”L’elite globale nasconde 18 trilioni di dollari nelle banche offshore”.

BY  LOCCHIODIHORUS  – 16 MAGGIO 2014
 
Il fatto che Mitt Romney , allora in corsa per le presidenziali USA ,abbia milioni di dollari parcheggiati alle Isole Cayman ha riempito i titoli di tutto il mondo. Ma se passiamo alle banche offshore, i milioni di Romney sono spiccioli. La verità è che l’elite globale sta nascondendo nelle banche offshore una quantità di denaro che è semplicemente inimmaginabile. 
 
Stando ad una indagine sconcertante condotta dall’IMF (Fondo Monetario Internazionale), l’elite globale nasconde nelle banche offshore la somma di 18 trilioni di dollari.Tale cifra non tiene in conto dei soldi depositati in Svizzera; anche queste sono cifre incredibili. Per darvi un’idea, tenete a mente che il PIL USA nel 2010 è stato di soli 14,5 trilioni di dollari. Dunque, perchè l’elite globale si prende la briga di nascondere i soldi nelle banche offshore?
 
Due sono le ragioni essenziali: la prima è la privacy, la seconda la bassa tassazione.
 
La privacy è un tema veramente importante per quelli che sono coinvolti in operazioni illegali, tipo il traffico di droga; ma la ragione principale per la quale le persone spostano i loro soldi nelle banche offshore, è per evitare le tasse. Alcuni aprono conti in nazioni estere perché vogliono legalmente ridurre al minimo le proprie tasse, altri invece li aprono perché vogliono evaderle illegalmente. Sareste veramente sorpresi dallo scoprire quello che grosse aziende e singoli privati fanno per evitare di pagare le tasse. Sfortunatamente, la grande maggioranza di noi non ha le cifre, o le conoscenze, necessarie per giocare a questo gioco, così siamo tassati fino alla disperazione.
 
Dunque, perché le chiamano banche offshore (letteralmente fuori costa, ndt)?
 
Il termine ha origine con riferimento alle banche delle Isole del Canale (della Manica) che si trovano fuori dalle coste inglesi; ed infatti la maggior parte delle banche offshore , sono tuttora collocate sulle isole. Le Bermuda, le Bahamas, le Isole Cayman e l’Isola di Man ne sono esempi. Altre località con banche offhsore quali il Principato di Monaco non sono minimamente fuori dalle coste, ma il termine è ugualmente valido.
 
È tradizione che queste centri di banche offshore siano molto attraenti sia per i criminali che per l’elite globale (dov’è la differenza? Ndt) perché non diranno a nessuno ,governi inclusi , a chi appartiene tutto il denaro lì parcheggiato
 
Alcuni governi, in particolare quello USA , stanno cercando di cambiare le cose, ma di sicuro la fine del sistema condotto dalle banche offshore non la vedremo presto. La quantità di denaro che transita per queste banche è assolutamente incredibile. È stato calcolato che l’80% di tutte le transazioni del sistema bancario internazionale abbia luogo tramite queste banche offshore. Circa 1,4 trilioni di dollari sono parcheggiati nelle banche offshore nelle sole Isole Cayman.
 
In un articolo del Guardian,di qualche anno fa, si è stimato che un terzo della ricchezza dell’intero pianeta sia depositata in banche offshore, altri ritengono che un quantitativo pari alla metà di tutto il capitale mondiale passi, in un modo o nell’altro, proprio qui.
Ovviamente, tutto questo evitare le tassazioni significa che i governi del mondo stanno perdendo una montagna di denaro.
Si calcola che il governo USA perda 100 miliardi di dollari l’anno a causa di queste banche offshore. Altri collocano la cifra molto più in alto. Evitare le tasse è un gioco nel quale l’elite globale è maestra: il loro gioco e’ completamente diverso da quello che tu ed io potremmo giocare . Loro non stanno lì fermi, seduti, a farsi spennare dalle tasse. Loro, invece, pagano i migliori esperti finanziari ed usano qualsiasi trucco contabile per potersi tenere in tasca quanti più soldi possibile.
 
Ai giorni nostri, avvantaggiarsi dei paradisi fiscali offshore non è poi così complicata da farsi.
Uno scenario plausibile è il seguente: affido un mandato ad un consulente. Questi, nel fare il suo lavoro, mi chiama e mi dice che se io firmo una serie di documenti e faccio transitare i miei soldi attraverso una piccola isola dei Caraibi, posso conservare una fetta più grossa dei miei guadagni e pagare meno tasse. Potrei aver guadagnato i miei soldi in America, ma legalmente posso affermare che. di fatto, sono stati guadagnati in un paradiso fiscale.
È legale, e forse parecchi di noi dovrebbero prenderlo in considerazione ma ahimè’ come ci riducono i nostri governi sara’ sempre un operazione finanziaria riservata solo a pochi ,quindi d’élite.
 
Dopo tutto, se giochini del genere funzionano con Mitt Romney, perché non dovrebbero funzionare con noi ? L’unico problema sarebbero i soldi. Durante una pausa della campagna elettorale, Romney riferì’ quanto segue…
«Posso garantire che seguo le leggi fiscali».
Io gli credo fermamente: ma è quello che poi aggiunge che mi fa riflettere…
«E se c’è una possibilità di risparmiare sulle tasse, io, come chiunque altro nel nostro Paese, cerco di approfittarne».
Ed io gli credo fermamente anche in questo caso.
 
La ABC News inseguito rivelo’ che la Bain Capital ha costituito nelle Isole Cayman, 138 differenti fondi offshore. È una cosa che deve funzionare piuttosto bene se devi ripeterla 138 volte. Ma la Bain Capital è impegnata altrettanto intensamente anche in altri centri con banche offshore.
Una fra le più importanti scatole vuote costituita dalla Bain Capital ai Caraibi, si chiamava Sankaty High Yield Asset Investors Ltd: non aveva nessun ufficio alle Bermuda, neppure aveva lì del personale; però, ha aiutato i clienti della Bain Capital a risparmiare una bella montagna di tasse.
Quanto segue è tratto da un articolo del 2007 pubblicato dal Los Angeles Times
 
…. Alle Bermuda, Romney era presidente ed unico azionista – per quattro anni – della Sankaty High Yield Asset Investors Ltd., canalizzava i soldi nella famiglia , fondi di investimento a rischio Sankati, della Bain Capital, fondi che vengono investiti in titoli di Stato ed obbligazioni societarie, come in mutui bancari.
Come migliaia di analoghe istituzioni finanziarie, Sankati non ha nessun ufficio alle Bermuda. La sua unica presenza consiste in una targhetta presso uno studio legale del centro di Hamilton, capitale del territorio dell’isola britannica.
«Fondamentalmente è una casella postale», questo ha detto Marc B. Wolpow, che ha lavorato per nove anni con Romney alla Bain Capital e che costituì la Sankai Ltd., nell’ottobre del 1997, senza nemmeno aver mai visitato le Bermuda. «Non c’è nessuno lì che vi lavori, a parte degli avvocati».
 
La quantità di denaro che è attualmente canalizzata dalla Sankaty è semplicemente sconcertante…
Stando ad un portavoce, la Bain Capital gestisce portafogli per 60 miliardi di dollari. La cifra comprende 23 miliardi di dollari di fondi Sankati di credito e debito. Attualmente alle Bermuda sono attive una dozzina di affiliate Sankati, stando ai registri societari.
I fondi di investimento in debiti della Sankati sono strutturati come affiliate nel Delaware, dove producono entrate tassabili,, investendo su titoli obbligazionari a tasso fisso e in altri strumenti di debito. In base alle leggi fiscali, anche le istituzioni USA ,esentasse, possono ricadere in un’aliquota del 35% ,se investono direttamente in tali fondi; mentre investendo tramite una società con sede alle Bermuda, le tasse sono legalmente evitate, questo a detta degli esperti.
Tutto ciò è perfettamente legale.
Nessuno avrà il minimo problema da tali comportamenti.
 
Tenendo i soldi in banche offshore, gli stessi gestori di questi fondi evitano la tassazione.
Victor Fleischer , docente di fiscalità alla University of Colorado Law School , ha spiegato recentemente come la cosa funzioni…
 
«L’idea, dietro alcune delle strategie delle Isole Cayman ,era che i guadagni ottenuti dai gestori dei fondi per gestire il denaro, erano conseguiti offshore nelle Isole Cayman ,ed il principale beneficio è che tu puoi procrastinare la data di tale tuo guadagno fino a quando non reinvesti nelle stesse Isole Cayman , tali tue entrate, che verranno reinvestimenti ,sarà tassato, almeno finchè non lo ritiri».
 
È questo quello che faceva Romney?
Non lo sapremo, finchè non mostrerà le sue dichiarazioni dei redditi e delle tasse pagate.
Quello che invece sappiamo, è che Romney ha milioni di dollari investiti in paradisi fiscali offshore.
Quanto segue proviene da ABC News…
 
Romney, oltre a pagare il minimo possibile ,sui suoi guadagni finanziari, ha perlomeno 8 milioni di dollari investiti in almeno 12 fondi registrati alle Isole Cayman. Un altro investimento, che Romney dice sia tra i 5 ed i 25 milioni di dollari, in base al deposito titoli risulta essere domiciliato alle Cayman.
Ma Romney non ha solo soldi domiciliati alle Isole Cayman. Apparentemente ha soldi sparsi fra i vari paradisi fiscali.
Ecco quanto risulta da un articolo su Reuters…
 
I fondi Bain nei quali Romney ha investito, stando ad un’indagine Reuters su dati azionari, sono sparpagliati dal Delaware alle Isole Cayman, dalle Bermuda all’Irlanda e fino ad Hong Kong.
C’è qualcosa di sbagliato in tutto ciò?
Beh, dipende da cosa ci sia di sbagliato.
Quello che Romney fa è perfettamente legale.
 
Però puzza. Jack Blum, avvocato di Washington , riferendosi alle finanze di Romney affermando alla ABC News quanto segue …
«Le sue finanze personali sono un esempio paradigmatico di cosa non funzioni nel sistema fiscale americano».
 
Dunque, adesso abbiamo alcuni spunti sul perchè Romney non voglia divulgare le sue vecchie dichiarazioni dei redditi. Come detto in precedenza, però, quello che sta facendo Romney sono pinzillacchere rispetto a quello che fanno i veri ricchi.
Il Congresso USA sta cercando di mettere le mani sulle banche offshore, ma i veri ricchi gli sono sempre due o tre passi avanti. Gli ultra-ricchi si spingono fino a qualsiasi estremo pur di non pagare le tasse.
Di fatto, il Washington Post pubblico’ che un sempre piu numero crescente di benestanti sta di fatto rinunciando alla propria cittadinanza piuttosto che fare i conti con l’ira dell’Agenzia delle Entrate (IRS negli USA, ndt).
Gli ultra-ricchi non sono comunque minimamente preoccupati per il fatto della cittadinanza. Se vogliono influire su di una elezione, possono farlo molto pesantemente , semplicemente con una donazione milionaria, piuttosto che mettendo insieme i pochi voti che hanno.
Si sa che gli ultra-ricchi usino il sistema delle banche offshore come sistema bancario ombra che segue delle regole che la maggior parte della gente neanche sa esistano…
È un sistema bancario ombra della quale la maggioranza degli americani ignora fin la sola esistenza. La maggior parte degli americani non ha le possibilità di costituire, in una mezza dozzina di Paesi esteri, delle società che siano delle scatole vuote in modo da poter filtrare i propri profitti. La maggior parte degli americani non sa nulla di quei complicati piani per evitare le tasse, piani che sono messi a punto da fiscalisti e che si chiamano Double Irish o Dutch Sandwich. La maggior parte degli americani non ha idea di come potrebbe far arrivare alle Bermuda il grosso dei propri guadagni, ed evitare di pagare le tasse.
 
La maggior parte dell’elite globale non si preoccupa minimamente del fatto che il debito USA sia proiettato a livelli stratosferici: tutto quello di cui si preoccupa è di potersi tenere in tasca quanto più denaro possibile dei propri soldi.
Naturalmente, esistono sempre le eccezioni. Warren Buffett ha staccato un assegno da 49.000 dollari, per il Tesoro USA, per aiutare a ripagare il debito nazionale. Considerando però il fatto che il debito nazionale USA cresce ad un ritmo di più di 100 milioni di dollari l’ora, il suo gesto non cambia molto le cose.
 
Il nostro sistema è rotto fin nel profondo, e l’elite globale si allontana lasciando cadaveri per strada. Nei decenni, hanno messo a punto con cura le regole in modo che la quantità maggiore possibile di ricchezza finisse nelle loro tasche, e che lì rimanesse.
Naturalmente, se eliminassimo totalmente gli attuali sistemi di tassazione personale e societaria, e li sostituissimo con dei sistemi totalmente nuovi, ci libereremmo in una sola volta di tutti questi trucchi.
Quante probabilità pensate ci siano?
 
( sergio coco e patrizia cabras)

DIETRO LA CADUTA DALL’ALTARE DI ABRAMO BAZOLI, C’E’ UNA BANKITALIA ALLO SBANDO –

16 MAG 2014 15:30
2. UN INSIDER RIVELA: CHE BAZOLI FOSSE IL DOMINUS DI UBI LO SAPEVAMO TUTTI. UOMINI DI UBI IN BANKITALIA ERANO BAZOLIANI. I CONTROLLATI CONTROLLAVANO I CONTROLLORI – 3. UBI GESTIVA I MUTUI DEI DIPENDENTI DI VIA NAZIONALE, NON ERA UNA BANCA QUALSIASI – 4. LA TARANTOLA, RESPONSABILE DELLA VIGILANZA ALL’EPOCA DEI FATTI CONTESTATI, STRAVEDEVA PER FAISSOLA E NEL 2003 FECE UNA CROCIERA CON LE BANCHE COOPERATIVE – 5. CHI HA ISPEZIONATO UBI OGGI E’ FINITO A OCCUPARSI DI RAPPORTI COI SINDACATI INTERNI – 6. SIAMO SICURI CHE NON CI SIANO GRAVI OMISSIONI E/O RESPONSABILITÀ DA PARTE DI PALAZZO KOCH? NEL CASO BIPOP-CARIRE NESSUNO SI ERA ACCORTO DI NULLA. CON LA LODI, C’ERANO ACCORDI SEGRETI E BACI IN FRONTE DI ANTONIO FAZIO AL BUON CATTOLICO FIORANI. CON MONTEPASCHI NESSUNO SAPEVA DELL’ACQUISTO DEL PACCO ANTONVENETA –
Uovo alla Koch per Dagospia

Ci risiamo. Con le indagini su UBI Banca (la quarta banca del Paese) che hanno portato alla perquisizione eccellente di “Nane” Bazoli, viene messo sotto accusa il sistema della finanza bianca.
Arzilli vecchietti, come direbbe Della Valle, e sistema bancario tutto, si ritrovano uniti da un medesimo destino. Viene messo in discussione il cosiddetto capitalismo di relazione e familiare sul quale si è sempre fondata questa Italietta.
La Banca d’Italia, giovedì, ha subito messo le mani avanti e si costituisce ancora una volta, come sempre, parte offesa, con la solita motivazione: ostacolo alla vigilanza. La sua.

La storia si ripete, è già successo con altri scandali come quello della Popolare di Lodi di Fiorani (protetto del governatore Antonio Fazio), di Bipop-Carire, di Banca Antonveneta ed del Monte dei Paschi. Nell’ultimo anno, quasi l’intero sistema bancario tricolore è stato scosso da scandali di vario genere. E’ stato messo in discussione il sistema della governance delle banche, quello del credito, delle carenze organizzative e dei sistemi dei controlli.

L’Autorità di vigilanza, ovvero la Banca d’Italia, rimane l’unico baluardo e l’unica garanzia contro tale deriva, si dice. Ma siamo sicuri? Siamo davvero convinti che non ci siano gravi omissioni e/o responsabilità da parte di Palazzo Koch, che deve garantire la stabilità del sistema e assicurare la trasparenza?

Nel caso Bipop-Carire nessuno si era accorto di nulla. Con la Lodi, c’erano accordi segreti e baci in fronte al buon cattolico Fiorani. Con Montepaschi nessuno sapeva dell’acquisto del pacco Antonveneta. Saccomanni e Tarantola come le tre scimmiette: non c’erano e se c’erano dormivano. I manager senesi, oggi dipinti come una volgare banda di ladri con la percentuale su tutto, sono stati talmente furbi da fregare il fior fiore accademico e professionale di Bankitalia. Vigilanti a loro insaputa.
I casi oramai sono tanti e tanti, ma la favoletta è sempre la stessa: ostacolo ai poteri della vigilanza. E’ un reato anche grave, perché in teoria ti può costare anche 8 anni di galera. Ma molto in teoria, ovviamente. Come insegna la triste processione di prescrizioni eccellenti e processi che vagano, quando si tratta di alta finanza, da un tribunale all’altro.

Occorre che la magistratura faccia chiarezza, come per il passato, fino all’ultimo scandalo che oggi esplode tra Bergamo e Brescia, dove ci si augura che ci siano procure attrezzate. UBI Banca (“Fare banca per bene”, il loro triste claim) è una banca nel cuore di Annamaria Tarantola.

L’ex vice direttore generale della Banca d’Italia, oggi Presidente della Rai, ha sempre avuto rapporti e relazioni consolidate con i banchieri della piazza bresciana, e in particolare con il compianto Corrado Faissola, storico amministratore del gruppo Ubi banca, con l’avvocato Alessandro Azzi, presidente della Banca credito cooperativo del Garda e Presidente della federazione delle Banche di credito cooperativo (BCC) della Lombardia, nonché con il dominus di Banca Intesa, Bazoli.
La Tarantola partecipò anche nel 2003 a una crociera organizzata dalla federazione BCC, a spese delle banche di credito cooperativo, ovvero dei clienti di queste.

Nel 2008 la dottoressa Tarantola diventa il numero tre operativo di Via Nazionale. Per tale nomina gli sponsor d’eccezione sono stati proprio Faissola, Azzi, Cesare Geronzi, Bazoli e alti prelati, a cui rimane molto a cuore la sorte di un altro istituto disastrato come Carige che tra l’altro è la principale azionista della Banca d’Italia. Faissola e Azzi, nel 2008 ricoprono la carica di presidente e vice Presidente dell’Associazione bancaria italiana, quest’ultimo ancora in carica.
Ebbene, i controllori decidono chi debba essere il loro controllore. E’ storia mai sufficientemente nota. Quale esempio di autonomia e indipendenza viene trasmesso al paese e ai cittadini, nonché ai risparmiatori?

Ecco un’altra storia che in Bankitalia sanno tutti. L’allora amministratore delegato di UBI Banca, Corrado Faissola, estimatore e sponsor della Tarantola, non gradì molto nel 2011 la concorrenza della CSR (cassa interna alla Banca d’Italia) che proponeva un tasso per i mutui dei dipendenti all’1%, con il rischio di far venire meno quel lauto compenso del 4% a favore di Centrobanca (gruppo UBI) comunque finita male, a carico della Banca d’Italia e dei suoi dipendenti. UBI Banca non voleva rinunciare a muti prima casa concessi a clientela molto affidabile che possono essere usate dalle banche come garanzia per ottenere prestiti dalla BCE ad un tasso molto vantaggioso e lucrare sulla differenza

E’ proprio ingrata, questa Banca d’Italia, prima ti aiuta e poi nel momento delle difficoltà mette le mani avanti e accusa: gli amministratori di UBI Banca hanno ostacolato la vigilanza. E’ sempre la solita favoletta, si ripete ormai da anni, rappresenta il salvacondotto per tirarsi fuori dalle responsabilità.
Eppure gli strumenti ci sono, la Banca d’Italia non svolge la “moral suasion” della quale straparlano i giornalisti, ma svolge attività di analisi cartolare sulla base delle segnalazioni mensili, trimestrali e semestrali a distanza, con strumenti sempre più sofisticati, nonché attività ispettiva in loco con missioni profumatamente pagate ai signori ispettori, i quali beneficiano anche di apposita polizza assicurativa stipulata dalla Banca d’Italia per tutelarli in caso di giudizio. Dunque di che “ostacoli” stiamo parlando? Quando arrivano gli ispettori in una banca, se vogliono, ti aprono come un’anguria.

Ma la storia si ripete. Già nei confronti del Banco di Brescia (progenitore di UBI Banca) in precedenti ispezioni vengono rilevate attività sanzionabili nei confronti del presidente e direttore generale, Costantino Vitali. La pubblicazione delle sanzioni nei confronti degli amministratori del Banco di Brescia viene fatta secondo quanto disposto dal Testo unico bancario su almeno due quotidiani a diffusione nazionale. In modo singolare, all’epoca le banche provvedevano a pubblicare le sanzioni su “Finanza e Mercati”, quotidiano poco diffuso se non tra gli addetti ai lavori, cioè le stesse banche. Nel caso del Banco di Brescia, la pubblicazione della sanzione cade su “Il Messaggero”, quotidiano letto solo a Roma.
Oggi Bazoli (Presidente di Intesa) è l’indagato eccellente per ostacolo alle funzioni di vigilanza. Sembra di scoprire l’acqua calda. Ma come, in Banca d’Italia non se ne sono mai accorti prima? Il salvatore dell’Ambrosiano è stato il referente del sistema e rappresentava il faro per l’autorità di vigilanza, insieme al presidente del Consiglio di gestione di UBI Banca, Franco Polotti, nominato consigliere della Banca d’Italia, prima di ricoprire tale incarico. Uomini di fiducia che avrebbero attuato un sistema di regole per predeterminare i vertici della banca (UBi Banca) all’insaputa dell’autorità di vigilanza. Una specie di sistema Scajola. Le poltrone si incrociavano, ma non si conoscevano l’uno con l’altro.
L’Autorità di vigilanza, come si dice a Roma, o “ci è o ci fa”, quando suona la sveglia a seguito di esposti e denunce di altri, si precipita a registrare il disco: ostacolo alla vigilanza, fatti rappresentati in modo non veritiero, occultate informazioni. I poveri magistrati, non sempre espertissimi delle arcane regole bancarie, verificano gli atti e rilevano che gli ispettori hanno evidenziato le solite anomalie con applicazioni di sanzioni amministrative pecuniarie: carenze organizzative, carenze dei sistemi di controllo, carenze nell’istruttoria e gestione del credito, in sostanza sempre la solita minestra, fino a quando non scoppia la bomba.

Oggi tocca anche farvi sapere che tutti coloro che vengono coinvolti in attività di vigilanza e/o a conoscenza di fatti di rilevo presso i servizi della vigilanza in Roma e periferia di particolare sensibilità informativa, vengono sempre opportunamente rimossi e promossi con lauti compensi.

E’ stato il caso di Gianluca Trequattrini, oggi capo servizio segreteria particolare scambiatosi con Ciro Vacca. Di Enrica Vignoli, oggi capo servizio cassa generale. Di Maurizio Trifilidis, oggi Direttore a Venezia, di Antonio Cinque, oggi Direttore a Trento, di Luigi Donato, oggi vice capo dipartimento immobili, di Luigi Capra, oggi Direttore a Torino, di Patrizia Pietraforte, oggi direttore al Servizio Tesoreria, di Maurizio Cannistraro, oggi direttore a Bolzano, di Giuseppe Boccuzzi, direttore a Napoli, oggi in pensione. E ancora: Giorgio D’Acunto, oggi Ispettorato vigilanza, Carlo Gentile, oggi alla CSR, Umberto Proia, capogruppo ispettivo al Banco di Brescia (UBi Banca) oggi Funzionario generale impiegato a scazzarsi con i sindacati interni.
Con le nuove indagini in corso sul gruppo UBI Banca, si attendono nuove promozioni e spostamenti, applicando il noto principio: sia promosso affinchè sia rimosso. Ma soprattutto che dopo, quand’anche lo chiamassero i pm, sia omertoso in cambio di danaro.
Quanto viene deciso dai vertici della Banca d’Italia nella pienezza della sua incontrastata autonomia, senza rendere conto ad alcuno del suo operato – anche quando premia con incarichi dirigenziali dipendenti che tessono rapporti di “amicizia”, e quindi si trovano in un conflitto di interessi, ed al tempo stesso allontanano quelli che, senza allinearsi, esplicano fedelmente la propria attività di vigilanza sulle banche “protette” sanzionandole per irregolarità – mette in evidenza un vero e proprio potere oscuro dell’autorità vigilante, non scalfibile.
Ancora una volta, i vertici di una struttura dedita ad attività di vigilanza, con inopportune frequentazioni con i principali banchieri, che ne hanno sponsorizzato l’ascesa, e spesso poco solerte rispetto ai gravi scandali bancari, configura un vulnus per l’operato trasparente e super partes di un’istituzione come Banca di Italia, che proprio in virtù dei fatti descritti perde sempre più la sua autorevolezza ed autonomia di giudizio,

Oscuri sono i criteri usati in Banca d’Italia per decidere nomine e promozioni interne tenuto conto che appare estremamente grave, che il controllore venga sponsorizzato dai controllati, ossia le banche azioniste in un gigantesco conflitto di interessi.
Se il quadro è questo, non sono sicuro che il passaggio della vigilanza bancaria alla Bce di Francoforte, previsto per l’autunno, sia una grande sciagura. Di sicuro, i Bazoli di turno dovranno almeno imparare il tedesco per interloquire con le “Autorità”.
http://www.dagospia.com/rubrica-4/business/1-dietro-la-caduta-dallaltare-di-abramo-bazoli-ce-una-bankitalia-allo-sbando2-un-77317.htm

Mogherini insieme a al Qaeda vuole deferire Siria a CPI

Credo di aver capito ora il senso del messaggio della Mogherini, gli Amici della Siria con l’ opposizione siriana vogliono deferire la Siria alla Cpi e PROPORRANNO UNA RISOLUZIONE in questa direzione. Organizziamo già il dissenso….

il riferimento ad Al Qaeda l’ ho messo perchè a Londra era presente l’ opposizione che la Mogherini descrive moderata ma che è rappresentata sul campo di battaglia dal fronte Islamico che vuuole la sharia come legge della futura Siria….

Marcopa
http://www.blogmog.it/index.cfm?target=diario&id_diario=296&title=Oggi%20alla%20riunione%20ministeriale

Oggi ho partecipato alla riunione ministeriale “Amici della Siria” a Londra, questi sono i punti centrali della dichiarazione che abbiamo approvato: l’appoggio alle risoluzioni dell’Onu per il deferimento alla Corte e l’assistenza umanitaria, l’identificazione di tutte le armi chimiche per la loro distruzione, il sostegno all’opposizione moderata – presente alla riunione – la denuncia delle elezioni presidenziali e l’appoggio al processo di Ginevra. Ho voluto anche ribadire la necessità di considerare il ruolo dell’Iran, qualora andassero a buon fine i negoziati sul nucleare, nella soluzione della crisi siriana. Abbiamo parlato anche di Libia dove ritengo importante che ci sia un’autorità riconosciuta per rilanciare il dialogo necessario.

Siria: Mogherini, si’ deferimento a Cpi – ”Amici Siria”, appoggio a opposizione, presidenziali ”surreali”

15 Maggio 2014
Deferimento alla Corte Penale Internazionale della Siria, completamento dello smantellamento delle armi chimiche siriane, appoggio all’opposizione moderata e denuncia delle elezioni presidenziali che si dovrebbero svolgere il 3 giugno prossimo: sono questi i punti centrali della dichiarazione approvata dalla ministeriale ”Amici della Siria”, svoltasi a Londra e riferiti dal Ministro Federica Mogherini che ha partecipato alla riunione.

Mogherini illustra i quattro punti della dichiarazione

Il Ministro Mogherini ha illustrato i quattro punti della dichiarazione : a) appoggio alle risoluzioni dell’Onu per il deferimento alla Corte e l’assistenza umanitaria, b) identificazione di tutte le armi chimiche per la loro distruzione , c) sostegno all’opposizione moderata, presente alla riunione di Londra, d) “denuncia delle elezioni presidenziali”, e appoggio al processo di Ginevra. Il Ministro infine, ha ribadito la necessità di considerare il ruolo dell’Iran, qualora andassero a buon fine i negoziati sul nucleare, nella soluzione della crisi siriana.

Libia: Mogherini, serve autorità riconosciuta

“E’ importante che ci sia in Libia un’autorità riconosciuta” per rilanciare il “dialogo necessario”ha aggiunto il Ministro in conferenza stampa a conclusione della riunione.

Vittorio Grilli alla Jp Morgan come Blair, l’amico di Renzi

Le aveva definite “voci infondate e dannose”, quando il giorno prima del varo del governo Monti, il 14 novembre del 2011, era stato ipotizzato un suo passaggio a Jp Morgan. Oggi, a distanza di quasi tre anni, quelle voci che lo volevano vicino a un approdo alla grande banca d’affari americana, una delle più importanti del mondo, trovano conferma a posteriori: l’ex ministro è stato infatti nominato presidente del Corporate & Investment Bank del colosso finanziario statunitense per l’area Europa, Medio Oriente e Africa. Il ceo di Jp Morgan, Jamie Dimon, è il super-potente che ha apertamente dichiarato guerra alle “vecchie” Costituzioni antifasciste, come quella italiana, che pretendono ancora di tutelare i diritti dei lavoratori. Grilli, scrive Walter Galbiati su “Repubblica”, entra nel novero di quei politici che dopo una lunga militanza all’interno dello Stato finiscono a fare i consulenti per le grandi banche d’affari, interessatissime ad allungare le mani sul patrimonio pubblico.

Il più celebre “ex”, in questo campo, è il britannico Tony Blair, in forza proprio alla Jp Morgan: di recente, a Londra, Blair ha nuovamente incontrato Vittorio GrilliMatteo Renzi, col quale si era visto, a suo tempo, già a Firenze. Gli ex politici “promossi” nel gotha della finanza planetaria, aggiunge Galbiati, fanno gola alle grandi banche internazionali, «sempre attente a raccogliere i fuoriusciti che possono garantire loro gli appoggi giusti per entrare nel giro degli affari degli Stati. E in Italia – aggiunge il giornalista di “Repubblica” – tra la gestione di 2.000 miliardi di debito pubblico e le nuove privatizzazioni annunciate dal presidente del consiglio Matteo Renzi, non manca certo il lavoro per gli advisor finanziari».

All’epoca dei primi contatti con Jp Morgan, Grilli era direttore generale del Tesoro e a luglio 2011 si era parlato di lui come di un possibile successore di Mario Draghi alla guida di Banca d’Italia, grazie all’appoggio di Giulio Tremonti e di Massimo Ponzellini, presidente della Banca Popolare di Milano, finito al centro di un’inchiesta per finanziamenti facili a un giro di “amici”. Superato da Ignazio Visco nella corsa per il vertice di Bankitalia (e smentita la migrazione verso Wall Street), Grilli era stato chiamato da Monti come viceministro dell’economia. Diventerà il titolare del dipartimento, però, solo a luglio del 2012, quando il “premier dello spread” deciderà di lasciare l’interim del Tesoro. Da ministro, ricorda ancora Galbiati, Grilli «era stato al centro di una polemica per l’acquisto di un appartamento a Roma finanziato dal Monte dei Paschi di Siena con un mutuo superiore all’importo del valore della casa».

Fonte: www.libreidee.org

S’è invertito il flusso, ora gli italiani cercano lavoro in Albania

6mila posti di lavoro grazie ai centri per l’impiego…….è arrivato un altro venditore di fumo….sono meglio di quelli italiani, scrivono nell’articolo. Ci vuole assai poco..
di CRISTIANA MISSORIAnche gli italiani scelgono l’Albania per trovare lavoro. Non soltanto piccole e medie imprese in cerca di nuove opportunità, ma giovani laureati e non. In tutto sono 19 mila quelli con regolare permesso di lavoro, occupati nei call center, ma anche proprietari di ristoranti; impiegati nei comparti energetico e delle infrastrutture, nella moda, nei servizi e nelle comunicazioni e nelle Tlc. ”Un flusso di arrivi al contrario che mostra come il vento sia cambiato e indice positivo di integrazione europea”, confida all’ANSA il ministro del Welfare e della Gioventù albanese, Erion Veliaj, giunto  a Roma per una serie di incontri tra cui quello con il ministro del Lavoro Giuliano Poletti e il card. Angelo Sodano.

Il Paese delle Aquile come una ”piccola America” oltre Adriatico, come la definisce il giovane responsabile degli Affari sociali albanesi, dove in molti scelgono di tornare dopo anni di diaspora e dove cittadini Ue scelgono di trasferirsi per trovare un impiego. Ventitre anni dopo la fine della dittatura, sottolinea Veliaj, la lunga transizione vissuta dall’Albania ha portato i suoi frutti. E un’accelerata in campo economico e sociale è venuta anche dall’esecutivo guidato dal socialista Edi Rama, insediatosi lo scorso settembre. ”Puntiamo a portare l’Europa in Albania e non l’Albania in Europa”, sostiene con una battuta il ministro. ”Il nostro appetito per le riforme non si fermerà con la decisione di Bruxelles di concederci lo status di candidato”. A giugno forse il verdetto definitivo, ma finora il governo albanese ha scelto di tirare diritto, facendo approvare alcuni provvedimenti anche scomodi. Da giugno, sostiene il ministro, ”saranno le donne a percepire i sussidi e gli assegni famigliari e non più agli uomini”. Una manovra che consentirà il rafforzamento delle donne, rimarca, amministratrici più oculate e attente dei mariti ”che spesso i soldi se li giocano prima di tornare a casa”. Una decisione ”che ha provocato molte polemiche, ma che siamo riusciti a far passare”. Lo scorso mese alla Fiera del lavoro di Tirana il ministro Veliaj aveva annunciato la creazione di 6 mila posti di lavoro.

Come? ”Grazie alla trasparenza – replica – e mettendo in piedi centri di impiego moderni (sono meglio di quelli italiani), che dialogano tra loro e con i vari uffici governativi e puntando sulla formazione”. Chi cerca un impiego ”si rivolge a questi centri e può ricevere anche un coupon che gli consente di accedere a corsi di formazione gratuiti”. Anche la trasparenza del mercato del lavoro è un modo per lottare contro la corruzione e il clientelismo, dice, ”il che ci riporta al discorso del raggiungimento degli standard europei”. Nonostante l’inversione di tendenza degli ultimi anni, la presenza albanese in Italia resta forte: circa 100 mila alunni nelle scuole, 12 mila studenti universitari, 38 mila partite Iva. In tutto circa 500 mila persone. Del loro futuro contributivo e pensionistico e di quello dei lavoratori italiani in Albania, Veliaj intende parlare con il ministro Poletti. ”A oggi non esiste un accordo fra Roma e Tirana in materia di sicurezza sociale e di cumulo contributivo. Per questo, nel nostro incontro vorrei proporre al ministro Poletti di iniziare a lavorarci su”. Un vantaggio economico a somma positiva per i due Paesi, conclude Veliaj. Restano però da definire i costi per il sistema pensionistico italiano già al collasso. (ANSAmed).
http://www.lindipendenza.com/se-invertito-il-flusso-ora-gli-italiani-cercano-lavoro-in-albania/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=se-invertito-il-flusso-ora-gli-italiani-cercano-lavoro-in-albania&utm_medium=referral&utm_source=pulsenews

La Russia ospita un incontro con Cina e Iran per abbandonare il dollaro.

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Che la Russia stesse spingendo per accordi commerciali che riducano al minimo la partecipazione (e l’influenza), del dollaro USA fin dall’inizio della crisi Ucraina (e prima) non è un segreto: queste notizie sono state ampliamente riportate in  questa pagine (vedasi  Gazprom prepara il “simbolico” Prestito in Obbligazionario cinesiPetrodollar Alert: Putin si prepara ad annunciare il “Santo Graal” degli accordi di Gas Con la Cina , la Russia e la Cina per firmare il patto del “Santo Graal” del Gas40 banche centrali stanno scommettendo che Questa sarà la prossima valuta di riserva; Dal Petrodollar allo yuan del gas e così via).
 
Ma fino ad ora gran parte di queste idee era nel regno del wishful thinking e delle dicerie in generale. Dopo tutto, sicuramente è “ridicolo” che un paese possa seriamente contemplare di esistere al di fuori dei confini ideologici e religiosi della Petrodollar … perché se uno può farlo, tutti possono farlo, e la prossima cosa che potrebbe accadere negli Stati Uniti è l’iperinflazione, collasso sociale, guerra civile e tutte quelle altre caratteristiche propagandate come essere prominenti in altri paesi, come quelli socialisti del Venezuela, che purtroppo non hanno una valuta di riserva globale da utilizzare.
 
Tuttavia, per quanto possa turbare gli statalisti nel leggere ciò, la Russia sta attivamente spingendo il progetto dimettere il dollaro statunitense nello specchietto retrovisore e sostituirlo con un sistema privo di dollari. Oppure, come viene chiamato in Russia, un mondo “de-dollarizzato”.
 
La Voce della Russia riferisce,citando fonti di stampa russe del Ministero delle Finanze, cheil paese è pronto alla luce verde per il piano di aumentare radicalmente il ruolo del rublo russo in operazioni di esportazione, riducendo la quota delle operazioni denominate in dollari. Fonti governative ritengono che il settore bancario russo è “pronto a gestire l’aumento del numero di transazioni denominate in rubli”.
 
Secondo l’agenzia di stampa Prime, il 24 aprile il governo ha organizzato un incontro speciale dedicato alla ricerca di una soluzione per sbarazzarsi del dollaro nelle operazioni di esportazioni russe. Esperti di alto livello del settore energetico, delle banche e delle agenzie governative sono stati convocati e una serie di misure sono state proposte come risposta alle sanzioni americane contro la Russia.
 
Beh, se l’Occidente voleva la risposta della Russia all’escalation delle sanzioni contro il paese, è in procinto di riceverla:
 
L ‘”incontro di de-dollarizzazione” è stato presieduto dal Vice Ministro della Federazione Russa Igor Shuvalov, dimostrando che Mosca è molto seria nella sua intenzione di smettere di usare il dollaro. Una successiva riunione è stata presieduta dal Vice Ministro delle Finanze Alexey Moiseev che in seguito ha detto al canale Rossia 24 che “la quantità di contratti denominati in rubli sarà aumentato”, aggiungendo che nessuno degli esperti intervistati e dei rappresentanti delle banche ha trovato problemi rispetto al piano del governo di aumentare la quota di pagamenti in rubli.
 
A beneficio dei nostri lettori di lingua russa, l’intervista con Moiseev è riduttiva e la trascrizione può essere trovato qui.
 
Inoltre, se si pensava che il solo Obama potesse regnare da solo con ordini, si sta commettendo un errore- i russi possono fare tutto ciò in maniera altrettanto efficace. Inserire l'”ordine esecutivo di switchare la valuta”:
 
È interessante notare che nella sua intervista, Moiseev parla di un meccanismo legale che può essere descritto come “ordine esecutivo di interruzione della valuta”, dicendo che il governo ha il potere legale per costringere le imprese russe a commerciare una percentuale di talune merci in rubli. Riferendosi al caso in cui tale livello possa essere portato su 100% delle transazioni, il funzionario russo ha detto che “è una scelta estrema ed è difficile per me dire subito come il governo userà questi poteri”.
 
Ebbene, però questo conferma che l’opzioni esiste.
 
Ma ancora più importante, niente di ciò che la Russia sta contemplando avrebbe qualche possibilità concreta di attuazione, se non fosse per le altre nazioni che vorrebbero impegnarsi in relazioni commerciali bilaterali libere dall’uso obbligatorio del dollaro. Tali paesi, tuttavia, esistono e non dovrebbe essere una sorpresa per nessuno che siano la Cina e l’Iran.
 
Naturalmente, il successo dell’operazione di Mosca per passare la sua negoziazione in rubli o in altre valute regionali dipenderà dalla volontà dei suoi partner commerciali di sbarazzarsi del dollaro. Fonti citate da Politonline.ru e menzionate da entrambi i paesi, affermano Iran e Cina sarebbero disposti a sostenere la Russia in questa operazione. Dato che Vladimir Putin si recherà in visita a Pechino il 20 maggio, si può ipotizzare che i contratti di gas e petrolio che saranno siglati, verranno scambiati in rubli e yuan, non in dollari.
 
In altre parole, nel giro di una settimana si cercherà di presentare al mondo non solo l’annuncio dell’accordo epocale tra Russia-Cina, il così detto “santo graal” descritto in precedenza qui , ma anche i termini e le condizioni finanziarie di questa operazione e sembra praticamente certo che gli scambi saranno regolati esclusivamente in RUB e CNY. Non USD.
 
E come abbiamo spiegato più volte in passato, più l’ovest provoca e destabilizza la Russia con le sanzioni economiche e più la Russia sarà costretta ad allontanarsi da un sistema di negoziazione, denominato in dollari per abbracciarne uno che si saldi con la Cina e l’India. È per questo che l’annuncio della prossima settimana, pur essendo una novità incredibile, è solamente l’inizio..
 
Tradotto e Riadattato da Fractions of Reality

Sardegna: boati ed esplosioni di origine sconosciuta: mistero a largo delle coste galluresi

Due boati, come due forti esplosioni sono state avvertite nitidamente questa mattina a largo della Gallura. I boati che hanno fatto vibrare i vetri delle abitazioni sono stati rilevati fra le 9 e le 9:30, in due momenti separati, e sono durati fra i cinque e i dieci secondi. Ancora sconosciuta la loro causa. “Mi trovavo a far colazione in un bar a Porto Cervo – ha raccontato un commerciante – abbiamo sentito vibrare le porte del bar come se qualcuno volesse entrare.
Dopo qualche secondo si è sentito un secondo boato, anche se più strano, più cupo. Poco dopo ci ha chiamato un amico che abita a un paio di chilometri di distanza che aveva sentito quelle che sembravano due esplosioni”. I boati sono stati avvertiti a Golfo Aranci, La Maddalena e addirittura a Pertusato in Corsica. Anche nelle torrette radar della Guardia Costiera, in particolare a La Maddalena, sono state avvertite vibrazioni come se si trattasse di terremoto. Ma le apparecchiature dell’Istituto nazionale di Geofisica e vulcanologia non hanno rivelato nulla, nessuna scossa. Scartate, al momento, le ipotesi di esercitazioni in mare – non ne sono state segnalate – o fenomeni di “bang sonico” legati al passaggio di velivoli jet in transito a bassa quota. L’aeroporto militare di Decimomannu non ha rilevato nulla. I due boati per il momento rimangono un mistero.

http://www.sardiniapost.it/cronaca/boati-ed-esplosioni-origine-sconosciuta-mistero-largo-delle-coste-galluresi/

Ucraina. Le mani della Casa Bianca su gas e petrolio di Kiev

Scritto da: G.B.  il 14 maggio 2014

Ormai non è più un segreto: il figlio di Joe Biden, ovvero il vicepresidente Usa, è appena entrato nel consiglio di amministrazione della Burisma, ovvero la più importante compagnia di gas dell’Ucraina.
La notizia ormai è di dominio comune al punto che è stata data anche dall’Huffington Post, testata che sta affrontando la questione Ucraina con una certa serietà. Sembra che il figlio di Joe Biden, il vicepresidente degli Stati Uniti, sia appena entrato nel consiglio di amministrazione della più importante compagnia di gas dell’Ucraina, la Burisma, dove svolgerà il ruolo di consigliere legale. Tale notizia è la conferma del pesantissimo coinvolgimento americano nelle vicende interne dell’Ucraina e contraddice tutta la retorica di Obama e soci, i quali hanno tentato di mostrarsi come i garanti della democrazia a Kiev. La Burisma Holdings è stata fondata nel 2002 ed è una società privata che si occupa dell’estrazione di gas naturale e petrolio, con cifre che hanno raggiunto anche gli 11.600 barili al giorno. Fin quando Kiev era alleata di Mosca le cose andavano bene, oggi però con il governo di Yatseniuk che ha deciso di tirare la corda, il Cremlino ha deciso di recapitare le bollette a Kiev, con l’Ucraina che deve alla Gazprom russa qualcosa come 1,66 miliardi di dollari solo come anticipo per la fornitura di giugno. ”La Russia non può usare il gas naturale come arma contro il mio Paese“, ha detto Yatesniuk forte dell’appoggio incondizionato dell’Occidente, dimenticando che chiedere di pagare i debiti e rispettare i contratti altro non dovrebbe essere che normalità. Yatseniuk infatti si trova per le mani un contratto firmato nel 2009 che obbliga Kiev a pagare il gas di Mosca 485 dollari ogni mille metri cubi. Non può però essere casuale l’arrivo a Kiev del figlio di Biden, Richard Hunter Biden, docente di politiche internazionali alla Georgetown University e capo del programma Fao negli Stati Uniti. In politica niente è casuale, così come non può essere casuale che suo padre, J.Biden, il 22 aprile si sia recato in visita a Kiev per provare ad allentare la tensione, senza riuscirci.
http://www.tribunodelpopolo.it/ucraina-le-mani-della-casa-bianca-su-gas-e-petrolio-di-kiev/

Kiev chiede l’aiuto dei mercenari americani
16 maggio 2014    
I deputati del Parlamento tedesco chiedono l’apertura di un’indagine sulla partecipazione di centinaia di agenti della società militare privata statunitense Academi a fianco dell’esercito e delle forze dell’ordine dell’Ucraina.

I fatti sono stati rivelati alla Cancelliera tedesca Angela Merkel dal Bundesnachrichtendienst (BND), l’Intelligence esterna della Germania.
Gli agenti americani, circa 400, coordinerebbero e parteciperebbero alle operazioni contro i ribelli filo-russi nei dintorni di Slaviansk. L’informazione è stata confermata anche dai servizi americani.

La società Academi dispone di campi d’allenamento nella Carolina del nord, in California e nel Connecticut. L’ufficio centrale della società si trova in Virginia.
I soldati formati da Academi hanno preso parte alla guerra in Irak e in Afghanistan. In Ucraina i suoi mercenari combatterebbero con l’uniforme dell’unità speciale Sokol.
http://www.ticinolive.ch/2014/05/16/kiev-chiede-laiuto-dei-mercenari-americani/

Arrivano i Marines a Sigonella.

BY LOCCHIODIHORUS – 16 MAGGIO 2014
Arrivano i Marines a Sigonella. Si tratta un reparto speciale di pronto intervento che è appena giunto nella stazione aeronavale catanese. Il dipartimento della Difesa Usa, d’accordo con quello di Stato, ha inviato il plotone con lo scopo di proteggere il personale e le infrastrutture americane in Nord Africa.
 
Una parte del team di pronto intervento Special-Purpose Marine Air-Ground (della task force crisis response dei marines americani) è’ stato così spostato nella stazione aeronavale di Sigonella. Si tratterebbe di un eccesso di cautela per tutelare gli uomini e le donne che servono gli Stati Uniti nelle ambasciate americane nel mondo in caso di emergenza improvvisa.
 
Sono pronti ad assistere il commando nelle missioni di attacco in Libia, Siria e nell’Africa sub sahariana, lungo una fascia che taglia orizzontalmente il continente, dal Senegal all’Eritrera, passando per Mauritania, Niger, Mali e Sudan.
 
La nuova casa dei marine americani incaricati di “combattere il terrorismo” si trova in Italia, nella base militare di Sigonella, in teoria sotto comando italiano ma di fatto in mano alle forze Usa sin dal 1959.
 
Da punto di appoggio e partenza di azioni aeronavali per la potente sesta flotta americana, in passato impegnata a contrastare le forze sovietiche, si sta trasformando in una base logistica e di appoggio per le forze speciali che, di volta in volta, dovranno uccidere un presunto leader di al Qaeda, far saltare un bunker nemico, oppure liberare eventuali ostaggi (in gergo operazioni di “estrazione”) catturati da gruppi paramilitari in Africa.
 
La svolta strategica decisa da Washington per il nostro Paese si completerà con l’arrivo a Sigonella di 200 militari della Special purpose marine air-ground task force, unità specializzata nelle azioni di “basso profilo” da eseguire in territorio ostile.
 
Assieme alle forze speciali, Sigonella ospiterà anche i ricognitori robot (senza equipaggio e pilotati da terra) chiamati Global Hawk, ufficialmente disarmati, almeno nella versione dislocata in Sicilia: ma non si può escludere, come avvenuto per i droni Predator, che nei prossimi mesi arrivi anche un modello in grado di lanciare missili e bombe sugli obiettivi nemici.
 
 L’Italia diventa un presidio avanzato nella guerra totale contro il terrorismo
 
Il governo italiano, prima con Silvio Berlusconi, poi con Mario Monti e poi con Enrico Letta, ha tenuto nei suoi cassetti per quasi due anni il via libera dato agli Usa per modificare il ruolo bellico dell’Italia: da “portaerei” contro il Patto di Varsavia a presidio avanzato nella guerra globale contro il terrorismo.
 
Nel rapporto su Sigonella che il Cesi, Centro studi internazionali, ha realizzato e diffuso in collaborazione con l’Osservatorio di politica internazionale di Camera, Senato e Farnesina, si legge infatti che «l’autorizzazione allo schieramento di questa unità è stata ottenuta a livello politico nel 2011». Eppure, soltanto il 16 maggio, il ministro Emma Bonino ha annunciato alle Commissioni esteri del Parlamento l’arrivo dei marine e il nuovo ruolo della base. Eppure, già dal gennaio del 2012, gli organi di stampa americani spiegavano ai loro lettori che presto il volto delle forze Usa in Italia sarebbe cambiato.
 
Le aree di intervento di queste forze speciali, che secondo fonti militari Usa dovrebbe presto passare da 200 ad almeno 500 unità, riguardano in primo luogo i Paesi della sponda Sud del Mediterraneo. La guerra contro Muammar Gheddafi del 2011 non ha certo risolto i problemi della Libia, ma li ha anzi aggravati, gettando il Paese nordafricano in un sanguinoso caos di cui non si vede l’uscita.
 
L’ambasciatore americano è stato ucciso in un attentato a Bengasi, mentre migliaia e migliaia di lavoratori stranieri (soprattutto provenienti dall’Africa sub sahariana) rifugiati in Italia raccontano come i ribelli, appena preso il potere, abbiano chiuso e devastato le fabbriche in cui erano impiegati, costringendoli a fuggire senza nulla con sé per poter almeno avere salva la vita.
 
Così gli Usa considerano la Libia a forte rischio per i propri interessi militari ed economici e hanno deciso di schierare i marine e i ricognitori robot in Sicilia per essere pronti a colpire rapidamente, in ogni momento. Secondo l’allora Bonino, con la conferma delle note ufficiali del Corpo dei marines Usa, i militari dislocati a Sigonella «non combatteranno», ma dovranno assistere i commando americani in Africa con tutte le attività tecniche di supporto: rifornimenti, comunicazioni, gestione di armi ed esplosivi, intelligence.
 
In questo piano strategico, maturato negli anni al Pentagono e alla casa Bianca e poi comunicato ai governi italiani, ha un ruolo centrale anche Vicenza, dove il raddoppio della caserma Ederle e l’uso dell’aeroporto Dal Molin sono inseriti nel nuovo comando Usa in Veneto chiamato Africom, perché ha proprio il compito di coordinare le operazioni militari in Africa. Qui ha sede poi la 173esima Brigata aerotrasportata americana che proprio da Vicenza parte per compiere azioni di guerra anche in Afghanistan e che ha celebrato la memoria dei suoi caduti in questo interminabile conflitto.
 
Vicenza resta cruciale anche per la turbolenta area balcanica: le basi della Ederle e di Longare (dove ha sede lo spionaggio militare con sofisticate apparecchiature nascoste dentro un tunnel) durante le guerre degli Anni ’90 nella ex Jugoslavia hanno diretto le operazioni di attacco e, in caso di nuove crisi, sono pronte a svolgere ancora il medesimo ruolo.
 
 La Delta Force americana opera al fianco delle forze libiche nel sud del paese. Azioni da commando con l’appoggio di droni e di altri mezzi per contrastare gruppi qaedisti. A rivelarlo il quotidiano “Le Figarò” che cita fonti militari francesi. Un intervento che potrebbe allargarsi anche a reparti mobilitati da Londra e Parigi.
 
Il confine meridionale della Libia e quello con la Tunisia sono considerate zone senza legge dove terrorismo e traffici d’ogni genere trovano il loro “letto caldo”. I libici non hanno la forza per contrastare la minaccia, dunque hanno accettato l’aiuto americano. I commandos statunitensi si vestono come i nomadi, coordinano e inquadrano l’attività delle truppe locali, si muovono su mezzi 4×4, usano la ricognizione dei droni e, probabilmente, di aerei spia U28. Una volta individuato il nemico – scrive “Le Figarò” – lasciano ai lealisti il compito di chiudere la partita con gli avversari.
 
Nei mesi scorsi si è parlato anche della presenza di una base americana nella parte meridionale della Tunisia per contrastare la presenza di Al Qaeda. Non è però chiaro se l’avamposto sia ancora attivo o se invece sia stato chiuso. Ad ogni modo il Pentagono ha tra le sue priorità il Nord Africa. Diversi elementi lo indicano. Primo. Alcuni reparti ritirati dall’Afghanistan sono addestrati all’intervento nella regione: gli Usa, a questo proposito, hanno reclutato ex soldati nord africani per impiegarli come “nemici” nel training. Secondo. La base di Sigonella svolge un ruolo di pilone a supporto della strategia nell’area e come trampolino per azioni speciali. In caso di emergenza (tipo assalto ad un’ambasciata Usa) o necessità di affiancare un governo amico. Da pochi giorni è arrivato in Sicilia un contingente dell’Ottavo Battaglione Marines di stanza in Nord Carolina. Terzo. Il ricorso alle Special Forces così come ai droni si inquadra alla perfezione nella dottrina Obama che lascia molto spazio alla “guerra segreta”.
 
Infine è interessante rilevare come la Francia, già impegnata in Mali contro i militanti islamisti, non escluda un ampliamento dell’offensiva. Pochi giorni fa il capo di stato maggiore uscente, ammiraglio Edouard Guillaud, ha ipotizzato un’operazione internazionale insieme agli alleati nel sud della Libia. Ne sentiremo parlare ancora.
 
ORA ALLA LUCE DEI FATTI A NOI CI SEMBRA UNA GROSSA ED ENNESIMA FALSE FLAG ,L’OBIETTIVO  E’ FERMARE L’AVANZATA CINESE SULL’ACCAPARRAMENTO DELLE RISORSE ENERGETICHE AL NORD D’AFRICA , TERRA DI CONQUISTA DEI SIGNORI DELLA GUERRA ..QUINDI OCCHIO A CIO CHE CI MANDANO I MEDIA….E RICORDATE L’AMERICA ,SCHIAVA DEI SIONISTI ,NON E’ ESTRANIA  ALLA GUERRA DEL TERRORE E ALLA GUERRA AL TERRORISMO PER GIUSTIFICARE I SUOI ATTI DI INTRUSIONE NEI PAESI CHE NON SONO SOTTO IL LORO CONTROLLO..LO STATO ITALIA SI MACCHIERÀ DI ALTRO SANGUE INNOCENTE ..I COLLAZIONATORI, CONOSCIUTI SUI LIBRI DI STORIA NON SONO MAI MORTI …AMERICA -INGHILTERRA -SPAGNA FRANCIA -ITALIA, TUTTI RIUNITI IN UN UNICA BANDIERA, QUELLA BANCARIA….. ( SERGIO COCO E PATRIZIA CABRAS)

Van Rompuy: L’elite europea è ideologicamente anti-Russa”

e se lo dice Van Rompuy, Presidente del sogno europeo tanto democratico, sarà così, anche se non consulta i popoli. Fa parte del sogno europeo questa impostazione democratica, quella dei salotti alla Spinelli.

L’intero territorio europeo, a parte la Russia, verrà inglobato nell’Ue. Non so se c’è il sostegno dell’opinione pubblica, ma lo faremo lo stesso”.

Coriolanis Il presidente non eletto del Consiglio europeo Hermann VAN ROMPUY parla chiaro.Va giù piatto, come usano quelli a fine mandato. L’opaco burocrate svela il sogno dei gran lacchè euro-atlantisti. Sognano in grande: “..a lungo termine, l’intero territorio europeo esterno alla Russia sarà -d’un modo o l’altro- incorporato nell’Unione Europea”. Waw! Già si sapeva, si gradisce la conferma. Però come avverrà?
Presto detto: “Non so se c’è il consenso della gente, non lo so, in ogni caso noi lo faremo“. Con le buone o le cattive. Grazie per chiarezza di pensiero (unidirezionale).
Lui e i suoi colleghi non eletti, sono un ingranaggio del fondamentalismo liberista conosciuto come “stati uniti d’europa” o “fraternità transatlantica”. Sono eternamente nemici della Russia, con comunismo o senza, sono contro a prescindere. La Russia è difettosa semplicemente perchè esiste. Vorrebbero isolarla e -potendo- anche un conflitto aperto con Mosca. Per la maggior gloria materialistica degli Sati Uniti e dei mini-satelliti anglosassoni.
 
Finora, il tragico bilancio dei colleghi non eletti del Van Rompuy è una contraddittoria ostilità attiva contro tutti i fornitori di energia dell’Europa(Iran, Russia), o attiva belligeranza con uomini, armi e denari contro la Libia. Fino al prossimo settembre, ci racconteranno che “no problem“, tanto è in arrivo il famoso e futurista gas “fucking” promesso da Obama. Poi  anche i ciechi vedranno l’inaffidabilità e il masochismo di questo club che boicotta i fornitori di energia e materie prime, e che assorbono grandi volumi di manufatti e impianti dell’UE.
 
Tanta ostilità contro quelli che non si lasciano imporre il modello preteso dagli USA, dice molto del livello di sudditanza, di chi è sottomesso a chi. In tempi di penuria,sacrificare benefici immediati per  futuri miraggi atlantisti, significa che hanno comprato il pacchetto completo. E questo include dapprima interfererenze subdole, cambi forzati di governo e altre canagliate contro Paesi sovrani. Fino alla guerra combattuta anche coi mezzi militari.
 
Siamo alla fase pericolosa dei trattati-trappola, dall’aspetto anodino di accordi commerciali o doganali. “Transatlantico” con l’UE da un lato, e sull’altro versante il  “transpacifico” con il Giappone (che si riarma a tappe forzate) ed altri vassalli da giocare in funzione anti-Cina. Nel mezzo, a fare la regia e muovere gli utili idioti, gli USA ansiosi di regolare i conti con la nuova concorrenza. Un’altra guerra giocata in trasferta contro Russia e Cina, en passant spremere e minare l’Europa reale, fino all’implosione.
 
Le ultime della banda di Bruxelles: OK al golpe di Kiev, NO ai referendum in Crimea e nell’est d’Ucraina. Yes golpe perchè è una joint-venture con Washington, ma  i referendum con cui i federalisti ucrainiani dicono byebye ai golpisti e stragisti di Kiev è “illegale o nullo”. Eppure l’autodeterminazione era ottima per la Croazia, Slovenia, per l’enclave petrolifera Sudan del sud, e persino per il malfamato fortino della NATO denominato Kosovo.
 
Questa è la logica bellica dell’elite che ha abdicato a favore della potenza egemone, ma in accentuata fase calante.  Vista la performance in Siria e che -per la ritirata dall’Afganistan dell’armata d’occidente- bisogna negoziare con Putin una rottad’uscita terrestre . La classe dirigente europea, ferocemente liberista, dispotica al suo interno contro tutto ciò che non è banca o borsa, sta militarizzando la “sua” politica estera. La direzione di marcia è invariante, nonostante il vorticoso avvicendamento di pittoreschi governi fittizi nelle capitali di quel fu un centro di irradiazione di un modello peculiare.
 
I settori vittime di questa restaurazione neo-totalitaria, cominciano ad assumere come contraddizione principale il conflitto concreto elite/popolo e liberismo/sovranismo. L’UE è solo una protesi degli Stati Uniti ingabbiata dentro la NATO, e la Germania è storicamente incapace di strutturare attorno al primato economico la coesione d’un blocco sovranazionale equilibrato ed equo. L’imprescindibile rigetto dell’euro significa neutralizzare “l’arma chimica” dell’UE. Che non è -e non vuol essere- un polo autonomo, solidario, armato ma pacifico, sovrano e disponibile a complementarsi con tutti i fattori della multipolarità. Soprattutto, in grado di rimettere in discussione l’architettura internazionale varata nel 1945, basata sul sacrificio perenne dei suoi popoli per il beneficio automatico del globalismo, di ieri e di oggi. La banda di Bruxelles insiste a spacciare un manieristico e arcaico atlantismo perchè è nemica giurata dell’Eurasia. Non la storia, la semplice cronaca li smentisce e non dà loro ragione.