La BCE scopre che il problema è la finanza privata, non quella pubblica

 “Ragazzi, abbiamo un problema di bilancia dei pagamenti. Il debito pubblico non c’entra. Ha sempre prevalso una narrazione sbagliata della crisi.”

Chi lo ha detto? Krugman? Sapir? Il solito Bagnai? No. Ve lo dice la BCE, dopo lunghe ricerche.

Purtroppo il discorso del vicepresidente Vítor Constâncio, dopo lo sprazzo di lucidità, ritorna alla vecchia retorica del “ci vuole più Europa” e delle riforme strutturali (nella seconda parte che per carità di Patria non riportiamo, chi è interessato la trova qui).

Traduzione di Ugo Sirtori ed Henry Tougha

La crisi europea e il ruolo del sistema finanziario

Discorso di Vítor Constâncio, Vicepresidente della BCE, alla conferenza presso la Bank of Greece riguardo “La crisi dell’eurozona”

Atene, 23 Maggio 2013

Introduzione

Vorrei iniziare ringraziando la Bank of Greece per avermi invitato a questa importante conferenza in presenza di molti prestigiosi ricercatori.

 

Ci sono, naturalmente, molti racconti e interpretazioni riguardo la maniera in cui la crisi si è manifestata nell’eurozona. Per alcuni, questa è soprattutto una storia di politiche fiscali inadeguate e debito sovrano eccessivo; per altri, è principalmente una storia di perdita di competitività, causata da costi del lavoro incontrollati; e per alcuni altri è essenzialmente una classica crisi da bilancia dei pagamenti in un regime di tassi di cambio “perfettamente fissi”. Negli anni più recenti, si è diffusa anche il punto di vista di una crisi bancaria, combinata con una crisi dei debiti sovrani per creare una storia di eccesso dei due debiti.

Naturalmente, c’è un po’ di verità in tutte queste ricostruzioni, come c’è da aspettarsi data la complessità e l’interdipendenza dei fattori di una grande crisi internazionale.

Ma, più che cercare di discutere una interpretazione globale della crisi dell’eurozona, preferisco esplorare 2 prospettive:

  • primo, quali sono state le cause e i fattori scatenanti alla radice della crisi?
  • secondo, che ruolo ha giocato la crisi finanziaria internazionale, cominciata negli USA, nell’innescare la crisi europea?

La prima domanda è importante per identificare le possibili carenze nella progettazione dell’unione monetaria che hanno bisogno di essere corrette per evitare crisi future. La mia opinione è che il principale fattore scatenante è da ricercarsi nel settore finanziario, in particolare in quelle banche che hanno fatto da intermediari per l’immenso flusso di capitali verso i paesi periferici, che ha creato sbilanciamenti divenuti insostenibili a seguito del “sudden stop” causato dalla crisi internazionale e dalla brusca revisione delle valutazioni del rischio che questa ha causato.

La seconda domanda è utile per comprendere se la costruzione dell’unione monetaria sia sufficiente per assicurare una graduale correzione delle vulnerabilità e evitare una crisi, nel caso in cui lo shock internazionale non fosse avvenuto. Si potrebbe speculare che, senza influenze esterne, l’eurozona avrebbe potuto superare gradualmente le sue debolezze con un processo di ribilanciamento interno. Non potremo mai essere certi di questo. Fortunatamente, questa domanda è meno significativa della prima.

Le cause alla radice della crisi

La storia più diffusa

Cominciamo con la prima prospettiva riguardo le cause. La più vecchia narrativa della crisi, progressivamente corretta dagli accademici ma ancora popolare tra alcuni segmenti dell’opinione pubblica, recita all’incirca così: Non c’era niente che non andasse con il progetto inziale dell’unione monetaria europea, e la crisi è scoppiata per lo più perché diversi paesi periferici non hanno rispettato quel progetto – in particolare le regole fiscali e il Patto di Stabilità e Crescita – generando una crisi di debito sovrano. Questa è la storia “il problema è essenzialmente fiscale”, che può essere facilmente connessa ad altre 2: l’indisciplina fiscale ha portato a un surriscaldamento dell’economia, l’aumento di salari e prezzi ha implicato una perdita di competitività, e questo ha portato alla crisi da bilancia dei pagamenti.

Nonostante questa sia una storia internamente coerente, non è corretta, specialmente per quel che riguarda il fattore scatenante della crisi.

Anzitutto, non c’è una forte correlazione tra il rispetto del Patto di Stabilità e Crescita di un membro dell’eurozona prima della crisi e il relativo spread richiesto dai mercati finanziari oggi. Per esempio, Germania e Francia non hanno rispettato tale Patto nel 2003-2004; mentre Spagna e Irlanda lo hanno rispettato più o meno pienamente fino al 2007.

In secondo luogo, non c’è stato un aumento uniforme nell’indebitamento pubblico durante i primi anni della valuta comune nei paesi ora sotto pressione dei mercati finanziari.

Infatti, in certi paesi il debito pubblico è decresciuto, e in qualcuno è diminuito sostanzialmente. Per esempio, tra il 1999 e il 2007, il debito pubblico spagnolo è passato dal 62,4% del PIL al 36,3% del PIL. In Irlanda, nello stesso periodo, è diminuito dal 47% al 25% del PIL. Per quanto a livelli relativamente alti, il debito pubblico è diminuito anche in Italia (dal 113% al 103,3% del PIL) ed è aumentato solo di poco in Grecia. Comunque, negli ultimi due casi, il livello era già in effetti molto superiore al 60% fissato dal Patto di Stabilità e Crescita.

Riconsiderando il settore bancario

Penso quindi che, per avere una storia più accurata riguardo le cause della crisi, dobbiamo guardare non solo alle politiche fiscali: gli squilibri si sono originati per lo più nella crescente spesa del settore privato, finanziata dal settore bancario dei paesi debitori e creditori.

Come mostra la slide 1, al contrario dei livelli del debito pubblico, il livello del debito privato è aumentato nei primi 7 anni dell’euro del 27%. L’aumento è stato particolarmente pronunciato in Grecia (217%), Irlanda (101%), Spagna (75,2%), e Portogallo (49%), tutti paesi che sono stati sottoposti a grandissimo stress durante la recente crisi. La crescita repentina del debito pubblico, d’altra parte, è iniziata solo dopo la crisi finanziaria. Nel corso di 4 anni, i livelli del debito pubblico sono aumentati di 5 volte in Irlanda e di 3 in Spagna.

Da questa prospettiva, il rapido incremento dei livelli di debito pubblico deriva dal collasso delle entrate fiscali e dalle spese sociali, che sono aumentate durante la recessione quando sono stati attivati gli stabilizzatori automatici  (es: cassa integrazione, ndt). Pericolose ripercussioni dal sistema bancario al debito sovrano, che sono emerse dopo l’inizio della crisi finanziaria, hanno ulteriormente indebolito i conti fiscali.

Da dove venivano i finanziamenti che hanno fatto esplodere il debito privato? Un aspetto particolare del processo di integrazione finanziaria europea dopo l’introduzione dell’euro è stato un deciso incremento nelle attività bancarie tra paesi. L’esposizione delle banche dei paesi del centro verso i paesi della periferia è più che quintuplicata tra l’introduzione dell’euro e l’inizio della crisi finanziaria.

L’esplosione di questi afflussi di capitale si è distribuita in maniera disomogenea tra i paesi periferici, ma li ha influenzati tutti, e contenerne gli effetti è risultato estremamente difficile.

Ho esperienza di prima mano delle difficoltà incontrate dai paesi periferici. Le regole europee dei liberi movimenti di capitale, l’obiettivo di creare un campo di gioco comune per differenti settori bancari, e la fiducia nella supposta autoregolamentazione dei mercati finanziari, hanno tutti cospirato nel rendere molto difficile qualsiasi forma di contenimento del fenomeno. In più, nessuno aveva previsto che un “sudden stop”, caratteristico delle economie emergenti, potesse accadere nell’eurozona.

Di conseguenza, l’afflusso di finanziamenti relativamente a buon mercato si è trasformato in una gigantesca esplosione del credito nei paesi ora sotto pressione. Come sappiamo, il credito non è stato perfettamente ottimizzato dai razionali agenti economici privati. Dal lato della domanda, in un contesto di bassi tassi di interesse, i consumatori e le aziende, aspettandosi una futura crescita, hanno anticipato i consumi e gli investimenti come dei bravi ottimizzatori temporali. Dal lato dell’offerta, le banche europee e i mercati finanziari non si sono comportati come la teoria di gestione del rischio prevedeva. Questo è quel che ha portato al surriscaldamento, pressione su stipendi e salari, perdita di competitività e grandi deficit delle partite correnti.

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Qui continua richiamando il ruolo delle politiche fiscali (restrittive, naturalmente), l’opportunità di un’unione bancaria e delle solite riforme per ridurre gli squilibri tra paesi.   E nel finale, si propone per il futuro una revisione dei modelli sui quali  si basano le loro previsioni…

 


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Per il Bene Comune – PBC in piazza a sostegno della Siria e del suo legittimo governo

Il movimento politico di liberazione Per il Bene Comune, esprime il proprio appoggio ai paesi e ai popoli che non accettano il dominio dell’ imperialismo Usraeliano che, per conto dei grandi gruppi finanziari, vuole imporre il suo potere a tutto il mondo.

La nostra difesa di questi stati e di questi popoli è coerente con i principi della coesistenza pacifica dei popoli e delle culture, ma è anche necessaria per il mantenimento e il miglioramento di un contesto internazionale in cui sia politicamente ed economicamente più agevole per ogni popolo giungere alla propria liberazione, e noi guardiamo in primo luogo a quella dell’ Italia.

 In questo contesto, assume particolare rilevanza, simbolica e strategica, la lotta di resistenza del popolo siriano e del suo legittimo leader, Bashar al Assad.

Al popolo siriano ed al suo Presidente, noi esprimiamo tutta la nostra stima ed il nostro sostegno : per le conquiste sociali e culturali ottenute; per la formidabile resistenza che da anni oppone sul suo territorio alla convergente azione degli aggressori stranieri e dei terroristi interni; per aver saputo mantenere, nonostante il contesto bellico, un dialogo ed un confronto con l’opposizione interna che manca anche qui in Italia e che è stato apprezzato e favorito anche dalle organizzazioni religiose, in primo luogo quelle cristiane.

La stato laico e Nazionale Siriano, che nel Vicino Oriente è un esempio unico di pluralismo religioso e indipendenza, è da anni vittima di una inedita e congiunta azione bellica, portata avanti da gruppi che proclamano una propria visione sanguinaria e oscurantista dell’Islam, appoggiati, politicamente, militarmente e finanziariamente da Usraele, Arabia Saudita, Qatar e Nato, sodali nel voler realizzare, anche in Siria, il caos funzionale già sperimentato nelle precedenti aggressioni ad Iraq, Afghanistan e Libia.

Questa comprovata collaborazione di USraele, e dei suoi, ancillari, servizi segreti di NATO, Qatar e Arabia Saudita, con i gruppi criminali che si nascondono dietro le varie sigle del terrorismo Islamico ed operano su commissione di chi li ha creati e li finanzia, getta nuova luce sulle più scioccanti operazioni terroristiche avvenute in passato.

L’ Italia, indipendentemente dalla presunta diversità dei Governi, tutti accomunati dalla dipendenza dagli occupanti USraeliani ha rivestito e ancora riveste, un ruolo attivo all’interno della suddetta strategia, a totale scapito dei propri naturali interessi economici e politici per la pace e la coesistenza; mentre ancora una volta, in Italia e nel mondo, un ruolo centrale e nevralgico nel nascondere la verità è stato svolto dai mezzi d’informazione controllati dalla grande finanza.

La riuscita di questo criminale disegno, oltre ai danni sociali e culturali per il popolo siriano, produrrebbe gravissimi risvolti geopolitici sui delicatissimi equilibri medio orientali, aprendo la strada alla successiva aggressione, già parzialmente in atto, dell’Iran ed all’annientamento dei movimenti di resistenza all’espansionismo israeliano nella regione.

 Per questi motivi, il Movimento Politico di Liberazione – Per il bene comune si impegna attivamente:

– a divulgare in ogni sede e luogo un’informazione corretta dei fatti;

– ad incentivare, organizzare e supportare iniziative di informazione e di protesta contro l’attuale politica di sostegno all’aggressione della Siria;

– a chiedere con forza che si giunga immediatamente al ristabilirsi delle relazioni politiche, diplomatiche e commerciali con lo stato Siriano, ingiustamente e arbitrariamente colpito da pesanti sanzioni internazionali, palesemente contrarie all’interesse del popolo italiano ed agli universali principi di giustizia e di sovranità dei popoli.

 Il Movimento Politico di Liberazione – Per Il Bene Comune, coerentemente con gli obiettivi prefissati, aderisce ufficialmente alla Manifestazione Europea di solidarietà con la Siria che si terrà a Roma il 15 Giugno

http://www.perilbenecomune.net/index.php?p=24:6:2:119:588

 

La necessaria revisione del liberismo economico nell’epoca della finanziarizzazione dell’economia

di Claudio Moffa – 14/06/2013

Fonte: Rinascita

 Più di 2.000 miliardi di debito pubblico, al ritmo di 100 miliardi in più all’anno, per la maggiore parte frutto non di eccessi di spesa (nel 2011 “lo Stato ha avuto un avanzo primario di 16 miliardi”) ma degli “interessi, pari a 78 miliardi nel 2011” e una novantina circa nel 2012. Una storia che va avanti da almeno vent’anni, visto che  “dal 1980 al 2011 le spese sono state inferiori al gettito fiscale per 484 miliardi (siamo stati quindi più che virtuosi), ma gli interessi sul debito di 2.141 miliardi” [i].  Una ‘macchina infernale’, dunque, una coperta troppo corta e stretta per la più grave crisi italiana europea e mondiale dal ’29 ad oggi:  se la si tira da un lato si scoprono altre cruciali parti, e tutto resta come prima. Il Debito pubblico – peraltro per il 40% con paesi e istituti esteri – resterà dunque insolvibile, perché con quella ‘coperta’ non si uscirà mai dal tunnel Debito-Recessione.

Questa banale verità emerge ogni tanto anche nelle dichiarazioni dei politici, a cominciare dall’insediamento a fine aprile scorso del nuovo governo Letta che di fronte alle richieste di PDL e PD di misure salvifiche di famiglie e imprese – a cominciare dall’abolizione dell’IMU – disse che mancavano “30 o 40 miliardi”, da trovarsi da qualche altra parte, pena l’impossibilità di accoglierle. A parte il fatto che a quei 40 miliardi andrebbero aggiunti altri 40 miliardi di debito della P.A. verso le imprese, l’“ogni tanto” non vuol dire che il problema esiste a intermittenza, ma semplicemente che la sua evidenza viene messa da parte nei dibattiti ufficiali e sui media, e tutto assume la forma di un dilazionamento della questione: l’IMU slitta a settembre, l’Europa dà respiro a termine sul pareggio di bilancio … Un dibattito surreale: si tende a discutere su come fare il tetto, invece di pensare alle fondamenta – e quali – del nuovo edificio da costruire.

 Tre dati di fatto storici

Occorre andare invece alla radice della questione, partendo innanzitutto da tre dati storici: primo, a partire dagli anni Novanta il rapporto tra capitale finanziario speculativo e capitale produttivo è peggiorato enormemente a tutto vantaggio del primo, 10 a 1 alla svolta del secolo, 20 a 1 due o tre anni fa ed oggi probabilmente ancora di più.

Il trend è in crescita per il semplice motivo che non esistono regole per il mondo bancario privato, che ha usurpato allo Stato il potere da emissione monetaria (BCE, Banca d’Italia privatizzata), e che è libero di moltiplicare la sua moneta attraverso la riserva frazionaria e la moneta elettronica, moneta quest’ultima che rende impotenti gli Stati e evanescenti i loro confini a fini di controllo di quello che un tempo si chiamava ‘esportazione di capitali’. La valigetta al confine svizzero piena di banconote – bypassata dalla rete internet – non ha più senso, la tradizionale sovranità degli Stati è lesa (anche) per via elettronica.

Secondo, il gap appena accennato ha prodotto non soltanto un impoverimento crescente delle maggioranze delle società occidentali – provocato dalla catena causale Debito-Crisi-Recessione – ma anche una crisi del capitalismo industriale, e dunque una maggiore oggettiva conflittualità tra banche e imprese.

I 419 miliardi di euro devoluti nel dicembre 2011 dalla Banca centrale europea alle Banche private – uno schiaffo in faccia alle imprese in piena crisi da sopravvivenza – sono emblematici della fase storica che attraversiamo, che è per certi versi simile a quelle di fine Ottocento e post-1929.

 

Giuseppe Berta ha descritto il dominio della haute finance transnazionale nell’età del colonialismo: “Riluttante agli investimenti industriali – tanto che gli si può imputare di aver contribuito al declino economico inglese – il capitalismo dei grandi intermediari finanziari era attaccato con tenacia a una vocazione patrimoniale: l’accumulo monetario rappresentava il suo orizzonte strategico (…) La speculazione era l’unica dimensione dell’agire economico connaturale alla cosmopolita e aristocratica haute finance, … la missione che essa si era data di unico governante del mondo”.[ii] Quanto al 1929, la crisi e l’azione di contrasto del fascismo produsse per reazione nel nostro Codice civile l’introduzione della figura dell’ “imprenditore” (art. 2082, introdotto nel 1942) distinta dall’onnicomprensivo ‘commerciante’ del vecchio Codice commerciale del 1882, a sua volta mutuato dal Codice napoleonico del 1807. [iii]  Secondo le epoche dunque, le teorie economiche e le loro proiezioni giuridiche cambiano, al di là del regime nel cui alveo vengono proposte. Oggi si dovrebbe affrontare la situazione con lo stesso spirito, ma tranne isolati casi – l’imprenditore Zamparini in Sicilia, alcune dichiarazioni di Berlusconi e Grillo, i progetti di legge presentati da partiti di minoranza dagli anni Novanta ad oggi, alcuni peraltro scomparsi – nulla di importante sta veramente accadendo.

Ed eccoci dunque al terzo dato da sottolineare: la difficoltà oggi, sia a sinistra che a destra (nel centrosinistra e nel centrodestra) di affrontare tale cruciale questione, che pure è stata riproposta negli ultimi tempi da drammatici fatti di cronaca, il suicidio di diversi piccoli imprenditori incapaci di andare avanti e non supportati dalle banche erogatrici di credito, nemmeno dopo che queste avevano ricevuto dalla BCE, al tasso dell’1 per cento i 419 miliardi sopra ricordati. Il centrosinistra è diventato negli anni Novanta ‘sinistra finanziaria’:  liberalizzazioni del governo Amato – ivi compresa la privatizzazione della Banca d’Italia –  riforma delle pensioni, pacchetto Treu, lavoro e “lavoro interinale”. Le banche non come poteri contrari, ma come alleate di questo processo di destrutturazione del welfare state, vedi la battuta di Fassino e il caso MPS.

Quando al centrodestra, esso è più reattivo su tale questione, ha approvato ad esempio una legge per il ritorno allo Stato della maggioranza delle azioni della Bd’I (legge 262/05), ma poi non è riuscito o non ha voluto applicarla concretamente. Sia sul versante politico – con la solfa dell’ “anticomunismo” (ma dov’è il comunismo?) – sia su quello degli imprenditori – polemicamente attenti soprattutto all’art. 41 della Costituzione e alla normativa esistente sul piano dei rapporti di lavoro – il centrodestra sembra poco considerare il terzo ineludibile co-protagonista della questione sociale del nuovo millennio: i poteri bancari.

E’ lampante l’assenza di coscienza in una parte del mondo industriale della questione banche, e della connessa questione Europa: Sergio Travaglia, nel suo recente Il Manifesto dell’Impresa ha lamentato ad esempio l’assenza del termine impresa nella Costituzione italiana, ma sembra non ricordare che il Trattato di Maastricht presenta un difetto ancora maggiore: i termini ‘finanza’ e derivati vi compaiono ben 72 volte; “banca” e derivati (a parte gli acronimi BCE e BCN) 47 volte, laddove “industria” e affini solo 9 volte e le piccole e medie imprese – locuzione utilizzata non solo in Italia ma in tutti i paesi industrializzati – appena 2 volte. [iv] Una banale statistica emblema semantico della natura ‘finanziaria’ e ‘bancaria’ dell’Europa del III millennio, ben diversa da quella sognata dai padri fondatori della CECA e del Trattato di Roma, imperniata anch’essa sui principi del ‘libero mercato’. ma del libero mercato di merci reali, prodotto dell’attività industriale e non della speculazione finanziaria.

 Rideclinare il principio della libera impresa nella nuova fase storica. La questione del Debito

Non si tratta a questo punto di pretendere che il principio della ‘libera impresa’ sia fatto proprio da tutte le parti in contenzioso per la ripartizione della ricchezza nazionale: continua ad essere fisiologica, normale, ineludibile e legittima, la tradizionale dialettica tra sindacati e confindustria per definire quali siano i confini della libera impresa, a che punto cioè  la libertà dell’impresa debba fermarsi per non ledere i diritti e le libertà della sua componente di lavoro dipendente. Epperò potrebbe e dovrebbe essere condivisibile da entrambe le parti l’inclusione nella dialettica a due. del terzo protagonista-fattore, i poteri bancari.

Questo fatto può sembrare poco chiaro alla parte sindacale, che legge tutto in termini di equa redistribuizione della ricchezza tramite un uso appropriato e selettivo della pressione fiscale; ma non può non essere visibile all’imprenditoria, che vive oggi una situazione di difficoltà dovuta anche se non soprattutto alla stretta creditizia delle Banche, attratte da investimenti più speculativi che a fini di produzione reale.

Ne consegue la necessità di una rilettura della questione liberismo: critiche o consensi a parte, il motto ‘libera impresa in libero stato’ va rideclinato, defalcando dalla libera “impresa” quella bancaria-finanziaria, che va invece sottoposta a regole rigide proprio per rendere possibile la crescita, secondo Costituzione e secondo normale dialettica con il lavoro dipendente, della libera imprenditoria industriale. Il liberismo finanziario rappresenta la morte del libertà d’impresa produttiva.

In questo contesto andrebbe posta anche la questione cruciale del Debito: sulla sua insolvibilità attuale infatti pesa almeno tre volte il fattore bancario-finanziario: a valle con gli interessi sugli interessi, e con gli interessi ‘primari’, a monte con l’usurpazione da parte dei poteri bancari privati dei diritti di signoraggio. Come già detto, il signoraggio esiste a smentita di quei cialtroni ad hoc e ad temporem che ne negano l’esistenza. Che si esca o no dall’euro, il primo nodo da sciogliere dovrebbe essere questo, la riacquisizione da parte dello Stato dei redditi da emissione monetaria oggi in mano alla BCE e alla Bd’I: non è questione di statalismo, ma di agire concretamente per permettere lo sviluppo della impresa industriale produttrice di ricchezza reale. “Libera impresa in Stato padrone dell’emissione monetaria”: non è un ossimoro, ma una sorta di sillogismo che lega i due soggetti l’uno all’altro, nelle condizioni indicate, in un rapporto di interdipendenza necessario per la Crescita dell’economia nazionale.

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CONFESSIONE SHOCK SUL LETTO DI MORTE DELL’INVENTORE DELL’ADHD:,”L’ADHD È UNA MALATTIA FITTIZIA”

RITALIN, BAMBINI E SINDROME ADHD: IL SUO INVENTORE SUL LETTO DI MORTE DICE CHE E’ MALATTIA INVENTATA

 CONFESSIONE SHOCK SUL LETTO DI MORTE DELL’INVENTORE DELL’ADHD:

“L’ADHD È UNA MALATTIA FITTIZIA”

 Di Moritz Nestor, Current Concerns, WORLD PUBLIC UNION

 

 

La Commissione consultiva nazionale svizzera sull’etica biomedica (NEK, Presidente: Otfried Höffe) ha aspramente criticato l’uso del Ritalin, il farmaco per l’ADHD, nel suo scritto del 22 novembre 2011 intitolato “Il miglioramento dell’uomo mediante agenti farmacologici”, in cui afferma che il consumo di agenti farmacologici altera il comportamento del bambino senza alcun contributo da parte sua: si ottiene, così, un’interferenza nella libertà e nei diritti del bambino perché gli agenti farmacologici inducono cambiamenti comportamentali, ma non arrivano a educare il bambino su come realizzare questi cambiamenti in modo autonomo. Il bambino viene così privato dell’essenziale esperienza di apprendimento su come agire autonomamente, con conseguente notevole limitazione della sua libertà e alterazione del proprio sviluppo della personalità.

 I critici allarmati per il disastro Ritalin ricevono ora supporto da una fonte del tutto inaspettata: il settimanale tedesco Der Spiegel ha citato nella sua storia di copertina del 2 febbraio 2012 lo psichiatra americano Leon Eisenberg. Nato nel 1922, figlio di immigrati ebrei russi, era il“padre scientifico dell’ADHD” e ha affermato all’età di 87 anni, sette mesi prima della sua morte, nella sua ultima intervista: “L’ADHD è un ottimo esempio di una malattia fittizia.”

 Da 40 anni, però, la “malattia” di Leon Eisenberg infesta i manuali diagnostici e statistici, prima come “reazione ipercinetica dell’infanzia”, ora come “ADHD”. L’uso di farmaci per l’ADHD in Germania è aumentato in soli diciotto anni da 34 kg (nel 1993) a un record di non meno di 1760 kg (nel 2011) – che è un aumento delle vendite di 51 volte! Negli Stati Uniti un ragazzo di dieci anni su 10 ingoia già un farmaco per l’ADHD su una base quotidiana. Con una tendenza crescente.

 Cosa dire del “padre scientifico dell’ADHD”? La sua carriera fu notevolmente ripida, e la sua malattia “fittizia” ha portato a un vertiginoso aumento delle vendite. Eisenberg ha servito nel “Comitato per il DSM V e per l’ICD XII, e nell’American Psychiatric Association” dal 2006 al 2009, e ha ricevuto il “premio Ruane per la ricerca psichiatrica su bambini e adolescenti”. È stato un leader in psichiatria infantile per più di 40 anni per il suo lavoro in studi farmacologici, ricerca, insegnamento e politica sociale e per le sue teorie sull’autismo e la medicina sociale…

 È stato un membro del “Organizing Committee for Women and Medicine Conference”, alle Bahamas, dal 29 novembre al 3 dicembre 2006, per la Josiah Macy Foundation (2006)”. La Josiah Macy Foundation ha organizzato conferenze con agenti dell’intelligence dell’OSS, e della CIA più tardi, come Gregory Bateson e Heinz von Foerster durante e molto tempo dopo la seconda guerra mondiale. Questi gruppi hanno commercializzato la diagnosi di ADHD al servizio del mercato farmaceutico, e fabbricato su misura per lui un sacco di propaganda e pubbliche relazioni. È questo ciò che lo psicologo americano Lisa Cosgrove e altri investigatori hanno trovato nel loro studio sui legami finanziari tra i membri del gruppo del DSM-IV e l’industria farmaceutica. Hanno trovato che dei 170 membri del pannello del DSM, 95 (il 56%) avevano una o più associazioni finanziarie con le aziende dell’industria farmaceutica. Il 100% dei membri dei pannelli sui ‘Disturbi dell’umore’, la ‘schizofrenia e altri disturbi psicotici’ avevano legami finanziari con le aziende farmaceutiche. I collegamenti sono particolarmente forti in quelle aree diagnostiche dove i farmaci sono la prima linea di trattamento per i disturbi mentali. E per la prossima edizione del manuale, la situazione è invariata. “Lo stesso vocabolario della psichiatria è ora definito a tutti i livelli dall’industria farmaceutica” ha detto il dottor Irwin Savodnik, assistente professore clinico di psichiatria presso l’Università della California di Los Angeles.

 

Tutto questo è ben pagato. Un solo esempio: il vicedirettore dell’unità di psicofarmacologia pediatrica al Massachusetts General Hospital e professore associato di psichiatria presso la Harvard Medical School ha ricevuto “1 milione di dollari in guadagni dalle aziende di farmaci tra il 2000 e il 2007”. In ogni caso, nessuno può facilmente aggirare la testimonianza del padre dell’ADHD: “L’ADHD è un primo esempio di una malattia fittizia.”

 Il compito di psicologi, educatori e medici non è quello di mettere i bambini sotto farmaci solo perché l’intera società non può gestire i prodotti delle teorie sbagliate di qualcuno, dandoli così in pasto alle società farmaceutiche. Ritorniamo piuttosto al principio di base che è quello di far acquisire al bambino responsabilità personale sotto una guida esperta – come la famiglia e la scuola: in questi campi, il bambino dovrebbe essere in grado di crescere, anche mentalmente.

 Comitato dei Cittadini per i Diritti Umani Onlus

Email info@ccdu.org

www.ccdu.org

  Fonte articolo: http://www.worldpublicunion.org/2013-03-27-NEWS-inventor-of-adhd-says-adhd-is-a-fictitious-disease.html –

 tratto da: Salute olistica

http://saluteolistica.blogspot.it/2013/06/ritalin-bambini-e-sindrome-adhd-il-suo.html

 

La Francia arma i terroristi di al-Qaida

coinvolti nel massacro di civili nel villaggio Hatlah, Der Ezzor, in Siria

Gearóid Ó Colmáin, Global Research, 13 giugno 2013

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La stampa occidentale era rimasta muta sulla guerra siriana, il 12 giugno, quando giunsero rapporti su un altro massacro compiuto dai cosiddetti “ribelli”, in realtà membri di al-Qaida e di gruppi affiliati. Tra i massacrati nel villaggio di Hatlah, nella regione di Deir al-Zohr, vi erano decine di donne e bambini. I numeri del massacro variano da 30 a 100. La stampa francese sembrava troppo interessata a nascondere la strage, cosa sorprendente data la sua profonda preoccupazione per la ‘protezione della popolazione civile’ e nell’invocare infaticabilmente l”intervento umanitario’ nel conflitto sirianoLe Monde, che ha pubblicato recentemente due rapporti sensazionali che pretendevano di ‘provare’ che il ‘regime’ siriano aveva usato armi chimiche ‘contro il proprio popolo’, senza presentare uno straccio di prova credibile a sostegno di tali affermazioni, ha tentato di sdrammatizzare il crimine contro l’umanità commesso dai “ribelli” che supporta. Il quotidiano francese ha riferito che 60 residenti sciiti del villaggio di Hatlah sono stati uccisi l’11 giugno. Non vi era alcuna menzione della parola ‘strage’, nessuna menzione della parola ‘crimine’, nessuna condanna di tale barbarie. Invece, il rapporto parlava di aree locali sotto il controllo delle ‘milizie’ del governo. Nessuna condanna del massacro di Hatlah da parte del Quai d’Orsay. Migliaia di massacri sono stati commessi dai terroristi filo-occidentali dallo scoppio del conflitto in Siria nel 2011, la maggior parte, se non tutti, sono stati ignorati dal governo francese. [1]

Le agenzie di stampa mainstream di solito usano i massacri commessi dai terroristi in Siria come propaganda di guerra incolpandone l’esercito siriano. Ma il coordinamento tra i terroristi e agenzie mediatiche della NATO sembra essere stata carente nel teatro di guerra siriana, quel giorno. I killer hanno postato un video su internet in cui si vantano del massacro di civili da loro compiuto nel villaggio, cantando ‘Allah akbar’, mostrando i resti delle loro vittime ‘raafidis’ (termine dispregiativo per gli sciiti). Non si tratta di testi che le agenzie mediatiche della NATO trovano utili. In realtà, ciò è controproducente e aiuta il ‘regime’. Avrebbero dovuto presentare il video delle vittime macellate postandolo on-line con la didascalia ‘civili innocenti massacrati dalle forze di Assad, la comunità internazionale deve intervenire’; sembra che questi terroristi siano stati male addestrati.

Assassini siriani e quwaitiani sono entrati nel villaggio di Hatlah l’11 giugno, circondato le case sciite per distruggerle e incendiarle. Ibrahim Said, un religioso locale, la moglie e due bambine di 4 e 2 anni sono stati trascinati fuori e massacrati. Il capo della banda ha anche invitato i sunniti del Kuwait a uccidere i loro vicini sciiti. Il video, visibile il 12 giugno, è stato censurato dal youtube, ma può essere visualizzato su Liveleak. [2] Secondo notizie, centinaia di abitanti della città sono stati rapiti dai terroristi, che si autodefiniscono brigata al-Mut’aa. La posizione dei rapiti non è attualmente nota. In un altro video pubblicato sul sito web SyriaNews, una piccola folla di manifestanti della città di al-Mayadin celebra la strage dei cittadini sciiti di Hatlah.

Fin dall’inizio dei disordini in Siria nel 2011, la stampa occidentale ha incitato all’odio religioso e settario demonizzando la comunità alawita, proprio come fece contro i serbi durante la distruzione della Jugoslavia. Ora c’è una pulizia etnica su vasta scala. La demonizzazione degli alawiti consiste nel sostenere che costituiscono la casta dominante sulla popolazione a maggioranza sunnita. Questo non è vero. La maggior parte dell’esercito arabo siriano è sunnita. Sunniti e cristiani hanno sempre avuto posizioni di vertice nel governo. La Siria è uno stato laico e multiculturale che è sempre stato orgoglioso delle proprie diversità. Ma Le Monde ha pubblicato un articolo importante riguardante la Siria su uomini donne e bambini massacrati ad Hatlah dai loro amati “ribelli”. Il rapporto intitolato ‘Siria:.. Fabius chiede di fermare l’avanzata delle forze di Assad‘. [3] Forse i redattori di Le Monde hanno deciso di ignorare il massacro di Hatlah perché sono restii a rischiare un’ulteriore perdita di credibilità del giornale. Sarebbe stato troppo imbarazzante per Fabius, che ha scarso sostegno tra la popolazione francese nel suo bellicismo contro la SiriaBasta leggere i commenti sul sito web di Le Monde per comprendere il disprezzo che lettori intelligenti e dalle buone letture hanno per il quotidiano francese. Lo stesso si può dire per il resto della stampa tradizionale della Francia. In realtà, molti giornali hanno deciso di non consentire ulteriori commenti sulla Siria, a causa della moltitudine di utenti che ne denunciano e svelano le menzogne criminali e la propaganda di guerra.

E’ possibile che il leader dello squadrone della morte che ha ucciso e rapito i cittadini di Hatlah possa un giorno soddisfare il suo più grande sostenitore francese, Laurent Fabius. Come il suo collega statunitense, il senatore John McCain, Fabius ha apparentemente incontrato di recente il terrorista siriano Mohammad Nur. Nur è il leader di un gruppo terrorista che ha rapito dei cristiani in Libano, lo scorso anno. La loro sorte resta ignota. [4]

Dato che questo autore ha sottolineato, in precedenza, che se gli squadroni della morte non riuscissero a distruggere lo Stato siriano, la NATO potrebbe usarli per giustificare l’intervento con il pretesto della ‘guerra al terrore’. Ma prima dovrebbe indebolire lo Stato in misura sufficiente per giustificare tale strategia. Dopo il trionfo dell’esercito arabo siriano sui terroristi stranieri nella città di al-Qusayr, la prospettiva di una vittoria sulla NATO aumenta. Un autore del sito web Syrianews nota come sia significativo che l’organo di propaganda dell’MI6 chiamato Osservatorio siriano per i diritti umani, che finora era stata la fonte della disinformazione dei media ufficialisti, abbia riferito della strage di Hatlah. Un tentativo è stato fatto per distinguere l’Esercito libero siriano dai terroristi di al-Qaida. Data l’efficacia delle menzogne dei media su una popolazione ipnotizzata, sarebbe facile sostenere che Assad stia segretamente collaborando con al-Qaida e sia necessario un intervento al fine di liberare il Paese dai terroristi. L’Osservatorio siriano per i diritti umani può iniziare a parlare di altre stragi compite dai terroristi per fornire una propaganda in tal senso, quando la NATO dovesse cambiare la strategia di guerra contro la Siria.

Una strategia simile è stata adottata dalla Francia contro il Mali, dopo aver permesso ai terroristi di dilagare nel Paese per mesi, affinché servissero da pretesto per la successiva invasione militare e occupazione da parte della Francia. La fiction della Guerra al Terrore è flessibile e può essere riscritta su richiesta, per soddisfare le esigenze geopolitiche della NATO. [5] Ma per ora, la narrazione della guerra francese rimane focalizzata su Assad. La risposta del governo degli Stati Uniti alla strage di Hatlah mostra divergenze tra gli psicopatici neo-conservatori di Parigi e Londra, che vogliono la guerra in Siria, e il regime di Obama che sembra tentare di disimpegnarsi dal Medio Oriente. Il dipartimento di Stato degli Stati Uniti ha condannato il massacro. Questo dimostra che la Francia e il Regno Unito sono ancora più bellicosi delle loro controparti statunitensi. Il complesso militare-industriale-mediatico francese vuole furiosamente ricolonizzare la Siria, e il suo fedele bollettino di pubbliche relazioni Le Monde fa tutto quanto in suo potere per servire i suoi padroni guerrafondai. I cittadini massacrati ad Hatlah non hanno fatto notizia ieri, perché c’era la buona notizia, per i siriani che non sono ancora stati uccisi da autobombe o massacrati nelle loro case: il governo francese vuole dare ancora più armi ai terroristi.

 

fabius

Note

[1] Le Monde

[2] Youtube

[3] Le Monde

[4] Syria Report

[5] Syria News

 

Copyright © 2013 Global Research- Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora

Siria, Obama offre armi ad Al-queda

Sabato 15 Giugno 2013

di Michele Paris

 Ricorrendo ancora una volta ad accuse completamente fabbricate, l’amministrazione Obama ha dato il via libera alla fornitura diretta di armi americane ai “ribelli” in Siria. Facendo uso di armi chimiche nel conflitto in corso, secondo gli USA, il regime di Bashar al-Assad avrebbe infatti oltrepassato la cosiddetta “linea rossa” fissata dal presidente democratico, determinando un intervento diretto degli Stati Uniti a sostegno dell’opposizione. Le fantomatiche prove addotte da Washington per giustificare il coinvolgimento in una nuova guerra in Medio Oriente si basano però su rapporti di intelligence confezionati ad arte, esattamente come accadde in occasione della disastrosa e illegale invasione dell’Iraq poco più di un decennio fa

 Nonostante i recenti commenti di un’autorevole membro della speciale commissione ONU per la Siria, che attribuiva con buone probabilità l’uso di gas sarin ai “ribelli” stessi, così come, tra l’altro, l’arresto in Turchia di membri del gruppo terrorista Fronte al-Nusra attivo in Siria nelle cui abitazioni erano state trovate sostanze chimiche utilizzabili a fini militari, il governo americano ha deciso di procedere con un’iniziativa da tempo richiesta non solo dalle bande armate che compongono una variegata quanto impopolare opposizione ma anche dagli alleati europei e mediorientali che hanno finora sostenuto lo sforzo di armare e finanziare le operazioni anti-regime.

 L’annuncio dell’accelerazione degli Stati Uniti è stato dato nella serata di giovedì dal vice-consigliere per la Sicurezza Nazionale, Ben Rhodes, e la svolta era stata anticipata dalla Associated Press qualche giorno fa in previsione di un vertice del governo USA andato in scena questa settimana alla Casa Bianca per decidere nuove iniziative in relazione alla difficile situazione in Siria.

 Rhodes ha così affermato che la conferma dell’uso di gas chimici è basata sull’esame di campioni biologici provenienti dalla Siria e le conclusioni del suo governo sono state prese grazie a “flussi multipli e indipendenti di informazioni”, così che esisterebbe “un alto grado di confidenza” per accusare Assad, vale a dire nessuna certezza.

 

La decisione di distribuire armi ai “ribelli” presa a Washington è la diretta conseguenza dei rovesci militari patiti dall’opposizione nelle ultime settimane, a loro volta dovuti all’ostilità nei loro confronti nutrita dalla maggioranza della popolazione siriana e all’assistenza fornita da Hezbollah e dall’Iran al regime di Damasco.

 Ai primi di giugno i “ribelli” avevano infatti perso la città di Qusayr, al confine con il Libano, centro nevralgico del traffico di armi a loro destinato proveniente dai paesi vicini. Dopo l’ingresso a Qusayr delle forze regolari e di un contingente inviato oltreconfine da Hezbollah, Assad ha da poco iniziato la preparazione di nuove operazioni per riprendere il controllo totale anche di Homs e, soprattutto, Aleppo.

 La riconquista di quest’ultima città, la più grande del paese, significherebbe l’assestamento di un ulteriore pesantissimo colpo alle aspirazione dei “ribelli”, i quali vedrebbero messe in crisi le loro comunicazioni con la Turchia, da cui provengono armi e guerriglieri fondamentalisti.

 Di fronte all’inesorabile avanzata delle forze del regime, i vertici dell’opposizione armata nei giorni scorsi avevano perciò ancora una volta supplicato gli Stati Uniti di dare il via libera all’invio di armi. Il generale Salim Idris, comandante teorico delle milizie appoggiate dall’Occidente, aveva chiesto migliaia di missili anti-carro e anti-aereo, così come centinaia di migliaia di munizioni. La decisione presa a Washington, giovedì, almeno ufficialmente esclude però dalle imminenti forniture gli armamenti pesanti per il timore che possano finire nelle mani di gruppi integralisti ed essere usati in futuro per colpire Israele o gli stessi interessi USA nella regione.

 Le spedizioni di armi a gruppi di opposizione definiti moderati o di ispirazione secolare, ma che in realtà hanno chiare tendenze islamiste e le cui operazioni quasi sempre si sovrappongono a quelle di formazioni apertamente terroristiche, verranno coordinate con ogni probabilità con Francia e Gran Bretagna, con i cui leader Obama parlerà la settimana prossima nel corso del G8 in Irlanda.

 Parigi e Londra si erano già mosse verso l’invio di armi in Siria dopo avere recentemente convinto l’Unione Europea a mettere fine all’embargo in atto da un anno. Gli stessi governi francese e britannico hanno inoltre agito di comune accordo con Washington nel diffondere la propaganda sull’uso di armi chimiche da parte del regime di Assad, così da creare un pretesto opportuno per giustificare un maggiore coinvolgimento in Siria.

 La decisione presa dall’amministrazione Obama è comunque solo il primo passo verso una sempre più probabile guerra aperta per rimuovere un rivale strategico importante come Assad. Il Wall Street Journal ha infatti rivelato che i progetti del Pentagono per il cambio di regime forzoso a Damasco includono anche l’imposizione di una no-fly zone, universalmente considerata uno strumento per condurre una guerra non dichiarata contro la Siria sul modello del conflitto in Libia nel 2011.

 Per dare una facciata presentabile alle proprie manovre, tuttavia, gli USA sostengono che la no-fly zone – da attuare senza l’autorizzazione del Consiglio di Sicurezza ONU vista la ferma opposizione di Russia e Cina – servirebbe soltanto a creare uno spazio in territorio siriano off-limits alle incursioni aeree del regime, così da favorire l’addestramento e il riarmo dei “ribelli”. Per evitare l’impedimento delle Nazioni Unite, inoltre, gli Stati Uniti potrebbero operare dalla Giordania per abbattere la flotta aerea di Assad senza entrare in territorio siriano.

 

L’esplosione di un conflitto su vasta scala provocato dall’irresponsabilità delle politiche degli Stati Uniti, dell’Unione Europea, della Turchia e delle monarchie dittatoriali del Golfo Persico, appare dunque oggi molto più probabile. Ad essere coinvolta in una possibile guerra potrebbe essere, oltre all’Iran, anche la Russia, il cui governo ha subito criticato la decisione di Obama.

 Da Mosca, nella giornata di venerdì un funzionario del Cremlino ha definito “poco convincenti” le prove nelle mani degli USA sull’uso di armi chimiche da parte di Assad, suggerendo un parallelo con le “errate” informazioni di intelligence che fornirono il pretesto di invadere l‘Iraq all’amministrazione Bush.

 Decisamente più esplicito è stato poi il presidente della commissione parlamentare per le relazioni internazionali, Alexei Pushkov, il quale ha bollato le prove sull’uso di armi chimiche come “fabbricate”. Per il portavoce del ministero degli Esteri russo, invece, la nuova ondata di armi dirette in Siria farà aumentare “il livello dello scontro e le violenze contro i civili”.

 La svolta americana, infine, potrebbe spingere la Russia a onorare il contratto siglato con Damasco nel 2010 per la fornitura del sofisticato sistema di difesa missilistico S-300, la cui consegna, inizialmente prevista per l’estate di quest’anno ma continuamente rimandata, secondo gli esperti consentirebbe al regime di Assad di contrastare efficacemente una campagna di bombardamenti nel paese.

 Dopo avere contribuito in maniera decisiva a fomentare un conflitto settario che ha causato ormai quasi 100 mila morti, per promuovere i propri interessi strategici gli Stati Uniti sono ora pronti a scatenare una nuova guerra “umanitaria” che rischia di portare il bilancio delle vittime a livelli esorbitanti.

 Il tutto, ancora una volta, basando le proprie azioni su falsità e prove manipolate, nonché sulla collaborazione di regimi oscurantisti e repressivi, come quello turco del premier Erdogan, impegnato a chiedere il rispetto dei diritti democratici della popolazione siriana mentre reprime nel sangue e con l’approvazione di Washington le proteste esplose in tutto il paese contro il suo governo.

http://www.altrenotizie.org/esteri/5533-siria-obama-offre-armi-ad-al-queda.html

NSA-PRISM: UNO SCANDALO FALSE FLAG PER COPRIRE IL BUSINESS

Di comidad del 13/06/2013

Il modo in cui l’opinione pubblica europea viene “informata” dello scandalo che riguarda la più grande agenzia statunitense di “intelligence”, la National Security Agency, presenta i consueti risvolti ambiguamente celebrativi che caratterizzano qualsiasi notizia proveniente dagli USA. Questo scandalo pare infatti risolversi anch’esso nell’ennesimo “trionfo della democrazia americana”. I media ci dipingono un Obama sotto attacco da parte di un’opinione pubblica americana che si dimostra gelosa delle proprie libertà, mentre il dibattito si sposta sui massimi sistemi, sullo scontro di due diverse idealità: da una parte la tutela della sicurezza dei cittadini, dall’altra la garanzia della loro privacy.

La presa in giro si completa sugli organi di stampa della finta opposizione, come “Il Fatto Quotidiano”, dove vi sono anche commentatori che giungono ad affermare che in Italia la situazione della violazione della privacy sarebbe persino peggiore che negli USA; cioè il tutto viene risolto in un astratto confronto, basato sulla falsa premessa che si tratti di questioni interne ai vari Paesi; questo come se la NSA si limitasse a spiare il territorio statunitense e non tenesse sotto controllo anche noi.

Il problema è che le attuali tecnologie rendono la privacy un’illusione, e questo modo di dibattere sembra più che altro finalizzato all’idea di abituare l’opinione pubblica a rassegnarsi a vivere sotto controllo. Qualche commentatore meno allineato ha fatto notare che questo scandalo sollevato dal quotidiano britannico “The Guardian” costituisce una gigantesca scoperta dell’acqua calda, dato che da anni si sapeva praticamente tutto a riguardo. In effetti, già nel 2009 la NSA fu al centro di una polemica per casi di spionaggio ai danni di alcuni parlamentari statunitensi; pare ci fosse sotto osservazione un deputato del Congresso, non individuato con certezza dai media; e persino il senatore Jay Rockefeller avanzò il sospetto di essere spiato.

Va sottolineato che però in Europa di questo scandalo del 2009 non si seppe a suo tempo praticamente nulla. Meno di nulla i media europei ci hanno detto su una vicenda successiva ancora più clamorosa, che riguardò le rivelazioni di un “insider” della NSA, l’agente Thomas Drake, che subì anche una persecuzione giudiziaria per “tradimento” da parte dell’amministrazione Obama. Alla fine Drake riuscì in parte a scamparla ed a cavarsela con una condanna minore, perché il tribunale riconobbe che le sue informazioni non compromettevano la sicurezza nazionale, ma scoperchiavano il gigantesco giro d’affari, di corruzione e di frodi che avviene all’interno della NSA. A rendere ancora più strano il silenzio dei nostri media, c’è la circostanza che Drake fu intervistato nella più importante trasmissione televisiva di informazione degli USA, “Sessanta Minuti” della CBS.

Anche in altre interviste Drake portò a conoscenza dell’opinione pubblica dei fatti clamorosi. La sicurezza nazionale è diventata negli USA il settore in maggiore crescita, con un’enorme redistribuzione della ricchezza: il solito capitalismo sedicente privato ed imprenditoriale che invece parassita i soldi pubblici. Agli agenti della NSA è data la possibilità di diventare milionari procurando appalti alle ditte private. Drake dichiarava testualmente: 

Da profondo conoscitore del sistema, Drake parlò anche delle tecniche di “false flag”, di depistaggio, usate dall’amministrazione Obama per affrontare il suo caso, cercando di farlo passare per qualcosa che attentava alla sicurezza nazionale. In realtà attentava soltanto ai business ed agli arricchimenti fraudolenti che avvengono sotto l’alibi della sicurezza nazionale. Anche l’attuale scandalo sul sistema di spionaggio informatico Prism sembra proprio inquadrarsi in questo tipo di operazioni di depistaggio e distrazione. Facciamoli pure discutere nei talk show di libertà, di privacy, di sicurezza; l’importante è non parlare di appalti e di corruzione. Tanto ci sarà sempre una parte dell’opinione pubblica disposta ad avallare qualsiasi liberticidio in nome dello stato di necessità, perciò il dibattito si sposterà invariabilmente sull’opinabile. Ci si potrà quindi domandare quale sia stato il ruolo di Apple, Google e Facebook nel sistema di spionaggio Prism, ma non a quale grado sia arrivata la commistione affaristica di queste multinazionali con la NSA.

Nei Paesi sudditi deve rimanere la convinzione che la corruzione e le tangenti siano roba da popoli inferiori, mentre negli USA ci si scontra sul modo più giusto di combattere il terrorismo. Alla beffa si aggiungono il danno e l’ulteriore beffa, poiché le aziende italiane sono diventate terreno di caccia per ex-agenti CIA ed FBI specializzati in presunti servizi anti-hackeraggio; dei “servizi” che in realtà appaiono come la riscossione di un “pizzo” per essere protetti dalle stesse minacce di spionaggio industriale di provenienza statunitense. Con l’immancabile ipocrita arroganza dei colonialisti, questi pseudo-detective informatici affermano anche di fornire alle aziende americane che vogliano fare affari in Italia, delle certificazioni anti-corruzione sugli eventuali partner commerciali italiani.

Il ministro della Difesa Mauro può oggi permettersi di dichiarare che il MUOS in costruzione a Sigonella sarebbe un impianto che serve alla pace ed alla sicurezza globale, e tutto il problema starebbe nello stabilire se sia inquinante o no (e non lo sarà, c’è da scommetterci). Quindi, se i nostri media ci informassero sulle vere funzioni della NSA e di tutto l’apparato della “sicurezza” USA, l’effetto non sarebbe soltanto quello di un banale e consolatorio “tutto il mondo è paese”, bensì lo smascheramento del carattere affaristico-criminale dell’imperialismo, per il quale inventarsi un nemico significa creare appalti e business. Un business, ovviamente, sempre e rigorosamente basato sul saccheggio della spesa pubblica.

http://www.comidad.org/dblog/articolo.asp?articolo=555

Rom ricattano gli imprenditori: «Non vuoi fare affari con noi? Arriveranno i ladri»

integrazione mafia style

TREVISO, 14 giu  – La polizia sta indagando su una coppia di rom che negli ultimi giorni sta creando problemi ad imprenditori di Treviso. Sono quattro al momento i casi segnalati: si presentano in ufficio, fanno finta di essere rappresentati di una ditta che fa particolari affilature per metalli e se l’imprenditore non ci sta ad acquistare il servizio da loro passano alle minacce.

 L’ultimo episodio si è verificato ieri. I due, un uomo ed una donna di circa 45 anni ben vestiti, si sono presentati in un’azienda trevigiana e, per dimostrare quanto bene riuscivano ad affilare le forbici, hanno tagliato una monetina da 10 centesimi davanti agli occhi del titolare.

 L’uomo, però, non si è fatto impressionare e fiutando che avevano qualcosa di strano ha tentato di liberarsi dei due. Li ha pure assecondanti esaudendo la loro richiesta di avere una vecchia lamina in metallo che aveva in magazzino e che non usava più.

 Dopo un paio d’ore si sono ripresentati con la lamina dicendo di averla trattata con un particolare prodotto e che per questo volevano essere pagati 400 euro.

 L’imprenditore ovviamente si è rifiutato ed allora sono passati alle minacce: «Guarda che potrebbero arrivare i ladri… Stai attento che abbiamo amici zingari…». L’uomo ha chiamato la polizia, che ora sta indagando per cercare di risalire ai due in base anche alla descrizione degli altri imprenditori.

 www.oggitreviso.it/

http://www.imolaoggi.it/?p=53267

La troika dell’usura affama le nazioni

di: AN. PE.

 La troika è oramai assolutamente consapevole dei danni provocati alla Grecia e agli altri Paesi dell’Eurozona,ma non teme nessuno. I Soloni dell’esecutivo comunitario, così come quelli della Bce e del Fondo monetario internazionale, hanno obbligato Atene a continui e ripetuti tagli di spesa e ad aumenti fiscali forzati che hanno gettato il Paese nel caos e nella disperazione. Del resto è evidente che questa è stata una decisione politicamente ben calcolata da parte dei tecnocrati dell’esecutivo comunitario nel ritardare la ristrutturazione del debito della Grecia fino al febbraio 2012, quasi due anni dopo l’istituzione del primo Fondo di salvataggio della moneta unica, lo European Financial Stability Facility (EFSF). Numerosi economisti di fama internazionale, tra cui alcuni premi Nobel, hanno esaminato i costi del debito greco e hanno appurato che la percentuale del tasso di interesse pari al 5,5% applicata ai prestiti del primo pacchetto di salvataggio, oltre ad aver favorito la grave recessione che ha colpito il popolo ellenico ridotto oramai allo stremo, impedisce ad Atene di poter ripagare almeno un 50 per cento dei debiti accumulati poiché sono assolutamente insostenibili.

In più è notevolmente aumentato il costo del “salvataggio” greco per i contribuenti non solo di Atene ma di tutta l’Unione europea. A mettersi di traverso sono stati anche i rappresentanti del governo tedesco, il cancelliere Angela Merkel in primis timorosa delle possibili conseguenze nelle imminenti elezioni politiche, visto che i suoi concittadini non sono affatto favorevoli a qualsiasi forma di aiuto a Paesi in crisi.

A tre anni dalla creazione di un fondo di controllo per il “salvataggio” della Grecia, la troika, che ora gestisce tutti e quattro programmi di “aiuti” agli Stati membri dell’Eurozona, non è responsabile nei confronti di nessuno, nemmeno dei popoli che ha ridotto alla fame: in altre parole non dovrà rispondere per la gestione di una crisi che poteva essere risolta in maniera più veloce e meno dolorosa. Questo è un evidente segno della forza incontrollata e incontrollabile di alcuni organismi e istituti internazionali che si muovono autonomamente decidendo il futuro di una nazione, senza dover poi ripagare i popoli ridotti alla fame per i loro errori assolutamente voluti. Sì, perché lor Signori sapevano molto bene che i greci non avrebbero avuto la forza di restituire i debiti contratti con le istituzioni che compongono la troika.

Ormai la Grecia e gli altri Stati membri che subiscono l’austerità e la recessione indotta dai grandi potentati economici sono tutti Paesi ormai privi di sovranità nazionale ed economica, finiti nelle mani dei tecnocrati della troika (Commissione Ue, Bce e Fondo monetario) e delle multinazionali di altri Stati che fanno affari d’oro con la svendita delle aziende pubbliche e dei cosiddetti “gioielli di famiglia”: le grandi ricchezze naturali della Grecia. La troika avrebbe molto da dire a riguardo, ma nessuno è disposto a rispondere degli errori compiuti e malauguratamente voluti. E allora adesso si passa alle vere e proprie prese in giro. Dopo averli lasciati fare, si chiede ai tecnocrati della trimurti dell’usura un primo passo per rispondere all’Assemblea di Strasburgo dei loro “errori”. Sharon Bowles, che presiede la Commissione per gli Affari economici dell’Europarlamento, ha chiesto ai membri del Fondo monetario di comparire in udienze pubbliche di fronte agli eurodeputati. Ma nonostante tutto nessuno ha il potere di condannare i Soloni della troika, tanto che la capacità dei parlamenti nazionali di modificare o influenzare le decisioni dei poteri forti è infinitesimale: i governi possono abbaiare quanto vogliono ma non hanno più le unghie e i denti per difendersi, sono stati privati lentamente del loro potere decisionale. Del resto a nominare i membri dell’esecutivo comunitario o di altre istituzioni della cosiddetta troika, sono i grandi potentati economici: multinazionali, banche e lobby varie che decidono liberamente di collocare un loro rappresentante nel dicastero che più interessa loro.

Ai popoli, che eleggono soltanto i deputati dell’Europarlamento, non resta che osservare attoniti ciò che accade ai loro danni e a quelli dei loro fratelli europei.

 12 Giugno 2013


Ecco a cosa serve la guerra in Siria

Un documento in 13 punti rivela il prezzo che l’opposizione siriana ha accettato di pagare in cambio del sostegno politico e militare da parte dell’occidente…

Se ci fosse stato il minimo dubbio sulla vera natura di questo conflitto, ora il velo è davvero caduto: dietro la narrazione massmediatica del dittatore Assad ci sono grossi interessi economici geopolitici e militari di cui l’opposizione siriana si è fatta garante.

Tra i vari punti si trovano alcune chicche illuminanti, ad esempio il Qatar e gli Emirati Arabi Uniti vogliono in cambio della ricostruzione post bellica l’accesso esclusivo agli appalti per lo sfruttamento del petrolio e del gas siriano….

Oppure, altra chicca, la condizione di mettere fine alle relazioni con Iran Russia e Cina (che c’entra questo con la democrazia in Siria?)

Non vengono certo tralasciati gli interessi di Israele e della Turchia…

Fonte primaria: http://uspeacecouncil.org/?p=2266

Corollario di tutto questo: ecco a cosa serve l’informazione mainstream: a non farti capire tutto ciò.

 

 



http://risveglioglobale.blogspot.it/2013/06/ecco-cosa-serve-la-guerra-in-siria.html