Ue si accoda al padrone americano: “Risposta ‘forte’ in Siria”

07-09-2013
Catherine Ashton, alto rappresentane Ue per la politica estera ha affermato che gli europei sono per “una risposta forte” all’attacco chimico del 21 agosto, sul quale le informazioni mostrano responsabilità del regime siriano.

La dichiarazione è stata resa dopo la riunione dei capi delle diplomazie dei 27 a Vilnius, capitale della Lituania.
I paesi della Ue avevano già dimostrato il loro grado di servilismo al padrone americano con l’accordo siglato da Usa,Australia,Canada,Francia,Giappone, Repubblica Corea, Spagna, Regno Unito,Arabia Saudita,Turchia e Italia, oggi sottoscritto anche dalla Germania.

“Le prove-si legge nella dichiarazione indicano chiaramente il governo siriano come responsabile dell’attacco. Chi ha commesso questo crimine è responsabile”

La solita farsa. Assad è cattivo, ma i sauditi, che sono i rappresentanti di uno dei regimi più criminali del mondo, che hanno represso la rivolta sciita nel sangue sono invece ‘alleati’.
Insieme ad un altro personaggio cristallino come Erdogan.
http://voxnews.info/2013/09/07/ue-si-accoda-al-padrone-americano-risposta-forte-in-siria/
la democrazia e tolleranza dei “ribelli” amati dall’occidenteUE SERVA: PRONTA APPOGGIARE INTERVENTO AMERICANO

 

VIVERE DI RENDITA O MORIRE DI SCHIAVITU’ !!!

DOMENICA MATTINA IN CHAT CON UN MIO AMICO PICCOLO  IMPRENDITORE ! INTERESSANTE SCAMBIO DI OPINIONI:

 fisco

 MERCATO LIBERO: come sono andate le vacanze ?

diciamo bene, ma i problemi sul lavoro mi hanno stressato le vacanze, venderei tutto e se potessi tenterei di vivere di rendita!

  MERCATO LIBERO cavolo anche io ahahahaha

  ne ho quasi 40, se devo vivere per pagare le tasse e non ricevere nulla in cambio… Non pago più le tasse della mia impresa, assicurazioni, commercialista… Vendo qualche immobile, devo solo mantenere casa e qualche macchina. Qualche lavoretto a tempo perso lo faccio sempre… vorrei avere il tempo di fare 2 conti seri a tavolino!!!

  MERCATO LIBERO gia’ il problema non e’ vivere o meno di rendita..e’ lavorare in italia

  il problema è proprio questo!!!

  MERCATO LIBERO quindi….dovresti pensare di vivere e lavorare fuori piu’ che vivere di rendita…

 è da un po’ che ci penso, non è facile per me che ho impresa edile con capannone e clienti qui… dovrei cambiare lavoro, mai dire mai…

  Un mese fa parlando con una persona che lavora con me, mi ha detto che il proprietario del capannone di fronte al mio che vende schiume, resine e siliconi, si è trasferito in Svizzera… Sto qui mi ha anticipato, ho pensato! Mantiene questo capannone in Italia come sede operativa e ha fatto la sua nuova sede legale in Svizzera!!!

 

  MERCATO LIBERO cosi’ POTREBBE RISCHIARE …estero vestizione ..deve stare molto attento e togliersi effettivamente dall’italia altrimenti il fisco lo perseguita

   C’è da dire che commercia parecchio con l’estero!

   MERCATO LIBERO questo aiuta..ma dipende anche da dove vive lui, la sua famiglia …come ha strutturato le societa’…deve essere inattaccabile…ahime’ ci sono tantyi consulenti in giro che fanno le cose facili per prendersi il cliente

   Questo è quello che ho sentito, comunque lui abita n Svizzera, non so dove, ed ha anche una macchina targata Svizzera, penso quindi che ne abbia anche la residenza

   MERCATO LIBERO la residenza non e’ sufficiente…devi vivere li’ tutto l’anno fuori dall’italia e il centro degli interessi economici e il centro degli affetti non deve essere in italia…in realta’ puo’ essere anche a panama o dubai o….MA NON IN ITALIA..paese da fuggire a gambe levate

   faccio finta di non aver capito per il momento, ma anche mio padre che quest’ anno ha 70 anni comincia a chiedermi se vale la pena ancora rimanere a lavorare qui.

  La casa dove abito l’ha costruita mio padre a tempo perso, la sera e nei fine settimana, con i soldi che mio zio, essendosi trasferito in Svizzera 50 anni fa, mandava qui in Italia, dove allora andava parecchio male. Ecco, ha detto mio padre, la storia si ripete ancora!!! Penso che non si sbagli..

 angelo

 MERCATO LIBERO e’ vero…proprio cosi’…solo che allora andavano via persone che non avevano nulla se non la buona volonta’…oggi vanno via i migliori giovani, i piu’ benestanti e gli imprenditori migliori..questo per l’italia e’ un danno incalcolabile che la fara’ morire..un giorno

   Questo è vero, altro che ripresa…

  MERCATO LIBERO la ripresa puo’ anche esserci per le poche multinazionali che abbiamo…o per le poche aziende che sono rimaste..ma non e’ sufficiente per tenere in piedi il castello di debiti…e sai perche?…perche’ ci sono troppe tasse e troppi controlli e l’uomo normale la pensa come te: CHI ME LO FA fare…E QUI IL SISTEMA ITALICO SALTA. un paese per poter progredire e crescere deve garantire la liberta’ del cittadino. Una libera’ che deve partire dalla POSSIBILITA’ di crescere economicamente …e quindi da una tassazione giusta..quando si superano certi livelli…la gente si ferma…non produce, non innova, non si ingegna. chi rimane o ozia, o sopravvive senza tanta produttivita’….in pochissimi lavorano come schiavi a testa bassa….i migliori intelligenti se ne vanno altrove per ricominciare.

In italia abbiamo tasse enormi su lavoro, consumi, benzina, senza contare le tasse sul capitale e sui redditi di capitale..ma non solo…non abbiamo servizi pubblici, pensioni da fame, ospedali malandati, istruzione a pezzi…burocrzia che uccide…COME SI FA?

  Per parlare della Spagna, una mia cugina, anni fa, penso nel 2008 al top, comprò un appartamento a Estephona, vicino al Portogallo, nei classici RESIDENCE FANTASMA… Adesso con gli stessi soldi mi ha detto che riuscirebbe a comprarne 2 di appartamenti, ma ha detto anche che adesso sono gli spagnoli che cominciano a comprare le case, prima a prezzi inaccessibili!

  MERCATO LIBERO esatto infatti andiamo a marbella (5 chilometri da estepona) e cerchiamo non residence fantasma ma  cose di qualita’in operazione di gruppo di acquisto

 ti seguo sempre, se riesco vengo volentieri, anche solo per fare un giro in compagnia…

  MERCATO LIBERO quello è lo spirito…

  Pubblicato da ML

http://www.mercatoliberonews.com/

DOPO l’attacco alla Siria, che succederà negli USA e in Europa?

Brandon Smith, nell’analisi pubblicata sul sito Alt-Market (qui) tratteggia un quadro inquietante per le nazioni facinorose, e dà una risposta alle seguenti preoccupazioni.

Se l’aggressione militare contro la Siria scalerà altri gradini, che ci aspetta nell’immediato futuro? Se l’avventurismo di Obama  -o il “la va o la spacca” dei pochi incondizionali europei, accompagnati dalla Turchia e Arabia saudita- non sarà messo nella condizione di non nuocere, a che dovranno prepararsi i cittadini del mondo industrializzato falcidiati dalla crisi? Gli europei, non solo patiranno l’impennata dei carburanti e delle energie per uso industriale, ma dovranno far fronte a rifornimenti di gas centellinati.La suddita britannica miss Ashton dichiaratrice ufficiale

della UE, dovrebbe riflettere prima di parlare (a sproposito). Per questo la Germania se ne sta quatta quatta, e ribadisce “senza se e senza ma” che non interverrà contro la Siria. Preferisce la sicurezza dei rifornimenti diretti di gas dalla Russia, attraverso il gasdotto del mar Baltico.

Pubblichiamo una parte del testo di Brandon Smith.

 1) Molti alleati degli USA si rifiuteranno di partecipare immediatamente all’attacco contro la Siria. Obama continuerà l’attacco unilateralmente (o con il solito sostegno di Israele e dell’Arabia Saudita), e gli Usa appariranno anche più chiaramente la prima causa della crisi.

2) Obama tenterà di mitigare le proteste pubbliche limitandosi ad attacchi missilistici, ma questi saranno molto meno efficaci che nelle guerre precedenti, in Iraq e in Afghanistan.

3) Verrà imposta una no fly zone ma la marina USA cercherà di stare fuori dalla portata della tecnologia missilistica russa avanzata posseduta dalla Siria e questo renderà  più lungo il  tempo di  reazione all’aviazione siriana. Aspettiamoci danni alle forze navali e aeree americane maggiori che in Iraq e in Afghanistan.

 4) L’Iran manderà immediatamente truppe e armi in aiuto della Siria. La Siria diventerà un selvaggio mix di varie forze combattenti su basi ideologiche, invece che per questioni puramente politiche o di confini. Gli scontri si estenderanno ad altre nazioni, in segreto o apertamente, come successe in Vietnam.

 5) Israele probabilmente sarà la prima nazione a mandare ufficialmente truppe in Siria (come l’Iran) giustificandosi con la mancanza di efficacia degli attacchi missilistici americani. Poco dopo entreranno in azione le truppe americane.

  6)L’Iran chiuderà lo stretto di Hormuz affondando diverse navi mercantili  nella stretta via di navigazione e lancerà missili a pelo d’acqua contro ogni naviglio che tenterà di rimuovere i relitti. Le esportazioni di petrolio nello stretto di Hormuz saranno bloccate per mesi, tagliando immediatamente il 20% delle forniture di olio mondiali.

 7) La guerra civile egiziana, ora in corso sotto traccia, esploderà a causa della rabbia causata dalla presenza USA in Siria. Il Canale di Suez diventerà una rotta costosa per  gli esportatori di petrolio. Molti sceglieranno la rotta di capo Horn, in Africa, con un prolungamento di due settimane dei tempi di navigazione e un  aumento del costo del petrolio trasportato.

 8) L’Arabia Saudita vedrà  dispiegarsi le ribellioni di carattere insurrezionale che covano da anni sotto la superficie.

 9) I prezzi della benzina andranno alle stelle. Prevedo un aumento tra il 75 e il 100% dei prezzi entro due-tre mesi dall’attacco alla Siria.

  10) Viaggiare diventerà difficile se non impossibile dati gli alti prezzi della benzina. Quella parte della nostra economia che stava ancora andando bene grazie al turismo crollerà. L’acquisto di case diminuirà ancora di prima per  l’enormità delle spese per la mobilità delle famiglie.

 11) La Russia minaccerà di limitare o tagliare tutte le esportazioni di gas naturale alla UE se questa tenterà di unirsi agli USA nell’aggressione alla Siria. L’EU obbedirà, data la sua dipendenza dall’energia russa.

 12) La Russia posizionerà forze navali nel Mediterraneo per mettere gli USA sotto pressione. Secondo me  la possibilità che la Russia inizi uno scontro diretto con gli USA è bassa, principalmente perché nazioni come Russia e Cina non hanno bisogno di scontrarsi con gli USA con le armi per danneggiarli efficacemente.

 13) Poi la Cina e la Russia annunceranno la decisione di abbandonare completamente il dollaro come moneta di riserva. Un processo che era cominciato già nel 2005 e di cui le banche globali sono a conoscenza da anni.

 14) La Cina essendo il maggior exportatore e importatore del mondo, molte nazioni la seguiranno nell’abbandonare il dollaro nel commercio bilaterale. Il valore del dollaro crollerà. La colpa verrà data alla Cina, alla Russia e alla guerra in Siria e le banche globali e la FED non saranno ritenute le vere colpevoli.

 15) La combinazione di alti prezzi dell’energia e svalutazione del dollaro colpirà duramente i prezzi al dettaglio. Prevedo un raddoppio dei prezzi di tutti i beni. Vedremo scomparire dagli scaffali molti prodotti d’importazione.

 16) Il numero dei senzatetto aumenterà esponenzialmente in seguito agli inevitabili tagli ai programmi di welfare, inclusi i buoni per l’acquisto di generi alimentari. Comunque il welfare non sparirà, sarà semplicemente adattato a fini diversi. I senzatetto saranno trattati come criminali. Le bande vaganti di disoccupati, tipiche della Grande Depressione, non esisteranno durante una crisi moderna. Le agenzie statali e federali attueranno una politica “lontano dagli occhi lontano dal cuore” verso gli indigenti, forzandoli a risiedere nei rifugi di soccorso o in altre istituzioni burocratiche il cui scopo sarà di far accettare ai senzatetto lo status di rifugiati, rendendoli totalmente dipendenti dalle briciole federali, ma anche prigionieri in campi organizzati dal governo federale.

 17) Gli attacchi terroristici (sotto false bandiere o veri) si diffonderanno a macchia d’olio. Israele è altamente vulnerabile. Gli Usa potranno subire una serie di attacchi, inclusi quelli cibernetici, alle infrastrutture. La Siria e i suoi alleati verranno accusati senza prove. La Casa Bianca darà vità a istituzioni autoritarie, inclusa la continuità degli ordini esecutivi del governo, il Patriot Act, la NDAA ecc.

 18) La legge marziale non sarà dichiarata ufficilmente ma per le strade dell’America sarà come se lo fosse.

http://selvasorg.blogspot.it/2013/09/dopo-lattacco-alla-siria-che-succedera.html?utm_source=feedburner&utm_medium=feed&utm_campaign=Feed:+selvas/blog+(Selvas+Blog)

FERMI TUTTI! SE SI VOTASSE OGGI PER L’INTERVENTO IN SIRIA, OBAMA PRENDEREBBE UNO SCHIAFFONE – LA MAGGIORANZA È 218, I “SÌ” SONO TRA 165 E 190

06 SET 2013 13:17
I leader democratici, Biden in testa, corrono contro il tempo per convincere i pacifisti e gli scettici – Ora si mettono in moto le lobby (quella pro-Israele e pro-intervento), e i democratici provano a serrare i ranghi. Ma molti si stanno ribellando a Obama, proprio come lui fece ai tempi della guerra in Iraq…

DAGOREPORT

Repubblicani e democratici che in questi giorni stanno sondando i due schieramenti ne sono sicuri: in questo momento, la maggioranza della Camera voterebbe contro l’intervento in Siria. Anche se Obama ha incassato l’appoggio dello Speaker John Boehner e del capo della maggioranza Eric Cantor, i repubblicani “allineati” al momento oscillano tra i 50 e i 60 (su 233).
Non va meglio dalle parti di Nancy Pelosi, capo della minoranza democratica. I “dem” pronti ad appoggiare il presidente sarebbero tra i 115 e i 130 (su 200), secondo dati raccolti dal sito “Politico.com”. Se si votasse ora, sarebbe un disastro per l’Amministrazione.

Per questo i leader democratici lavorano giorno e notte per convincere i parlamentari più riottosi, organizzando riunioni a porte chiuse in cui il vicepresidente Biden e gli esperti di sicurezza nazionale descrivono il piano d’attacco e mostrano documenti riservati sull’uso di armi chimiche da parte del regime di Assad. Il tempo stringe: lunedì ripartono i lavori di Senato e Camera, ed entro poche ore i campi si dovranno chiarire.
Non tutto è perduto per Obama: molti congressmen non sono ancora tornati dalle ferie estive, e le potenti lobby favorevoli all’attacco (come l’AIPAC, pro-Israele e pro-intervento) stanno mettendo solo ora in moto le loro macchine organizzative.

In campo democratico molti sono convinti che alla fine i parlamentari si metteranno “in riga” una volta messi davanti alla scelta se votare una risoluzione che non li convince, o trasformare il Presidente in un’anatra zoppa e senza più credibilità. E sperano che molti repubblicani (se non la maggioranza, un numero sufficiente), alla fine si uniranno, visto che in tema di politica estera e sicurezza internazionale si sono spesso schierati a fianco della Casa Bianca.
Nonostante questi ragionamenti, un gruppetto sempre più numeroso di parlamentari democratici (Tra cui José Serrano di New York, Joe Manchin del West Virginia) si sono pubblicamente schierati per il “no”, segno che il bassissimo gradimento dell’opinione pubblica americana per l’intervento in Siria permetterà a molti di andare contro la linea del partito
Anche perché lo stesso Obama fu uno strenuo oppositore dell’intervento in Iraq, e si schierò contro la maggioranza dei democratici quando nel 2006, appena eletto senatore, spinse per il ritiro dal Medioriente e da “una guerra sbagliata in partenza, che non sarebbe mai dovuta iniziare”. Come farà oggi Barack, passato dall’altra parte della barricata, a obbligare i suoi ex colleghi di Camera e Senato, a inghiottire i loro ideali e votare compatti in nome dell’interesse del partito?
http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/fermi-tutti-se-si-votasse-oggi-per-lintervento-in-siria-obama-prenderebbe-uno-schiaffone-62272.htm

USA-G20: Ostacoli crescenti sul fronte siriano e su quello del dollaro

 Tito Pulsinelli –  Gli Stati Uniti non hanno la legittimità, tantomeno la copertura del diritto internazionale, nè il consenso necessario per sanzionare o punire un Paese sovrano. La Commissione esteri del Congresso non é l’ONU, non hanno la medesima giurisdizione. La scorciatoia di stringere i tempi, e l’artificiale accelerazione per evitare la delibera dell’ONU, da esibizione arrogante di forza sta palesandosi come un sotterfugio di corto respiro. In Siria non sono possibili soluzioni militari.

Sono alle spalle i tempi in cui gli USA potevano imporre i propri diktat e procedere come un rullo compressore contro chiunque gli resiste. Stanno cambiando i rapporti globali di forza. Finora, “prima dell’attacco, il gorilla primate  a stelle e strisce si batte il petto e lancia urla laceranti, in modo che il nemico possa… scappare (1). Adesso, invece, non scappa e lo sfida, sommando alleanze poderose, impensabili in altri tempi.

 Le coalizioni dei giustizieri occidentali sono sempre più rachitiche e la loro superiorità tecnologica bellica perde colpi. I radar e vettori anti-missilistici forniti dalla Russia, hanno reso impraticabili per più di due anni i cieli della Siria all’aviazione della NATO e Israele. Putin ha minacciato che -qualora fosse necessario- è pronto a fornire all’alleato siriano e a Teheran anche il sistema S-400. Vale a dire il gioiello difensivo finora inviolato e inviolabile.

Non c’è soluzione militare, senza mettere in conto lo scenario d’una guerra generalizzata che coinvolgerebbe anche la Giordania, Israele, Turchia, Libano e Iran, o l’uso di bombe atomiche israeliane. Il maldestro Kerry ha divulgato che “alcune nazioni arabe” si faranno carico delle spese militari, pertanto non peggioreranno il troppo declinato livello di vita della plebe occidentale. Però Arabia saudita e Qatar sono ora più esposte che mai ad essere bersagliate dai missili ed aviazione dell’Iran, e destabilizzate dal furore dei movimenti popolari sciiti.

Sul “fronte del dollaro”, invece, il vertice del G20 è stato preceduto da un summit dei premier del BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica) in cui hanno deliberato la creazione di una Banca dello Sviluppo, con un capitale iniziale di 50 miliardi di dollari. Abbinato ad una Fondazione delle Riserve di Divise provvisto di 100 miliardi di dollari (18 miliardi forniti dall’india, Brasile e Russia; 5 miliardi dal Sudafrica e 41 miliardi dalla Cina). Questa decisione scaturisce dalla necessità di disporre di alternative al FMI e Banco Mondiale, dominati dagli USA e dal dollaro.

Obama rifiuta l’incontro con il presidente della Federazioe Russa, ma il Papa Francesco, in una lettera a Putin, (qui) asserisce che “Il contesto attuale, altamente interdipendente, esige una cornice finanziaria mondiale, con proprie regole giuste e chiare, per conseguire un mondo più equo… il G20 per l’anno in corso ha assunto l’impegno di consolidare la riforma delle organizzazioni finanziarie internazionali e di arrivare ad un consenso sugli standard finanziari adatti alle circostanze odierne”. Il Vaticano si schiera contro l’assolutismo del dollaro e l’obsoleto retaggio di Bretton Woods, e riconosce la realtà del multipolarismo.

Il blocco sudamericano Unasur ha messo nell’agenda del prossimo vertice presidenziale di regolare il reciproco interscambio interno con le rispettive monete nazionali, prescindendo dal dollaro.

L’insieme degli elementi di questo quadro configurano una serie di difficoltà crescenti in vari settori, che confermano la perdita dell’egemonia assoluta degli USA sul terreno geopolitico, militare e monetario. L’egemonia relativa impone soluzioni negoziate e mettere da parte radicalismo e le impraticabili vie di fatto prive di legitimità, foriere di discredito. In Egitto, dopo cotanta “primavera”, si intravede il ritorno del neonasserismo e del nazionalismo, con l’appoggio confermato a Damasco e la chiusura del Canale alla flotta militare anglosax.

 Il Brasile, da parte sua, ha annunciato la sospensione della visita della presidente Rousseff a Washington, dopo che la CIA è stata sorpresa con le mani nella marmellata. Hanno le prove dello spionaggio ai danni di tutti gli alti dignitari durante la recente visita del presidente del Messico a Brasilia. Spiati brasiliani e messicani, presidenti compresi. C’é chi comincia a stabilire una equivalenza di queste pratiche clandestine emafiose con il terrorismo.

(1) Analista russo Nikolaj Starikov
http://selvasorg.blogspot.it/2013/09/usa-ostacoli-crescenti-sul-fronte.html?utm_source=feedburner&utm_medium=feed&utm_campaign=Feed:+selvas/blog+(Selvas+Blog)

LA BOLDRINI OSTACOLA L’OPERAZIONE TRASPARENZA- DENUNCIA 5STELLE: FATICHIAMO A CONOSCERE I REALI “SPRECHI” DELLA CAMERA

CAMERA
Posted on luglio 17, 2013
Una Camera “oscura” di conti, stipendi e privilegi intoccabili al prezzo di 280 milioni all’anno. Il Movimento 5 Stelle racconta così l’entrata nelle istituzioni e il tentativo di realizzare uno dei punti chiave del loro programma: l’abbattimento dei costi della politica. Tetti retributivi e tagli alle indennità, l’ipotesi di riduzione delle spese è già sul tavolo dei parlamentari a 5 Stelle. E’ l’impresa che sognano, ma che ha già una prima difficoltà: la resistenza dei protagonisti.
“Non volevano darci i dati ufficiali, siamo stati ostacolati in tutti i modi”, raccontano i deputati. Riccardo Fraccaro, membro dell’Ufficio di Presidenza e del Comitato per gli Affari del personale è stato il parlamentare incaricato di raccogliere le informazioni, ma il risultato è stato “trovare un muro di gomma” e uno status quo difficile da toccare. “Fraccaro”, ha denunciato Beppe Grillo sul blog, “ha chiesto di conoscere il trattamento retributivo nominativo percepito mensilmente da tutti i dipendenti appartenenti alle diverse qualifiche. Gli è stato risposto che in capo al deputato non esiste “un interesse giuridicamente rilevante alla conoscenza dei dati”.

All’appello mancano stipendi nominativi e il curriculum vitae dei dipendenti:”Nelle ultime ore”, ha dichiarato Riccardo Fraccaro, “è arrivata l’autorizzazione a pubblicare gli aumenti di stipendio e ci hanno dato accesso a 91 curriculum strutturali. E’ un passo avanti, ma non basta. Continueremo a chiedere”. Gli eletti a 5 Stelle hanno deciso di pubblicare un dossier sui costi di Montecitorio prima di affrontare la questione nell’ufficio di presidenza.

“Noi pensiamo”, ha continuato il deputato Fraccaro, “che questa crisi si debba combattere chiedendo a chi ha di più di dare di più. E possiamo farlo solo chiedendo coerenza. Vediamo quello che ho scoperto: il costo per il personale è di 280 milioni di euro. Per i dipendenti in pensione 220 milioni di euro. Se aggiungiamo le spese per i parlamentari, quasi 23 del bilancio della Camera è destinato a pagare dipendenti di Montecitorio”. Le proposte di riduzione e trasparenza sono state in parte accolte dagli altri partiti: “Il problema è che non hanno intenzione di essere efficaci veramente, ma vogliono fare scelte di facciata. Ho chiesto di vedere i curriculum, ma si sono opposti Pd e Sel. La Boldrini ha scelto invece di pubblicare le curve retributive fino al 35esimo anno di carriera, ma si tratta di una presa in giro: gli stipendi aumentano automaticamente e senza merito”. Secondo Fraccaro, l’intervento annunciato sulle curve retributive “non intacca i diritti acquisiti e i tagli si applicheranno solo ai futuri dipendenti e per quelli attuali non è stata accettata neppure l’introduzione di un tetto massimo. “Tra le proposte che abbiamo avanzato, c’è quella di inserire il merito nell’aumento di stipendio. Provvedimenti sono stati presi sulle ferie, maggiori rispetto ai dipendenti pubblici al di fuori della Camera. Un’altra battaglia: divieto di cumulare le pensioni con ulteriori incarichi. Poi temporaneità degli incarichi e dei vicesegretari generali.Temporaneità che permette di non creare poli di potere“.

La denuncia del Movimento 5 Stelle riguarda tutta l’attività parlamentare. “L’ufficio di presidenza”, ha aggiunto Luigi Di Maio, vice presidente della Camera, “non ha fatto che approvare privilegi. Tanti i capitoli da affrontare. Intanto i vitalizi ci costano 91,8 milioni di euro e con la nostra proposta di stipendi ridotti potremmo risparmiare 42 milioni di euro”. Per stipendi e pensioni di dipendenti, parlamentari ed ex vanno via 784 mln l’anno mentre gli stipendi apicali dei consiglieri ammontano a quasi 400mila. C’è poi il capitolo dell’affitto degli immobili, che costa alla Camera, “dunque ai cittadini, 30 milioni di euro l’anno”. Soldi spesi, a detta dei 5 Stelle, in barba a possibili e semplici risparmi. “Gli uffici degli ex presidenti Bertinotti e Fini sono incredibilmente ancora qui: 10 stanze del Theodoli-Bianchelli. Senza dimenticare gli appartamenti dei questori: la scorsa legislatura erano a palazzo Marini 1, edificio poi dismesso, ci si è affrettati ad adeguare il nuovo palazzo: costo 200 mila euro. Inizia nuova legislatura: li dismettiamo”. Spazi che Di Maio propone di utilizzare per farli diventare uffici, aspettando che scadano i gli affitti senza possibilità di recesso..

Tanti gli sprechi denunciati: “Qui dentro si stampano atti parlamentari per 9 milioni di euro, è giunto il momento di informatizzarci. Si spendono ogni anno 4 milioni per l’acquisto software, noi proponiamo di usare i software open source. Poi l’assicurazione per la vita ci costa 110 milioni di euro. Si regge sui contributi dei parlamentari” . Nel dossier presentato alla stampa anche una lista di proposte: “Noi vogliamo aggredire i diritti acquisiti. Non lo dico solo per la Camera dei deputati. I vitalizi ad esempio sono una spesa enorme e credo che potremmo affrontare un ricorso per l’abolizione. Se non cominciamo, scarichiamo sempre sulla generazione futura”. Ci sono poi le erogazioni ad enti esterni: 100 mila euro per il circolo di Montecitorio, 20 mila per il rettore della Chiesa San Gregorio Nazianzeno, 260 mila per l’Unione Interparlamentare. Altri risparmi, secondo il dossier, si potrebbero ottenere intervenendo sui contributi alle assicurazioni dei parlamentari e tagliano di qualche punto percentuali altre spese: per esempio, 7,1 milioni di euro l’anno per le pulizie, 3,8 per la gestione dei servizi informatici più altri 3,1 per la manutenzione software ed hardware, 3 milioni di euro per l’ufficio stampa

Ecco i primi dati che il Movimento 5 Stelle ha potuto consultare:

Il personale e i livelli retributivi
I dipendenti pubblici in servizio alla Camera sono 1521, divisi in cinque livelli a cui corrispondono diverse retribuzioni. Al quinto livello troviamo 183 consiglieri parlamentari: 121 generali, 33 con la funzione di stenografi, 18 bibliotecari e 8 tecnici. Questi arrivano a guadagnare fino a 400 mila euro lordi all’anno a fine carriera, dopo 41 anni di servizio. Cominciano guadagnando € 2.920,44 netti al mese, e poi ogni due anni scatta l’aumento di stipendio. Così dopo 25 anni passano a 341, 947 annuali lordi. A cui si aggiunge, per 170 circa di loro, l’indennità di funzione che aumenta secondo il grado. Si parte con circa 3900 euro lordi per il segretario generale fino a scendere sui 600 euro mensili per le qualifiche minori.

Il quarto livello invece riguarda 293 dipendenti pubblici, che comprendono documentaristi, tecnici e ragionieri. Cominciano con uno stipendio di € 1.876,57 netti al mese e dopo 25 anni hanno un guadagno pari a 227 786 lordi all’anno. E a fine carriera arrivano a quasi 270mila euro. Senza dimenticare che 139 di questi godono di un aggiunta mensile, ovvero dell’indennità di funzione.

Il terzo livello: comprende  777 dipendenti che svoglono la professione di segretari, assistenti di settore, infermieri di reparto, coordinatori. Il loro stipendio è di 40 968 euro lordi iniziali all’anno per poi crescere fino a 167 400 euro a fine carriera. Di questi, 118 hanno lo stipendio aumentato grazie all’indennità di funzione.

Il secondo livello è composto da 262  persone tra segretari, assistenti parlamentari, collaboratori tecnici. La retribuzione iniziale è di circa 40mila euro all’anno lordi e a fine carriera arriva a 156mila euro circa.

Il primo livello sono invece gli operatori tecnici. Un assunto risulta alla Camera, che guadagna dopo 25 anni circa 35 644 euro lordi.

Indennità
La proposta dei 5 Stelle riguarda anche la riduzione dell’indennità di funzione percepita dai dipendenti di Montecitorio. La spesa attuale complessiva arriva a 4 150 334, 16 euro lordi e l’idea è quella di dimezzarla a 2 594 534, 53 con riduzioni che vanno dal 70% per il segretario generale fino al 30% per i vice assistenti.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/07/16/costi-della-politica-camera-m5s-ecco-tutti-stipendi-dei-dipendenti/657489/

http://bastacasta.altervista.org/la-boldrini-ostacola-loperazione-trasparenza-denuncia-5stelle-fatichiamo-a-conoscere-i-reali-sprechi-della-camera-4/

Debito: la verità che non vi dicono. (E cosa rispondo a chi mi critica)

Debito: la verità che non vi dicono… (E cosa rispondo a chi mi critica)
di Marcello Foa – 06/09/2013

Il mio ultimo post ha suscitato un dibattito vivacissimo – e in molti casi ben argomentato – e una notevole viralità in Rete. Accetto, come sempre, molto volentieri le critiche, che anzi mi spingono ad integrare il mio pensiero con queste riflessioni.
Primo, le riforme che esige la Troika dovrebbero basarsi sul presupposto che sia possibile ridurre significativamente il debito pubblico italiano e, addirittura, in teoria, azzerarlo. Sarò forse troppo pratico, però l’evidenza dei numeri dimostra come il debito pubblico sia ormai fuori controllo e non più riducibile tramite manovre fiscali ordinarie. Il debito pubblico italiano ha superato i 2mila miliardi di euro e continua ad aumentare nonostante il fatto che, dagli inizi degli anni Novanta, tutti i governi italiani, sotto pressione della Ue, si siano sforzati di tenere i conti in ordine.
Questo significa che occorrono manovre supplementari. Facciamo due conti: secondo i dati ufficiali, gli interessi che lo Stato deve pagare ogni anno sul debito di 2mila miliardi sono pari quasi a 100 miliardi (dati stimati per il 2015).
Questo significa che per ridurre il debito pubblico lo Stato italiano dovrebbe da un lato non generare più deficit e dall’altro, contemporaneamente, contare su saldi positivi superiori a 100 miliardi all’anno. Se volessimo ridurre dell’un percento il debito ci vorrebbero manovre da 120 miliardi, del 3% da 160 miliardi e dovrebbero essere ripetute a lungo.
Il che significa lacrime e sangue permanenti. E’ uno scenario improponibile e irrealistico nanche perché cure di questo tipo di solito generano l’effetto opposto a quello ipotizzato, come ha dimostrato l’esperienza del governo Monti, che applicando le ricette bgradite a Bruxelles, Fmi e Banca Mondiale ha mandato l’Italia in recessione e fatto letteralmente esplodere il debito pubblico, che in pochi mesi è passato da circa 1’800 miliardi a 2mila miliardi.
La verità, che nessun politico è disposto ad ammettere, è che il debito pubblico italiano non è più ripagabile. Altrimenti bisognerebbe pensare che sia possibile ricompattare una valanga in continua caduta su un pendio scosceso. Siete disposti a continuare a credere a un’illusione?
Un secondo punto importante riguarda le ragioni della crescita del debito pubblico europeo. L’anno X è stato il 2009 quando quasi tutti gli Stati hanno dovuto prendere misure straordinarie per salvare il sistema bancario e dare ossigeno a un’economia che stava precipitando. La causa di quella crisi la conosciamo: mutui subprime, derivati fuori controllo, follie di poche grandi banche “too big to fail”. La conseguenza è stato il peggioramento impetuoso dei conti pubblici di quasi tutti gli Stati.
Cos’è successo in seguito? Che le banche centrali hanno messo in atto misure straordinarie per salvare le banche; in misura minore la Bce (che però ha comunque pompato molta liquidità nel sistema bancario), in misura colossale, come dimostrato nel mio ultimo post, la Federal Reserve. Operazioni che sono ancora in corso, finanziate con moneta elettronica e per somme, nominali, impressionanti.
Ma nel frattempo nessuno ha soccorso i singoli Stati che hanno visto esplodere – per colpe non loro ovvero per salvare proprio le banche – il debito pubblico, con le conseguenze che ben conosciamo: Grecia sul lastrico, Irlanda, Spagna, Portogallo, in fortissima difficoltà, come in parte Italia e persino, sebbene in misura minore, Francia e Olanda.
L’intervento di salvataggio delle banche ha violato le regole del mercato e creato un azzardo morale o, se volete, uno squilibrio morale. Perché si fa di tutto per salvare le banche mentre si permette al sistema finanziario di mettere al tappeto gli Stati, offrendo “salvataggi” che in realtà – come sta avvenendo in Grecia – non risolvono nulla e di fatto schiavizzano intere nazioni?
Il mio ragionamento è molto semplice: se un’eccezione – pesantissima – è stata accordata alle banche, occorre che un’altra eccezione sia accordata agli Stati, non fosse che per riportare le lancette dell’orologio al 2009.
Sia chiaro: devono essere misure straordinarie, uniche, non ripetibili e corredate da altre misure di buon senso.
Ad esempio: per le banche reintroduzione della legislazione Glass Steagall Acrt, ovvero della legislazione che imponeva la separazione tra banche d’affari e banche commerciali, più altri provvedimenti volti non a impedire la speculazione, ma a delimitare il rischio del contagio in caso di fallimento di un banca che oggi invece, resta endemico.
Per gli Stati: nuove norme severissime di contenimento della spesa pubblica accompagnate, in Europa, da un nuovo patto di Maastricht che includa altri parametri oltre a quelli esistenti. Liberalizzazioni reali che creino vera concorrenza, anziché come capita spesso oggi, sostituire di fatto monopoli pubblici con monopoli, o nel migliore dei casi, oligopoli privati.
Per le Banche centrali: trasparenza assoluta sulle loro modalità di gestione (modalità che restano in gran parte riservatissime).
Insomma l’obiettivo dovrebbe essere quello di ricreare una normalità. Sì una normalità fatta di mercati che funzionano senza correttivi o salvataggi indebiti, di Stati messi nelle condizioni di non abusare del proprio potere, di tassazioni regionevoli che incentivino il consumo e il risparmio e non penalizzino – anzi premino – gli impreditori che creano ricchezza e posti di lavoro; una normalità in cui le banche e le Banche centrali non siano più onnipotenti e politici, cittadini, banchieri, imprenditori siano chiamati a rispondere delle proprie azioni.
Tutto questo è davvero irragionevole?
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John Forbes Kerry, un lacrimogeno sul viso

di Stefania Elena Carnemolla – 04/09/2013

Fonte: megachip 

«Le bombe americane sono purificatrici. La tragedia è che gli americani ci credono.»

 

di Stefania Elena Carnemolla

Le bombe americane sono diverse, democratiche, intelligenti, profumano di sandalo e gelsomino. Non come quelle di Bashar al Assad, presidente della Siria, che olezzano di fogna. Le bombe americane si sganciano e si giustificano, perché quelle americane sono purificatrici. La tragedia è che gli americani ci credono. Come il presidente americano Barack Hussein Obama il cui discorso pronunciato nel 2009 a Oslo durante la cerimonia per la consegna del Nobel per la Pace è un inno alla guerra estirpatrice del male – poco importa se le guerre americane puzzano di gas e petrolio – perché la guerra per Obama è nel destino del popolo americano, guida del mondo, forza moralizzatrice delle nazioni. Un discorso strappalacrime.

Le bombe americane sono purificatrici. La tragedia è che gli americani ci credono. Come John Forbes Kerry, dal 2013 segretario di Stato di Obama e che nel 2009, inviato da Obama in Medio Oriente, s’attovagliò a Damasco con il presidente siriano Bashar al Assad in un bel ristorante al fumo di narghilè con fontana a stella con vasca turchese. E c’erano anche le mogli. Però ora che Kerry è stato promosso, vuole punire l’ex amico siriano perché è cattivo, crudele e lancia le bombe e pazienza se in giro per il mondo gli americani fanno di peggio o se in Siria ingozzano di armi e dollari i ribelli siriani, quelli che aprono il petto ai nemici, mangiandone il cuore.

 

Ora che Kerry, figlio di un diplomatico del Dipartimento di Stato e di un’ex crocerossina della Seconda Guerra Mondiale, rampolla dei banchieri Forbes, è un uomo di potere, può dirlo: Bashar al Assad è come Hitler e Saddam. Cattivissimo. Bombardiamolo. Oh, bene, il Pantheon delle divinità negative degli americani s’arricchisce di un nuovo ospite, solo che stavolta la new entry è siriana. Sotto a chi tocca. Da quando Osama bin Laden giace in fondo al mare, Gheddafi riposa tra le sabbie libiche e Saddam ha lasciato il collo sul patibolo, sai che noia, a Washington. Kerry è in fondo una mente semplice, di qua i buoni, cioè, gli americani, di là i cattivi, gli amici di un tempo, gettati via quando non servono più.

Kerry, i cui antenati a Shanghai commerciavano in oppio, deve invece cibarsi di fiore di loto, il fiore dell’oblio. Grande fustigatore dei vizi altrui, un po’ come Obama quando arringa il mondo con la sua retorica da predicatore della domenica, Kerry pare aver dimenticato, lui che ora si scaglia contro l’ex amico siriano accostandolo a Hitler e all’impiccato di Baghdad, delle delicatessen sganciate dagli americani su Hiroshima e Nagasaki per tacer del napalm e dell’agente Orange, il defogliante con cui Kennedy, Johnson e Nixon appestarono il Vietnam e che deformò i bambini, facendone dei mostri.

Kerry, discendente di banchieri, diplomatici e commercianti, era in Vietnam quando gli americani seminavano morte. Il Vietnam? Brutta cosa, disse quella volta John Forbes Kerry, futuro marito in seconde nozze di Maria Teresa Thierstein Simões-Ferreira Heinz, vedova del senatore della Pennsylvania John Heinz III e ricca ereditiera dell’impero del ketchup Heinz.

Però partì, era il 1967, dopo essersi arruolato volontario nei marines, andando a combattere fra il golfo del Tonchino e il delta del Mekong. Nel 1968 l’artista tedesco Wolf Vostell realizzò un collage con il bombardiere B-52 Stratofortress destinato a voli di lungo raggio e che gli americani, anche quando Kerry era in Vietnam, utilizzarono per bombardamenti a tappeto. Nel collage di Vostell il bombardiere non sgancia bombe ma rossetti rosso fuoco su un paese martoriato dalle bombe, quelle che Kerry, indaffarato com’è a fare le pulci a Bashar al Assad, sembra aver dimenticato.

Kerry, che oggi si batte perché il servizio militare sia obbligatorio, tornato dal Vietnam, per un po’ fece il pacifista, frequentando associazioni antimilitariste e marciando con la bella Jane Fonda contro la guerra. Nel 1971, prima che si congedasse, si piazzò con altri davanti al Congresso americano per protestare contro l’invasione del Laos. Disse di lui Richard Nixon, il falco è tornato dal Vietnam e s’è fatto colomba.

Mode che passano. Nel 2003 da senatore Kerry firmò la risoluzione per l’invasione dell’Iraq in salsa Bush. Firmò ma temerario dichiarò, non ero d’accordo, avrei preferito l’intervento di truppe Onu. Come quando odiava il Vietnam e partì per il Vietnam.

Oggi Kerry è in prima linea contro la Siria, che vorrebbe veder bombardata per punire l’Hitler di Damasco. Parla, Kerry, lui che il marcio ce l’ha in casa. Nel settembre 2010, nel distretto di Sangin, nella provincia di Helmand, in Afghanistan, alcuni marines si misero in posa per una foto ricordo facendosi ritrarre con la bandiera americana e un drappo blu notte con due grandi SS bianche fotocopia del logo delle Waffen SS di Hitler. Ma no, no, no, protestò qualcuno, tentando di nascondere la polvere sotto il tappeto quando ormai il vento era entrato nella stanza facendo volare tutto, in realtà significano Scout Sniper. Per carità, fu la risposta, non era comunque il caso d’imitare il logo dei commandos di morte hitleriani.

Forse Kerry era a giocare a bridge con Jane Fonda quando nel 1991 Bush padre lanciò la sua offensiva contro Saddam, facendo esplodere, la notte del 17 gennaio 1991, il cielo di Baghdad. “Durante la guerra del Golfo nel 1991”, così il reporter di guerra Thomas Seifert e il giornalista e scrittore Klaus Werner ne Il libro nero del petrolio, “partì un apparecchio ogni trenta secondi. Furono lanciate più di 250.000 bombe, 3000 delle quali sopra Baghdadla forza esplosiva di tutti questi ordigni che colpirono il territorio in guerra corrisponde circa a sei delle bombe di Hiroshima”.

E ancora: “Il 24 febbraio 1991, due ore prima dell’alba, con un violento attacco di artiglieria inizia la guerra di terra, la cosiddetta operazione Desert Sabre (Sciabola del deserto). Una colonna di carri armati, della lunghezza totale di 20 km, è in movimento verso il Kuwait, i giovani soldati salutano con la mano i giornalisti, formando con il dito medio e l’anulare il segno della vittoria.

L’Aeronautica sferra 1200 attacchi sulla fanteria e sui mezzi corazzati, bombe al napalm, a frammentazione, s’impiegano le più moderne tecnologie a disposizione per l’annientamento, e una pioggia di acciaio cade sugli iracheni.

Comincia la tremenda fuga di un intero esercito, molti soldati però non hanno neanche la possibilità di arrendersi. Carri armati dotati di una sorta di aratro procedono spianando le trincee irachene, seppellendo vivi nel loro andare centinaia di soldati. La dottrina dell’allora generale a quattro stelle e capo di Stato Maggiore, in seguito ministro degli Esteri americano, Colin L. Powell, recita: se si fa una guerra, bisogna farla in fretta, assicurandosi la vittoria con una schiacciante superiorità tecnologica”.

Colin L. Powell, quello che nel 2003 da segretario di Stato di Bush figlio, poco prima dell’invasione dell’Iraq, tirò fuori davanti al Consiglio di Sicurezza dell’Onu una finta provetta dicendo ecco le armi di Saddam. Un po’ come quando il 20 agosto 1998 alcuni missili americani distrussero la fabbrica di medicinali al Shifa, in Sudan, perché era una fabbrica di gas nervinoNon era vero. La Casa Bianca con Bill Clinton disse che la Cia aveva trovato tracce di gas nervino nel terreno poco fuori la fabbricaTempo dopo si scoprì che la Cia aveva costruito prove false, contaminando altrove un campione di terra. “Non c’era alcuna prova che l’impianto producesse o immagazzinasse gas nervino”, fu, infatti, l’accusa. Né era vero che la fabbrica fosse in affari con Osama bin Laden, che ai tempi viveva a Khartoum. Dopo il bombardamento molti in Sudan morirono per mancanza di medicinali, quelli che la fabbrica al Shifa produceva da anni.

Nel 1999, dopo un’indagine del Bureau of Intelligence and Research, il New York Times scrisse: “Ora gli analisti hanno rinnovato i loro dubbi e hanno detto all’assistente del segretario di Stato Phyllis Oakley che le prove false fornite dalla Cia, sulle quali fu basato l’attacco, erano inadeguate. Oakley chiese loro di controllare nuovamente, poiché ci potevano essere altre informazioni che non avevano visto. La risposta arrivò presto, non c’erano ulteriori prove. Oakley convocò tutto il suo staff e tutti concordarono sul fatto che contrariamente a ciò che diceva l’amministrazione, le argomentazioni che collegavano al Shifa a bin Laden o ad armi chimiche erano deboli”.

Una lezione, quella di Clinton, che Kerry sembra aver mandato giù a memoria, lui che oggi annuncia al mondo che l’America ha in mano le prove che Bashar al Assad ha usato armi chimiche. La storia di Kerry, che nel 2009 a Damasco banchettava con Bashar al Assad, l’uomo che oggi vuole bombardare, ricorda in parte quella di Donald Rumsfeld.

Nel dicembre del 1983, durante la guerra contro l’Iran, quando Saddam ancora possedeva armi come gas mostarda, sarin, tabun, soman e altri aggressivi chimici, non che l’Iran non ne avesse di sue, Rumsfeld raggiunse Baghdad come inviato del presidente americano Ronald Reagan per stringere rapporti con Saddam, che si sperava uscisse vittorioso dal conflitto contro l’Iran dell’ayatollah Khomeini. “Il fatto che negli anni Ottanta Saddam fosse in possesso di armi chimiche lasciava indifferenti i politici americani”, così, tempo fa, Thomas S. Blanton, direttore del National Security Archive. Nel 2003, ormai segretario della Difesa di Bush figlio, Rumsfeld ordinò, pur in assenza di armi chimiche, l’attacco contro Saddam, l’uomo cui anni prima aveva stretto la mano a Baghdad quando questa davvero puzzava di gas mostarda, sarin, tabun, soman.

Le armi chimiche di Bashar al Assad ancora non si trovano, ma Kerry vuole il sangue. Né lui né Obama sanno ormai, tramontati i sogni di gloria, perché colpire la Siria. Un po’ come quando prima dell’invasione dell’Iraq i conservatori s’accapigliarono attorno a Bush figlio per decidere, visto che le armi chimiche di Saddam non c’erano, il perché dell’attacco.

Siria e armi chimiche, tempo fa Gregory Koblenz, uno specialista di guerra chimica e biologica del Council on Foreign Relations, ha rivelato che negli Stati Uniti le prime accuse a Bashar al Assad sull’uso di armi chimiche si sono basate su prove a dir poco sorprendenti. Fra queste un video di provenienza ignota dove si vedono pazienti di un ospedale siriano in preda a reazioni non necessariamente riconducibili al sarin e che anzi potrebbero essere state semplici reazioni a sostanze d’ambiente ospedaliero. E ancora, campioni di terra e tessuto umano sarebbero stati portati in laboratori inglesi e statunitensi e qui sottoposti ad analisi. Inquinare campioni con sarin è un gioco da ragazzi, ha fatto capire Koblenz, e poi nessuno sa da dove venissero. Un po’ come quando in Sudan la Cia avvelenò campioni di terreno cospargendoli altrove di gas nervino.

 

Una situazione imbarazzante, quella di oggi, tanto da spingere Gary Schmitt, condirettore del Marilyn Ware Center for Security Studies dell’American Enterprise Institute, a chiedere tempo fa alla Casa Bianca d’intervenire militarmente anche in assenza di armi chimiche. L’American Enterprise Institute di Washington è un think tank conservatore, già fucina di consiglieri dell’amministrazione Bush e che oggi sia uno di loro a spingere per un attacco, sventolando contestualmente la solita foglia di fico dei corridoi umanitari, non deve meravigliare.

Tutto cambia in America, perché nulla cambi, gli uomini vanno e vengono, cambiano i loro volti, ma non le loro idee, che sanno di guerra e menzogna, come insegna la storia di John Forbes Kerry, il moralizzatore della Siria, che in Vietnam era là, armi in pugno, fra napalm e agente Orange.

 

http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=46080