“Non sparate agli aquiloni”, la Turchia di ieri vista con gli occhi di un bambino

di Massimo Bonato

Gli alberi di Istanbul han gridato per bocca dei turchi, e la bocca dei turchi ha ricominciato a pretendere ad uno ad uno i diritti negati, elementari quanto la libertà di parola, di stampa, diritti riconosciuti a donne e omosessuali. Una foresta di libertà che il popolo turco ora più che mai vuole con fermezza.

Feride Çiçekoglu è una scrittrice che ha lottato per la libertà e ha subito il carcere per aver “pensato a voce alta” durante la giunta militare, salita al potere con il colpo di stato nel 1980. Restò in carcere quattro anni e da quella esperienza trasse il suo Non sparate sugli aquiloni, divenuto poi anche un film di successo nel suo paese e metafora quanto mai attuale delle tensioni che la Turchia vive oggi. Parlare con lei significa riuscire a tracciare un filo conduttore nel tempo, traendo dal suo libro lo spunto per leggere quanto accade oggi nelle piazze turche ma soprattutto nel cuore della gente comune che quelle piazze riempie.

Edito in Italia dalla casa editrice Scritturapura, Non sparate agli aquiloni è la storia di Bariş, un bambino costretto a vivere in carcere con la madre, reclusa per ragioni politiche. La poesia della sua ingenuità non solo non toglie nulla alla crudezza della prigionia, alla convivenza coatta, alla violenza perpetrata anche attraverso una censura ossessiva, la distruzione dei libri, ma se possibile ancor di più mette in risalto l’assurdità e l’ingiustizia della repressione politica in Turchia, della mancanza di libertà di pensiero, della condizione femminile stessa. L’unica libertà che il piccolo Bariş intravvede, senza capirne fino in fondo il senso, è quel fazzoletto di cielo oltre le sbarre, dove di tanto in tanto volano gli aquiloni.

Che cosa la portò in carcere all’indomani del colpo di Stato?

Venni imprigionata perché “pensavo a voce alta”. Migliaia di persone vennero imprigionate durante la giunta del 1980 in Turchia per essersi opposte ai militari e io ero fra quelle. Passai due anni in un carcere militare, non molto diverso da un campo di concentramento, e altri due in un carcere civile. Non avevano prove contro di me. L’unica prova della mia colpevolezza fu che in 55 giorni di detenzione (il che significava essere sottoposti a tortura per tutto il tempo) io non avevo confessato nessuno dei crimini che mi venivano accreditati. Che di per sé, agli occhi della corte, era prova sufficiente della mia “militanza”. Come avrei potuto altrimenti resistere se non avessi subito un “lavaggio del cervello” ideologico? Questo fu quanto mi venne addossato come accusa di colpevolezza, verdetto che venne tuttavia cancellato una volta caduta la giunta militare.

La durezza del carcere letta con l’innocenza di un bambino: perché la scelta dello sguardo infantile e ingenuo per descrivere la crudezza della condizione carceraria?

Perché è possibile dire tantissime cose attraverso il punto di vista di un bambino. Tante assurdità si fanno molto più evidenti dallo sguardo che ha un bambino sul mondo. Ancora oggi, 27 anni dopo esser stato scritto, battute e argomenti contenuti nel libro restano attuali per i giovani lettori perché non sono legati al luogo o al tempo. Il punto di vista di un bambino resta genuino nel porsi domande attorno la dittatura.

Nei recenti eventi accaduti a Istanbul e diffusisi alle altre città della Turchia, contro il dispotico rifiuto del governo di dare ascolto ai cittadini, nei network sono circolate battute citate proprio da questo libro. La maggior parte di chi ha messo in rete queste storie non era ancora nato durante la giunta del 1980, ma ha facilmente messo in relazione il libro con quanto di simile ad allora sta avvenendo oggi.

Cielo e celle, libertà e costrizione: in quale delle due condizioni si trova a guardare il suo futuro la Turchia oggi?

Il desiderio di giustizia sociale non può essere annichilito. I recenti eventi in Turchia sono un’altra prova del fatto che se il popolo viene messo troppo sotto pressione, se per esso viene deciso come dovrebbe vivere, che cosa dovrebbe leggere o non leggere, che cosa bere o non bere, presto o tardi il popolo tornerà a lottare.

Quanto la donna rimane uguale a se stessa in un carcere femminile? E quali sono le difese che può usare contro la violenza psicologica della mancanza di libertà e di espressione?

Le donne non erano le stesse in cella, diventavano migliori. Più forti, e anche più allegre.

Feride Çiçekoglu, Non sparate agli aquiloni, Scritturapura, Asti 2011.

 

 

  

 

 

 

http://frontierenews.it/2013/06/non-sparate-agli-aquiloni-la-turchia-di-ieri-vista-con-gli-occhi-di-un-bambino/

Piove sull’alta velocità: la nuova stazione fa acqua

http://bologna.repubblica.it/cronaca/2013/06/10/news/piove_sull_alta_velocit_la_nuova_stazione_fa_acqua-60747701/

Piove sull’Alta velocità,
la nuova stazione fa acqua

Inaugurata due giorni fa, la nuova struttura sotterranea di Bologna centrale è ancora da completare. E l’acqua filtra un po’ ovunque

di LORENZA PLEUTERI

Piove sull'Alta velocità, la nuova stazione fa acqua

Nella nuova stazione sotterranea dell’Alta velocità, inaugurata sabato in pompa magna, piove acqua: s’infiltra dai pertugi di strutture da ultimare, si accumula in pozzanghere, rende scivolosi i pavimenti, offre a viaggiatori e curiosi uno spettacolo veneziano, da piazza San Marco.

FOTO Piove in stazione
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Le prime avvisaglie c’erano giù state in coincidenza con il taglio del nastro. Ieri la pioggia ha peggiorato le cose. Il “piano del ferro”, posto 23 metri sotto il livello stradale, quello con i quattro binari riservati alle soste delle Frecce, si è macchiato di pozze d’acqua dopo essere stato tirato di nuovo a lucido per accogliere il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, sbarcato alle 12.37 dal supertreno 9520 assieme alla moglie Clio e all’amministratore delegato di Ferrovie dello Stato, Mauro Moretti. I viaggiatori d’eccezione, accolti dalle autorità locali, sono usciti dal nuovo atrio di via Carracci dopo un breve tour interno. La permeabile fermata underground si è riempita di addetti alla

sicurezza aziendale e di birilli gialli, collocati per delimitare le pozzanghere ed evitare che ordinari passeggeri andassero a gambe all’aria.

Le immagini dell’inaugurazione

Dalle relazione esterne Fs, di fronte all’evidenza, non possono che ammettere infiltrazioni e disagi. Anche l’origine è evidente e riconosciuta: la stazione è ancora un cantiere, con opere e rifiniture da completare. C’è da sperare in un’estate asciutta, sempre che l’acqua non arrivi da altre parti, oltre che dal cielo e dall’alto. Divisori e mascherature sono in cartongesso, cui sgocciolii e umidità non giovano.

  (10 giugno 2013)

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Susa – con l’auto finisce nelle mura romane

http://torino.repubblica.it/cronaca/2013/06/09/foto/con_l_auto_finisce_nelle_mura_romane-60724394/1/

Repubblica torino

Con l’auto finisce nelle mura romane

Galleria fotografica

Con l'auto finisce nelle mura romaneA Susa, forse per una manovra troppo azzardata, un’automobile è finita dentro l’area degli scavi delle antiche rovine romane, in pieno centro storico. Le mura, che probabilmente facevano parte di un tempio, si trovano in Piazza Savoia, ma da anni sono abbandonate al loro destino. 

FOTOSERVIZIO FABIO TANZILLI

Tav Torino-Lione, sì all’accordo senza capo né coda

Da: “Il Fatto”

 TRATTATO CON PARIGI, OK DEL GOVERNO ALLA RATIFICA, MA SOLO PER IL TUNNEL

Mar. Pal.

  Ieri il governo ha ratificato l’accordo del buco o, più precisamente, l’accordo firmato nel gennaio 2012 (e perfezionato a dicembre) tra Italia e Francia per la realizzazione del Tav Torino-Lione. É quello che, con lieve imprecisione, è stato chiamato il progetto low cost, ma solo nel senso che si concentra sulla realizzazione del solo tunnel di base da 57 chilometri (e di due stazioni: a Susa e a S.J. De Maurienne) e lascia incerti tempi e modi per le opere di raccordo tra quel pezzo di Alta velocità e il resto del territorio tanto francese quanto italiano. Insomma il buco è ad Alta velocità, ma quando ne sei fuori c’è ancora quella bassa e il materiale non sopporta i convogli pesanti per cui si sta facendo il tunnel: una modalità di realizzazione che – anche a prendere per buono il rapporto costi-benefici elaborato dagli organismi governativi – rende alquanto aleatori i futuri “dividendi” dell’opera. Fatto assai curioso, peraltro, visto che quest’accordo fu proprio la risposta dei presidenti Monti e Hollande alle polemiche sul costo e l’utilità del Tav scatenatesi nei due paesi (la Corte dei Conti francese, per dire, resta assai critica).   MA QUESTO È L’ACCORDO del buco anche per un altro motivo: è infatti scoperto anche per quanto riguarda la vile moneta. Vediamo perché. Dando per buoni i contestati numeri dei due governi, il nuovo progetto dovrebbe costare all’ingrosso 8,3 miliardi nei prossimi dieci anni. Ci sono? No. L’Italia ne ha stanziati quasi tre e la Francia 2,1. E il resto? Li mette l’Europa, dicevano i due presidenti un anno e mezzo fa. Li mette l’Europa, ripete il governo di Enrico Letta. E l’Europa? Beh, la commissioneal momento non ci pensa proprio a pagare il 40% di un progetto così confuso dopo aver già pagato la metà dell’infinita fase di progettazione (si dovrebbe chiudere quest’anno). Per di più, i finanziamenti comunitari a questo tipo di progetti sono stati falcidiati nell’ultimo bilancio arrivando alla miseria di nove miliardi: difficile che quasi tre e mezzo confluiscano su un’unica ferrovia che, peraltro, si è scelto da soli di costruire proprio in questo modo. E sì perché il corridoio Torino-Lione “non è in effetti, secondo le previsioni europee, un percorso ad alta velocità”, come ha spiegato il sottosegretario Girlanda alla Camera.   L’UNICA COSA che cambia davvero, con la ratifica di questo accordo, è il soggetto realizzatore dell’opera: si chiamerà sempre Ltf, ma invece di essere costituito dalle società ferroviarie dei due paesi, nel cda ci saranno direttamente i due governi. “E’ un passaggio fondamentale che innesca una serie di processi attuativi di grande importanza”, dice Mario Virano, commissario governativo al Tav. Cioè? “Quando il Parlamento lo avrà approvato permetterà di costituire il soggetto promotore che bandirà gli appalti”. Anche il ministro Lupi è contento perché “stiamo mantenendo tutti gli impegni presi”, tra cui dare 30 milioni di euro ai comuni della Val di Susa a titolo di compensazioni. Felice, ovviamente, anche l’uomo che ha portato in valle quei soldi (con un emendamento al decreto sui debiti della P.A.), il senatore del Pd Stefano Esposito, uomo ricco di aggettivi: “E’ stata una settimana storica per un’opera fondamentale per il futuro del Pie-monte e dell’Italia”.

Marco Rettighieri, capo della LTF nel cantiere di Chiomonte   Ansa

In Svizzera i servizi pubblici sono efficienti pagando la metà delle tasse rispetto all’Italia

By Edoardo Capuano – Posted on 08 giugno 2013

Spesso il detto “l’erba del vicino è sempre più verde” non rispecchia la verità. A volte è un eccessivo giudizio indulgente che riflette la cronica insoddisfazione per noi stessi; alle volte però tradisce la verità. E nel caso del fisco, la verità è ineludibile perché è basata sui numeri e non su una fumosa opinione soggettiva.

 In Svizzera – inchiesta di Panorama – le tasse che gli imprenditori svizzeri pagano al Fisco svizzero vanno dal 20% al 25% del reddito prodotto. Cioè, se un imprenditore italiano su 100 euro paga al Fisco 50 euro, quello svizzero ne paga 25.

 La busta paga dei dipendenti peraltro è decisamente più semplice di quella italica, perché contiene poche voci, tutte perfettamente comprensibili: lordo, sanità, pensione e netto. La lettura risulta perciò piuttosto agevole e il dipendente non deve rivolgersi ad alcun CAF o al commercialista per farsela “interpretare”.

 Ma il dettaglio che più sconcerta e che rende l’Italia un paese osceno per quanto riguarda la pressione fiscale, è l’IVA. Da noi l’IVA pagata è del 21%, e se tutto va male, da luglio salirà al 22%, perché la nostra è una burocrazia incontenibile. Ebbene, in Svizzera, l’IVA è dell’8%; praticamente è fissata a due punti percentuali in meno rispetto all’IVA riconosciuta dallo Stato italiano a chi effettua ristrutturazioni sulla casa.

 Dulcis in fundo, un neoassunto in Svizzera paga appena il 10% di tasse, su uno stipendio lordo medio di 2000-2500 franchi svizzeri (all’incirca 1500-2000 euro); un professionista ne paga appena il 20%. In Italia? Beh, in Italia un neoassunto prende appena 1500 euro lordi (la metà di un suo “collega” svizzero), e lascia al fisco almeno la metà di quanto percepisce. E con la metà residua dovrà pagare poi il resto: assicurazione obbligatoria sull’auto, l’IMU (se non la aboliscono), l’IVA al 21% sui prodotti essenziali (cibo e vestiario), il canone RAI, il carburante a 1,65 euro al litro, la tassa sull’immondizia e sull’energia elettrica… e qui mi fermo.

 Naturalmente, gli svizzeri, a fronte delle tasse pagate, ricevono indietro una burocrazia più snella, uno Stato più efficiente, infrastrutture di primo livello, stabilità politica e molto, molto altro, che un italiano può avere solo nella sua personale carta dei sogni.

 Fonte: criticalibera.it

http://www.ecplanet.com/node/3891

CARO BOLLETTE, CON L’EURO E’ STATO DEL 75%. E IL TREND E’ ANCORA IN ATTO NONOSTANTE LA CRISI

unday 9 june 2013

 

Il caro bollette di elettricita’, gas, acqua e rifiuti continua a zavorrare il potere di acquisto delle famiglie. Lo rileva il Centro Ricerche della Federconsumatori, nel sottolineare che per l’energia elettrica, il gas, l’acqua ed i rifiuti la spesa complessiva nel 2013 ammontera’ a 2.488 euro, per un balzo del 75% rispetto al 2000.

Due anni prima dell’ingresso nell’euro una famiglia sborsava 600.000 lire per la luce, 1.608.000 lire per il gas, 368.000 lire per l’acqua;172.000 lire per i rifiuti, per un totale di 2.750.000 lire, circa 1.420 euro. Nel 2013 la spesa per la luce passera’ a 517 euro, con un aumento di 206 euro e un +67%; il costo per il gas sara’ pari a 1.320 euro, con un rincaro di 489 euro (+59%); l’acqua costera’ 356 euro, con un +87% e un aumento di 165 euro; mentre la stangata maggiore sara’ per i rifiuti, con l’introduzione della Tares, che da 89 euro del 2000 passa a 295 euro (+231%), con un aumento di 206 euro. Gli aumenti medi per queste quattro voci importanti per le famiglie e’ pari al 75% a fronte di una inflazione del 32,6%, ossia il 115,1% in piu’. In Italia – commentano Adusbef e Federconsumatori – ”la crisi sistemica, resa ancor piu’ grave dall’assenza assoluta di concorrenza e da norme basilari di trasparenza in settori vitali come banche, assicurazioni, elettricita’ ed energia, ha saccheggiato le tasche delle famiglie italiane al ritmo di 1.155 euro l’anno dal 1 gennaio 2002, con un conto finale in 11 anni di 12.700 euro a carico di ogni nucleo familiare”. Adusbef e Federconsumatori chiedono al governo di intervenire con una serie di provvedimenti a tutela delle famiglie e tra le altre cose si chiede un rinvio della nuova Tares al 2014, ”disponendo tariffe sociali omogenee e piani tributari sostenibili per i bilanci delle famiglie”.

 

Tratto da: controlacrisi.org

http://www.frontediliberazionedaibanchieri.it/article-caro-bollette-con-l-euro-e-stato-del-75-e-il-trend-e-ancora-in-atto-nonostante-la-crisi-118371189.html

Equitalia Spa è una società iscritta in un paradiso fiscale Usa, precisamente in Delaware. Prima di svelare qu esta truffa bisogna sapere alcune cose.

Gli Stati Uniti, oltre a guidare la Nato che ci costringe a spendere miliardi e vite umane per le guerre strategiche che interessano solo agli Usa, sono anche il centro della nostra coalizione economica; proprio in questo periodo, dopo aver visto come hanno utilizzato la Fiat per i loro interessi facendo perdere all’Italia posti di lavoro e tecnologia, ci vogliono costringere a creare una zona di libero scambio fra Europa e Usa. Il vantaggio è tutto loro anche perché, come ha descritto anche il Sole 24 ore, gli Usa hanno nel loro interno paradisi fiscali.

 Uno di questi è lo Stato del Delaware, precisamente con la città di Wilmington, a 150 kilometri da Washington, considerata la capitale globale delle registrazioni societarie. “Ogni anno negli Usa vengono costituite circa due milioni di nuove entità societarie. E a quasi nessuna di queste è richiesto di fornire informazioni sui loro veri proprietari. È un problema enorme” sono le parole del senatore Heather Lowe. Anche l’Unione Europea ha avuto modo di occuparsi del problema “Paradisi fiscali e finanziari: una minaccia per il mercato internazionale dell’Ue” in cui del Delaware si dice: “Che il piccolo Stato a Sud della Pennsylvania offra grossi vantaggi alle società offshore, presentandosi come una alternative alle isole Cayman o alle Bermuda sono in pochi a saperlo, ma chi opera nel settore ne è al corrente da tempo”.

 Abbiamo fatto queste considerazioni per inquadrare meglio il problema che però non riguarda solo la credibilità e la nocività degli Stati Uniti, ma anche un’azienda, se così possiamo chiamarla, italiana.

 Grazie alla segnalazione di alcuni utenti di un forum politico (1), abbiamo scoperto che andando sul sito proprio delle società del Delaware, raggiungibile da questo link [ https://delecorp.delaware.gov/tin/GINameSearch.jsp ] e inserendo nello spazio “file number” il codice 5315638 esce fuori un risultato sorprendente.

 La sopresa è trovare una società dal nome conosciuto: Equitalia Spa, la società incaricata di riscuotere i tributi in Italia. Essendo Equitalia una società pubblica, se questa registrata negli Usa fosse collegata a quella italiana sarebbe uno scandalo assoluto. Non abbiamo la possibilità di dire se questo corrisponde al vero oppure no, bisogna attendere e fare approfondimenti. Di certo sappiamo che adesso Equitalia verrà probabilmente abbandonata per far di nuovo spazio ad esattori locali, che in passato hanno fatto peggio di Equitalia stessa: ennesima misura demagogica (per ingannare le persone) del governo Letta, ma questa è un’altra storia.

 Rimane la questione scottante di questa società, registrata come opera religiosa negli Usa, ma dall’inconfondibile SPA tutto italiano (da noi sta per Società per Azioni). Speriamo si faccia presto chiarezza: se fosse opera di Equitalia o di qualche funzionario sarebbe uno scandalo, ma anche se fosse opera di altri, potrebbe nascondere la volontà di truffe a contribuenti italiani, che vedendosi recapitare comunicazioni di Equitalia Spa, potrebbero prenderle per buone.

 Matteo Guinness

Portogallo: soldi finiti, lo Stato paga stipendi e pensioni con Titoli

Portogallo: soldi finiti, lo Stato paga stipendi e pensioni con Titoli

Come già detto in nostri articoli precedenti, la corte costituzionale portoghese ha deciso che numerose disposizioni del bilancio imposte dalla Ue per il 2013 non sono costituzionali. Secondo l’alta corte, i tagli dei salari e delle pensioni dei dipendenti pubblici sono stati sleali (in Italia per gli esodati la Corte è silente, pensa agli immigrati).

 Ciò ha coinciso con l’avvertimento del governo che la decisione della Corte avrebbe messo in discussione la capacità del paese di soddisfare il programma capestro di “salvataggio” internazionale , che a sua volta avrebbe mandato gli interessi del Debito portoghese alle stelle, con Draghi pronto ad una cura “Berlusconi” per il governo portoghese. Ovvero il commissariamento europeo della democrazia lusitanta.

 Tuttavia, di più immediato interesse è sapere come il governo tapperà un buco fino a € 1,3 miliardi di euro, che questa decisione della Corte crea nel suo bilancio 2013.

La soluzione: pagare i lavoratori pubblici non più in contanti, ma in titoli di stato!

 Il governo portoghese sta infatti considerando un piano per pagare i lavoratori pubblici e i pensionati in buoni del tesoro anziché contanti, dopo che l’Alta Corte ha bocciato i tagli salariali.

 In sostanza, con il pagamento di un mese stipendio in Buoni del Tesoro per lavoratori pubblici e pensionati, il governo risparmierebbe circa 1,1 miliardi di euro, riducendo il divario di bilancio in modo significativo.

 Questo piano dà il senso del danno che l’euro sta facendo alle economie europee: gli Stati hanno perso la sovranità monetaria e sono costretti ad ovviare a questa mancanza utilizzando come “moneta parallela” l’emissione di titoli del debito. Questo è di una gravità inaudita: gli Stati si devono indebitare avendo ceduto alla BCE, che è una banca privata, il diritto di battere moneta.

 Questo utilizzo di Titoli di Stato come “moneta parallela” danneggia anche chi la riceve al posto del contante, perché a differenza delle banche il cittadino normale non ha accesso ai percorsi di trasformazione dei titoli in denaro pronti contro termine e di collateralizzazione dei Bond. Perché se così fosse, allora ogni Bond ottenuto dal cittadino sarebbe in grado di servire come fonte di finanziamento potenzialmente quasi infinita: come se il sistema della riserva frazionaria delle banche valesse per ogni individuo.

 Invece il titolo di stato per il singolo cittadino non è equivalente nemmeno al “denaro contante”, perché non è accettato come tale nelle operazioni quotidiane e non può essere presentato alla Bce come “collaterale” per ottenere denaro. In questo modo gli Stati non fanno che tentare, in modo infantile, di aggirare la loro perdita di sovranità monetaria, quando ci sarebbe un modo semplicissimo per recuperarla in modo piento: uscire dall’Euro.

 http://voxnews.info/2013/04/08/portogallo-soldi-finiti-lo-stato-paga-stipendi-e-pensioni-con-titoli/