Deputato Madia si scaglia contro il suo Partito “Troppi delinquenti nel Pd”

Scritto da Redazione Infiltrato.it
Martedì 25 Giugno
La giovane parlamentare non usa giri di parole per attaccare i vertici
del suo partito “A livello nazionale nel Pd ho visto piccole e mediocri
filiere di potere. A livello locale, e parlo di Roma, facendo le primarie parlamentari ho visto – non ho paura a dirlo – delle vere e proprie associazioni a delinquere sul territorio”.
“A livello nazionale nel Pd ho visto piccole e mediocri filiere di potere. A livello locale, e parlo di Roma, facendo le primarie parlamentari ho visto –non ho paura a dirlo – delle vere e proprie associazioni a delinquere sul territorio”. Sono le parole durissime quanto dirette pronunciate dalla deputata Marianna Madia al suo stesso partito, il Pd, durante un comizio di Fabrizio Barca nella Capitale.
La giovane deputata, lanciata da Walter Veltroni alle elezioni nazionali
del 2008, non ha fatto giri di parole per andare dritto al punto e attaccare i dirigenti del partito e alle diramazioni territoriali nella capitale. Citando Antonio Gramsci, Madia ha parlato di “una quarta forma di ipocrisia che mi fa paura”.
Quella di “casa mia”, del Partito democratico. “Spero che questa ipocrisia non ci sia nel futuro congresso. L’ipocrisia – ha aggiunto la deputata – è pensare di parlare di linea politica senza capire che abbiamo un grossissimo problema di costituzione materiale del partito”.
“Cosa ho visto nel Pd che ha gestito il gruppo parlamentare dall’inizio
di questa legislatura?”, si domanda Madia. Impietosa la risposta: “Ho
visto ipocrisia, ho visto opacità, ho visto un sistema che non chiamerei
neanche di correnti, ma di piccole e mediocri filiere di potere che sono
attaccate così al potere stesso da non volerlo cedere di un millimetro”.
“Ho visto veti incrociati per mantenere tutto questo”, ha continuato
Madia. E tutto questo “l’ho visto da chi oggi ancora ci dirige. E questo
è il livello nazionale”. Ancora più pesante l’attacco alle diramazioni
romane del partito, con un esplicito riferimento alle “associazioni a
delinquere”.
Secondo la deputata, è ora di cambiare. “Essere un poco meglio per noi è un suicidio”. Per questo si è fatta promotrice, insieme al senatore
Walter Tocci e al deputato Pippo Civati, di una proposta di legge che
prevede l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti e la riforma
del sostegno ai movimenti politici.
LEGGI DALLA FONTE ORIGINALE –Articolotre.com
http://www.infiltrato.it/notizie/italia/deputato-madia-si-scaglia-contro-il-
suo-partito-troppi-delinquenti-nel-pd

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Il decreto sul lavoro giovanile scontenta tutti

Dopo il “decreto del fare” arriva un altro provvedimento urgente con cui
Palazzo Chigi punta ad intervenire sul quadro macroeconomico nazionale.
Enrico Letta ed i suoi ministri hanno deciso di arginare la piaga della
disoccupazione giovanile, un fenomeno aggravato dalla recessione che
attanaglia il Paese da diversi anni. “Ho avuto il compito non facile di
trovare le coperture per queste misure importanti, che mobilitano
risorse per 1,5 miliardi sul lavoro oltre al rinvio dell’Iva: ci siamo  dati come impegno trovare coperture senza creare nuovo debito e rispettando le direttive comunitarie, credo che abbiamo fatto un grosso
lavoro di coperture certe che nel breve periodo non comportano aggravi
per i cittadini”, ha spiegato il ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni. “L’obiettivo delle misure del governo – ha aggiunto l’ex
Banca d’Italia – è quello di creare un ponte per la ripresa dell’attività economica, dobbiamo ripensare gli strumenti della tassazione in modo da sostituirli con forme meno gravose su lavoro e imprese”. Le norme relative alle politiche sul lavoro prevedono un incentivo fino a un massimo di 650 euro mensili per ogni lavoratore assunto a tempo indeterminato. La misura di sostegno è istituita in via sperimentale ed è destinata ai giovani di età compresa fra i 18 e i 29 anni: l’ammontare complessivo è pari a 800 milioni di euro e corrisponde al 33 per cento della retribuzione mensile lorda complessiva, per un periodo di 18 mesi, “ed è corrisposto unicamente mediante conguaglio nelle denunce contributive mensili del periodo di riferimento, fatte salve le diverse regole vigenti per il versamento dei contributi in agricoltura”. Per poter usufruire degli incentivi alle assunzioni i giovani devono rientrare in una serie condizioni: essere privi di impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi; essere privi di un diploma di scuola media superiore o professionale, vivano soli con una o più persone a carico. Il bonus viene istituito, si legge, “al fine di promuovere forme di occupazione stabile di giovani” e “in attesa dell’adozione di ulteriori misure da realizzare anche attraverso il ricorso alle risorse della nuova programmazione comunitaria 2014-2020”.
L’’incentivo, si legge nel decreto che sarà presentato alle Camere per la
conversione, verrà corrisposto “per un periodo di 12 mesi ed entro i
limiti di 650 euro mensili per lavoratore nel caso di trasformazione a
tempo indeterminato”. Il presidente del Consiglio si è detto certo che
il pacchetto potrà “aiutare l’assunzione di duecentomila giovani italiani con una intensità maggiore nel centro-sud, ma con un intervento che riguarda l’intero Paese”. Il ministro del Lavoro Enrico Giovannini ha precisato: “100.000 saranno quelle che potranno beneficiare degli sgravi contributivi mentre altre 100.000 sono coinvolte nelle altre misure di inclusione. Letta ha aggiunto: “Puntiamo a dare un colpo duro alla piaga della disoccupazione giovanile”. Il pacchetto lavoro, ha sottolineato ancora, “mi consentirà di andare in Europa a fare la battaglia contro la disoccupazione giovanile”. Parole grosse che saranno smentite dagli effetti prodotti dalle nuove norme, ridicoli e destinati ad una platea molto ridotta di beneficiari. Una prospettiva che potrebbe spingere il Parlamento a modificare radicalmente le norme licenziate da Palazzo Chigi. Il decreto prevede anche un rinvio di tre mesi dell’aumento dell’aliquota Iva al 22 per cento, già deciso da leggi pienamente vigenti. Argomento in grado di sottoporre a forti fibrillazioni la maggioranza di governo, con il Pdl deciso a tutto pur di mantenere una promessa fatta durante la campagna elettorale. “Ora che è ufficiale che per finanziare il blocco dell’Iva il governo aumenta le tasse sulle persone fisiche e le imprese, ci chiediamo di quale gruppo parlamentare è presidente Renato Brunetta. Rinviare l’Iva anticipando l’Ires è una mossa da furbetti più che da geni della finanza. A questo punto, dopo aver sostenuto fino a poche ore fa che il governo non avrebbe dovuto aumentare le tasse, ci aspettiamo che il capogruppo del Pdl ne tragga le dovute conseguenze”, ha scritto in una nota il responsabile economia e sviluppo della Lega Nord, Maurizio Fugatti.
“Personalmente devo esprimere delusione sia sul lavoro sia sull’Iva
rispetto agli annunci del Governo”, ha chiarito in una nota Daniele
Capezzone, Presidente della Commissione Finanze della Camera. Insomma, Letta dimostra di temere le politiche di stimolo di stampo keynesiano.
http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=21722#sthash.i3BMabIW.dpuf
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Firenze nel girone dei lussuriosi: dal fascicolo “Bella Vita” indagini e intercettazioni piccanti

Scritto da Redazione Infiltrato.it
Giovedì 27 Giugno 2013 05:13
Un faldone di 4mila pagine con indagini e intercettazioni (piccanti), interrogatori e appostamenti: la “Bella Vita” della lussuriosa Firenze è tutta racchiusa in quel fascicolo. Che rischia di avere effetti negativi anche sulla futura premiership dell’attuale Sindaco Renzi, seppur non coinvolto direttamente nello scandalo escort in comune.
La sceneggiatura potrebbe essere tranquillamente quella  degli scollacciati film degli anni ottanta, per intenderci i filmacci che vedevano protagonisti Lino Banfi, il compianto Renzo Montagnani e le varie Giovannone coscia lunga.
I personaggi ci sono tutti, da Adriana la escort regina, alla casalinga che confida all’amica “Mica faccio la puttana, tre o quattro volte in tutto e non più di mezzora alla volta”. Franchino il gioielliere che vende Rolex e “mi paghi quando puoi”, i fratelli tenutari degli alberghi di lusso dove, se sei conosciuto, ti prendono il documento d’identità ma non ti registrano; poi baristi, infermiere procaci e soprattutto assessori e funzionari del Comune di Firenze.
Storie boccaccesche tutte riportate nelle quattromila pagine di indagini e intercettazioni, interrogatori e appostamenti: il fascicolo Bella vita.
Ragazze reclutate dal catalogo Escortforum, contattate con un sms e messaggino di ritorno: Natascia ti aspetta alla tal ora nel tal posto, pagata con denaro pubblico.
Tutto rigorosamente all’insaputa delle istituzioni, che un minimo avrebbero dovuto vigilare,  prendiamo il povero assessore alla Mobilità della giunta Renzi, Mattei,  che poverino non sapeva che la sua amica da anni, Adriana la romena, disoccupata ma con un tenore di vita extralarge, “facesse quel mestiere”, però le aveva assegnato un  appartamento ad uso gratuito, per puro spirito di amicizia e chissà quanto ci è rimasto male quando Adriana e un suo collaboratore sono stati beccati nella stanza delle fotocopiatrici a Palazzo Vecchio, però non stavano facendo fotocopie.
Un duro colpo, tanto che Mattei si è dimesso per motivi di salute, tranquillizzando così moglie e figlia e magari pure il sindaco Renzi.
E le intercettazioni, la studentessa schifata “Ci si incontrava in quattro o più ed era uno scambio di figurine”, il fidanzato dell’infermiera “Fatti pagare di più”. La sveltina del professionista consulente del Comune “Una cosa veloce in macchina, con la bimba di ieri”.
Al telefono tutti parlavano a ruota libera, i fratelli Taddei, titolari degli alberghi di lusso, terminali del sito Escortforum, con sede in Slovacchia, il “capo puttaniere” l’orefice Franchino, che reclutava le ragazze e spiegava  loro che cosa dovevano fare, casomai non l’avessero capito
Anche le tariffe, non proprio alla portata di tutti: cinquecento euro, cena, auto, ragazza, escluso stanza d’albergo e qualsiasi extra da concordarsi in loco e in corso d’opera.
LEGGI DALLA FONTE ORIGINALE – Riccardo Castagneri su Articolotre.com
http://www.infiltrato.it/inchieste/italia/firenze-nel-girone-dei-lussuriosi-dal-fascicolo-bella-vita-indagini-e-intercettazioni-piccanti


Hubert Du Mesnil, presidente di LTF: le generazioni future non dovranno rimpiangere la Torino-Lione …

Sappiamo che sulla Torino-Lione i media sono avari di notizie (…), al punto da costringere la società LTF sas a fare campagne pubblicitarie affinché i cittadini conoscano tutta la “verità” su questa linea ferroviaria.

Grazie al quotidiano Le Monde, Hubert Du Mesnil, presidente di LTF sas, svela i suoi pensieri.

http://mediateur.blog.lemonde.fr/2013/06/25/etat-des-lieux-de-la-liaison-ferrovaire-lyon-turin/

Afferma di svolgere la sua missione “con lealtà totale nei confronti dei governi (francese e italiano, N.d.T) e degli azionisti, le società RFF e RFI, rispettando strettamente le decisioni della commissione intergovernativa istituita dai due paesi.” e aggiunge “Riconosciamo il diritto di opposizione, ma denunciamo la violenza, le contro-verità e la disinformazione.” Sappiamo da tempo quale verità viene propinata ai cittadini dai promotori e dagli esecutori delle Grandi Opere Inutili Imposte: vere e proprie campagne di violenta disinformazione e manipolazione della realtà per acquisire il consenso.

Circa i costi afferma:  “Si dovrebbe anche evitare la confusione tra le varie stime di costo che sono stata sviluppate per il progetto complessivo, che comprende l’esecuzione, a termine, degli accessi francese e italiano, oltre alla sezione transfrontaliera.

Questa frase di Hubert Du Mesnil svela il gioco dei promotori: fare subito solo la galleria di base senza accessi (perché ci sono già) e magari senza il costoso armamento, e metterla in servizio quando la linea esistente sarà satura, come dice l’Accordo di Torino del 2001 (magari fra mezzo secolo ?):  “Ma gli accessi in entrambi i paesi, secondo gli accordi franco-italiani, saranno realizzati solo gradualmente, in più fasi, tenendo conto dell‘evoluzione del traffico e delle decisioni degli Stati e delle Regioni attraversate.”

Ma sentendosi evidentemente in difficoltà di fronte alle argomentazioni degli oppositori, Du Mesnil afferma  “Le previsioni di traffico vengono discusseQuesta materia non è una scienza esatta e richiede molta modestia. Ovviamente le proiezioni implicano inevitabilmente delle incertezze, se non altro per l’impatto che ha  lo sviluppo delle economie in Europa. Ma queste sono previsioni a lungo termine, e una correzione del 10%, ovvero uno spostamento di cinque anni, non sconvolge definitivamente l’economia di un progetto che avrà una durata plurisecolare.” Ecco un esempio di manipolazione !

Per farla breve Hubert Du Mesnil lascia cadere questa frase: “Non è con un semplice calcolo aritmetico che è stata decisa la realizzazione di un tale progetto“. In effetti lo sapevamo, sono gli interessi concreti non rivelabili e le false affermazioni di bassi costi e traffici imponenti che giustificano un tale progetto!

Hubert du Mesnil ci espone quindi la sua visione del mondo : “Sappiamo che ruolo giocano gli investimenti per la crescita economica e per lo sviluppo dei territori. E nessuno può negare il loro ruolo nell’avvicinamento dei nostri Paesi, nel progresso dell’Europa e nella competizione internazionale“.

Du Mesnil, con retorica, termina il suo argomentare affermando che: “Evidentemente, se questi sono gli argomemti da combattere, il progetto stesso è un pericolo e sarebbe meglio rimanere vincolati dalla capacità di trasporto e dalle caratteristiche dell’attuale linea. Ma per noi che ci riconosciamo in queste scelte, gli sforzi che sono richiesti valgono la pena e le generazioni future non dovranno rimpiangerli.”

A che punto è il collegamento ferroviario Torino-Lione?

http://mediateur.blog.lemonde.fr/2013/06/25/etat-des-lieux-de-la-liaison-ferrovaire-lyon-turin/

La sezione transfrontaliera del collegamento ferroviario Torino-Lione, oggetto di un trattato internazionale tra la Francia e l’Italia, non è esaminata dalla Commissione Mobilità 21, presieduta dal deputato e sindaco (PS) di Caen Philippe Duron che dovrà presentare Giovedi 27 giugno le sue proposte per l’infrastruttura di trasporto al Governo (francese, N.d.T.)  Tuttavia, questo collegamento ferroviario è un obiettivo importante per lo sviluppo dei trasporti nel paese, ma anche in Europa. Hubert du Mesnil, presidente della società Lione Torino Ferroviaria (LTF) dal 29 marzo 2013 e Marco Rettighieri, Direttore Generale dal 2011, raccontano in questa tribuna a che punto è questa linea mista merci e passeggeri.

Etat des lieux de la liaison ferroviaire Lyon-Turin

http://mediateur.blog.lemonde.fr/2013/06/25/etat-des-lieux-de-la-liaison-ferrovaire-lyon-turin/

La section transfrontalière de la liaison ferroviaire Lyon Turin, objet d’un traité international entre la France et l’Italie ,  ne figure pas à la commission Mobilité 21, présidée par le député et maire (PS) de Caen Philippe Duron  qui doit , jeudi 27 juin, présenter au gouvernement ses propositions sur les infrastructures de transports. Cependant, cette liaison ferroviaire est un axe majeur du développement des transports sur le territoire national mais aussi européen.  Hubert du Mesnil, Président de Lyon Turin Ferroviaire (LTF) depuis le 29 mars 2013 et Marco Rettighieri,  Directeur général depuis 2011, présentent dans la tribune ci-dessous l’état des lieux de cette ligne mixte fret et voyageurs.

Nos prises de position sur le projet Lyon-Turin Ferroviaire ne sont pas une pratique courante de notre part, mais nous estimons aujourd’hui que nous ne pouvons pas rester silencieux devant certaines actions ou déclarations, et qu’il nous faut dire avec clarté les conditions dans lesquelles nous assumons nos responsabilités de dirigeants de la société LTF. Il faut rappeler que cette société à été créée pour conduire les études et les travaux préparatoires de la section transfrontalière du projet Lyon –Turin, nouvelle ligne mixte pour le fret et les voyageurs. Nous avons donc à conduire cette action dans le cadre fixé par nos États, Italie et France, en accord avec les autorités de l’Union Européenne, qui assurent à ce projet sa vocation européenne et une bonne partie de son financement. Nous le faisons dans une totale loyauté vis à vis de nos gouvernants et de nos actionnaires, les sociétés RFF et RFI, et dans le strict respect des décisions de la commission intergouvernementale instituée par nos deux pays.

Nous mobilisons les compétences de nos équipes pour traiter au mieux nos dossiers, nos études et nos contrats. Nous voulons que cette équipe franco-italienne fasse preuve d’un grand professionnalisme et d’une grande rigueur dans la qualité de nos travaux, dans la maîtrise de nos budgets et le respect de nos calendriers. Jusqu’à aujourd’hui, nous avons engagé environ 800 millions d’euros d’investissement, de manière satisfaisante pour nos autorités de tutelle et de contrôle. C’est la fierté de nos équipes de se montrer et se maintenir au meilleur niveau.

Nous comprenons et acceptons que ce projet soit contesté et que des oppositions se manifestent. Nous ne pouvons admettre toutes les armes utilisées : la violence et les agressions tout d’abord qui menacent nos personnels et les entreprises qui travaillent avec nous. Mais aussi les mauvais procès, la suspicion, les mises en cause, sollicitées à l’appui de démonstrations péremptoires sur l’inutilité du projet, l’incompétence de ses responsables ou la mauvaise foi de ses promoteurs. En un mot, nous reconnaissons le droit d’opposition, mais nous dénonçons la violence, les contrevérités et la désinformation.

Nous entendons souvent des critiques sur les chiffres. Tout d’abord, le montant du projet, autour de 8,5 milliards d’euros : contrairement à ce qui est dit, cette estimation de la section transfrontalière n’a pas subi de modification significative depuis que le profil du projet est stabilisé, et on ne s’écarte pas des coûts constatés pour des projets similaires en Suisse. De toute façon, l’estimation définitive ne sera établie que lorsque les études en cours seront achevées et approuvées par les ministères compétents et que le coût du projet sera validé par un organisme indépendant. Il faut par ailleurs éviter les confusions avec divers coûts estimatifs qui ont pu être avancés pour le projet global, qui comprend la réalisation, à terme, d’accès français et italiens, en complément de la section transfrontalière. Mais les accès dans les deux pays, selon les accords franco-italiens, ne seront réalisés que progressivement, par phases, en fonction notamment de l’évolution du trafic et des décisions des Etats et des régions traversées.

Les prévisions de trafic sont également l’objet de débats. Cette matière n’est pas une science exacte et nécessite beaucoup de modestie. Bien évidemment, les projections comportent inévitablement des incertitudes, ne serait-ce qu’en raison de l’impact de l’évolution économique de l´Europe. Mais nous sommes sur des séquences de long terme, et une correction de 10%, ou un décalage de 5 ans ne bouleversent pas de manière définitive l’économie d’un projet qui s’inscrit dans une durée pluriséculaire.

Dans un temps plus court, celui des années présentes, il est à noter que malgré la crise économique, les échanges franco-italiens demeurent au dessus de 40 millions de tonnes entre les deux pays qui sont de longue date, l’un pour l’autre, second fournisseur et client. La zone d’influence du Lyon-Turin va d’ailleurs bien au-delà et sa mise en service entraînera une large réorganisation des flux de trafic de longue distance.

Mais de toute façon, les choix de nos pays et de l’Europe ne se réduisent pas à nos calculs et à nos chiffres. Ce n’est pas une simple arithmétique qui fonde la réalisation d’un tel projet. C’est un ensemble de choix, qui s’articulent et se combinent : une Europe qui assoit sa construction et son développement sur la mobilité des personnes et des biens, et veut privilégier le mode ferroviaire en connectant les réseaux nationaux pour construire un véritable réseau européen. C’est une ensemble de pays alpins qui font le choix, conjointement, de mener de manière déterminée la lutte pour la protection de l’environnement et la vie de leurs vallées, et d’agir de manière volontariste pour un report modal. Un transfert d’envergure vers le rail que les principales lignes historiques de l’arc alpin ne peuvent assurer. Certains ont traduit ce choix par des réalisations de grande ampleur comme en Suisse, comparables à notre projet. C’est aussi nos deux pays liés par l’histoire et une communauté d’intérêt et de valeurs qui ne peuvent pas se résigner à laisser se renforcer une barrière naturelle et devoir la contourner par le nord ou par le sud, au risque de voir se distendre les liens économiques, culturels et humains qui les unissent depuis des siècles.

C’est ainsi que nous comprenons le sens et la raison d’être de ce projet qui mérite en effet qu’on lui donne les meilleures compétences , et qu’on sollicite pour lui le savoir-faire des ingénieurs et techniciens de nos meilleures entreprises. Est-ce que cela veut dire qu’il faut négliger les coûts et les risques que cela peut induire pour nos finances publiques, et pour nos territoires? Non, bien sûr, nous avons conscience de l’ampleur de nos propres responsabilités pour les maîtriser et nous affirmons la nécessité d’évaluations approfondies, d’une pluralité d’expertise et d’une gouvernance rigoureuse.

Mais nous savons aussi le rôle des grands investissements pour la croissance économique et le développement territorial. Et nul ne peut nier leur rôle dans le rapprochement de nos pays, les progrès de l’Europe et la compétition internationale.

Évidemment, si ces sujets sont à combattre le projet lui-même est un danger et il vaut mieux rester contraint par les capacités et les caractéristiques de l’itinéraire actuel. Mais pour ceux qui comme nous reconnaissent ces choix, alors les efforts qui nous sont demandés en valent la peine et les générations futures n’auront pas à les regretter

Dal Tav alla metro di Torino, stesse ditte e stessa truffa

altE’ di questa mattina la notizia di un’operazione condotta a Torino dalla guardia di Finanza in merito ad una maxitruffa relativa agli appalti per la costruzione della tratta più recente della metropolitana cittadina: si parla di 10 milioni di euro che comprendono anche tonnellate di materiale fatturato ma mai effettivamente utilizzato nella costruzione della linea.

Il meccanismo si è basato sulla stipulazione di ‘accordi segreti’ tra un’azienda di Vercelli e una di Torino che, grazie alle certificazioni false della prima, ha partecipato senza autorizzazione ai lavori della metropolitana.

Fin qui si potrebbe dire niente di nuovo, che speculazioni e appalti poco chiari siano all’ordine del giorno in affari di questo tipo era prevedibile, soprattutto dopo l’elezione di Torino a città dei grandi eventi; più interessante è reperire qualche informazione in più sulla ditta coinvolta nella truffa, la Cogefa-Lauro, ed ecco che ancora una volta spuntano nomi già noti…

Gli accordi con la ditta vercellese hanno infatti permesso ai loro colleghi di Torino di partecipare con appalti truccati non solo alla costruzione della linea metropolitana ma anche a quella di diverse altre grosse infrastrutture del territorio piemontese tra i quali la linea ad alta velocità Torino Lione! 

Casomai ce ne fosse bisogno, la vicenda conferma una volta di più quali siano i reali interessi dietro alla costruzione del Tav e come le ditte coinvolte siano sempre le stesse pronte a comparire ogni qual volta ci sia odore di speculazione e possibilità di spartirsi il bottino con la costruzione delle grandi opere. Da Torino alla Val di Susa la truffa corre veloce…

http://www.infoaut.org/index.php/blog/no-tavabenicomuni/item/8252-dal-tav-alla-metro-di-torino-stesse-ditte-e-stessa-truffa

Il Tunnel si farà. Punto e basta

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WRITTEN BY: MASSIMO BONATO – JUN• 26•13

Sono giorni di attesa e di pronostici in Francia. Il 27 giugno verrà consegnato nelle mani del ministro francese dei Trasporti, Frédéric Cuvillier, il rapporto della Commissione Mobilité 21 che, come scritto (TG Vallesusa – La Francia rinvia i progetti per l’alta velocità a dopo il 2030: non ci sono più soldi ), metterà ordine tra i 70 progetti di trasportistica francese in un crescendo di priorità e di fattibilità.

Sono giorni di attesa e di pronostici in Francia. Il 27 giugno verrà consegnato nelle mani del ministro francese dei Trasporti, Frédéric Cuvillier, il rapporto della Commissione Mobilité 21 che, come scritto (TG Vallesusa – La Francia rinvia i progetti per l’alta velocità a dopo il 2030: non ci sono più soldi ), metterà ordine tra i 70 progetti di trasportistica francese in un crescendo di priorità e di fattibilità.

Testate locali come «Le Parisienne» o «Le Journal du Dimanche» si fanno portavoce del disagio di amministratori che vedranno posticipata la realizzazione di linee regionali oltre il 2030. «Les Echos», «Le Figaro» e «Le Monde» registrano i malesseri politici di chi grida all’errore strategico, alla brusca frenata nel progresso del trasporto ferroviario francese. Ma la questione è, appunto, tutta francese, ancorché rilevante per i riflessi che potrà avere nel nostro Paese.

getimage«Les Echos» e «Le Monde» propongono nei loro articoli cartine del tutto simili attraverso le quali emerge chiaramente come l’interesse paia ormai quello di portare a termine quattro grandi cantieri in opera, e di metter mano a nodi cittadini come quello di Lione e Marsiglia – sviluppi indicati già anni or sono dallo SNIT (Schema nazionale delle infrastrutture dei trasporti). Manca in entrambe un accenno al tratto della Torino-Lione che però «Le Figaro» ricalca ponendola tra le linee la cui realizzazione verrebbe posticipata a oltre il 2030. L’articolo de «Le Figaro» è circolato anche in Italia suscitando equivoci e speranze.
L’equivoco sorge considerando la linea Torino-Lione come un unicum, un solo itinerario compatto al quale riferirsi globalmente, mentre non è così.
La linea Torino-Lione è composta da almeno tre segmenti fondamentali, la tratta italiana, la tratta francese (chiamate accessi) e il tunnel. La questione si sposta quindi dalla politica trasportistica francese e italiana (i tratti di linea) alla politica transfrontaliera (il tunnel), determinata da trattati per l’appunto internazionali. È cosa sottolineata dallo stesso deputato Duron – responsabile della Commissione Mobilité 21 – nello schema dei criteri usati per la classificazione dei lavori eseguibili («La Gazette des Communes»), nella quale si legge: “Per riassumere, la commissione si è concentrata sull’essenziale, evitando di lavorare su ‘quanto abbia il rilievo di un trattato internazionale come il progetto Lyon-Turin, o sul progetto di aeroporto di Note-Dame des Landes, o ancora come il canale Seine-Nord”.

figaroLa Commissione Mobilité 21 in sostanza non si occupa della Torino-Lione.
Come sottolinea Paolo Prieri di Presidio Europa ciò che a Parigi interessa è mettere in comunicazione Chambery con la capitale, mentre anche nella vicina Maurienne da tempo si sollevano richieste di maggiori collegamenti intraregionali.

Rileggere la mappa de «Le Figaro» allora, significa interpretare una questione del tutto francese che vorrebbe incentivare i collegamenti con il capoluogo savoiardo e la capitale.
Ma la Torino-Lione è un’altra cosa. “La Commissione [Mobilité 21] che dovrebbe pronuncersi giovedì sull’’austerità TGV’ non prende in considerazione la nostra linea con la scusa che non è AV (LGV come dicono loro) – sostiene Claudio Giorno, elemento di spicco del movimento No Tav valsusino e attento osservatore delle politiche trasportistiche. – Il rischio, anzi, è che venga considerato “keinesiano” e quindi desiderabile anche solo lo scavo del tunnel rinviando non solo le linee di collegamento ma addirittura il suo stesso armamento a ‘dopo’ (posa binari, linea aerea, impianti tenologici – tutta roba costosissima con cui ci sono anche meno margini per le tangenti)”.
Lo stesso concetto di Alta velocità in Val di Susa pare svuotarsi di significato nel tempo, non solo per i francesi. Nel trasformismo politico, la linea è passata in modo camaleontico da Av – Alta velocità – ad Ac – Alta capacità –, da linea passeggeri a linea merci, fino a NLTL – Nuova Linea Torino Lione –, dizione che lascia aperta ogni possibile interpretazione di quanto verrà fatto a partire dal Tunnel di base.
Perché in realtà, il nocciolo della questione, “la forza che nella verde miccia sospinge il fiore” (come direbbe il poeta Dylan Thomas) è il Tunnel di base. “Poco ci vuole all’impianto ferroviario per adeguarsi” spiega Paolo Prieri: a Saint-Jean-de-Maurienne la ferrovia c’è già, a Susa pure. Per una nuova linea, alta o bassa velocità che sia, si tratta di adeguamenti ininfluenti a confronto di quanto comporta un tunnel di 57 km nella montagna.
E il punto è questo: “Il Tunnel è diventato un’icona” sostiene Prieri. Il Tunnel di base è un simbolo. Come ogni galleria che nel tempo abbia varcato un confine naturale per mettere in comunicazione comunità, regioni e stati; come ogni muraglia che abbia sottratto a un confine naturale spazio per evitare contatti e incursioni, scambi commerciali e culturali tra comunità e regioni, il Tunnel di base è diventato un simbolo. Tanto più, ricorda Prieri, che lo stesso tunnel del Frejus, per motivi diversi, non nacque come “autostrada” ma come semplice “galleria”. Ancora oggi l’accesso italiano è autostradale, ma passato il tunnel, in Francia, la strada si tramuta in semplice superstrada a tre corsie.
Dunque tutta la Torino-Lione si inaridisce in questo estirpare piante secolari nei pressi di Chiomonte (Torino) per ricavare dalla roccia un buco, una galleria, un simbolo di continuità tra spazi geografici interpretati come linee parallele; forse binari, forse pure no; forse ad alta velocità, forse no. Forse non se ne farà pure nulla. L’importante è che il buco ci sia.
A questo punto sarebbe persino interessante chiedere a Freud che cosa ne pensa.

montiIn conclusione, resta il fatto che il Tunnel di base in Val di Susa “va fatto” – mercé Sarkozy e Hollande, Berlusconi, Monti, Bersani, Letta, Lupi&C. Non è contemplato dalla Commissione Mobilité 21 in quanto determinato da trattati internazionali. I fondi della Comunità europea per la progettazione trasportistica degli Stati membri sono esigui (i progetti francesi ammontano a 245 miliardi, i fondi europei a 23, e gli Stati a cui erogare i fondi sono 28) ma ciò significa anche che “a dare i numeri” son capaci tutti: auspicare il 40% di intervento europeo per il Tunnel di base e poi ricevere briciole non farà che profittare della facoltà, sempre ecceduta, di piangere miseria lamentando il tradimento della Grande Madre.

Non resta che attendere la conferenza stampa organizzata a Parigi (rue Miromesnil, 102 bis – Contact presse: Daniel Ibanez 07 85 16 69 31; contact@lyonturin.eu) venerdì 28 giugno da chi si oppone alla Torino-Lione, per capire quale sarà il futuro del progetto e qual è la posizione di chi vi si oppone: un’occasione di incontro e di dialogo fra le parti italiana e francese.

http://www.tgvallesusa.it/?p=1409

QUELLO CHE LE BANCHE NON VI DICONO

di Paolo Cardenà – In molti si illudono che quando si recano in banca o si rivolgono a qualche promotore finanziario, questi, agiscano nell’interesse esclusivo dei clienti e rispettino fedelmente il codice deontologico, oltre che gli obblighi morali e di legge. Nel mondo della finanza e anche nel sistema bancario, certamente, operano moltissime persone con eccellente preparazione, e anche con spiccato senso dell’onesta, sempre disponibili nel consigliare  al meglio i propri clienti svolgendo un servizio di consulenza con elevati standard qualitativi.

Ma pur non volendo affatto generalizzare, possiamo affermare che, talvolta, le cose vanno diversamente rispetto a come dovrebbero andare. Ciò per molti motivi che vanno dalla  carente preparazione di taluni “professionisti del risparmio”, alla latente professionalità degli stessi, all’asimmetria informativa esistente tra il mondo bancario e il risparmiatore, ben lontana dall’essere colmata, nonostante gli sforzi normativi compiuti in questi ultimi anni.  Non ultimo il conflitto di interessi in cui più o meno tutti gli operatori di mercato svolgono la propria  attività.

Quando andate in banca o vi rivolgete al vostro promotore finanziario per ottenere suggerimenti per l’allocazione dei vostri risparmi o per proteggerli, dovete sapere che questi soggetti, molte volte,  possono agire in regime di conflitto di interessi  e, nei casi più eclatanti, ai limiti del crimine. Crimine, ovviamente rivolto ai vostri risparmi. Più o meno tutte le azioni commerciali pianificate dalle banche sono per lo più orientate all’ottenimento di risultati a favore della banca e del  suo personale, sia in termini strategici che in termini economici. Raramente a favore del cliente.

 Tant’è che, molto spesso, gli interessi delle banche derivanti da tali pratiche, sono in netto contrasto con quelli dei propri clienti. A mero titolo esemplificativo, si pensi ai premi che la banca riconosce al proprio personale in occasione del raggiungimento di alcuni risultati nel collocamento di prodotti di risparmio indicati dalla banca. Talvolta, questi strumenti non sono affatto compatibili con le esigenze dei risparmiatori e, ammesso che lo siano, non è detto che il prodotto offerto sia il miglior prodotto esistente sul mercato per quella tipologia di investimento. Il bancario o promotore che sia, sapendo che otterrà un premio al raggiungimento del budget assegnatogli, sarà orientato sempre più a proporre quel determinato investimento piuttosto che un’altro, magari più profittevole per il cliente in termini  di minor costo. Questa circostanza trova la sua massima esaltazione nel risparmio gestito. Nonostante l’apertura del mercato al multibrand, più o meno tutte le banche e le reti di promotori finanziari, sono orientate a costruire portafogli di investimento utilizzando prodotti di risparmio gestito a marchio proprio, anziché utilizzare, come invece si dovrebbe, prodotti di case terze magari eccellenti  in particolari segmenti di mercato.

 E’ evidente che ciò avviene perché le banche che controllano le società di gestione, troveranno più convenite in termini economici avere all’interno del proprio gruppo masse di risparmio da gestire  che, evidentemente, valorizzeranno  l’asset rendendo più profittevole il business.

Tanto per offrirvi uno spunto di riflessione riguardo a talune pratiche poste in essere dalla banche, giova segnalarvi che , in Italia (ma non solo e non solo nel recente passato),  talune banche semifallite, per diverse ragioni, hanno comprato a debito titoli in default: sia titoli sovrani che di società. Una miscela esplosiva che potrebbe tranquillamente deflagrare e produrre effetti catastrofici. Titoli in portafoglio alle banche pronti ad essere scaricati, sia nei portafogli dei fondi comuni gestiti da società di gestione controllate dalle stesse banche e quindi, successivamente, rifilati al risparmiatore sotto mentite spoglie, sia direttamente all’ignaro risparmiatore che, in buona fede,  si affida alla presunta onesta del proprio interlocutore, talvolta del tutto latente.

 Nel contesto bancario italiano potremmo enunciare una serie innumerevole di casi in cui, le banche, poco prima che si verificassero dissesti finanziari, hanno scaricato carta straccia a ignari risparmiatori, liberandosi del rischio e facendolo accollare a questi ultimi. Probabilmente, se non siete stati accorti, o se avete avuto rapporti con persone completamente prive di scrupoli,  i vostri risparmi o parte di essi, potrebbero essere allocati proprio in questi titoli, o, se vi dice proprio male, in altri titoli che la banca vi ha venduto poiché troppo rischiosi da tenere in portafoglio: il suo portafoglio, ma non il vostro. A proposito del rischio, solo per offrire una banale esemplificazione, dovete sapere che gli stessi interlocutori che vi propinano l’uno o l’altro investimento, proprio sul tema del rischio, tendono a nascondervi la verità, ammesso che la conoscano.

  Il titolo di stato che vi propongono come investimento sicuro (o peggio privo di rischio) o, ancora peggio, l’obbligazione bancaria altrettanto sicura, potrebbe non rispettare affatto le vostre attese in termini di sicurezza  e men che meno ciò che vi dice il vostro interlocutore, sia esso bancario o promotore. Infatti, in via generale e semplicistica, se andaste a guardare i rendimenti dei titoli di stato italiani, potreste essere abbastanza rassicurati dal fatto che, i titoli, avendo un rendimento tutto sommato contenuto, siano dei titoli privi di rischio, perché, come già sapete, a minor rendimento dovrebbe corrispondere un minor rischio e di conseguenza, a un maggior rendimento dovrebbe corrispondere un maggior rischio. CIO’ NON E’ AFFATTO VERO NEL CONTESTO STORICO ED ECONOMICO IN CUI CI TROVIAMO. E non è vero per il semplice fatto che quelle “caratteristiche” di TRADE OFF di rischio/rendimento, che hanno orientato per molti anni le vostre aspettative di investimento, grazie alle azioni delle banche centrali, sono del tutto saltate in aria, o quantomeno distorte significativamente.

 Le manovre espansive delle banche centrali di mezzo mondo, stanno mantenendo “schiacciati” questi rendimenti. Lo autorità monetarie stanno ponendo in essere queste manovre per  garantire una crescente liquidità al mercato e non far saltare in aria tutto il sistema, sperando che possa giungere, nel frattempo, un’improbabile ripresa economica idonea a mitigare gli effetti che si produrranno sui mercati con azioni più restrittive, quando le stesse banche centrali saranno chiamate  ritirare la liquidità immessa. Ciò, per il semplice motivo che l’abbondante liquidità immessa sul mercato, sempre pronta ad essere investita e sempre a caccia di rendimenti appetibili, per la semplice legge della domanda e dell’offerta, tende a far lievitare il prezzo dei titoli oggetto dell’investimento e quindi a comprimerne il rendimento.

Ne consegue che è anche vero l’inverso. Ossia, le attività finanziarie oggetto delle vendite saranno esposte a cali più o meno accentuati dei prezzo. Per dirvela ancora più semplice, un titolo di stato con un basso rendimento, non è affatto detto che sia un investimento sicuro. Anzi, non sarebbe affatto remota la possibilità  che questo sia un titolo di stato con ampie possibilità di  essere ristrutturato o di andare in default, ovvero idoneo a  farvi perdere i vostri risparmi. Ora si tratta solo di capire quando ciò potrà avvenire.   Quando avverrà, in assenza di una crescita economica robusta e vigorosa che non appare comunque all’orizzonte, state pur certi che saranno dolori. Per tutti.

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Cabras: licenziati i maggiordomi, rivogliamo sovranità

Scritto il 25/6/13

 Un’Italia «compiacente e intimidita», secondo Ezio Mauro, si sta chiedendo che cosa succederà adesso, dopo la sentenza sul caso Ruby, con la quale il tribunale di Milano condanna in primo grado Berlusconi a sette anni di reclusione e all’interdizione perpetua dai pubblici uffici. Nessuno, aggiunge il direttore di “Repubblica”, si pone «la vera domanda». E cioè: «Cos’è accaduto davvero negli ultimi vent’anni in questo sciagurato paese, nell’ombra di un potere smisurato e fuori da ogni controllo, che concepiva se stesso come onnipotente ed eterno? E com’è potuto accadere, tutto ciò, in mezzo all’Europa e agli anni Duemila?». Un editoriale che, incredibilmente, “dimentica” che il male oscuro dell’Italia è lo stesso che sta piegando la Grecia, la Spagna, il Portogallo e l’Irlanda – paesi, com’è noto, mai governati dal Cavaliere. La domanda – quella vera – se la pone Pino Cabras: che fine hanno fatto i presunti antagonisti di Berlusconi, quelli a cui “La Repubblica” – da Bersani in giù – ha inutilmente spianato l’ultima campagna elettorale?

La risposta viene dall’ultima tornata delle elezioni amministrative siciliane: senza più l’alibi dell’“ineleggibile” Berlusconi, appena rieletto da milioni di italiani e ora persino alleato di governo del Pd, gli elettori “rispondono” – votando o astenendosi – che la cronaca quotidiana dimostra che il vero problema non è mai stato l’uomo di Arcore, espressione deteriore della casta nostrana, ma semmai la totale sudditanza dei due schieramenti principali, destra e sinistra, impegnati a fingere di affrontarsi ma, in realtà, ad obbedire ai Signori della Terra, che dalle nostre parti “parlano” attraverso Bruxelles e la Bce. Cartina di tornasole, la fatale Sicilia: «Da Messina a Messina, la politica è stata per mesi in un ottovolante, con ubriacature d’alta quota, cadute repentine, giudizi definitivi smentiti da fatti contrari nel giro di breve tempo», scrive Cabras su “Megachip”. «Fu proprio Messina, lo scorso ottobre, a far capire che la politica italiana non sarebbe più stata la stessa. Beppe Grillo aveva appena attraversato a nuoto lo Stretto, e da lì iniziava una campagna elettorale spettacolare che lo portava al grande exploit siciliano, fino a fare del “Movimento Cinque Stelle” il punto di coagulo dell’opposizione italiana».

Oggi, aggiunge Cabras, a Messina diventa trionfalmente sindaco Renato Accorinti, l’uomo della battaglia No-Ponte, un vero alieno contro una vera piovra di potentati locali, a capo di un movimento che rompe tutti gli schemi senza stare affatto nemmeno nello schema del M5S, che d’altro canto vince clamorosamente a Ragusa con Federico Piccitto. «Nessuno può più illudersi di tenere in cassaforte i voti di appartenenza, nessun leader può più coltivare l’illusione di “dettare la linea”», avverte l’editorialista di “Megachip”, esponente del laboratorio politico “Alternativa” presieduto da Giulietto Chiesa. I ballottaggi siciliani arrivano dopo i boom e i flop dei partiti e delle liste, con votanti che si muovono con la forza incontenibile dei fiumi in piena. «Sia il bacino sempre più esteso di quelli che non votano, sia la corrente sempre più instabile di quelli che ancora vanno alle urne, hanno una cosa in comune: non possono più essere rappresentati da quel che c’era prima, e ancora non stanno fermi in quel che c’è ora».

I meccanismi elettorali e le consuetudini con il potere, continua Cabras, hanno consentito alle classi dirigenti italiane di resistere, fino ad arroccarsi con momentanea efficacia: il Tg3 «è diventato il Tigiquattro meno uno», la presidenza della Repubblica «è stata imbalsamata», Palazzo Chigi «è presidiato dai maggiordomi». Media completamente occupati dai disinformatori: «C’è sempre qualcuno che ha un microfono per Violante, e fino ad oggi anche il Caimandrillo ha fatto finta di poter rivincere. Una Restaurazione». Per contro, il M5S è stato ben al di sotto della “rivoluzione” promessa: «I rappresentanti in Parlamento sono stati scelti con meccanismi che non potevano che produrre una rappresentanza troppo debole, rispetto alle esigenze tattiche e alla duttilità delle battaglie parlamentari necessarie». Eppure, aggiunge Cabras, nulla è immobilizzato per davvero: «La crisi eroderà giorno dopo giorno i vecchi strumenti del potere e molte leve del consenso residuo. Tutti dovranno giocare la partita del consenso futuro, mai scontato».

Così, l’abisso dei non-rappresentati è ormai una voragine sempre più vasta, «troppo più estesa per chi spera ancora di circoscriverla o “fregarla”, arroccandosi». Sino a poco tempo fa, la “voragine” poteva ambire a organizzarsi per contare almeno come una minoranza influente, come un’opposizione che esercita una pressione su un sistema politico ancora forte, pur sempre rappresentativo di vasti interessi. Oggi, invece, quegli interessi possono sgretolarsi, creando un vuoto che qualcuno prima o poi riempirà. «Non sembra più il tempo adatto per vivacchiare con partitini che si accontentano di un piccolo potere di negoziazione e di interdizione verso gli altri», sostiene Cabras. «Bisogna pensare già oggi al governo che sarà espresso da un popolo capace di sentire il peso della propria sovranità e farsi maggioranza cosciente, in Italia e in Europa». Da Messina viene un insegnamento: occorre rompere gli schemi. «Sarebbe perfino una rivincita sul cosiddetto “spirito di Messina” del 1955, quello della Conferenza da cui si fece strada l’Europa che conosciamo, ormai vicina al capolinea».

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Bocciata la proposta reddito cittadinanza

 come al solito i cosiddetti governanti suddividono i disoccupati e i poveri per specularci sopra inventando una sorta di lotteria indicando i parametri di inclusione ed accesso a presunti posti di lavoro che si verranno a creare. Non ci rientri? Crepa

Hanno votato a favore solo Sel e M5* riguardo alla mozione presentata dal Movimento 5 stelle. Ecco il testo copiaincollato dal Blog di Grillo

 “Introdurre il reddito minimo garantito, predisponendo un piano che individui la platea degli aventi diritto, considerando come indicatore il numero di cittadini che vivono al di sotto della soglia di povertà. E’ la prima proposta contenuta nella mozione d’indirizzo al Governo per contrastare la povertà che presentiamo in Senato. Primo firmatario il capogruppo Nicola Morra. La mozione verrà discussa oggi e invita il governo a procedere al riparto delle risorse del fondo nazionale per le politiche sociali concordato in sede di conferenza delle Regioni, al fine di rendere queste risorse immediatamente disponibili alle Regioni e agli enti gestori. Si impegna inoltre il governo a reperire le risorse necessarie anche attraverso la lotta all’evasione fiscale, l’incremento delle imposte sul gioco d’azzardo e attraverso specifiche disposizioni volte alla redistribuzione delle pensioni d’oro e ad attuare specifiche politiche sociali e dell’occupazione per inoccupati e disoccupati tra i 30 e i 54 anni in generale, e per la donne inattive in particolare, quali categorie a più alto rischio di povertà ed esclusione sociale.” M5S Senato

 >>> AGGIORNAMENTO! I partiti hanno bocciato la mozione del M5S per l’introduzione del reddito di cittadinanza: 181 contro (pd,pdl, scelta civica), 50 a favore (M5S, sel). Astenuta Lega. <<<

 Finisce così,come facilmente previsto. ESSI preferiscono spendere i soldi per gli strumenti di MORTE come sono i famosi “cacciamerda F35” piuttosto che sfamare i propri cittadini,pardon, SUDDITI.

Un plauso particolare va ai pacifisti piddioti

 I trafficanti di schiavi e morte ringraziano.

By Clausneghe

http://www.comedonchisciotte.org/site//modules.php?name=Forums&file=viewtopic&t=60817


Il ‘pacco’ del Governo Letta sull’occupazione. Sabato la proposta del Prc

26/06/2013 17:51  Autore: fabio sebastiani

 Un pacchetto di interventi per un valore di un miliardo e mezzo che dovrebbe far entrare nel mondo del lavoro circa 100mila persone (altre 100mila interessate da varie forme di sostegno).

 E’ questo il succo del provvedimento sul lavoro varato questa mattina a palazzo Chigi. Una scheda, ancora orfana del testo definitivo, che convince subito i sindacati. Susanna Camusso, leader della Cgil, parla di “segnale positivo”, anche se è soltanto un primo passo. Ma potrebbe rimanere l’unico. Gli interventi sul lavoro, secondo il ministro del Lavoro Giovannini si fondano su “cinque assi principali”: creazione di posti di lavoro per giovani e disoccupati; garanzia giovani dal 2014 per attivare i “neet” attraverso una serie di strumenti; interventi in materia previdenziali e politiche sociali; miglioramento della legge 92 per rendere il “mercato più fluido”. In realtà, su questo punto l’unico passaggio previsto è il ritorno a 10 e 20 giorni degli intervalli di tempo possibili tra un contratto a termine e l’altro. Nella sostanza si tratta di norme che da una parte incentivano, in un’area molto ristretta di giovani, l’assunzione e, dall’altra, mettono a disposizione dei piccolissimi aiuti per sbarcare il lunario.

 L’assunzione a tempo indeterminato di giovani tra 18 e 29 anni prevede l’azzeramento totale dei contributi per i primi 18 mesi nel caso in cui l’assunzione venga da fuori dell’impresa e di 12 mesi nel caso ci sia una trasformazione a tempo indeterminato. L’ammontare complessivo è pari a 800 milioni di euro e corrisponde al 33% della retribuzione mensile lorda complessiva, per circa 650 euro. Per poterne usufruire i giovani devono rientrare in queste condizioni: essere privi di impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi; essere privi di un diploma di scuola media superiore o professionale, vivano soli con una o più persone a carico.

 Fondo di 2 milioni per la formazione dei disoccupati over 50 e disoccupati da più di un anno. In particolare, in via sperimentale per gli anni 2013, 2014 e 2015 è istituito presso il ministero del Lavoro e delle politiche sociali un fondo con dotazione di 2 milioni di euro annui per ciascuno degli anni 2013, 2014, 2015, volto a consentire alle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, “di corrispondere le indennità per la partecipazione ai tirocini formativi”.

 Carta per l’inclusione sociale: servira’ a combattere la poverta’ estrema e riguardera’ 170mila persone, mentre la proroga della social card 425mila persone.

 Disabili 22 milioni di euro per incentivi all’assunzione. Si tratta di fondi a favore dei disabili che negli ultimi anni erano stati eliminati.

 Dimissioni in bianco. Saranno estese ai co.co.pro e alle altre categorie dei lavoratori le norme contro le dimissioni in bianco.

 Sicurezza sul lavoro. Aumento del 10% nelle ammende previste in caso di violazione delle norme sulla sicurezza e l’igiene sul posto di lavoro, che “ andra’ a finanziare nuovi interventi per la sicurezza sul lavoro”.

 “Quello che il governo chiama pacchetto lavoro a tutti gli effetti è un ‘pacco’”, ironizza il segretario del Prc Paolo Ferrero. “Di incentivi alle imprese ce ne sono milioni ma non servono a nulla se le imprese non hanno lavoro: questo si può produrre unicamente rilanciando i consumi, cioè aumentando il reddito delle famiglie, non dando ulteriori soldi alle imprese”. Ma di questo nel provvedimento non c’è traccia come non c’è traccia di alcun intervento pubblico in economia. “In secondo luogo – da quanto si capisce ad ora – larga parte del provvedimento – continua Ferrero – è costituito da fiscalizzazioni di oneri sociali e quindi il costo viene scaricato sull’INPS: in questo modo i contributi alle imprese vengono pagati dai lavoratori e si pongono le condizioni per nuovi deficit dell’INPS”. “Cosa abbia a che vedere questo provvedimento con una seria lotta alla disoccupazione francamente non è dato sapere – conclude Ferrero -. Per questo, visto che non lo fa il governo, sabato Rifondazione Comunista presenterà il proprio piano per il lavoro in cui avanzerà una proposta per dar vita a 2 milioni di posti di lavoro: il minimo che oggi un governo serio dovrebbe fare”

http://www.controlacrisi.org/notizia/Politica/2013/6/26/34881-il-pacco-del-governo-letta-sulloccupazione-sabato-la/