Ibran Mustafic: Srebrenica è stato un “caos pianificato”

giugno 12, 2013

De-construct

 I fantocci della sinistreria occidentale, da quella dei salotti parigini e londinesi, fino ai barboncini rossi e alla mefitica cloaca sionistra italiana, hanno avuto sempre, dai tempi della guerra alla Jugoslavia, un rapporto amoroso e un invaghimento da cheeleaders adolescenziale verso il terrorismo integralista islamista. Naser Oric, criminale di guerra e eroe della nostrana squallida sinistra ‘anti-anti’, resta nei cuori dei lerci guru del sinistrume pattoatlantista, a partire dal più marcio di tutti, lo yachtofilo gallipolese bombardatore della Jugoslavia, Dalema. Oggi, le stesse laide e misere icone della sinistra italiana fanno il tifo per i Naser Oric di Libia e Siria. Per fortuna, non ci saranno giudici amici pattoatlantisti a soccorerli, ma veri e severi giudici, armati, non di buone intenzioni nei loro confronti. (NdT)

Alija Izetbegovich signore della guerra bosniaco, eroe della NATO e della sinistra occidentale e italiana, nonchè integralista, mafioso, stragista e criminale di guerra.

 Immediatamente prima del 1 aprile 2008, del dibattimento alla corte di appello del tribunale dell’Aja, del caso del signore della guerra e comandante dell’esercito bosniaco musulmana a Srebrenica, Naser Oric, una testimonianza scritta rivela alcuni particolari inediti sul “signore della vita e della morte nella guerra a Srebrenica“, è stata resa pubblicata. Ibran Mustafic, l’autore del libro “Caos pianificato“, che la maggior parte dei leader musulmani bosniaci non avrebbe voluto fosse mai scritto, è un ex deputato del Partito dell’Azione Democratica (SDA, guidato dal signore della guerra musulmano bosniaco Alija Izetbegovic) al parlamento della Bosnia-Erzegovina costituito dopo le elezioni del 1990 e poco prima dell’inizio della guerra civile, ed ex-presidente del comitato esecutivo dell’Assemblea comunale di Srebrenica.

 

All’inizio della guerra civile bosniaca si scontrò, come dice, con la “giunta di Naser Oric”, suscitando una serie di tentativi per assassinarlo. Nel terzo attentato dell’11 maggio 1995, Mustafic venne gravemente ferito e ritiene un miracolo che sia sopravvissuto. Gli assalti musulmani bosniaci contro Mustafic divennero più frequenti dopo la pubblicazione del libro. L’ultimo ebbe luogo il 25 aprile 2008, quando fu aggredito e picchiato da un gruppo di teppisti al centro di Srebrenica, in pieno giorno. “Mi chiamano traditore“, dice Mustafic, “sostenendo che ho inventato i crimini di Naser Oric, ma quel tipo di stupidità non mi preoccupa per niente.Lo scopo del mio libro non è difendere i serbi, ma non difendere in alcun modo i membri della mia nazione che hanno commesso atrocità! I criminali sono criminali, indipendentemente dal loro nome e dall’origine etnica. Ho categoricamente affermato che Naser Oric è un criminale di guerra senza pari !”

 Crimini di guerra atroci contro i serbi di Srebrenica

“Caos Pianificato” getta nuova luce sui fatti di Srebrenica durante la guerra e rappresenta la prima ammissione e testimonianza di un bosniaco musulmano di Srebrenica sulle sofferenze dei serbi nella regione di Srebrenica. Oltre a descrivere i crimini commessi dall’esercito bosniaco musulmano sotto il comando di Naser Oric contro i serbi, Mustafic testimonia anche dell’armamento dei musulmani bosniaci prima e durante la guerra civile, compreso il periodo in cui Srebrenica fu dichiarata zona smilitarizzata sotto la protezione delle Nazioni Unite. Descrive anche gli scontri interni tra musulmani bosniaci a Srebrenica, dominata dalla mafia di Naser Oric. Lungi dal rappresentarsi come “colomba” bosniaca musulmana, Ibran Mustafic si presenta come idolatra del movimento ustascia fin dalla prima giovinezza, scegliendo i suoi eroi nei famigerati tagliagole nazisti croati Jure Francetic, Kadrija Softic, Nurif Oric e altri membri della “Legione nera” ustascia  e ne i bosniaci musulmani della 13.ma SS Division Handzar, indottrinati al disprezzo e all’odio contro i serbi. Indipendentemente da ciò, il suo resoconto scritto delle atrocità commesse contro i serbi bosniaci dalla banda di teppisti di Naser Oric, suscitò diffuse accuse di “tradimento” tra i musulmani bosniaci.

Nonostante le prove schiaccianti delle atrocità e dei crimini di guerra commessi da Oric e dalla sua banda nella città di Srebrenica e nei villaggi circostanti popolati dai serbi, il tribunale-farsa dell’Aja l’assolse dall’accusa di coinvolgimento diretto nell’omicidio e nelle crudeltà contro i serbi, e dalla responsabilità per la distruzione indiscriminata di interi villaggi, chiese, case e proprietà. Mentre è stato condannato per “non essere riuscito a impedire agli uomini al suo comando di uccidere e maltrattare prigionieri serbi bosniaci”, condannandolo a due anni di carcere, da cui fu  immediatamente rilasciato, dal momento che aveva già trascorso tre anni a l’Aja durante il processo farsa.

 Naser Oric è un mostro, un criminale di guerra senza un pari

Tuttavia, il libro di Mustafic offre ulteriori prove del coinvolgimento diretto di Oric in alcuni dei crimini più efferati commessi sul territorio della Bosnia-Erzegovina durante la guerra civile. Probabilmente il capitolo più scioccante del libro è quello cui offre ulteriori prove del primo omicidio di un serbo commesso personalmente da Naser Oric, quello del giudice di Srebrenica Slobodan Ilic. “Quando abbiamo preso il gruppo catturato a Zalazje dal carcere [di Srebrenica] per riportarlo a Zalazje, iniziò il loro assassinio, Slobodan Ilic capitò tra le mie mani. Gli salii sul petto. Era barbuto e irsuto come un animale. Mi guardò senza dire una parola. Tirai fuori la baionetta e glielo conficcai dritto in un occhio, e poi lo girai avanti e indietro. Non fece un solo suono. Poi lo colpì con il coltello nell’altro occhio… Non potevo credere che non reagisse. Francamente, in quel momento ho avuto paura per la prima volta, così gli ho tagliato la gola subito dopo“, Oric ha descritto la sua ‘impresa’ a Mustafic parola per parola quando Mustafic l’andò a visitare una sera.

L’ammissione di Oric è seguita dalla testimonianza dello zio di Mustafic, Ibrahim, che assistette allo stesso massacro. “Naser venne  e mi disse di prepararmi e di recarmi con la bandiera al carcere di Srebrenica. Mi vestì e andai. Quando arrivai al carcere, presero tutti quelli catturati a Zalazje e mi ordinarono di portarli a Zalazje. Quando raggiungemmo il deposito, mi ordinarono di fermarmi e di parcheggiare il camion. Mi misi a distanza di sicurezza. Ma quando vidi la loro ferocia quando l’eccidio iniziò, sentivo tutto il sangue raggelarmi nella testaQuando Zulfo (Tursunovic)  squarciò con il coltello il petto dell’infermiera Rada, mentre le chiedeva dove stesse la stazione radio, non riuscivo a guardare più. Tornai a Srebrenica a piedi, e quando riportarono il camion indietro, lo presi da Srebrenica per ritornare a casa, a Potocare. L’interno era tutto insanguinato, Mustafic cita la testimonianza di suo zio. La suddetta infermiera Rada Milanovic risiedette a Srebrenica, anche dopo che la famiglia si era allontanata. Il quartier generale della difesa territoriale di Srebrenica l’aveva assegnata al gruppo del campo medico e all’ospedale locale.

 

“Il ponte era immerso nel sangue serbo”

Mustafic ha anche raccontato altri crimini contro i serbi nella città di Srebrenica, più o meno noti. Ha ricordato che, dopo l’assalto contro il villaggio Jezestica, Kemo di Pale [nei pressi di Sarajevo] si portava appresso una testa mozzata per spaventare la gente“.Descrive l’omicidio della famiglia Stjepanovic. I membri della famiglia Stjepanovi? furono trascinati fuori dal loro appartamento a Srebrenica dal battaglione dei macellai di Oric, nel luglio 1992, e portati nella vicina Potocare. “Andjelija Stjepanovic (74 anni) e suo figlio Mihajlo (50 anni) furono tra coloro che vennero brutalmente uccisi. Un bosniaco musulmano di Potocari descrisse poi come tutto il ponte, dove fu abbattuta questa povera gente, fosse letteralmente immerso nel sangue. Il killer della famiglia Stjepanovic era Kemo Mehmedovic di Pale, fedele seguace delle atrocità di Naser. Oggi il boia vive in Austria, e ci sono tonnellate di esempi simili a Srebrenica. E’ un peccato che nessuno di questi mostri in forma umana abbia affrontato le proprie responsabilità nei crimini, e il loro principale organizzatore, colui che gli ordinava di uccidere, Naser Oric, gira oggi in libertà“, ha commentato uno dei pochi serbo-bosniaci sopravvissuti all’inferno della reclusione di Srebrenica. I dettagli sconosciuti della tortura e dell’uccisione dei malati gravi Krsto Dimitrovski e della moglie Velinka, di Srebrenica, furono anche rivelati nel libro di Mustafic, accusando Ejub Golic, ex comandante del “battaglione indipendente della collina” del villaggio di Glogovo. Golic fu prosciolto dalle accuse sollevate contro di lui per questo crimine.

 Il tribunale dell’Aja ha un occhio di riguardo per i criminali di guerra bosniaci musulmani

Oltre a raccontare questi e molti altri episodi di torture e omicidi selvaggi dei serbi che ebbero la sfortuna di rimanere nella città di Srebrenica occupata dai macellai di Oric, Mustafic descrive anche come la sua testimonianza contro i mostri musulmani di Srebrenica al tribunale dell’Aja venne respinta, e perché non ebbe occasione di dire alla Corte che cosa realmente fosse il “porto sicuro di Srebrenica” prima che il generale Mladic la riprendesse. “Fui, infatti, chiamato a testimoniare davanti al tribunale dell’Aja come testimone dell’accusa [nel processo contro Oric], e credo che avrei dovuto essere l’ultimo testimone dell’accusa. Dopo tre giorni trascorsi per la preparazione, ci fu un grande scontro tra il procuratore e io stesso. Prima di tutto, l’atto d’accusa contro Naser era del tutto ridicolo. Fu accusato di cose che non aveva commesso, e non di quelle di cui era colpevole. In secondo luogo, il Tribunale dell’Aja iniziò sempre più a sembrare alla sfilata di Carla Del Ponte, per cui un certo numero di processi si trasformò in un circo. Infine, mi offesi quando cercarono di ricattarmi, minacciandomi di sette anni di carcere o 200.000 euro di multa. Non potevo rimanere in silenzio quando vidi quel foglio, e dissi al procuratore: ‘Giusto! Il mio scopo nel venire qui a testimoniare era avere effettivamente una pena più grave di quella di Erdemovic [un altro criminale di guerra musulmano bosniaco], premiato dal tribunale dell’Aja per l’ammissione di aver preso parte personalmente a più di 140 omicidi!’Dopo tutto ciò, quando arrivai al tribunale, attesi per due ore, ma alla fine fui informato che i giudici avevano deciso di non farmi testimoniare e che potevo tornare a casa“, ha scritto Mustafic.

 Srebrenica come porto sicuro per criminali di guerra, delinquenti e mafiosi

Riguardo la situazione nel “porto sicuro di Srebrenica”, Mustafic ha scritto che, quando la regione fu dichiarata zona smilitarizzata e posta sotto la protezione delle Nazioni Unite, non ci furono “provocazioni” da parte dell’esercito serbo-bosniaco. Nonostante ciò, secondo Mustafic, le truppe musulmane di Oric continuarono a scavare trincee intorno alla città di Srebrenica e, assieme all’aiuto umanitario, venivano consegnate armi nella “zona demilitarizzata”, il tutto sotto gli occhi  del battaglione olandese dell’UNPROFOR. Mustafic scrive che, anche se dei cartelli furono  collocati intorno alla città di Srebrenica dichiarando “zona demilitarizzata, ogni operazione militare è severamente vietata, secondo l’articolo 60 del protocollo 1 della Convenzione di Ginevra“, la consegna di armi, munizioni, uniformi ed esplosivi non fu mai interrotta. L’equipaggiamento militare, nonostante la risoluzione ONU che vietava i sorvoli della Bosnia-Erzegovina, veniva consegnato con gli elicotteri. Nello stesso modo, l’accordo firmato dal generale Ratko Mladic da parte serbo-bosniaca e Sefer Halilovic da parte dei musulmani bosniaci, che prevedeva che “non a un solo soldato che si trovasse all’interno, o entrasse nella zona smilitarizzata, fatta eccezione per i membri dell’UNPROFOR, era permesso portare armi, esplosivi o munizioni“, fu ritenuto completamente inutile dalle truppe bosniache musulmane di Srebrenica.

Mustafic scrive che ci furono 18 voli per la consegna di armi, la maggior parte effettuati quando  Srebrenica, come zona presumibilmente demilitarizzata, era sotto la protezione del Corpo di pace delle Nazioni Unite [UNPROFOR]. Mustafic fa notevoli accuse alle truppe olandesi a Srebrenica, sostenendo che erano pienamente consapevoli delle quotidiane violazioni commesse dalla banda di Oric, ma scelsero di osservare il silenzio, sperando di uscirsene indenni. “Ovviamente, gli olandesi accettarono di pattugliare le linee insieme alle nostre truppe solo al fine di non assumersene la responsabilità, e per mostrare al mondo che Srebrenica era una zona demilitarizzata. In effetti, all’epoca, il battaglione olandese, che avrebbe dovuto avere circa 600 soldati, ne aveva circa 250 , mentre la 28.ma divisione [di Oric] era composta da 5.500 uomini presumibilmente demilitarizzati“, ha scritto Mustafic.Quando la battaglia per Srebrenica iniziò, uno dei nostri teppisti, probabilmente su ordine, uccise un soldato del battaglione olandese. Questo contribuì a sciogliere l’intero sistema di responsabilità degli olandesi“, ha rivelato Mustafic.

 La fondazione dello Stato musulmano, sigillata dal sangue sacrificale degli innocenti

Osserva inoltre che le truppe musulmane di Srebrenica compirono delle imboscate dal “porto sicuro” dell’ONU, uccidendo membri dell’esercito serbo-bosniaco, e usarono la condizione di area protetta di Srebrenica per lanciare attacchi contro i circostanti villaggi serbi, come il raid dei comandanti di Oric, Ekrem Salihovic e Ibrahim Mandzic, contro il villaggio serbo-bosniaco Visnjica, dove uccisero i civili e incendiarono il borgo.Quando ho detto a Madzic che tali attacchi potrebbero giustificare l’assalto dell’esercito serbo-bosniaco a Srebrenica, disse: ‘Questa non è un’azione iniziata da noi. Abbiamo ricevuto ordini da Sarajevo“, testimonia Mustafic, aggiungendo che poi apprese che “l‘ordine di attaccare i villaggi serbi intorno a Srebrenica era stato firmato dal generale Enver Hadzihasanovic [dell’esercito musulmano bosniaco, dal comando di Sarajevo]… Chiaramente, volevano provocare una reazione per risolvere il problema di Srebrenica”. Tuttavia, si è scoperto che il “problema” che i leader bosniaci musulmani e i loro sponsor stranieri volevano risolvere, era molto più ampio di una città della Bosnia-Erzegovina, si trattava del modo di strappare il dominio su tutta la repubblica bosniaca dopo la distruzione della Jugoslavia, anche se i bosniaci musulmani erano solo una delle tre grandi nazioni che vivono in Bosnia-Erzegovina, e ancora oggi non sono la maggioranza. L’unico modo che pensavano potesse essere utile per farlo, era che i serbi bosniaci fossero completamente sterminati o, altrimenti, accusare l’intera nazione serba con l’accusa di “genocidio”, consentendo la totale assimilazione delle proprietà e delle terre dei serbi. Ibran Mustafic confermò questa affermazione nel luglio 1996: “Secondo le nostre abitudini [bosniaco musulmano], quando qualcuno finisce le fondamenta di una casa, un animale deve esservi macellato sopra. Sembra che Srebrenica sia stato l’agnello sacrif icale per la fondazione di questo Stato [musulmano]“.

 

Traduzione di Alessandro LattanzioSitoAurora

http://aurorasito.wordpress.com/2013/06/12/ibran-mustafic-srebrenica-e-stato-un-caos-pianificato/

Iran, al voto sotto minaccia

 di Michele Paris

Venerdì prossimo gli elettori iraniani si recheranno alle urne per eleggere il successore di Mahmoud Ahmadinejad alla presidenza di una Repubblica Islamica segnata da profonde divisioni politiche interne e da un’economia sempre più in affanno a causa delle sanzioni occidentali dovute allo stallo sull’annosa questione del proprio programma nucleare civile.

 La campagna elettorale partita sotto tono il 22 maggio scorso ha subito una modesta scossa negli ultimi giorni in seguito al ritiro dalla competizione di due degli otto candidati approvati dal Consiglio dei Guardiani su oltre 600 aspiranti alla presidenza.

 L’abbandono della corsa dell’unico candidato considerato riformista, l’ex vice-presidente Mohammad Reza Aref, sarebbe stato deciso in particolare per evitare la dispersione del voto di coloro che vedono con favore un riavvicinamento all’Occidente e una maggiore apertura del mercato iraniano al capitale internazionale.

 Il voto dei riformisti, quindi, potrebbe così confluire interamente sul moderato Hassan Rowhani, già capo dei negoziatori sul nucleare tra il 2003 e il 2005, nonché relativamente più noto di Aref, soprattutto dopo l’appoggio ufficiale ricevuto martedì dalle due personalità più popolari tra questa sezione della società iraniana, gli ex presidenti Mohammad Khatami e Ali Akbar Hashemi Rafsanjani.

 L’entusiasmo elettorale di un movimento, come quello riformista, che fa riferimento principalmente ai giovani e alla borghesia urbana, non appare in ogni caso nemmeno lontanamente paragonabile a quello che il cosiddetto Movimento Verde aveva suscitato durante il voto contestato del 2009 con le candidature di Mir-Hossein Mousavi e Mehdi Karroubi, entrambi tuttora agli arresti domiciliari. Oltretutto, il fervore residuo di una parte dei riformisti si era spento il mese scorso proprio con l’esclusione dalla corsa alla presidenza di Rafsanjani.

 La capacità di Rowhani, il quale nel 2009 aveva condannato le proteste di piazza seguite alla rielezione di Ahmadinejad, di accedere al secondo turno di ballottaggio rimangono tuttavia quanto meno dubbie, soprattutto in assenza di sondaggi attendibili. Le sue chances di piazzarsi tra i due candidati più votati alla chiusura delle urne nella serata di venerdì dipenderanno dal gradimento suscitato in un periodo così breve in una parte dell’elettorato generalmente sfiduciata e che percepisce il sistema come bloccato e in sostanza impossibile da cambiare dall’interno.

 Soprattutto, però, l’eventuale successo di Rowhani – così come di qualsiasi altro candidato sulla sponda conservatrice – dipenderà dalla quantità di consensi che riuscirà ad intercettare tra la classe lavoratrice urbana e i votanti nelle aree rurali, vale a dire la parte del paese maggiormente colpita dalle difficoltà e dai cambiamenti economici di questi anni e che ha rappresentato la base elettorale dei successi di Ahmadinejad nel 2005 e nel 2009.

 Anche questa fetta dell’elettorato, sia pure oggetto di meno attenzioni da parte dei media occidentali rispetto alla borghesia alla moda di Teheran che tende a preferire i politici “riformisti”, era stata privata a maggio del candidato teoricamente in grado di difendere i suoi interessi, il capo di gabinetto di Ahmadinejad, Esfandiar Rahim Mashaei, considerato una minaccia all’establishment conservatore a causa del suo populismo e della sua probabile intenzione di rafforzare i poteri attribuiti alla figura del presidente.

 Rowhani, in ogni caso, appare senza dubbio il candidato preferito dall’Occidente, come confermano i commenti apparsi sui media che lo descrivono, tra l’altro, come un politico “pragmatico” e in grado di mediare tra riformisti e conservatori. Nel suo incarico alla guida dei negoziatori sul nucleare, inoltre, Rowhani era riuscito a siglare un accordo provvisorio e parziale per la sospensione delle attività legate al discusso programma.

 Sul fronte conservatore, invece, il ritiro dell’ex presidente del Parlamento e consuocero dell’ayatollah Ali Khamenei, Gholam Haddad Adel, sembra aver fatto bene poco per chiarire i rapporti di forza in vista del voto.

 I due favoriti dovrebbero comunque essere il carismatico sindaco di Teheran, Mohammed Baqer Qalibaf, e l’attuale capo dei negoziatori sul nucleare e segretario del Consiglio Supremo per la Sicurezza Nazionale, Saeed Jalili.

Quest’ultimo, in particolare, viene considerato da molti il candidato preferito di Khamenei, non solo per la sua fermezza di fronte alle richieste occidentali e la dimostrata fedeltà alle direttive della Guida Suprema, ma anche per la sua mancanza sia di una vera e propria base elettorale sia di legami con le influenti fazioni che formano l’élite della Repubblica Islamica.

 La presunta scelta di Jalili da parte di Khamenei, secondo questa tesi, sarebbe dettata dalla volontà di evitare l’esperienza vissuta dopo la rielezione di Ahmadinejad. L’ayatollah, cioè, non intenderebbe ritrovarsi a fare i conti con una forte personalità come quella del presidente uscente – per certi versi paragonabile a quella di Qalibaf – il quale dopo il successo del 2009 ha rapidamente perso l’appoggio di Khamenei perché considerato una minaccia per le istituzioni clericali della Repubblica Islamica.

 Secondo altri analisti, al contrario, Khamenei non avrebbe in realtà scelto alcun candidato per il successo e sarebbero piuttosto i candidati stessi, soprattutto quelli senza una base elettorale significativa, a fare a gara per apparire come i protetti della Guida Suprema. La reticenza di Khamenei e l’insolita schiettezza che ha caratterizzato l’unico confronto televisivo tra i candidati ha dato qualche credibilità a questa interpretazione, secondo la quale perciò l’esito del voto di venerdì sarebbe del tutto aperto.

 Inoltre, le critiche rivolte a Jalili per la gestione troppo rigida delle trattative sul nucleare con l’Occidente da parte di un altro candidato conservatore, l’ex ministro degli Esteri e consigliere dell’ayatollah, Ali Akbar Velayati, avrebbero evidenziato le divisioni esistenti all’interno della classe dirigente iraniana sull’atteggiamento da tenere nei confronti dell’Occidente per superare un’impasse diplomatica che dura da molti anni.

 I giudizi negativi espressi da Velayati e da altri candidati alla linea dura tenuta da Jalili indicherebbero così per qualcuno una certa disponibilità da parte dei vertici dell’Iran a fare ulteriori passi per cercare un dialogo diretto con gli Stati Uniti. A conferma di ciò ci potrebbe essere, tra l’altro, anche la rivelazione fatta mercoledì dallaReutersdi una “insolita” lettera inviata qualche mese fa a Khamenei dal ministro degli Esteri, Ali Akbar Salehi, per promuovere “un’ampia discussione con gli USA”. Un invito, quello di Salehi, a cui l’ayatollah, pur senza mostrare ottimismo, non si sarebbe opposto.

 Al di là del comunque importante esito delle elezioni presidenziali in Iran, la sensazione diffusa è che le sorti delle trattative sul nucleare che hanno occupato buona parte della campagna elettorale dipenderanno più che altro dall’atteggiamento che intenderà adottare Washington, da dove le ripetute aperture di Teheran nell’ultimo decennio sono state puntualmente respinte.

Sfruttando l’esclusione di candidati autorevoli da parte del Consiglio dei Guardiani e le misure per tenere sotto controllo il dissenso interno in vista del voto, l’amministrazione Obama ha infatti criticato apertamente il processo elettorale iraniano. Soprattutto, poi, il periodo di transizione in corso verso l’insediamento di un nuovo presidente continua ad essere caratterizzato dall’imposizione di nuovi pesanti sanzioni unilaterali da parte degli Stati Uniti, come il recente tentativo di impedire all’Iran di accedere al denaro generato dalle sue esportazioni depositato su conti bancari esteri.

 Una nuova escalation di misure punitive, quella del governo USA, che conferma come l’obiettivo rimanga quello di utilizzare la questione del nucleare per giungere ad un cambio di regime a Teheran o, in alternativa, di concludere un accordo per risolvere la crisi ma secondo le proprie condizioni, riassumibili nella sottomissione dell’Iran agli interessi strategici americani, con il conseguente rischio di compromettere la natura stessa della Repubblica Islamica e la rimanente legittimità della sua classe dirigente agli occhi della popolazione.

http://www.altrenotizie.org/esteri/5530-iran-al-voto-sotto-minaccia.html

 

Graziato da Ciampi: ricrea organizzazione criminale

10-06-2013

 È stato fermato questa mattina a Nuoro, insieme ad altre trenta persone, Graziano Mesina, ex bandito – non poi tanto ex –  durante un’operazione che ha smantellato  due organizzazioni dedite al traffico di stupefacenti.

 Le forze dell’ordine di Nuoro hanno eseguito molti misure cautelari e perquisizioni, con la collaborazione dei nuclei di Milano, Cagliari, Sassari e Reggio Calabria. Le indagini che hanno portato all’arresto di Mesina hanno portato a scoprire che l’uomo guidava l’associazione più pericolosa.

 Secondo gli inquirenti Mesina si sarebbe messo alla guida di un’organizzazione con base a Orgosolo, che non si limitava allo spaccio, ma portava a termine rapine, furti e sequestri. L’altro gruppo era guidato da Gigino Milia, vicino al bandito da tempo, accusato con lui di sequestro e ricettazione nel ’78.

 Protagonista di diverse evasioni, definito “re del Supramonte”, al centro di diversi sequestri di persona, Mesina fece da mediatore nel caso del rapimento di Farouk Kassam. Venne graziato nel 2004 dall’allora Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi.

 Un altra grande iniziativa di Ciampi dopo l’ingresso nell’euro. Quando uno è scemo, lo è sempre.

http://voxnews.info/2013/06/10/graziato-da-ciampi-ricrea-organizzazione-criminale/

Francia: Sindaco si rifiuta di sposare due gay; rischia la galera

 10-06-2013

 «Io ho una coscienza e un cuore, non posso sposare due persone omosessuali. La legge Taubira è illegittima, usurpa il termine matrimonio, e io non posso applicarla».

 Questa le chiare parole di Jean-Michel Colo, il  sindaco di un paesino francese di 3.000 anime che,  pochi giorni fa, si è rifiutato di far convolare a nozze due “diversamente etero”. Hanno preso le stesse posizioni anche i suoi sei assistenti, che avrebbero potuto farne le veci.

 Colo si è inoltre appellato al diritto all’obiezione di coscienza, criticando direttamente Hollande, colpevole di aver prima promesso ai sindaci francesi il riconoscimento di tale diritto, per poi (in pieno modus operandi oligarchico) tirarsi indietro.

 Il problema, difatti, è che la Legge Taubira ( che permette matrimoni e adozioni gay), non prevede il diritto all’obiezione di coscienza per i sindaci. La questione è cruciale: tale legge è così impopolare, anche tra i sindaci, che la concessione dell’obiezione di coscienza renderebbe molto ardua la sua applicazione. E così, su pressioni del  proprio partito, Hollande si è immediatamente rimangiato la promessa.

 E adesso ( in pieno “giacobino style”) per proteggere la sua morale, vincolata presumibilmente anche da posizioni religiose, Colo (che è stato anche denunciato dalla “coppietta) rischia in ordine: la sospensione, la revoca della carica da sindaco, un’ammenda di 45.000 euro, e tre anni di galera ( speriamo che non sarà anche costretto ad assistere agli amoreggiamenti dei “promessi sposi”).

 Insomma, nell’Europa che stanno costruendo, mentre  per non offendere gli islamici e la loro “sensibilità culturale” si arriva anche a licenziare  donne, quando poi ci si ritrova di fronte alle sensibilità morali e religiose degli autoctoni, si risponde con la galera.

IL Pdl vota contro l’abolizione dell’Imu

-Redazione- 13 giugno 2013- Pur di mantenere compatto il governo di larghe intese i deputati del Pdl sono disposti anche a votare contro uno dei loro cavalli di battaglia, l’abolizione dell’Imu sulla prima casa.

 Infatti nella riunione delle Commissioni finanze e lavoro della Camera tutti i componenti della maggioranza, quindi anche quelli del Pdl, hanno votato contro un emendamento presentato dalla Lega che prevedeva appunto l’immediata abolizione dell’Imu sulla prima casa.

 A Montecitorio in questi giorni si discute proprio del decreto governativo con cui Palazzo Chigi ha sospeso l’imposta municipale, e la maggioranza di governo non vuole intoppi fino alla discussione in Aula così ha chiesto di ritirare qualsiasi emendamento bocciando di conseguenza tutti quelli presentati.

 “I partiti che sostengono il governo si riservano di intervenire sul merito dell’Imu al momento opportuno. Quando cioè il governo presenterà la legge di riordino” ha spiegato il presidente della commissione Lavoro Cesare Damiano. Resta il fatto che i deputati del Pdl hanno dovuto fare retromarcia e  abbandonare almeno temporaneamente l’obiettivo  della cancellazione dell’imu. Il decreto dell’Esecutivo guidato da Enrico Letta è blindato per questo bocciatura anche per un altro emendamento leghista che chiedeva la cancellazione dell’Imu sugli  edifici ad uso produttivo e addirittura bocciato anche un emendamento che intendeva abolire l’Imu per “gli immobili accatastati e dichiarati inagibili, nell’area interessata dal terremoto del maggio 2012″.

http://www.articolotre.com/2013/06/il-pdl-vota-contro-labolizione-dellimu/178848?utm_source=NLL130613&utm_campaign=lettori&utm_medium=email&utm_content=art2-178848

Gli errori compiuti dalla Troika

A inizio 2010, un gruppo di uomini in abito scuro atterrò ad Atene. Appartenevano a una istituzione mondiale, il Fondo monetario internazionale, e a due regionali, Commissione Europea e Bce. La loro missione era quella di negoziare termini e condizioni di un salvataggio per la Grecia. Qualche mese più tardi, la Troika fu spedita in Irlanda, poi in Portogallo, e a Cipro.

 Questa impresa era destinata ad avere vaste implicazioni. La Troika ha trattato quello che ha finito con l’essere il più grande pacchetto di assistenza finanziaria di sempre: i prestiti verso la Grecia da parte dell’Fmi e dei partner europei raggiungono i 240 miliardi, cioè il 130% del Pil del Paese del 2013 – molto più di quanto abbia mai ricevuto qualsiasi altro Paese, sia in valore assoluto che in termini relativi. Anche i prestiti verso l’Irlanda (85 miliardi) e il Portogallo (78 miliardi) sono più grandi di quelli normalmente forniti dall’Fmi.

 Inoltre, la cooperazione tra le tre istituzioni è senza precedenti. Nel 1997-1998, durante la crisi asiatica, il G-7 respinse la proposta del Giappone di un Fondo monetario asiatico. Ora l’Fmi ha accettato un ruolo di “creditore di minoranza”, acconsentendo che il grosso degli aiuti provenga dal Meccanismo europeo di stabilità (Esm).

Si è spesso sostenuto che la dimensione dei pacchetti di assistenza è una testimonianza del peso detenuto dall’Europa nell’Fmi. Forse, ma i pacchetti sono, prima di tutto, una conseguenza dei vincoli a cui gli europei erano (e sono) soggetti.

 L’adeguamento economico è più lento in un’unione monetaria di quanto non lo sia per i Paesi con una propria moneta, perché, anche per le economie molto flessibili, i prezzi cambiano più lentamente del tasso di cambio. Fornire lo stesso risultato richiede quindi più tempo, e richiede che i Paesi vengano mantenuti in terapia intensiva più a lungo – e a un costo più elevato.

 Tre anni dopo, i risultati sono disparati, nel migliore dei casi. La disoccupazione è aumentata molto più del previsto, e le difficoltà sociali sono evidenti. C’è una nota positiva: l’Irlanda, che si deve riprendere da una crisi finanziaria grave. Ma c’è ne anche una negativa: la Grecia, dove il Pil si è ridotto del 20% dal 2009, e in cui il rapporto debito pubblico/Pil è ora superiore a quello previsto in occasione dell’avvio del programma, nonostante la riduzione del debito, negoziato con i creditori privati nel febbraio 2012 . Questo non avviene a causa di una mancanza di consolidamento fiscale. Al contrario, le autorità greche hanno fatto più del previsto su questo fronte. Ma il crollo del Pil ha comportato un rialzo del tasso di debito, portando il Paese in una spirale recessiva quando la contrazione economica ha imposto ulteriori tagli alla spesa.

http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2013-06-08/errori-compiuti-troika-082135.shtml?uuid=Ab1jIE3H

 http://www.frontediliberazionedaibanchieri.it/article-composizione-del-grande-mosaico-mondiale-il-complotto-nascosto-bilderberg-massoneria-nwo-118493728.html

LA FINE DELLA GRANDE ILLUSIONE

di Gianni Tirelli

 Il capital/liberismo, ha prodotto talmente tanti danni all’individuo, all’ambiente e all’eco/sistema tutto, da avere reso vano ogni altro presunto vantaggio.

Se per assurdo dovessimo stimare i costi relativi, alla bonifica di tutti i territori e delle acque del pianeta, disastrati dall’inquinamento, dalla contaminazione e dalla dispersione di scorie rifiuti tossici, non basterebbe tutto l’oro del mondo e 100 anni di lavoro.

Questa mia considerazione la dice lunga sull’attuale stato delle cose, dal quale si può uscire solo a patto, che si sospenda, oggi stesso, ogni tipo di produzione industriale, in un’opera di riconversione radicale e pragmatica, che riporti l’uomo alle sue origini, e primigenie ragioni.

Siamo poi talmente assuefatti, all’illegalità, al sopruso, al ricatto, al raggiro e all’intimidazione che, da tempo, sono divenuti i tratti caratteriali della “moderna” cultura liberista, assimilati come nuove regole relazionali.

 

La paura di ritorsioni, che va dal licenziamento del semplice operaio, fino alla minaccia di morte di un conduttore televisivo, di un giornalista, scrittore, di un pentito di mafia o di un giudice e suoi famigliari, hanno avvolto il nostro paese dentro un velo di totale omertà, degna del peggiore regime.

Pensare e tentare di rovesciare un tale Sistema, attraverso un’azione democratica fatta di leggi e di regole, al fine di ripristinare principi, valori e il comune buon senso, non solo è impraticabile (per i motivi sopra addotti), ma direi, semplicemente fantasioso.

Solo una sana rivoluzione popolare, riuscirà a porre fine a una tale ingiustizia e ristabilire l’ordine delle cose.

 Viviamo in un mondo al contrario dove, mistificazione e menzogna, sono state adottate da tutti a regola e pratica relazionale. Una società pervertita che ha investito ogni suo sforzo, sulla profanazione e sulla violazione di ogni principio, valore, limite e confine, per rendere più appetibile e fruibile, la sua mercanzia insanguinata.

La locuzione “certezza scientifica”, del resto, descrive con efficacia il contrasto logico di una tale affermazione, codificandola a buon diritto, fra la sconfinata categoria degli ossimori moderni.

Questo relativismo etico e di valori, che ha caratterizzato la nostra epoca, è il risultato di una completa mancanza di volontà, di consapevolezza e discernimento – risultato ultimo di un’opera di lavaggio mentale e di plagio di massa, da avere azzerato in noi, ogni elementare parametro di riferimento, critico e di comparazione.

 Ciò che sta accadendo nel mondo intero, non è dunque una normale crisi, fisiologia a fattori di natura economico/finanziaria, ma la fine logica di un Sistema, di un’Epoca che ha scommesso e investito ogni sua risorsa ed energia, sull’interesse particolare, sulla soddisfazione di ogni impulso malsano, vizio e perversione, mercificati a fronte della dignità altrui, di principi etici e scale di valori. La fine della grande illusione!

Ergo, nessuna ipotetica “crescita, ricerca e sviluppo”, potranno mai sanare una tale tragica circostanza, ma solo prolungare, ancora per un po, questa dolorosa agonia.

 C’è un solo e unico modo, al fine di rimediare, almeno in parte, agli effetti apocalittici che innescherà il prossimo crollo del Sistema Liberista: RITORNARE ALLA TERRA, riconvertendo la “peggiore industria” (chimica in primis), in posti di lavoro pulito e morale – in agricoltura biologica e attività connesse – nella manualità e nell’artigianato. E’ tutto qui, molto semplice e normale, ma straordinariamente reale e fattibile!

 Oggi, il futuro dei nostri figli e nipoti si colloca in quel luminoso passato che noi, come alieni venuti da un’altra galassia, abbiamo mortificato e demonizzato, per rincorrere le lusinghe delle seducenti sirene della “modernità”, della nostra vanità e di uno sfrenato egoismo masochista.

Ci sarebbe tanto altro da aggiungere, ma non è più il tempo!

 http://www.oltrelacoltre.com/?p=16709

Tav addio? Nella bozza di decreto scompaiono i fondi

da: il fattoquotidiano

Sorpresa: nel testo del decreto legge che è entrato in Consiglio dei ministri gran parte delle coperture, cioè dei soldi, viene recuperato azzerando le risorse per la linea ad alta velocità Torino-Lione per i prossimi anni.

Se questa versione del testo uscirà così com’è dal Consiglio dei ministri in corso, sarà probabilmente la sentenza di morte per il Tav. O almeno di un suo rinvio, fino al 2015 non ci sarà più un euro o quasi da spendere. Nonostante le promesse del ministro per le InfrastruttureMaurizio Lupi e del premier Enrico Letta che, ancora poche settimane fa, giuravano che l’opera sarebbe stata completata.

Vediamo perché.

Nella legge di stabilità (la Finanziaria) approvata a fine 2012 al comma 208 si leggeva:

Per il finanziamento di studi, progetti, attivita’ e lavori preliminari nonche’ lavori definitivi della nuova linea ferroviaria Torino-Lione e’ autorizzata la spesa di 60 milioni di euro per l’anno

2013, di 100 milioni di euro per l’anno 2014, di 680 milioni di euro per l’anno 2015 e 150 milioni per ciascuno degli anni dal 2016 al 2029.

Ed ecco la parte del decreto di oggi in cui si indicano le coperture per finanziare una serie di interventi:

quanto a euro 96 milioni per l’anno 2014, a euro 143 milioni per ciascuno degli anni 2015 e 2016 e a euro 142 milioni per l’anno 2017 mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma 208, della legge 24 dicembre 2012, n. 228.

Se fate i conti, restano 4 milioni per il 2014, 537 milioni per il 2015, 7 milioni per il 2016. Tutta la parte di autorizzazioni di spesa dal 2017 al 2029 resta intonsa.

Ma c’è da scommettere che con la scarsità di risorse di questi tempi molto presto il governo attingerà anche lì.

Come dimostra il fatto che il decreto pesca soldi anche da un’altra grande opera considerata abbastanza inutile, il Terzo Valico in Liguriaquanto a euro 50 milioni per l’anno 2013, a euro 190 milioni per l’anno 2014, a euro 274 milioni per l’anno 2015 e a euro 259 milioni per l’anno 2016 mediante corrispondente utilizzo delle risorse assegnate dal CIPE in favore del secondo lotto del Terzo Valico dei Giovi a valere sul Fondo di cui all’articolo 32, comma 1, del decreto legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/06/15/tav-addio-nella-bozza-di-decreto-scompaiono-i-fonditav-addio-decreto-del-governo-taglia-fondi/627425/

Dalla Clarea la polizia esce dai cancelli contro gli studenti, ma l’estate è lunga!

da: notav.info

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Prosegue il campeggio studentesco notav e questa mattina, gli studenti sono andati in marcia verso il cantiere. Partiti da Venaus e passando da Giaglione, il corteo è arrivato alle reti e da dentro l’agitazione era alle stelle. Non curanti del solito assetto dei guardiani del cantiere i giovani notav hanno incominciato la battitura, ritmo della nostra lotta, e hanno costruito, con pietre e qualche tronco, un inpedimento davanti al cancello più vicino alla Baita Clarea, riuscendo a bloccare momentaneamente due cancelli su sette

Tanto è bastato per far uscire gli agenti che hanno tentato da subito, con manganellate e spinte, di fermare più notav possibile con lo scopo di spaventare, dividere il gruppo ed identificare. L’estate incomincia e l’estate è lunga quindi gli agenti sono in fibrillazione perchè stare sotto al solo in divisa fa male!

Gli studenti hanno tenuto, qualche identificazione c’è stata ma la promessa è di tornare presto e di rassegnarsi alla visita metodica dei notav.

In qualche dialogo con l’antisommossa si evince il celerin pensiero che di fronte alle domande di alcuni che chiedevano loro il reato per cui stavano identificando i giovani, il poliziotto con alle spalle la devastazione del cantiere che protegge, rispondeva che non si smontano i muretti per costruire delle barricate!

Ce lo segnamo…a sarà dura!

Oggi intanto la giornata prosegue e il via vai di notav verso la Clarea prosegue anche nel pomeriggio.

Nuovo raid No Tav contro un’impresa del cantiere

http://torino.repubblica.it/cronaca/2013/06/14/news/nuovo_raid_no_tav_contro_un_impresa_del_cantiere-61113502/


Imbrattati sei mezzi dell’Itinera, azienda del gruppo Gavio che fornisce materiale al cantiere di Chiomonte

di FABIO TANZILLI

Nuovo raid No Tav  contro un'impresa del cantiere

Raid nel cantiere della Itinera azienda del gruppo Gavio che fornisce il calcestruzzo per il cantiere Tav di Chiomonte. Quarantadue militanti No Tav, in gran parte partecipanti al campeggio del Movimento da cui partiranno le contestazioni estive alal Torino – Lione, hanno fatto irruzione intorno alle 16,45 nella sede della società a Salbertrand, in Valle di Susa, e hanno imbrattato sei mezzi di cantiere con scritte contrarie all’alta velocità. Sul posto sono intervenuti i carabinieri e la polizia che hanno identificato gli autori del gesto, tra cui una decina di minorenni. I giovani poi hanno bloccato per una mezz’ora la stalatale della val Susa, su cui stava transintando un altro camion di Itinera e si sono poi recati alla stazione ferroviaria del piccolo paese dove la manifestazione si è sciolta. Gli incidenti di oggi sono il primo capitolo della “campagna” anti Tav estiva annunciata ieri da alcuni leader del Movimento