Il terrorismo come modello della politica estera di Washington

” Era per la piena indipendenza dell’isola e la fine della presenza militare degli Stati Uniti.”

nessun partito italiota chiederebbe la chiusura delle basi Usa-Nato, sarebbe disintegrato dalla stampa e magistratura come comunista o fascista 

 Nil Nikandrov, Strategic Culture Foundation[1], 1.10.2013

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[2]L’eliminazione fisica di politici stranieri non graditi agli USA è diventata routine per l’amministrazione Obama. I servizi speciali degli Stati Uniti hanno messo a frutto l’esperienza delle organizzazioni terroristiche internazionali, così come le proprie invenzioni; ad esempio l’intenzionale induzione del cancro o l’utilizzo di “mine radioattive ad azione ritardata”. L’impero non ha mollato le operazioni clandestine contro i “leader populisti” dell’America Latina, neanche dopo la morte di Hugo Chavez… Qualcuno dirà, è una nuova “teoria del complotto”? E’ la storia dei crudeli metodi utilizzati dai circoli dominanti degli Stati Uniti per spianare la strada alla creazione della Pax Americana, dalle guerre non provocate al terrorismo individuale? Esattamente… la pulizia volta a sbarazzarsi dei politici “scomodi” continua. La credibilità di Obama ne ha sofferto molto da quando si è insediato. Ha iniziato ad affrontare situazioni di crisi sempre più frequenti. Cresce l’idea nel Paese e all’estero che alcune forze della globalizzazione preparino dei colpi dietro le quinte, influenzando le decisioni dell’amministrazione.

 Come risultato dello stallo siriano, gli USA hanno bisogno di controbilanciare il fallimento ottenendo dei successi in altre importanti direttrici della politica estera. Il cauto sondaggio verso Teheran, per vedere se è pronta a ridurre le differenze e a passare al dialogo costruttivo, difficilmente ha una qualche prospettiva futura, tenendo in considerazione l’influenza della lobby israeliana negli Stati Uniti. Questo è uno dei motivi per cui Washington ha intensificato le attività sovversive contro il Venezuela. Gli sforzi si concentrano nel minare la stabilità economica, finanziaria e politica del Paese, passo dopo passo i servizi speciali degli Stati Uniti attuano una serie di operazioni volte a rovesciare Nicolas Maduro, il successore di Hugo Chavez. La storia dell’aereo presidenziale suscita allarme. 

 Come è noto Nicolas Maduro s’è rifiutato di prendere parte alla 68.ma Assemblea generale delle Nazioni Unite, vi erano informazioni secondo cui stava per essere assassinato a New York.

 Maduro aveva visitato la Cina prima che l’Assemblea Generale iniziasse l’assise, per firmare una serie di accordi in materia di energia, costruzione di impianti di assemblaggio automobilistici, nonché per ottenere dei prestiti multimiliardari. Un mese prima della sua partenza per la Cina, il presidente ha ordinato di controllare accuratamente il suo Airbus A-319CJ, dopo che aveva passato cinque mesi (!) di manutenzione presso l’Airbus in Francia. 

 Maduro ha detto che aveva una sensazione (“corazonada”) che giustificava la sua decisione. Non è stato inutile. I tecnici venezuelani hanno trovato un difetto grave in una delle ali, costringendo il presidente venezuelano a recarsi in Cina su un aereo appartenente al gruppo regionale ALBA, un Iljushin Il-96 appartenente alla compagnia aerea Cubana de Aviacion.

 A complicare le cose, gli Stati Uniti all’inizio hanno vietato a Maduro di sorvolare Porto Rico, cosa mai successa prima. Inizialmente i piloti hanno dovuto inserire correzioni nel piano di volo per aggirarla e volare lungo rotte sconosciute, anche sull’Artico. Gli Stati Uniti poi hanno cambiato  posizione e dato finalmente, all’ultimo minuto, il permesso di attraversare lo spazio aereo portoricano. Al ritorno dal suo viaggio in Cina, Maduro ha incolpato di ciò che è successo i “circoli reazionari internazionali”, dicendo che erano stati informati del previsto viaggio in Cina ed avevano  tramato contro di lui; pensavano che uccidendo Nicolas Maduro avrebbero messo fine alla rivoluzione bolivariana. Secondo lui, sanno poco del popolo venezuelano e di cosa le forze armate bolivariane sono capaci. Il dipartimento di Stato degli Stati Uniti voleva che portasse le prove che  dimostrassero l’esistenza del complotto, i media coinvolti nella propaganda fecero del loro meglio per presentare il presidente venezuelano come uno “zimbello”. L’Airbus confuta le accuse da parte della leadership del Venezuela, fermamente convinta ad andare fino in fondo e a fare di tutto affinché i dettagli del piano eversivo vengano a galla. L’Airbus iniziò le proprie indagini. In Venezuela si sospetta del residente della CIA in Francia, delle strutture di potere francesi e del Mossad israeliano, che hanno agito sempre più frequentemente di concerto con gli Stati Uniti, recentemente. 

 Washington sembra credere che l’eliminazione di Maduro porterà a lotte intestine nella leadership bolivariana, minando l’equilibrio esistente tra i poteri civili e militari del Paese e spianando la strada alla vittoria dell’opposizione radicale. Il suo leader Enrique Capriles collabora con Washington e Tel Aviv.

 Se ottenesse la vendetta per la sconfitta alle ultime elezioni presidenziali, una “esemplare macelleria” dei sostenitori del governo in carica sarebbe garantita. Questo dovrebbe far sempre ricordare e contrastare gli eventuali tentativi della “quinta colonna” di inserire un cuneo nei rapporti tra gli alleati di Chavez, Nicolas Maduro e Diosdado Cabello, Presidente dell’Assemblea Nazionale venezuelana (parlamento).

Un ulteriore segno che Maduro sia in pericolo, fu quando Helmin Wiels, leader di Pueblo Soberano (Popolo Sovrano, il più grande partito politico dalle elezioni dell’ottobre 2012) è stato assassinato a Curaçao, a 40 chilometri dal Venezuela. Dopo la sua vittoria elettorale nell’ottobre dello scorso anno, Wiels aveva cercato di creare una coalizione tra sinistra e centristi. Di tutti i politici di sinistra di Curaçao, fu il più stretto collaboratore di Chavez, e poi di Maduro. Era per la piena indipendenza dell’isola e la fine della presenza militare degli Stati Uniti. Le forze armate statunitensi sono di stanza a Curaçao, e con il pretesto della lotta al traffico di droga, gli aerei statunitensi pattugliano le aree in prossimità del Venezuela. Il residente della CIA a Willemstad, che agisce sotto la copertura del Consolato Generale degli USA a Curaçao, aveva preso di mira Wiels da tempo avendo il politico posto una grave minaccia agli interessi degli Stati Uniti, essendo “finanziato dal regime chavista”. Tutti i suoi movimenti (soprattutto le visite a Caracas e l’Avana) furono strettamente sorvegliati, le telefonate e i messaggi internet intercettati. Gli hanno sparato sette volte mentre si riposava sulla spiaggia Marie Pampoen nell’isola. Le guardie del corpo erano state mandate a casa e gli assassini lo sapevano. La Polizia ha arrestato uno dei sospettati, ma avrebbe “tentato il suicidio” pur essendo dietro le sbarre. Gli isolani non credono a questa storia. Nulla si sa degli altri autori del crimine. E’ probabile che i mandanti dell’assassinio si divertano in qualche posto come Miami, per esempio, in attesa di nuove missioni da attuare, mentre i corpi degli assassini “locali” riposano in barili pieni di cemento che giacciono sul fondo del Mar dei Caraibi.

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[3]La ripubblicazione è gradita in riferimento alla rivista on-line della Strategic Culture Foundation[4].

 Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora[5]

http://www.stampalibera.com/?p=66924

Kenya: futura via d’ingresso della Cina in Africa per sostituire il dollaro?

settembre 30, 2013

 Elisabetta Studer, Le blog Finance – Réseau International, 30 settembre 2013

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Mera coincidenza? Mentre il Kenya è stato teatro di un attacco terroristico particolarmente letale, i cui retroscena potrebbero riservare delle sorprese, va notato che Nairobi attualmente mette in discussione la supremazia del dollaro, con una particolare svolta verso lo yuan cinese. Il Kenya dovrebbe presto ospitare un fondo valutario della divisa cinese nella propria Banca Centrale che, in tal caso, sarebbe la prima nel continente africano. Neanche se Pechino invadesse passo passo, da Nord a Sud, l’Africa. Naturalmente, questo passaggio non deve far dimenticare completamente il dollaro, ma ciò non è benvisto da Washington, quand’anche il governo si ritrovi ad affrontare, ancora una volta, il muro del bilancio.

Attualmente, le transazioni valutarie cinesi non sono molto diffuse tra gli imprenditori africani, essendo i commercianti attaccati in ogni senso alla flessibilità del biglietto verde. Se gli africani possono già ottenere quotazioni delle rispettive valute verso lo yuan, un fondo valutario metterebbe fine all’obbligo di pagamento in dollari, riducendo i costi e accelerando le operazioni. Tramite una tale operazione, il Kenya sarebbe simbolicamente un ponte tra il mondo delle imprese del continente africano con la Cina, l’imperatrice economica dell’Asia, anche se ancora gli inizi restano modesti. Tali tipi di scambi sono anche i primi realizzati al di fuori del continente asiatico. Ma la concorrenza potrebbe già infuriare nel continente africano, in particolare avendo la Nigeria delle riserve in yuan. Il Sud Africa viene anche indicato come potenziale ospite della riserva valutaria, hanno detto dei funzionari, tuttavia un tale piano non è stato ancora preso in considerazione.

Ad agosto, il ministro delle Finanze keniota Henry Rotich faceva capire che la proposta del governo del Kenya consisteva principalmente nel dimostrare l’entità del mercato finanziario del Kenya… per rendere interessante il progetto.., promuovendo la fiducia dei mercati e degli investitori. Una situazione ormai fortemente compromessa dall’attacco terroristico, avvenuto pochi giorni fa, al Westgate. “Vediamo questo progetto del fondo valutario, in modo molto positivo, e credo che sia molto importante per il Kenya creare un centro finanziario nel suo territorio, per trattare la valuta cinese“, indicava l’ambasciatore cinese in Kenya Liu Guangyuan, il 18 settembre a Nairobi, poche ore prima dell’assalto mortale al centro commerciale. Fu lo scorso agosto che la volontà di Nairobi venne resa pubblica, quando il presidente del Kenya, Uhuru Kenyatta, aveva avanzato la proposta nel corso di una visita a Pechino, questa estate.

Ricordiamo che la Cina ha già concordato con il Giappone di stabilire la diretta convertibilità yen-yuan nelle transazioni bilaterali. Studi sono stati condotti in parallelo nel gruppo BRICS per rivedere la supremazia del dollaro e dell’euro sul mercato internazionale. Il Kenya potrebbe diventare una delle prime regioni del mondo a sperimetarlo. Cosa che sconvolge alcuni…

 Fonti: Reuters, legriot.info

 Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora

http://aurorasito.wordpress.com/2013/09/30/kenya-futura-via-dingresso-della-cina-in-africa-per-sostituire-il-dollaro/

 

Obama programma di attaccare la Siria o di portare avanti le trattative con l’Iran?

ottobre 1, 2013

 Mahdi Darius NazemroayaStrategic Culture Foundation, 30.09.2013

  Vi sono diversi modi d’interpretare la decisione dell’amministrazione di Obama del 31 agosto 2013, di chiedere al Congresso di votare sul cosiddetto ‘attacco limitato’ contro la Siria. Queste interpretazioni devono essere analizzate per vedere quali fossero le intenzioni degli Stati Uniti,  quando minacciarono la Siria di una guerra diretta…

La prima interpretazione è che il presidente Obama non voleva essere l’unico responsabile di un attacco illegale e unilaterale degli Stati Uniti ai siriani. Il suo obiettivo era avere l’appoggio del Congresso degli Stati Uniti, sostenendo di avere il mandato democratico dei rappresentanti eletti dal popolo statunitense e fare in modo che ogni implicazione e causa legale non dovesse riguardare soltanto lui. Facendo in modo che il Congresso degli Stati Uniti fosse complice della sua amministrazione presidenziale, Obama poteva condividere le accuse con la Camera dei Rappresentanti e il Senato degli Stati Uniti. In altre parole, Obama voleva assicurarsi che avrebbe avuto qualche protezione prima di violare palesemente il diritto internazionale, nascondendosi dietro i legislatori statunitensi e formulando un certo tipo di ragionamento attraverso ciò. Con l’approvazione del Congresso degli Stati Uniti, l’amministrazione Obama poteva rivendicare di aver seguito la volontà dei rappresentanti del popolo statunitense, e che non era responsabile di eventuali crimini di guerra. Il Congresso degli Stati Uniti poteva anche sostenere questa posizione e opporsi a qualsiasi appello, di altre potenze mondiali e della comunità internazionale, nel ritenere legalmente responsabili i dirigenti statunitensi.

La ‘linea rossa’ di Obama contro l’uso di armi chimiche figura in primo piano nel dibattito sulla natura delle minacce degli Stati Uniti. Alcuni credono che il presidente Obama fosse semplicemente imbarazzato e cercasse di salvare la faccia facendo rispettare alla Siria la linea rossa che aveva tirato. Questo punto di vista, tuttavia, evita il fatto che il governo degli Stati Uniti ha ripetutamente cercato di accusare la Siria dell’impiego di armi chimiche, per quasi un anno prima dell’attacco chimico a Ghuta. Prima di tirarsi indietro, l’amministrazione Obama non era in realtà riluttante nel dire che la linea rossa delle armi chimiche era stata oltrepassata, cercando ogni opportunità per dire che la linea rossa era stata passata. Nonostante il fatto che l’amministrazione Obama abbia falsamente affermato di non aver bisogno dell’autorizzazione del Congresso degli Stati Uniti per avviare l’aggressione, e anche se John Kerry apparve molto entusiasta nell’attaccare la Siria, un’altra interpretazione è che il presidente Obama e il segretario di Stato degli Stati Uniti Kerry, volessero ritrarsi dall’ordinare al Pentagono di attaccare i siriani. Coloro che credono in questa interpretazione, pensano che il governo degli Stati Uniti bluffasse nel voler attaccare la Siria o che volesse fare marcia indietro dall’attacco sfruttando il voto negativo del Congresso degli Stati Uniti, per salvarsi la faccia. Altri punti di vista indicano che gli Stati Uniti fossero sul punto di esser coinvolti direttamente, perché gli insorti perdevano la guerra. L’intervento di Washington mirava ad equilibrare il campo sia per prolungare i combattimenti che per aprire, infine, la porta ad un eventuale cambio di regime a Damasco. L’enfasi sulla natura limitata degli attacchi, da parte dell’amministrazione Obama, potrebbe esser stato non solo un mezzo per far passare la guerra presso la popolazione degli Stati Uniti e l’opinione pubblica internazionale, ma anche un modo per far sì che gli alleati della Siria non reagissero. Questo punto porta alla successiva visione.

Un’altra interpretazione è che Obama e Kerry comprendessero e volessero una flessibilità dell’azione, cercando di vedere come i principali alleati della Siria; Iran, Russia e Cina avrebbero reagito alle minacce militari degli Stati Uniti. Le minacce d’intervento militare in Siria sembravano testare la volontà di Russia, Iran e Cina. Inviati e messaggi furono spediti a queste potenze eurasiatiche, con particolare attenzione per Mosca e Teheran, per vedere quali fossero state le loro reazioni.

 Obama ha testato la reazione dell’Asse eurasiatico

Si comprese che Iran, Hezbollah e gli alleati iracheni e palestinesi avrebbero militarmente reagito ad un attacco degli Stati Uniti contro la Siria. Si comprese anche che la postura di Washington contro la Siria era una prova di forza contro gli alleati della Siria, in particolare Teheran. Secondo Walter Posch, esperto dell’Iran presso l’Istituto tedesco per gli affari internazionali e di sicurezza (SWP), gli iraniani non furono intimiditi dall’atteggiamento militare statunitense. Posch la mette così: “Se fai una dimostrazione di forza verso gli iraniani, di solito dicono che bluffi.” Secondo Posch, Teheran era stata informata da Washington, direttamente o tramite vie indirette, della preparazione degli Stati Uniti dell’attacco alla Siria. Durante la sua visita a Teheran, Il sultano dell’Oman Qabus avrebbe recato un messaggio di qualche tipo di Obama all’Iran sulla Siria. Il sultanato dell’Oman è noto agire da intermediario tra Teheran e Washington. La visita del sultano Qabus a Teheran ebbe luogo nella stessa finestra temporale in cui Jeffry Feltman, sottosegretario di Ban Ki-moon per gli affari politici presso le Nazioni Unite, arrivava a Teheran. Prima del suo ingresso nelle Nazioni Unite, Feltman era un diplomatico degli Stati Uniti in Israele, nell’Iraq occupato, in Libano e prima fu assistente del segretario USA per il Medio Oriente e il Nord Africa. La ragione ufficiale della visita di Jeffery Feltman in Iran, erano degli incontri bilaterali con funzionari iraniani sul conflitto siriano. La sua visita a Teheran avvenne formalmente per conto delle Nazioni Unite, ma la sua visita era anche legata al governo degli Stati Uniti. In un modo o nell’altro, aveva inviato un messaggio di Washington a Teheran sulla Siria, che in sostanza voleva vedere cosa Teheran avrebbe fatto nel caso di un limitato attacco degli USA alla Siria.

Le risposte che l’amministrazione Obama ricevette dall’Iran e dagli altri alleati della Siria, potrebbero non esser state quelle che i funzionari statunitensi si attendevano. Fu riportato, subito dopo che gli Stati Uniti avevano detto di voler attaccare la Siria, che Hezbollah libanese aveva iniziato a mobilitare le proprie forze per una guerra generale contro gli Stati Uniti. In Iraq varie milizie minacciarono di attaccare obiettivi statunitensi e di danneggiare gli interessi economici degli Stati Uniti. Il Cremlino aveva inviato la nave da ricognizione SSV-201 Prjazove presso le coste siriane, per raccogliere informazioni sui movimenti militari statunitensi e sostenere la flotta russa nel Mediterraneo orientale. Un ufficiale russo disse ad Interfax che le caratteristiche della forza navale nel Mediterraneo orientale erano state modificate per adattare la posizione militare della Russia all’evoluzione della situazione regionale. Vladimir Putin aveva anche promesso di aiutare la Siria contro gli Stati Uniti e definiva pubblicamente John Kerry un bugiardo. La Cina raggiungeva la Russia inviando la sua nave d’assalto anfibio Jinggangshan nella zona. Inoltre, il governo degli Stati Uniti avrebbe dovuto affrontare la formidabile opposizione al vertice del G20, tenutosi in Russia, dove Pechino e Mosca furono sostenute da Argentina, Brasile, India, Indonesia e Sud Africa, nella loro opposizione ad un attacco degli Stati Uniti contro la Siria.

 Guerra: l’opzione peggiore degli USA

Il governo degli Stati Uniti sapeva che un attacco alla Siria sarebbe divenuto un vero disastro dalle conseguenze imprevedibili. Se la Siria veniva attaccata, come minimo il governo statunitense avrebbe dovuto dimenticarsi qualsiasi accordo con l’Iran o l’allentamento dei rapporti con la Federazione Russa. Aggiungendo così l’opposizione della Cina alle Nazioni Unite e l’agitazione di Pechino sul cosiddetto “Perno nel Pacifico” di Obama al quadro. Se l’amministrazione Obama  attaccava la Siria, si sarebbe arrivati ad un grande confronto, provocando perdite politiche, economiche, diplomatiche, strategiche e militari agli statunitensi. La Siria non sarebbe stata un facile bersaglio dell’attacco diretto degli Stati Uniti. I siriani avrebbero utilizzato un intero arsenale di armamenti poco pratico e inapplicabile contro la guerriglia. I missili siriani avrebbero inflitto gravi danni a tutte le unità navali statunitensi nel Mediterraneo orientale che fossero giunte troppo vicine alle coste siriane, e le unità antiaeree siriane avrebbero impedito agli Stati Uniti di avere il dominio dei cieli siriani. Damasco avrebbe reagito e ci sarebbe stata un’escalation e l’espansione regionale dei combattimenti coinvolgendo subito Libano, Israele, Giordania, Turchia, Iraq e Iran.

Inoltre, quando Obama minacciava di attaccare la Siria, gli Stati Uniti non erano nella posizione adatta per attaccarla. Sia gli Stati Uniti che la NATO non avevano nemmeno unità militari abbastanza vicine alla Siria per bombardare la Siria in modo sicuro, senza essere battuti da Damasco. Il meglio che l’assalto del Pentagono avrebbe potuto fare, con il dispiegamento che esso  aveva in atto, era provare a cambiare l’equilibrio sul campo tra le parti in lotta in Siria. Il governo degli Stati Uniti può anche aver pianificato l’assassinio del Presidente Bashar al-Assad e dei funzionari militari e civili siriani chiave, nell’ambito del cosiddetto “attacco limitato”.

 Quali erano i piani del governo degli Stati Uniti?

Cosa avrebbero cercato di fare gli Stati Uniti, sapendo che non potevano iniziare una guerra contro la Siria? Indipendentemente da quale di questi punti di vista sia corretto, il risultato delle minacce del presidente Obama alla Siria fu che l’Iran e gli Stati Uniti ebbero dei colloqui diretti e la Siria  accettava di distruggere il proprio arsenale di armi chimiche. La Siria viene essenzialmente disarmata del suo deterrente strategico contro l’arsenale biologico, chimico e nucleare d’Israele, cosa che appare importante in una guerra della Siria contro Israele o in una guerra regionale USA-Iran. Nello stesso tempo, l’amministrazione Obama sembra diretta verso un grande accordo e una svolta diplomatica con l’Iran in ciò che potrebbe essere paragonato al restauro di Richard Nixon delle relazioni con la Repubblica popolare cinese, o nuovo “momento Nixon-Mao”.

Ciò che si sa ora è che il presidente Obama aveva inviato una lettera segreta a Teheran per aprire un dialogo e dei negoziati con l’omologo Hassan Ruhani, il nuovo presidente dell’Iran, mentre  minacciava di attaccare la Siria. L’amministrazione Ruhani ha effettivamente iniziato a parlare, un risultato utile a Stati Uniti e Iran, e il governo iraniano ha anche appoggiato la proposta della Russia a che la Siria distruggesse le sue armi chimiche per neutralizzare le minacce degli Stati Uniti. John Kerry e Muhammad Javad Zarif, il nuovo ministro degli esteri dell’Iran, hanno avuto un incontro a New York, il 26 settembre 2013. Il giorno dopo, Obama e Ruhani hanno avuto una conversazione telefonica diretta, il primo colloquio diretto tra i leader statunitense e iraniano dal 1979. I colloqui con Teheran e il disarmo chimico siriano sono il risultato delle minacce di Obama alla Siria, o sono l’obiettivo calcolato delle minacce di Obama? Se Russia, Iran e Cina hanno formato una formidabile opposizione che avrebbe impedito gli attacchi degli Stati Uniti contro la Siria, e se la Siria sia stata in grado di proteggersi, sembra certo che avrebbe scelto questa via.

 La ripubblicazione è gradita in riferimento alla rivista on-line della Strategic Culture Foundation.

 Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora

http://aurorasito.wordpress.com/2013/10/01/obama-programma-di-attaccare-la-siria-o-di-portare-avanti-le-trattative-con-liran/

 

L’ultimo regalo della Fornero: sdoganata la pedofilia

Scuole e luoghi di lavoro ridotti a campi di rieducazione in chiave omosessuale, e sdoganamento della pedofilia (o almeno della efebofilia, ovvero i rapporti di un adulto con un adolescente). E’ questo lo scenario che ci si prospetta per il prossimo futuro, in quanto l’allora ministro del Lavoro (con deleghe per le Pari opportunità) Elsa Fornero ha aderito sei mesi fa a un progetto sperimentale del Consiglio d’Europa per la lotta alle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere.

E ora l’UNAR (ovvero l’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali, istituito all’interno del Dipartimento per le Pari Opportunità) ha pubblicato le linee guida per l’applicazione dei princìpi contenuti nella Raccomandazione CM/REC (2010) 5 del Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa, volta a combattere la discriminazione fondata sull’orientamento sessuale o l’identità di genere: “Strategia nazionale per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere (2013-2015)”, si chiama.

(scarica la Strategia http://www.pariopportunita.gov.it/images/strategianazionale_definitiva%20_logocoenuovo.pdf )

L’intero documento del nostro governo è improntato al più radicale estremismo gay, mentre è nella Raccomandazione del Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa che si trova l’invito agli Stati membri ad abrogare “qualsiasi legislazione discriminatoria ai sensi della quale sia considerato reato penale il rapporto sessuale tra adulti consenzienti dello stesso sesso, ivi comprese le disposizioni che stabiliscono una distinzione tra l’età del consenso per gli atti sessuali tra persone dello stesso sesso e tra eterosessuali” ( art. 18 ). Considerato che in Italia l’età del consenso per i rapporti sessuali è di 14 anni, si vorrebbe che un cinquantenne possa tranquillamente avere rapporti omosessuali con un 14enne senza incorrere in reati. Ma potrebbe andare anche peggio, perché i Radicali stanno da tempo proponendo di eliminare qualsiasi limite di età di consenso.

Pur tralasciando questo aspetto, che non viene direttamente ripreso nella Strategia Nazionale (ma è implicito), il documento dell’Unar è inquietante perché impone l’obbligo di considerare l’omosessualità equivalente all’eterosessualità in tutto e per tutto. E soprattutto non è ammesso alcun dubbio o riserva.

Ma vediamo gli aspetti più inquietanti di questa strategia nazionale:

Tutto ciò che non è approvazione di ogni diritto richiesto dalla comunità LGBT (Lesbiche, gay, bisessuali e trans) è omofobia, rientra in quei “pensieri dell’odio” che la legge punisce severamente . In pratica è obbligatorio pensare che sia sacrosanto il matrimonio tra persone dello stesso sesso, perché come radice dell’omofobia viene indicato l’eterosessismo, vale a dire pensare che solo il rapporto eterosessuale sia naturale. Non a caso si fa riferimento a personalità politiche ed ecclesiastiche, che violerebbero spesso e volentieri questo punto: “incitamenti all’odio e alla discriminazione permangono nelle dichiarazioni provenienti dalle autorità pubbliche e da alcuni rappresentanti delle istituzioni politiche ed ecclesiastiche, veicolate costantemente dai media italiani”. Sotto questa luce si capisce meglio il “caso Biancofiore”, dapprima nominata sottosegretario alle Pari opportunità e poi spostata perché le organizzazioni gay l’hanno bollata come omofoba: appoggiava in tutto le battaglie del mondo gay, disposta pure a partecipare ai Gay Pride, l’unica cosa che non concedeva era il matrimonio, ed è stata “espulsa” dalle Pari Opportunità.

Né può passare inosservato quel riferimento esplicito alle personalità ecclesiastiche che starebbero incitando all’odio: siccome non risulta che ci siano vescovi che vanno in giro invitando i fedeli a emarginare gli omosessuali o a picchiarli, possiamo facilmente immaginare cosa potrà accadere a chi – sul tema omosessualità – si limiterà anche solo a leggere il Catechismo della Chiesa.

La scuola sarà il principale teatro delle operazioni: cambiamento dei programmi scolastici e indottrinamento forzato sull’argomento per promuovere lo stile di vita LGBT sono i cardini di questa iniziativa. Ecco, ad esempio, alcuni degli obiettivi e delle misure fissati dall’Unar per le scuole: ampliare le conoscenze e le competenze di tutti gli attori della comunità scolastica sulle tematiche LGBT; favorire l’empowerment delle persone LGBT nelle scuole, sia tra gli insegnanti che tra gli alunni; contribuire alla conoscenza delle nuove realtà familiari, superare il pregiudizio legato all’orientamento affettivo dei genitori per evitare discriminazioni nei confronti dei figli di genitori omosessuali; realizzazione di percorsi innovativi di formazione e di aggiornamento per dirigenti, docenti e alunni sulle materie antidiscriminatorie, con un particolare focus sul tema LGBT e sui temi del bullismo omofobico e transfobico; integrazione delle materie antidiscriminatorie nei curricula scolastici (ad es. nei percorsi di Cittadinanza e Costituzione) con un particolare focus sui temi LGBT; riconoscimento presso il Ministero dell’Istruzione delle associazioni LGBT; ulteriori corsi di approfondimento che daranno crediti formativi. Inutile dire che è previsto che siano direttamente le associazioni LGBT a gestire corsi di istruzione sul tema.

Per quanto riguarda il lavoro il discorso è analogo, con l’aggiunta di corsie preferenziali per l’assunzione e la formazione di personale LGBT (dopo le quote rosa anche quelle arcobaleno) e formazione a tutti i lavoratori sul tema per cancellare ogni residuo di resistenza. Corsi di formazione e iniziative varie saranno finanziate con i fondi strutturali europei, vale a dire con i soldi, in massima parte, della Commissione Europea, cioè le nostre tasse. C’è poi l’introduzione forzata di una (quasi) nuova figura professionale, ovvero chi si occupa del diversity management, gestire e valorizzare le diversità.

Ovviamente le diversità in questione sono quelle dell’orientamento sessuale e dell’identità di genere, ma le indicazioni sul diversity management lasciano sconcertati. Ecco alcune indicazioni: creazione di network LGBT all’interno delle aziende e istituzione a livello di alta dirigenza del ruolo di mentore LGBT; estensione di benefit specifici per le persone LGBT, anche in relazione alle famiglie omogenitoriali; certificazione delle aziende gay friendly.

Questo indottrinamento è previsto specificamente anche per giornalisti, tutori dell’ordine pubblico, personale carcerario.

E’ inoltre prevista una inquietante cabina di regia, definita “Sistema integrato di governance”, composto da Unar, organizzazioni di gay e lesbiche, diversi ministeri, Ordine dei Giornalisti, sindacati e così via. La governance peraltro è già una realtà, visto che il 20 novembre 2012 si è costituito il Gruppo Nazionale di Lavoro LGBT.

Il ministro Fornero dunque, avrà pure sbagliato i conti sugli esodati, ma sicuramente ha portato avanti con decisione – e senza fare pubblicità – l’agenda della lobby gay, che se non viene fermata ci porta rapidamente all’approvazione dei matrimoni tra persone dello stesso sesso e alla legalizzazione della pedofilia. Non a caso diciamo “se non viene fermata”: la Raccomandazione del Consiglio d’Europa che è alla base della Strategia Nazionale è infatti un protocollo cui si aderisce su base volontaria; non c’è alcun obbligo né morale né politico di recepirlo, tanto è vero che l’Italia è fra i pochissimi paesi che lo hanno fatto. E quindi è possibile per il nuovo governo ritirarsi dal progetto in qualsiasi momento.

La cosa non sarà però facile, per due motivi: il Dipartimento delle Pari Opportunità è dominato da militanti pro-LGBT, e il nuovo ministro delle Pari Opportunità Josefa Idem ha già sposato la visione più radicale. Basta leggere la lunga intervista rilasciata ieri a “Repubblica” per capire che l’intenzione non è solo di procedere nella direzione del matrimonio gay, ma di farlo anche rapidamente. E il presidente del Consiglio, Enrico Letta, ha tutta l’aria di non voler contrastare questa ondata: ha rimosso Michaela Biancofiore da sottosegretario alle Pari Opportunità con il pretesto di un’intervista rilasciata in violazione di un ordine dato di sobrietà e rinuncia al protagonismo; nessuna conseguenza invece per l’intervista – ben più dirompente – del ministro Idem.

Ci sarà in questo governo qualche ministro capace di opporsi a questa deriva, nella convinzione che questa opera di distruzione della famiglia finirà di distruggere la nostra società?

Fonte tratta dalsito .

Italia, lo scantinato Rosso della Casa Bianca

Finito in cantina l’ultimo pezzo di Made in Italy. Il lavoretto di Letta e dei traditori del popolo italiano procede a gonfie vele

– I Ricorsi storici dei golpisti rossi, dal Britannia ad oggi

– Le Emblematiche dichiarazioni di Confindustria

– Video shock in allegato sulla colonia Italia

 di Maria Bianchi

  L’Ultimo pezzo di Made in Italy

 Roma, New York  – di Maria Bianchi – Mentre il teatrino italico prosegue senza sosta, con la Telecom ceduta alla spagnola Telefónica di César Alierta, a braccetto, o quasi – siamo in fase di trattativa – con Alitalia – compagnia inutilmente “salvata” (per usare un eufemismo: vedi allegati – 1) dal fallimento nel 2008, spendendo “appena” 4 mld di Euro – se ne va anche l’ultimo pezzetto di Made in Italy. Appena qualche mese fa, come noto, era avvenuta la cessione di marchi importanti come Ferretti, Berloni, Sergio Tacchini a compagnie cinesi. Nel frattempo il nostro premier Letta con un disarmante sorriso stampato sulle labbra è volato alla volta di Bloomberg (New York) per “promuovere” la definitiva svendita del nostro Paese e per rassicurare i grassi “investitori” (avvoltoi suonerebbe meglio) sulla “qualità e stabilità” del nostro Paese, annunciando anche che a breve ci sarà una nuova spendig review (astrusa parola anglofona – rientrante nel cosiddetto “linguaggio dei demoni del danaro” – per indicare in modo chic le amputazioni allegre della spesa pubblica). Ma chi sono questi bravi “investitori”? Beh, non è proprio quella che si dice “gente qualsiasi”, si tratta infatti dei big dell’economia e della finanza Usa: il segretario al Tesoro Usa, Jacob Lew, George Soros, l’ad di Coca Cola, Muhtar Kent, quello di Godman Sachs, Lloyd Blankfein, e di Lazard, Kenneth Jacobs. Allegati 1

 

 Strategie, Furti e Odissea Alitalia – Una Storia che tutti Dovrebbero Conoscere

 Il Volto di Satana e i Demoni del Danaro

  Una Doverosa parentesi – Per non Dimenticare

 Sulla Goldman Sachs mi pare doveroso, tuttavia, aprire una parentesi. Il 16 novembre del 2011 Le Monde accusò questo colosso targato U.S.A. (e Israele) di gestire un “occulto direttorio europeo capace di manovrare, in base ai propri interessi, gli uomini chiamati prima a generare e poi governare la crisi dell’euro“, mettendo nel mirino i nostri (loro) Mario Monti e Mario Draghi: quest’ultimo, in particolare, all’epoca ricopriva la carica di vice presidente della Banca d’affari statunitense, quando la stessa fornì alla Grecia gli strumenti finanziari illeciti per entrare a far parte dell’Euro. Del nostro ex-primo ministro (impostoci in maniera coatta dalla Troika) e dell’attuale governatore della Bce si menzionava anche – tra l’altro – l’appartenenza alla Trilateral Commission e al Bilderberg Group. Da non dimenticare il contributo di Romano Prodi (nel suo curriculum sempre Goldman Sachs, frequentatore del Bilderberg, membro Aspen, ecc…) responsabile, come visto e detto in più sedi (vedi allegati – 2) della privatizzazione dell’IRI e della svendita Italtel alla Unilever (nonostante un conflitto di interessi evidente, essendo consulente di quest’ultima).

 Allegati 2

 Shock Economy – Il Liberismo imposto con lo Shock e l’Economia del Disastro

 Schiavi di un Debito Illegale – Capitolo 4: Banche Centrali e Signoraggio

 2012 – Liberismo, Consorterie e Politica: Un groviglio da Districare

 Speculazione e “Derivati”: i ruoli di Ue, Draghi e Monti

 La morale delle banche sullo scoglio dei “depositi overnight”

  Nel segno della Tecnocrazia

 Quindi non scordiamo il comun denominatore chiamato Commissione Trilaterale, ribadiamo, segreto consesso mondialista fondato nel 1973 dal solito “illuminato ed illuminante”  David Rockfeller (potentissimo banchiere statunitense e pioniere del “Nuovo Mondo”) che ufficialmente dovrebbe operare soltanto in un “think tank” dedito al coordinamento delle politiche di Asia, Europa e Stati Uniti, creato invero per sviluppare «un potere economico mondiale superiore ai governi politici delle nazioni coinvolte» (come scriveva in tempi non sospetti il senatore repubblicano Barry Goldwater). Un governo sovranazionale.. di banchieri, precisiamo. A questa causa andrebbe sacrificata l’autodeterminazione dei popoli, stando alle parole dello stesso Rockefeller. Non a caso il concetto di tecnocrazia è nato proprio in seno alla Trilateral. E che dire di George Soros? Un super finanziere d’assalto di origini ungheresi ma yankee d’adozione, a capo del Quantum Fund e protagonista di una incredibile serie di crac provocati in svariate nazioni nel mirino degli Usa, potendo contare su smisurate liquidità capaci di creare default ad hoc e svalutazioni create ad arte. La svalutazione della lira raggiunse il 30%, il super attacco speculativo alla nostra moneta “costrinse” l’allora governatore di Bankitalia, Carlo Azeglio Ciampi, a prosciugare le risorse della banca centrale, bruciando 50 miliardi di dollari per arginare l’imminente tracollo della nostra economia monetaria: in pratica ci costrinsero a mutilare il nostro bilancio. Tipica operazione coloniale da “economic hitman” (vedi allegato – 3).

 Allegato 3

 Corporatocrazia e Imperialismo Usa – High Frequency Trading ed Economic Hitman

  Oggi come ieri – Corsi e ricorsi storici

 Moody’s, l’impunita agenzia di rating – testa d’ariete del mondialismo sion-americanista contemporaneo – completò l’opera declassando i nostri Bot. Un criminoso attacco speculativo ad opera d’arte. Diverse procure italiane (fra cui Trani, Napoli e Roma – vedi allegati – 4) avviarono delle inchieste contro l’attacco speculativo e il super-aggiotaggio di Soros nei confronti dei nostri mercati. Soros – di recente addirittura premiato dall’intellighenzia italiota di sinistra – vedi allegato 5 – venne accusato di aggiotaggio e insider trading, avendo utilizzato informazioni riservate che gli permettevano di speculare con sicurezza e di anticipare movimenti su titoli, cambi e valori delle monete. Una immensa frode legalizzata che avrebbe colpito tutti i cittadini-risparmiatori italiani ed avrebbe contribuito all’odierna recessione e crisi indotta. Inutile dirlo le inchieste furono un buco nell’acqua. Nessun potente speculatore venne incriminato, nessun politico italiano fu mai dichiarato colpevole.

 Allegato 4

 Trani inguaia Moody’s. Gli Scheletri nell’armadio di Monti

 La “Grande Balla” dello spread – Lo squalo che divora l’Europa

 Crisi – Il Rating, l’Economia della Truffa e l’Impero del Male

 Allegato 5

 La Sinistra Italiana del “Partito Unico” premia Soros, Profeta del Nuovo Ordine Mondiale

 Nel Nome di George – Avaaz e il Gioco del Dissenso Pilotato

  La Via Bilderberg e le interpretazioni dei “Fratelli d’Italia”

Cosa, infine, si potrebbe ancora dire del Bilderberg Group? Beh abbiamo detto davvero tutto! (vedi allegati – 6) Potrebbe essere illuminante a riguardo, tuttavia, analizzare le dichiarazioni rilasciate dal co-fondatore di Fratelli d’Italia, Guido Crosetto,  durante una intervista rilasciata nelle scorse ore: “la cessione di Telecom è una grande sconfitta del nostro sistema industriale… Credo proprio di sì. Si può dire il contrario? Un Paese che era sesto al mondo e non è più nella chimica, nell’informatica, nella farmaceutica. C’è una responsabilità di chi ha gestito quell’azienda fino alla sua dismissione, dalla privatizzazione in poi. Qualcuno deve pagare per certe gestioni. E’ un asset importante non solo per motivi economici, ma anche strategici. E’ importante anche una nostra azienda che fa vestiti, ma non c’è paragone con un’industria delle Telecomunicazioni». “Chi comanda Telecom… Bernabè! – ha aggiunto Crosetto – quello che ha partecipato di più alle riunioni Bilderberg negli ultimi vent’anni. Adesso bisogna vedere dove lo manderanno…” (frase è molto significativa.. ricordiamo, infatti, che Bernabé fu il protagonista della privatizzazione dell’ENI nel ’98). “Quel che è successo – ha infine commentato Crosetto – dimostra l’incapacità di un Paese  di avere una strategia che vada al di là della discussione quotidiana su stupidaggini mostruose. Per quanto sia importante l’Iva, e per me è importante non alzarla, qua parliamo di un asset». Parole sante che cozzano tuttavia con le curiose dichiarazioni rese lo scorso 18 Settembre a Matrix dalla “Sorella d’Italia” Giorgia Meloni, che lamentava – udite, udite – l’assenza di una maggior leadership in seno europeo ed europeista, dimenticando (???) chi controlli davvero la colonia israelo-statunitense chiamata UE e chi abbia aperto la “crisi” con strumenti tipici di una “Commissione stalinista“.

 Allegati 6

 7 Italiani al Bilderberg 2013 – Proteste contro il Nuovo Ordine Mondiale

 Bilderberg Club Londra – Previsto Barroso. Il Silenzio del Parlamento Europeo

  L’Emblematica dichiarazione del Direttore di Confindustria

 Una dichiarazione davvero emblematica – l’ennesima – è stata quella del direttore generale di Confindustria, Marcella Panucci, che ha parlato così nella trasmissione di Radio1 Rai (dal rievocativo e curioso titolo, consentitemi…, spiccatamente marxista) “L’Economia prima di tutto“: “L’operazione Telefonica-Telecom è uno snodo molto importante per il nostro futuro industriale”. Secondo la Panucci, infatti, non sarebbe rilevante la nazionalità del capitale, ma la “competitività”. Roba da non credere! Ecco le ultime eloquenti battute del passaggio radiofonico: Come commenta queste parole? «Vada a fare il Direttore di Confindustria in Spagna…. Non ho parole. Cioè, ha sbagliato mestiere. Si rende conto che conta anche la nazionalità per noi e per i cittadini?».  In parole povere, amici, si può tranquillamente parlare di fallimento pilotato: d’altronde (vedi allegati – 7tutto fu premeditato precisamente nel ’92 sul panfilo Britannia. E’ in atto la più grande truffa che sia mai stata concepita, malgrado tutta la politica (tutta) faccia finta di non capire, in un Parlamento morto e sepolto ormai da anni – se non decenni (vedi allegato – 8) che somiglia sempre più ad un aborto, o meglio alla caricatura di una camera bassa del Congresso USA o ad uno scantinato dellaWhite House.

 Maria Bianchi (Copyright © 2013 Qui Europa)

 Allegati 7

 Finanza ed Egemonia Anglofona sull’Europa – La linea Delors

 Speciale QE – Vecchie e Nuove Ombre Coloniali dietro gli F35 – Da Dulles ai giorni nostri

 (Video in Allegato – IL PIANO DULLAS)

http://www.quieuropa.it/italia-lo-scantinato-rosso-della-casa-bianca/

 

L’imperatore è nudo: chi crede ancora alla contrapposizione destra-sinistra?

Posted By Alberto Medici On 2 ottobre 2013

[1]

 A.: gliel’abbiamo fatta anche stavolta! Ahahaha….    L.:ci cascano sempre come scemi….

 Nonostante i tentativi di mascherare l’assoluto allineamento di destra e sinistra (si sa che deve essere mascherato: se no la gente capisce di NON essere in democrazia!) su tutti i temi importanti (denaro, banche, sistema elettorale, guerre, sanità, ecc.), alcuni avevano cominciato a capire che di contrapposizione finta si trattava. Sì, su alcuni temi a carattere “ideale” come i diritti dei gay forte scontro, appunto, ideologico; ma su tutti i temi “veri“, quelli per cui la gente non trova lavoro, per cui non riesce ad arrivare a fine mese, per cui gli imprenditori si suicidano, ecc., assoluto accordo. Ne avevamo già parlato qui[2], qui [3]e qui[4].

 Con l’ultimo governo PD+PDL molti hanno cominciato a svegliarsi: “ma come? Gli avversari, gli eterni nemici, che si mettono insieme?”  E questi che,  pur di non fare entrare questi parvenu, questa armata brancaleone di giovani del M5s, che rifiutano i rimborsi elettorali, che si tagliano gli stipendi, questi, piuttosto che accettare la presenza di questo corpo estraneo, preferiscono mettersi insieme, anche se questo farà cadere la foglia di fico, e mettono agli atti quello che era nei fatti già da tempo: che la contrapposizione era finta, che in realtà facevano solo finta di litigare. Si sa, con la scusa della crisi, della responsabilità civile, ecc., possono giustificare anche questo.

 Oggi è venuto meno anche l’ultimo dubbio. Sembrava che il PDL avrebbe fatto cadere il governo, che l’idillio fosse finito, che alla fine avrebbe tolto il sostegno al governo, c’erano troppi elementi diversi, troppe divergenze. e invece no, alla fine, dopo tutte queste premesse, il flop: la montagna ha partorito il topolino, anzi meno: un bel niente. Abbiamo scherzato, ragazzi, tutti rientrate nei ranghi. Non si può pisciare nel piatto dove mangiamo: deve restare tutti così com’è.

 Se c’è ancora qualcuno che crede alla contrapposizione destra sinistra, alla democrazia, si merita questo governo e questa Italia. Non so più come spiegarlo.

http://www.stampalibera.com/?p=66922

LA MALEDIZIONE DELL’ EURO E’ L’ AUSTERITÀ ADDOLCITA

sarebbe da egoisti tenerci questo meraviglioso modello di prosperità benessere e felicità per noi europei ed escludere gli stranieri in cerca di un futuro migliore negare la possibilità di accedere a questo generoso gioiello che tanto è attento a non far soffrire la miseria agli indigeni

Postato il Giovedì, 03 ottobre

Di DAVID CRONIN

counterpunch.org

 Alle elementari avevo un maestro perverso. Questo bruto dalla chioma fiammeggiante si divertiva a colpire i suoi allievi con due canne di vimini scuro, che aveva battezzato Katie e Maggie, però quando Mr. C. non stava frustandoci il palmo delle mani, ci teneva delle dotte lezioni per spiegarci tutti i motivi che non ci dovevano mai indurre ad usare la violenza.

 Ecco José Manuel Barroso, mi ricorda proprio Mr C. – anche se i due uomini non hanno nessuna somiglianza fisica tra di loro . Il capo della Commissione Europea sta tenendo le fila di un esperimento sadico che ha inflitto sofferenze a milioni di persone che non avevano avuto niente a che vedere con la crisi finanziaria, oggi però vuol farci credere di aver trovato una sua coscienza sociale.

 Questo mese Barroso e soci stanno presentandoci un cinico esperimento di austerità – addolcita – . Un nuovo documento politico emesso dalla Commissione ricorda che ci dovrebbe essere un maggior controllo sulle politiche occupazionali nei paesi della zona euro. Questo documento viene presentato come un tentativo coraggioso di dare una dimensione sociale alla moneta unica.

 Con questo non dovete aspettarvi che si sia voluto abbandonare il tradizionale sadismo, infatti tutti i governi della zona euro hanno ricevuto l’ordine di consegnare entro il 15 ottobre i loro bilanci nazionali per il controllo di Bruxelles per verificare che tutte le regole messe sulla spesa – quelle che stanno portando alla distruzione di molti stati sociali – siano state applicate rigorosamente .

 Il voler dare una ” dimensione sociale ” all’euro prova a mascherare quanto questo progetto sia profondamente antisociale . Credo di dovermi scusare ma devo richiamare ancora una volta l’attenzione sull’impronta data a questo modello monetario nel 1988, quando fu disegnato da un manipolo di finanzieri e commercianti senza nessun mandato democratico .

L’Associazione per l’Unione Monetaria Europea, questo il nome che si era dato quel manipolo di valorosi, includeva rappresentanti di Goldman Sachs, Deutsche Bank , Total e British American Tobacco e il loro scopo era riuscire a realizzare le fantasie di un gatto bello grasso che gioca con un topo e non, come ci dissero gli spin-doctors , di avvicinare tutti i popoli europei.

 Un quarto di secolo più tardi, un altro manipolo della stessa combriccola sta dettando le politiche economiche dell’Unione europea. Lo scorso giugnoi governi dell’Unione si sono impegnati a trovare un posto di lavoro – come apprendista – a ogni giovane, entro quattro mesi dalla fine della scuola o da quando ha perso il suo ultimo lavoro. Gli elementi chiave di questa ” proposta per i giovani “ sono stati copiati e incollati dalla presentazione preparata dalla Tavola Rotonda degli Industriali Europei ( ERT ), dove siedono insieme i Presidenti e gli Amministratori Delegati di Shell, BP , Volvo , Nestlé e Heineken .

 Lungi da qualsiasi altruismo verso i nostri giovani , gli industriali europei vogliono spingerli verso un futuro di lavoro pieno di stress, di incertezze ma essenzialmente “yellow-pack” cioè “sottopagati”. Sta per arrivare untiritera di richieste da parte di questi signori che insiste sulla necessità di prendere ” misure per proteggere l’occupazione” che prevedano un progetto nuovo e più moderno “, nella maggior parte dei paesi dell’UE.

 Nell’idea di questa gente il termine “modernizzazione” significa fare marcia indietro da un’epoca in cui il lavoro si era dato una forma organizzativa e aveva fatto qualche progresso significativo . Se l’ unione degli industriali riuscirà a percorrere la strada che ha indicato , le grandi aziende potranno ridurre di molto il periodo di preavviso prima di licenziare e saranno anche ridotti drasticamente i sussidi per i lavoratori in esubero e le loro liquidazioni. Anche il pagamento di straordinari e ferie non godute potrà essere abolito nel sacro nome della “flessibilità”.

 Qui a Bruxelles qualcuno guarda a Jacques Delors come una sorta di visionario, ebbene se il suo obiettivo era quello di espandere le disuguaglianze in tutta Europa e ridurre in miseria milioni di persone, possiamo dire che fu un vero visionario . Perché proprio questo è l’ obiettivo che ha raggiunto, sostenendo il progetto della moneta unica con tanto vigore durante il periodo in cui fu Presidente della Commissione Europea .

 Oggi, Delors è a capo di Notre Europe un “think tank “ in parte finanziato dal gigante energetico GDF Suez . I suoi fedeli però, continuano a dare l’impressione che valga ancora la pena di salvare l’euro, anche se dopo avergli rifatto un po’ il trucco.

 Un recente documento di Notre Europe ribadisce la regola che dovrà restare alla base dell’euro : chi disobbedisce sarà punito . Qualsiasi riassetto della “dimensione sociale” che verrà reintrodotto , invece , potrà godere di incentivi, anziché subire sanzioni .

 E questo la dice veramente tutta: i governi dovranno continuare a essere vittime di bullismo e costretti a tagliare le spese per la salute e per l’istruzione . Poi qualsiasi misura che vorranno prendere per proteggersi dalle bastonate sarà valutata come un “accessorio a richiesta”.

 Sarebbe stato incoraggiante vedere i sindacati battersi contro questa agenda antisociale, ma mentre tanti militanti restano in prima linea per resistere , molti, troppi, dei capi del movimento operaio sono “troppo” impegnati a slinguazzare i loro padroni.

 La Confederazione dei Sindacati Europei recentemente ha collaborato con Business Europe, una coalizione di imprenditori per redigere una proposta congiunta per la lotta contro la disoccupazione giovanile . Hanno messo tutta l’ enfasi possibile sulle parole “Riforme ” e “Competitività ” – entrambe usate come strumento per indebolire i diritti dei lavoratori – ma hanno solo riscritto una versione diluita delle tiritere già pubblicate dalla ERT, che dicevamo sopra .

 L’euro è stata una maledizione per chi lavora, bisognerà abbandonarlo per cominciare ad immaginare un’Europa più giusta (?).

 David Cronin è l’ autore del nuovo libro “Corporate Europe: How Big Business Sets Policies on Food, Climate and War” pubblicato da Pluto Press.

 Fontehttp://www.counterpunch.org/

Link; http://www.counterpunch.org/2013/10/01/the-curse-of-the-euro/

1.10.2013

 Traduzione per ComeDonChisciotte.org a cura di Bosque Primario

La ricchissima ONG Human Rights Watch si sta impegnando moltissimo per sostenere le posizioni di Obama sull’ episodio di Ghouta del 21 agosto

Ora ha attaccato Madre Agnes per le sue contestazioni ai video denuncia
della strage con armi chimiche.

La denuncia di Madre Agnes è clamorosa e semplice da capire. Si vedono video con gli stessi bambini, presunti avvelenati, in locali diversi, la messinscena è lampante. La denuncia della suora è chiarissima in un articolo del blog www.oraprosiria.blogspot.it.

Marcopa

Syria Chemical Weapons: Mother Agnes Mariam Attacked By Human Rights Watch! HRW Lies for the US Government

Since when does a human rights organization take to arguing the case for a military attack that will kill scores of innocent civilians? If you 
are Human Rights Watch, its all in a days work. The US regimes favorite human rights organization, which once praised the Obama
Administrations continuation of its predecessors torturous CIA extraordinary rendition program, pulled out all stops to bolster
Obamas claims that the Syrian government was responsible for the August 21st chemical attack near Damascus.

As Obama was ready to teach Syria a lesson via Tomahawk cruise missiles, Human Rights Watch stood virtually alone in the world on the presidents side. The human rights group was not busy trying to help the victims or promote international diplomatic efforts to end the crisis. They were instead feverishly engaged in a convoluted effort to prove that the missiles that purportedly carried the poison gas could only have come from Syrian government positions. They had no investigators on the ground, yet they determined independent of facts that the Syrian government must have been responsible. This is the job for a human rights group? To help a president make the case for war?

Human Rights Watch even repeated the lie that the UN inspectors report on the August 21 incident points clearly to Syrian government
responsibility for the attack. It does no such thing, and in fact the
UN had no mandate to determine responsibility for the incident. But this was the US administrations line and HRW was determined to repeat it even as the rest of the world gasped in disbelief.

When the Russian effort to head off a US attack on Syria which would
no doubt have killed far more than it was claimed were killed by poison
gas on August 21 was finalized by a UN resolution providing for the
destruction of the Syrian governments chemical weapons and facilities,
one would think a human rights group would cheer that diplomacy
triumphed over war. Not so Human Rights Watch. The organizations UN
representative Philippe Bolopion blasted the agreement, stating that it
fails to ensure justice.

At that point, even President Obama was happy to have avoided a military conflict in Syria. Not Human Rights Watch.

The organization has not let up, however. A recent report by Mother
Agnes Mariam of the Cross and her Institute for Peace, Justice and Human Rights painstakingly refutes much of the photographic evidence presented of the attack. Being on the ground in Syria, she has also interviewed scores of victims of the insurgents attacks. Her  organizations report raises serious questions about whether the YouTube videos presented by the US government as the main US evidence of Syria government responsibility for the attack was manipulated or even entirely faked.
Mother Agnes Mariam, dubbed by the BBC as Syrias Detective Nun, finds her work attacked in a recent BBC article byyou guessed it, Human Rights Watch!

Peter Bouckaert, emergencies director of Human Rights Watch, who is
not on the ground in Syria, brushes off Mother Agnes Mariams work,
stating flatly that theres just no basis for the claims. He continues
that, she is not a professional video forensic analyst. Of course she
never claimed to be. What she claimed is to have working eyes, which
noticed among other anomalies that several of the purported victims
of the attack were seen at several different locations at supposedly the
same time and that it does not take a professional video forensic
analyst to recognize that is impossible.

Human Rights Watch is a protected, pro-US regime NGO. They want to be the only voice on human rights issues and thanks to their favored status and enormous budget they have much weight on these issues. But how many times can they promote torture and war before people stop listening to their lies?

http://www.globalresearch.ca/mother-agnes-mariam-attacked-by-human-rights-watch-hrw-lies-for-the-us-government/5352547?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=mother-agnes-mariam-attacked-by-human-rights-watch-hrw-lies-for-the-us-government

 

JAMAHIRIAN TV attack of russian ambassy

ELAC JAMAHIRIAN TV/ LIBYA: RUSSIAN AMBASSY UNDER ATTACK IN TRIPOLI

 ELAC Jamahirian TV/

Avec RT/Ruptly – ELAC Website – PCN-TV / 2013 10 03 /

https://www.facebook.com/ELAC.JAMAHIRIAN.TV  

http://www.elac-committees.org/

 Gunmen attack Russian embassy in Libya’s Tripoli!

Video still from RT/Ruptly’s exclusive footage shows the Russian Embassy in Tripoli, Libya after an attack by unknown militants on October 2, 2013. RT/ Ruptly’s exclusive footage shows a car burning in an almost deserted street outside the embassy.

 Video on :

https://www.facebook.com/photo.php?v=1417801405104688

 Libya, Russia, Violence The Russian embassy in Tripoli, Libya, has come under fire and there were attempts to get into Russia’s diplomatic compound, Russia’s Foreign Ministry said in a statement. “There has been an incident in Tripoli tonight, in which there was shelling and attempts to enter the territory of the Russian Embassy in this country,” Russian Foreign Ministry spokesman Aleksandr Lukashevich told RT. 

 According to preliminary information, there are no reports of injuries among the staff.  The ITAR-TASS news agency’s witnesses said attackers tore down a Russian flag. The situation was soon brought under control and there are currently no intruders on Russia’s embassy territory. According to reports, around 10 attackers drove to the embassy in two cars. Libyan News Agency (LANA) reports that they first opened fire on a parked diplomatic vehicle.

 After setting the car ablaze, the attackers opened fire on the diplomatic building itself, LANA (the press agency of the pro NATO puppet “libyan” governement) reported. But  as security forces arrived at the scene, they drove off in an unknown direction. A similar attack on Russia’s Tripoli embassy took place in February 2012 when protesters stormed the compound, condemning Russian and Chinese decisions to block the UN resolution against Syria. No one was injured in that attack.

 Nearly two years after Gaddafi was deposed and killed, Tripoli and other Libyan cities have been plagued by violence, lawlessness and factional infighting. The presence of militiamen remains more visible than actual state security forces in the capital, while vast portions of the oil-producing desert country remain completely out of the central government’s control.

 Stoogge Libya’s prime minister has appealed for international help as the country struggles through political turmoil amid stunted oil exportation which is costing the country $130 million a day.

 As Libya continues to be mired in post-Western intervention disarray, Gaddafi’s overthrow has not shown to have yielded a conciliatory political climate as many had hoped. “Ever since the fall of Muammar Gaddafi’s government we’ve seen in Libya the mob rule of countless militias or death squads,” activist and journalist Sukant Chandan told RT.

 One of the most vicious attacks on foreign embassies in Libya took place in September 2012, when the US ambassador to Libya and three other Americans were killed as armed militants assaulted Washington’s consulate in Benghazi.

 ELAC Website / PCN-TV

 Photo : Video still from Ruptly’s exclusive footage shows the Russian Embassy in Tripoli, Libya after an attack by unknown militants on October 2, 2013.

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