Il dovere morale di disobbedire, di Erri De Luca

 Le Monde 10 aprile 2014

IL DOVERE MORALE DI DISOBBEDIRE ESISTE

Cantiere titanico, il Tav Lione-Torino suscita la collera degli ecologisti dalle due parti della frontiera. Gli abitanti della Valle di Susa, in Italia, sono mobilitati ormai da anni contro questi lavori che implicano l’apertura di un tunnel di 57 km tra Susa, nel Piemonte, e Saint-Jean de Maurienne, in Savoia. Più volte respinto, questo progetto di trasporto misto, merci/viaggiatori, è stato proposto nel 1991, attuato da un trattato internazionale nel 2001 e lungamente aggiornato a scapito dei finanziamenti. L’insieme dovrebbe costare 25 miliardi di euro, dei quali 8,5 per la tratta internazionale. Su questa parte i lavori sono seguiti da LTF, che dipende dalla Rete ferroviaria francese e dalla Rete ferroviaria italiana.

Lo scrittore italiano Erri De Luca  ha sposato in pieno la causa dei resistenti della Valle di Susa nella loro lotta contro l’apertura del tunnel. Anziano militante del movimento di estrema sinistra Lotta Continua negli anni ’70, Erri De Luca è l’autore di numerosi libri, saggi, cronache, romanzi e racconti, tra i quali “Montedidio”, che ha ricevuto il premio “Femina ètranger” nel 2002. Il suo ultimo romanzo, “Il torto del soldato”, è uscito da poco per le edizioni Gallimard.
Il 1 settembre 2013 ha dichiarato, nella versione italiana del sito Huffington Post, che i lavori del Tav devono essere sabotati. Una denuncia è stata depositata da LTF, che ha avuto come conseguenza la denuncia dello scrittore il 24 gennaio.

I lavori del Tav Lione-Torino provocano una resistenza importante nella Valle di Susa. Per quali ragioni?

 “Per prima cosa la montagna è piena di amianto e di pechblenda, un materiale radioattivo che l’apertura del tunnel per decine di km rischia di mettere all’aria libera. Soprattutto questi lavori sono essenzialmente destinati a dirottare dei fondi pubblici verso le imprese che si riempiono le tasche quando esiste già una linea storica, utilizzata a meno del 20% delle sue capacità. L’Italia è piena di cantieri abbandonati, ponti, strade, ospedali…Ce ne sono a centinaia. In un certo senso questi cantieri si sono autosabotati. E’ un modello di sviluppo. Non dimenticate che l’Italia è il paese più corrotto d’Europa.

A che punto è il cantiere?

Dal 2008 il cantiere del Tav è militarizzato e gli abitanti devono presentare la loro carta d’identità per andare al lavoro nelle loro vigne. Il governo ha mandato un esercito contro la popolazione locale che è entrata in resistenza da anni. Una forma di repressione all’antica. Almeno mille persone sono state perseguite in questo quadro. Ad esempio per avere tagliato le reti di protezione del cantiere, piazzate da LTF nelle zone comunali dove era illegale installarle. Adesso quattro di loro sono stati arrestati per “terrorismo”, dopo essere stati accusati di avere rovinato un compressore del cantiere. A Torino una squadra di magistrati non si occupa che di questo. Si comportano come i cani da guardia di LTF. Anche a Genova, nel 2001, dopo la rivolta del G8, centinaia di persone erano state arrestate dalla polizia, ma i giudici le avevano rilasciate. In questo caso fanno il mestiere dei poliziotti… Ma gli abitanti della Valle di Susa sono solidali. In febbraio si sono autotassati per pagare la multa inflitta al capo dei resistenti Alberto Perino. La Valle di Susa è diventata una questione internazionale. E’ una causa per la vera sinistra italiana, quella della base, dei Centri sociali e di qualche altro partito come il movimento 5 stelle di Beppe Grillo o Sinistra e Libertà (SEL). La lotta contro il Tav rappresenta la più potente e robusta lotta popolare che esista attualmente in Italia.

Qual è il suo ruolo in questo movimento di resistenza contro il Tav?

Sono al loro fianco dal 2006. All’epoca ero in tournèe nella regione, per il mio spettacolo “Chisciotte e gli invincibili”. Ero andato a parlargli durante il giorno e la notte seguente mi chiamarono: la polizia aveva distrutto il loro accampamento nella località di Venaus. Bloccammo la strada. Si trattava di una resistenza pacifica. In seguito partecipai ai loro incontri pubblici e alle loro raccolte fondi.

È attualmente sotto denuncia. Di che cosa si tratta? 

I poliziotti della Digos, il settore che si occupa delle questioni di terrorismo, si sono presentati da me il 24 gennaio con un avviso di garanzia per “incitazione alla violenza”. Una inchiesta è stata svolta dopo una denuncia  di LTF datata settembre 2013. Il motivo: due frasi riprodotte il 1 settembre 2013 nella versione italiana  di Huffington Post. Dicevo: “Il Tav deve essere sabotato”, e questi atti di sabotaggio “sono necessari per far capire che il Tav è un cantiere inutile e nocivo”.

Non è una cosa grave incitare al sabotaggio? 

I miei propositi sull’Huffington Post rappresentano un’opinione. E’ soltanto il mio punto di vista su questo progetto, e  su quello che sarebbe bene fare: sabotare questi lavori. Non si tratta di un atto. Non sono salito su una barricata per incitare la folla. Il sabotaggio è una forma di resistenza politica che non può intendersi soltanto nel senso materiale. Questa parola ha un senso più ampio, un senso politico. Quando questi deputati si oppongono ad una legge, al Parlamento, la sabotano alla loro maniera. Anche lo sciopero è un tipo di sabotaggio. E se qualcuno rifiuta di eseguire un ordine di distruzione di massa, contribuisce anche a sabotarlo. Il dovere morale di disubbidienza esiste. I magistrati hanno preso le mie frasi e le hanno messe tra virgolette, le hanno interpretate per censurarle. E’ come mettere delle manette alle mie parole. Da parte mia non posso liberarle, solo ripeterle.

La democrazia non è fondata sul rispetto delle leggi?

Le leggi sono di passaggio. Cambiano. La democrazia è anche la possibilità di cambiare le cose, le leggi, la politica. E’ come nell’ambito scientifico: gli individui sono spesso più efficaci delle masse. Quando Copernico scrisse il “De Revolutionibus Orbium Coelestium” era da solo. In Italia la resistenza al fascismo fu fatta da piccoli gruppi rifugiatisi sulle montagne. Il ventesimo secolo è stato il secolo delle rivoluzioni, attuate all’inizio da minoranze. Negli anni ’70, all’epoca delle lotte operaie nelle fabbriche, Lotta Continua, il movimento al quale appartenevo, incitava gli operai a sabotare le catene di montaggio. Era necessario per migliorare le condizioni di lavoro. Questo non distruggeva niente, a parte il flusso di produzione. Da noi è così: il potere è immobile; dunque ci vogliono degli attivisti per portare avanti la lotta in nome della maggioranza. In Valle di Susa la popolazione difende la sua salute. Si batte contro l’avvelenamento della Valle. Si tratta di un movimento di massa. Dovunque ci sono grandi industrie ci sono tragedie ecologiche. La difesa dell’aria, del suolo, dell’acqua: questo è rivoluzionario. Quelli che sono nati in quei luoghi hanno diritto di esserne i cittadini, e di decidere dell’ambiente che vogliono.

Negli anni ’70 un movimento di estrema sinistra, come quello cui lei apparteneva, Lotta Continua, difendeva cause universali. Il movimento valsusino è centrato su una lotta locale. Dov’è secondo lei la continuità?

La resistenza della Valle di Susa non rappresenta una lotta localistica. E’ una lotta contro la riduzione del cittadino al rango di soggetto davanti a un potere assoluto. E questo è universale.

In cosa questa accusa raggiunge la sua attività di scrittore?

Perchè si tratta di parole che ho pronunciato. Sono quelle che sono messe in causa. Come persona privata posso impegnarmi fisicamente, come quando andai in Yugoslavia durante la guerra. Ma come scrittore, è attraverso la mia scrittura che mi impegno. E’ un impegno evidente, elementare. Sicuramente sono molto sensibile al diritto di espressione.

Tra gli intellettuali e gli artisti italiani, chi l’ha sostenuto dopo la sua denuncia?

In settembre c’è stata una petizione di intellettuali in mio favore. In seguito lo scrittore ed attore Ascanio Celestini, la cantante Fiorella Mannoia e l’attore Alessandro Gassmann hanno rilasciato dichiarazioni personali a mio sostegno. Ma la televisione e la stampa non ne parlano. I proprietari sono sempre gli stessi…

Quale pena rischia?

Il carcere. E se dovessi essere condannato non presenterò appello.

da Gigi Richetto

Processo No Tav. “Sono qua per rispondere non per farmi intimidire”

di Massimo Bonato

Proseguono le udienze dei testi portati dalla difesa. Scorre la Valle, dagli amministratori ai residenti, che il 27 giugno 2011 o il 3 luglio, o entrambi, si trovavano sui luoghi dei disordini per il quale il processo è istruito.

Scorre la Valle. Chi non sa di preciso dove andare e dev’essere accompagnato. La signora con la borsetta che non sa dove guardare quando le vengono rivolte le domande, l’anziano a cui sfugge qualche parola in piemontese. Gente comune. Ma che il 27 c’era. C’era alla fiaccolata del 26 sera, C’era la notte a vegliare o a dormire all’addiaccio. E c’era perché credeva in ciò che ancora chiama la Libera Repubblica della Maddalena. Ovvero un luogo per il quale “era stato pagato un plateatico” e in cui chi vi si trovava si sentiva al sicuro, in diritto di stare.

Sfilano, portati dalla difesa a testimoniare di quelle pietre che non han visto volare da dove si trovavano. Sfilano, portate dalla difesa a testimoniare della gran copia di lacrimogeni di cui son stati investiti senza motivo; dell’inseguimento nei boschi, dove pure non si trattava che di fuga; dei lacrimogeni sparati sui fuggitivi tra l’aria ferma dei sentieri, sui quali ai più è mancato il respiro, molti hanno avuto bisogno di un soccorso mentre il fiato veniva meno e i gas non concedevano tregua al fiato e alla vista. “Da bambino son stato sotto tre bombardamenti, ma non ho visto mai niente del genere” dice N.V, classe 1937.

Gente comune. Gente della Valle.

Così come la difesa chiede quali fossero le posizioni di ciascuno, gli spostamenti, ciò che è stato visto, sentito, ciò di cui si è parlato nella serata precedente, così l’accusa incalza di rimando, chiedendo che cosa si fosse visto dei ragazzi che sul collo del tunnel, il 27 giugno, scaricavano estintori sulla pinza meccanica in autostrada, sulle pietre lanciate, cercando tra le pieghe di capire se vi fossero state direttive precedenti a istruire i manifestanti. “Ho dormito alla vitivinicola – dichiara T.S. – un fuoco d’artificio era il segnale convenuto per dirigerci sul piazzale”. E gli toccherà specificare, come farà che non si stava parlando di “razzo” ma di fuoco d’atificio, deciso in assemblea.

Si parla perlopiù del 27 giugno quindi. Quando almeno un migliaio di persone si è radunato la notte della fiaccolata il 26, in odore di sgombero dell’area museale, da tempo adibita a incontri, dibattiti, lezioni, conferenze, con i suoi gazebo, le tende, gli spazi della Comunità montana per l’incontro degli amministratori, la tenda dell’infermeria, la cucina, lo spazio per chi avesse voluto parcheggiare un camper o una tenda. Tutto pagato. Ritenuto sicuro. Di diritto.

Perché opporsi allora? A che cosa?

“Era al corrente di una lettera del comissario europeo che chiedeva l’immediato inizio dei lavori il 30 giugno – il Pm chiede a Ezio Bertok – Perché vi siete opposti alle Ff.Oo.?

“Da vent’anni le iniziative europee vanno in questa direzione e non ci sono mai stati trattati vincolanti” risponde Bertok.

“C’erano state direttive di comportamento per i manifestanti?”

“Mai sentito parlare di direttive”.

“Quindi chiunque poteva fare quel che voleva. Chi voleva poteva opporsi pacificamente e andarsene” incalza il Pm Padalino con una curiosa contraddizione, mentre Ezio Bertok rimane impassibile, stretto tra le braccia conserte, piegandosi appena verso il microfono per rispondere senza scomporsi.

Ma a scomporsi, rubizzo, è via via il Pm Padalino la cui voce acuisce, alzandosi sul timbro posato di Bertok: “Lei dice di aver visto uscire la polizia dalla galleria, ma non ha visto lanciare le pietre?”

Ezio Bertok ribadisce con tutta calma ciò che ha da poco detto – “Che ci siano stati lanci di pietre non lo escludo ma io non li ho visti”. Da dove si trova il 27 giugno presso le barriere sul lato dell’autostrada ha più a cuore i pericolosi movimenti della pinza meccanica che cerca di allontanare i manifestanti dalla barricata oscillando – “Non ricordavo l’avessero chiamata ‘Stalingrado’, lo sento da voi” – con palese rischio per la loro incolumità. La sua risposta è pronta: “Io sono qua per rispondere non per farmi intimidire”. Bagarre assicurata, per la difesa che interviene, il Pm che rivendica il dirittto di non “essere preso in giro”, il giudice che richaima all’ordine e paca i toni.

Ma dai banchi almeno ancora il ruggito sommesso e provocatorio raggiunge l’uditorio: “Non ci interessa”, si sentirà a microfono aperto. Non interessa cioè che la ‘Scala della Ramat’ si chiami così per la difficoltà che presenta per essere salita tra i boschi, cosa che spiega M.C. di Oulx, per descrivere la difficoltà della gente che di lì doveva passare inseguita dai lacrimogeni, ormai in rotta, inseguita senza motivo dalle Ff.Oo.

Ma non importa.

Il quadro è chiaro.

Rigettata da parte del Tribunale l’istanza della difesa di recarsi in loco per rendersi conto della geomorfologia del territorio per aver più chiaro ciò che carte e fotografie, filmati riportano

Rigettata da parte del Tribunale l’istanza della difesa di trasferire il processo in un aula di Tribunale più consona: è un’aula come tutte le altre e più capiente delle altre, considerando le intemperanze che si sono verificate: se foste stati bravi…

Tav: Siulp Torino, ‘gravissimo’ l’appello No Tav firmato da intellettuali

http://torino.repubblica.it/dettaglio-news/-/4488534

Torino, 16 apr. (Adnkronos) – Il sindacato di polizia Siulp di Torino definisce ”gravissimo” l’appello No Tav in vista della manifestazione del 10 maggio a sostegno dei 4 attivisti accusati di terrorismo, firmato da diversi intellettuali. Il sindacato parla di ”una vera e propria sfida allo Stato che aggrava ulteriormente il clima di alta tensione già esistente tra i violenti gruppi antagonisti che fiancheggiano il movimento No Tav e la magistratura e forze dell’ordine” ribadendo la propria solidarietà ”ai magistrati, alle forze dell’ordine e a tutti coloro che difendono lo Stato di Diritto e che, proprio per questo, sono al centro del mirino di scellerate e irresponsabili scelte di campo reazionarie”.

(16 aprile 2014 ore 17.32)

Tav: appello intellettuali contro procura Torino

http://www.ansa.it/piemonte/notizie/2014/04/15/tav-appello-intellettuali-contro-procura-torino_a5f38dcf-7637-4bba-ba6c-e918d66e9ff9.html

Tra firmatari Sabina Guzzanti,Vauro Senesi e Valerio Mastrandrea

Redazione ANSATORINO15 aprile 201420:52NEW
(ANSA) – TORINO, 15 APR – Gli attori Sabina Guzzanti e Valerio Mastrandrea, l’economista Guido Viale, il vignettista Vauro Senesi, la presidente di Emergency Cecilia Strada sono fra i primi firmatari di un appello contro la procura di Torino per le modalità con le quali i magistrati conducono le inchieste sui No Tav. Il documento, in particolare, si riferisce alle accuse di terrorismo mosse a quattro simpatizzanti del movimento.

    “Per noi – si legge – prendere posizione è facile, scontato.
Ma anche chi non si è mai informato su questa lotta, e come in molti è stato indotto a guardarla con sospetto, dovrebbe allarmarsi per quanto sta accadendo”. (ANSA).

Erri De Luca: in corteo il 10 Maggio per la libertà dei notav per l’ aria, l’acqua, il suolo e la salute pubblica della Val Di Susa

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post — 15 aprile 2014 at 14:36

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In questi ultimi anni più di mille cittadini italiani sono stati incriminati per il sostegno alla lotta della Val Di Susa contro le perforazioni della  TAV, seminatrice di amianto.
Una repressione su scala di massa è in corso a opera di un reparto della Procura di Torino che si occupa esclusivamente di reprimere la resistenza della Val Di Susa.
Culmine di questo accanimento è l’ accusa di terrorismo ai danni di quattro persone che avrebbero danneggiato un macchinario.
Proprio così e senza alcuna misura tra parola e cosa: quattro cittadini italiani sono imprigionati con incriminazioni alla Bin Laden per un danneggiamento.
Sarebbe accusa degna della più fragorosa pernacchia se non ci fossero quattro vite insaccate dentro le prigioni con questa imputazione.
A questo si aggiunge un regime di detenzione particolarmente punitivo nei confronti di cittadini innocenti fino a prova contraria.
Il 10 maggio, quattro giorni prima dell’apertura del loro processo si va in pazza per loro.
Contro l’oscena accusa di terrorismo
per la libertà loro
per l’ aria, l’acqua, il suolo e la salute pubblica della Val Di Susa
Erri De Luca

Tav: Esposito (Pd), inaccettabile appello per 10 maggio, e’ incitamento all’odio

Torino, 15 apr. (Adnkronos) – L’appello No Tav pubblicato online e firmato da scrittori, intellettuali e giornalisti in vista della manifestazione del 10 maggio a Torino in solidarietà dei quattro attivisti in carcere con l’accusa di terrorismo “non ha nulla a che vedere con il sacrosanto diritto di manifestare, ma assomiglia molto ad un incitamento all’odio”. Lo sostiene il senatore Pd Stefano Esposito, da sempre sostenitore dell’opera. Secondo il parlamentare “non possiamo far passare nel silenzio questo appello, questa indicazione dei bersagli da colpire”.

“Lo dico – aggiunge – vivendo in prima persona un isolamento politico, anche all’interno del mio partito”. “Non si possono lasciare soli i magistrati, le forze dell’ordine e i rappresentanti delle istituzioni che svolgono il loro compito come previsto dalla Costituzione. Mi auguro che il CSM, e il suo vicepresidente Michele Vietti, le istituzioni, la politica e l’informazione tutta non lascino soli i magistrati della Procura di Torino e le forze dell’ordine”.

Esposito avverte “le parole d’ordine sono state scritte. Sarà una manifestazione non contro la Tav, ma contro la magistratura, contro la ‘repressione’, contro lo Stato che tiene ‘prigionieri’ dei giovani protagonisti della ‘resistenza’. Da una parte gli aguzzini, dall’altra gli innocenti. Gli esponenti della frangia violenta che si è impossessata della bandiera No Tav non sono i primi a credersi eredi dei partigiani e a pensare di condurre una lotta di liberazione. Lo credevano anche i brigatisti e gli altri terroristi rossi. E non è neppure la prima volta che degli intellettuali e dei giornalisti firmano appelli parlando di ‘vendetta di Stato’. Ma, evidentemente – conclude – la storia non insegna nulla alle menti offuscate dall’odio ideologico”.

CHI HA DETTO CHE “SENZA L’EURO SAREBBE MEGLIO PER TUTTI”? MARINE LE PEN? GRILLO? NO, HANS WERNER SINN, PRESIDENTE IFO, ISTITUTO TEDESCO DI RICERCA CONGIUNTURALE

“L’Italia è tra i grandi sconfitti dell’euro e può prosperare nella moneta unica solo se accetta un decennio di stagnazione. Ma se fosse possibile uscire dall’euro, tutto sarebbe più semplice. Solo nell’eurozona ci si trova dinanzi a problemi talmente intricati da essere quasi irrisolvibili”…
 
Sandro Iacometti per “Libero quotidiano”
 
Magari fosse possibile uscire dall’euro, tantiproblemi si risolverebbero più in fretta. A denunciare i rischi collegati alla gabbia della valuta unica questa voltanon è il solito euroscettico, ma Hans-Werner Sinn. Dietro il nome poco noto al di sotto delle Alpi si nasconde uno dei falchi più intransigenti dell’intellighentia tedesca.
 
 
HANS WERNER SINN
Presidente dell’Istituto di ricerca congiunturale Ifo (praticamente il nostro Istat), Sinn è da sempre uno dei più strenui avversari di qualsiasi intervento sovranazionale a favore di chi resta indietro, sia esso concretizzato attraverso fondi di salvataggio o attraverso l’azione della Banca centrale europea. Non a caso l’economista è stato consigliere della Corte Costituzionale di Karlsruhe nella sentenza che ha dichiarato illegittimo (rinviando, però, il verdetto definitivo alla Corte di giustizia europea) lo scudo antispread ideato da Mario Draghi per arginare le tensioni sui titoli sovrani dei Paesi periferici.
Il giudizio di Sinn sugli spazi di manovra dell’Eurotower è chiaro. “La Bce”, ha spiegato in un’intervista alla Stampa, “non può diventare un assicuratore di crediti e non può differenziare la politica monetaria per aree”.
Ma in generale il presidente dell’Ifo vede come fumo negli occhi qualsiasi operazione che possa in qualche modo essere ricondotta nella categoria degli aiuti ai Paesi più deboli. La tesi del professore, senza troppi fronzoli, è che chi è in difficoltà deve cavarsela da solo, anche a costo di sprofondare. Come l’Italia, ad esempio, che secondo Sinn, «è tra i grandi sconfitti dell’euro” e ha la possibilità “di prosperare nella moneta unica solo se accetta un decennio di stagnazione”. Resta, però, il problema dei danni collaterali.
E qui, in coerenza con la sua idea di abbandonare ciascuno al proprio destino, l’economista non si nasconde dietro un dito. “Ritengo giusto e necessario”, ha argomentato, “che alcuni Paesi deflazionino: consente di ripristinare la competitività necessaria per la sopravvivenza dell’euro”. Ma,ha aggiunto, “se fosse possibile uscire dall’euro, tutto sarebbe più semplice. Solo nell’eurozona ci si trova dinanzi a problemi talmente intricati da essere quasi irrisolvibili”.
 
L’annuncio di Sinn, considerato che proviene da Berlino, è clamoroso. Uscire dall’euro non solo si dovrebbe, ma in alcuni casi sarebbe addirittura preferibile. Non è la prima volta che il professore lascia trapelare il suo desiderio di rompere la gabbia per lasciare fuori chi resta azzoppato.
 
Durante il convegno “Fuehrungstreffen Wirtschaft 2013” organizzato a Berlino qualche mese fa dal quotidiano “Sueddeutsche Zeitung” aveva affrontato il tema spiegando che la possibilità di un’uscita, forzata o voluta, “è sempre concreta per Francia,Grecia e Italia”. L’alternativa, aveva detto, sarebbe un piano di salvataggio che, con un ammontare di crediti in percentuale del pil pari a quelli concessi alla Grecia, “ci costerebbe qualcosa come 4.500 miliardi”.
 
Ipotesi catastrofica e agghiacciante, che in pochi, però, a Berlino sembrano tenere nella dovuta considerazione. L’attenzione della Cancelliera Angela Merkel resta infatti puntata sugli straordinari dividendi portati alla Germania dalle difficoltà dei Paesi periferici. A partire da quelli legati all’export tedesco, che da quando è entrata in vigore la moneta unica-a differenza degli anni precedenti in cui la competizione con gli altri Stati del Vecchio continente era più serrata ed equilibrata – non perde più un colpo.
Il dato diffuso ieri dall’Eurostat non fa che confermare un trend già consolidato da tempo.La bilancia commerciale dell’area euro ha registrato un attivo di 13,6 miliardi, in aumento rispetto ai 9,8 miliardi di un anno fa. A fare la parte del leone, inutile dirlo, la Germania. L’ultimo dato disponibile Eurostat è quello di gennaio, in cui Berlino ha registrato un surplus di 15,3 miliardi. Ma l’ufficio di statistica tedesca ha già rilevato anche ildato di febbraio, con un attivo balzato a 16,3 miliardi.
 
Una cifra perfettamente in linea con i 16,8 miliardi registrati nel febbraio 2013. Il che fa pensare che anche nel 2014 la Germania possa replicare il risultato record dello scorso anno,con un surplus delle partite correnti che si è attestato alla quota monstre di 206miliardi. Intermini percentuali, il 7,5% del pil, ben al di sopra di quel 6% considerato da Bruxelles la soglia massima per l’equilibrio dell’intera Unione.

Società globalizzata e bombardamenti da tastiera

La sovranità nazionale è stata sradicata da quei principi democratici derivanti dalle varie menzogne di…
DI GIACOMO BELISARIO · 16 APRILE 2014
 
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La sovranità nazionale è stata sradicata da quei principi democratici derivanti dalle varie menzogne di tutti i Trattati che hanno regalato un contentino a Bruxelles e ai suoi tecnocrati, andando contro gli abitanti della zona eurounitaria. Negli stati membri è ormai opinione comune che non vi sia alcuna fiducia nei confronti dei politici: la maggior parte dei cittadini diffida di loro,  eppure continua a votare in tutte le elezioni sempre le stesse persone (forse perchè le elezioni in realtà altro non sono che un vuoto artifizio tenuto in piedi per mantenere la percezione della democrazia?). Gran parte dei politici sono membri di società segrete ed hanno stretti legami con gli USA e le èlite europee. La corruzione è così grande che tutti gli sforzi produttivi sani vi annegano dentro. Tutti gli uomini di potere si sono arricchiti con il saccheggio delle risorse della popolazione. Inoltre sono tutti impegnati ad attaccare le antiche tradizioni, infangando quotidianamente la memoria dei veri patrioti nazionali. Enormi scandali finanziari vengono scoperti ogni giorno, e sistematicamente insabbiati dall’opera propagandistica dei mass media.Non è evidentemente passato il tempo, non sono bastati i fallimenti di banche, l’impoverimento di intere popolazioni, le rivolte, i rigurgiti nazionalisti, l’aver buttato dalla finestra milioni di euro illegittimamente. Insomma la globalizzazione ha fallito in ambito politico, economico e sociale.
 
Il “popolo da tastiera” italiano vorrebbe fortemente scendere in piazza e far sentire la propria voce urlando basta ai ricatti e preparandosi a tornare in piazza mille volte ancora. Eppure si continua a preferire postare foto di aperitivi, anzichè fare politica, ricominciare a fare politica,quella vera .Facebook è uno strumento utile, ma, proprio per la sua natura volatile, andrebbe utilizzato con parsimonia e buon senso, altrimenti il significato di un’intuizione brillante sfuma, si appiattisce. L’abuso, insomma, ne banalizza i contenuti. Questo social network troppo spesso si rivela per quello che è: un mezzo a buon mercato per fare bella mostra di sé, una vetrina personale di fronte alla quale, per la verità, c’è tanta desolazione.
 
Il problema principale è che la voglia di farsi sentire è molta, quella di uscire allo scoperto al contrario, è minima.Ma il solo fatto di combattere qualcosa di ingiusto è già essa stessa una vittoria, nella lotta non si perde mai. Gli ideali, quelli veri, si conservano nella mente e diventano bandiere. L’utopia non rimane mai tale se diventa convinzione, così come la consuetudine diviene fatto normativo.
 
Bisogna esaltare la propria libertà. Libertà piena, non totale come in un sistema occidentale: ma piena per chi vuole conservarla, difenderla e praticarla con il coraggio della dignità. E non vanificarla dietro il mostro tecnologico.

Grillo coraggioso: non si scusa con com. ebraica e rincara la dose: “Ci sono lobbies..”

“Quando tocchi i poteri forti come De Benedetti, le banche, i poteri economici, vengono fuori queste lobby che si fanno scudo di queste tragedie”
“Non chiedo scusa, comunità ebraica deve cambiare il portavoce”
“Abbiamo shoah da tutte le parti, ne succede una all’anno dal Rwanda ai gas in Siria”
 
ITALY-POLITICS-VOTE-GRILLO-RALLY
Queste le parole di Grillo, sopra le righe ma coraggiose. Va riconosciuto e va ricordato che il mito di Primo Levi – il quale ha partecipato alla fucilazione di due ragazzini partigiani – è stato abbattuto dalla storia prima che dal M5S. Già ieri ne avevamo parlato in Beppe Grillo parafrasa Primo Levi e inizia il piagnisteo: “Profanata la shoah”.
 
 
POVERINI i sinistrati, rimane loro giusto la lista Tsipras a cui attaccarsi, si capisce l’invidia e ovviamente, la pisciatina SERVILE alle brigate sioniste con le quali tra poco risfileranno come d’uso ogni 25 aprile….
 
15/04/2014 09:55 | POLITICA – ITALIA | Fonte: Il Manifesto | Autore: Carlo Lania
Grillo trasforma la Shoah in uno spot elettorale
 
Ha tra­sfor­mato la Shoah in uno spot elet­to­rale. L’ultima pro­vo­ca­zione di Beppe Grillo è anche la più forte. Una foto ritoc­cata della scritta in ferro bat­tuto che cam­peg­giava all’ingresso del campo di Ausch­witz è apparsa ieri sul sito del comico sotto il titolo «Se que­sto è un Paese». Nell’immagine il motto nazi­sta «Arbeit Macht Frei» si è tra­sfor­mato in «P2 Macht Frei», la P2 rende liberi. Non con­tento, Grillo ha poi modi­fi­cato anche le parole della poe­sia che apre «Se que­sto è un uomo» di Primo Levi, usan­dola per tor­nare ad attac­care il pre­si­dente Gior­gio Napo­li­tano il pre­mier Mat­teo Renzi, la sini­stra e il patto Renzi-Berlusconi sulle riforme. Qual­cosa di più e di peg­gio delle solite bat­tute intrise di vol­ga­rità e che evi­den­te­mente il comico geno­vese ritiene diver­tenti per il suoi elet­tori. Al punto da pro­vo­care la rea­zione furiosa della comu­nità ebraica che non esita a defi­nire quella del lea­der del M5S «un’infame pro­vo­ca­zione», «un’oscenità sulla quale non si può tacere» visto che tocca «il valore della memo­ria e del ricordo di milioni di vit­time inno­centi».
Grillo si appro­pria dei versi di Primo Levi per la sua cam­pa­gna elet­to­rale. «Con­si­de­rate se que­sto è un paese che vive nel fango — scrive sul blog — che non cono­sce pace ma mafia, in cui c’è chi lotta per mezzo pane e chi può eva­dere cen­ti­naia di milioni, da gente che muore per un taglio ai suoi diritti civili, alla sanità, al lavoro, alla casa nell’indifferenza dell’informazione». E ancora: «Con­si­de­rate se que­sto è un Paese nato sulle morti di Fal­cone e Bor­sel­lino, dalla trat­ta­tiva Stato-mafia, schiavo della P2, coman­dato da un vec­chio impau­rito dalle sue stesse azioni che ignora la Costi­tu­zione». E poi gli attac­chi alla sini­stra e a Renzi, quando descrive l’Italia come «un paese con­se­gnato da vent’anni a Dell’Utri e a Ber­lu­sconi e ai loro luridi alleati della sini­stra. Un paese che ha eletto come spe­ranza un vol­gare men­ti­tore assurto a lea­der da povero buf­fone di pro­vin­cia».
Quello del fon­da­tore del M5S — che ieri sera a Roma ha chiuso il suo tour — è un salto di qua­lità per certi versi ina­spet­tato. Da tempo Grillo ha infatti alzato il tono dei suoi inter­venti con­tro quelli che con­si­dera suoi avver­sari. Sabato ha para­go­nato Mat­teo Renzi a Mar­cello Dell’Utri, l’ex sena­tore del Pdl fug­gito in Libano, ma ha anche usato una can­zone di Guc­cini per sca­ri­care velo­ce­mente il sin­daco di Parma Fede­rico Piz­za­rotti e soli­da­riz­zato con i seces­sio­ni­sti veneti. Senza con­tare gli insulti ai dis­si­denti, poi cac­ciati dal Movi­mento, o quelli alla pre­si­dente della Camera Laura Bol­drini. Iper­boli ogni volta più accese, dalle quali si intui­sce la scelta di radi­ca­liz­zare sem­pre più il Movi­mento 5 stelle, spe­cial­mente ora che si è libe­rato di buona parte di coloro che pre­fe­ri­scono ragio­nare con la pro­pria testa anzi­ché ade­guarsi ai dik­tat suoi e di Gian­ro­berto Casa­leg­gio. Un M5S con par­la­men­tari ed elet­tori sem­pre più fedeli, ma anche sem­pre più estre­mi­sti nelle loro posi­zioni, pronti a con­di­vi­dere e giu­sti­fi­care tutte le intem­pe­ranze del capo. Tanto più quando, a poco più di un mese dalle ele­zioni euro­pee, i son­daggi sem­brano pre­miare que­sta scelta.
Nono­stante que­sto l’uscita di ieri, con l’oltraggio alla Shoah, è qual­cosa che va oltre le solite intem­pe­ranze ver­bali. E che non poteva non susci­tare rea­zioni indi­gnate. Tra i primi a inter­ve­nire c’è il pre­si­dente dell’Unione comu­nità ebrai­che ita­liane (Ucei) Renzo Gat­te­gna che defi­ni­sce quella di Grillo una «pro­vo­ca­zione» utile a «sol­le­ci­tare i più bassi sen­ti­menti anti­se­miti e caval­care il mal­con­tento popo­lare che si addensa in que­sti tempi di crisi». In serata, per il governo, inter­viene il sot­to­se­gre­ta­rio Gra­ziano Del­rio: «Non c’è nes­suna P2 che abita a Palazzo Chigi — è la replica a Grillo -. La P2 è stata una disgra­zia per que­sto Paese».
Ma cri­ti­che arri­vano anche dai par­titi, dal Pd a Forza Ita­lia. «Il post di Grillo può essere defi­nito sol­tanto in un modo: fasci­smo di stampo nazi­sta», com­menta il pre­si­dente dei sena­tori pd Luigi Zanda, men­tre per la sua col­lega Anna Finoc­chiaro parla di «ner­vo­si­smo cre­scente» del lea­der M5S «di fronte alla sfida elet­to­rale». Parole di con­danna anche da Forza Ita­lia e Scelta civica, ma anche dall’interno del M5S. Il depu­tato Tom­maso Currò, una delle voci cri­ti­che del movi­mento, attacca infatti la scelta del lea­der di usare la Shoah: «E’ una para­frasi che non sta in cielo né in terra — com­menta Currò — , è offen­siva e peral­tro tocca un tema rispetto al quale c’è una sen­si­bi­lità pro­fon­da­mente diffusa».
 
NOI SIAMO RSPONSABILI DELLO SHOAH ?
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“Ogni tempo ha il suo fascismo: se ne notano i segni premonitori dovunque la concentrazione di potere nega al cittadino la possibilità di esprimere ed attuare la sua volontà. A questo si arriva in molti modi, non necessariamente con l’intimidazione poliziesca, ma anche negando o distorcendo l’informazione, inquinando la giustizia, paralizzando la scuola, diffondendo in molti modi sottili la nostalgia per un mondo in cui regnava sovrano l’ordine, ed in cui la sicurezza dei pochi privilegiati riposava sul lavoro forzato e sul silenzio forzato dei molti.“  – Primo Levi
 
Noi siamo responsabili della Shoah? No.
 
I nostri padri lo sono? No.
 
I nostri nonni? Forse, ma i miei no di sicuro.
 
Sono passate tre-quattro generazioni e ancora le comunità ebraiche giocano a farci sentire responsabili per i fatti del nazismo, quando proprio sui loro testi sacri c’è scritto che i figli non possono essere ritenuti responsabili delle colpe dei loro genitori. Figuriamoci per le colpe dei nonni o, 70 anni dopo, dei bisnonni.
 
Al diavolo il politicamente corretto, particolarmente, poi, quando è a senso unico.
 
 
Nota di IxR: Soprattutto quando la Seconda Guerra Mondiale è stata pianificata a tavolino da un pugno di uomini tra cui vi sono diversi Ebrei. A questo proposito, consiglio il libro di Epiphanius: Massoneria e Sette Segrete, la faccia occulta della storia, edito in Italia da Controcorrente.

Ucraina: Rasmussen, a giorni la Nato rafforzera’ le truppe nell’est

mercoledì, 16, aprile, 2014
 La Nato rafforera’ “nel giro di alcuni giorni” le difese (truppe di attacco)  aeree, navali e terrestri nell’Europa orientale, alla luce della crisi in Ucraina: il potenziamento e’ stato annunciato dal segretario generale dell’Alleanza atlantica, Anders Fogh Rasmussen. La Nato, ha spiegato Rasmussen, ritiene che vista l’attuale situazione sia necessario rafforzare la difesa collettiva dell’alleanza, ed e’ quindi stato deciso di schierare “immediatamente” aerei nei cieli orientali, navi nel mar Baltico e nell’Est Mediterraneo, e uomini e mezzi sul terreno dei paesi piu’ esposti.
 
“Pensiamo che a questo punto questi passi militari siano necessari per garantire la difesa collettiva dell’Alleanza – ha osservato il segretario generale – ma detto questo, continuiamo a sperare che le discussioni di domani a Ginevra possano preparare il terreno alla soluzione politica della crisi”. Con questa decisione, ha aggiunto, “siamo in linea con i nostri impegni” e con lo scopo della Nato, quello di “proteggere gli alleati e difenderli da ogni minaccia esterna”. Rasmussen non ha voluto precisare quelli che ha definito “dettagli operativi”, come il numero dei soldati e dei mezzi che saranno schierati, dicendo pero’ che saranno “abbastanza per essere pronti alla difesa o anche a qualche cosa di piu’ se sara’ necessario”. (AGI) .