TAV: le bugie hanno le gambe corte parola del Sole24Ore

La lettura di un articolo sul Tav pubblicato dal giornale di Confindustria offre lo spunto per alcune riflessioni

 di Davide Amerio 

Mentre lo Stato Italiano per opera dei sui ministri (Alfano e Lupi) si prodiga per creare la figura del perfetto terrorista NoTav, figura mitologica necessaria per coprire continuamente un progetto fallimentare sul piano economico e funzionale, la verità finisce per sgusciare come un pesce dalle mani di chi vorrebbe annegarla sotto terra.

 

La lettura dell’articolo pubblicato dal Sole24Ore –Guai francesi sulla Torino-Lione: mancano le coperture finanziarie– offre degli spunti di riflessione interessanti e dalla lettura scaturiscono quelle verità asserite dal mondo No Tav e perentoriamente negate da chi è favorevole all’opera.

Oggetto dell’articolo è il rischio che la Francia arrivi in ritardo nel finanziare i cantieri per la parte di sua competenza e in tal caso potrebbe compromettere la disponibilità della quota di finanziamenti europei tanto agognata dai governi dei due versanti.

Ma si leggono alcune affermazioni interessanti:

A lanciare l’allarme, dall’altro lato della frontiera, è Transalpine, il comitato che – al pari del nostro Comitato Transpadana – riunisce tutti i soggetti a vario titolo coinvolti e interessati a fare lobby per sostenere l’alta velocità. Secondo Transalpine uno dei problemi è che in Francia, a differenza che in Italia, la Torino-Lione non è una priorità di cui si dibatte a livello nazionale.

Si parla di “lobby costruite per sostenere l’alta velocità” e che che la Torino-Lione non è una priorità per la Francia: tesi queste sostenute caldamente dal movimento No Tav e documentate anche dal nostro giornale.

[…]a prossima scadenza fondamentale è l’appel à projet, il bando che a settembre l’Unione europea indirizzerà ai 28 Paesi membri per stabilire quali opere di trasporto abbiano i requisiti per ottenere un co-finaziamento al 40% dei costi complessivi.

Qui si confermano altre due tesi sostenute dai No Tav: l’Unione Europea deve ancora decidere se finanziare o meno la tratta (diversamente da quanto sostenuto da più parti che danno per scontato il contributo europeo arrivando a dire che l’opera ci costerà pochissimo perché finanziata dall’UE) e che la quota di co-finanziamento è il 40% dei costi complessivi (idem come prima precisando che il valore in percentuale è da intendersi come “fino al…” e non “il...” come precisato dal M5S in Parlamento).

[…] e il resto reso disponibile in tranche di 150 milioni l’anno, nel periodo 2016-2029. Cioè quando sarà necessario iniziare i lavori del tunnel di base.

Quindi i lavori inizieranno presumibilmente nel 2016 fino al 2029 per il solo tunnel di base… e il resto della linea? Si conferma il fatto che il contributo UE riguarda il solo tratto transfrontaliero e il resto è a carico dei rispettivi paesi.

«Attualmente – incalza Lépine – il nostro Governo non sembra avere le idee chiare su dove reperire questi fondi, almeno prima del 2017. Ma terminato l’appel à projet, che potrebbe forse essere seguito da un secondo bando nel 2016, le risorse comunitarie saranno definitivamente esaurite»

Chiaramente si evince che la Francia, per la quale la Tav Torino-Lione non è assolutamente strategica, al contrario di quanto affermato dai nostri politici per i quali la tratta è “strategica” per l’Europa tutta (il famoso corridoio 5 inesistente), potrebbe compromettere tutto il progetto per mancanza di fondi; fatto che non stupisce chi ha letto anche solo parzialmente la relazione finale del Comitato 21 nella quale si definivano le priorità per i trasporti pubblici ferroviari della Francia.

C’è poi un secondo scoglio, non meno importante, sul cammino dell’opera. Approvato con molta fatica il secondo trattato del 30 gennaio 2012, le due Nazioni dovranno ancora sottoscrivere – prima di avviare il cantiere – un terzo trattato aggiuntivo […]

Tirando le somme: il governo italiano dopo aver ceduto, in nome dell’opera assolutamente necessaria, parte della sovranità a LTF per quanto riguarda la giurisdizione dei cantieri Tav in Val di Susa; dopo aver ignorato le conseguenze dei pericoli dei lavori di costruzione di questa Alta Velocità che sono valsi (al momento) 19 condanne per disastro ambientale nel Mugello e che in Val di Susa rischiano di produrre danni ben peggiori; dopo aver perseguitato con ogni mezzo e Procura della Repubblica il popolo No Tav … rischia di trovarsi con il cerino in mano.

Verrebbe quasi da ridere non fosse che questi campioni di incompetenza e ottusità usano i nostri soldi.

D.A. 20.04.14

Giuria popolare sotto scorta?! Ecco come si crea il mostro #notav

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 Giuria popolare sotto scorta?! Ecco come si crea il mostro #notav

Sembra che non riescano a inventarsi una nuova strategia.

Il rimando continuo agli anni di piombo sa già di vecchio, sono mesi che lo ripetono come un mantra.
Per rafforzare questa paranoica ossessione, dal punto di vista dell’immagine, ecco inziare il maxi processo ai 54 no tav (in cui il reato più grave contestato è resistenza a pubblico ufficiale) in aula bunker alle Vallette. L’aula blindata dei processi ai terroristi.

Ci avviciniamo al processo dei 4 no tav accusati di “attentato con finalità terroristiche, atto di terrorismo con ordigni micidiali ed esplosivi, oltre che detenzione di armi da guerra e danneggiamenti” per aver forse danneggiato un compressore.
Ci avviciniamo a date importanti:  il 10 maggio ci sarà la manifestazione “COLPEVOLI DI RESISTERE” in sostegno agli arrestati e contro l’aggressione repressiva e giudiziaria della procura di Torino, il 22 maggio l’inizio del processo.

Assistiamo allo slittamento dell’udienza, che inzialmente doveva tenersi il 14 maggio, per colpa di una partita di calcio dell’Europa League (?!), poi, provvidenziale, avviene il pestaggio dell’autista del pm Rinaudo (subito addebitato ai no tav), pochi giorni dopo giungono dei proiettili a dei noti SìTAV in campagna elettorale e oggi, a rinvigorire questa accelerazione della macchina del fango, giunge la notizia che al processo dei 4 no tav la giuria popolare sarà messa sotto scorta.

Il clima che media e procura stanno cercando di costruire è proprio da anni di piombo.
Tentano di risvegliare nell’opinione pubblica lo spettro di quegli anni e le paure ad esso collegate.
Stanno giocando sporco sulla pelle di quattro ragazzi pocopiù che ventenni, vogliono colpire pesante per provare a sconfiggere un movimento come il nostro, che ha sempre più seguito e simpatie, per spaventare tutte le realtà in lotta in Italia.

Per fortuna abbiamo capito il loro obiettivo, ormai non si premurano nemmeno più di celarlo.

Stanno giocando con un giocattolo rotto, all’opinione pubblica, grazie all’impegno e alle iniziative di tanti comitati e cittadini in tutta Italia e grazie all’appello di professori, artisti, attori, intellettuali, scrittori il messaggio veritiero stà arrivando.

Il 10 maggio saremo in piazza e non saremo soli, così come non lo saranno Chiara, Niccolò, Claudio, Mattia.

La Francia non ha i soldi per la Torino-Lione? Notizia italiana. In Francia nessuno ne parla

Il «Sole24Ore» riporta le inquietudini di Transalpine sulla mancanza di fondi francesi per la realizzazione dell’accesso francese. Interesse nazionale in Italia, ma in nessun quotidiano francese compare la notizia.

 François Lépine
di Massimo Bonato

Pasquale Cafiero scrive ieri sul blog di Beppe Grillo “I francesi sono così interessati alla tratta Tav Torino-Lione che manco i soldi hanno stanziato”. È tra i primi a commentare l’articolo uscito sul «Sole24Ore» che riporta le preoccupazioni di François Lépine. Vicepresidente di Transalpine, inquieto sul reperimento di fondi necessari alla Francia per portarsi in pari all’Italia e insieme accedere al tanto bramato 40% di copertura Ue per il tunnel transalpino.

Ma nella notizia, a noi sembra che la notizia sia un’altra, e l’ironia di Pasquale Cafiero va ben oltre alla semplice boutade.

In Francia, della notizia, non c’è traccia. La Francia non ha ancora trovato i fondi per il tanto agognato Tunnel ma per i francesi non è affatto una notizia. La notizia è del tutto italiana.

Che il «Sole24Ore» raccolga le istanze di François Lépine è del tutto lecito; che tragga le sue rimostranze dal sito di Transalpine non indica altro che attenzione giornalistica, e il pubblico italiano non può che esserne grato. Ma sorge spontanea la curiosità: perché Transalpine e non «Le Monde»? «Le Figaro»? «Le Parisien»? «Liberation»? «L’Humanité»? «La Tribune»? «La Croix»? Se è una questione economica di tale rilievo da occupare tempo di giornalista e lettori tra le colonne di un quotidiano come il «Sole24Ore», sicuramente «Les Echos» ne avrà parlato, persino prima e più diffusamente. Ma niente.

In Francia l’unico a preoccuparsi dei fondi che alla Francia mancano per il tunnel della  Lyon-Turin (o Torino-Lione che dir si voglia) pare proprio François Lépine, a scriverne soltanto il sito di Transalpine.

Ora, è evidente che il 68% di francesi di cui Transalpine  vanta interesse e favore per l’affaire Torino-Lione (senza riportare la fonte di tale dato peraltro) non sa nulla delle ragioni che tolgono il sonno a Lépine.

Dunque in Francia nessuno parla della cosa, nessuno ne sa niente.

In Italia le risposte però non si fanno attendere, e subito Mario Virano – commissario di governo per la Torino-Lione e presidente italiano della Cig – placa le preoccupazioni francesi (francesi?) dichiarando allo stesso «Sole24Ore» («la Repubblica»)  che una soluzione dovrebbe provenire dalla Bei (Banca europea per gli investimenti), spiegando le ragioni delle preoccupazioni, i tagli che la Francia deve attuare per rientrare nei parametri di Maastricht, concludendo che “sulla Torino-Lione c’è un impegno diretto da parte di Hollande. Ed è questo che conta”. In Italia quindi, politica ed economia francese, quando si tratta di Torino-Lione interessano, e interessano parecchio. In Francia no.

Del resto è vero, la gestione economica del Paese è molto diversa: in Italia i finanziamenti vengono raffazzonati da tagli imposti e previsti, le leggi che dovrebbero normare l’una cosa vengono commiste ad altre, distanti nei temi e nei contenuti. La Francia è più affine alla Svizzera in questo: a necessità di fondi risponde con una tassa particolare.

Ed era tassa di cui Fraçois Lépine lamentava la sospensione in gennaio dalle colonne de «Le Parisien» al quale spiegava le ragioni della sua inquietudine: “La partecipazione dell’Unione europea è subordinata alla capacità di entrambi gli Stati di finanziare questo tunnel. Francia e Italia hanno pochi mesi dopo la fine del 2014 per fornire elementi del loro piano di finanziamento. In caso contrario, Bruxelles cambierà le sue priorità e questo tunnel nascerebbe morto. Oggi c’è un’urgenza. Francia e Italia sono in un imbuto. Non hanno spazio fiscale. Un dispositivo come ad esempio la tassa ambientale non può essere attuato, almeno nel breve termine. I due stati sono condannati alla fantasia finanziaria”. Gennaio. Gli articoli che sui quotidiani francesi trattano della Torino-Lione arrivano al massimo a metà marzo e trattano di cronaca, non di economia.

Intanto anche la eco-taxe di cui parla Lépine è stata sospesa.

Intanto gli oppositori crescono, domandandosi come quel 68% di interessati alla Torino-Lione vantato da Transalpine possa poi tradursi nell’8% dei viaggiatori totali, reali utilizzatori delle linee ad alta velocità. Si chiedono come si possa credere al trasferimento delle merci su rotaia, quando proprio il ministro dei Trasporti francese è orientato alla stessa politica italiana che vuole il raddoppiamento del Frejus autostradale. Ma si interrogano anche su dati ormai comprovati, ripercorrendo tratte, costi, rendimenti; come quelli che descrivono la linea che da Bordeaux porta in Spagna, costata 32 milioni di euro a chilometro, per 26.428 passeggeri a chilometro/anno, ovvero il costo più alto mai sostenuto in Francia per il più basso rendimento ottenuto.

Il 12 marzo scorso poi la France Nature Environnement (FNE) e la Fédération Rhône-Alpes de protection de la nature ( FRAPNA ) hanno presentato un ricorso contro la dichiarazione di pubblica utilità (DUP), firmato lo scorso agosto che consentiva la realizzazione di via di accesso al tunnel franco-italiano del collegamento ferroviario Torino-Lione (actu-environnement) .

Tirando le somme: che sia François Lépine a preoccuparsi per i fondi non stupisce. Stupisce ancor meno che la sua inquietudine trapeli dalle pagine di Transalpine. Del resto François Lépine è vicepresidente di Transalpine ed è stato presidente di Ltf, e Transalpine, omologo francese della Transpadana italiana, raccoglie gli attori economici e politici coinvolti nell’opera, non opinion makers o variegata svogliata pubblica opinione: attori che hanno lì i loro capitali, attori interessati a che l’opera proceda, e pure velocemente. Attorno però, il deserto mediatico.

Potrà sempre l’Italia prestare i soldi alla Francia, magari. Ma magari, anche, far sapere ai francesi che cosa accade a casa loro, perché a ben vedere, Lépine interessa più agli italiani che ai suoi compatrioti.

M.B. 20.04.14

Beppe Scienza a Susa: il risparmio tradito

Il professore racconta la storia del risparmio gestito e della previdenza in Italia; le verità scomode che non vengono raccontate dalla stampa di regime

 di Davide Amerio                                                                                          

Mercoledì 16 Aprile il Movimento 5 Stelle di Susa ha organizzato un incontro con il Prof. Beppe Scienza presso il salone Rosaz in Susa.

Davanti ad un pubblico attento il professore, già docente di Matematica presso l’Università di Torino, ha snocciolato i risultati dei suoi studi quarantennali che hanno messo sotto esame la gestione del risparmio e della previdenza in Italia.

 

 Scienza è autore di libri che raccolgono le analisi da lui realizzate durante la sua carriera tra questi: “Il risparmio tradito“, “La pensione tradita” e “Fondi, polizze e Parmalat. Chi è peggio?“.

Come ampiamente documentato nei suoi libri egli ha illustrato ampi esempi della pubblicistica specializzata che sulle testate principali (Sole 24 ore, Il Mondo, La Stampa, Corriere, Repubblica) ha fornito informazioni fuorvianti e di parte sui dati e sulle prospettive del risparmio e della previdenza.

I conflitti di interessi sono sempre stati all’ordine del giorno; l’esperto di turno (spacciato come tale) è quasi sempre un responsabile di qualche fondo che ha interessi specifici nel consigliare i risparmiatori nel rivolgersi ai fondi gestiti.

Se sommiamo i valori economici persi con i numerosi crack finanziari che si sono succeduti negli ultimi decenni (Parmalat, Cirio, Argentina…) raggiungiamo la ragguardevole cifra di oltre 12 mld di euro. Soldi bruciati, spariti che hanno potuto essere recuperati solo in minima parte da parte dei risparmiatori dopo difficili battaglie giudiziarie.

Sono anni che banche, assicurazioni, governi, stampa, consigliano di rivolgersi ad esperti per gestire il proprio risparmio indirizzandosi alle così dette forme di “risparmio gestito”: fondi comuni, polizze assicurative, fondi pensione, gestioni patrimoniali e altro.

Ma questa “industria” del risparmio è affidabile? I dati dicono di no. Ogni hanno costoro perdono (e quindi fanno perdere ai sottoscrittori) una cifra che va dai 20 ai 26 mld di euro.

Una volta, racconta Beppe Scienza, il problema con chi gestiva il denaro altrui era che potesse scappare con “la cassa”. Oggi le leggi impediscono questo tipo di fuga ma hanno autorizzato (e legalizzato) una “tosatura” dei patrimoni tramite commissioni fisse del 2%. Non c’è più bisogno di scappare… ogni anno questi gestori hanno a propria disposizione una cifra fissa prelevata dai patrimoni dei clienti al di là dei risultati ottenuti.

Ma non è tutto. Manca assolutamente la trasparenza su come e dove vengono impiegati i soldi dei sottoscrittori. Anche qui nel rapporto tra banche e assicurazioni e fondi i conflitti di interesse non mancano. I clienti non hanno diritto di sapere quali titoli e a che prezzo vengono acquistati e successivamente rivenduti. I reali margini di guadagno (e perdita) sono tenuti nascosti e i clienti possono solo conoscere i risultati che fornisce il gestore. Fino al 1990 questi erano costretti almeno a comunicare il prezzo medio dei titoli negoziati ma ora non più.

Per quanto riguarda il discorso del TFR (trattamento dei fine rapporto) ciò che è accaduto con i governi (e relativi ministri economici) succedutesi nel tempo (Tremonti, Maroni, Prodi), sotto la spinta dei sindacati (unici veramente interessanti a far confluire i TFR nei fondi pensione da loro co-gestiti) e la complicità della stampa ( che terrorizzava letteralmente il pubblico minacciando povertà per coloro che non avessero sottoscritto un fondo pensione) ha superato ogni limite di decenza ma tutti quanti sono stati puniti dai cittadini che in maggioranza hanno snobbato l’adesione ai fondi privati.

Qui la registrazione integrale della serata.

D.A. 18.04.14

Elezioni in Valle. L’intrigo di Condove

Una lista che si definisce No Tav ma vicina alle posizioni di Ferrentino e insieme al Pd si è materializzata a Condove con l’unica prospettiva di togliere voti a Veggio. Incoscienza o impostura? Prc ci casca e si assume una grande responsabilità.

di Fabrizio Salmoni

 Le cose si stanno gradatamente mettendo in ordine per quel che riguarda le elezioni amministrative in Val Susa: le conferme di Plano a Susa, Casel a Bussoleno e la new re-entry di Joannas a Chiomonte parlano un linguaggio No Tav abbastanza chiaro almeno per quanto riguarda i centri nevralgici della resistenza all’opera. Rimane ancora qualche nebulosa per S.Antonino dove pare che i 5 Stelle appoggino la lista Favro Bertrandomentre il nodo cruciale di Condove è il più critico. Non tanto per la lista Buongiorno Condove di Alberto Veggio i cui contorni sono chiari e definiti, anche sulle alleanze (pieno appoggio dei 5 Stelle), quanto per la presenza della cosiddetta Lista Sarti che dichiara di qualificarsi come lista No Tav, una contraddizione magnificata dalla sua stessa esistenza e anche dall’identità dei promotori. Perchè? Per decodificare la situazione bisogna fare riferimento al passato prossimo: l’assemblea popolare del 22 Febbraio a Bussoleno vedeva i rappresentanti di tutte le componenti del Movimento promettere dal palco di impegnarsi per l’unità delle liste civiche No Tav, “per vincere ovunque…superando le questioni personali e le differenze politiche“. Significativamente Sel era assente “per impegni” mentre era presente e particolarmente accorato Ezio Locatelli, segretario provinciale di Prc. Solo un paio di settimane ed ecco comparire dal nulla questa Emanuela Sarti con la sua proposta di lista “No Tav”. Un personaggio noto in Valle la Sarti: era Assessore alla Montagna nella giunta DeBernardi nel 2009 quando la coraggiosa sindaca si sfilò insieme ad altri colleghi dall’Osservatorio di Virano. Occorreva solidarietà e solidità ma a quel punto, la componente più legata a Ferrentino e prossima al Pd si sfilava e lasciava la De Bernardi sola in una sorta di immobilità amministrativa che sarebbe durata quasi un anno favorendo la successiva (e conseguente) affermazione per qualche decina di voti del centrodestra. La Sarti diede le dimissioni dalla giunta per protestare contro l’abbandono dell’Osservatorio da posizioni vicine a quelle di Ferrentino. Con Condove governata dal centrodestra la Sarti approdava al M5S iscrivendosi al blog di Grillo e dandosi disponibile come osservatore di lista per ben due volte – come ricorda Francesca Frediani (candidata regionale dei 5S) – conducendo qualche polemica di disturbo da posizione interna alle liste degli iscritti.

Con l’avvio dell’attuale campagna elettorale, la Sarti lascia senza apparente motivo il M5S, arruola il Pd Suppo, un Pd ortodosso, segretario di zona e membro dell’Assemblea Nazionale del Partito, e vara la sua lista. Il Prc è indeciso: vuole una presenza visibile di comunisti. Sonda Veggio chiedendogli due posti in lista e riceve un cortese rifiuto a nome della coesione di un gruppo che si è distinto in questi anni per il lavoro politico collettivo contro il Tav e ricordando l’assenza di Prc. A questo punto i Comunisti si offendono e si trasferiscono armi e bagagli con la Sarti che i posti in lista glieli dà subito. Locatelli, da noi interpellato, giustifica la scelta dicendo che anche la lista Sarti è No Tav ma si ripropone di verificare. A tutt’oggi però niente sembra essere cambiato. L’interrogativo che si pone l’osservatore è banale: come fa a essere No Tav una lista promossa da un personaggio ambiguo come la Sarti, che in sintonia con Ferrentino ha accettato l’Osservatorio, che ha contribuito a neutralizzare la giunta No Tav DeBernardi e che, dopo un intermezzo 5S non pervenuto ora si allea senza esitazioni con il Pd?

L’opinione corrente è che la lista Sarti sia un’operazione ispirata dal Pd di Chiamparino, che ha appena messo in lista regionale Ferrentino come suo proconsole in Val Susa per ostacolare l’affermazione delle liste civiche No Tav, nel caso di Condove per togliere voti alla lista Veggio e favorire il centrodestra, minore dei mali (che tuttavia sembra presentarsi diviso alle elezioni). Niente da stupirsi, pura dottrina Chiamparino da sempre: con chiunque per fermare i No Tav e all’inferno le differenze e i valori!

E Prc ci è cascata in pieno, accecata da rancori personali e dalla necessità di sentirsi viva senza rendersi conto del disastro di immagine a cui si espone per il futuro visto che comunque la lista Sarti non sembra avere prospettive se non quella di togliere voti a Veggio. Se Veggio dovesse perdere per pochi voti, Prc avrebbe chiuso definitivamente in una Valle già diffidente nei suoi confronti per la partecipazione alla giunta Chiamparino al Comune di Torino ai tempi del “decalogo” Prodi. In questa situazione non resta che chiedersi se la lista Sarti sia frutto di incoscienza o di provocazione politica. Veggio si dice moderatamente preoccupato perchè “il lavoro di questi anni garantisce un risultato positivo e il sostegno dei 5 Stelle che a Condove sono andati oltre il 40% nel 2010 rafforza la fiducia” ma stigmatizza negativamente l’operato della Sarti “Se non vincessimo per pochi voti sarebbe anche colpa loro“. “E poi – continua Veggio – non basta dirsi No Tav, bisogna dimostrarlo e la Sarti semmai ha sempre dimostrato il contrario“. Anche l’opinione di Barbara De Bernardi, una che aveva 19 pagine di buone ragioni contro il Tav nel suo programma di governo di Condove, è netta: “A Condove c’è una lista No Tav di troppo e quella di Veggio c’era già prima…Non c’è ragione di averne due e l’esempio da seguire era quello di altre situazioni come per esempio a Susa dove, malgrado maldi pancia e posizioni differenti, c’è chi si è tirato indietro per non creare confusione e portare a buon fine la battaglia contro il Tav“. C’è quindi da sperare che i cittadini di Condove vedano il trucco e lo annullino. C’è ancora tempo per un chiarimento? Sembra di no, la consegna delle liste è fra meno di una settimana poi non si torna più indietro.(F.S. 19.4.2014)

Ingiunzione di Bruxelles alla Francia per l’aeroporto di Nantes, Notre-Dame-des-Landes

Arriva una lettera da Bruxelles al governo francese. Violazione delle norme comunitarie nella valutazione di impatto ambientale.

di Massimo Bonato

Una delle spine nel fianco del governo francese è certo l’aeroporto di Notre-Dames-des-Landes. Ad avvelenare le riunioni parlamentari è giunta mercoledì una lettera di diffida alle autorità francesi da Bruxelles, “il primo passo di una procedura d’infrazione”.

Ne parlano in questi giorni le testate francesi, da «Le Monde» a «Le Figaro», da «Liberation» a «Le Point», «Les Echos», benché il primo a trattare il tema, poco prima che Agence France Presse battesse la notizia è stato il quotidiano «Presse Océan», il quale rivela come Bruxelles si interroghi sull’“assenza di alcune valutazioni di impatto ambientale, che devono in particolare includere i possibili effetti significativi sull’ambiente, compresi gli effetti secondari e cumulativi”. La Commissione europea ha cioè criticato le autorità francesi imputando loro di aver violato la legge, omettendo di valutare l’impatto ambientale nel progetto dell’aeroporto tanto contestato. Il primo passo della procedura di infrazione per il mancato rispetto delle norme comunitarie: la direttiva 2001/42/CE infatti impone agli Stati membri di presentare una Valutazione Ambientale Strategica (VAS) di piani e programmi che definiscono il quadro di riferimento per la costruzione di un aeroporto. Ora la Francia ha due mesi per rispondere.

Sembra una buona notizia per gli oppositori del futuro aeroporto, la cui realizzazione è gestita dalla Vinci Airports. Nonostante il successo del loro evento il 22 febbraio, gli occupanti della ZAD, una zona a pianificazione differenziata divenuta zona da difendere, e i loro sostenitori (ambientalisti, anticapitalisti, agricoltori) temevano che il lavoro avrebbe avuto presto inizio, non avendo sortito effetto i molti ricorsi giudiziari presentati.

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Si tratta quindi di una valutazione che “deve essere completata prima che il programma venga adottato” dichiara a «Le Monde» Jo Hennon, portavoce del commissario europeo ambiente. Anche perché il progetto è stato varato prima delle sentenze emesse nel dicembre 2013 sul “diritto all’acqua” e sulle “specie protette”, cosa che non impedirebbe, senza le dovute attenzioni, di mettere mano ai lavori pur senza adeguarsi alle normative europee in fatto ambientale. Una svista che si protraeva dal febbraio dello stesso anno però, quando fu ancora una volta Bruxelles a chiedere al governo francese di fornire informazioni sul rispetto delle normative europee su Notre-Dame-des-Landes, compresa la valutazione dell’impatto del progetto sull’ambiente.

Sereni si dicono alla prefettura della Loire-Atlantique, che per voce di  Mickaël Doré, sottoprefetto incaricato del caso di Notre-Dame-des-Landes ha fatto sapere di “prendere atto” della decisione di Bruxelles, e di volere “una breve formalizzazione dei punti che restano da affrontare” nel quadro di un “dialogo che abbiamo con la Commissione europea da diversi mesi”.

Sarà. Intanto, alla notizia,  l’eurodeputato dei Verdi Yannick Jadot twitta: “L’apertura della procedura europea costituisce una prima vittoria della legge sulla megalomania”.

M.B. 19.04.14

Dalla Francia niente soldi per il TAV #notav

http://www.beppegrillo.it/2014/04/dalla_francia_niente_soldi_per_il_tav_notav.html

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 “I francesi sono cosi’ interessati alla tratta TAV Torino-Lione che manco i soldi hanno stanziato: “Se l’Italia, infatti, dal 2012, ha assicurato le coperture finanziarie per sostenere i costi a suo carico della tratta internazionale del Tav, non altrettanto è stato fatto Oltralpe. Al punto che, il Governo Hollande, in piena crisi economica, rischia di arrivare all’appuntamento stabilito dall’Europa per la distribuzione dei cofinanziamenti alle reti di trasporto senza essere in regola con la propria quota di risorse.” Quella che per noi è l’unica opera pubblica importante a livello nazionale, sulla quale si dibatte da anni, è in Francia un progetto di interesse infimo, visto che il governo Hollande è impegnato a fronteggiare ben altre problematiche. Invece noi, ormai medicea famiglia di anfitrioni e mecenati del nulla, ci permettiamo di sperperare denaro per inutili opere faraoniche per poi venderci per 80 euro.”

Cafiero Pasquale

Giulietto Chiesa: con i no tav ventenni che rischiano trent’anni

Anch’io sarò a Torino il 10 maggio in solidarietà con Chiara, Claudio, Mattia e Niccolò. Ma non solo per solidarietà nei loro confronti.

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Mi viene in mente quello che scrisse – in altri tempi ma non meno gravi di quelli di oggi – Piero Gobetti: “quando la verità sta tutta da una parte, una posizione salomonica è altamente tendenziosa”. Dove sta la tendenziosità di qualunque silenzio in materia?
Nella abnorme sproporzione del “contesto”.

Le vite di quattro giovani poco più che ventenni rischiano di essere distrutte da un’accusa che vale trent’anni di carcere. Cos’hanno fatto? Hanno partecipato ad un’azione politica in cui è stato danneggiato un compressore. Per questo è caduta su di loro l’accusa di terrorismo.

Io non sono un giurista, ma quell’accusa di terrorismo è stata formulata in base a una legge approvata da un Parlamento illegittimo, e con un testo costruito sulla base di sofismi ridicoli, nei quali si parla di “poteri pubblici” come di vittime impotenti contro la violenza di singoli.

L’altra accusa è quella di avere cercato di “danneggiare l’immagine dell’Italia”. Non sono un giurista, ma qui il “contesto” diventa lancinante come una ferita. Viviamo in un paese dove la classe dirigente, da decenni, si è appropriata degli strumenti democratici a suo vantaggio; dove ladri e corrotti spadroneggiano; dove l’ingiustizia è prodotta dalle leggi scritte da ladri e corrotti; che dunque, per definizione, consentono a ladri e corrotti di scamparla sempre.

Penso, ad esempio – ma è solo un piccolo esempio, quasi insignificante nella sua mostruosità – alla sentenza che ha assolto Claudio Scajola per la casa pagata per due terzi a sua insaputa dal costruttore Diego Anemone (lui colpevole, ma salvo per prescrizione: vedete come funzionano le leggi in Italia?)

Il contesto è quello di banchieri che distruggono ricchezza, sottraggono ricchezza producendo miseria per i molti, che muoiono e soffrono in carne ed ossa. Ma se ne escono salvi, mai in galera, raramente ai domiciliari, comunque indenni, mentre quattro giovani che hanno danneggiato un compressore sono in galera dal 9 dicembre 2013,sottoposti a un regime di alta sicurezza,costretti in isolamento per un periodo che è andato ben oltre la durata delle indagini, con la censura della posta, la riduzione delle visite, la limitazione delle ore d’aria.

E’ qui che il “contesto” diventa insopportabile e mi costringe a dichiararmi dalla loro parte, anche contro i “diritti” del compressore.

So bene che il magistrato è tenuto all’applicazione della legge. Ma, applicandola, è tenuto anch’egli a tenere conto del “contesto”.

Mettere nella lista delle “parti offese” la Commissione Europea, il Consiglio dei ministri – organismi da tempo ormai privi di ogni legittimazione democratica, che hanno preso, sulla materia che ha mosso le gesta di Chiara, Claudio, Mattia e Niccolò, decisioni insensate e dannose per i singoli e la collettività – equivale a considerare accettabile e normale, cioè legittimo, un “contesto criminale”.

Per questo andrò a Torino: per difendere me stesso e i nostri figli. Tacere senza protestare per l’applicazione di leggi ingiuste scritte per prolungare ed estendere l’ingiustizia, significa lesionare il futuro democratico dell’Italia.

#12A: Polizia violenta, Alfano e Pecoraro fanno quadrato

Venerdì 18 Aprile 2014 21:11
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Difesa corporativa del ministro degli Interni e del Prefetto di Roma dopo i pestaggi del #12A

Dopo le polemiche e i video dei pestaggi di manifestanti a terra da parte di agenti di polizia il 12 aprile, arrivano gli sfoghi e le apologie del ministro degli Interni Angelino Alfano e del prefetto di Roma Giuseppe Pecoraro. Il capo del Viminale: “Vieto i cortei e proporrei il numero identificativo per i manifestanti”. Il prefetto: “Le vere vittime sono i poliziotti”. Di Sabato: “Disegno neo-autoritario”.

 Hanno taciuto per sei giorni, pressati dal polverone sollevato dai media e corredato di video e immagini sulla condotta di alcuni agenti di polizia durante la manifestazione del movimento per la casa il 12 aprile nella capitale.

Oggi, invece, il ministro degli Interni Angelino Alfano e il prefetto di Roma Giuseppe Pecorarosono tornati sul tema con veemenza, facendo quadrato attorno alle forze dell’ordine e spendendosi in apologie dal sapore corporativo.

Parlando dell’agente che ha calpestato una ragazza a terra, definito un “cretino” dallo stesso capo della Polizia Alessandro Pansa, il prefetto di Roma ha invece minimizzato, parlando di un “comportamento inspiegabile” adottato “forse per dare una mano ai suoi colleghi” e dettato da “frenesia e frustrazione”.
Una difesa che, nelle parole di Pecoraro, diventa ancora più esplicita quando parla di tutto il personale impiegato per la gestione dell’ordine pubblico. Nell’intervista rilasciata a “La Repubblica”, infatti, il prefetto dipinge come vittime i poliziotti e non i manifestanti da essi pestati.

Ancora più forti le parole del ministro degli Interni Angelino Alfano, che in uno sfogo mostra cosa pensa realmente della libertà di manifestare. “È inaccettabile che il centro storico di Roma sia sottoposto a rischio di saccheggio ogni due o tre mesi – sbotta Alfano – Non vorremmo che ci costringessero a vietare in queste manifestazioni l’accesso al centro storico“.
Secondo il titolare del Viminale “la polizia è un corpo sano” che difende le città italiane “dai saccheggiatori” ed è quindi “inaccettabile che finisca sotto accusa”.

E ancora: “sono insopportabili gli attacchi alla polizia da parte dei giornali che mostrano solo le foto contro i poliziotti”.
Quanto al numero identificativo per gli agenti, Alfano spara sicuro: “Sono contrario. Se questi sono i manifestanti, io il numero identificativo lo metterei a loro… vengano loro alla manifestazione con il numero identificativo”.

Per Italo Di Sabato dell’Osservatorio contro la repressione, le parole di Alfano e di Pecoraro sono l’espressione ben ponderata di un “disegno neoautoritario e repressivo“. Un disegno secondo cui “una vetrina vale di più della dignità di una persona”.
Il messaggio lanciato, sostiene Di Sabato, è che “se non hai una casa o un lavoro non è colpa di chi specula e sfrutta per fare profitto, ma è colpa tua che sei un reietto ed uno sfigato”.
Per questo, secondo Di Sabato, dobbiamo aspettarci che la repressione continui, visto che il governo e il potere la utilizza per difendere i propri privilegi e annullare il dissenso.

Sulla condotta del poliziotto che, secondo il prefetto di Roma, avrebbe agito per frenesia e frustrazione, per il portavoce dell’Osservatorio contro la repressione c’è un problema di formazione delle forze dell’ordine che non comincia certo oggi.
“Ormai nella polizia non si recluta più per concorso ma per titoli ed esperienze in scenari di guerra. La formazione non prevede la gestione e la prevenzione degli scontri di piazza, ma il modello è quello degli stadi e, appunto, degli scenari di guerra”.

Ascolta l’intervista ad Italo Di Sabato a Radio Città Fujiko Bologna

da Radio Città Fujiko

  Pubblicato in METROPOLI

LETTERA APERTA ALLA PROCURA DI TORINO

 I familiari di Chiara, Niccolò, Mattia e Claudio scrivono una lettera aperta alla Procura di Torino
Leggiamo, da un’intervista a La Stampa, che il dottor Andrea Padalino ha messo in collegamento l’aggressione a un dipendente del ministero della Giustizia con il processo che si aprirà il 22 maggio contro i nostri cari.
Siamo esterrefatti.
Ci domandiamo come il dottor Padalino, che da quel che riporta il giornale non è nemmeno titolare delle indagini, possa fare simili affermazioni a indagini ancora da espletare. Come possa tranquillamente parlare dell’attività dell’ufficio su fascicoli che non gli appartengono.
Ci domandiamo (ma è domanda retorica) a che pro citare un processo, che lo vedrà impegnato come pubblica accusa, con il rischio di influenzare la giuria – prima ancora che il dibattimento abbia inizio – tentando di associare aggressioni e violenze ai quattro imputati.
Anzi, a dirla tutta ci domandiamo anche a che titolo rilasci interviste ai giornali (ma come lui anche il suo collega Antonio Rinaudo) visto che è noto che i rapporti con la stampa sono riservati al procuratore (in questo caso il facente funzioni Sandro Ausiello che correttamente non esterna su indagini appena avviate).
Ci domandiamo infine se non sia il caso che i vertici dell’ufficio contengano i due magistrati mediaticamente sovraesposti – che ricercano in modo attivo questa sovraesposizione – con il risultato di provocare un innalzamento costante della tensione. Chiediamo che cessino comportamenti che mal si conciliano con le caratteristiche di imparzialità e indipendenza costitutive della figura del magistrato e che possono ledere i diritti alla difesa e al giusto processo. In mancanza ci vedremo costretti a rivolgerci al Csm.
I familiari di
Chiara, Niccolò, Mattia e Claudio