Il gas del Mar Nero nei contratti dell’Eni

Il Cane a sei zampe annusa con crescente preoccupazione i venti di guerra che soffiano in Crimea. Per comprenderne la ragione va fatto un passo indietro nel tempo, al 27 novembre 2013, quando l’Eni ha firmato a Kiev con il governo ucraino, rappresentato dall’allora ministro dell’Energia Eduard Stavytsky, alla presenza del defenestrato presidente Viktor Yanukovich, un Production Sharing Agreement (Psa) per l’esplorazione e lo sviluppo di un’area situata nelle acque del Mar Nero ucraino. L’area dal potenziale significativo – informava un comunicato – si estende su circa 1400 chilometri quadrati nelle acque al largo della Crimea orientale, e include la licenza Subbotina, dove è stata fatta l’omonima scoperta di petrolio, e le licenze Abiha, Mayachna e Kavkazka, conosciute complessivamente come Pry Kerch block, dove sono state individuate diverse strutture potenzialmente mineralizzate di petrolio e gas.

Eni è operatore, con una partecipazione del 50%, di una joint venture composta anche da EdF (5%) e dalle aziende di Stato Vody Ukrainy (35%) e Chornomornaftogaz (10%), interamente controllate rispettivamente da Njsc Nadra Ukrainy e Njsc Naftogaz Ucraina. L’esperienza di Eni – puntualizzava ancora la nota – nella esplorazione, sviluppo e produzione in bacini analoghi e la sua vasta competenza nell’impiego delle tecnologie necessarie allo sviluppo di attività offshore, combinate con la competenza apportata dai partner ucraini, rappresentano una combinazione eccellente per il successo del progetto.

Il progetto sul Mar Nero, che fa seguito agli accordi di collaborazione stabiliti nel 2011 con le società di Stato, rafforza in modo significativo la presenza di Eni in Ucraina, dove la società è presente dal 2011 nelle licenze Zagoryanska e Pokroskoe situate nel bacino Dniepr-Donetz. Nel 2012, Eni ha acquisito una quota di partecipazione del 50,01% e l’operatorship in LLC Westgasinvest, società che attualmente detiene i diritti di nove aree a gas non convenzionale nel bacino di Lviv, in Ucraina occidentale, per un totale di circa 3.800 chilometri quadrati. Il bacino del Lviv è considerato una delle aree a più elevato potenziale d’Europa per l’esplorazione di gas non convenzionale. «Sto facendo fare un’analisi sullo scenario peggiore possibile, non ho ancorai risultati ma mi sembra che non ci dovrebbe essere crisi del gas neppure di fronte allo scenario peggiore, cioè che non transiti neppure un metro cubo di gas», prova a rassicurare l’ad di Eni, Paolo Scaroni, in merito agli ultimi eventi in Ucraina. «Non ci sarebbero problemi di approvvigionamento del gas fino all’estate», aggiunge Scaroni. Ma il condizionale è quanto mai d’obbligo così come la finestra temporale di sicurezza indicata dall’ad del Cane a sei zampe.

D’altro canto non sono meno cospicui e di valenza strategica, gli interessi italiani negli idrocarburi russi e nei gasdotti che passano attraverso ilMar Nero. Basti pensare che nello sviluppo del progetto South Stream l’Eni è in prima fila insieme alla russa Gazprom, ai francesi di EdF e ai tedeschi di Wintershall. Eguale discorso si può fare per il Blue Stream che unisce Eni e Gazprom nella joint-venture «Blue Stream Pipeline BV».
Resta il fatto che tutto il gas in arrivo in Italia dalla Russia transita dall’Ucraina e si teme che l’instabilità politica nel Paese, sul baratro di una guerra civile, possa avere effetti imprevedibili sulla gestione dei gasdotti. In particolare, un’Ucraina sempre più indebitata potrebbe cercare di fare pressione sulla Russia per avere sconti sulle proprie forniture, minacciando di chiudere i rubinetti verso l’Europa.

IMPRESE TRICOLORE. L’Italia è il secondo partner commerciale dell’Ucraina, il primo importatore nell’Europa Occidentale. Oltre al settore energetico, i maggiori investimenti italiani sono nel campo assicurativo- finanziario, nel settore della trasformazione alimentare, in quello delle ceramiche, legno, tessile e calzature. Solo a titolo indicativo, tra le maggiori aziende italiane presenti in Ucraina nel comparto banche e servizi finanziari si possono citare Unicredit, Intesa Sanpaolo e Generali, nel settore degli impianti produttivi, invece, Fashion Group, Guala Closures, Campari e Buzzi Unicem. Tra le società che hanno commesse pubbliche/private in corso si trovano Danieli (realizzazione di una acciaieria chiavi in mano a Dnipropetrovsk), Todini e Salini Costruttori (costruzione di due tratti dell’autostrada Kiev-Chop) e Saipem (installazione di impianti per l’estrazione di idrocarburi). Infine, tra i maggiori uffici commerciali ci sono quelli di Iveco, New Holland, Indesit, Marazzi, Manuli Alitalia e Eni, mentre commercializzano, tramite reti di aziende ucraine importatrici, i marchi dell’automobile (Fiat, Maserati e Ferrari), della motoristica (Ducati), della moda italiana e dell’arredamento. Presente, inoltre, in base ad accordi di franchising con partners locali, il gruppo Benetton.

Umberto de Giovannangeli
Fonte: http://www.unita.it/
2.03.2014

Il gas del Mar Nero nei contratti dell’Eniultima modifica: 2014-03-04T08:48:01+01:00da davi-luciano
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