Guai francesi sulla Torino-Lione: mancano le coperture finanziarie

Le prossime scadenze
Dopo l’approvazione dell’accordo intergovernativo del 30 gennaio 2012 (che ha ricevuto il via libera sia del Parlamento francese a novembre che di quello italiano, lo scorso 9 aprile), la prossima scadenza fondamentale è l’appel à projet, il bando che a settembre l’Unione europea indirizzerà ai 28 Paesi membri per stabilire quali opere di trasporto abbiano i requisiti per ottenere un co-finaziamento al 40% dei costi complessivi. Entro febbraio sarà necessario rispondere a Bruxelles: ma se la Francia non avrà le coperture necessarie, il treno rischia di passare senza che sia possibile per la Torino-Lione salirci sopra.

La preoccupazione
«Italia e Francia, come altre volte, si dimostrano una coppia che danza insieme, ma non con lo stesso passo», denuncia François Lépine, attuale vicepresidente di Transalpine e già presidente di Ltf, la società che si occupa degli studi propedeutici alla Torino-Lione. Questa volta, però, un passo indietro è la Francia. L’Italia, infatti, dopo la necessaria revisione dei progetti (imposta dallo scontro con la popolazione locale) sta finalmente correndo. A dicembre del 2012, il governo Monti, con la legge di stabilità ha stanziato circa 2,9 miliardi per la Torino-Lione, di cui i primi 840 milioni a valere sul triennio 2013-2015 (a corredo della somma di 671,8 milioni già messa a disposizione da Bruxelles) e il resto reso disponibile in tranche di 150 milioni l’anno, nel periodo 2016-2029. Cioè quando sarà necessario iniziare i lavori del tunnel di base.

Al contrario, in Francia, la copertura dei costi pari a circa 2,2 miliardi, avrebbe dovuto essere garantita con i proventi della eco-taxe sui mezzi pesanti, che però è stata sospesa a data da destinarsi e non ancora sostituita. «Attualmente – incalza Lépine – il nostro Governo non sembra avere le idee chiare su dove reperire questi fondi, almeno prima del 2017. Ma terminato l’appel à projet, che potrebbe forse essere seguito da un secondo bando nel 2016, le risorse comunitarie saranno definitivamente esaurite». La questione, già sollevata nel corso di un seminario lo scorso 18 marzo nella capitale francese con Transpadana, sarà al centro di un nuovo incontro, organizzato dell’Ambasciata d’Italia per il 15 maggio a Parigi. «Concordiamo con Tansalpine sulla necessità di accelerare le tappe – aggiunge Bruno Rambaudi, vicepresidente di Transpadana –. Senza dimenticare che, a più lungo raggio, ma non troppo, resta centrale anche il tema del finanziamento delle tratte nazionali, per cui è allo studio la seria e concreta possibilità di dare vita a partenariati pubblico-privati».

Il terzo accordo
C’è poi un secondo scoglio, non meno importante, sul cammino dell’opera. Approvato con molta fatica il secondo trattato del 30 gennaio 2012, le due Nazioni dovranno ancora sottoscrivere – prima di avviare il cantiere – un terzo trattato aggiuntivo, previsto dall’articolo 4 del primo accordo del 2001, che servirà a prendere atto in via definitiva del promotore pubblico e conterrà la certificazione dell’impegno finanziario a carico dei singoli Paesi, a valle del cofinanziamento dell’Europa. Anche in questo caso sarà necessario il via libera dei rispettivi Parlamenti italiano e francese. Un passaggio non scontato visto che, a Roma come a Parigi, ci sono voluti due anni per arrivare al semaforo verde dell’accordo del 2012.

Le idee e la libertà per i pm di Torino sono reato

post — 17 aprile 2014 at 21:16

Schermata 2014-04-17 a 21.15.04La crociata della procura di Torino contro i notav non conosce nè limiti nè soste. Ormai è un fatto personale, quello che incarnano i pm con l’elmetto Padalino e Rinaudo ed ogni giorni cercano fatti, atti, dichiarazioni e sopratutto persone da iscrivere nel registro degli indagati e calendarizzare un bel processo.

Abbiamo notato come l’ Appello: Contro la vendetta di stato, per la giustizia. Con Chiara, Claudio, Mattia e Niccolò, per tutte e tutti noi, abbia dato fastidio a quel mondo variegato che sostiene il tav e la repressione contro i notav e quindi cosa ci dovevamo aspettare se non un atto della magistratura? Ormai è questo il copione, i vari politici o affaristi vari non hanno che da muoversi nei loro recinti di consenso: in parlamento votano leggi blindati e le spacciano per un successo, nella società sbraitano e si muovono, convinti di guadagnare consensi e indebolire il movimento, spalleggiati da forze dell’ordine e magistratura. Politicamente hanno perso da tempo, tecnicamente anche e culturalmente non c’è mai stata partita tra noi e loro.

Quindi ieri è i pm con l’elmetto hanno messo una crocetta su Gianni Vattimo, europarlamentare ,  a giudizio per una visita a un No Tav in carcere, forse il primo caso in Italia. Oggi è toccato ad Erri De Luca, a processo il 5 giugno per le dichiarazioni di appoggio al movimento notav.

Tutto è reato dalle parti della procura di Torino, tutto quello e sopratutto chi si espongono a favore del movimento notav e contro la lobby che vuole il treno ad alta velocità dopo aver arrestato più persone possibili, un’anomalia che trova però linfa vitale in una società come quella torinese sopratutto, attenta a non inimicarsi troppo il potere.

Ha ragione Erri quando dice che è in corso” Una repressione su scala di massa è in corso a opera di un reparto della Procura di Torino che si occupa esclusivamente di reprimere la resistenza della Val Di Susa”, ed ora ne è vittima anche lui, che da sempre non ha avuto paura di manifestare le proprie idee.

Abbiamo sempre più ragione quando diciamo che è in gioco la libertà di tutti noi, la libertà di opporci, di circolare, di manifestare le proprie idee; e che ci dobbiamo attrezzare sempre meglio per riuscire a farlo, ci dobbiamo attrezzare per resistere, nel tempo e forse anche oltre.

Appello: Contro la vendetta di stato, per la giustizia. Con Chiara, Claudio, Mattia e Niccolò, per tutte e tutti noi.

Newspost — 15 aprile 2014 at 14:02

liberi(Agg.18/4) Anche noi saremo a Torino, il 10 maggio, per far sentire la nostra solidarietà a Chiara, Claudio, Mattia e Niccolò.

Chiara, Claudio, Mattia, Niccolò. E’ importante ripetere i nomi, è importante scandirli perché stiamo parlando di quattro vite, quattro esseri umani, quattro attivisti No Tav che dal 9 dicembre 2013 sono imprigionati, sparpagliati tra le carceri di Alessandria, Ferrara e Roma, sottoposti a un regime di alta sicurezza (AS2).

Per noi come per la popolazione della Val di Susa questi prigionieri sono fratelli e sorelle, parte della comunità che da più vent’anni resiste a una «grande opera» inutile e insensata, macchina mafiogena ed ecocida, meccanismo divorasoldi e divoramontagne imposto al territorio con prepotenza, ottusa arroganza e metodi prettamente autoritari.

Per noi prendere posizione è facile, è scontato. Ma anche chi non si è mai informato su questa lotta, e come molti è stato indotto a guardarla con sospetto, dovrebbe allarmarsi per quanto sta accadendo. E’ una vicenda che racconta una storia più grande, che rischia di ingrandirsi ulteriormente e coinvolgere sempre più persone. Tu che leggi, con quale certezza puoi dirti al sicuro? Come dice il motto latino: «de te fabula narratur». Forse questa storia parla già di te.

Chiara, Claudio, Mattia e Niccolò vengono spacciati per terroristi e, a poco più di vent’anni d’età, si trovano a rischiarne trenta di prigione. Il processo inizierà il 22 maggio. Di cosa sono accusati, esattamente?

Sono accusati di aver partecipato a una iniziativa durante la quale venne danneggiato un compressore. Cioè un oggetto inanimato. Una cosa, fatta di metallo e fili.

Quella notte, non un poliziotto né tantomeno un operaio del cantiere TAV furono sfiorati, nemmeno alla lontana.

L’accusa di terrorismo e il regime di alta sorveglianza trovano il loro appiglio nell’art. 270 sexies del codice penale, incartato nove anni fa dentro uno dei tanti «pacchetti sicurezza» propinati a un’opinione pubblica in cerca di facili rassicurazioni. Era il luglio 2005, c’erano stati da poco gli attentati alle metropolitane di Madrid e Londra.

Coincidenza: quello stesso anno il movimento No Tav conseguì la sua più importante vittoria sul campo, bloccando e scongiurando l’apertura del cantiere per il cunicolo geognostico previsto a Venaus. In apparenza non c’entra, e invece c’entra, perché nel 270 sexies si legge (corsivo nostro): «Sono considerate con finalità di terrorismo le condotte che, per la loro natura o contesto, possono arrecare grave danno ad un Paese o ad un’organizzazione internazionale e sono compiute allo scopo di intimidire la popolazione o costringere i poteri pubblici o un’organizzazione internazionale a compiere o astenersi dal compiere un qualsiasi atto […]»

Dato che il movimento No Tav vuole impedire il colossale sperpero del TAV Torino-Lione, ogni iniziativa in tal senso può essere ricondotta a «finalità di terrorismo».

Ecco perché nessuno è al riparo da questa accusa.

Per due PM e un GIP della procura di Torino, Chiara, Claudio, Mattia e Niccolò hanno cercato di «danneggiare l’immagine dell’Italia».

Proprio così, ripetiamolo: «danneggiare l’immagine dell’Italia».

Quale Italia sarebbe stata danneggiata nella sua immagine dai No Tav che stanno per andare a processo?

L’Italia che i poteri costituiti vedono «diffamata» dai No Tav è forse quella della dignità, della solidarietà, della partecipazione democratica? O è piuttosto quella di un certo «sviluppo» che serve solo il malaffare, della simbiosi tra partiti e cosche criminali, degli appalti sospetti, del lavoro con molti ricatti e pochi diritti, dei veleni e del biocidio?

Quella che stiamo descrivendo è solo la punta più avanzata di una strategia che la Procura di Torino ha avviato da tempo. Attivisti accusati di stalking, ambientalisti accusati di procurato allarme, ragazzi accusati di sequestro di persona, sindaci condannati a pagare cifre astronomiche, mesi di galera per la rottura di un sigillo, processi tenuti in aule-bunker…

La pretesa di affrontare un problema politico e tecnico come quello della Torino-Lione attraverso la repressione giudiziaria e poliziesca sta avendo e avrà sempre più conseguenze devastanti. Devastanti non solo per il vivere civile, ma soprattutto per quattro ragazzi che rischiano di passare la loro gioventù in prigione, perché qualcuno ha deciso di schiacciare la resistenza valsusina sotto un tallone di ferro.

Se sottoporre i quattro ragazzi al regime di Alta Sicurezza 2 doveva spezzare loro e far vacillare il movimento no tav, possiamo dire con certezza che non è servito.

Non è servito l’isolamento imposto ben oltre il periodo delle indagini, contro quel che si legge nell’articolo 33 dell’ordinamento penitenziario e nell’art. 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.

Non sono servite la drastica limitazione delle ore d’aria, la censura della posta la riduzione delle visite (permesse solo ai famigliari in senso stretto, quindi non a compagni/e di vita e conviventi).

Non è servita nemmeno la criminalizzazione mediatica.

Da dietro le sbarre, Chiara, Claudio, Mattia e Niccolò hanno spedito lettere mai rassegnate, spesso ironiche, provocatorie, briose. Hanno chiesto per sé più repressione, più isolamento e il divieto di mangiare, hanno chiamato a testimoniare per la difesa «mio cugino che mi vuole tanto bene»… Dulcis in fundo, hanno suggerito di aggiungere Dudù il cagnolino di Berlusconi, alla surreale lista di «parti offese» stilata dai PM.

Lista che oggi include, senza il minimo intento umoristico, la Commissione Europea, il Consiglio dei Ministri, il III Reggimento Alpini di Pinerolo, i carabinieri di Sestriere, la P.S. di Imperia, la Guardia di Finanza di Torino…

Il 10 maggio si va in piazza.

A sostegno delle vere «parti offese».

Per la libertà di Chiara, Claudio, Mattia e Niccolò, e per la libertà di tutti.

Per l’aria, l’acqua, il suolo e la salute pubblica della Val di Susa, dell’Italia e del pianeta.

Contro l’oscena accusa di terrorismo.

A Torino, alle 14, in Piazza Adriano.

Noi ci saremo.

Primi firmatari: Marco Aime (antropologo e scrittore) – Paolo Cacciari (giornalista) – Pino Cacucci (scrittore) – Massimo Carlotto (scrittore) – Giulietto Chiesa (Giornalista) – Girolamo De Michele (scrittore) – Valerio Evangelisti (scrittore) – Sabina Guzzanti (attrice e regista) – Loredana Lipperini (giornalista, conduttrice di Fahrenheit) – Valerio Mastandrea (attore e regista) – Maso Notarianni (giornalista-Peace Reporter) – Alberto Prunetti (scrittore) – Serge Quadruppani (scrittore) – Edoardo Salzano (Urbanista) – Vauro Senesi (editorialista e vignettista) – Cecilia Strada (presidente Emergency) – Guido Viale (economista) – Wu Ming (collettivo di scrittori) – Zerocalcare (fumettista)

Per aderire all’appello scrivere indicando nome e cognome a appello10maggio@gmail.com

Le adesioni sono in aggiornamento:
Ascanio Celestini (attore) – Alberto Airola (portavoce al Senato del M5S) – Alberto Giovanni Biuso (docente universitario) – Gian Paolo Serino (critico letterario) – Raphael Zanotti (giornalista) – Marco Scibona (senatore M5S) – Liliana Gualandi (giudice onorario al tribunale dei minori di Milano) – Andrea Fumagalli (economista) – Claudio Calia (fumettista) – Ugo Mattei (giurista) – Peter Freeman (giornalista e regista) – Andrea Doi (giornalista) – Cristina Morini (saggista e scrittrice) – Domenico Finiguerra (campagna Stop al consumo del territorio) – Walter Ferrari (docente universitario di Storia, scrittore) – Vito Crimi (senatore M5S) – Marco Philopat (scrittore) – Nicola Morra (senatore M5S) – Maksim Cristan (scrittore) – Daria Spada (cantante lirica) – Mariano Tomatis (illusionista e scrittore) – Paolo Sollier (allenatore e scrittore) – Alessandro (Bibi) Bozzato (regista e documentarista) – Agenzia X (casa editrice) – Slavina (scrittrice e performer) – Société Ethnobotaniqua Alpine, Moncenisio – Tania Preste (storica) – Enrico Rennella (Ricercatore CNRS) – Maurizio Pagliasotti (giornalista) – Lionello Gioberto (sindaco) – Ugo Lucignano (Direttivo provinciale CGIL) – Elena Emilia Cicorella (scenografa) – Margherita Fina (musicista) – Sandro Moiso (scrittore) – Milvia Comastri – Roberto Gastaldo – Alfredo Simone (giornalista) – Ettore Luzi (Ricercatore UNIFI) – Fiammetta Benati – Paolo dalla Zonca (produttore radiofonico) – Simone Garino (musicista) – Florian Mucci – Silvia Grinzato (sindacalista CGIL) – Lisa Rigotti – Roberto Dosio (medico) – Michele Di Filippo – Daniele Contardo (musicista) – Tullio Florio (impiegato) – Daniele Verdolini – Ada Rota (docente università di Torino) – Niccolò Busatta – Associazione FabioNews – Liliana Piattone – Mimmo Stolfi (giornalista) – Davide Garetto – Alessandro Saulini – Giacomo Ortona – Piero Leodi (redattore) – Silvano Raise – Francesco Molinari (avvocato) – Ilaria Cesarino – Camilla Zenobi (operatrice telefonica) – Francesca Pellegrino – Franco Cometa – Giorgio Bianco – Paola Arioli – Fabio Luca – Gianfranca Fois – Ferruccio Rizzi (amministratore pubblico, pensionato) – Gisella Arioli – Giulio Nassini – Manuel Messina (avvocato) – Massimiliano Martelli (PRC di Latina) – Maria Luisa Loche – Claudio Durandetto – Nathalie Molin – Roberta Cicorella (impiegata) – Enrica Noseda – Antonio Granieri (architetto) – Chiara Tasselli – Azienda Agricola “Lou Rampar”, Torre Pellice – Comunità Forestale della Costa, Torre Pellice – Jacopo Rothenaisler – Giuseppe Titone (pensionato) – Patrizia Ravera – Luigi Chiarella (attore, drammaturgo) – Graziella Teti – Paolo Miletto – Donella Clarotti – Spaliviero Gian Paolo (scrittore e disoccupato) – Luigi Antonozzi – Alessio Calvitti – Nicola Romana – Giovanni Iaderosa (medico) – Sara Staffieri – Paolo Cirelli – Paola Lucarelli – Linda Confalonieri (performer) – Laura Colonna (performer) – Luigi Petronella – Mira Mondo – Nicoletta Maldini (libraia) – Silvio Panatta – Francesca Frigeri – Giulia Gadaleta (bibliotecaria) – Valentina Pasquale – Simone Scaffidi Lallaro – Roberto Visentin – Bruno Carpani – Roberto Solari (ANPI Mirano) – Tiziana Quirico – Nadia Crepaldi – Viviana Colla – Mario Guanziroli – Nicola Bertasi – Melina Caudo – Francesco Russo (funzionario pubblico precario) – Cristiana Rita – Consuelo Possenti – Salvatore Giaconia (artista) – Davide Morra – Anna Balderi – Fausto Gianelli (avvocato) – Stefano Bonino – Luca Leoni – Livia Grossi – Elisa Tenconi – Rosanna Zanella (traduttrice) – Simona Sorrentino – Stefania Di Campli – Rosa Mordenti – Maurizio Colognola – Agnese Baini – Massimo Galeazzo – Stefano Assogna – Gabriele Mainetti – Alba Bus (impiegata) – Alfredo Moretti (formatore) – Dora Esposito – Marco Fiorencis – 99 POSSE –

Gustavo Esteva Figueroa (Universidad de la Tierra, Messico) – Monica Mazzitelli (scrittrice e regista) – Fabrizio Lorusso (giornalista) – First Line Press – Osservatorio sulla Repressione – Collettivo Senza Slot Pavia – Elena Giuliani (comitato Piazza Carlo Giuliani) – Italo Di Sabato – Lorenzo Armando (editore) – Maurizio Vito (University of Arizona) – Gilberto Calzolari (medico) – Carlo Zucchetti – Paolo Voltolini (Università di Ottawa) – Eugenio Losco (avvocato) – Circolo “Comandante Muro” ANPI Piacenza – Franco Pezzini (saggista) – Arnaldo Reviglio (consigliere comunale Avigliana, capogruppo Avigliana Città Aperta) – Gianluca De Angelis (ricercatore) – Fulvio Grimaldi (giornalista) – Sandra Paganini (insegnante) – Alessandro Peregalli – Liliana Omegna – Marta Finotti (legalteamitalia) – Tamara Bartolini (attrice) – Anna Patrizia Patrignani – Luca Demicheli (musicista) – Luca Filisetti – Lucietta Bellomo (segreteria provinciale PRC Biella) – Stefano Girard (candidato M5S elezioni europee) – Marta Tondo – Vincenzo Bolognese (musicista) – Federico Milano (avvocato) – Francesco Giuseppe Conti – Fabrizio Salmoni (giornalista) – Lucia Tartaglia (operaia) – Cristiana Spinoni – Renato Sibille (teatrante) – Danilo Rossi (musicista) – Fausto Renado (delegato CUB) – Liliana Sacchi – Mario Cena (metalmeccanico) – Marco Bon – Rosanna Carpentieri – Rosa Maria Colognola – Michelangelo Lanza – Greta Del Fabbro – Paolo Sammuri – TG Vallesusa – Federico Repetto – Cristina Claro – Sara Bianchi – Pietro Deandrea – Franco Favro (pensionato) – Martino Coppola (geometra) – Maurella Bianco – Giulia Franchi (land compaigner Re:Common) – Elena Gerebizza – Antonio Tricarico – Oliviero Matta – Sonia Marzullo – Elena Bondi – Tancredi Tarantino – Carlo Dojmi di Delupis (grafico) – Diego Gullotta – Davide Gastaldo – Anna Grassini – Nadia Bagni – Marco Arturi (Fiom) – Anna Lucia Tomelleri – Gemma Romano – Luca Carboni (graphic designer) – Claudio Sbrago – Alberto Agliotti – Clara Vajthò (animatrice e poeta) – Cristina Campanerut – Barbara Ombrella – Andrea Ullo (set painter) – Giorgio Moro – Ludovico Cassetta – Enrica Paccoi – Alessandra Pavanello – Ignazio De Simone (musicista) – Roberta Dalpasso (impiegata) – Martina Pagliucoli – Luca Piercecchi (traduttore) – Veronica Siracusano Raffa – David Biagioni – Francesco Talanti (studente, lavoratore) – Alessandra Spillabotte – Tiziano Berardi (musicista) – Luca Ardemagni – Francesco Cecchini (scrittore) – Leonella Basiglini – Alessandro Bastasi – Antonello Martelli – Chiara Marzocchi – Alessandro Tagariello (docente) – Mario Bertea (USB Comune di Torino) – Tiziana Liguori – Andrea Rapini – Michela Damasco – Ingrid Anastasia Pedrazzini (laureanda in filosofia) – Marco Barone (blogger, attivista) – Sara Boschi – Livia Vittoria Claudia Brambilla – Paolo Bazzicalupo – Paola Di Paolo – Marcello Cavalieri (impiegato) – Luca Casarotti (collaboratore di Carmilla) – Daniela Maldera (operatore culturale) – Mariella Meo – Renato Rocci – Pierluigi Richetto – Gino Folletti – Fiorenza Bettini (attivista del Forum dei Movimenti per l’Acqua) – Nataniela Piccoli – Michaela Uccelli – Francesca Maratia – Francesca Pesce – Martina Grifoni – Fabio Urbinati – Raffaella Formato – Matteo Urbinati – Francesco Urbinati – Vladimiro Lionello – Caterina Greco – Claudia Pavan (assistente alla regia) – Paolo Ranucci – Mariagrazia Tesse – Beatrice Zuccaro – Salvatore Talia – Lorenzo Mancuso – Gaia Capogna – Daniela Pantaloni (ex insegnante di diritto) – Roberto Colarullo (ex insegnante di diritto) – Christian Nasi – Lisa Bonnet – Barbara Parracino

No Tav Tour 2014 – Colpevoli di resistere

post — 17 aprile 2014 at 20:25

Pubblichiamo alcune date che come notav faremo in giro per l’Italia per presentare la campagna Colpevoli di resistere e la manifestazione del 10 maggio

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Lettera di Niccolò dal carcere

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Questa mattina nel corridoio della sezione, prima di scendere all’aria, ho visto dalla finestra dei detenuti che giocavano nel campo da calcio, che si sgranchivano le gambe accarezzati da un bel venticello. Porca vacca quanto avrei voluto stare in mezzo a loro. Dalla cella li sento ancora esultare ad ogni goal e mi godrei almeno la partita dagli spalti se non avessi questo cavolo di plexiglass opaco davanti alla finestra… so che questo è uno dei particolari che ha fatto più scalpore di questa Alta Sicurezza.
Anche se con tutti gli altri detenuti non ci possiamo incontrare, se molti abbassano la testa quando per sbaglio li incrociamo mentre siamo diretti alla sala avvocati, se ci vedono come degli alieni e le uniche cose che sanno di noi gliele dicono le guardie o le infamità dei giornali, so che molti di loro condividono quello stesso formicolio alle gambe che ci prende appena alzati e si quieta solo con la sera.
Qui dentro vivo una doppia tensione: da un lato la calma, lo spirito disteso con cui affrontare le giornate e attutire le eventuali brutte notizie che mi strizzano sempre più (una lettera censurata, delle domandine completamente ignorate, ecc…), dall’altro mi sento scalpitare, penso se sia possibile prendersi degli spicchi di spazio in più per decongestionarsi o semplicemente per vivere più umanamente.
Un mio amico rinchiuso ad Ivrea una volta mi ha scritto “alla fine sono tutti carceri, non c’è uno meglio dell’altro” e, ripensando alla mia permanenza alle Vallette, non ha tutti i torti. Questa cosa in un certo senso mi rinvigorisce perché anche se io sono in un regime separato, vuol dire che alla base abbiamo gli stessi bisogni. Ad esempio, qui la socialità si fa in corridoio sotto le telecamere con le celle chiuse, ma sarebbe molto importante mangiare assieme, tra le cazzate di uno e le risa dell’altro; in un’altra sezione vorranno le celle aperte tutto il giorno, qualcuno il sopravvitto meno caro, qualcun altro vorrà usare di più la palestra (se ce n’è una) e qualcuno vorrà semplicemente tutto… ecco che ritorna costantemente quel formicolio.
Una volta gli scienziati della politica ci tenevano a dire che i detenuti erano tutti uguali e trattati come tali, adesso dicono che ognuno è diverso dall’altro e che può essere migliore e usufruire di vari benefici. In questa scaletta a chiocciola dove ogni detenuto si avvita sulle ginocchia nel tentativo di raggiungere l’ultimo gradino, io penso che gli estremi si tocchino: da un lato quelli in regime speciale, con più restrizioni e molti occhi addosso, dall’altro i più comuni tra i comuni, quelli buttati nei giudiziari stracolmi di gente che non se li caga nessuno.
Per noi è la legge stessa a dire che non possiamo godere di alcun permesso o privilegio, qualsiasi cambiamento della condizione di vita qua dentro sarebbe troppo “pericoloso”. Per gli altri è la macina della galera, incessante e monotona, che semplicemente guarda le infinite richieste e passa avanti. Molti di loro vengono da contesti di strada e non hanno un sostegno fuori, altri sono addirittura una grossa spesa per le proprie famiglie già in difficoltà.
Anche i Tribunali in realtà non fanno una gran differenza. Certo, su di noi spendono tante parole e un mucchio di udienze perché il reato fa audience con quella parolina magica appioppata sopra: “terrorismo”. Ma cosa dire di tutti quelli che si possono permettere solo un avvocato d’ufficio, che a volte manco si presenta alla convalida oppure suggerisce solo di patteggiare, causando così delle condanne pesantissime?
Entrambi veniamo usati per dare l’esempio in modo tale che si diffonda a tutti i livelli e mantenga quel grado di soggezione costante verso la diffusione della ribellione e di una illegalità sempre più legata alla sopravvivenza quotidiana. “Venire usato” , forse è questa la sensazione più forte che respiri quando entri nel circolo della giustizia, dalla questura (anzi dalla volante che ti porta via in manette), alla cella.
Anche quando parlano di “svuotare le carceri” per i politici è tutta una questione di calcoli e giochetti economici, per cui il punto non è solo chi far uscire e chi tenere, ma anche chi far entrare di nuovo. Ad esempio: hanno abolito la Fini-Giovanardi sulle droghe, per cui è come dire che oltre a far uscire detenuti dovrebbero guardare con un altro occhio il reato di spaccio, tuttavia è fresca la notizia di due maxi retate come non si vedevano da un po’ in un quartiere di Torino per arrestare piccoli spacciatori e clandestini. San Salvario era una zona popolare e adesso vogliono metterla a nuovo per metterci della gente che sia in grado di sostenere una vita medio alta, così da arricchire i proprietari di case, supermercati, ecc.. a discapito dei vecchi abitanti impoveriti e allontanati. Io non dico che lo spaccio sia buono o cattivo, non mi interessa, ma di sicuro quei ragazzi sono l’ultima ruota del carro, lavorano in strada, non si possono permettere un affitto oppure, come un mio amico anche lui arrestato in grande stile, sono costretti a lavorare, a scaricare bancali 8/10 ore al giorno per 20/30 euro, e nemmeno tutti i giorni. Nei suoi occhi e in quelli di molti ragazzi come lui che ho rivisto anche in galera, è come se si leggesse una semplice domanda “aspettare… cosa?! … perché?!”. Allora si arrabbiano e agiscono con vigore ma impulsivamente, spesso vengono puniti o messi in isolamento e imparano sulla loro pelle l’urgenza di trovare un po’ di complici, di comunicare, di unirsi.
Va detto che noi, arrestati per la lotta NO TAV, siamo un po’ viziati dal sostegno, dall’affetto e dalla solidarietà , non solo degli amici più vicini, ma di una marea di persone diverse e variegate che grida per la nostra libertà, rispedisce al mittente questa repressione continuando a creare svariati problemi.
Dirò, però, che la cosa più forte è questo sentimento di venire coinvolti: in galera tutto si gioca sulla ripetizione, sulla percezione che nulla possa essere diverso, come fuori dal tempo e dallo spazio, ma questa, per quanto maledettamente efficace, è un’illusione. Quelle persone là fuori mi aiutano a spezzare l’incantesimo perché mi raccontano di come cambia il loro mondo, soprattutto di come sono loro stessi a modificarlo. Le cose vanno avanti e non per questo devo starci male, meglio gioire e soffrire assieme che cercare di rimanere in una bolla e sperare che tutto passi nel modo più indolore. La galera ti segna, ti solca come uno scalpello sottile e imperterrito, soprattutto quando non te ne accorgi e pensi di stare in pace perché hai preso le distanze da tutto e da tutti.
Sta tornando l’idea e la sensazione, parlando con molti, che la miseria qua dentro, privati di tutto, non sia così diversa da quella fuori; ma c’è chi ragiona, giorno per giorno e con tutti i rischi che corre, su come poter usare al meglio il tempo libero che gli rimane tra le mani – anche perché ha perso il lavoro e non entra più in un negozio, non va più al cinema, a stento si ritrova al bar per permettersi un caffè – per cercare altri come lui e non dipendere più dalle regole del gioco. Io penso a tutti loro e mi dico: “Dovrò pur fare la mia parte, fosse anche solo un modo per resistere e uscirne a testa alta, davanti ai “fratelli” di oggi e di domani.

Niccolò, Casa Circondariale di Alessandria, 2 aprile 2014