BofA: via le banconote da 500 euro, servono per il riciclaggio

 10 aprile 2013

 NEW YORK – Le banconote da 500 euro andrebbero abolite, per ragioni economiche e di lotta al crimine. Sono così ricercate che gli spagnoli ormai le hanno ribattezzate Bin Laden, tutti sanno che esistono ma nessuno le ha mai viste per usi legittimi. E adesso un influente analista di Bank of America Merrill Lynch sostiene che la Banca centrale europea dovrebbe ritirarle del tutto dal mercato: in questo modo riuscirebbe anche a indebolire la moneta e ad aiutare il rilancio dell’economia dell’Eurozona.

 Secondo l’analista la banconota – il taglio più grande in circolazione nelle 10 maggiori economie al mondo – corre oggi il rischio di essere utilizzata anzitutto dalle mafie per spostare e riciclare denaro in modo semplice e veloce. Prova di questo è arrivata dall’inglese Serious Organized Crime Agency (Soca), organismo che gestisce i mandati internazionali d’arresto: il 90% dei 500 euro sarebbe in mano alla criminalità organizzata o a evasori fiscali.

 Athanasios Vamvakidis, forex strategist di Bank of America ed ex funzionario del Fondo Monetario Internazionale, ha illustrato la sua tesi in un rapporto scritto. E l’ha poi difesa in interviste televisive: parlando alla rete Tv Cnbc ha proposto di utilizzare i proventi dell’eventuale abolizione del taglio da 500 euro per ricapitalizzare le banche europee.

La cancellazione della banconota dovrebbe essere facilitata dal fatto che “dalla crisi dell’Eurozona abbiamo assistito a un declino nella domanda, che suggerisce un calo nella domanda dell’euro come valuta di riserva”, ha detto l’esperto alla Cnbc. Una ricerca della stessa Bce ammette che al momento solo un terzo delle banconote di questo taglio in circolazione viene speso per transazioni trasparenti.

 Per ora, tuttavia, sembra che il consiglio di Bank of America non sarà facilmente seguito dalla Bce: l’anno scorso il presidente Mario Draghi, in una lettera al Parlamento europeo ricordata dal Wall Street Journal, aveva sostenuto che l’Eurotower non aveva alcuna intenzione di ritirare i 500 euro. Aveva anzi aggiunto che questi tagli svolgono un importante ruolo quale riserva.

 

http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2013-04-10/banconote-500-euro-181728.shtml?uuid=AbRW42lH

Ennesima Bomba Alimentare: Mangeremo Carne Contaminata dalle Alfatossine?

Mercoledì,  Aprile 10th/ 2013

 – di Rosario Giglio e Sergio Basile –

 Alfatossine, Scandali alimentari, Italia, Usa, Unione europea, Roma, Bruxelles, Washington, OGM, Profeti del Liberismo, Jim Morrison, Dicastero della Salute, Mondialismo, Teorie Malthusiane, Mais seminato nei campi, mais cancerogeno, Amedeo Pietri, Manuel Barroso, Barack Obama, Rolando Manfredini, Coldiretti, OGM, riduzione della poplazione mondiale, Estrogeni, ormoni, Rosario Giglio, Sergio Basile

 Ue – Ennesima Bomba Alimentare:

 Mangeremo Carne contaminata

 dalle alfatossine?

 Non solo estrogeni, ormoni, cortisone, OGM:

 ora spuntano anche le Alfatossine

 Il mais italianocontaminato potrebbe essere

 usato come cibo per gli animali da carne

 di Rosario Giglio e Sergio Basile

 Le Conseguenze delle Menzogne dei Profeti del Liberismo

 Roma, Bruxelles, Washington – Ormai i tumori sono all’ordine del giorno, e colpiscono indiscriminatamente cittadini di ogni fascia di età. Il paradosso è totale: lavoriamo per guadagnare – tra mille fatiche e crisi indotte, tassazioni da record del mondo ed assenza di diritti e tutele economiche e sociali – quel tanto che basta per sopravvivere e per sfamarci. O meglio per alimentarci con cibi intrisi di veleni, OGM e sostanze cancerogene. Insoma, lavoriamo in una asfissiante gabbia sociale, per ammalarci e auto-levarci di mezzo il più presto possibile. Questo signori, è il progresso del terzo millennio dettato – per lo più – dalle cosiddette “Democrazie Occidentali”! Benvenuti! Detta “in soldoni”, questa non è altro che  l’amara e semplice realtà dei fatti in questo grottesco baraccone liberista chiamato “Unione Europea“.

   Popolazione Mondiale e “Politiche Mondialiste”

 Ma – a questo punto ci chiediamo – saranno forse vere le teorie mondiaiste che auspicherebbero e perseguirebbero accanitamente da decenni (se non secoli – vedi teorie malthusiane) l’obiettivo di una drastica e repentina riduzione della popolazione mondiale fino ad un massimo di 1 miliardo di individui? O forse sarebbe meglio dire…di “esemplari”. Voi che dite? Tuttavia, una questione ci appare inoppugnabile: come stiamo constatando di settimana in settimana, tra l’assordante silenzio dei media ufficiali (che anziché parlare di scie chimiche ed OGM, o veleni dell’acqua potabile, preferiscono parlare dell’estinzione del “gatto rosso della malesia“, o del “topo giallo del Madagascar“: si fa per dire)  le novità in campo alimentare e “salutistico” sono all’ordine del giorno. Ecco l’ultima! < /span>

  Mais Cancerogeno! – Buon Appetito!

 A metà 2012, già gran parte del mais seminato nei campi è stato infestato da aflatossine (tossine cancerogene se ingerite) il tutto oltre i limite consentiti dalla legge. Ma non finisce qui. Secondo una recente indagine dell’Osservatorio Nazionale “Qui Europa” – confermata da numerose associazioni di categoria – la maggior parte di questo mais sarebbe ancora depositato nei silos, in attesa che venga ripulito o che venga fatto un condono aumentando le soglie di legge consentite e poterlo usare come mangime per gli animali da allevamento. O almeno così è stato chiesto. Il metodo più semplice richiesto è, infatti, cari lettori, quello di alzare i limiti consentiti dalla legge per poterlo utilizzare. Ma perché questo?

  L’Asse di Ferro Ue-Usa: Si salvi chi può!

 Semplicemente perché negli Stati Uniti le soglie consentite sono molto più alte rispetto all’Unione europea e allora – evidentemente in previsione del folle e criminoso accordo di libero scambio tra Manuel Barroso (Commissione europea) e Barack Obama (Casa Bianca) i nostri padroni (gli Usa) chiedono che vengano modificati anche qui in Italia. Negli USA, la soglia per il mais utilizzato come mangime è di 100 ppb e non di 20 ppb come in Europa. Un’altra richiesta fatta nell’anno appena volato via, è stata quella di alzare il limite solo per l’anno 2012, poiché  si parla di 20-25 milioni di mais su un totale di 64 milioni. Tantissimo!

 The End – Un pò di opinioni in giro per lo stivale…

 Secondo Rolando Manfredini, responsabile qualità e sicurezza della Coldiretti, non è possibile aumentare le soglie come negli Usa poiché loro usano come soglia il livello massimo per il quale non c’è evidenza di danno, mentre qui in Europa usiamo il principio di precauzione, cioè il limite deve essere il più basso possibile. Ma ciò è quel che è stato finora! Che accadrà quando l’accordo verrà perfezionato e reso operativo? The End. Come scrisse Jim Morrison in una delle sue più celebri canzoni. “Questi limiti – secondo Manfredini – sono posti per salvaguardare la sicurezza alimentare e sono insormontabili”. Ma in caso di via libera ufficiale al suddetto accordo, che accadrà? Non osiamo neppure immaginarlo! Altro che Made in Italy e dieta Mediterranea. < /span>Amedeo Pietri, esperto di micotossine e professore dell’Università del Sacro Cuore di Piacenza e Cremona, negli ultimi giorni – in una dichiarazione ufficiale pubblicata e ripresa da “Il Salvagente” dello scorso 4 Aprile 2013 – sostiene come “oltre a poter utilizzare una piccola parte del mais come biocarburante, sulla rimanete dovrebbe essere effettuata una pulitura meccanica come quella che a suo tempo fu effettuata nel 2003 per un problema analogo. Diversamente, se non dovesse esserci l’effetto desiderato e quindi non dovesse essere abbastanza, si potrebbe effettuare il recupero del mais con trattamenti chimici. Naturalmente – ha ribadito il professor Pietri – prima che nei vari silos venga depositato del nuovo mais, deve essere effettuata una pulitura con tecniche adatte per evitare che il problema persista e aumenti negli anni successivi.

  La Risposta del Ministero

 La richiesta di un aumento delle soglie per ora è stata nettamente respinta dal dicastero alla salute. Anche la suddetta proposta di una deroga per l’anno 2012 è stata respinta, poiché se dovessero ripresentarsi dei casi analoghi in futuro, la deroga verrebbe richiesta ogni volta e quindi le soglie non sarebbero praticamente mai rispettate. Oltretutto, ci potrebbero essere inevitabili conseguenze negative sul commercio di mangimi di origine italiana con l’Unione europea e tanti altri paesi, e questo vuole essere assolutamente evitato. Quindi, nell’attesa che l’intesa tra Barroso e Obama possa congelarsi e (si auspica) venir meno definitivamente, non ci resta che votarci al santo più forte. E non è un eufemismo!

 Rosario Giglio, Sergio Basile (Copyright © 2013 Qui Europa)

  Approfondimento – Cosa sono le Alfatossine?

 Le Alfatossine – Le aflatossine (o afflatossine) sono micotossine prodotte da specie fungine appartenenti alla classe degli Ascomiceti (genere Aspergillus) oppure da alcune muffe. Le aflatossine sono altamente tossiche e sono ritenute essere tra le sostanze più cancerogene esistenti. In condizioni ambientali favorevoli le spore degli Aspergillus germinano e successivamente colonizzano svariate tipologie di alimenti, quali granaglie, mais, arachidi ed altri semi oleosi. Il termine aflatossina deriva proprio dall’Aspergillus flavus, responsabile della prima epidemia da micotossine documentata, riscontrata nel 1961. Tale epidemia si diffuse a partire da una partita di farina di arachidi contaminata che causò la morte di più di 10.000 tacchini e, ignorandone le cause, venne in un primo momento chiamata proprio per questo Malattia X del tacchino (in inglese Turkey X disease). L’azione mutagena delle aflatossine B1 ed M1 è legata alla formazione dell’epossido, un intermedio metabolico che forma legami covalenti con la catena del DNA. Da studi effettuati[senza fonte] sembra che l’aflatossina tipo M1 sia più cancerogena della B1. I danni al sistema immunitario invece sono stati dimostrati in vivo su cavie da laboratorio esposte ad 5-6 mg/ml di aflatossine del mais (granaglie). Gli effetti immunosoppressivi non sono stati ancora verificati sull’uomo ma si è focalizzato l’effettivo potenziale cancerogeno delle aflatossine (Evan Gallagher,Seattle US 1998). (Fonte Wikipedia)

  Articoli Correlati    – Allegati vedi al link originale


http://www.quieuropa.it/ennesima-bomba-alimentare-mangeremo-carne-contaminata-dalle-alfatossine/

 

Emma Bonino e la fuga del terrorista Toni Negri

Toni Negri: insurrezione contro lo Stato, banda armata, associazione sovversiva, rapina, furto, omicidio di due persone, sequestro di persona e danneggiamenti

Correva l’anno 1983. Si sarebbe votato per il rinnovo del Parlamento, e il duo Bonino & Pannella pensò di offrire una candidatura a Toni Negri.

Professore di Dottrina dello Stato presso l’Università di Padova; fondatore dell’organizzazione eversiva nota come Autonomia Operaia, Negri, agli occhi di Emma e Marco, presentava un titolo che più di altri lo rendeva meritevole di un seggio parlamentare: in quel momento, infatti, alloggiava presso una confortevole struttura carceraria, in regime di custodia cautelare, con un bel fardello di accuse sul groppone. Eccole elencate: insurrezione contro lo Stato, banda armata, associazione sovversiva, rapina, furto, omicidio di due persone, sequestro di persona e danneggiamenti. Indiscutibilmente addebiti di tutto rispetto. Solo contro un pedofilo se ne sarebbero potuti muovere di peggiori.

Le elezioni ebbero luogo in giugno. I Radicali racimolarono 800.000 voti, il 2,2% dei consensi complessivi, e portarono nel Palazzo undici deputati ed un senatore. Tra gli eletti figurava anche il professore di Padova, naturalmente.

La prima seduta del nuovo Parlamento si tenne il 12 luglio.

La cronaca di quel giorno, nel racconto di Guido Guidi (Il Giornale, mercoledì 13 luglio 1983):

Toni Negri, dal principio alla fine, ha ostentato un sorriso smagliante dietro il quale si intuiva un grande imbarazzo: l’impatto è stato duro e la giornata, per lui, densa di avvenimenti e di emozioni. I missini lo hanno insultato pesantemente in aula; i democristiani lo hanno invitato a lasciare subito Montecitorio e, comunque, ad evitare di farsi vedere in giro; i magistrati romani, con una tempestività prevista ma abbastanza inusuale hanno chiesto alla Camera l’autorizzazione a procedere contro di lui e, soprattutto, ad arrestarlo perché “i fatti contestati sono eccezionalmente gravi”.

Il primo adempimento, infatti, che la confermata presidente Nilde Jotti ha dovuto compiere è stato quello di comunicare all’assemblea che il procuratore generale della Corte d’Appello di Roma, Franz Sesti, aveva chiesto d’avere la possibilità di riprendere subito l’azione penale nei confronti del neodeputato e, quindi, il processo forzatamente sospeso undici giorni or sono nell’aula del Foro Italico.

Le accuse sono quelle note da tempo: insurrezione contro lo Stato, banda armata, associazione sovversiva, due omicidi (uno volontario ed uno preterintenzionale), rapine, sequestro di persona, furti, danneggiamenti. I supporti, che il procuratore generale ha raccolto in un dossier molto voluminoso, sono costituiti non soltanto dalle confidenze di numerosi “pentiti”, ma – e questo è un aspetto abbastanza singolare del caso – dalle stesse ammissioni fatte da Toni Negri nel suo interrogatorio al Foro Italico, bruscamente interrotto dalla elezioni a deputato (…).

Per mettere bene a fuoco questa vicenda, poi, non si può prescindere dal considerare l’opera saggistica del professore di Padova. In tomi come “Il dominio e il sabotaggio” (1977), infatti, Negri definisce la propria visione politica; in qualche modo avallata, in virtù della candidatura offertagli, dal duo Bonino & Pannella:

“L’azione insurrezionale contro lo Stato si articola nell’opera di distruzione dello Stato (…). La crisi capitalistica deve avere un effetto imposto e dominato dal potere proletario. Destabilizzare il regime non può essere qualcosa di diverso dal progetto di destrutturare il sistema. L’insurrezione non può essere separata dal progetto di soppressione dello Stato (…). Smantellare il sistema nemico comporta, immediatamente, la necessità di attaccare, di destabilizzare il suo sistema politico (…). Il metodo di trasformazione sociale è quello della dittatura e della eliminazione del nemico (…). E noi possiamo solo rispondere che la dittatura è, non può che essere, e noi faremo tutto quanto ci è possibile – fino a sacrificare la nostra vita, come facciamo oggi con la rivoluzione, lo faremo domani con la dittatura – perché essa sia un processo collettivo finalizzato alla libertà, all’emancipazione del proletariato (…)”.

Torniamo ai fatti.

La Camera, avendo ricevuto dagli inquirenti romani la succitata richiesta a procedere contro il leader di Autonomia Operaia, il 19 settembre di quell’anno la mise ai voti; e i deputati furono chiamati a pronunciarsi in merito all’incarcerazione di Toni Negri. Questi, però, mentre a Montecitorio si deliberava sulla sua sorte, decise di correre ai ripari e di abbandonare il Paese.

Il racconto di Massimiliano Scafi (Il Giornale, venerdì 23 settembre 1983):

“Le tracce del leader dell’Autonomia si perdono martedì sera. In quelle ore il docente stava seguendo tramite Radio radicale il dibattito a Montecitorio da un rifugio segreto. Dalla sede del gruppo parlamentare del Pr Jaroslav Novak, imputato a piede libero nel processo 7 aprile, si teneva continuamente in contatto telefonico con Negri. “Era vicino Milano – ha detto Novak – in casa di amici”.

Da allora più nulla. E’ già all’estero, al sicuro, afferma Pannella. Potrebbe aver passato la frontiera con il suo tesserino universitario. Si trova a Parigi? E’ a Strasburgo? Oppure a Berlino? Qualcosa bolle in pentola. Pannella starebbe preparando una mossa ad effetto, in vista delle elezioni europee dell’84, candidando forse il professore nelle proprie liste. Rischia però nel frattempo un’incriminazione per favoreggiamento (…)”.

Latitanza; una fuga concordata con i vertici del Partito Radicale; Pannella che garantisce che Negri “è già all’estero, al sicuro”, e che, a sua volta, rischia “un’incriminazione per favoreggiamento” dello stesso.

Ma come andarono davvero i fatti, in quell’occasione? I Radicali aiutarono il terrorista Toni Negri ad espatriare?

Probabilmente in questa storia ci sono due verità: quella accertata – a suo tempo – nelle aule di giustizia; e quella custodita – ancor oggi segretamente e gelosamente – da chi, a vario titolo, partecipò a quella vicenda favorendo la fuga del leader di Autonomia Operaia.

Tra la prima e la seconda verità, come spesso capita in situazioni del genere, c’è un abisso. Lo appureremo a breve.

La prima verità può essere raccontata facilmente, grazie a Wikipedia:

“Negri fuggì in Francia grazie all’aiuto di Donatella Ratti (da cui ebbe una figlia, Nina) e di Nanni Balestrini”.

La seconda verità, invece, è racchiusa in un libro pubblicato nel 1993 da un giornalista del gruppo Rizzoli Corriere della Sera, Mauro Suttora. Il libro s’intitola “Pannella, i segreti di un istrione”; e ciò che a noi interessa è contenuto nel Capitolo 23 del medesimo (quello dedicato al caso Toni Negri):

“Il Parlamento concede l’autorizzazione all’arresto di Toni Negri, e i radicali non votando risultano determinanti. Nel frattempo, però, il professore è scappato in Francia sulla barca di Emma Bonino (…)”.

Suttora è stato da me contattato via mail; abbiamo avuto un breve colloquio, e nel corso dello stesso gli ho rivolto alcune domande a cui gentilmente ha risposto:

Lei accusa Emma Bonino di aver favorito la fuga di Toni Negri, mettendogli a disposizione la propria barca?

Suttora: “Non è un’accusa, è una constatazione. All’epoca sarebbe stata una rivelazione, perché nessuno lo scrisse. Forse qualche pm zelante avrebbe potuto addirittura incriminarla”.

Com’è venuto a conoscenza di questa informazione?

Suttora: “Dirigenti radicali”.

Quando ha scritto il libro era in possesso di prove che documentassero la succitata asserzione?

Suttora: “Solo la rivelazione confidenziale di una fonte”.

E’ mai stato querelato dalla Bonino per quanto ha scritto nel suo libro?

Tuttora: “No”.

Emma Bonino, dunque, mettendogli a disposizione la propria barca, avrebbe aiutato a fuggire in Francia (è un reato) Toni Negri: una persona accusata di insurrezione contro lo Stato, banda armata, associazione sovversiva e omicidio.  (camelot)


http://www.imolaoggi.it/?p=46959

 

Perché la democrazia digitale, oggi, ha vinto una battaglia, e non il contrario.

Nessun sistema è perfetto. Su questo, immagino, saremo tutti d’accordo. Chi fa politica da generazioni (o chi scambiava voti in cambio di promesse di lavoro o di soldi, sia alle primarie che alle politico-amministrative), sa bene quali e quanti giochetti si riescano a fare con le schede elettorali e con le matite copiative, così come non sfugge quante polemiche abbiano suscitato – per esempio – quei 200 mila voti degli italiani all’estero nell’utlima tornata elettorale. Non si capisce dunque perché la cosiddetta “democrazia digitale”, ovvero la possibilità di svolgere le medesime operazioni di voto con sistemi informatici e sfruttando la rete, dovrebbe essere esente da qualunque tentativo di manonissione, oppure essere considerata risibile. Come minimo dovrebbe partire alla pari, con in più quel vento a favore determinato dall’evidente constatazione che qualsiasi cosa, nel mondo, ormai viaggia verso la sua trasformazione in sostanza immateriale. Nel tempo della “in ternet delle cose”, dove perfino il frigorifero e la lavastoviglie, gli orologi, i sistemi anti-furto, i conti correnti bancari, le radiosveglie e i sistemi di guida degli autoveicoli finiscono o finiranno in rete, perché si dovrebbe continuare a votare con una matita in mano e un pezzo di carta?

 

 Chiarito questo punto, ovvero il fatto che sia giusto e anzi doveroso provarci, è anche comprensibile come una parte dei commentatori che animano blogosfera (e non) si sbizzarriscano nel tentare di usare l’episodio del tentativo di intromissione informatica nel meccanismo di voto online per il Presidente della Repubblica a Cinque Stelle per ipotizzare, talvolta con ironia, che il sistema sarebbe inadeguato. Un sistema di voto elettronico non deve essere visto come un mero complesso di software e hardware che raccoglie indicazioni di voto e compila graduatorie. Quella è la parte, diciamo così, “meccanica”. La quale può essere più o meno efficace, contemplare sistemi anti-intrusione più o meno complessi e così via. In nessun caso può mai essere ritenuta sicura al 100%. Perfino gli algoritmi di cifratura più complessi dipendono, per la loro affidabilità, dalla potenza di cal colo disponibile a chi tenta di bucarli. Tuttavia, un processo non si esaurisce in un’accrocchio di cavi e di programmi, ma comprende strumenti di controllo e monitoring. Il “processo” di votazione online per il candidato a Cinque Stelle al Quirinale, nella fattispecie, era disegnato per includere un ente certificatore esterno scelto tra i primissimi per qualità ed esperienza, con sedi in tutto il mondo, che dopo aver valutato che fossero soddisfatti i requisiti base nell’architettura e nell’infrastruttura tecnica messa a disposizione per le consultazioni, ha accettato di svolgere le operazioni di verifica, eseguendo controlli a campione lungo tutta la durata delle operazioni di voto. Ed è proprio grazie a questo processo, nel suo insieme, che le “anomalie” sono state scoperte e denunciate, portando all’invalidamento di tutta l’operazione e alla sua ripetizione.

 Il processo avrebbe dunque dimostrato di essere inaffidabile? Direi piuttosto il contrario: il processo ha dimostrato di non avere ceduto di fronte ad un’aggressione esterna e, dunque, di essere sostanzialmente affidabile. La ripetizione del voto è parte integrante di una metodica che garantisce che l’intenzione di voto dei cittadini possa corrispondere puntualmente con i risultati che saranno pubblicati, e non può essere vista, in maniera abbastanza strumentale, come una prova di debolezza.

 Chi non fa queste valutazioni, nel loro insieme, dimostra scarsa dimestichezza con le capacità di analisi richieste a chi disegna metodi e processi validi per qualunque contesto, proprio in quanto descrivono principi sufficientemente astratti e generali da poter essere applicati con successo sia – per esempio – al governo delle complessità che si incontrano nei controlli a campione su una filiera di produzione industriale, sia – come in questo caso – alle specificità della democrazia digitale, dove l’importante è che una partita di voti “avariata” sia identificata con sicurezza ed estromessa dal computo dei risultati finali.


http://www.byoblu.com/post/2013/04/12/Perche-la-democrazia-liquida-oggi-ha-vinto-una-battaglia.aspx?page=all#id_e621312a-c858-4e7f-aade-451aea105ff4

 

Come Thatcher aiutò Pol Pot

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aprile 12, 2013

John Pilger, Global Research, 11 aprile 2013

I media aziendali elogeranno Margaret Thatcher e criticheranno coloro che oseranno approfittare della sua morte per sottolinearne i tanti terribili crimini. Ma tra i suoi tanti crimini ignorati, vi fu il sostegno del suo governo al genocida Pol Pot, guida dei Khmer Rossi, negli anni ’80. Di seguito viene riportato un articolo del giornalista indipendente John Pilger, sul supporto che l’occidente, tra cui la Thatcher, diedero ai Khmer Rossi. E’ stato pubblicato il 17 aprile 2000 sul New Statesman. Visita John Pilger.com per gli altri articoli, vedasi anche l’archivio degli articoli Pilger su Global Research.

 

Il 17 aprile sarà l’anniversario dell’ingresso dei Khmer Rossi di Pol Pot a Phnom Penh. Nel calendario del fanatismo, questo fu l’Anno Zero da cui, di conseguenza, due milioni di persone, un quinto della popolazione della Cambogia, dovettero morirne. Per celebrarne l’anniversario, il malvagio Pol Pot verrà ricordato, quasi come un atto rituale per i voyeur della politica oscura e inspiegabile. Per i gestori del potere occidentale, nessuna vera lezione ne sarà tratta, in quanto nessuna connessione verrà fatta tra loro e i loro predecessori, con il compare faustiano Pol Pot. Eppure, senza la complicità dell’occidente, l’Anno Zero non ci sarebbe mai stato, né la minaccia del suo ritorno sarebbe perdurata per tanto tempo.

I documenti declassificati del governo degli Stati Uniti, lasciano pochi dubbi sul fatto che il bombardamento segreto e illegale dell’allora neutrale Cambogia da parte del presidente Richard Nixon e di Henry Kissinger, tra il 1969 e il 1973, abbia causato tanta morte e devastazione, da essere un aiuto fondamentale per la presa del potere di Pol Pot. “Usano i danni causati dagli attacchi dei B-52 quale tema principale della loro propaganda“, riportava il 2 maggio 1973 il direttore delle operazioni della CIA. “Quest’approccio ha portato al riuscito arruolamento di giovani. I residenti dicono che la campagna propagandistica è stata efficace presso i rifugiati delle aree oggetto degli attacchi dei B-52“. Nei bombardamenti, equivalenti a cinque Hiroshima, di una società contadina, Nixon e Kissinger uccisero circa mezzo milione di persone. L’Anno Zero iniziò, in effetti, con il loro bombardamento, catalizzando la nascita di un piccolo gruppo setta rio, i Khmer Rossi, la cui combinazione di maoismo e medievalismo era senza base popolare.

Dopo due anni e mezzo di potere, i Khmer Rossi furono rovesciati dai vietnamiti nel Natale 1978. Nei mesi e negli anni che seguirono, Stati Uniti, Cina e i loro alleati, in particolare il governo Thatcher, sostennero Pol Pot ora in esilio in Thailandia. Era il nemico del loro nemico: il Vietnam, la cui liberazione della Cambogia non avrebbe mai potuto essere riconosciuta, perché venuta dalla parte sbagliata della guerra fredda. Per gli statunitensi, che ora sostenevano Pechino contro Mosca, era anche un regolamento di conti, dopo la loro umiliazione sui tetti di Saigon. A tal fine, le Nazioni Unite furono abusate dalle potenze. Anche se il governo dei Khmer Rossi (la “Kampuchea democratica”), aveva cessato di esistere nel gennaio 1979, i suoi rappresentanti poterono continuare a occupare il seggio della Cambogia alle Nazioni Unite. Infatti, gli Stati Uniti, la Cina e la Gran Bretagna insistettero su ciò. Nel frattempo, un embargo sulla Cambogia del Consiglio di sicurezz a  aggravò le sofferenze di una nazione traumatizzata, mentre i Khmer Rossi in esilio ebbero quasi tutto quello che volevano. Nel 1981, il consigliere per la sicurezza nazionale del presidente Jimmy Carter, Zbigniew Brzezinski, dichiarò: “Ho incoraggiato i cinesi a sostenere Pol Pot.” Gli Stati Uniti, aggiunse, “fecero pubblicamente l’occhiolino” alla Cina, che inviava armi ai Khmer Rossi.

In effetti, gli Stati Uniti stavano finanziando segretamente Pol Pot in esilio dal gennaio 1980. La portata di tale sostegno, 85 milioni di dollari nel 1980-1986, fu rivelata nella corrispondenza di un membro della Commissione Esteri del Senato. Sul confine tra Thailandia e Cambogia, la CIA e altre agenzie d’intelligence istituirono il Gruppo di emergenza per la Kampuchea, che si assicurava che gli aiuti umanitari finissero nei campi profughi nelle enclavi dei Khmer Rossi, oltre il confine. Due operatori umanitari statunitensi, Linda Mason e Roger Brown, in seguito scrissero: “Il governo degli Stati Uniti insisteva a rifornire i Khmer Rossi… gli Stati Uniti preferivano che l’operazione a vantaggio dei Khmer Rossi avesse la credibilità di una operazione di soccorso internazionale”. Sotto la pressione statunitense, il Programma alimentare mondiale consegnò 12 milioni di dollari in cibo all’esercito thailandese per trasferirlo ai Khmer Rossi. “Da 20. 000 a 40.000 guerriglieri di Pol Pot ne beneficiarono“, scrisse Richard Holbrooke, l’allora sottosegretario di Stato. Fui testimone di ciò. Viaggiando con un convoglio di 40 camion delle Nazioni Unite, sono arrivato in una base dei Khmer Rossi a Phnom Chat. Il comandante della base era il famigerato Nam Phann, noto agli operatori umanitari come “il macellaio” o l’Himmler di Pol Pot. Dopo che le forniture venivano scaricate letteralmente ai suoi piedi, disse: “La ringrazio molto, ne vogliamo di più“. Nel novembre dello stesso anno, 1980, vi fu un contatto diretto tra la Casa Bianca e i Khmer Rossi, quando il dottor Ray Cline, un ex vice-direttore della CIA, compì una visita segreta in una sede operativa dei Khmer Rossi. Cline era allora consigliere della politica estera per la squadra di transizione del neopresidente Reagan.

Nel 1981, un certo numero di governi era decisamente a disagio verso la farsa del riconoscimento continuo delle Nazioni Unite dell’ex-regime di Pol Pot. Qualcosa doveva essere fatto. L’anno successivo, gli Stati Uniti e la Cina inventarono la coalizione governativa della Kampuchea Democratica, che non era né una coalizione, né democratica, né un governo, né era in Kampuchea (Cambogia). Era quello che la CIA chiama “un’illusione maestra”. Il principe Norodom Sihanouk ne fu posto alla guida, senza cambiare quasi nulla. I due membri “non-comunisti”, i sihanoukisti, guidati dal figlio del principe, Norodom Ranariddh, e il Fronte di Liberazione Nazionale del Popolo Khmer, erano dominati, diplomaticamente e militarmente, dai Khmer Rossi. Uno dei compari di Pol Pot, Thaoun Prasith, dirigeva l’ufficio delle Nazioni Unite a New York. A Bangkok, gli statunitensi fornirono alla “coalizione” piani operativi, uniformi, denaro e intelligence satellitare; le armi pro venivano direttamente dalla Cina e dall’occidente, via Singapore. La foglia di fico non-comunista permise al Congresso, stimolato dal fanatico guerriero freddo Stephen Solarz, presidente di una potente commissione, di approvare 24 milioni di dollari in aiuti alla “resistenza”.

Fino al 1989 il ruolo della Gran Bretagna in Cambogia rimase segreto. Le prime notizie apparvero sul Sunday Telegraph, scritte da Simon O’Dwyer-Russell, corrispondente in diplomazia e difesa con stretti contatti professionali e familiari con le SAS. Rivelò che le SAS si occupavano dell’addestramento delle forze guidate da Pol Pot. Poco dopo, Jane Defence Weekly riferì che l’addestramento inglese dei membri “non-comunisti” della “coalizione”, andava avanti “nelle basi segrete in Thailandia da più di quattro anni“. Gli istruttori erano delle SAS, “tutto il personale in servizio militare, tutti veterani del conflitto delle Falkland guidati da un capitano“. L’addestramento dei cambogiani divenne un’operazione esclusivamente britannica dopo che lo scandalo armi-per-ostaggi “Irangate” scoppiò a Washington nel 1986. “Se il Congresso avesse scoperto che gli statunitensi erano coinvolti nell’addestramento cl andestino in Indocina, per non parlare di Pol Pot“, una fonte del ministero della Difesa disse a O’Dwyer-Russell, “la palla sarebbe stata subito passata. Fu uno di quei classici accordi Thatcher-Reagan.” Inoltre, Margaret Thatcher si era lasciata sfuggire, per la costernazione del ministero degli Esteri, che “i più ragionevoli tra i Khmer Rossi dovranno avere la loro parte in un futuro governo“.

Nel 1991 ho intervistato un membro dello Squadrone “R” (riserva) delle SAS, che aveva operato sul confine. “Abbiamo addestrato i KR su molto materiale tecnico, molto sulle mine“, ha detto. “Abbiamo usato le mine che provenivano dalla Royal Ordnance in Gran Bretagna, che abbiamo avuto attraverso l’Egitto cambiandone i codici d’identificazione… Gli abbiamo anche addestrati  psicologicamente. In un primo momento volevano solo andare nei villaggi e fare a pezzi la gente.  Gli abbiamo detto come farlo facilmente…” La risposta del Foreign Office fu menzognera. “La Gran Bretagna non fornisce aiuto militare di qualsiasi forma alle fazioni cambogiane“, aveva dichiarato in una risposta parlamentare. L’allora primo ministro, Thatcher, scrisse a Neil Kinnock: “Confermo che non c’è un coinvolgimento di qualsivoglia natura del governo britannico, nell’addestramento o cooperazione con le forze dei Khmer Rossi o dei loro alleati.” Il 25 giugno 1991, dopo due anni di smentite, il governo finalmente ammise che le SAS avevano segretamente addestrato la “resistenza” fin dal 1983. Un rapporto di Asia Watch dettagliava che le SAS avevano insegnato “l’uso di ordigni esplosivi improvvisati, trappole esplosive, la fabbricazione e l’uso di ordigni a tempo“. L’autore del rapporto, Rae McGrath (che ha condiviso un Nobel per la Pace per la campagna internazionale sulle mine antiuomo), scrisse sul Guardian che “l’addestramento delle SAS fu una politica irresponsabile e cinica“.

Quando una “forza di pace” delle Nazioni Unite finalmente arrivò in Cambogia, nel 1992, il patto faustiano non venne svelato. Dichiarata semplicemente “fazione in guerra”, i Khmer Rossi furono accolti a Phnom Penh dai funzionari delle Nazioni Unite, ma non dal popolo. Il politico occidentale che li accreditava al “processo di pace”, Gareth Evans (allora ministro degli Esteri australiano),  invocò un approccio “equilibrato” ai Khmer Rossi, mettendo in discussione il genocidio definendolo “uno specifico ostacolo bloccante”. Khieu Samphan, primo ministro di Pol Pot negli anni del genocidio, accolse il saluto delle truppe delle Nazioni Unite, con il loro comandante, il generale australiano John Sanderson, al suo fianco. Eric Falt, portavoce delle Nazioni Unite in Cambogia, mi disse: “Il processo di pace è volto a consentire [ai Khmer Rossi] di acquisire rispettabilità“. Le conseguenze del coinvolgimento delle Nazioni Unite furono la non u fficiale cessione di almeno un quarto della Cambogia ai Khmer Rossi, (in base alle mappe militari delle Nazioni Unite), la persistenza di una guerra civile a bassa intensità e l’elezione di un governo impossibile, condiviso tra “due primi ministri”: Hun Sen e Norodom Ranariddh. Il governo di Hun Sen in seguito vinse definitivamente una seconda elezione. Spesso autoritario e brutale, ma per gli standard cambogiani straordinariamente stabile, il governo guidato dall’ex dissidente dei Khmer Rossi, Hun Sen, che era fuggito in Vietnam negli anni ’70, da allora ha concluso degli accordi con gli esponenti del periodo di Pol Pot, in particolare con la fazione dissidente di Ieng Sary, pur negando l’immunità giudiziaria agli altri.

Una volta che il governo di Phnom Penh e le Nazioni Unite furono d’accordo sulla forma, un tribunale internazionale per crimini di guerra sembrò costituirsi. Gli statunitensi non vogliono che i cambogiani processino nessuna fazione; la loro comprensibile preoccupazione è che non solo i Khmer Rossi vengano incriminati. L’avvocato cambogiano della difesa di Ta Mok, il leader militare dei Khmer Rossi catturato nel 1999, disse: “Tutti gli stranieri interessati devono essere chiamati alla sbarra, e non ci saranno eccezioni… Madeleine Albright, Margaret Thatcher, Henry Kissinger, Jimmy Carter, Ronald Reagan e George Bush… abbiamo intenzione di invitarli a dire al mondo perché supportavano i Khmer Rossi.” Si tratta di un principio importante, di cui quelli di Washington e Whitehall, che attualmente sostengono tirannie sanguinarie altrove, dovrebbero prendere nota.

Copyright © 2013 Global Research

Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora

http://aurorasito.wordpress.com/2013/04/12/come-thatcher-aiuto-pol-pot/

 

I parlamentari del PD siedono su due poltrone (alcuni su tre)

il partito del cambiamento……….

 10 aprile 2013

SENATORI DEL PD CON DOPPI E TRIPLI INCARICHI:


Federico FORNARO
Senatore eletto in Piemonte + Consigliere Provinciale ad Alessandria + Sindaco di Castelletto d’Orba (AL) 

Patrizia MANASSERO
Senatrice eletta in Piemonte + Consigliere Comunale a Cuneo + Consigliere Provinciale a Cuneo

Claudio BROGLIA
Senatore eletto in Emilia-Romagna + Sindaco di Crevalcore (BO) 

Valeria Cardinali
Senatrice eletta in Umbria + Assessore a Perugia 

Isabella DE MONTE
Senatrice eletta in Friuli-Venezia Giulia + Sindaco di Pontebba (UD) 

Erica D’ADDA
Senatrice eletta in Lombardia + Consigliere Comunale a Busto Arsizio (VA) 

Elena FERRARA
Senatrice eletta in Piemonte + Consigliere Comunale a Oleggio (NO) 

Nicoletta FAVERO
Senatrice eletta in Piemonte + Consigliere Comunale a Biel la 

Claudio MOSCARDELLI
Senatore eletto nel Lazio + Consigliere Comunale a Latina 

Gianluca ROSSI
Senatore eletto in Umbria + Consigliere Regionale dell’Umbria 

Annamaria PARENTE
Senatrice eletta nel Lazio + Assessore a Forano (RI) 

Maria Spilabotte
Senatrice eletta nel Lazio + Consigliere Comunale a Frosinone 

Ugo SPOSETTI
Senatore eletto nel Lazio + Consigliere Comunale a Viterbo 

Magda Angela ZANONI
Senatrice eletta in Piemonte + Assessore a Pinerolo (TO)

Angelica SAGGESE
Senatrice eletta in Campania + Consigliere Comunale a San Gregorio Magno (SA)

DEPUTATI DEL PD CON DOPPI E TRIPLI INCARICHI:


Marina Berlinghieri:
Deputata eletta in Lombardia + Assessore a Pisogne (BS) + Consi gliere Comunale a Pisogne (BS) 

Floriana CASELLATO
Deputata eletta in Veneto + Consigliere Provinciale a Treviso + Sindaco a Maserada sul Piave (TV) 

Federico Ginato
Deputato eletto in Veneto + Assessore a Pojana Maggiore (VI) + Consigliere Comunale a Pojana Maggiore (VI) 

Ernesto MAGORNO
Deputato eletto in Calabria + Sindaco a Diamante (CS) + Consigliere Provinciale a Cosenza

Simone VALIANTE
Deputato eletto in Campania + Vicesindaco a Cuccaro Vetere (SA) + Consigliere Provinciale a Salerno 

Alessandra Terrosi
Deputata eletta nel Lazio + Assessore ad Acquapendente (VT) + Consigliere Comunale ad Acquapendente (VT) 

Maria AMATO
Deputata eletta in Abruzzo + Consigliere Comunale a Vasto (CH) 

Matteo BIFFONI
Deputato eletto in Toscana + Consigliere Comunale a Prato

Caterina BINI
Deputata eletta in Toscana + Consigliere Regionale in Toscana

Luigi BOBBA
Deputato eletto in Piemonte + Consiglier e Provinciale a Vercelli 

Francesco Bonifazi
Deputato eletto in Piemonte + Consigliere Comunale a Firenze

Francesca Bonomo
Deputata eletta in Piemonte + Consigliere Comunale a Barbania (TO)

Enrico BORGHI
Deputato eletto in Piemonte + Sindaco a Vogogna (VB)

Alfredo Bazoli
Deputato eletto in Lombardia + Consigliere Comunale a Brescia 

Davide BARUFFI
Deputato eletto in Emilia-Romagna + Consigliere Provinciale a Modena

Elena CARNEVALI
Deputata eletta in Lombardia + Consigliere Comunale a Bergamo 

Ezio Primo CASATI
Deputato eletto in Lombardia + Consigliere Provinciale a Milano

Antonio CASTRICONE
Deputato eletto in Abruzzo + Consigliere Provinciale a Pescara

Salvatore CAPONE
Deputato eletto in Puglia + Assessore a San Cesario di Lecce (LE) 

Emanuele CANI
Deputato eletto in Sardegna + Consigliere Provinciale a Carbonia-Iglesias 

Paolo COPPOLA
Deputato eletto in Friuli-Vene zia Giulia + Assessore a Udine 

Paolo  Cova
Deputato eletto in Lombardia + Consigliere Provinciale a Milano 

Magda  CULOTTA
Deputato eletto in Sicilia + Sindaco a Pollina (PA) 

Eleonora  Cimbro
Deputata eletta in Lombardia + Consigliere Comunale a Bollate (MI) 

Bruno CENSORE
Deputato e letto in Calabria + Consigliere Regionale in Calabria

Antonio Decaro
Deputato eletto in Puglia + Consigliere Regionale in Puglia

Umberto DEL BASSO DE CARO
Deputato eletto in Campania + Consigliere Regionale in Campania

Marco Di Maio
Deputato eletto in Emilia-Romagna + Consigliere Comunale a Forlì 

Marco DONATI
Deputato eletto in Toscana + Assessore ad Arezzo 

Roger DE MENECH
Deputato eletto in Veneto + Sindaco a Ponte nelle Alpi (BL)

Umberto D’OTTAVIO
Deputato eletto in Piemonte + Assessore Provinciale a Torino 

Vincenzo D’ARIENZO
Deputato eletto in Veneto + Consigliere Comunale a Verona 

Alan FERRARI
Deputato eletto in Lombardia + Consigliere Comunale a Giussago (PV)

Andrea FERRO
Deputato eletto nel Lazio + Consigliere Comunale a Tivoli (RM) 

Vincenzo FOLINO
Deputato eletto in Basilicata + Consigliere Regionale in Basilicata

Gian Mario FRAGOMELI
Deputato eletto in Lombardia + Sindaco a Cassago Brianza (LC)

Silvia Fregolent
Deputata eletta in Piemonte + Consigliere Provinciale a Torino 

Edoardo FANUCCI
Deputato eletto in Toscana + Vicesindaco a Montecatini-Terme (PT) 

Luigi FAMIGLIETTI
Deputato eletto in Campania + Sindaco a Frigento (AV)

Marilena FABBRI
Deputata eletta in Emilia-Romagna + Consigliere Provinciale a Bologna 

Maria Chiara Gadda
Deputata eletta in Lombardia + Consigliere Comunale a Fagnano Olona (VA)

Mauro GUERRA
Deputato eletto in Lombardia + Vicesindaco a Tremezzo (CO)

Maria IACONO
Deputata eletta in Sicilia + Consi gliere Comunale a Caltabellotta (AG)

Antonella INCERTI
Deputata eletta in Emilia-Romagna + Sindaco ad Albinea (RE) 

Cecile Kyenge Kashetu
Deputata eletta in Emilia-Romagna + Consigliere Provinciale a Modena 

Giampiero GIULIETTI
Deputato eletto in Umbria + Sindaco a Umbertide (PG) 

Giovanni LEGNINI
Deputato eletto in Abruzzo + Consigliere Comunale a Chieti 

Enzo Lattuca
Deputato eletto in Emilia-Romagna + Consigliere Comunale a Cesena 

Irene Manzi
Deputata eletta nelle Marche + Vicesindaco a Macerata 

Giovanna Martelli
Deputata eletta in Lombardia + Vicepresidente della Provincia di Mantova 

Andrea MANCIULLI
Deputato eletto in Toscana + Consigliere Regionale in Toscana 

Simona Flavia MALPEZZI
Deputata eletta in Lombardia + Consigliere Comunale a Pioltello (MI) 

Gianna MALISANI
Deputata eletta in Friuli-Venezia Giulia + Assessore a Udine 

Michele MOGNATO
Deputato elett o in Veneto + Consigliere Comunale a Venezia 

Alessia MORANI
Deputata eletta nelle Marche + Assessore Provinciale a Pesaro-Urbino 

Alessandra Moretti
Deputata eletta in Veneto + Vicesindaco a Vicenza 

Sara MORETTO
Deputata eletta in Veneto + Consigliere Comunale a Portogruaro (VE) 

Romina MURA
Deputata eletta in Sardegna + Sindaco a Sadali (CA)

Fabio MELILLI
Deputato eletto nel Lazio + Consigliere Comunale a Poggio Moiano (RI)

Matteo MAURI
Deputato eletto in Lombardia + Consigliere Provinciale a Milano

Michele PELILLO
Deputato eletto in Puglia + Consigliere Regionale in Puglia 

Emma Petitti
Deputata eletta in Emilia-Romagna + Consigliere Comunale a Rimini 

Paolo PETRINI
Deputato eletto nelle Marche + Consigliere Regionale nelle Marche 

Teresa Piccione
Deputata eletta in Sicilia + Consigliere Comunale a Palermo 

Luca PASTORINO
Deputato eletto in Liguria + Sindaco a Bo gliasco (GE) 

Dario PARRINI
Deputato eletto in Toscana + Sindaco a Vinci (FI) 

Simonetta RUBINATO
Deputata eletta in Veneto + Sindaco a Roncade (TV) 

Matteo RICHETTI
Deputato eletto in Emilia-Romagna + Consigliere Regionale in Emilia Romagna

Francesco Ribaudo
Deputato eletto in Sicilia + Sindaco a Marineo (PA) 

Roberto Rampi
Deputato eletto in Lombardia + Assessore a Vimercate (MB) 

Gian Piero SCANU
Deputato eletto in Sardegna + Consigliere Comunale a Olbia 

Angelo SENALDI
Deputato eletto in Lombardia + Assessore a Gallarate (VA) 

Giovanni SANGA
Deputato eletto in Lombardia + Consigliere Comunale a Entratico (BG) 

Laura Venittelli
Deputata eletta in Molise + Consigliere Provinciale a Campobasso

Giorgio Zanin
Deputato eletto in Friuli-Venezia Giulia + Consigliere Provinciale a Pordenone 

Diego Zardini
Deputato eletto in Veneto + Consigliere Provinciale a Verona 

FONTE: http://politici.openpolis.it/politici-italiani-eletti-in-tutti-i-livelli-istituzionali

 



http://bojafauss.ilcannocchiale.it/2013/04/10/i_parlamentari_del_pd_siedono.html

 

Altri suicidi- uniche giuste parole solo dal M5S censurato

Siamo entrati nei nostri uffici al lavoro con lo sgomento nel cuore, dopo aver appreso la notizia dell’ennesimo suicidio avvenuto in Sardegna.

Tre in poche ore, che seguono quelli avvenuti nelle Marche. Non possiamo che ribadire la necessità di una azione urgente a favore dei ceti produttivi e dei lavoratori, schiacciati dalla crisi e da uno Stato troppe volte cieco e sordo.

Uno Stato dove miliardi di euro sono dilapidati in pensioni d’oro, stipendi di manager pubblici elevatissimi ed immorali, doppi stipendi, sprechi della pubblica amministrazione, inutili grandi opere come la Tav Torino-Lione, acquisto di caccia F35, spese militari per missioni di “guerra” all’estero, finanziamento pubblico ai partiti etc.

Se si agisse subito su queste voci di spesa, senza se e senza ma, potremmo recuperare le risorse necessarie per introdurre immediatamente il Reddito di Cittadinanza. Un meccanismo di tutela che in Europa solo Italia e Grecia non hanno. Una conquista che permetterebbe a tutte le famiglie in difficoltà di poter affrontare con dignità la crisi economica.

Ma non basta. E’ il tempo di dare l’esempio da parte di tutti noi.

Il Movimento 5 Stelle ha rinunciato a 42 milioni di euro di rimborsi elettorali e sta proseguendo con gli stipendi dei parlamentari ed anche e dei collaboratori del gruppo.

Come gruppo parlamentare, stiamo chiedendo a tutto il personale di segreteria e amministrativo di ridursi lo stipendio. E’ un piccolo sforzo, un passo avanti per dare un segnale al paese che i sacrifici questa volta iniziano dal Palazzo. Abbiamo trovato una sensibilità che non avremmo immaginato. Alcuni collaboratori sono stati disposti a ridursi fino al 25% della propria precedente retribuzione, abbastanza elevata.

Ma il segnale deve arrivare da parte di tutti. Non c’è bisogno di attendere un nuovo Governo per dare un segnale forte ai cittadini.

C’è bisogno di esempi e di un Parlamento subito operativo e sovrano dal punto di vista legislativo, come prevedono la Costituzione ed i regolamenti parlamentari.

Tutti i partiti rinuncino da subito ai rimborsi elettorali, come ha fatto il Movimento 5 Stelle che ha lasciato allo Stato 42 milioni di euro. Basta una firma. I parlamentari si autoriducano lo stipendio creando un fondo per il microcredito per lavoratori e piccole e medie imprese in crisi.

Il Parlamento ritorni sovrano in maniera decisiva, come prevede la Costituzione.

Si costituiscano subito le Commissioni permanenti. Al primo punto all’ordine del giorno si mettano il Reddito di Cittadinanza, le misure a favore delle piccole e medie imprese, i tagli alla Casta dello Stato.

 

M5S: Mozione per il ritiro dei soldati dall’Afghanistan

Mentre attendiamo che la Palermi (go Prodi 2006) elabori l’exit strategy…ecco chi osa chiedere…..

 “La guerra in Afghanistan è particolarmente vergognosa in quanto non c’è mai stato un reale motivo per entrare in guerra. Finora ha provocato la morte di 52 militari e di 70.000 morti afghani, civili soprattutto. E’ costata 4,5 miliardi di euro allo Stato italiano che avrebbe potuto investirli in ricerca, sviluppo, pmi, istruzione, sanità. Ieri abbiamo depositato la mozione per il ritiro delle truppe italiane dall’Afghanistan. Riuscire, grazie ad essa, a ritirare le nostre truppe anche un mese prima del ritiro che è stato deciso, sarebbe un successo clamoroso in termini di vite risparmiate e di quattrini risparmiati. La mozione impegna il Governo a elaborare e comunicare con chiarezza al popolo italiano un piano di rientro immediato del nostro contingente militare dall’Afghanistan; alla costruzione della pace e dello sviluppo economico e sociale, a promuovere la tutela dei diritti umani e a migliorare la condizione delle donne e della società civile; a un controllo diret to e mirato del sostegno economico italiano sia per i finanziamenti bilaterali che tramite accordi con la UE e con la NATO.

Noi dobbiamo uscire dall’Afghanistan lasciando un Paese in grado di ripartire e di lasciare ai cittadini afghani la libertà di scelta per il loro futuro.” Commissione Esteri M5S Camera

 

Siria: richiesta all’Onu l’iscrizione del Fronte al Nusra tra i gruppi affiliati ad al Qaeda

NEW YORK – Il Ministero degli esteri siriano ha presentato domanda scritta al Consiglio di sicurezza dell’Onu, chiedendo di iscrivere il Fronte al Nusra come organizzazione affiliata ad al Qaeda, il che prevede l’inserimento del gruppo sulla lista nera delle organizzazioni terroristiche, con il divieto di fornitura d’armi, il congelamento dei beni e il divieto ai membri di viaggiare.  

http://italian.irib.ir/featured/item/124038-siria-richiesta-all-onu-l-iscrizione-del-fronte-al-nusra-tra-i-gruppi-affiliati-ad-al-qaeda

 

Da Italia 40 miliardi all’ESM mentre le aziende chiudono

Fonte: http://www.wallstreetitalia.com/article/1543848/scandalo/da-italia-40-miliardi-all-esm-mentre-le-aziende-chiudono.aspx di Paolo CardenàPubblicato il 12 aprile 2013| Ora 10:42

Nell’anno appena trascorso il governo Monti, con il sostegno di Pd e PdL, ha versato al Fondo Salva Stati (MES) la bellezza di 40 miliardi di euro. Non sarebbe stato opportuno utilizzare queste risorse prima per soddisfare i fornitori, le aziende italiane? L’opinione di Paolo Cardenà

Negli anni si e' gonfiato esponenzialmente il sostegno finanziario devoluto dai paesi dell'area euro al fondo salva stati EFSF e all'ESM. 

Negli anni si e’ gonfiato esponenzialmente il sostegno finanziario devoluto dai paesi dell’area euro al fondo salva stati EFSF e all’ESM.

ROMA (WSI) – Questo post è dedicato alla persone di buonsenso, a quelli che non vogliono farsi abbindolare, a quelli che hanno perso un lavoro o che lo stanno perdendo. E’ dedicato agli imprenditori che resistono, e a coloro che hanno visto la propria azienda morire sotto i colpi di questa crisi e che, ogni giorno, sono vittime di uno Stato occupato (nel vero senso della parola) da incompetenti e cialtroni. E se trovate questo articolo pieno di demagogia, retorica populista, o non in sintonia con la vostra sensibilità, me ne scuso, ma, con tutto il rispetto a voi dovuto, vi invito a passare oltre: probabilmente state leggendo un sito che non fa per voi; potete sempre continuare a rifugiarvi nelle letture del gossip politico-finanziario. La politica sta danzando una musica che ricorda quella suonata sui ponti di comando del Titanic, prima che affondasse. Si stanno contendendo lo scalpo di un essere già morto, dissanguato, inerme. Illusi che la poltrona che stanno difendendo a denti stretti, possa essere mantenuta anche dinanzi alla catastrofe che si sta già abbattendo. Non è così, si stanno sbagliando. Stanno solo perseverando l’illusione di poter mantenere lo status quo, i loro privilegi, le loro poltrone. E lo stanno facendo danzando un macabro rituale sul sangue di chi ha ceduto alla disperazione.

A quasi due mesi dalle elezioni, non sono riusciti neanche a formare qualcosa che somigli vagamente ad un esecutivo, neanche per sostituire un governo fantoccio dei banchieri di mezzo mondo, dimissionario, che sta operando ad interim allungando l’infinito elenco delle responsabilità che lo storia non tarderà ad addebitargli.

L’ultima, quella sul pagamento dei debiti delle Pubbliche Amministrazioni verso i propri fornitori: una vera e propria farsa. Se leggeste il decreto, con una minima conoscenza della materia (cosa che chi governa, evidentemente, non ha), subito vi accorgereste che esso, in perfetto stile degno di un Paese in bancarotta, non tende minimamente a risolvere in tempi celeri un grande problema, ma a complicarlo con procedure macchinose e irrituali per un’ordinaria procedura di pagamento che, oltre a differire ulteriormente i tempi di pagamento rispetto ai ritardi già accumulati, rischiano di far naufragare sul nascere le speranze riposte da chi i soldi li deve avere: le imprese e conseguentemente anche le famiglie degli operai.

Da che mondo è mondo, i debiti vanno pagati e se non sei stato diligente al punto da non avere i soldi per poterlo fare, te li fai prestare, e anche in tempi brevi. Tanto più se si trattano di soldi che tu devi dare ad aziende sul lastrico, che rischiano di fallire mettendo in mezzo alla strada milioni di persone, come sta avvenendo.

Voi dovete sapere che, nell’anno appena trascorso, il governo Monti, con il sostegno trasversale del PD e del PDL, ha versato al Fondo Salva Stati (MES) e alle varie altre forme di salvataggio, la bellezza di 40 miliardi di euro. I dati, ce li ha forniti la Banca d’Italia con il Supplemento al Bollettino Statistico pubblicato il 15 marzo scorso e sono riassunti in questo grafico.

La stessa cifra che oggi, dopo attese bibliche, si propone di pagare con il provvedimento adottato sabato scorso: 20 miliardi nel secondo semestre del 2013(forse), e altri 20 miliardi nel 2014 (forse). Nel versare i 40 miliardi nei vari salvataggi, il Governo lo ha fatto senza alcuno scrupolo, senza alcuna esitazione: neanche quella di chiedersi se sarebbe stato opportuno utilizzare queste risorse, prima per soddisfare i fornitori, le aziende italiane, e poi, eventualmente, gli impegni nefasti presi con l’Europa.

Per pagare i soldi al MES che, nel frattempo, sono stati utilizzati anche per salvare le banche spagnole e, conseguentemente, per salvaguardare gli interessi della Germania, lo Stato è ricorso al mercato per farsi prestare i soldi che non aveva. Lo ha fatto riconoscendo un lauto interesse agli investitori e senza porsi nessuno scrupolo sull’impatto che avrebbe avuto sul rapporto debito /PIL o sulla spesa per gli interessi. Scrupoli invece osservati quando si tratta di pagare le imprese italiane. Nessuno lo ha detto, nessun giornale, nessun programma televisivo ne ha parlato quando il Governo Monti, con precisione maniacale, è corso a staccare assegni all’Europa.

Quaranta miliardi di euro, e non finisce certamente qui. Soldi presi in prestito sui mercati, sottratti alle imprese che nel frattempo chiudevano a centinaia di migliaia e dati al MES, per salvaguardare gli interessi delle banche tedesche esposte nei paesi del sud Europa. Lo hanno fatto con ilsostegno incondizionato del PD e PDL. Ossia quegli attori politici causa di questo disastro, che hanno dominato la scena politica italiana negli ultimi 20 anni, e che ora vorrebbero elevarsi a salvatori di una patria che non c’è più.

Il contenuto di questo articolo, pubblicato da Vincitori e Vinti – che ringraziamo – esprime il pensiero dell’ autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.


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