L’8 MARZO DI MEDEA

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DOMENICA 9 MARZO 2014

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Strappo qualche minuto all’urgenza del montaggio del nuovo docufilm. Mi ha preso un’altra urgenza. Irresistibile quanto la marcia di scarponi chiodati su corpi di donne che, simultaneamente, vengono compiante e celebrate dagli stessi marciatori.

La cosa che più colpisce, ma che rivela la realtà delle cose, è quest’otto marzo all’insegna di ipocrisia, infingardaggine, inganno e turpitudine. Emblematico di tutto questo è stato il trattamento, nei media di “sinistra”, della serie di assassinii successi proprio nei giorni del massacro delle mimose recise (rimarchevole eccezione l’articolo di Annamaria Ravera sul “manifesto” dell’8 marzo). Tg e giornali grondavano dolore e indignazione per le tre donne uccise dai rispettivi conniventi. E siamo d’accordo, pur turandoci il naso dal fetore di tartufismo e opportunismo. Silenzio totale negli stessi giorni, tranne un fugace e asettico accenno in ore tv e radio infrequentabili, sull’altrettanto, e forse più, efferato assassinio a Cesano Maderno del padre e marito, a coltellate dalla moglie e a martellate dalla figlia. Mentre del tutto sepolti da ignavia e cattiva coscienza rimanevano il figlio di 11 anni ucciso dalla madre con una forbice a Cosenza, le tre bambine di 3, 10 e 13 anni sgozzate dalla madre a Lecco, l’altro ragazzino di 11 anni, sempre nel cosentino, cui la madre ha tagliato la gola. Qui non si tratta di pari e patta. Qui si tratta di deontologia.

Ci si potrebbe chiedere come mai una stampa, intrisa di sadomasochismo e dedita agli orgasmi da cronaca nera (pensate ai plastici del rivoltante Vespa), non abbia valutato gli effetti che sulla sua credibilità potevano avere l’abbagliante evidenza dei due pesi e due misure. Ma forse ci fa caso solo qualche maniacale “complottista” che medita sulle tattiche imperial-neoliberiste di frantumazione dei tessuti sociali. Del resto, chi ha mai visto dalle nostre parti gli occhiuti affabulatori di statistiche sfornare un dato sugli infantici e omicidi delle donne. E tanto meno sul maternalismo, origine di un paternalismo a sua volta generatore di maternalismo, in un circolo chiuso che è il paradigma di base del capitalismo  con il suo ordinamento gerarchico e di sfruttamento?

Il vampirismo sulle donne di un sovrano quirinalizio, che sfrutta la drammatica ricorrenza per liberare la propria ossessione anti-Cinque Stelle, inveendo contro “le ingiurie e offese” alla virago che ha posto alla presidenza della Camera. Lo strepitìo “femminista” del coro dei Renzi, Alfano, sciacquette berlusconiane delle pari opportunità di poltrona, parlamento e governo tutti (salvo M5S), media unipartisan, che si nascondono tra le sottane ginocratiche mentre non hanno niente da dire o da fare sul 70% di medici obiettori di coscienza contro l’aborto, su una tirannia economica  che riconduce le donne alla schiavitù del focolare e dell’irrilevanza politico-sociale, su guerre, sanzioni, terrorismo prodotti dall’imperialismo e dai suoi sicari mercenari. Fenomeni che, nella prima fila dei genocidi, vedono disfatte donne e bambine. Genocidi coperti da pali mediatici delle rapine a mano armata nazi-alqaidiste, oggi in corso in Ucraina, Venezuela, Siria e mezzo mondo, tipo le illustri inviate del TG3 a New York, Kiev o Sebastopoli.

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Il mondo giusto per cui lottano coloro di cui mi sto occupando nel film, donne e uomini dei No Tav, No Muos, No a tutte le infamie che vengono perpetrate in primissima linea contro le generatrici di vita e di pace, saprebbe bene dove collocare le sue proteste, la sua ripugnanza, le sue lotte. In una Siria dei due milioni di rifugiati e delle decine di migliaia di uccisi (dove è la statistica sulla percentuale di donne?) nel quadro di spopolamento e saccheggio affidato a subumani alqaidisti. In un’Ucraina dove i massacratori nazisti, arruolati e diretti da uomini come Obama e da donne come Hillary Clinton e Victoria Nuland (“Vaffanculo UE” che  ti turbi davanti al connubio Grandi Democrazie-tagliagole hitleriani), assegnano le donne al ruolo di tessitrici di zattere per i naufraghi dei “mercati”.

 E qui ci si augurerebbe un po’ più di dinamismo di Putin nei confronti della salvaguardia delle donne russe dell’Est ucraino, almeno quanto sta facendo per quelle della Crimea, visto che si sa che fine faranno una volta che gli oligarchi designati dai nazi di Kiev le avranno inserite in mattatoi come lemaquiladoras di modello messicano. E’ lì che i grandi sostenitori dei diritti umani, nostri padrini, padroni e alleati, coltivano, con particolare accanimento, i diritti umani delle donne. E  vorrebbero restaurarli anche in Venezuela, dove le solite bande di lanzichenecchi imperiali dovrebbero riportare al 58% i poveri assoluti (di cui due terzi donne) che la rivoluzione bolivariana ha ridotto al 9,7%, ristabilendo le giuste misure del divario antropologico tra donne e uomini. Ne avete sentito far menzione l’8 marzo delle sinistre alla mimosa e delle destre pariopportuniste? Il meglio di uno Stato consustanziale con la mafia, mafia della cui visione del ruolo delle donne ci si può fidare.

Nel frattempo il biscazziere al top e il cucciolo mannaro ci stanno allestendo una legge elettorale (si fa per dire) che fa sembrare le manette ai polsi dei carcerati braccialetti di violacciocche e che consegnerà donne mute e disperse al meglio della più machista organizzazione sociale che si sia vista dai tempi dei campi di cotone.e delle risaie. Abbiamo avuto la donna fascista, austera fattrice e focolarina. Visto che il fascismo ha subito un’evoluzione tanto tecnologica quanto etica ed estetica, oggi abbiamo, ai piedi del sovrano plaudente, i mille fiori fioriti dalle pari opportunità: l’olgettina, la portatrice di chiappe televisive, l’esimia veterana attaccata coi denti allo scranno, la pifferaia delle aule cattoliche, la direttrice della voce del padrone armonizzata con quella di Rodotà, e qualche ex-operaia che è passata ai lavori socialmente utili, distribuendo 600 euro tra marito disoccupato, figli da istruire, anziano da assistere e un saltimbanco da Grand Guignol da guardare per qualche attimo in Tv.

Buon dopo-8 marzo.

L’8 MARZO DI MEDEAultima modifica: 2014-03-09T21:32:30+01:00da davi-luciano
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