La BCE preme per l’applicazione del “modello Cipro” (prelievo fo rzoso) nell’Eurozona

9 apr ( Movisol) – Alla conferenza stampa mensile della BCE il 4 aprile, Mario Draghi si è alterato quando gli è stato ripetutamente chiesto se la confisca dei conti a Cipro rappresenta un modello per l’intera Eurozona, e lo ha negato. Ma come ha fatto presente un giornalista, il testo della direttiva UE in esame al Parlamento Europeo prescrive esattamente ciò che è stato fatto a Cipro. Lo stesso Draghi ha sollecitato il Parlamento e il Consiglio UE ad approvare la legge ben prima della data pianificata, e cioè “già nel 2014″.

Il testo della direttiva sulla “liquidazione bancaria” riflette l’input del lavoro svolto dal Financial Stability Board sotto Draghi e della Banca per i Regolamenti Internazionali (che ospita il FSB). È come se recasse la firma di Mario Draghi, in veste di capo del FSB e della BCE. La politica è esplicita: salvare il sistema e non la gente. È Franklin Roosevelt e Glass-Steagall al contrario.

Come abbiamo recentemente spiegato, la direttiva è stata presentata nel giugno 2012 e propone che i depositi non protetti (al di sopra dei 100 mila euro) potranno essere confiscati per salvare (“bail-in”) le banche in difficoltà. Mentre afferma in termini generali che i depositi protetti non saranno inclusi nel capitale del bail-in, essa ne esclude anche i derivati, se la loro inclusione minaccia la stabilità del sistema. Nella Sezione 5, Articolo 38, 3 della legge, si afferma che “Laddove le autorità applicano lo strumento del bail-in, esse possono escludere dall’applicazione dei poteri di conversione [in azioni] e di cancellazione l’esposizione in derivati che non rientra nell’ambito del punto (d) del paragrafo 2 [esposizione con scadenza originaria di meno di un mese], se tale esclusione è necessaria o idonea per raggiungere gli obiettivi specificati nei punti (a) e (b) dell’Articolo 26″.

Quali sono questi obiettivi? “Gli obiettivi della liquidazione… sono: (a) assicurare la continuità delle funzioni critiche; (b) evitare effetti negativi significativi sulla stabilità finanziaria, come ad esempio impedire il contagio, e mantenere la disciplina di mercato”.

In altre parole, qualora la cancellazione del debito finanziario minacci la stabilità del sistema, quel debito deve essere pagato – s’intende, con i soldi dei risparmiatori.

Lo scopo della manovra è affermato con grande franchezza in un documento d’indirizzo della BCE pubblicato nel luglio 2012. Il documento, intitolato Forbearance, resolution and deposit insurance, è stato emesso dal Consiglio Scientifico dell’European Systemic Risk Board, l’ufficio speciale istituito dalla BCE nel 2010. Esso afferma che “deve essere data priorità alla protezione del sistema e non dei creditori. Le regole devono assicurare la responsabilità di azionisti e creditori, in particolare quelli subordinati. Le eccezioni, ad esempio per i correntisti e i risparmiatori, devono essere definite chiaramente e senza ambiguità, e devono essere adeguatamente finanziate”.

Più avanti: “La liquidazione bancaria deve essere gestita da una autorità europea che abbia come obiettivo primario quello della protezione del sistema. Le perdite devono avere accesso a finanziamenti primari attraverso un prelievo sull’industria [finanziaria] e il contribuente deve servire come riserva. I fondi di garanzia dei depositi devono essere usati per finanziare la protezione che debba essere estesa ai risparmiatori nei confronti di perdite subite attraverso la liquidazione bancaria”.

Il rapporto poi si riferisce alla direttiva UE che “è stata pubblicata proprio mentre questo rapporto veniva completato. (…) Ad una lettura superficiale della proposta della Commissione, sembra comunque chiaro che essa vada nella direzione raccomandata dall’ASC, seppur non abbastanza a fondo. Su alcuni punti importanti, i suggerimenti contenuti in questo rapporto vanno oltre la proposta della Commissione”. Non è chiaro se quei suggerimenti sono stati incorporati nella bozza attualmente in discussione al Parlamento Europeo, che in seguito approderà al Consiglio.

http://www.imolaoggi.it/?p=46534

 

Grecia: un campo di concentramento per “ospitare” i Greci insolventi

21 apr – Quando leggerete questo post penserete ad un pesce di aprile in ritardo o ad uno scherzo di dubbio gusto. E invece no è tutto vero, la Grecia sta preparando campi militari (o meglio campi di concentramento) per confinare i “debitori dello stato”.

Come noto centinaia di migliaia di Greci hanno esportato capitali o li hanno trasformati in contanti (e metalli preziosi) in questi 4 anni, in pratica si sono spossessati del loro patrimonio in Grecia in modo da affrontare la bancarotta. Risultato: ci sono centinaia di migliaia di Greci che devono soldi allo Stato ma che risultano insolventi e non hanno patrimonio aggredibile dallo Stato Greco.

La Soluzione Finale Greca: Il campo di concentramento per i debitori!

Il Governo Greco sta adattando un campo di addestramento militare vicino alla prefettura di Attica per “ospitare” i Greci insolventi! L’idea è quella di creare delle quasi-prigioni ovvero luoghi non così duri come la prigione (su questo è legittimo qualche dubbio) ma che comunque limitano la libertà dei cittadini.

Dovete sapere che a Febbraio scorso in Grecia è entrata in vigore una legge che impone il carcere per i debitori dello stato:

Debts and Prison Penalties

Un debitore (dello Stato) che ha come debito; 5,000 euro può andare in prigione fino a 12 mesi 10,000+ euro – almeno 6 mesi 50,000+ euro – almeno un anno 150,000+ euro – almeno 3 anni Oppure può decidere di rateizzare in 48 mesi, ma se salta una rata arriva la camionetta delle SS ooops volevo dire della polizia per portarti al campo di concentramento.

Formalmente il campo di concentramento vicino ad Attica viene costruito per offrire una “prigione più umana” ai debitori dello Stato, separandoli da assassini, spacciatori, stupratori, pedofili…. io però avrei qualche dubbio che ci sarà differenza anzi.

Non fatevi illusioni, Presto in Italia. Delocalizzate anche voi stessi se potete.

Da KeepTaking in Greece

Fonte rischio calcolato

http://www.imolaoggi.it/?p=47793

 

LA FRANCIA STAMPA EURO, PER GLI ALTRI L’AUSTERITY

Data: Domenica, 21 aprile 

DI MARIO GRIGOLETTI

capiredavverolacrisi.com

 A seguito delle vicende della Grecia, di Malta e di Cipro e a fronte delle crisi economiche, sociali ed umane che hanno investito questi Paesi, siamo arrivati al punto di essere convinti almeno di una cosa: la BCE non si sposta di un millimetro dalla sua missione e non attua politiche di favoritismo per nessuno, mantenendo fede alla suo ruolo super partes e alla sua indipendenza.

 Il dubbio ci sale leggendo un articolo del giornale on-line tedesco Deutsche Wirtschafts Nachrichten che sostiene che la BCE, nella figura del suo Governatore Mario Draghi, abbia concesso alle banche francesi, non alla Francia intesa come Paese, il diritto di stampare moneta; arrivando finalmente a ricoprire lo stesso ruolo della FED negli USA.

Ma andiamo con ordine.

 Verso la fine del 2011 la BCE, per far fronte alla crisi di liquidità in cui erano finite le banche europee che detenevano molti titoli “tossici” dei Paesi colpiti dalla crisi del debito, ha dato via al piano di rifinanziamento a lungo termine (LTRO). Secondo questo piano le banche potevano ricevere dei finanziamenti a tassi d’interesse relativamente bassi in cambio di obbligazioni governative, titoli di stato, compresi quelli senza valore, come quelli greci ad esempio. Questa operazione è stata effettuata in due tranche:

  • il 22 dicembre 2011, quando 523 banche hanno partecipato all’asta LTRO richiedendo 489,191 miliardi di euro;
  • il 29 febbraio 2012, quando 800 banche hanno partecipato all’asta LTRO, richiedendo 529,53 miliardi di euro.

Tra queste banche naturalmente c’erano anche banche francesi che hanno beneficiato di questi prestiti. Come sottolinea il quotidiano tedesco: “Da molto tempo le principali banche francesi come Societe Generale, Credit Agricole e BNP Paribas sono al centro dei mercati obbligazionari. Come riporta Bloomberg, solo il Crédit Agricole ha dovuto svendere l’anno scorso beni per 3,5 miliardi di euro”. Oltre a questa fonte di flusso di liquidità, le banche francesi hanno potuto avvalersi di un mercato parallelo, fonte quasi inesauribile di finanziamento, il cosiddetto mercato STEP (Short Term European Paper). Cos’è il mercato STEP?

 Si tratta di: “un mercato commerciale praticamente senza regole, dove vengono immesse obbligazioni societarie e bancarie a breve termine. Qui le obbligazioni negoziate hanno un volume di circa 440 miliardi di euro. Dire che il mondo bancario francese si è ulteriormente sviluppato è estremamente creativo e ora si permette, attraverso il mercato STEP, di ricorrere ad un programma completamente nuovo, sia per la creazione di credito a breve termine, sia per una licenza molto specifica di stampare denaro.”

 Questo mercato inoltre è molto pericoloso in quanto è fuori dalla Borsa e quindi con nessuna trasparenza, è orientato solo verso il sistema bancario francese e le banche francesi sono ricche di obbligazioni STEP presso la Banque de France, che a sua volta presenta rischi di default legati alle obbligazioni STEP versate come garanzia presso la BCE.

 Ma questi soldi che fine faranno? Verranno iniettati nell’economia reale francese garantendo credito alle imprese e alle famiglie? Non si può che essere scettici al riguardo, è più facile  pensare che queste iniezioni di denaro abbiano più a che fare con il trattato di Basilea III e l’obbligo delle banche di aumentare la riserva monetaria al 7% al posto del 2% come avveniva fino a ora, e come avverrà fino al 2019 data d’entrata in regime ufficiale.

 Questa anomalia ha portato a delle conseguenze che non sono passate inosservate, almeno fuori dal nostro Paese. Il premio nobel Paul Krugman ha recentemente dedicato un’editoriale sul New York Times, notando come i tassi d’interesse sul debito pubblico francese fossero improvvisamente crollati all’1,72%; praticamente gli stessi degli USA. Krugman sottolinea che:“i mercati hanno concluso che la BCE non vuole, non può, lasciare la Francia a corto di denaro, senza la Francia non vi è più alcun euro-zona. Così per la Francia la BCE è inequivocabilmente disposta a giocare da buon prestatore di ultima istanza, fornendo liquidità. E questo significa che, in termini finanziari, la Francia è entrata nel club dei paesi avanzati che hanno le loro proprie valute e, pertanto, non possono rimanere a corto di soldi – un club i cui membri hanno costi finanziari molto bassi, più o meno indipendenti dai loro debiti e deficit.”

 Quindi infine la lezione qual è? La BCE lascia fallire i Paesi periferici e i loro cittadini, condannandoli all’austerità ed ad una preoccupante escalation dal punto di vista sociale, mentre salva le banche dei Paesi “core”, seguendo passo passo le logiche del “too big to fail” che fanno tremare l’economia americana. E l’Italia? In mezzo, nel guado, ignara sul presente e sul suo futuro destino.

 Mario Grigoletti

Fonte: www.capiredavverolacrisi.com

Link: http://www.capiredavverolacrisi.com/la-francia-stampa-euro-per-gli-altri-lausterity/

20.04.2013

L’URL per questa storia è:

http://www.comedonchisciotte.org/site//modules.php?name=News&file=article&sid=11753

 

Schaeuble: i correntisti devono contribuire per salvare le banche

20 APR – Cipro dovrebbe essere ”un modello” per futuri salvataggi nell’eurozona e sarebbe necessario che i correntisti contribuiscano quando c’e’ da salvare una banca.

 Lo ha detto il ministro delle finanze tedesco Wolfgang Schaeuble, in un’intervista al settimanale Wirtschaftswoche. Difende poi il presidente dell’Eurogruppo Dijsselbloem, che il mese scorso aveva fatto un commento simile. Le critiche a Dijsselbloem erano ”ingiustificate” e non sono state fatte ”da me”, ha detto Schaeuble. ansa

Rigore: le parole di Grilli e Schaeuble suonano come un ricatto

O accettate le politiche di rigore e pagate altre tasse senza fare storie, o preleveremo dai vostri conti correnti quello che ci serve. Sembrerebbe questo il senso delle parole di Grilli e Schaeuble.

21 apr – Cipro dovrebbe essere “un modello” per futuri salvataggi nell’eurozona e sarebbe necessario che i correntisti contribuiscano quando c’é da salvare una banca. Lo ha detto il ministro delle finanze tedesco Wolfgang Schaeuble, in un’intervista al settimanale Wirtschaftswoche anticipata oggi e ripresa da Bloomberg.

”La strada del risanamento fiscale e delle riforme, anche se complicata, difficile e faticosa” e’ l’unica strada da seguire: ”ne’ in queste riunioni ne’ in Europa ho sentito altre ricette” afferma il ministro dell’economia, Vittorio Grilli, sottolineando che con un debito al 130% l’Italia ”non ha molti margini di manovra. Il tipo di approccio e’ un approccio obbligato. I nostri margini sono quelli che ci lascia il mercato”.

La situazione italiana ”non e’ stata oggetto delle discussioni ufficiali” afferma Grilli a Washington per le riunioni del Fondo Monetario Internazionale (Fmi) e il G20. ”Magari per i corridoi ti chiedono qualcosa. Non penso che ci sia grande preoccupazione. Siamo noi italiani che dobbiamo essere preoccupati di essere efficaci in questo tipo di negoziati – mette in evidenza Grilli – perche’ ormai le politiche economiche sono su una scacchiera globale. Penso che se non riusciamo a essere presenti ed efficaci, ad aver una strategia precisa e un largo supporto per questa strategia, avremo sempre noi i problemi di debolezza”.

La strada obbligata per l’Italia – afferma Grilli – e’ quella del risanamento fiscale e delle riforme, che e’ ”complicata, difficile, faticosa, che non da’ risultati immediati e che richiede pazienza”. Il problema, a livello globale, ”e’ che facciamo tutti insieme la stessa cosa, e questo indebolisce la domanda aggregata”: ”E’ chiaro che anche per noi se ci fosse piu’ domanda globale tutto sarebbe piu’ facile”.

”Il mercato dei titoli di stato e’ un mercato delicatissimo, su cui non vogliamo perdere alcuna chance. Anche gli altri capiranno che il mercato dei titoli di stato e’ un mercato diverso dagli altri” ha detto il ministro dell’Economia, rispondendo a chi gli chiedeva se l’Italia fosse pronta a far saltare l’accordo in ambito europeo sulla Tobin Tax qualora non fossero esclusi i titoli di stato.

”Siamo stati fra i primi insieme alla Francia a introdurre la Financial Transaction Tax. L’abbiamo introdotta con molta prudenza sapendo che il mercato dei titoli di stato e’ un mercato delicatissimo su cui non vogliamo perdere alcuna chance” afferma Grilli. ”Il dibattito e’ appena iniziato. Noi rimaniamo sulla nostra posizione, e’ l’impostazione giusta. Anche gli altri capiranno che il mercato dei titoli di stato e’ un mercato diverso dagli altri”.

GRILLI, AGENDA MONTI GIUSTA,NON ALTERNATIVE – “L’agenda Monti è quella giusta e il prossimo governo da lì dovrà partire. Alternative radicali a questa strategia non le vedo”. Lo ha detto il ministro dell’economia, Vittorio Grilli. La prudenza fiscale e le riforme strutturali già messe in opera sono la base per il futuro. Per quanto difficile, per quanto provochi sacrifici importanti – afferma Grilli – radicali a questa strategia non ne vedo”.

VISCO, NON SI TORNA A CRESCERE CON SPESA ALLEGRA – “Non è spendendo allegramente che si torna a crescere. Si cresce se si eliminano vincoli di bilancio”. Lo afferma il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, sottolineando che il “debito italiano non può che scendere, di certo non salire.”La variabile fondamentale è il disavanzo, che è virtuoso”, anche se non è quello imposto dalla lettera della Bce. E questo dovrebbe spingere a una lettura “meno talebana” dell’austerity. “La crisi è grave ma non è stata causata dalla correzione di bilancio. La stella polare è conti in ordine e vincoli di bilancio. Non si ricresce tornando a spendere allegramente, ma si cresce se si eliminano i vincoli alla crescita, che non sono legati solo al bilancio pubblico nominale. E’ importante il recupero della fiducia: mancano gli investimenti delle imprese che sono legati alle prospettive di ripresa. Se viene meno la fiducia per motivi diversi dall’economia globale o dall’azione di finanza pubblica c’é un problema di sequenza. Senza investimenti non c’é ripresa, gli investimenti non ci sono se le prospettive sono insufficienti. Le prospettive sono insufficienti se le incertezze politiche non vengono eliminate”.

http://www.imolaoggi.it/?p=47780

 

L’usura schizza al 155,2 per cento

By Edoardo Capuano – Posted on 20 aprile 2013

Gli interessi degli strozzini lievitano fino al 20% al mese, pari al 240% annuo. In Campania e a Roma le punte di diffusione del fenomeno. Ma denunce in calo per la lentezza dei risarcimenti

 Gli italiani rinunciano. Rinunciano a tutto: a cercare lavoro, a comprare la macchina, la lavatrice, la casa. E ora la crisi economica determina un altro passo indietro: non si chiedono più neanche i prestiti, almeno al sistema creditizio legale. Una rinuncia che, per molti, rappresenta la drammatica anticamera dell’usura.

Nel 2012, stando agli ultimi dati del Crif (il database del credito), la domanda di mutui è crollata del 42% e nel 2013 le flessioni sono del 14, 10 e 9% rispettivamente a gennaio, febbraio e marzo. Dall’inizio della crisi a oggi il calo complessivo è del 53%.

Diminuisce anche la richiesta di prestiti che dal 2009 è scesa del 18%. Stessa Caporetto sul fronte delle imprese: a marzo, per la prima volta negli ultimi 12 mesi, c’è un meno nella domanda di prestiti, una flessione del 3,08%. Da una parte, quindi, contrazione dell’offerta di credito da parte delle banche, dall’altra famiglie e imprese non hanno più fiducia nelle proprie capacità di onorare il debito e di superare l'”esame” di credibilità davanti alla banca o alla finanziaria. Senza contare l’effetto dei tassi elevati, denunciato nei giorni scorsi dal presidente Bce, Mario Draghi, e ribadito dall’Fmi nell’ennesimo allarme credit crunch.

Così, gli italiani stanno precipitando nel baratro dell’indebitamento e del fallimento: sulle famiglie, secondo Bankitalia, grava un debito medio di 30mila euro (+28,7% dal 2008) e oltre il 38% non sarebbe in grado di sostenere una spesa imprevista di 800 euro. I dati delle Camere di Commercio ci dicono che nei primi quattro mesi 2012 i protesti bancari sono aumentati del 3%. Tra il 2010 e il 2012, denuncia Confesercenti, 245mila aziende hanno chiuso i battenti per sovraindebitamento o perché vittime degli strozzini: l’ultimo rapporto Sos Impresa “Le mani della criminalità sulle imprese”, spiega che sono 200mila i commercianti coinvolti in rapporti usurai, con le posizioni debitorie che arrivano a 600mila, mentre il numero degli usurai è passato da 25mila a 40mila nel giro di poco tempo.

Nel 2012, sottolinea uno studio di Contribuenti. it, il fenomeno dei “prestiti illegali” è cresciuto mediamente del 155,2%, con il picco del 183, 2% della Campania, e sarebbero a rischio usura oltre tre milioni di famiglie e 2,5 milioni di piccoli imprenditori.

Il rapporto di Sos Impresa (che mette a disposizione delle aziende un numero verde per chiedere aiuto, 800900767) fotografa Roma come capitale dello “strozzo”, dove si trova ogni tipologia di usuraio, dal cosiddetto “cravattaro” (pensionato o libero professionista) alle organizzazioni criminali più complesse. La cifra iniziale richiesta è piuttosto modesta, mediamente dai 5 ai 20mila, ma gli interessi lievitano fino al 20% mensile (240% annuo) soffocando la vittima. Tassi a livelli esorbitanti anche nel caso dell’usura mordi e fuggi: si chiedono soldi al mattino per restituirli la sera con un ricarico del 10%.

Purtroppo l’aumento del fenomeno è inversamente proporzionale al numero delle denunce: nel 2009 erano 369 i casi di usura, nel 2011 solo 230, inoltre cresce il numero degli arresti (da 736 a 1.223), il che indica che il giro dello strozzo sta diventando sempre più organizzato. Le denunce continuano a calare, oltre che per le comprensibili paure delle vittime, a causa dell’inadeguatezza della legge contro l’usura, la 108 del 1996, che prevede un iter burocratico da fa apparire “il risarcimento una pura chimera”, come sottolinea lo stesso presidente di Sos Impresa, Lino Busà. Ci vogliono anni prima che la vittima venga risarcita. Ma in tanti casi arriva prima il suicidio.

Autrice: Agnese Ananasso / Fonte: repubblica.it

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Agora’ di cloro » La “tintoria” PD non puo’ smacchiare 20 anni di lordura.

Sarà che ho scarsa propensione per le metafore politiche  in generale o che non ho attitudine per l’alta poesia con cui si vogliono coagulare gli umani in “massa”, ma a me la metafora di Bersani che “smacchia il giaguaro” ha sempre fatto cagare (con rispetto parlando).

Non ho mai capito cosa significasse davvero, è certo qualcosa che avrebbe a che fare con “la grande battaglia piddina contro il cancro berlusconico” ma il senso profondo e compiuto di questa allegoria mi è tuttora ignoto.

Quel che mi meraviglia, sempre e da sempre, è l’adattamento linguistico dei miei concittadini. Per un lungo periodo sui social network comparivano messaggi di persone che snocciolavano battute su questa storia dello smacchiare il giaguaro, come se fosse loro esattamente chiaro e distinto che cosa volesse dire. Accadeva anche mentre il professor monti e la sua tirapiedi fornero “riformavano” l’articolo 18, applicavano molte tasse a tutti i poveracci e anche alla piccola borghesia, posticipavano le liquidazioni e toglievano la pensione di anzianità alle madri di famiglia, che dopo aver tirato su diversi figli, si vedevano proiettare molto in la’ con gli anni l’epoca del riposo lavorativo. Anche mentre monti, nonostante fossero passati 40 giorni dal voto continuava dannosamente a legiferare contro gli italiani tutti -con la decurtazione dei risarcimenti assicurativi per chi subisce disgraziatamente incidenti (in auto o sul lavoro) e con la pign orabilità totale di pensioni e stipendi in caso di debiti –  anche in questi momenti c’era chi mostrava di capire bene e perfettamente cosa s’intendesse con lo “smacchiare il giaguaro”.

A me la metafora del giaguaro smacchiato fa venire in mente qualcosa di “contro natura”. Ma non nel senso cattolico di un ordine preordinato “divinamente” a cui gli umani o si sottomettono o si trovano ad essere servitori di satana. Contro-natura come è contro-natura una centrale nucleare (che tanto per dire lo smacchiatore Renzi trova quasi salubre) come è contro -natura un’ ILVA o lo è la devastazione delle montagne della Val Susa per costruire una TAV di cui la maggioranza degli esperti italiani di economia dei trasporti trovano che sarebbe nella migliore delle ipotesi inutile, esprimendo inascoltati le loro rimostranze agli amministratori pubblici del PD che invece la desiderano a tutti i costi.

Sono passati 15 mesi da che esiste il governo tecnico di Monti. Il principale responsabile in Italia della sua instaurazione è Napolitano, certo, ma chi quel governo ha approvato, mantenuto e apprezzato sono deputati e senatori del PD e del PDL che hanno con puntualità inconsueta per noi italiani, solitamente litigiosi e raffazzoni, approvato senza conflitti e in modo bipartisan ogni bruttura prodotta dal tecnico monti e dal suo pessimo entourage.

In questi giorni la bagarre per il presidente della repubblica è sotto gli occhi di tutti. Rodotà è del PD, ma non ha un passato scandaloso quanto quasi tutti gli altri. Su di lui convergevano intese insperabili e anche un anelito di governabilità su larghe basi che poteva essere una novità per la politica italiana. Niente di eclatante, io non credo alla divinità del “nuovo”, chè di nuovo c’è poco. Ma nel nostro paese un personaggio che è arrivato a 80 anni non colluso con mafia, camorra, inciuci, scandali bancari, bilderberg, partigianeria guerrafondaia, P2, stragismo, bancarotte, clericalismo, ruberie colossali di denaro pubblico, massoneria, goldman sachs , zerbinaggio verso il sionismo, crack, svendita di pubbliche proprietà, privatizzazioni, esternalizzazioni, compagnie delle opere e compagnia cantante e’ un po’ un’eccezione nella nostra storia.

Per questa ragione democrazia avrebbe voluto che, essendo un Rodotà benvoluto da M5S, SEL ed elettorato del PD, venisse naturale eleggerlo presidente della repubblica. Anche perchè per piu’ di un mese, cioè da quando il M5S ha preso il 25% dei voti alla camera, la manfrina dello smacchiatore di giaguari era “troppo comodo stare all’opposizione e dire sempre di no” accennando al fatto che il PD avrebbe tanto voluto un’alleanza con questa nuova forza politica ma che fosse la nuova forza politica a non voler essere “responsabile” abbandonando il campo.

Quando pero’ l’apertura c’è stata e il PD si è trovato su un piatto d’argento la disponibilità del M5S a votare per tale candidato al quirinale e ha girato le spalle, beh, lì tesserati, elettori e simpatizzanti, che fino a quel momento non avevano voluto vedere l’appoggio bipartisan effettuato guancia a guancia con berlusconi alle infami politiche di rigore ed austerità di monti (nonostante ne fossero stati personalmente danneggiati e nonostante i suicidi di disoccupati ed indebitati si presentino con una frequenza davvero inusuale da che monti sta dove sta) ecco, in quel momento preciso è scoppiata la loro rabbia.

La tardività degli italiani mi stupisce in effetti: in ogni caso oggi la rabbia degli elettori del centrosinistra (chè non sia mai che si tolga il prefisso “centro” eh) è reale e manifesta in rete ovunque. Insieme alle foto di tessere bruciate e strappate però, sui social network, continuano ad apparire ancora battute e riferimenti a bersani che “smacchia il giaguaro”.

E questo, oltre a tutto il resto, non mi pare un buon segno.

http://www.cloroalclero.com/?p=10828

 

Napolitano contro Rodotà, nel 1992

chi l’ha detto che la storia non si ripete?

 In gioco c’era la presidenza della Camera: vinse Napolitano, Rodotà venne fatto fuori dal suo stesso partito e non la prese bene

21 aprile 2013

Il 3 giugno del 1992, dopo tre scrutini piuttosto difficili, Giorgio Napolitano – che i giornali dell’epoca già chiamavano “l’anziano leader” – venne eletto presidente della Camera. Fino al giorno prima il Partito dei Democratici di Sinistra (PDS) – il partito nato da poco dal Partito Comunista Italiano, dal quale si era staccata Rifondazione Comunista – aveva prima appoggiato e poi scaricato un altro candidato, il primo presidente del PDS e vicepresidente della Camera Stefano Rodotà.

Qualcosa di simile è accaduto nuovamente ieri, con il confronto durante l’elezione per il Presidente della Repubblica, di nuovo, tra Giorgio Napolitano e Stefano Rodotà. Come ieri, anche allora a Rodotà è mancato l’appoggio del suo partito – in un certo senso – naturale: il PDS e poi il PD, ma ha ottenuto invece quello di altre forze: all’epoca Rifondazione e Verdi, ieri il Movimento 5 Stelle – ma fuori da Montecitorio la piazza era comunque piena di bandiere di Rifondazione. Lo scontro fu simile anche perché avvenne al tramonto della cosiddetta “prima Repubblica” – fu la legislatura in cui scoppiò Tangentopoli e l’ultima prima dell’entrata in politica di Silvio Berlusconi – come oggi molti sostengono che sia arrivata la fine della seconda.

Le elezioni del 1992, quelle subito precedenti allo scontro tra Napolitano e Rodotà, furono elezioni storiche. Per la prima volta non si presentava più il PCI che si era scisso in PDS e Rifondazione Comunista. La Lega Nord, che si presentava per la prima volta alle elezioni politiche, prese più di 3 milioni di voti e ottenne 80 seggi  tra Camera e Senato. La Democrazia Cristiana ottenne il suo risultato peggiore di sempre e il Partito Socialista Italiano subì la prima flessione nel suo consenso dal 1979.

Il primo atto del nuovo parlamento fu l’elezione di Oscar Luigi Scalfaro a Presidente della Repubblica: un’elezione travagliata, per cui furono necessari 16 scrutini. Il giorno prima della sua elezione venne assassinato Giovanni Falcone: dopo la strage di Capaci quasi tutte le forze politiche, con l’eccezione di Rifondazione Comunista e della Lega Nord, si accordarono per eleggere Scalfaro, democristiano, allora presidente della Camera. La sua elezione aprì un clima favorevole a un’entrata del PDS in un governo DC e PSI.

Com’era tradizione nella prima Repubblica – tradizione che si è persa negli ultimi anni – la maggioranza DC-PSI lasciò all’opposizione l’elezione del presidente di una delle due camere, in questo caso quella dei deputati. Per le prime due votazioni il candidato ufficiale del PDS fu Rodotà, a cui Scalfaro aveva appena lasciato la presidenza della Camera. Al primo scrutinio prese 158 voti su 554. Il secondo andò ancora peggio: 147 voti. Secondo i giornali dell’epoca, mentre riceveva i voti di Rifondazione e dei Verdi, Rodotà era preso di mira da molti “franchi tiratori” del suo stesso partito e, soprattutto, le forze della maggioranza non sembravano disponibili a votarlo.

Dopo l’insuccesso del 2 giugno il PDS, scrissero i giornali, cominciò a temere che stesse venendo meno la disponibilità dei partiti di maggioranza a votare un candidato del PDS. Il segretario del partito, Achille Occhetto, disse che «i principali gruppi parlamentari hanno dichiarato la loro disponibilità a prendere in considerazione una candidatura del Pds» e che invitavano il PDS «a non protrarre oltre l’ elezione, per mettere il presidente della Repubblica nelle condizioni di poter aprire le consultazioni».

Nel corso del 2 giugno il PDS votò per due volte scheda bianca, lasciando a Rodotà soltanto i voti di Rifondazione Comunista, dei Verdi e di alcuni altri partiti minori. La sera di quel giorno, il gruppo parlamentare si riunì per decidere una nuova candidatura. Su 107 membri del gruppo parlamentare, solo 22 si astennero e venne scelto Giorgio Napolitano, moderato, aperto al dialogo con i socialisti di Craxi e leader della corrente dei “miglioristi” all’epoca del PCI. Questa fu la notizia, a pagina 3 della Stampa del 3 giugno 1992.

Rodotà fu molto critico nei confronti del suo partito.  In un comunicato diffuso dopo la riunione che aveva deciso per la candidatura di Napolitano scrisse: «Una piccola schiera di imbecilli ha ridotto tutto a una fame di poltrone che, se fosse esistita, molti erano pronti a saziare con ragguardevoli bocconi». Poco dopo si dimise da presidente del partito e dalla vicepresidenza della Camera. Il giorno dopo, il 3 giugno, Giorgio Napolitano venne eletto con 360 voti che includevano quelli del PDS, della DC e del Partito Socialista.

http://www.ilpost.it/2013/04/21/napolitano-contro-rodota-nel-1992/

 

ITALIA MONTIANA A QUALUNQUE COSTO (UMANO)

di Barbara Cloro

Amo tanto le metafore escrementizie e mai come ora sarebbero quelle che piu’ si adattano a far da commento alla situazione politica attuale…. ma vi risparmierò la coprolalìa e cercherò di essere civile, anche se di civile, in questo dannato paese, mi sa che ci è rimasta solo la guerra…

Napolitano definiva “al limite del ridicolo” la sua candidatura solo una settimana fa.

La situazione pre-elettorale la conosciamo tutti: c’era convergenza di tanta parte del parlamento su Rodotà (M5S e SEl) che, lo ricordiamo, è del Pd. Pero’ poi il PD stesso ha espresso un chiusissimo “niet”. Politici hanno provato a far pressioni sulla figlia di Rodotà affinchè facesse ritirare il padre, hanno provato a far eleggere prima Marini e poi Prodi (entrambi meno peggio di Napolitano), andate male le due cose e poi… voilà, rielezione del vecchio “migliorista”.

A latere della questione ci sarebbe la telefonata di Draghi a Napolitano per convincerlo a ricandidarsi, la riunione dei capi di PD, PdL, Napolitano stesso e Monti (che ha preso il 6% alle elezioni ma governa tuttora e governerà in futuro).

Una grande massa di italiani, non solo del M5S gridano al golpe e a questi italiani, qualche politico purtroppo ancora con un certo margine di gradimento (Finocchiaro, Boldrini (1) e Renzi: tra le figure piu’ oscene di questa classe dirigente) ha pure rimproverato i cittadini che parlavano di golpe. Niente golpe: tutto istituzionale. Tutto regolare. Come gli arbitri corrotti che si girano dall’altra parte per non vedere il fallo in area di rigore che non sanzionano.
Pero’ richiamano gli italiani moralisticamente alla fiducia nell’osservanza della costituzione. Almeno gli uomini del PdL hanno avuto il buon gusto di stare zitti su questo punto e tutto sommato l’assenza in loro, oltre che di morale, di moralismo, me li fa essere piu’ simpatici di un’ipocrita boldrini (2) o di un arrivista zerbino Renzi.

Molti pensano che Berlusconi sia l’artefice e il maggior beneficiario di questo golpe legale, in realtà è Draghi, il regista, è Draghi che ne beneficerà perchè la prospettiva sarà Amato premier e Monti agli esteri.

E’ evidente, purtroppo, la palese volontà di questa classe dirigente di portare avanti la politica di Monti ad ogni costo, in un’escalation di tagli e di salassi (sui conti correnti e tramite equitalia) a beneficio di finanziarie, banche ed enti assicurativi. La loro “base politica” è all’estero, negli USA, precisamente e si chiama Goldman Sachs. Non a caso Obama si è precipitato sorridente ed entusiasta a complimentarsi per l’ottima scelta. Non siamo mica il Venezuela, noi.

La costituzione in effetti è diventata di un’elasticità disarmante…abbiamo un governo di emergenza che dura da 15 mesi e l’emergenza che si è aggravata, ciononostante lo stesso governo tecnico legifera in modo mortifero anche dopo le elezioni.

Puzzava che Napolitano non avesse ancora sciolto le camere. Puzzava che Monti sembrasse (sembri) così inamovibile.
Puzzava una nomina a senatore a vita di uno che non si era mai presentato ad elezioni fino ad ora e puzza che questa stessa persona sia stato presente alla ristrettissima cerchia di politici che ha rideciso per Napolitano presidente.
Puzza che proprio due giorni fa la cassazione avesse deciso di stralciare e distruggere le intercettazioni di Napolitano. Puzzava che due settimane fa la magistratura facesse un’offensiva a coloro che “offendevano Napolitano sul web” partendo con decine di denunce. Tutto puzzava, peggio delle fogne di Calcutta.

Non s’era mai verificata una situazione del genere, dal ’48 ad oggi: Berlusconi ora avrà quel che voleva sicuramente: l’impunità, la prescrizione. Ma non per aver orchestrato tutto questo, ma per aver accondisceso. Draghi gli darà quel che chiede. Monti comanderà ancora e Amato ruberà nuovamente i soldi dei cittadini dai conti correnti. Goldman Sachs, vero artefice del disastro italiano (3) ha fatto nuovamente vincere i suoi uomini e se non si mette di mezzo qualcosa, una situazione tipo Grecia aspetta presto questo paese.

Non concludo riponendo speranze nel M5S, perchè soltanto un riscatto da parte di quegli italiani sbattuti e offesi potrebbe sortire un effetto. Ma la speranza, come diceva il bravo Monicelli, è un sentimento che risponde alla volontà  padronale. Come l’applicazione della costituzione in questo paese.

1) http://www.globalist.it/Secure/Detail_News_Display?ID=43130&typeb=0
2) http://www.globalist.it/Secure/Detail_News_Display?ID=43130&typeb=0
3) http://www.controlacrisi.org/notizia/Politica/2013/4/20/32901-napolitano-vince-le-banche-esultano/#.UXLzgWPaChk.facebook

fonte: Cloro al Clero

http://www.oltrelacoltre.com/?p=16230

 

Marco Della Luna: Il Presidente della partitocrazia e delle banche. In arrivo la violenza di Stato

Tutto ciò che fa il parlamento è democratico” rassicura Stefano Rodotà, dall’alto delle sue rendite pubbliche. “Soprattutto se quel parlamento è un parlamento di nominati, nominati da non più di venti persone delle segreterie/cda dei partiti” – ha dimenticato di aggiungere.

Napolitano, già sottoscrittore, col Prodi, della privatizzazione di Bankitalia nel 2006 e corresponsabile politico del governo Monti, si conferma garante, all’interno, della coesione della partitocrazia necessaria alla tutela degli interessi della partitocrazia stessa; e all’esterno, garante della obbedienza dell’Italia a una politica economico-finanziaria che avvantaggia il capitalismo bancario straniero a danno degli italiani. E’ a questo che deve il suo successo e la sua ri-elezione, a questa capacità di duplice e congiunta garanzia, che gli assicura il sostegno “delle cancellerie che contano”. Ci manca solo che ora anche Bersani faccia il sacrificio di rimanere in carica e che Berlusconi accetti un Amato a Palazzo Chigi.

La partitocrazia, traballante per la sua delegittimazione e i disastri delle sue scelte, rinuncia a ogni finzione di cambiamento invocato dalla gente, modifica quanto serve la costituzione, e si prende qualche mese aggiuntivo ricompattandosi e mummificandosi. Ha un anno e mezzo al massimo, per realizzare due cose:

-o rilegittimarsi attraverso un rilancio dell’economia e dell’efficienza del sistema paese,

-oppure allestire un apparato autocratico di repressione e di intimidazione poliziesche dell’inevitabile rabbia di popolo, che potrebbe sfociare nella prima rivoluzione italiana (la quale sarebbe anche la prima azione collettiva unificante e fondatrice di una unità nazionale italiana, sinora n on realizzatasi).

Qualcuno pensa che, fra altri sei mesi di peggioramento economico quale stiamo avendo da anni, si potrà governare gli italiani col loro consenso e con le buone, senza ricorrere alla violenza di Stato? Ricordo che in Italia la ragion di Stato è ricorsa alle stragi terroristiche per delegittimare il dissenso radicale su temi socio-economici.

Vorrei poter pensare che un governissimo di scopo possa rilanciare l’Italia, ma so che gli strumenti per la prima possibilità mancano, essendo stata ceduta la sovranità non solo monetaria, ma anche fiscale e finanziaria, ed essendo stato eretto a norma costituzionale il dogma monetarista. Gli strumenti per la seconda, invece, ci sono tutti, grazie al MES, al Trattato di Lisbona e all’Eugendfor, che è il sistema di polizia europea, composta esclusivamente di corpi militari e non civili, sottratta alla normale responsabilità e giurisdizione, e senza limitazioni nei tipi di armi che può usare contro i civili – vedi gas letali ed armi elettromagnetiche e acustiche subletali.

Sapendo che l’economia italiana non ripartirà, è ovvio che il governo delle larghe intese avrà come asse portante l’organizzazione dell’apparato autoritario e repressivo, iniziando con un adeguato battage mediatico preparatorio.

“Il dissenso può essere espresso solo nelle forme della legalità”, continua la rassicurazione di Rodotà, dall’alto dei suoi redditi. Ma che fare se le forme della legalità vengono svuotate e calpestate dal palazzo che difende i suoi interessi contro quelli di un popolo che non rappresenta, anzi tradisce? Emigrare o insorgere o aspettare che lo schifo marcisca del tutto e cada da sé?

20.04.13 Marco Della Luna

http://www.signoraggio.it/marco-della-luna-il-presidente-della-partitocrazia-e-dei-banchieri-in-arrivo-la-violenza-di-stato/