Nuova indigestione di “saggi”: Letta ne nomina 35, auto blu e stipendio incluso

Altro giro, nuovi saggi. Il nipote di Letta

Altro giro, nuovi saggi. Il nipote di Letta – come ordinato da Kim-il-Napolitano – ha nominato l’ennesima squadraccia di saggi. Si dovranno occupare, secondo loro, delle riforme costituzionali. Nel relativo dpcm sarà contestualmente nominato un comitato per la redazione del rapporto finale. I componenti della commissione saranno ricevuti giovedì pomeriggio al Quirinale dal Caro Leader.
La commissione avrà compiti di consulenza e proposta, e poi sarà un’altra commissione, chiamata “Convenzione dei 40″ e formata da 20 deputati e 20 senatori, poi il tutto dovrà essere votato dal Parlamento. Questo per ora.

Ecco i 35 saggi: Michele Ainis, Università Roma 3. Augusto Barbera, Università di Bologna. Beniamino Caravita di Toritto, Università la Sapienza Roma. Lorenza Carlassare, Università di Padova. Elisabetta Catelani, Università di Pisa. Stefano Ceccanti, Università Roma 3. Ginevra Cerrina Feroni, Università di Firenze. Enzo Cheli, Presidente Emerito Corte Costituzionale. Mario Chiti, Università di Firenze. Pietro Ciarlo, Università di Cagliari. Francesco Clementi, Università di Perugia. Francesco D’Onofrio, Università La Sapienza Roma. Giuseppe de Vergottini, Università di Bologna. Giuseppe Di Federico, Universita’ di Bologna. Mario Dogliani, Università di Torino. Giandomenico Falcon, Università di Trento. Franco Frattini, Presidente Società Italiana per l’Organizzazione Internazionale. Maria Cristina Grisolia, Università di Firenze. Massimo Luciani, Università La Sapienza Roma. Stefano Mannoni, Un iversità di Firenze. Cesare Mirabelli, Presidente Emerito Corte Costituzionale. Anna Moscarini, Università della Tuscia. Ida Nicotra, Università di Catania. Marco Olivetti, Università di Foggia. Valerio Onida, Presidente Emerito Corte Costituzionale. Angelo Panebianco, Università di Bologna. Giovanni Pitruzzella, Universita’ di Palermo. Anna Maria Poggi, Università di Torino. Carmela Salazar, Università di Reggio Calabria. Guido Tabellini, Università, Bocconi di Milano. Nadia Urbinati, Columbia University. Luciano Vandelli, Universita’ di Bologna. Luciano Violante, Università di Camerino. Lorenza Violini, Università di Milano. Nicolo’ Zanon, Università di Milano.

Notare alcuni di loro. Frattini, massone, che si è inventato un’associazione – Società Italiana per l’Organizzazione Internazionale – per risultare presidente di qualcosa. Poi ci sono una caterva di professori. Monti e i suoi non hanno fatto abbastanza danno, evidentemente .

Quanto li paghiamo per questa pagliacciata?

Questa è la classe dirigente responsabile dell’attuale situazione. Sono loro che hanno portato l’Italia al collasso. E sarebbero loro, a dover concepire le riforme utili al paese? Tanto vale mettere Schettino al comando del Titanic.


Terremoti e rischio vulcanico in mano alla protezione civile. Attenzione alle autorità

 foto direttamente al link

Terremoti e rischio vulcanico in mano alla protezione civile. Attenzione alle autorità

 Posted By Redazione On 5 giugno 2013

 http://sulatestagiannilannes.blogspot.it/[1]

 di Gianni Lannes

 [2]

Le autorità italiane? Una garanzia assoluta e finale, nel senso di termine corsa. Cose mai viste a memoria umana nel cortile di guerra dello zio Sam, perfino un finto scoop di un ex grande giornale.

 [3]

Che tempo fa? Tanto variabile, imprevedibile e violento da aver già mandato in malora i raccolti nell’Italia centro-settentrionale. Al Sud va anche peggio, con i campi di grano gravemente danneggiati dagli eventi atmosferici e la produzione di pomodoro ed uva a rischio. Le statistiche sono nude e crude: migliaia di aziende agricole e zootecniche hanno chiuso i battenti in questa prima metà dell’anno. Alcuni giovanotti che hanno superato i 90 anni non rammentano un clima del genere in Italia. L’aria, l’acqua, il cibo e gli organismi viventi sono sempre più intrisi di alluminio, bario e silice. Ora, qualche sparuto gruppuscolo di negazionisti anonimi si azzardi ad aggirarsi nelle campagne: si attendono nel Mezzogiorno per metterli sulla buona scia indolore.

[4]

Di certo, non vi è nulla di naturale in questi eventi metereologici a comando.

Altra splendida notizia. Il “Piano di Protezione Civile per l’area densamente abitata del Vesuvio risulta aggiornato di fresco: l’ultimo dato disponibile è quello risalente all’anno 2006.

[5]

Tranquilli: siamo in buone mani. Infatti, la Protezione Civile ha lanciato da tempo la “campagna nazionale sulla riduzione del rischio sismico, mentre lo Stato ha autorizzato, al contempo di trivellare il più pericoloso e più grande vulcano d’Europa – il Marsili – sommerso proprio nel Mar Tirreno, ad un soffio dalla costa italiana. Per la cronaca: l’Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia, ha prefigurato un concreto rischio di maremoto sui litorali del Belpaese.

[6]

Non contenti, i bontemponi al comando pro tempore, hanno pure concesso di trivellare gli esplosivi Campi Flegrei.

[7]

Qui viene il bello. La Protezione Civile sembra aver dato i numeri (al lotto). Ed il settimanale L’Espresso del clan De Benedetti (il patron Carlo è un affiliato al Bilderberg Group), a firma di Gatti, la spara grossa. Un espediente per vendere copie? Infatti è scritto: «Allarmismo? No, i dati ufficiali di un rapporto-choc della Protezione Civile. Che punta il dito sulla scarsa prevenzione sismica e sui meccanismi degli eventuali soccorsi… E a marzo 2013 l’allarme degli scienziati per un forte terremoto era ancora in corso. Il dato corrente, aggiornato a inizio maggio, è tenuto segreto. Viene comunicato soltanto alle agenzie governative. Il gran numero di piccole scosse registrato in questi giorni proprio in Calabria e nell’Italia centrale dimostra comunque che la nuova energia che da qualche tempo attraversa la crosta terrestre tra l’Africa e l’Europa non si è dissipata».

A casa Gabrielli non c’è alcunché di simile a livello di dominio pubblico, ma solo un database con dati aggiornati al 2001. Ovviamente, il pericolo c’è, ed era stato annunciato da esperti del ramo l’anno scorso.

Attenzione però: lo Stato italiano si prepara al peggio? E’ in atto un appalto targato Protezione Civile per 12 mila “soluzioni abitative in emergenza”– avevo scoperto e puntualizzato a maggio – ovvero prefabbricati per terremotati. L’operazione è affidata ufficialmente alla Consip, una società per azioni, costituita nel 1997, che dipende dal Ministero dell’Economia e Finanze. Particolare significativo: questa Spa ha in mano il controllo del bilancio statale, nonché la sicurezza informatica della Pubblica Amministrazione.

A conti fatti le perdite in termini di vite umane provocate dai terremoti sono direttamente correlate al numero di edifici crollati. Sulla base di statistiche su scala mondiale relative a terremoti del passato, la percentuale di vittime negli edifici collassati può essere valutata come una funzione del numero di piani e del materiale di costruzione. Di conseguenza, effettuata la previsione della percentuale di edifici crollati per un dato scenario sismico, questa può essere combinata con la stima della popolazione che vive e lavora all’interno di questi edifici. Insieme alla percentuale delle vittime previste, è possibile quindi valutare anche l’impatto sociale di un terremoto.

Piuttosto, c’è qualcuno in divisa che stuzzica le faglie sismiche attive, tanto per vedere l’effetto che fa!

http://sulatestagiannilannes.blogspot.it/2013/05/protezione-civile-terremoto-devastante.html[8]

http://sulatestagiannilannes.blogspot.it/2012/10/terremoti-attenzione-al-sud-italia.html#more[9]

http://sulatestagiannilannes.blogspot.it/search?q=vesuvio[10]

http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/view_pde.wp?contentId=PDE12771[11]

http://www.protezionecivile.gov.it/resources/cms/documents/2001_aggiunte_e_varianti.pdf[12]

http://www.protezionecivile.gov.it/resources/cms/documents/Piano_viabilita_Area_vesuviana_2006.pdf[13]

http://www.protezionecivile.gov.it/resources/cms/documents/Allegati_piano_viabilita_2006.pdf[14]

http://www.protezionecivile.gov.it/resources/cms/documents/Mappe_Vesuvio_rev.pdf[15]

http://img545.imageshack.us/img545/5711/suditaliascenariocatatr.pdf[16]

http://ww2.unime.it/osservatorio/age5/presentazioni/AGE_2008-Cultrera.pdf[17]

http://www.protezionecivile.gov.it/cms/attach/editor/Classificazione2006_perComune.pdf[18]

http://www.protezionecivile.gov.it/cms/attach/editor/Classificazione2006_perRegione.pdf[19]

http://www.protezionecivile.gov.it/minisite/index.php?dir_pk=249&cms_pk=14839[20]

http://espresso.repubblica.it/dettaglio/quanti-morti-se-arriva-la-scossa/2207330[21]

Bibliografia:

Amoruso A., Crescentini L., Scarpa R.: Source parameters of the 1908 Messina Straits, Italy, earthquake From geodetic and seismicdata. J.Geophys. Res., 107,B4,2080, 10.1029/2001JB000434,2002.

Barberi G., Cosentino M.T., Gervasi A., Guerra I., Neri G., Orecchio B.: Crustal seismic tomography in the Calabrian Arc region, south Italy. Physics of the Earth and Planetary Interiors, Vol. 147, 2004, p. 297-314.

Borzi B., Pinho R., Crowley H.: Simplified pushoverbased vulnerability analysis for large scale assessment of RC buildings. Engineering Structures, Vol. 30, n. 3, 2008, p. 804-820.

Coburn A., Spence R.: Earthquake Protection. John Wiley & Sons Ltd., 2002, England.

Di Pasquale G., Fralleone A., Pizza A.G., Serra C.: Synthesis of the code evolution from the Royal Decree issued after the Messina and Reggio earthquake up to the first Ministry decree issued after the law n. 64/74, 1999. In: La classificazione e la normativa sismica italiana dal 1909 al 1984, De Marco, R. and Martini, M. G. [eds.] Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, Roma.

Di Pasquale G., Goretti A.: Vulnerabilità funzionale ed economica degli edifici residenziali colpiti dai recenti eventi sismici italiani. X Congresso Nazionale “l’Ingegneria Sismica in Italia,” Potenza-Matera, 9-13 settembre 2001.

Mai P.M., Olsen K.B.: Broadband ground-motion simulations using finite-difference synthetics with local scattering operators. Submitted to Bull. Seis. Soc. Am, July 2008.

Pino N.A., Giardini D., Boschi E.: The December 28, 1908, Messina Straits, southern Italy, earthquake: Waveform modeling of regional seismograms. Journal of Geophysical Research,Vol. 105, n. B11, 2000, p. 25,473-25,492.

Spence R.: Earthquake disaster scenario predictions and loss modeling for urban areas. LESSLOSS Report 2007/07, IUSSPress,Pavia, Italy, Ed.2007.

Spudich P., Xu L.: Documentation of software package Compsyn sxv3.11: programs for earthquake ground motion calculation using complete 1-d green’s functions. In: International Handbook of Earthquake and Engineering Seismology CD, Int. Ass.Of Seismology and Physics of Earth’s Interior, Academic Press, 2003.


http://www.stampalibera.com/?p=63684&print=1

Nuovo Ordine Mondiale: tatuaggio con microchip al posto delle password per smarthphone

Tenteranno in tutti i modi di interfacciarci con le macchine come degli automi, e ci renderanno la vita impossibile se non accetteremo questo tipo di tecnologie, il controllo elettronico delle masse e’ alle porte.

 Ci avevano già pensato in passato ma non erano ancora pronti per un salto del genere, ora sembrerebbe di si. La tecnologia che vuole portare a rimuovere l’uso della, ormai vecchia, password per rimpiazzarla con un tatuaggio o qualcosa legato al corpo, per accedere al proprio cellulare, è in via di definizione.

 Il Telegraph racconta che diversi tipi di tatuaggi sono stati sviluppati dalla compagnia MC10 in Massachusetts e sarebbero composti da circuiti elettronici flessibili che verrebbero poi tatuati sulla pelle delle persone, utilizzando un timbro di gomma.

Anche Nokia, per non rimanere indietro, sta progettando qualcosa di molto simile, ma per quanto riguarda Motorola, se inizialmente questi erano stati progettati solamente per scopi medici, ora si spera che i ‘Biostamps’, come vengono chiamati, possano essere utilizzati anche per l’autenticazione dei consumatori.

Motorola sta anche studiando un altro sistema: la pillola, Proteus Digital Health. Già approvata negli Stati Uniti dall’autorità federale sanitaria e dei beni alimentari US Food and Drug Administration, si tratta di una pillola che contiene un microchip che viene attivato da una batteria, usando l’acido nello stomaco dell’utente.

Tutte ipotesi e idee che a sentirle mettono anche un po’ di paura ma che pian piano stanno prendendo sempre più forma, anche se ancora lontane dall’arrivare nei negozi. Intanto da Motorola si aspetta con ansia l’arrivo, verso ottobre, del Moto X, lo smartphone, a detta di Google, che dovrebbe porre fine al dominio dell’iPhone.

http://www.wallstreetitalia.com/article/1581151/google-tatuaggi-al-posto-delle-password-per-smarthphone.aspx

http://terrarealtime.blogspot.it/2013/06/nuovo-ordine-mondiale-tatuaggio-con.html#more

 ed intanto il mainstream fa il piazzista per queste esilaranti proposte

 Pillola password. Ecco l’ultima frontiera della sicurezza informatica

 Posted By Redazione On 3 giugno 2013

 Francesco Bisozzi, L’Huffington Post  

Altro che impronta digitale, riconoscimento facciale e codici cifrati: per accedere al sistema operativo del proprio smartphone in futuro potrebbe essere sufficiente mandar giù una pillola[2], peraltro già approvata dalla Food and drug administration, l’ente statunitense che si occupa della regolamentazione dei prodotti alimentari e farmaceutici, con un chip al suo interno.

 Una pillola come tante altre, verrebbe da dire a prima vista. Solo che una volta ingerita trasforma il corpo della persona che l’ha ingoiata in una password vivente. La capsula, entrando in contatto con i succhi gastrici, si attiva e inizia a emettere un segnale che viene riconosciuto dai dispositivi situati intorno all’utente, autorizzandone così l’uso da parte del proprietario. Dai test condotti in laboratorio la pasticca sembrerebbe priva di effetti nocivi per l’uomo.

 Il concetto tradizionale di password, insomma, rischia di avere le ore contate. Prodotta dalla Proteus digital health, società specializzata nel trovare soluzioni ad alto tasso tecnologico per il sistema sanitario, la pillola farebbe gola a Motorola, quindi a Google. Il colosso dei cellulari, ora in mano al motore di ricerca, da quanto emerso nel corso della conferenza D11[3] che si è appena svolta in California starebbe sperimentando sistemi alternativi in grado di rivoluzionare le modalità di accesso agli smartphone. E la capsula hi-tech è uno di questi.

 «Mentre il mondo dei computer in questi anni non ha mai smesso di evolvere, i sistemi di autenticazione sono rimasti fermi alle password classiche»[4], ha esorditoRegina Dugan, Senior vice president di Motorola Mobility. Che in passato ha diretto la Darpa, la Defense advanced research projects agency del Pentagono[5], responsabile dello sviluppo dei progetti di ricerca avanzata per la difesa. «Oggi Motorola», ha proseguito, «sta lavorando a una serie di opzioni in grado di aumentare i livelli di protezione ma anche di sveltire le procedure di entrata».

 Opzioni che potrebbero arrivare sul mercato in tempi brevi: oggi le password mostrano segni di cedimento allarmanti. In un esperimento condotto dal sito americano Ars Technica[6] è stato chiesto ad esempio a una squadra di hacker di provare a scassinare oltre 16mila parole segrete: quasi 15mila quelle infrante alla fine dai pirati digitali ingaggiati per eseguire il test. Ecco perché la pillola tecnologica potrebbe diventare a breve una soluzione di largo consumo. Non per forza solo e esclusivamente in ambito smatphone.

 Ma l’obbiettivo è anche di velocizzare l’apertura dei cancelli virtuali. «In media agli utenti viene richiesto di digitare una password 39 volte al giorno e per farlo spendono circa 2,3 secondi a operazione», ha sottolineato l’ex responsabile del Pentagono. Per questo Motorola starebbe pensando, oltre alla pillola digitale, anche a dei tatuaggi elettronici grazie ai quai sarà possibile accedere automaticamente al proprio cellulare[7]

BILDERBERG 2013 AL GROVE HOTEL DI WATFORD DI CHARLIE SKELTON

ma per fortuna noi italiani avremo Lilli Grueber, donna tanto politically correct e tanto presentabile che non mancherà di raccontarci per fila e per segno che si sono detti questi benefattori

 DI CHARLIE SKELTON

guardian.co.uk

Il Meeting dei Bilderberg quest’anno riceverà qualche attenzione più del solito, giornalisti e blogger stanno convergendo tutti su Watford

 Quando si sta scegliendo un posto per organizzare il summit politico più potente del mondo, non si può sbagliare : Watford. Forse le Seychelles erano già al completo.

Giovedì pomeriggio, un inebriante mix di politici, banchieri, miliardari, amministratori delegati e tutta la nobiltà europea piomberà sull’elegante vialone del Grove Hotel, a nord di Watford, dove inizierà la conferenza annuale del Bilderberg.

Sarà uno spettacolo forte – una delle meraviglie della natura – la cosa più eccitante che sia accaduta a Watford da quando misero un semaforo, subito dopo la rotonda sulla statale A 412. La zona intorno all’albergo è bloccata: gli abitanti sono costretti a girare con il passaporto per rientrare a casa. Sarà emozionante anche per i delegati. Il CEO della Royal Dutch Shell salterà fuori dalla sua limousine, deliziato dalla possibilità di trascorrere tre giorni interi di trattative politiche con il capo della HSBC, con il presidente della Dow Chemical, con tutti i suoi ministri delle finanze europei preferiti e con i capi dell’intelligence statunitense. La conferenza sarà, come sempre, il momento clou dell’anno per ogni plutocrate e lo è dal 1954. L’unica volta che Bilderberg ha saltato un anno era il 1976, dopo che il suo presidente fondatore, il principe Bernardo d’Olanda, fu arrestato per aver preso tangenti dalla Lockheed Martin.

Può sembrare strano, come quelle stesse lobby che, solo a nominarle, tanto scandalo provocano in Parlamento, abbiano il potere di riunire un gruppo dei politici del più alto livello e di ammaliarli per tre giorni di lussi e onori accompagnati da presidenti e amministratori delegati di hedge funds, multinazionali high-tech e grandi holding, senza che la stampa possa in nessun modo fraintenderli. ” Va tutto all’opposto di quanto stabiliva l’impegno pubblico che prese [George] Osborne nel 2010, sulla necessità di una “trasparenza più assoluta della Agenda dei lavori che il paese abbia mai visto’”, dice Michael Meacher di MP. Meacher presenta il convegno come “una cospirazione anti-democratica dei leader del capitalismo di mercato occidentale che si incontra in privato per mantenere il proprio potere di influenza lontano da qualsiasi occhio pubblico”.

Ma, ad essere onesti, può essere utile un “controllo pubblico”, quando tutti i politici se ne stanno rintanati in un luogo ben protetto, insieme a tanti membri del Consiglio di Amministrazione di JP Morgan? Ci sarà sempre il CEO della BP pronto per fare in modo che nessuno possa fare indebite pressioni su nessuno dei politici. E se lui ( Il CEO della BP) non fosse momentaneamente nella stanza a tenerli d’occhio, allora ci sarebbe sicuramente almeno uno dei presidenti di Novartis, della Zurich Insurance, della Fiat o della Goldman Sachs International.

Quest’anno, ci sarà molto più “controllo pubblico” su Bilderberg. La pressione da giornalisti e degli attivisti infatti è riuscita ad avere un ufficio: per la prima volta in 59 anni ci sarà un ufficio stampa non ufficiale, composto da volontari. Sono attesi diverse migliaia di attivisti, blogger, fotografi e giornalisti da tutto il mondo.

Solo nel 2009 i testimoni erano appena una dozzina – circondati e anche arrestati dalla polizia greca che aveva una mano pesante. Quest’anno c’ è una zona stampa, un servizio di polizia, bagni chimici, un furgone snack, un angolo per portavoce – tutti gli ingredienti per un Bilderberg diverso. Hanno promesso “un’aria da festival”. Se vi preoccupate per la trasparenza o per il lobbying, Watford è il posto giusto per passare il prossimo fine settimana. Come si presenteranno i delegati alla stampa e al pubblico resta da vederlo. Ma non dimentichiamoci, che hanno tutti le mani piene delle opere di bene che sta preparando Bilderberg. La conferenza è, dopo tutto, gestita come un ente di beneficenza.

Se qualcuno si dovesse domandare a chi è destinata questa gigantesca operazione di sicurezza abbiamo, http://bilderberg2013.co.uk/participants/ la lista dei partecipanti alle ultime conferenze, in un file pdf inviato da Anonymous, nel quale si informa anche che tutte le spese di Bilderberg, nel Regno Unito, saranno pagate da un ente di beneficenza registrato ufficialmente: l’ Associazione Bilderberg (charity number 272.706).

Secondo i conti la Charity Commission, l’associazione sosterrà i “notevoli costi” della conferenza, che si terrà nel Regno Unito, inclusi i costi dell’ ospitalità ed i costi di viaggio di alcuni delegati. Presumibilmente la Commissione di carità si occuperà anche delle massicce spese per il contratto della sicurezza G4S. Fortunatamente però, la Commissione di carità riceve regolari somme a cinque cifre da due gentili sostenitori dei suoi scopi benefici: la Goldman Sachs e la BP. La più recente prova documentale delle spese sostenute risale al 2008 (pdf), dopo tale data la Commissione di carità ha omesso di indicare i nomi dei donatori (pdf).

L’obiettivo della Commissione di carità è “l’istruzione pubblica”. E come si deve fare per educare il pubblico? “In linea con gli obiettivi del Comitato Direttivo Internazionale si organizzano conferenze e incontri nel Regno Unito e altrove, e si diffondono i risultati conseguiti preparando e pubblicando relazioni sulle conferenze, sulle riunioni e con altri mezzi informativi.” Intelligentemente, i risultati vengono diffusi tenendoli accuratamente lontani dal pubblico e dalla stampa.

La Commissione di carità è supervisionata da tre fiduciari (pdf) membri del comitato direttivo di Bilderberg, il Vice Ministro Kenneth Clarke , Lord Kerr di Kinlochard, e Marcus Agius, l’ex presidente di Barclays che si è dimesso per lo scandalo Libor.

Il Deputato laburista Tom Watson osserva: “Se le accuse che un ministro sieda nel CDA di una Commissione di carità che finanzia discretamente una conferenza segreta di élite sono vere, allora mi auguro che il Primo Ministro ne sia stato informato. E ‘stato proprio David Cameron che ha tracciato una nuova era di trasparenza. Spero perciò che chieda a Kenneth Clarke di aderire a questi principi in futuro “. In effetti sia George Osborne che K. Clarke possono considerare di attenersi al codice ministeriale, quando si tratta di Bilderberg e possono inserirlo nella loro lista di “incontri con proprietari, editori e dirigenti dei media”, come hanno sempre fatto in passato. Naturalmente, mentre lo scandalo sulle lobbying è ancora vivo, è possibile che i nostri ministri evitino di essere presenti a un evento tanto importante di lobbying aziendale. Lo scopriremo giovedì prossimo.

Charlie Skelton scrive su “10 O’Clock Live” & su “ Have I Got News for You” , inoltre segue Bilderberg dal 2009. Tweeterà da Bilderberg Watford da @ deYook

 Fonte : http://www.guardian.co.uk

Link : http://www.guardian.co.uk/world/2013/jun/02/week-ahead-bilderberg-2013-watford

Traduzione per www.ComeDonChisciotte.org a cura di Bosque Primario

La Turchia finanzia una guerra invisibile contro i suoi dissidenti

 

Polizia greca in tenuta antisommossa schierata. (Foto di Henry Langston)

 Di Yiannis Baboulias

Durante il corso della settimana passata, abbiamo assistito a scene di caos per le strade di Istanbul, Ankara e nelle altre maggiori città turche. Quella che è cominciata come un’iniziativa per fermare la distruzione di un parco cittadino di Istanbul per fare spazio a un centro commerciale è diventata una lotta senza quartiere contro l’autoritarismo del primo ministro turco Tayyip Erdoğan.

Come se i manifestanti non fossero infuriati abbastanza all’idea di vedersi cementificare un’area verde, Erdoğan ha ordinato alla polizia, quasi letteralmente, di spaccare crani e attaccare la folla con lacrimogeni e spray al peperoncino. Ma al fianco della violenza pura ed evidente, una guerra invisibile è cominciata contro i turchi che osano sollevarsi e sfidare il governo.

Bulut Yayla

Questa storia comincia non in Turchia, ma nel centro di Atene, dove Bulut Yayla, un richiedente asilo poltico, è scomparso giovedì. Stando ai testimoni, attorno alle 9.30 di sera, Yayla è stato immobilizzato, picchiato e gettato dentro a una macchina su Solomou, strada del distretto di Exarcheia. Quando gruppi di sostegno e avvocati hanno cercato di rintracciare la targa della macchina, il proprietario del mezzo si è rivelato essere, udite udite, un membro della polizia greca.

La polizia greca nega di avere a che fare con l’accaduto. Yayla, un attivista politico precedentemente arrestato e torturato in Turchia, tentava di ottenere lo status di rifugiato politico in Grecia. Ma grazie alla nota efficienza della burocrazia greca, probabilmente non rimarrete sorpresi nel sapere che Yayla non ha avuto troppa fortuna.

Quando è ricomparso dopo il suo rapimento, Yayla non si trovava più ad Atene ma ad Istanbul, trattenuto dalla sezione anti-terrorismo della polizia turca. Da quel momento, ha informato gruppi di attivisti greci di quello che gli era successo dopo il suo rapimento. Incappucciato, era passato nelle mani di tre differenti gruppi di persone. Una volta attraverato il confine con la Turchia (passando attraverso una rete metallica, nel cuore della notte) si è ritrovato a Istanbul.

Ovviamente la polizia greca continua a negare qualsiasi legame coi fatti e ha dichiarato che l’auto utilizzata per il rapimento era stata ritirata dall’impiego ufficiale. In ogni caso, nuove denunce di connivenza tra i governi turco e greco finalizzata alla cattura di dissidenti rende queste dichiarazioni decisamente improbabili.

 Un attentato suicida contro l’ambasciata americana ad Ankara, Turchia.

Nei mesi scorsi, i media turchi hanno accusato i rappresentanti governativi e gli organi di polizia di essersi incontrati per trovare strategie di repressione ai danni di attivisti curdi e radicali. Particolarmente esposti alla repressione sono i membri del DHKP-C o Devrimci Halk Kurtuluş Partisi-Cephesi [Partito-Fronte Rivoluzionario di Liberazione del Popolo], che Erdoğan ha additato come responsabili per l’attentato all’ambasciata americana di Ankara, a febbraio. Yayla, curdo, era un membro del DHKP-C, il che potrebbe spieg are le violente misure impiegate per il suo rapimento e per la successiva riconsegna alle autorità turche.

A causa della sua militanza nel DHKP-C, Yayla era già stato imprigionato e torturato dalla polizia turca, ancor prima di cercare rifugio per sfuggire le celebri “celle bianche”—i carceri di massima sicurezza in cui isolamento e privazione sensoriale sono usati per torturare i detenuti. Stando all’agenzia di stampa IPS, il capo della polizia greca Nikos Papagiannopulos e il suo corrispettivo turco si sono incontrati il 4 febbraio e hanno concordato che la Grecia avrebbe aiutato il governo di Erdoğan a dare la caccia ad attivisti come Yayla.

L’accordo è stato finalizzato un mese dopo, grazie ad accordi tra i primi ministri greco e turco, Antoni Samaras e Tayyip Erdoğan, con sostanziali ritorni economici per entrambe le parti e promesse di cooperazione e investimenti in vari ambiti—sanità, turismo e immigrazione sono solo alcuni punti.

Come IPS ha fatto notare, “Lo stesso giorno, l’Istituto Strategico di Ankara ha sottolineato come investimenti privati turchi in Grecia siano stati usati come strumento di pressione per agevolare l’accordo sull’estradizione. Sono seguiti ulteriori report sulle espulsioni, ma il governo greco non ha voluto replicare a nessuno di essi.”

Ioanna Kourtovik, avvocato che si è interessato al caso di Yayla dall’inizio, mi ha detto, “Non c’è nulla che possiamo fare tramite vie legali, dalla Grecia. Si è trattato di un arresto illegale e il lato turco sta cercando di spacciarlo come se fosse un arresto avvenuto in Turchia, mentre la polizia greca dichiara di non essere a conoscenza di alcunché. Ma, come il Council for Refugees [Consiglio per i Rifugiati] ha sottolineato, Yayla ha contattato le autorità per richiedere lo status di rifugiato politico, così è certo che loro sapessero chi era e dove si trovava. I suoi avvocati hanno sporto una denuncia che potrebbe coinvolgere la polizia ellenica, se si scoprisse che hanno avuto qualcosa a che fare con l’accaduto.”

A parte l’essere una sostanziale violazione dei diritti umani, l’espulsione di Yayla potrebbe essere una violazione della Convenzione di Ginevra. Ma non si tratterebbe di qualcosa di nuovo—sia la Grecia sia la Turchia stanno cominciando a manifestare una tendenza all’imprigionamento e alla tortura di attivisti, associata all’estrema violenza contro i manifestanti. Si tratta di tendenze preoccupanti che abbiamo visto all’opera negli ultimi due anni in Grecia e che stanno cominciando a manifestarsi anche in Turchia, soprattutto durante le recenti proteste.

 Una retata in una casa sicura del DHKP-C, a Istanbul, a gennaio.

Un regime di “tolleranza zero” è stato adottato in entrambi i Paesi, il che si traduce, più o meno, in “Per noi è completamente legittimo rapire persone che ci infastidiscono”—senza dubbio una prospettiva terrificante per gli attivisti che esprimono il loro basilare diritto a protestare. In entrambi i Paesi, le leggi anti-terrorismo sono già molto severe. E se quelle leggi sono state utilizzate in Grecia per perseguire gli adolescenti armati di bastone durante le proteste, quello che attende la Turchia è decisamente peggio. Si sa di sospettati incarcerati per due anni senza alcun tipo di accusa, e le confessioni estorte con la tortura possono essere utilizzate in tribunale.

Ora, entrambi i governi si affidano allo stesso tipo di ordinamento che ha permesso alle forze di polizia greche di trasformarsi in un esercito privato, a partire dai fatti della miniera d’oro di Skouries e dagli agenti di polizia ultra-violenti turchi impegnati nella repressione delle proteste contro la costruzione di un centro commerciale a Istanbul. Apparentemente la tutela dei diritti umani importa poco a Samaras e Erdoğan, a patto che ci siano da concludere accordi in grado di portare introiti a entrambi. Questi due leader stanno svendendo i rispettivi Paesi pezzo per pezzo, approfittando della scarsa trasparenza e della corruzione che attanaglia i due governi.

Mentre il sangue viene lavato via dal marmo di Piazza Taksim, mentre gli attivisti vengono illegalmente rapiti da un Paese per essere processati in un altro e mentre il far sentire la propria voce diventa sinonimo di “terrorismo”, i media di stato continuano a ignorare i veri problemi, condannando, invece, i manifestanti o, se farlo viene a noia, attaccando gli immigrati. Sembra che Grecia e Turchia, segnate da una passata instabilità sociale, abbiano trovato un terreno di intesa per muoversi e uscire dalle rispettive situazioni di difficoltà: l’indifferenza verso le opinioni e il benessere dei loro cittadini.

Fonte:http://www.vice.com/it/read/turchia-guerra-contro-i-dissidenti


http://informazioneconsapevole.blogspot.it/2013/06/la-turchia-finanzia-una-guerra.html

Così Francia e Turchia tentano di Incastrare la Siria: le balle sulle armi chimiche

incredibile. Finalmente una manifestazione sotto le ambasciate per la guerra planetaria, è la prima volta che capita. Di solito le manifestazioni sotto le ambasciate come quella di Libia e Siria erano fatte dai pacifinti per chiedere la no fly zone tanto utile agli atlantisti

 Mercoledì, Giugno 5th/ 2013

 – Redazione Qui Europa–

 Le strategiche bugie sul gas sarin e le diaboliche mosse dei nemici della Siria

Le Manifestazioni per La Pace in Siria del 6 ed 8 Giugno di Bruxelles e Milano, presso l’Ambasciata Israeliana

e il Consolato USA. Fermiamo l’imperialismo del NWO

 La Francia, i Signori della Guerra e le Balle sulle Armi chimiche

 Milano Parigi, Ankara, Damasco, Bruxelles – “Oltre ogni ragionevole dubbio. Il regime siriano ha fatto uso di gas Sarin“. E’ la curiosa dichiarazione del Ministro degli Esteri francese Laurent Fabius che ha citato, in merito dei presunti risultati delle analisi effettuate da Parigi su – pare – campioni di materia organica prelevata in Siria, presso la città si Saraqab. “Da un lato il vostro collega di Le Monde a cui vanno i nostri complimenti – ha continuato il fedelissimo del Bilderberg-Man Hollande, Laurent Fabious – ci ha fornito dei campioni che abbiamo fatto analizzare (…) la conclusione del laboratorio è chiara: c’era del gas Sarin”. Gas cui utilizzo l’Eliseo ha attribuito al governo Bashar Al-Assad. Anche l’ONU nelle ultime ore ci ha messo del suo, parlando di “fond ati motivi per ritenere che nel conflitto si sia fatto uso di armi chimiche“. Medesima – guarda un pò! – la conclusione  del magistrato ONU incaricato, Carla Del Ponte, resa nota lo scorso 5 maggio, per la gioia del guerrafondaio Barack Obama e dei suoi complici NATO. Francia, Regno Unito ed Italia in testa. Almeno è questa la posizione che lascia intendere la Bilderberg-Woman Emma Bonino (vedi articolo in allegato).  Ma qualcosa davvero non quadra. vediamo perchè!

 Turchia – Armi chimiche: le strategie per infangare Damasco

 Il giornale Turco “Zaman” (anche, tra l’altro, pro-regime) mercoledì scorso ha annunciato una scoperta alquanto imbarazzante e scomoda per i signori occidentali e gli integralisti islamici del Nuovo Ordine Mondiale in chiave anti-Siriana ed anti-cristiana. La polizia ha infatti trovato 4 kg di gas  Sarin con i guerrieri di Al Nousra in Adana (Sud Turchia) intenzionati evidentemente ad entrare con questo gas in Siria per commettere attentati e/o altre strategie per inasprire gli animi e fomentare la guerra, dando il pretesto per attaccare ad ONU, Nato, Usa e alleati. Un assist perfetto per fomentare insomma una Terza Guerra Mondiale, con Russia, Iran e Cina che di certo non starebbero a guardare in caso di illegittimo attacco alla Siria.

 Forza Siria – Fermiamo l’imperialismo: le manifestazioni di Bruxelles e Milano

 D’altra parte un collegamento a questo punto è doveroso: le suore di San Giuseppe dell’ospedale San Luigi in Aleppo avevano allertato e paventato questa strategia già da tempo. Da mesi , secondo le sorelle, dalla Turchia venivano esportate (introdotte illegittimamente) ed usate armi chimiche in Siria. Ma la realtà dipinta dai giornali e dalle TV di regime e totalmente diversa ed irreale: essi continuano ad accusare la Siria di usare armi chimiche! Fatto sta che per quanti ancora credono alle favolette sulla “Democrazia Occidentale” e si ostinano a nascondersi dietro una benda sarebbe meglio domani, fare un giro a Bruxelles e portarsi per le ore 14,00 all’altezza dell’Ambasciata Israeliana dove avrà luogo una dimostrazione di protesta dal titolo molto emblematico: Israele, l’Esercito Libero Si riano e al Nousra sono una sola cosa (= una sola forza armata). probabilmente in quest’occasione saranno fornite tutte le informazioni ed i documenti necessari a chiarirsi le idee una volta per tutte. Un altro appuntamento da annotare in agenda è la manifestazione che si terrà a Milano il prossimo 8 giugno contro l’aggressione alla Siria: ore 17.00, presso Largo Donegani, davanti al Consolato degli Stati Uniti. Una manifestazione contro l’ aggressione alla Siria da parte della Nato e dei suoi alleati, organizzata dal Comitato contro la Guerra di Milano.  L’appello è disponibile in forma integrale sul sito http://comitatocontrolaguerramilano.wordpress.com/. Intanto, sul fronte siriano, giunge notizia secondo cui le forze fedeli a Bashar al Assad, con il sostegno determinante degli Hezbollah libanesi, hanno rovesciato i rapporti di forza e costretto gli insorti alla ritirata. Centinaia sarebbero i morti rimasti sul campo nelle ultime 24 ore. Qusair – secondo i maggiori esperti di geopolitica e strategia militare – è una città strategica e può cambiare il destino del conflitto.

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Strage Kabobo: follia Amok o sacrificio umano?

Posted By Redazione On 5 giugno 2013

di Marco Della LunaL’11.05.13 l’immigrato clandestino ghanese Mada Kabobo, già partecipe di un’insurrezione di clandestini in un centro di identificazione ed espulsione, armato di un piccone, correndo lungo una via di Milano, colpisce 5 persone uccidendone 3. Qualche giorno dopo, un altro africano, nel casertano, armato di una spranga, si mise a colpire all’impazzata i passanti. Kabobo ha riferito di aver agito su istigazione di “voci cattive” e molti lo reputano un folle.

L’ipotesi della follia come spiegazione del suo gesto è ovvia, e va verificata.

Però vi è un’altra ipotesi da verificare: la possibilità che si tratti di un sacrificio umano, cioè di un atto magico, rituale – nel qual caso occorrerà ricercare i mandanti.

Azioni come quelle dei due suddetti africani corrispondono al fenomeno noto come corsa amok (dal javanese meng amoak, corsa omicida), descritto per la prima volta dal famoso Cap. Cook, ricorrente in diverse culture tribali, e considerato come un sindrome propria di alcune culture esotiche, soprattutto del Sud-Est asiatico. Il soggetto viene preso da una furia omicida e attacco tutti quelli che incontra, colpendoli con armi di ogni tipo, o col proprio autoveicolo. Alla fine si arresta come spossato e viene colto da amnesie e abbattimento. Talora l’azione è improvvisa, talaltra preparata anche per anni.

La sindrome della corsa amok, analoga al berserk anglosassone, è descritta dai manuali di psicopatologia come una sindrome dissociativa e di perdita del controllo degli impulsi, conseguente a sradicamenti esistenziali (perdita delle famiglia, del lavoro, del contesto sociale – direi, anche a seguito di emigrazione in un contesto del tutto diverso e alieno).

L’impresa di Kabobo potrebbe rientrare in questa sindrome, nel qual caso il Kakobo andrebbe prosciolto (siccome non imputabile per vizio di mente) e sottoposto a misura di sicurezza per qualche anno, poi liberato se la sua pericolosità risulterà cessata.

Nei paesi di immigrazione, la criminologia scientifica ha da molto tempo osservato che la perdita del contesto sociale, culturale, etico, religioso, espone gli immigrati a un elevato rischio di perdita del controllo dei propri impulsi e dei riferimenti morali, del senso del bene e del male. Soprattutto si è visto che a ciò sono esposte le seconde e le terze generazioni, perché le prime generazioni hanno ancora un codice etico acquisito nel paese di origine, mentre i loro figli e nipoti, anche se acquisiscono la cittadinanza mediante lo jus soli, spesso non acquisiscono quel codice etico, non essendo cresciuti in quel contesto, e non acquisiscono nemmeno quello della popolazione in cui vivono, entro cui sono nati, non sentendosi identitariamente parte di essa. Dunque da un lato le impostazioni razziste e discriminazioniste sono ottuse e inutile, e dall’altro ci attendiamo un crescendo di devianza da parte dei “nuovi italiani” nei prossimi decenni, di dimensioni non ragguardevoli. Perciò meglio niente jus soli, altrimenti non possiamo espellere quelli che sono da espellere, perché cittadini per nascita.

L’altra possibilità, che è doveroso indagare da parte degli inquirenti, è che Mada Kabobo abbia eseguito un sacrificio umano. I sacrifici umani sono molto presenti nelle tradizioni anche attuali della sua area di provenienza, e in genere dell’Africa nera, sia come sacrifici individuali, che di massa (sacrificio in massa dei prigionieri, o dei carcerati). Molti rapporti riferiscono che essi sono ancora oggi diffusamente praticati. Essi sono talora richiesti per i riti di passaggio, come condizione per essere ammessi a società segrete, come quelle, notissime, dei Mau Mau. Inoltre, uccidere un uomo non è un atto ispirato da malvagità, serve per impadronirsi della sua forza, o per ottenere in cambio del suo sangue un aiuto dagli dei tribali per la prolificità, per il raccolto, per la vittoria. I sacrifici umani si compiono sia su membri della propria tribù, che su stranieri, che su schiavi e detenuti (Dahomey). Vedasi la bibliografia in calce all’articolo.

Bisognerebbe valutare che valore sacrificale specifico abbia, per la cultura di provenienza del Kabobo, l’uccisione di un bianco. Infatti, per non poche culture tribali africane i bianchi non sono propriamente umani, ma dèmoni (come spalla sua pelle ha scoperto più di una bianca che ha sposato un africano ed è andata a vivere nella sua terra). Questo fatto può rendere i bianchi (ma io non lo so) più o meno pregiati come vittime sacrificali, o addirittura può cambiare il senso dell’ucciderli: se sono dèmoni, allora li si uccide non a titolo di sacrificio, ma perché sono malvagi e malefici.

I sacrifici sono sovente richiesti da stregoni che sono, al contempo, capi di sette o di comunità. Come avvocato, ho avuto clienti che facevano i maghi di professione. Clienti italiani. Questi mi segnalavano un’intensa attività di loro colleghi africani, in Italia e in Africa, dediti alla magia nera, comprendente sacrifici animali e umani. Mi dicevano che questi stregoni erano molto obbediti e temuti dagli altri africani, che essi inducevano, con la minaccia di severissimi castighi, a commettere crimini come spaccio e furti, nonché alla prostituzione – ovviamente a scopo di lucro. A tal fine, minacciavano di colpire i loro familiari mediante i poteri della magia nera e mediante i loro sicari. Anche i miei clienti li temevano molto. Mi dicevano che tali stregoni avevano grande potere e influenza sugli immigrati presenti e futuri, ed erano anche loro a tirare le fila del flusso migratorio in questione, al fine di espandere la loro influenza e le loro fonti di reddito in Europa.

Gli inquirenti indaghino dunque possibili rapporti di Kabobo con organizzazioni criminali e settarie. La sua corsa amok potrebbe essere stata indotta e preordinata da suggestionatori professionali, quali sono maghi e stregoni.

Si sa che molti italiani, e non solo i c.d. negri, credono nella magia nera. Il voodoo nasce in Africa. La potenza del pensiero magico è non solo immensa, ma contagiosa e immortale… è la più grande delle magie. E fa presa sui popoli.

Poi guardiamo le scene del taglio della gola di un soldato britannico a Londra eseguito, al grido “Allà è grande!” da due cittadini britannici di stirpe nero-africana, nati e cresciuti nel Regno Unito, suoi cittadini, come quelli delle bombe nella metropolitana del 2004. Erano integrati? Sì, avremmo detto tutti, finché non han fatto ciò che sappiamo. Non erano integrati, bensì adattati superficialmente e instabilmente (come quell’ingegnere nordafricano che anni fa nel mettere una bomba alla Questura di Milano, se la fece scoppiare in mano, perdendo mani e occhi, o come il maggiore medico psichiatra della base dei marines in Texas che fece strage di commilitoni inneggiando sempre al Dio di Maometto): dobbiamo distinguere tra integrazione effettiva e adattamento funzionale al farsi accettare.

La matrice psichica di simili gesti ovviamente non è britannica né yankee, ma legata a un fondo ancestrale che permane per una o due generazioni. D’altra parte gesta di quel tipo non sono espressione della pratica islamica, anche se questa può prescriverla in ben determinate circostanze, ma di un fattore psicologico legato a certe aree geo-antropologiche, o allo spaesamento del trapiantato. Fattore che però ora si è messo a combinarsi con certi tratti dell’integralismo islamico, del jihadismo.

Come osserva un mio amico, il kabobismo che si unisce al jihadismo su larga scala tra le decine di milioni di immigrati da quelle aree, mette davvero i brividi a chi non è pronto ad essere sacrificato.

Come vedete, ci sono molte domande e cose da accertare, in ambito antropologico-culturale, e che hanno importanza pratica per la nostra sicurezza, per la prevenzione di atti criminali dovuti a fattori che non rientrano e non possono essere nemmeno immaginati, finché si resta entro la nostra cultura e non ci si apre allo studio delle altre culture, delle culture dei gruppi etnici che stiamo ricevendo tra di noi in dosi molto massicce e con cui interagiamo sempre più strettamente. Un’apertura che deve avvenire con rispetto non solo del metodo scientifico,quindi evitando le grossolane generalizzazioni di gusto biecamente razzista, ma anche nel rispetto dell’altro, dell’antropologicamente diverso, senza incolparlo per reazioni a vicende che lo colpiscono e lo vedono vittima di flussi migratori imposti da dinamiche oltre il suo controllo, la sua volontà, la sua comprensione.

Dobbiamo soprattutto liberarci dalla pigra e provinciale aspettativa di fondo, che tutte le persone, di qualsiasi cultura e provenienza, condividano o debbano (imparare per legge a) condividere la nostra logica, la nostra sensibilità, la stessa nostra percezione della realtà. Vi sono popoli con mentalità e schemi completamente diversi, portati a reazioni altrettanto diverse. Le variabili culturali sono ampie e ne abbiamo diverse sotto gli occhi: per l’induista è orribile che noi mangiamo la mucca, e per noi è orribile che i cinesi mangino cani e gatti. Per noi l’infibulazione è un crimine e una causa di infiammazioni e infezioni, ma per molte culture è indispensabile per potersi sposare etc.; le stesse bambine la vogliono. E lo stupro? In Uganda è lecito, se praticato su una lesbica al fine di guarirla dall’omosessualità. Si chiama “stupro terapeutico”. E non parliamo della poligamia… come possiamo rifiutarci di riconoscere legalmente il matrimonio con più mogli, ormai? O i matrimoni combinati – noi, che ci estinguiamo perché non facciamo più figli? Il diritto è in chi dà la vita, non in chi la trattiene.

Insomma, dobbiamo pensare multiculturalmente, e perlomeno capire a quali nuovi fattori dovremo adattarci, anche per decidere se restare o emigrare anche noi, visto che resistere è pressoché impossibile, oltreché politically incorrect.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/10/03/piacenza-21-profughi-africani-prendono-in-ostaggio-vigili-e-carabinieri/371526/ [1]

http://identità.com/blog/2013/02/19/in-toscana-gli-immigrati-non-pagano-il-ticket-i-malati-di-tumore-si/ [2]

http://www.ibs.it/code/9788845925405/naipaul-vidiadhar-s-/maschera-dell-africa.html [3]

http://www.ilgiornale.it/news/interni/quella-nomina-razzista-intrisa-buonismoil-commento-2-912648.html [4]

http://www.repubblica.it/politica/2013/04/30/news/kyenge_zul_insulti_razzisti_sui_siti_della_galassia_nazi-57768619/ [5]

http://www.siciliainformazioni.com/sicilia-informazioni/25705/uccise-dal-voodoo-la-magia-nera-in-sicilia [6]

http://bizzarrobazar.com/2011/09/17/il-mercato-dei-feticci/ [7]

 

04.06.13 Marco Della Luna

 

Siria. Dall’Onu all’Italia: “Armare i ribelli è un errore”

di: Ferdinando Calda

 Inviare armi ai ribelli in Siria farebbe solo peggiorare la situazione e allontanerebbe ulteriormente la possibilità di una soluzione della crisi. Apparentemente ne sembrano convinti (quasi) tutti: dall’Onu alla Russia, dalla Germania e all’Italia. Tuttavia se ne continua a parlare e, anzi, su pressione di Usa e alleati cominciano gradualmente a cadere alcuni paletti che erano stati imposti all’inizio della crisi. Per non parlare ovviamente dei Paesi del Golfo che ormai da tempo riforniscono le formazioni islamiche anti-Assad.

Ieri il ministro della Difesa italiano Mario Mauro si è detto convinto che l’invio di armi in Siria complicherebbe la crisi invece di agevolarne la soluzione. “Sono convinto che la soluzione debba essere politica. Non credo affatto che mettendo in condizione ognuno dei contendenti di poter rilanciare sul piano militare le proprie speranze si agevoli la soluzione della crisi, ma penso che la si complichi”, ha dichiarato Mauro a margine della ministeriale della Nato a Bruxelles, dicendosi d’accordo con il ministro degli Esteri Emma Bonino, che la settimana scorsa aveva invitato alla prudenza sull’invio di armi ai ribelli. Inizialmente la Bonino aveva auspicato il raggiungimento di un accordo all’interno dell’Unione europea per un allentamento dell’embargo che prevedesse la fornitura di armi all’opposizione ma solo con “precisi criteri e garanzie”. Che tuttavia le opposizioni siriane – profondamente divise e caratterizzate dalla presenza di numerose form azioni jihadiste – non sono in grado di dare. Una volta saltato l’accordo per rinnovare anche parzialmente l’embargo Ue (che scadeva il primo giugno), il ministro, lamentando una mancanza di “senso di responsabilità comune europeo”, ha comunque preannunciato che proporrà al governo di non procedere alla fornitura di armi.

Le ha fatto eco la cancelliera tedesca Angela Merkel, che la scorsa settimana ha annunciato che la Germania “non invierà in nessun caso armi alla Siria, in una zona di guerra civile, a prescindere da ciò che faranno altri Paesi relativamente all’embargo”.

Più di recente anche la  Commissione di inchiesta dell’Onu sulla Siria, nel suo ultimo rapporto presentato a Ginevra, ha sottolineato la necessità che la comunità internazionale limiti i trasferimenti di armi in Siria, anche alla luce del “rischio evidente che le armi vengano usate per commettere gravi violazioni dei diritti umani o del diritto umanitario”.

Di tutt’altra opinione Usa e Gran Bretagna, che pur non annunciando esplicitamente un prossimo invio di armamenti ai miliziani anti-Assad, sostengono la necessità di inviare “un segnale forte” al governo di Damasco. Salutando con soddisfazione la revoca dell’embargo Ue, il portavoce del dipartimento di Stato Usa Patrick Ventrell ha sostenuto che questa mossa serve a far capire ad Assad che “il sostegno all’opposizione non può fare altro che aumentare”. Tuttavia lo stesso Ventrell ha frenato sulla possibilità di un cambio di rotta nella politica di Washington, che finora – insieme a Londra – ha inviato ai miliziani solo attrezzature “non letali” (come giubbotti antiproiettile, radiotrasmittenti e mezzi blindati): “Non collegherei la decisione europea alle nostre decisioni interne”.

Chi invece parla esplicitamente di armare i ribelli è la Francia. Secondo il presidente francese Francois Hollande, infatti, per “trovare una soluzione politica non si può escludere una pressione militare”. E tira in ballo anche la Russia, che “consegna armi al regime di Assad mentre a noi è impedito di fare altrettanto con l’opposizione”. Il riferimento è al sistema di difesa anti-aerea S-300 che Mosca dovrebbe consegnare a Damasco in base a un contratto del 2010.

Nei giorni scorsi da Mosca avevano cercato di spiegare la differenza tra la posizione russa e quella dei Paesi europei contrari all’embargo sulle armi ai ribelli. “Discutere seriamente a livello ufficiale di fornitura o non fornitura delle armi a soggetti non statali contraddice tutte le norme del diritto internazionale”, aveva fatto presente il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov citato dall’agenzia Itar-Tass.

Ad ogni modo ieri lo stesso presidente russo Vladimir Putin ha fatto sapere che la consegna degli S-300 alla Siria non è ancora stata attuata, anche per evitare di alzare la tensione mentre sono in corso gli sforzi per organizzare la conferenza internazionale di Ginevra 2. “Si tratta di un’arma seria. Non vogliamo turbare l’equilibrio nella regione”, ha spiegato Putin.

Nelle stesse ore la Cnn ha annunciato che il segretario alla Difesa Usa, Chuck Hagel, ha approvato il dispiegamento in Giordania di una batteria di missili Patriot e di caccia F-16 presso il confine siriano, insieme all’invio di 200 strateghi militari. In teoria il dispiegamento fa parte di esercitazioni militari congiunte già previste, ma, ha detto alla Cnn un portavoce del Comando centrale statunitense, “alcuni di questi beni potrebbero rimanere oltre le esercitazioni su richiesta del governo giordano”.

 

04 Giugno 2013

http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=21291

Da revisionista a terrorista ANCHE IN ITALIA? La ripresentazione del ddl Amati

Dunque ci risiamo: ecco che l’ineffabile senatrice Amati, appena rieletta, ci riprova con l’introduzione, anche in Italia, della legge antirevisionista.[1]

Il blog Radio Spada ha segnalato il fatto, grave e triste nello stesso tempo, che stavolta all’iniziativa si sono associati alcuni parlamentari “grillini” (ma bisognerà controllare la loro effettiva consistenza al momento della presentazione ufficiale del ddl sul sito del Senato)[2].

Mi è stato chiesto di rilanciare il campanello d’allarme di Radio Spada: lo faccio volentieri, anche se ritornare su concetti che si credevano precisati una volta per tutte[3], non è solo frustrante ma, in questo caso, persino sconcertante (alla luce dell’annunciato coinvolgimento, nell’iniziativa in questione, del capogruppo del Movimento 5 Stelle al Senato):  ma la libertà della rete non era uno dei valori fondativi dei “grillini”?

E poi, ammesso che non si rendano conto dei veri termini della questione, non hanno pur sempre, i “grillini”, alle loro spalle un blogger come Claudio Messora che su questi temi non è certo uno sprovveduto?[4] .

 E allora, forte di questa premessa, sono andato a chiedere lumi proprio sulle bacheche facebook di Vito Crimi e di Messora: i miei commenti non sono stati cancellati ma dai detti personaggi non ho avuto nessuna risposta.

Quanto sono diventati silenti, ultimamente, certi intrepidi difensori della libertà di espressione!

Ma torniamo alla zelante senatrice Amati: sul sito “Vivere Senigallia”, che ha dato notizia della sua iniziativa, costei – spinta da commenti non proprio favorevoli – non si è peritata, per giustificare la necessità di mandare in galera i revisionisti, di tirare in ballo non solo Alba Dorata ma addirittura l’attentatore di Tolosa[5]!

Dunque, per costei, che segue pedissequamente l’aberrante “dottrina Valori”[6], noi revisionisti saremmo dei pericolosi terroristi!

Ci sarebbe da ridere se non ci fosse da piangere, anche alla luce del fatto che, come già scritto più volte, sono proprio i nemici del revisionismo a mettere in atto comportamenti criminali.

Anche a livello informatico.

Avevo già scritto a suo tempo che l’omicidio di Vittorio Arrigoni (che peraltro non era un revisionista) era partito proprio dalle pagine di Facebook[7].

Nota bene: questo clima di intimidazione non riguarda infatti solo noi revisionisti ma, ormai, chiunque si azzardi a criticare il sistema – il regime che ci governa – in quanto tale.

Due recenti esempi basteranno a dare la misura di questa (subdola) violenza, sempre più pervasiva, anche su Internet.

Giorni fa, è stata messa sulla bacheca facebook della nota attivista antisionista Cloro Barbara una foto (è quella in bianco e nero):

 

Nella detta foto, postata a nome della titolare della pagina, il sottoscritto veniva invitato a esprimere un commento: il punto è che quella foto Barbara Cloro non l’aveva messa.

Non ne sapeva nulla!

Dietro mia segnalazione, Cloro ha poi accertato che qualcuno, da Roma, nei giorni precedenti si era inserito nel suo account e aveva inserito la foto.

Un avvertimento intimidatorio in piena regola: come a dire, state attenti entrambi, Cloro Barbara e Andrea Carancini!

Quando chi di dovere ha capito che ci eravamo accorti della “stranezza” ha provveduto a togliere la foto.

Secondo episodio: ieri, dopo aver visto l’articolo uscito su “Vivere Senigallia”, ho postato il relativo link sulla bacheca facebook di Andrea Giacobazzi, anche per invitare i comuni amici ad aggiungere i loro, ai commenti che avevo apposto al detto pezzo.

Di nuovo, qualcuno, a totale insaputa del titolare della pagina, ha cancellato il link dell’articolo.

Mi domando: è possibile che cose del genere avvengano senza la complicità dei responsabili di Facebook?

 

 

Con chi abbiamo a che fare, con dei semplici hacker o con degli hacker di stato (magari poliziotti)?

Pecco di dietrologia se faccio notare gli interessi che stanno dietro l’agognata approvazione della legge bavaglio e la consistenza dei rapporti, anche militari, tra Italia e Israele[8]?

E, a proposito di Alba Dorata, davvero la senatrice Amati e i suo sodali del PD vogliono stroncarne la presenza o è piuttosto il contrario, visto il modo con cui stanno cercando di fare terra bruciata, in questo paese, ad ogni opposizione civile e democratica (vedi l’aberrante progetto di voler mettere fuori legge gli stessi “grillini”[9])?

Senza contare che trovare dei capri espiatori – in questo caso, i revisionisti – è quantomai opportuno, quando si tratta di deviare l’attenzione dalla malapolitica (a cominciare dal Piano di rinascita democratica di Gelli, che ha trovato il suo coronamento proprio con l’attuale governo) …

LETTERA da ISTAMBUL

Sumandef  Hakkinda

Istanbul, 3 giugno 2013, Nena News – Ai miei amici che vivono fuori dalla Turchia: scrivo per farvi sapere cosa sta succedendo a Istanbul da cinque giorni. Personalmente sento di dover scrivere perché la maggior parte della stampa è stata messa sotto silenzio dal governo e il passaparola e internet sono i soli mezzi che ci restano per raccontare e chiedere sostegno. Quattro giorni fa un gruppo di persone non appartenenti a nessuna specifica organizzazione o ideologia si sono ritrovate nel parco Gezi di Istanbul. Tra

vedi anche Un parco, un popolo, una rivolta

loro c’erano molti miei amici e miei studenti. Il loro obiettivo era semplice: evitare la demolizione del parco per la costruzione di un altro centro commerciale nel centro della città. Ci sono tantissimi centri commerciali a Istanbul, almeno uno in ogni quartiere. Il taglio degli alberi sarebbe dovuto cominciare giovedì mattina. La gente è andata al parco con le coperte, i libri e i bambini. Hanno messo su delle tende e passato la notte sotto gli alberi. La mattina presto quando i bulldozer hanno iniziato a radere al suolo alberi secolari, la gente si e’ messa di mezzo per fermare l’operazione.

 

Non hanno fatto altro che restare in piedi di fronte alle macchine.Nessun giornale né emittente televisiva era lì per raccontare la protesta. Un blackout informativo totale. Ma la polizia è attivata con i cannoni d’acqua e lo spray al peperoncino. Hanno spinto la folla fuori dal parco.

 Nel pomeriggio il numero di manifestanti si è moltiplicato. Così anche il numero di poliziotti, mentre il governo locale di Istanbul chiudeva tutte le vie d’accesso a piazza Taksim, dove si trova il parco Gezi. La metro è stata chiusa, i treni cancellati, le strade bloccate. Ma sempre più gente ha raggiunto a piedi il centro della città. Sono arrivati da tutta Istanbul. Sono giunti da diversi background, da diverse ideologie, da diverse religioni. Si sono ritrovati per fermare la demolizione di qualcosa di più grande di un parco: il diritto a vivere dignitosamente come cittadini di questo Paese.

 Hanno marciato. La polizia li ha respinti con spray al peperoncino e gas lacrimogeni e ha guidato i tank contro la folla che offriva ai poliziotti cibo. Due giovani sono stati colpiti dai tank e sono stati uccisi. Un’altra giovane donna, una mia amica, è stata colpita alla testa da uno dei candelotti lacrimogeni. La polizia li lanciava in mezzo alla folla. Dopo tre ore di operazione chirurgica, è ancora in terapia intensiva in condizioni critiche. Mentre scrivo, non so ancora se ce la farà. Questo post è per lei.

 Nessun agenda nascosta

Queste persone sono miei amici. Sono i miei studenti, i miei familiari.Non hanno “un’agenda nascosta”, come dice lo Stato. La loro agenda è là fuori, è chiara. L’intero Paese viene venduto alle corporazioni dal governo, per la costruzione di centri commerciali, condominii di lusso, autostrade, dighe e impianti nucleari. Il governo cerca (e quando è necessario, crea) ogni scusa per attaccare la Siria contro la volontà del suo popolo.

 E, ancora più importante, il controllo del governo sulle vite personali della sua gente è diventato insopportabile. Lo Stato, dietro la sua agenda conservatrice, ha approvato molte leggi e regolamenti sull’aborto, il parto cesareo, la vendita e l ‘utilizzo di alcol e anche il colore del rossetto delle hostess delle compagnie aeree.

 La gente che sta marciando verso il centro di Istanbul chiede il diritto a vivere liberamente e a ottenere giustizia, protezione e rispetto dallo Stato. Chiede di essere coinvolta nel processo decisionale della città in cui vive. Quello che invece ha ricevuto è violenza e un enorme numero di gas lacrimogeni lanciati dritti in faccia. Tre persone hanno perso la vista.

 Eppure continuano a marciare. Centinaia di migliaia si stanno unendo. Duemila persone sono passate sul ponte del Bosforo a piedi per sostenere la gente di Taksim. Nessun giornale né tv era lì a raccontare cosa accadeva. Erano occupati con le notizie su Miss Turchia e “il gatto più strano del mondo”. La polizia ha continuato con la repressione, spruzzando spray al peperoncino tanto da uccidere cani e gatti randagi.

 Scuole, ospedali e anche hotel a cinque stelle intorno a piazza Taksim hanno aperto le porte ai feriti. I dottori hanno riempito le classi e le camere di albergo per dare primo soccorso. Alcuni poliziotti si sono rifiutati di spruzzare lo spray e lanciare lacrimogeni contro persone innocenti e hanno smesso di lavorare. Intorno alla piazza hanno posto dei disturbatori per impedire la connessione internet e i network 3G sono stati bloccati. I residenti e i negozi della zona hanno dato alla gente in strada accesso alle loro reti wireless, i ristoranti hanno offerto cibo e bevande gratis.

 La gente di Ankara e Izmir si è ritrovata nelle strade per sostenere la resistenza di Istanbul. I media mainstream continuano a raccontare di Miss Turchia e del “gatto più strano del mondo”.

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