DIETRO LA CADUTA DALL’ALTARE DI ABRAMO BAZOLI, C’E’ UNA BANKITALIA ALLO SBANDO –

16 MAG 2014 15:30
2. UN INSIDER RIVELA: CHE BAZOLI FOSSE IL DOMINUS DI UBI LO SAPEVAMO TUTTI. UOMINI DI UBI IN BANKITALIA ERANO BAZOLIANI. I CONTROLLATI CONTROLLAVANO I CONTROLLORI – 3. UBI GESTIVA I MUTUI DEI DIPENDENTI DI VIA NAZIONALE, NON ERA UNA BANCA QUALSIASI – 4. LA TARANTOLA, RESPONSABILE DELLA VIGILANZA ALL’EPOCA DEI FATTI CONTESTATI, STRAVEDEVA PER FAISSOLA E NEL 2003 FECE UNA CROCIERA CON LE BANCHE COOPERATIVE – 5. CHI HA ISPEZIONATO UBI OGGI E’ FINITO A OCCUPARSI DI RAPPORTI COI SINDACATI INTERNI – 6. SIAMO SICURI CHE NON CI SIANO GRAVI OMISSIONI E/O RESPONSABILITÀ DA PARTE DI PALAZZO KOCH? NEL CASO BIPOP-CARIRE NESSUNO SI ERA ACCORTO DI NULLA. CON LA LODI, C’ERANO ACCORDI SEGRETI E BACI IN FRONTE DI ANTONIO FAZIO AL BUON CATTOLICO FIORANI. CON MONTEPASCHI NESSUNO SAPEVA DELL’ACQUISTO DEL PACCO ANTONVENETA –
Uovo alla Koch per Dagospia

Ci risiamo. Con le indagini su UBI Banca (la quarta banca del Paese) che hanno portato alla perquisizione eccellente di “Nane” Bazoli, viene messo sotto accusa il sistema della finanza bianca.
Arzilli vecchietti, come direbbe Della Valle, e sistema bancario tutto, si ritrovano uniti da un medesimo destino. Viene messo in discussione il cosiddetto capitalismo di relazione e familiare sul quale si è sempre fondata questa Italietta.
La Banca d’Italia, giovedì, ha subito messo le mani avanti e si costituisce ancora una volta, come sempre, parte offesa, con la solita motivazione: ostacolo alla vigilanza. La sua.

La storia si ripete, è già successo con altri scandali come quello della Popolare di Lodi di Fiorani (protetto del governatore Antonio Fazio), di Bipop-Carire, di Banca Antonveneta ed del Monte dei Paschi. Nell’ultimo anno, quasi l’intero sistema bancario tricolore è stato scosso da scandali di vario genere. E’ stato messo in discussione il sistema della governance delle banche, quello del credito, delle carenze organizzative e dei sistemi dei controlli.

L’Autorità di vigilanza, ovvero la Banca d’Italia, rimane l’unico baluardo e l’unica garanzia contro tale deriva, si dice. Ma siamo sicuri? Siamo davvero convinti che non ci siano gravi omissioni e/o responsabilità da parte di Palazzo Koch, che deve garantire la stabilità del sistema e assicurare la trasparenza?

Nel caso Bipop-Carire nessuno si era accorto di nulla. Con la Lodi, c’erano accordi segreti e baci in fronte al buon cattolico Fiorani. Con Montepaschi nessuno sapeva dell’acquisto del pacco Antonveneta. Saccomanni e Tarantola come le tre scimmiette: non c’erano e se c’erano dormivano. I manager senesi, oggi dipinti come una volgare banda di ladri con la percentuale su tutto, sono stati talmente furbi da fregare il fior fiore accademico e professionale di Bankitalia. Vigilanti a loro insaputa.
I casi oramai sono tanti e tanti, ma la favoletta è sempre la stessa: ostacolo ai poteri della vigilanza. E’ un reato anche grave, perché in teoria ti può costare anche 8 anni di galera. Ma molto in teoria, ovviamente. Come insegna la triste processione di prescrizioni eccellenti e processi che vagano, quando si tratta di alta finanza, da un tribunale all’altro.

Occorre che la magistratura faccia chiarezza, come per il passato, fino all’ultimo scandalo che oggi esplode tra Bergamo e Brescia, dove ci si augura che ci siano procure attrezzate. UBI Banca (“Fare banca per bene”, il loro triste claim) è una banca nel cuore di Annamaria Tarantola.

L’ex vice direttore generale della Banca d’Italia, oggi Presidente della Rai, ha sempre avuto rapporti e relazioni consolidate con i banchieri della piazza bresciana, e in particolare con il compianto Corrado Faissola, storico amministratore del gruppo Ubi banca, con l’avvocato Alessandro Azzi, presidente della Banca credito cooperativo del Garda e Presidente della federazione delle Banche di credito cooperativo (BCC) della Lombardia, nonché con il dominus di Banca Intesa, Bazoli.
La Tarantola partecipò anche nel 2003 a una crociera organizzata dalla federazione BCC, a spese delle banche di credito cooperativo, ovvero dei clienti di queste.

Nel 2008 la dottoressa Tarantola diventa il numero tre operativo di Via Nazionale. Per tale nomina gli sponsor d’eccezione sono stati proprio Faissola, Azzi, Cesare Geronzi, Bazoli e alti prelati, a cui rimane molto a cuore la sorte di un altro istituto disastrato come Carige che tra l’altro è la principale azionista della Banca d’Italia. Faissola e Azzi, nel 2008 ricoprono la carica di presidente e vice Presidente dell’Associazione bancaria italiana, quest’ultimo ancora in carica.
Ebbene, i controllori decidono chi debba essere il loro controllore. E’ storia mai sufficientemente nota. Quale esempio di autonomia e indipendenza viene trasmesso al paese e ai cittadini, nonché ai risparmiatori?

Ecco un’altra storia che in Bankitalia sanno tutti. L’allora amministratore delegato di UBI Banca, Corrado Faissola, estimatore e sponsor della Tarantola, non gradì molto nel 2011 la concorrenza della CSR (cassa interna alla Banca d’Italia) che proponeva un tasso per i mutui dei dipendenti all’1%, con il rischio di far venire meno quel lauto compenso del 4% a favore di Centrobanca (gruppo UBI) comunque finita male, a carico della Banca d’Italia e dei suoi dipendenti. UBI Banca non voleva rinunciare a muti prima casa concessi a clientela molto affidabile che possono essere usate dalle banche come garanzia per ottenere prestiti dalla BCE ad un tasso molto vantaggioso e lucrare sulla differenza

E’ proprio ingrata, questa Banca d’Italia, prima ti aiuta e poi nel momento delle difficoltà mette le mani avanti e accusa: gli amministratori di UBI Banca hanno ostacolato la vigilanza. E’ sempre la solita favoletta, si ripete ormai da anni, rappresenta il salvacondotto per tirarsi fuori dalle responsabilità.
Eppure gli strumenti ci sono, la Banca d’Italia non svolge la “moral suasion” della quale straparlano i giornalisti, ma svolge attività di analisi cartolare sulla base delle segnalazioni mensili, trimestrali e semestrali a distanza, con strumenti sempre più sofisticati, nonché attività ispettiva in loco con missioni profumatamente pagate ai signori ispettori, i quali beneficiano anche di apposita polizza assicurativa stipulata dalla Banca d’Italia per tutelarli in caso di giudizio. Dunque di che “ostacoli” stiamo parlando? Quando arrivano gli ispettori in una banca, se vogliono, ti aprono come un’anguria.

Ma la storia si ripete. Già nei confronti del Banco di Brescia (progenitore di UBI Banca) in precedenti ispezioni vengono rilevate attività sanzionabili nei confronti del presidente e direttore generale, Costantino Vitali. La pubblicazione delle sanzioni nei confronti degli amministratori del Banco di Brescia viene fatta secondo quanto disposto dal Testo unico bancario su almeno due quotidiani a diffusione nazionale. In modo singolare, all’epoca le banche provvedevano a pubblicare le sanzioni su “Finanza e Mercati”, quotidiano poco diffuso se non tra gli addetti ai lavori, cioè le stesse banche. Nel caso del Banco di Brescia, la pubblicazione della sanzione cade su “Il Messaggero”, quotidiano letto solo a Roma.
Oggi Bazoli (Presidente di Intesa) è l’indagato eccellente per ostacolo alle funzioni di vigilanza. Sembra di scoprire l’acqua calda. Ma come, in Banca d’Italia non se ne sono mai accorti prima? Il salvatore dell’Ambrosiano è stato il referente del sistema e rappresentava il faro per l’autorità di vigilanza, insieme al presidente del Consiglio di gestione di UBI Banca, Franco Polotti, nominato consigliere della Banca d’Italia, prima di ricoprire tale incarico. Uomini di fiducia che avrebbero attuato un sistema di regole per predeterminare i vertici della banca (UBi Banca) all’insaputa dell’autorità di vigilanza. Una specie di sistema Scajola. Le poltrone si incrociavano, ma non si conoscevano l’uno con l’altro.
L’Autorità di vigilanza, come si dice a Roma, o “ci è o ci fa”, quando suona la sveglia a seguito di esposti e denunce di altri, si precipita a registrare il disco: ostacolo alla vigilanza, fatti rappresentati in modo non veritiero, occultate informazioni. I poveri magistrati, non sempre espertissimi delle arcane regole bancarie, verificano gli atti e rilevano che gli ispettori hanno evidenziato le solite anomalie con applicazioni di sanzioni amministrative pecuniarie: carenze organizzative, carenze dei sistemi di controllo, carenze nell’istruttoria e gestione del credito, in sostanza sempre la solita minestra, fino a quando non scoppia la bomba.

Oggi tocca anche farvi sapere che tutti coloro che vengono coinvolti in attività di vigilanza e/o a conoscenza di fatti di rilevo presso i servizi della vigilanza in Roma e periferia di particolare sensibilità informativa, vengono sempre opportunamente rimossi e promossi con lauti compensi.

E’ stato il caso di Gianluca Trequattrini, oggi capo servizio segreteria particolare scambiatosi con Ciro Vacca. Di Enrica Vignoli, oggi capo servizio cassa generale. Di Maurizio Trifilidis, oggi Direttore a Venezia, di Antonio Cinque, oggi Direttore a Trento, di Luigi Donato, oggi vice capo dipartimento immobili, di Luigi Capra, oggi Direttore a Torino, di Patrizia Pietraforte, oggi direttore al Servizio Tesoreria, di Maurizio Cannistraro, oggi direttore a Bolzano, di Giuseppe Boccuzzi, direttore a Napoli, oggi in pensione. E ancora: Giorgio D’Acunto, oggi Ispettorato vigilanza, Carlo Gentile, oggi alla CSR, Umberto Proia, capogruppo ispettivo al Banco di Brescia (UBi Banca) oggi Funzionario generale impiegato a scazzarsi con i sindacati interni.
Con le nuove indagini in corso sul gruppo UBI Banca, si attendono nuove promozioni e spostamenti, applicando il noto principio: sia promosso affinchè sia rimosso. Ma soprattutto che dopo, quand’anche lo chiamassero i pm, sia omertoso in cambio di danaro.
Quanto viene deciso dai vertici della Banca d’Italia nella pienezza della sua incontrastata autonomia, senza rendere conto ad alcuno del suo operato – anche quando premia con incarichi dirigenziali dipendenti che tessono rapporti di “amicizia”, e quindi si trovano in un conflitto di interessi, ed al tempo stesso allontanano quelli che, senza allinearsi, esplicano fedelmente la propria attività di vigilanza sulle banche “protette” sanzionandole per irregolarità – mette in evidenza un vero e proprio potere oscuro dell’autorità vigilante, non scalfibile.
Ancora una volta, i vertici di una struttura dedita ad attività di vigilanza, con inopportune frequentazioni con i principali banchieri, che ne hanno sponsorizzato l’ascesa, e spesso poco solerte rispetto ai gravi scandali bancari, configura un vulnus per l’operato trasparente e super partes di un’istituzione come Banca di Italia, che proprio in virtù dei fatti descritti perde sempre più la sua autorevolezza ed autonomia di giudizio,

Oscuri sono i criteri usati in Banca d’Italia per decidere nomine e promozioni interne tenuto conto che appare estremamente grave, che il controllore venga sponsorizzato dai controllati, ossia le banche azioniste in un gigantesco conflitto di interessi.
Se il quadro è questo, non sono sicuro che il passaggio della vigilanza bancaria alla Bce di Francoforte, previsto per l’autunno, sia una grande sciagura. Di sicuro, i Bazoli di turno dovranno almeno imparare il tedesco per interloquire con le “Autorità”.
http://www.dagospia.com/rubrica-4/business/1-dietro-la-caduta-dallaltare-di-abramo-bazoli-ce-una-bankitalia-allo-sbando2-un-77317.htm

DIETRO LA CADUTA DALL’ALTARE DI ABRAMO BAZOLI, C’E’ UNA BANKITALIA ALLO SBANDO –ultima modifica: 2014-05-18T21:00:30+02:00da davi-luciano
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