per il 55% delle nostre entrate.

Questo dovrebbero chiedere le opposizioni esistenti altro che sceneggiate e la comicità parlamentare.

«Gli economisti neo-liberisti hanno ancora da imparare che il pieno impiego è tutto quel che conta, e i salari sono la chiave della prosperità nazionale» «Ogni politica economica che non tenda al pieno impiego è controproducente ed illusoria, così come ogni politica che permette la concorrenza internazionale fra salari è traditrice» «incoraggiare gli investimenti privati soprattutto attraverso incentivi fiscali», senza investire direttamente nelle imprese. “Triste considerazione: oggi le imprese italiane, dalla democrazia pluripartitica, sono aggravate da tassazioni al 60%” (Henry CK Liu 1932-1984). Lungimiranti questi pensieri, sembrano attualissimi.

24 Settembre 2013 12:00:00 – http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=22437

Quest’anno gli interessi sul debito pubblico ci costeranno 84 miliardi

è per questo che dobbiamo morire di tasse? Se siamo tanto sovrani, caro Alfano, mandi a quel paese le banche

Quest’anno gli interessi sul debito pubblico ci costeranno 84 miliardi

”La spesa per interessi sul debito pubblico e’ stimata per il 2013 in 84 miliardi di euro”. E’ quanto si apprende dal comunicato datato 20 Settembre della Presidenza del Consiglio seguita al Cdm che ha esaminato la Nota di variazione al Def. 
http://www.nocensura.com/2013/09/questanno-gli-interessi-sul-debito.html#_

Una battaglia contro la privatizzazione dell’acqua: lo scandalo dell’acquedotto pugliese

ricorda qualcosa?

Una battaglia contro la privatizzazione dell’acqua: lo scandalo dell’acquedotto pugliese

Sin dall’alba del nuovo secolo, Piero Delfino Pesce manifesta un sensibile interesse per la politica locale. Da qui la spinta a candidarsi nel 1905 alle elezioni amministrative per il rinnovo del consiglio provinciale di Bari. Grazie al voto dei suoi concittadini viene eletto consigliere provinciale per il mandamento di Mola per il settennio 1905-1912. L’amministrazione provinciale della terra di Bari era guidata da oltre ventidue anni dal senatore Nicola Balenzano, il quale si era fatto promotore nel 1902 – in qualità di Ministro dei Lavori Pubblici – della legge che istituiva la costruzione dell’Acquedotto Pugliese.

Da alcuni anni, pertanto, la popolazione della Puglia sitibonda viveva in un’atmosfera di rinascita, di autentica svolta epocale: non poteva nutrire alcuna diffidenza nei confronti di quel dono dello Stato che ben presto avrebbe mostrato il suo aculeo velenoso. Timeo Danaos et dona ferentes = Temo i Greci proprio perchè portano i doni scriveva Virgilio nell’Eneide. D’altra parte il termine tedesco gift sta a indicare il dono e, insieme, il veleno!

Di fatto la legge Balenzano prevedeva che lo Stato si sarebbe fatto carico della costruzione dell’opera solo qualora la gara d’appalto per la costruzione dell’acquedotto fosse andata deserta. Viceversa, la legge prevedeva che la società privata che si fosse aggiudicata l’appalto della costruzione della rete idrica pugliese, facendosi carico di una parte dei costi dell’opera, avrebbe ottenuto la gestione novantennale dello stesso Acquedotto. Alla gara d’appalto si presentò una «sola» ditta – la ditta Antico – che ottenne la gestione dei lavori.

Va da sé che i lavori procedevano con lentezza poiché la ditta appaltatrice era oltremodo interessata a procrastinare nel tempo il completamento dell’opera: il suo obiettivo era, infatti, quello di rallentare il più possibile i lavori per ottenere un vantaggio economico, derivante dalla variazione progressiva dei costi in corso d’opera. E per di più Balenzano esercitava il ruolo ambiguo di Presidente del Consiglio Provinciale di Bari e, contemporaneamente, di consigliere di amministrazione della società appaltatrice dei lavori per l’acquedotto.

Preso atto di tale disegno e visti i legami inconfessabili fra la ditta appaltatrice e alcuni amministratori, Pesce si mise in gioco, ingaggiando dai banchi dell’opposizione una virulenta battaglia in seno al Consiglio Provinciale di Bari nei confronti della lentezza dei lavori, della gestione degli appalti e degli interessi privati, con l’obiettivo di rendere pubblica la gestione dell’Acquedotto stesso.

Vitantonio Barbanente ritiene che nel 1911 fu ottenuta una parziale vittoria: la legge Sacchi prevedeva che la Società costruttrice «non avrebbe più anticipato le somme (capitale più interesse del 5%) allo Stato per poi rivalersene con gli introiti dell’esercizio novantennale, ma trovava nello Stato stesso l’anticipatore di quelle somme, mantenendosi per altro immutata la concessione novantennale dell’esercizio. L’unico vantaggio, non certo compensatore del grosso sacrificio della pubblica amministrazione, l’abbreviazione di due anni del termine di consegna del primo stato dei lavori».

Per Pesce l’unica innovazione positiva era la clausola che prevedeva la presentazione di un programma di costruzione con una precisa scadenza poiché per il resto osservava: «Non si comprende quale utile abbia trovato lo Stato ad affidare ad una società di milionari all’uopo improvvisata la costruzione delle diversissime opere murarie. Se lo Stato avesse direttamente appaltato tali lavori a veri costruttori, avrebbe risparmiato la provvisione ultrausuraia ritenuta dalla ditta in questo giro di capitali, avrebbe scelto gli accollatari più adatti pagandoli meglio; avrebbe controllato direttamente la bontà delle costruzioni; avrebbe con le somme risparmiate dato un impulso maggiore ai lavori».

Emerge qui il vizio d’origine che ha avuto conseguenze esiziali sulla vita quasi secolare dell’Acquedotto Pugliese: proprio perché erano interessati a guadagnare il più possibile, i costruttori privati approntarono senza cura i canali e gli invasi e utilizzarono materiali scadenti per le opere murarie, determinando il progressivo decadimento della rete idrica che si trasformò ben presto in un colabrodo.

Contro il disegno di privatizzare la gestione dell’Acquedotto che avrebbe dato più da mangiare (ai gestori) che da bere (alla popolazione), Pesce continuò la sua battaglia, scrivendo nel 1912 anche un libello L’Acquedotto Pugliese – Storia di un carrozzone.

Nella denuncia dello scandalo, Pesce fu coadiuvato dal settimanale «La folla», diretto dal socialista libertario Paolo Valera. A partire dal marzo 1913, sulla rivista milanese, l’«amico di Vautrin» – pseudonimo che l’anarchico Mario Gioda utilizzava quando firmava i suoi articoli su «La folla» – scrisse alcuni articoli al fine di rendere pubblico lo scandalo inerente alla questione dell’Acquedotto Pugliese nella prospettiva di infrangere il «cerchio di silenzio» intorno alle accuse del suo amico Pesce.

Mario Gioda era già da un anno corrispondente da Torino per l’«Humanitas» – settimanale diretto da Pesce – e pertanto era in contatto epistolare con quest’ultimo, al quale, in data 13 marzo 1913, scrive: «Avrei intenzione di portare sulla Folla la questione Acquedotto Pugliese. Leggo avidamente i tuoi lucidissimi articoli. Però non sono nel cuore della questione. Non saprei su quali spunti particolarmente insistere e scuotere con violenza o su quali uomini politici concentrare lo scandalo. Mandami qualche nota sommaria. Segnami in margine al tuo opuscolo i punti più interessanti. Per intanto questa settimana con un articolo, in cui mi terrò sulle generali, inizierò follaiolmente il dibattito. E’ tempo di infrangere questo cerchio di silenzio intorno alle tue accuse. Ne hai diritto. E qui, credimi, non è l’amico che parla, ma il collega».

Nondimeno dalla lettera inviata da Gioda, in data 4 aprile 1913, a Pesce si evince che l’«amico di Vautrin» non condivideva il modo in cui il suo direttore aveva condotto fino ad allora la campagna di denuncia nei confronti dello scandalo dell’Acquedotto Pugliese: «Ho notato che hai accennato alla pagina della Folla su l’A. P. Ti ringrazierò quando mi farai avere il materiale per proseguire perché così come mi trovo, povero di documenti e di conoscenza del problema, sarei e potrei essere facilmente distrutto. Vero è che all’uopo non mancheresti di intervenire. Valera anzi desidererebbe avere lo scandalo dell’A. P. riesumato da te stesso. E’ poi mia personale impressione che come pubblicista la campagna mossa contro i responsabili dell’immane carrozzone sia da te condotta troppo cavallerescamente, troppo – non so se riesco a spiegarmi – educatamente. Sei troppo generoso. In casi simili sono le pedate e le vociate che occorrono per affrettare l’interessamento pubblico. Con certa gente poi che ostenta un’insensibilità morale elefantesca, i riguardi e la cautela eccessiva non possono essere nella penna dell’epuratore».

Dopo il 31 agosto del 1914 – termine perentorio di scadenza assegnato dalla legge Sacchi alla consegna del primo lotto di lavori –, la vicenda dell’Acquedotto Pugliese comincia a muoversi nella prospettiva indicata da Pesce: le inadempienze della società appaltatrice spinsero tutte le amministrazioni provinciali della Puglia a chiedere al Governo di attivarsi per affidare allo Stato sia il compito di portare a termine i lavori inerenti alla rete idraulica sia la gestione dello stesso Acquedotto.

Nicola Fanizza
Fonte: www.nazioneindisana.com
24.09.2013

(Questo passo estratto da N. Fanizza, Piero Delfino Pesce e la rinascenza mediterranea nel centenario della rivista Humanitas (1911-1924), Edizioni Giuseppe Laterza, Bari, 2011 ci ricorda come le attuali lotte per difendere l’acqua pubblica abbiano dei precedenti storici.
Giorgio Mascitelli)

‘CON L’UNIONE BANCARIA L’EUROZONA STA SCAVANDO LA SUA TOMBA ‘

era quello che si erano prefissi i padri fondatori, al di là della stucchevole propaganda buonista ottima per allocchi.
Tra i padri fondatori vi erano banchieri, Churchill, un criminale di guerra insieme a gerarchi NATO

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“Invece di costruire l’economia europea, l’unione bancaria finirà per distruggerla”, ha detto Lars Seier Christensen direttore generale della banca danese Saxo Bank, in un’intervista esclusiva a RT.com. Durante l’intervista, Christensen non solo ha criticato il meccanismo comune della vigilanza bancaria, ma ha anche avvertito che il risultato della sua applicazione potrebbe essere simile a quello dell’euro, vale a dire un fallimento.
La Banca Centrale Europea, con sede a Francoforte, sarà ufficialmente responsabile della supervisione più di 6.000 banche dell’Eurozona da ottobre 2014. L’unione bancaria vuole essere il motore principale per il recupero e l’espansione dell’ economia in Europa. Tuttavia, per il direttore generale della Saxo Bank, non è esattamente la ricetta ideale per la crescita economica. A suo parere, “le banche forti si indeboliranno per sostenere le banche deboli. Non solo non è molto saggio, ma è anche antidemocratico, perché, in sostanza, è quello che la gente ha già rifiutato”, ha detto.
Christensen sostiene che questa nuova unione bancaria sarebbe come un prolungamento dell’esperimento fallito dell’euro.
L’euro è un ostacolo notevole alla crescita, distrugge le economie e continuerà a farlo”, ha detto. Secondo il direttore generale di Saxo Bank, l’euro non dovrebbe essere smantellato in 17 valute diverse, ma forse due, tre o dieci differenti.

“Non vedremo una crescita in Europa fino a quando affronteremo questo problema. Grecia, Portogallo e Germania non possono condividere la stessa moneta, semplicemente non funziona”, ha detto Christensen.


Tratto da: vocidallastrada.com

LARRY SUMMERS: GOLDMAN SACKED*

Data: Domenica, 22 settembre  DI GREG PALAST
globalresearch.ca

Joseph Stiglitz non poteva credere alle sue orecchie. Eccoli alla Casa Bianca, con il presidente Clinton che chiedeva consiglio ai capi del Tesoro sulla vita e la morte dell’economia americana, quando Larry Summers, vice segretario del Ministero del Tesoro, si gira verso il suo capo, il segretario Robert Rubin, e dice: “Cosa ne penserà Goldman?”
Come?
Poi, a un altro incontro, Summers ha ripetuto: cosa ne penserebbe Goldman?
Scioccato, Stiglitz, allora presidente del Consiglio dei Consulenti Economici, mi ha raccontato di essersi girato verso Summers e di avergli chiesto se pensasse appropriato decidere della politica economica degli Stati Uniti in base a quello che “avrebbe pensato Goldman”. Invece di dire, i fatti, o meglio, i bisogni degli americani, sapete, tutta quella roba che si sente negli incontri di Gabinetto nell’Ala Ovest.
Summers ha guardato Stiglitz come se fosse un ingenuo pazzo che aveva letto troppi libri di educazione civica.

R.I.P. Larry Summers

Domenica pomeriggio, nell’affrontare la rivolta dei senatori del suo stesso partito, Obama ha scartato Larry Summers come probabile sostituto di Ben Bernanke alla presidenza della Fed.

Prima che arrivasse la notizia che la fiaccola di Summers era stata spenta, stavo per scrivere un altro articolo su di lui, il Mutant Zero dell’economia. (Il mio primo pezzo su The Guardian, di 15 anni fa, avvertiva che “Summers è, di fatto, un colono alieno mandato sulla Terra per trasformare gli umani in fonti di proteine”).

Tuttavia, il fatto che Obama abbia provato a sbattere Summers nelle profondità terrestri ci dice molto più sul primo che sul secondo, soprattutto per chi lavora. Indizio: non sei uno di loro.

Tutte quelle discussioni del Gabinetto degli anni ’90 sul bisogno della benedizione di Goldman Sachs erano basate sull’idea di Rubin e Summers di fermare la regolamentazione del sistema bancario americano. Per liberare l’economia statunitense, sosteneva Summers, tutto quello che dovete dare è permettere alle banche commerciali di puntare i risparmi assicurati dal governo su nuovi “prodotti derivati”, permettere alle banche di vendere titoli ipotecari sub-prime ad alto rischio e tagliare le loro riserve contro le perdite.

Cosa può essere andato storto?
Stiglitz, che ha poi vinto il Premio Nobel per l’Economia, ha cercato di spiegargli esattamente cosa sarebbe andato storto; ma quando ha provato, è stato rimpiazzato ed estromesso. Summers ha fatto più che chiedere a Rubin di incarnare lo spirito di Goldman: in segreto, ha chiamato e incontrato il nuovo amministratore delegato di Goldman dell’epoca, Jon Corzine, per pianificare la deregolamentazione finanziaria globale. Non sto facendo ipotesi: ho il promemoria di Summers per ricordarsi di chiamare Corzine. (Per la storia completa di quel promemoria e per una sua copia, leggere qui).

Summers, come funzionario del Tesoro, può chiamare tutti i dannati banchieri che vuole; ma non segretamente e assolutamente non con lo scopo di pianificare i dettagli di politiche che potrebbero valere miliardi per una banca. E Goldman ha guadagnato miliardi su quei piani.

Esempio: Goldman e clienti hanno intascato 4 miliardi di dollari sul collasso delle “CDO” [collateralized debt obligation: obbligazione che ha come garanzia collaterale un debito, n.d.t.] – fandonie vendute a fessi e idioti cioè ai banchieri della Royal Bank of Scotland. (vedere qui).
Goldman ha guadagnato anche sull’implosione del debito greco tramite un commercio segreto di derivati permesso dalla decrimininalizzazione di certi giochi finanziari transnazionali operata da Summers.

Il collasso dell’eurozona e del mercato ipotecario statunitense causato dai banchieri impazziti è stato reso possibile solo dal segretario del Tesoro Summers, facendo pressione per il Commodities Futures Modernization Act, che ha vietato ai regolatori di controllare l’aumento del 100.000% dei beni derivati, specialmente i CDS [credit default swap: swap che ha la funzione di trasferire il rischio di credito, n.d.t.] “scoperti” e ad alto rischio.

L’Autorità Finanziaria Municipale della California era come una caserma dei pompieri che vietava gli allarmi anti-incendio.
Summers ha preso in mano le redini del Tesoro da Rubin, che se n’era andato per diventare direttore di un nuovo strano gigante finanziario: la Travelers, un incrocio tra Citibank e una banca d’investimenti. La nuova bestia finanziaria è andata in bancarotta e ha richiesto 50 miliardi di dollari di prestito. (Goldman non ha richiesto nessun prestito, ma si è cmq preso 10 miliardi).

Altre banche/casinò hanno seguito la Citi nel fallimento. La maggior parte ha avuto prestiti … e hanno avuto Larry Summers – o, per lo meno, le labbra di Larry per una “consulenza” o per discorsi placcati d’oro.

Il commerciante di derivati D.E. Shaw ha pagato a Summers 5 milioni di dollari per un lavoro “part-time” di un paio di anni. Questo andava ad aggiungersi ai pagamenti fatti da Citigroup, Goldman ed altre imprese finanziarie, aumentando il patrimonio netto di questo ex povero professore fino a 31 milioni di dollari.

I pignoramenti arricchiscono Golden Sacks

Quando Summers ha lasciato il Tesoro nel 2000, il New York Times riportava che Rubin aveva trovato a Summers il posto di presidente dell’Università di Harvard – dalla quale poi fu licenziato. Aveva scommesso più di mezzo miliardo di dollari delle donazioni dell’università su quei folli derivati che lui aveva legalizzato. (Data l’incapacità quasi patologica di Summers di capirci di finanza, la cosa più strana è stata che, come presidente dell’università, aveva insinuato che gli esseri dotati di vagina non sono molto bravi con i numeri). Nel 2009, Summers, padre del disastro della deregolamentazione, è tornato trionfante al Gabinetto. Obama lo ha incoronato “Zar dell’Economia”, permettendo a Summers di gestire il Tesoro senza bisogno di essere interrogato dal Congresso in un’udienza per la conferma ufficiale.

Come Zar dell’Economia del primo mandato Obama, Summers si è riscattato?

Nemmeno per sogno.
Nel 2008, sia la democratica Hillary Clinton che il repubblicano John McCain richiesero di usare i 300 miliardi di dollari rimasti nel fondo di “bail out” per un programma di blocco dei pignoramenti identico a quello che Franklin Roosevelt aveva usato per tirar fuori gli USA dalla Grande Depressione; ma lo Zar Larry non li poteva fornire, anche se le banche avevano ricevuto 400 miliardi di dollari dallo stesso fondo.

Di certo, su consiglio di Summers e del suo piccolo assistente, il segretario al Tesoro Tim Geithner, Obama ha speso solo 7 miliardi dei 300 disponibili per salvare le case degli americani.

Cosa penserebbe Goldman?

Come notato, Goldman e clienti hanno intascato miliardi dopo che Obama ha abbandonato quasi 4 milioni di famiglie le cui case erano state sequestrate durante il suo primo mandato. Mentre i proprietari americani annegavano, lo Zar Summers ha silurato la loro scialuppa di salvataggio: un piano per evitare i pignoramenti costringendo le banche a tagliare i sovrapprezzi imposti da rapaci mutui sub-prime. L’azione di Summers fece risparmiare miliardi a Citibank.

Larry l’usuraio

La disastrosa macchina della deregulation non termina pressando gli americani. Mentre le cooperative di credito non-profit, ultima spiaggia disponibile ai lavoratori e ai poveri americani per chiedere un prestito, venivano attaccate legalmente e politicamente, menti criminali hanno partorito un nuovo tipo di operazione bancaria nel tentativo di legalizzare lo strozzinaggio.

Ad esempio, un nuovo gruppo, chiamato il “Lending Club”, è riuscito a trovare il modo per imporre un tasso sui prestiti pari al 29%. Il Club dichiara che non può e non dovrebbe essere regolato dalla Fed o da altre forme di polizia bancaria. L’ultima aggiunta al Consiglio di Amministrazione: Larry Summers.

Se volete sapere perché Obama avrebbe scelto un tale criminale e giocatore per presiedere la Fed, dovete chiedervi: chi ha scelto Obama? Dieci anni fa, Barry Obama non era nessuno, un senatore di Stato del South Side di Chicago.

Poi però, ha avuto fortuna. Una banca locale, la Superior, è stata chiusa dai regolatori per dei mutui irregolari che stavano fregando la gente nera. La direttrice della banca, Penny Pritzker, era così arrabbiata con i regolatori da decidere di eliminarli: questo richiedeva un nuovo presidente.

I miliardari hanno messo in contatto Obama con Jamie Dimon, della J.P. Morgan, ma soprattutto con Robert Rubin, non solo ex segretario del Tesoro, ma anche ex direttore amministrativo di Goldman Sachs e mentore di Larry Summers. Senza la benedizione di Rubin e la sua impressionante capacità di raccogliere fondi, Obama sarebbe ancora in Halsted Street a parlare di urbanistica.

Rubin ha scelto Obama e Obama sceglie chi Rubin sceglie per lui.
Perché, alla fine, Obama sa di dover scegliere un capo del Fed in base alla risposta ad una domanda: cosa penserebbe Goldman?

Greg Palast
Fonte: www.globalresearch.ca
Link: http://www.globalresearch.ca/larry-summers-goldman-sacked/5350283
17.09.2013

48,3% degli utenti via da Facebook in Inghilterra e USA

Il Daily Mail del 17 settembre del 2013, annunciava che una ricerca effettuata negli Stati Uniti e Regno Unito dall’Università di Vienna, indica che i “consumatori” stanno abbandonando Facebook, con un ritmo senza precedenti. Dopo lo scandalo dello spionaggio scentifico denunciato da Snowden, 11 milioni di utenti -di cui 9 milioni negli USA e 2 milioni nel regno britannico- hanno deciso di ritirarsi da Facebook, adducendo come causa “ragioni personali”. Questa, infatti, è la clausola utilizzata per reagire agli abusi e proteggere la libertà individuale.

Di fronte alla sfrontata e massiva violazione della libertà individuale, e all’impotenza delle autorità ed istituzioni a garantire i diritti individuali, agli utenti è rimasta solo la possibilità di rescindere i vincoli con la compagnia. Incapace o connivente con chi usa gli utenti come cavie o materiale per l’estrazione e il commercio illegale di dati personali.Gli Stati si mostrano impotenti a proteggere i propri cittadini, si mostrano arrendevoli con l’agenzia NSA, e quindi diventano anch’essi oggetto passivo di spionaggio. E’ questa la globalizzazione reale?
http://selvasorg.blogspot.it/2013/09/483-degli-utenti-via-da-facebook-in.html?utm_source=feedburner&utm_medium=feed&utm_campaign=Feed:+selvas/blog+(Selvas+Blog)

Alfano, il TAV e la sovranità

Marco Cedolin

 Il faccione di Angelino Alfano, capostipite della famiglia Addams, campeggia in prima pagina sul Corriere della Sera, agghindato con caschetto e gilet fosforescente (simboli di chi lavora duro) ritto in piedi dinanzi all’imboccatura del tunnel geognostico di Chiomonte, destinato a fermarsi 8 km più in là, anche se la maggior parte dei politici e dei giornalisti sono convinti che debbandare in Francia.

Ritto dinanzi all’imbocco del tunnel, con il faccione increspato da un sorriso bonario ed un codazzo di bestiario politico a fargli da claque, Angelino il grande rassicura mafiosi, intrallazzatori e mestieranti assortiti, affermando che “la TAV si farà, perchè è stata decisa da uno Stato sovrano“. E si tratta di uno di quei rari casi in cui la bestialità esperita dall’oratore risulta essere talmente grande da mettere in secondo piano perfino l’argomento (il TAV) oggetto delle sue esternazioni.

Probabilmente infatti, con l’ausilio di soldati, gendarmi e magistrati, la mafia del tondino e del cemento qualche buco in Val di Susa riuscirà a farlo, pur senza metterci dentro una linea ferroviaria, tanto meno ad alta velocitá, ma…..

 nessuno, neppure il padreterno, potrebbe dare a questo disgraziato paese anche solo la parvenza di uno stato sovrano.

L’Italia del 2013 non gode infatti di alcun tipo di sovranità, avendone svenduta ogni briciola, prima a Washington e poi a Bruxelles. Dall’economia alla politica estera, dal lavoro ai temi etici, dalla gestione dell’agricoltura a quella del circo mediatico, l’Italia del 2013 non ha il minimo spazio decisionale e l’unica cosa realmente sovrana risulta il genuflettersi dei camerieri politici, come il buon Angelino, di fronte al padrone, dopo avere mormorato yes Sir con gli occhi fissi a terra.

 Se le questioni ( tanto il TAV quanto la sovranità) non fossero così drammatiche, di fronte alle parole di Alfano si potrebbe soltanto abbandonarsi ad una risata, fragorosa, dirompente e liberatoria.