Gli operai riciclano la fabbrica e ricreano il lavoro

Lidia Baratta

Dagli scarti dell’azienda è nata l’idea di creare una cooperativa per riciclare materiale elettrico

 La Ri-Maflow di Trezzano sul Naviglio (Milano)

C’era una volta una fabbrica italiana che produceva tubi per gli impianti di climatizzazione delle auto. Poi è arrivata la crisi e ha spazzato via clienti, commesse e posti di lavoro. Più di trecento. Ora, in quegli stessi capannoni di Trezzano sul Naviglio, nel milanese, alcuni degli operai licenziati si sono “riciclati”. Letteralmente. Così dalla vecchia Maflow è nata la Ri-Maflow, una cooperativa che smonta, separa e ricicla i materiali di prodotti elettrici ed elettronici. Lavatrici, tastiere, monitor. Sempre lì, in via Boccaccio 1, dove i lavoratori per mesi hanno prima manifestato e scioperato contro la chiusura dell’azienda e poi si sono rimboccati le maniche. Coinvolgendo pensionati e giovani senza impiego, e pure alcuni dipendenti silurati dagli stabilimenti industriali vicini. Da disoccupati a imprenditori.

«Abbiamo occupato la fabbrica», dice Michele Morini, 43 anni, che alla Maflow ha lavorato per cinque anni nel reparto prototipia, dove si testavano i prodotti prima di essere consegnati alle casa automobilistiche. «Dall’Audi alla Wolkswagen a Bmw, e perfino la Ferrari», racconta fiero. I capannoni, quattro in tutto (30mila metri quadri di cui circa la metà coperti), sono di proprietà della Virum, società che fa capo a Unicredit. «Dopo l’occupazione abbiamo cercato un dialogo con la società per un accordo ufficiale», dice, «all’inizio abbiamo chiesto di poter usare lo spazio gratuitamente in comodato d’uso. Eravamo stati licenziati, non potevamo permetterci di pagare l’affitto. Poi, se l’idea avesse fruttato, avremmo pagato regolarmente». Dalla società, in realtà, un «sì» non è mai arrivato. In ogni caso, Michele e colleghi dicono: «Noi ci siamo e non ce ne andiamo». Alla fine «ci hanno fatto capire che s e avessimo fatto i bravi, a loro poteva andar bene». Un accordo, sì, scherza Michele, ma «tacito». 

Gli ex operai hanno ripulito i magazzini, riallacciato la fornitura elettrica e si sono messi all’opera. Di lavoro fuori da quell’azienda non ce n’era. Bisognava inventarselo. Proprio lì, dove la Maflow aveva prodotto i suoi tubi dal 1973 (quando si chiamava Murray), diventando una multinazionale con 23 stabilimenti in tutto il mondo. Dal 2007, poi, è arrivata la crisi e i debiti accumulati sono diventati 140 milioni. Nel maggio del 2009 il Tribunale di Milano dichiara lo stato di insolvenza della fabbrica e viene avviata la procedura di amministrazione straordinaria. L’azienda passa in parte nelle mani dell’imprenditore polacco Boryszew, che assume solo 80 dei 320 dipendenti, per poi chiudere dopo soli due anni. Davanti a quei portoni chiusi, gli operai hanno manifestato, urlato, chiesto un lavoro. E alla fine quelle porte le hanno oltrepassate da imprenditori.

Una volta “conquistati” i capannoni, bisognava pensare alla burocrazia. «Così ci siamo costituiti come cooperativa», racconta Michele Morini, «avevamo bisogno di essere un soggetto giuridico per poter prendere commesse, fare accordi ecc.». All’iniziativa hanno aderito in dieci. Tra di loro, non ci sono solo ex operai Maflow in mobilità, ma anche due lavoratori della vicina Novaceta di Magenta, azienda chimico-tessile che dal luglio 2010 ha dato l’avvio alle procedure fallimentari. 

Dovevano trovare qualcosa che riuscissero a fare tutti. Senza grandi specializzazioni. E soprattutto senza investimenti iniziali. I capannoni bianchi, che «prima erano pieni di gente e di macchinari», dopo la dismissione della fabbrica erano rimasti vuoti. O quasi. Restavano diversi rottami incustoditi, qualche tubo di gomma e parecchi fogli metallici. Dopo un piccolo corso di formazione, l’idea è stata di buttarsi nel riciclo. E la prima fonte di ricchezza sono stati proprio i resti della Maflow, l’azienda che li aveva licenziati. «C’erano rame, acciaio, alluminio e altri scarti metallici», racconta Michele Morini, «e così siamo partiti da lì. Abbiamo riciclato l’azienda e ci siamo riciclati anche noi». 

Per disassemblare computer, motori, stampanti non servono grandi macchinari. Solo «strumenti semplici», dice Morini. Cacciavite, pinze e chiavi inglesi. «Alcuni li abbiamo trovati qui, altri li abbiamo portati da casa». Le basi per partire c’erano tutte. Dopo un mese di lavoro, la cooperativa ha già ricevuto diverse commesse. E si cominciano a vedere i primi guadagni. «Si mettono in contatto con noi diverse persone, molta gente si ferma con la macchina e ci consegna rifiuti», dice Michele. «In più abbiamo incontrato le amministrazioni comunali e i sindaci del circondario per prendere degli accordi. Ma ci sono anche piccole aziende che devono disfarsi di vecchi computer e stampanti che prima non sapevano dove portarli e ora li portano qui». Michele e soci valutano prima se gli strumenti siano o meno funzionanti. Nell’ipotesi in cui i processori girino e le macchine funzionino, «o li ripariamo e li rivendiamo nel nostro mer catino interno, o li usiamo noi stessi», dice, «visto che abbiamo anche bisogno di risistemare gli uffici». 

Non solo riciclo, però. Dietro la Ri-Maflow esiste «anche un universo di valori nuovo», dice Michele. La «fabbrica senza padroni», la chiama lui con un linguaggio che ricorda le vecchie battaglie operaie. Per far funzionare un’azienda, dice, «l’imprenditore non è indispensabile. Tenuto conto che molte imprese ora falliscono, vorremmo provarci anche noi. Tanto peggio di così non potevamo stare». Alla Ri-Maflow non esistono gerarchie, non ci sono direttori, presidenti, amministratori. «Tutti siamo uguali». E funziona? «È un esperimento interessante», risponde Michele. «I contrasti sono inevitabili. Sarebbe più comodo avere delle gerarchie. Così invece bisogna stare più attenti, è richiesta più tolleranza, più rispetto reciproco. Bisogna essere più responsabili, più elastici. Non recuperiamo solo vecchi materiali ma anche vecchi valori». Così si sono fissate delle regole. E si sono stilati i turni: 24 ore su 24, sette giorni su sette. «Perché qui abbiamo già subito un tentativo di furto», dice, «il rame fa gola a tanti». 

Nei capannoni di via Boccaccio 1, ora vivono anche due profughi che dopo la fine del progetto Emergenza Nord africa rischiavano di restare senza un tetto. «Si chiamano Fred e Naiser», dice Michele. «Si sono scelti due uffici che sono diventati le loro camere. Ogni tanto ci vengono a trovare e ci danno una mano».

I 30mila metri quadri della ex Maflow si popolano ogni giorno di operai, pensionati, laureati in cerca di lavoro e disoccupati. «E c’è anche anche un ex senatore», rivela Michele. Dopo due anni di cassa integrazione, molti dei soci ora percepiscono l’indennità di mobilità. «Con la quale possiamo stare abbastanza tranquilli sulle necessità principali», racconta Michele, che ha una moglie e una figlia di tredici anni. Certo, ora la cooperativa non è ancora in grado di produrre degli stipendi per tutti. Ma la speranza è che «in futuro potremo magari comprare dei macchinari e crescere ancora, diventare di nuovo 200-300 operai e tornare occupare ancora tutti gli stabilimenti». «Sappiamo», ammette, «che tecnicamente ed economicamente non potremo competere con le altre aziende che sono già sul mercato da diversi anni, ma noi possiamo competere con i nostri valori e la nostra storia, che faranno la differenza». 

Il video della Ri-Maflow 

http://www.youtube.com/watch?v=D3iumPAPSvg&feature=player_embedded#!

http://www.linkiesta.it/rimaflow#ixzz2PTvKnBwG

 

Siria, la corsa all’oro nero

di: Manlio Dinucci

Le riserve petrolifere accertate della Siria (2,5 miliardi di barili), sono maggiori di quelle di tutti i paesi vicini eccetto l’Iraq: lo stima la U.S. Energy Information Administration, che di petrolio (soprattutto quello degli altri) se ne intende. Ciò rende la Siria uno dei maggiori produttori ed esportatori di greggio in Medio Oriente. Il paese possiede anche grosse riserve di gas naturale, usato finora per il consumo interno. C’è però un problema, segnala l’agenzia statunitense: dal 1964 le licenze per l’esplorazione e lo sfruttamento dei giacimenti sono riservate agli enti statali siriani.

Ciò procurava allo stato, fino al 2010, un’entrata annua di oltre 4 miliardi di dollari proveniente dall’esportazione di petrolio soprattutto in Europa. Le cose però stanno cambiando con la guerra. L’«Esercito libero siriano» si è impadronito di importanti campi petroliferi nell’area di Deir Ezzor.

Altri campi, nell’area di Rumeilan, sono controllati dai curdi del Partito di unione democratica, ostili però anche ai «ribelli» con i quali si sono più volte scontrati. La strategia Usa/Nato punta sui «ribelli», che sono stati aiutati a impadronirsi dei campi petroliferi con un duplice scopo: privare lo stato siriano degli introiti delle esportazioni, già fortemente calati per effetto dell’embargo Ue; far sì che i maggiori giacimenti passino in futuro, tramite i «ribelli», sotto il controllo delle grandi compagnie occidentali. Fondamentale, a tal fine, è il controllo della rete interna di oleodotti e gasdotti. Questa è stata sabotata dai «ribelli» in più punti, soprattutto nei pressi di Homs dove c’è una delle due raffinerie del paese.

Ma c’è un’altra posta in gioco strategicamente ancora più importante: il ruolo della Siria quale hub di corridoi energetici alternativi a quelli attraverso la Turchia e altri percorsi, controllati dalle compagnie Usa ed Ue. La «guerra degli oleodotti» è iniziata da tempo: nel 2003, invadendo l’Iraq, gli Stati uniti hanno subito distrutto l’oleodotto Kirkuk-Banias che trasportava in Siria il greggio iracheno. E’ restato però in funzione quello tra Ain Zalah e Suweidiva. Successivamente, sfidando i divieti di Washington, Damasco e Baghdad hanno varato il progetto di due oleodotti e un gasdotto che, attraverso la Siria, collegheranno i giacimenti iracheni al Mediterraneo e quindi ai mercati esteri. Ancora più pericoloso per gli interessi occidentali l’accordo stipulato nel maggio 2011 tra Damasco, Baghdad e Teheran: esso prevede la realizzazione di un gasdotto che, attraverso l’Iraq, trasporterà il gas naturale iraniano in Siria e da qui ai mercati ester i. Questi e altri progetti, già finanziati, sono stati bloccati da quelle che l’agenzia statunitense definisce «le incerte condizioni di sicurezza in Siria».

FONTE: IlManifesto.it

http://coriintempesta.altervista.org/blog/siria-la-corsa-alloro-nero/

 

Se la rabbia con cui contestano Grillo l’avessero usata contro i veri responsabili della crisi…

Tanto accanimento e tanta cattiveria e così tante critiche che molti italiani vengono a sfogare in questo spazio nei confronti del Movimento e di Beppe Grillo se ľavessero tirata fuori qualche anno prima e soprattutto con i veri responsabili morali dei mali che affliggono il nostro Paese probabilmente vivremmo tutti quanti oggi in un Paese molto più civile, meno menefreghista, meno furbo, meno ipocrita, meno corrotto, sia materialmente che moralmente, e con una classe politica paragonabile a quelle dei paesi del nord Europa.

 Invece no, preferiscono accanirsi contro ľunico elemento di rottura che è stato in grado di fare da spartiacque in una situazione di inerzia morale che si trascina da dacenni, che ha messo il Paese in ginocchio, prima ancora che materialmente umanamente, che ha trascinato con se le vite di tutti coloro che col fango alla gola avevano anche smesso di lottare perchè si era persa ogni speranza…

E chi perde la voglia di lottare e soprattutto la speranza è già un uomo morto ancor prima di stare sotto terra.

Chi ci ha sempre creduto in questo progetto, più che politico umano, chi non ha smesso di crederci non deve nemmeno mai smettere di sognare e desiderare di andare oltre, perchè arrivati a questo punto è vietato smettere di sognare.

Dicevano che il Movimento sarebbe imploso ancor prima di arrivare a presentarsi alle nazionali…

Dicevano che non si poteva fare a meno dei Media tradizionali…

Dicevano che senza fare alleanze non saremmo andati da nessuna parte…

Oggi il livello di cattiveria e di accanimento nei confronti del Blog, del Movimento e di Beppe Grillo non ci possono dire altro che siamo sempre stati sul binario giusto e per favore continuiamo a restarci.

Molti italiani somigliano ad un serpente velenoso che di fronte al pericolo non trova niente di meglio da fare che cercare di avvelenare se stesso.

Saluti

Donato.

http://www.italiaincrisi.it/2013/04/03/se-la-rabbia-con-cui-contestano-grillo-lavessero-usata-contro-i-veri-responsabili-della-crisi/

 

Gli Usa vogliono la Korea del Nord

Il premio nobel per la pace Obama non sa proprio cosa inventarsi per uscire dalla crisi economica. Ricorrerà al solito stratagemma al quale i gendarmi del mondo ci hanno ormai abituato fin dalla prima guerra mondiale?

L’ennesimo false flag ed ecco un altro territorio annesso all’impero. Tanto, quando mai qualcuno, un’organizzazione, un ente, la tanto cara e dolce società civile ha mai chiamato qualcuno a rispondere dei crimini degli Usa in giro per il mondo? Da Hiroshima a Nagasaki, al golfo del Tonchino, in Salvador, Columbia, Africa, Iraq, Afganistan, Libia ed ovunque vi sia un confitto o una instabilità c’è il loro zampino. Devono esportare la democrazia, dicono. La Korea del Nord sono secoli che è nel mirino e visto che non riescono a spuntarla in Siria, intanto si portano avanti con il lavoro nella penisola koreana. I giornali in astinenza di scoop titolano che la Korea avrebbe già attaccato e dato inizio ad una guerra nucleare. “Colpiremo gli stati uniti con l’atomica” riporta il Tgcom, lasciando intendere che questo sia l’ordine ricevuto dall’esercito. Caspita, in Italia ci vogliono decadi per sapere cosa sia successo quando avviene un incidente che coinvolge l’esercito, mentre in una sola giornata i giornali e tg sanno già cosa contiene l’ordine impartito da Pyongyang, lasciando il dubbio che sia stato tradotto correttamente come fu tradotta la famosa frase di Ahmadinejad riguardo ad Israele ed alla sua mai annu nciata scomparsa dalle cartine geografiche. Intanto il pacifista Obama si trova già a Denver, (ufficialmente per promuovere la riforma di restrizione sul possesso delle  armi) località nella quale sembra sia stata costruita una struttura per accogliere il presidente, membri del governo ed alti ufficiali della catena di comando in caso di scoppio di guerre, cataclismi ed altri eventi catastrofici.

I giornali precisano che il suolo Usa non è raggiungibile dalla Korea del Nord, nonostante  i pennivendoli a servizio abbiano lavorato per la solita agenda di guerra diffondendo bugie colossali come questa. Mi chiedo quando la propaganda di guerra sarà mai considerata reato pari al genocidio, perché di questo si tratta. In ogni caso, i guerrafondai occidentali  dopo essersi resi conto che la Korea del Nord non ha i mezzi per colpire gli Usa, ripiegano su obiettivi più vicini.Il Tgcom ha riferito che gli Usa stanno già attivando un sistema di difesa missilistica denominato Thaad a Guam che però non sarebbe pronto pr ima del 2015. A quanto pare è già in grado di funzionare, che fretta.

Così come hanno fretta di approfittare del nuovo trattato sul commercio delle armi, fatto su misura per gli Usa, unica nazione titolare del diritto di decidere chi può difendersi e chi no. Basta che venga mossa un’accusa al paese che gli Usa intendono aggredire, magari quella di violare i diritti umani ed ecco che la versione moderna della dichiarazione di guerra è servita. 

Chiaramente è la Korea del Nord che minaccia. Come dubitare, queste minacce di cui aspetto ancora prova certa, non saranno più utili agli stessi Usa per autolegittimare un attacco preventivo? Uno dei tanti ottimi articoli su Aurora sito, svela una realtà completamente opposta, fatta di provocazioni continue ai danni della Korea del Nord

Chissà, gli Usa potrebbero attaccare una base loro in Giappone, accusare la Korea del Nord e dare il via all’annientamento di una delle ormai poche nazioni che fanno del socialismo sistema di vita. Magari converrà anche al Giappone così avrà un paravento per occultare l’espansione e l’aumento di intensità radioattiva che invece è da imputarsi a Fukushima

Intanto, la bella comunità internazionale e la società civile che si indigna a comando di Soros per le sue primavere colorate è sempre stata silente  su questo dato che dimostra una vera e propria guerra all’umanità intera:

Tutte le esplosioni nucleari dal 1945 al 1998″2055″ – Questo è il numero di esplosioni nucleari condotte in varie parti del mondo .*

Profilo dell’artista: Isao HASHIMOTO

 Nato nella prefettura di Kumamoto, in Giappone nel 1959.

 Ha lavorato per 17 anni nel settore finanziario come rivenditore di cambio. Ha studiato presso il Dipartimento di Arte, politica e gestione dei Musashino Art University, Tokyo.

Attualmente lavora per Lalique Museo, Hakone, in Giappone come curatore.

Nel 1996 vi fu un trattato di moratoria dei test nucleari non firmato da tutti i paesi.

Dopo il trattato nel 1998 india e pakistan effettuarono 4 test nucleari da allora solo due altre esplosioni sotterranee ad opera della korea del nord una nel 2006 ed un altra nel 2009.

 VEDI VIDEO SU SOLE ATTIVO

AGGIORNAMENTO:

La guerra segreta di Israele contro la Corea del Nord

Nel 2002, il presidente George Bush definì ‘l’asse del Male’, includendo l’Iraq, l’Iran e la Corea del Nord (la Siria è stata aggiunta in seguito). Dato che i paesi del Medio Oriente si oppongono all’espansionismo israeliano, non sorprende che l’amministrazione Bush, dominata dai sionisti (Libby, Perle, Feith, Wolfowitz, Frum), avesse preso di mira l’Iran, la Siria, e l’Iraq. Ma perchè allora la Corea del Nord?

 Israele e la Corea del Nord, pur essendo agli estremi opposti del continente asiatico, sono acerrimi nemici? La Corea del Nord non riconosce Israele, e la condannò per il trattamento riservato ai Palestinesi sfollati. 

 (Nota: Con questo articolo non si vuole glorificare il regime nordcoreano. L’obiettivo è quello di esporre il ruolo di Israele dietro il possibile futuro conflitto tra America e Corea del Nord / Cina.) 

 Ancora più importante, la Corea del Nord ha venduto la sua avanzata tecnologia missilistica alle nazioni Medio Orientali, nemiche di Israele.

L’aviazione israeliana bombardò, nel 2007, un impianto di ricerca nucleare siriano, uccidendo 10 scienziati nord coreani? (qui e qui). Il bombardamento dell’impianto siriano da parte di Israele fu un atto di guerra contro la Siria e la Corea del Nord. In questo bombardamento morirono 10 scienziati Nord Coreani.

Numerose pubblicazioni in Israele e negli Stati Uniti condannarono la Corea del Nord per aver fornito, ai paesi dell’Asse del Male, tecnologia nucleare?

 Eccone una piccola parte:

  • 2006: Haaretz (Israele) Israele chiede al Mondo di ‘contrastare con decisione’ gli esperimenti nucleari Nord Coreani (qui)
  • 2008: Haaretz (Israele) La Corea del Nord, fornisce armi a sei paesi del Medio Oriente (qui)
  • 2010: The Daily Star (Libano) Israele: La Corea del Nord spedisce WMD di in Siria (qui)
  • 2012: Arutz Sheva (Israele) Il nemico della Corea del Nord: Israele (qui)
  • 2013: Jewish Virtual Library Potenziali minacce nei confronti di Israele: Corea del Nord (qui)
  • 2013: Huffington Post Il ministro israeliano: l’Iran, la Siria, e la Corea del Nord sono il nuovo Asse del Male (qui)
  • 2013: Reuters News Service Israele sollecita una risposta rapida ai test nucleari della Corea del Nord (qui)
  • 2013: Wall Street Journal L’accordo Iran-Corea del Nord desta preoccupazioni (qui)

L’affondamento di una nave della Corea del Sud nel 2010 fu un ‘False Flag’ che portò quasi ad una guerra tra le due Coree. La Corea del Nord negò ogni coinvolgimento. Chi sparò quindi il siluro? Lo sapevate che Israele ha una flotta di sottomarini tedeschi che possono pattugliare gli oceani del mondo e lanciare missili nucleari?! I sottomarini nucleari israeliani possono affondare qualsiasi nave o colpire qualsiasi città.

La Merkel si è sentita così in colpa per l’Olocausto che ha venduto a buon mercato dei sottomarini nucleari a Israele!

Anche Hollywood, controllata dai sionisti, sta entrando in modalità “Guerra contro la Corea del Nord”. Prodotto nel 2010 e pubblicato nel 2012, il remake di ‘Red Dawn’ (1980) mostra l’invasione coreana dell’America! Red Dawn della MGM è un film di propaganda contro il Nord Corea

La Corea del Nord che invade l’America?Ahahahhahahaha

 RIUSCITE A VEDERE IL QUADRO DELLA SITUAZIONE? 

 Israele e i suoi agenti sionisti stanno usando il lorofantoccioamericano, che a sua volta sfrutta il suoburattino(Corea del Sud), per scatenare una guerra contro la Corea del Nord! Il leader della Corea del Nord può essere un sacco di cose, ma non è unsuicida!

 Perché la piccola Corea del Nord vorrebbe una guerra contro i potenti Stati Uniti?

 Come è avvenuto in Iraq e in Libia, e, come succede tutt’ora in Siria e come presto accadrà in Iran e in Corea del Nord, queste guerre vengono scatenate per gli interessi dei globalisti/sionisti…. non dell’America! 

 Se scoppiasse la guerra in Corea (e in Iran) e se la Cina e la Russia perdessero definitivamente la pazienza, le cose allora potrebbero degenerare velocemente!

 Il Nuovo Ordine Mondiale va smascherato e fermato!

 http://dadietroilsipario.blogspot.it/2013/04/gli-usa-vogliono-la-korea-del-nord.html

L’umanità continua a sviluppare armi di auto-distruzione di massa

La storia ci insegna che, da quando è comparso sul pianeta Terra, l’uomo ha dedicato grandi sforzi intellettuali e ingenti risorse per lo sviluppo di strumenti per la distruzione delle persone. Da sempre, menti brillanti sono state “sprecate” nel trovare nuovi approcci al problema di come trovare nuovi modi per il totale annientamento del nemico.

 La radice perversa che abita la mente dell’uomo farà sì che questa predilezione per la cultura della morte e della prevaricazione rimanga ancora a lungo presente nella storia dell’uomo. Ma, se in passato la preferenza è stata data a munizioni sempre più potenti, oggi l’interesse militare è posto sulle armi di precisione.

 Infatti, in una cultura che tende a giustificare la guerra come “necessaria”, ci si nasconde dietro al paravento delle armi “etiche”: perchè uccidere decine di persone innocenti con i frammenti di potenti bombe pesanti, quando si ha la necessità di eliminare un solo soldato?

 Perchè riempire una diga idroelettrica con centinaia di bombe quando si può distruggere direttamente la sua centrale? Già… perchè? Qualcuno potrebbe pensare che anche i signore della guerra hanno un cuore, e quindi l’intenzione è quella di risparmiare quante più vite umane possibile. E invece no! Sviluppare armi di precisione consente un notevole risparmio economico.

 Esempio: mettiamo che siete un paese ricco che vuole occupare un paese povero perchè in esso vi è un grande giacimento di gas naturale. Cosa vi conviene fare di più: radere al suolo il paese, con tutte le infrastrutture che vi serviranno (strade, linee elettriche, depositi di stoccaggio, aeroporti, ecc…), per poi ricostruirle con un notevole dispendio di denaro, oppure fare un minimo investimento in ricerca e sviluppare armi capaci di uccidere solo coloro che ostacolano i vostri piani?

 Questo è il motivo per cui le armi di precisione saranno sempre più diffuse, almeno nei paesi ricchi. La Boeing, per esempio, ha completato la prima fase dei test di una nuova versione di “bombe intelligenti” (come diamine fa una bomba ad essere intelligente?), chiamata JDAM (Joint Direct Attack Munition).

 La simpatica arma (una bomba di 226 kg) è stata equipaggiata con un paio di ali che le permettono di volare per un pò, tanto da poter essere sparate da una distanza di 65 chilometri dal bersaglio. Inoltre, le bombe sono provviste di un sistema di guida laser che ottengono una precisione del 95% e una probabilità di errore circolare di circa 10 m.

 Per la gioia di guerrafondai e trafficanti d’armi, il sistema di guida potrà essere montato anche su bombe “normali”, così da poter essere utilizzate nei conflitti locali (meno male!). Secondo la Pravda, ad oggi, Boeing ha prodotto più di 238 mila unità DJAM. Il costo di ognuna di queste onorevoli invenzioni umane è di circa 30 mila dollari, a seconda della configurazione (tipo “bomba con autoradio”?).

 Certo, non si tratta di un prodotto a buon mercato, ma la sua precisione vi consentirà una conquista rapida e sicura.

 Tra le altre novità che si registrano nel mondo della guerra, non possiamo sottovalutare i “piccoli droni” radiocomandati, oppure gli “elicotteri giocattolo” equipaggiati con un mini fucile leggero, per assassinii di precisione. Le perdite del nemico sarebbero continue, giorno dopo giorno, e i soldati morirebbero nei luoghi più insoliti (magari mentre stanno al bagno!), abbassando il morale delle truppe e, di conseguenza, le loro prestazioni.

 Insomma, sono queste le soddisfazioni dell’uso concreto dell’intelligenza dell’uomo, il quale, con le bombe, è legato da un rapporto inversamente proporzionale: più le bombe diventano intelligenti, più l’essere umano dimostra di essere stupido!

 Fonte:http://ilnavigatorecurioso.myblog.it/archive/2013/01/15/l-umanita-continua-a-sviluppare-armi-di-auto-distruzione-di.html

 

http://nientebarriere.blogspot.it/2013/04/lumanita-continua-sviluppare-armi-di.html

US Seals, raid per gioco in Sicilia

I militari americani di stanza nell’isola si divertono a girare a bassa quota con gli elicotteri nelle campagne attorno a Palermo: poi atterrano, fanno esercitazioni in assetto di guerra nei campi e se ne ripartono. A volte anche di notte

I BlackHawk americani sono apparsi per la prima volta a fine settembre. Una lunga formazione di nove elicotteri scuri che hanno sfiorato a tutta la velocità le campagne alle porte di Corleone. I contadini li hanno osservati volare via in direzione di Contessa Entellina, sempre in provincia di Palermo, lasciandosi alle spalle il suono cupo dei rotori. Non sapevano che quel raid improvviso era solo la prova generale dei giochi di guerra nei cieli della Sicilia.

A fine ottobre la scena si è ripetuta. Questa volta un elicottero è sceso a terra. Le foto lo identificano come un velivolo delle forze speciali, con mitragliatrici sulle fiancate e sistemi elettronici d’avanguardia. E anche i marines sbarcati al suolo avevano l’equipaggiamento dei commandos: dovrebbe trattarsi di una squadra del combat rescue, le truppe scelte che devono penetrare dietro le linee nemiche per soccorrere i piloti abbattuti. Come fecero in Bosnia nel 1995 salvando il capitano Scott o’ Grady, nascosto nei boschi per sfuggire ai miliziani serbi. I contadini di Contessa Ezzellina hanno accolto quella pattuglia calata dal cielo con abbracci e sorrisi: anche i marines con visori infrarossi sugli elemetti si sono messi in posa per una foto ricordo. Poi sono tornati a bordo e decollati a tutta velocità.

Ma dopo il primo contatto amichevole, da ottobre ad oggi le cose sono cambiate. La frequenza degli atterraggi a Contessa Entellina si è intensificata, fino a diventare da febbraio quasi un appuntamento settimanale. Vengono descritte come esercitazioni di combattimento, con le formazioni di elicotteri che arrivano al calar del sole e sbarcano le squadre d’assalto sul terreno. Poi, in genere dopo due-quattro ore, i BlackHawk tornano a recuperare i commandos.

Spesso gli americani piazzano sul terreno anche strumenti elettronici: forse apparati di trasmissione o sistemi di misurazione, che vengono smontati prima di ripartire. Il tutto sopra poderi seminati a grano, non in un poligono desertico o in una base statunitense.

In un paio di occasioni, lo sbarco in Sicilia è avvenuto a notte fonda, gettando nel panico le popolazioni che vivono in quei territori agricoli. Dopo il frastuono delle pale dell’atterraggio, la scena raccontata da chi ha seguito le fasi della missione notturna è quella di un action movie, con lucine azzurrognole (presumibilmente dei visori o dei faretti istallati sulle armi dei militari) a mezz’aria che si muovono in velocità a zig zag verso immaginari obiettivi. L’ultima missione a Contessa Entellina si è tenuta proprio alla vigilia di Pasqua. Questa volta, secondo il racconto dei presenti, dall’elicottero non sono scesi soltanto i commandos, ma anche un signore in abiti civile che per oltre tre ore è rimasto indaffarato con le sue misurazioni.

Anche le dinamiche sono cambiate: non ci sono più contatti con la popolazione locale. «Qualche volta ho cercato nuovamente di avvicinarmi a loro per chiedere il perché della loro presenza“ spiega G.S., un contadino della zona “e al loro primo atterraggio abbiamo parlato. Non ho capito granché perché non conosco quasi per nulla l’inglese. Ma dopo quel primo atterraggio, hanno sempre evitato incontri con i civili. Se si accorgevano di una presenza, salivano in cielo per pochi minuti e spostavano di qualche centinaio di metri il loro punto di sbarco».

Chi ha autorizzato queste missioni militari in zone abitate? Si tratta di semplici esercitazioni o i raid degli elicotteri hanno anche altre finalità? Alcuni degli abitanti fanno notare come le misteriose operazioni in provincia di Palermo si siano intensificate proprio con l’aumentare delle polemiche tra il governo regionale e i vertici dell’US Navy della grande base di Sigonella, da dove probabilmente decollano questi stormi. Un confronto quello tra la giunta Crocetta e l’amministrazione statunitense sfociato nella decisione di revocare le autorizzazioni regionali al cantiere del MUOS, il sistema di comunicazioni satellitare fondamentale per i piani futuri del Pentagono. Solo una suggestione, tra le tante ispirate dall’enigma degli assalti aerei nelle campagne della Sicilia più profonda.

Piero Messina

 

Fonte

http://byebyeunclesam.wordpress.com/2013/04/03/us-seals-raid-per-gioco-in-sicilia/

 

L’eurocrazia di Bruxelles pianifica nuovi strumenti di controllo

Posted By Luciano Lago On 29 marzo 2013 

 [1]di Luciano Lago

L’oligarchia europea che comanda a Bruxelles e Francoforte, dopo l’operazione di prelievo forzoso attuata a Cipro, si appresta ad esportare questo modello di intervento in altri paesi (indovinate quali?) del sud Europa che presentano una forte situazione debitoria. Inutile aggiungere che trattasi della Spagna, del Portogallo e dell’Italia.

Nonostante le prime smentite ufficiali (fatte per “calmierare” i mercati), il portavoce della Commissione Europea Olivier Bailly, ha rilasciato dichiarazioni all’agenzia  Reuters  circa  una bozza di legge della stessa commissione  con la quale si prevede la possibilità di istituzionalizzare il sistema di prelievo forzoso sui conti bancari anche in tutti i paesi dell’eurozona.

Questo sistema , secondo le affermazioni di questo signore, dovrebbe consentire alla finanza di consolidare i debiti delle banche ed integrare il sistema bancario europeo.

A questo proposito sono molto indicative le affermazioni fatte ultimamente dalla Cristine Lagarde, direttrice del FMI, la quale ha sostenuto, in un recente suo intervento, che “ci stiamo muovendo verso un’era illuminata della grande finanza globale e della regolamentazione basata sull’esperienza e sulla ragione”.

Secondo la relazione del FMI, una delle priorità per l’eurozona consiste nel trovare” modalità e disposizioni governative per ricapitalizzare il MES” o ESM (meccanismo di stabilità) quel meccanismo a cui soltanto l’Italia dovrà corrispondere 127 miliardi di euro  e che servirà per finanziare gli stati in difficoltà (accordo sottoscritto dal governo Monti e ratificato dal parlamento  nel Luglio 2012).

http://pensareliberi.com/2011/12/17/mes-meccanismo-europeo-di-stabilita-un-colpo-di-stato-in-17-paesi/ [2]

In pratica l’Italia dovrà bussare alle grandi banche (FMI, Goldman Sachs,Morgan Stanley, ecc.) per avere il finanziamento delle quote da versare al MES che sarà poi utilizzato quanto prima dall’Italia stessa per finanziare il proprio debito. Indovinate chi ci guadagna in questo meccanismo che addebiterà interessi sugli interessi? La banche naturalmente. Avevate forse dei dubbi?

Vietato però sostenere o affermare che ci troviamo nel grande “sistema dell’usura” e della dittatura bancaria poiché si potrebbe passare per “anti europeisti” ed essere accusati da Repubblica, Corriere della Sera, dalla Stampa e dall’Unità  di “complottismo” e disfattismo anti europeo.

La Commissione Europea e gli altri centri di potere  tuttavia non si fermano a questo, sembra che siano sempre in perenne attività di pianificazione e mettono quindi allo studio altri meccanismi per vincolare sempre di più gli Stati e sottrarre  a questi ogni possibile autonomia arrivando ad un controllo totale della gestione finanziaria.  Ecco quindi che hanno previsto un nuovo organismo: l’European Resolution Autorithy (ERA), una entità indipendente ed autonoma che avrà il compito di monitorare le banche con poteri superiori ad ogni autorità statale.

http://www.reuters.com/article/2012/10/22/us-europe-banking-barnier-idUSBRE89L0AN20121022 [3]

L’ultima creatura nella “diabolica” mente degli eurocrati sarà poi L’SSM (Single Resolution Mecanism), altro organismo di supervisione che avrà la finalità di consentire al MES di ricapitalizzare autonomamente le banche e che avrà caratteristica di segreto professionale per chi lavora ed opera all’interno di questo organismo.  Da notare che anche per  il MES è previsto di operare nella totale riservatezza con  funzionari di alto livello che godranno di una tale immunità nelle funzioni svolte.

In pratica assistiamo al fenomeno di una vera e propria oligarchia tecno finanziaria europea (non eletta da nessuno) che pianifica una serie di “strumenti finanziari” appositamente predisposti per  assumere su di sé ogni potere di decisione e controllo, sottraendo ogni sovranità agli Stati Nazionali ed ai Parlamenti delle singole nazioni che avranno l’esclusivo compito di ratificare decisioni già prese a Brussels e a Francoforte.

Lo hanno realizzato e capito e questo fenomeno  i nuovi movimenti di protesta come il “5 Stelle” che recentemente hanno conquistato posti e visibilità sulla scena politica italiana? Ci vengono dei forti e ragionevoli dubbi.

Naturalmente questi nuovi organismi europei ci vengono “venduti” come meccanismi che permetteranno una sempre “maggiore integrazione europea”; si certo pensiamo noi ma integrazione di  che, delle banche a spese dei cittadini, come facilmente dimostrato dagli esempi di Cipro e della Grecia.

I sostenitori di questa Europa non si rendono conto che questa “eurocrazia” è totalmente protesa a tutelare gli interessi delle grandi banche e non ha nulla a che vedere con l’Europa dei popoli . Piuttosto questa eurocrazia costituisce una “trappola” della grande finanza nella quale sono caduti i cittadini europei che vengono vessati e derubati nei loro risparmi e nei loro diritti.

Questo avviene grazie alla complicità di classi politiche asservite in toto agli interessi di questi gruppi che sono talmente forti da poter controllare i media, da inserire i loro fiduciari all’interno dei governi e dei più importanti organismi pubblici in modo da esercitare ogni forma di pressione e di influenza orientata a rendere “irreversibili” le decisioni e le scelte attuate dall’eurocrazia.

Arriverà però il momento della presa di coscienza delle persone e dei cittadini ed è facile prevedere che, come sempre succede nella Storia, cambiare e rivoltare questo sistema (che si va sempre più consolidando) non sarà indolore e presenterà dei costi e dei sacrifici notevoli che sperimenteranno per primi coloro che avranno il coraggio di fare opposizione e sfidare quella cappa di conformismo e di assuefazione che è precisamente  la miglior difesa dell’oligarchia insediatasi a Brussels e Francoforte.

http://www.stampalibera.com/?p=61684

VENTI DI GUERRA IN COREA – UNA CRISI “CONFEZIONATA”

Data: Mercoledì, 03 aprile 

 DI ERIC MARGOLIS

lewrockwell.com

 Le due Coree in lotta fra di loro e gli Stati Uniti potrebbero andare incontro ad una vera e propria guerra, almeno che Pyongyang e Washington non smettano di provocarsi a vicenda.

 La settimana scorsa due bombardieri Stealth US B-2 con a bordo armi nucleari sono partiti in volo diretto dall’America alla Corea del Sud e subito dopo hanno fatto rientro. Questi aerei “invisibili” possono trasportare la bomba GBU-43/B MOAB, che pesa ben 13 tonnellate e 600 kg e che, secondo alcuni, è in grado di fare un “buco” nel cemento armato fino ad una profondità di 70 mt, rappresentando così una pesantissima minaccia per gli impianti nucleari sotterranei e per le principali centrali di comando della Corea del Nord.

 Nei primi giorni del mese i bombardieri della US B-52 hanno organizzato delle simulazioni di attacchi aerei a sorpresa nei cieli della Corea del Sud, calcolando anche i tempi di volo necessari dalla Corea del Nord, riportando così alla memoria i massicci e devastanti bombardamenti a tappeto compiuti dagli US ai danni della Corea del Nord durante la Guerra di Corea nel 1950. I giochi di guerra di USA, Australia e Sud Corea effettuati in Marzo sono stati progettati come preparazione ad un’eventuale guerra contro il Nord. I media americani non hanno tenuto conto di queste esercitazioni provocatorie; anzi, come sempre, la Corea del Nord si sarebbe invece armata e avrebbe insensatamente minacciato di attaccare gli Usa con missili di lunga gittata di cui non è ancora in possesso.

 Dopo tanti anni, siamo ormai abituati a sentir parlare di queste presunte minacce e prove di forza da parte della Corea del Nord. Tuttavia i suoi recenti e riusciti test nucleari, nonché le ricerche su missili di lunga gittata hanno cominciato a dare forza alle minacce da parte di Pyongyang. Il nuovo leader nord-coreano Kim Yong-un è stato appena eletto e già gli Usa, il Giappone e la Corea del Sud hanno iniziato a metterlo alla prova.

 Ancor più importante, il trattato di difesa stipulato tra USA e Corea del Sud obbligherebbe Washington ad un intervento militare nel caso in cui dovesse scoppiare una guerra tra la Corea del Sud e la Corea del Nord. E, viste le attuali tensioni, uno scontro al confine della zona demilitarizzata (DMZ), sia aereo che navale, o eventuali raids da parte delle forze speciali nord coreane, composte da 110 mila uomini, basterebbero a portare le due Coree ad una guerra vera e propria.

 La Corea del Nord ha ripetutamente minacciato di radere al suolo parte della capitale della Corea del Sud, Seoul, con l’utilizzo di 11000 pezzi di artiglieria pesante e con batterie missilistiche nascoste in grotte lungo la DMZ. I commando nord-coreani e le batterie missilistiche hanno il compito di attaccare tutte le basi aeree US e i quartier generali di comando della Corea del Sud; e anche le 28500 truppe americane, di base nella Corea del Sud, rientrerebbero fra gli obiettivi principali.

 I missili a media gittata nord-coreani sono invece puntati verso la basi americane del Giappone continentale, Okinawa e Guam. Il robusto esercito della Corea del Nord, composto da 1 milione e centomila uomini, è pronto ad attaccare il Sud, mentre l’imponente forza aerea statunitense, infine, dovrebbe smorzare un simile attacco, ma ciò comporterebbe lo spostamento degli aerei da combattimento statunitensi dal Golfo e dall’Afghanistan; ma a questo bisogna aggiungere che le riserve missilistiche e la disponibilità di bombe dell’aviazione americana scarseggiano in maniera preoccupante e anche le attrezzature e gli equipaggiamenti mostrano evidenti segni di logoramento.

 Gli USA sono ormai abituati a muovere guerra contro piccole nazioni la cui pericolosità viene esageratamente “gonfiata”, vedi il caso della Grenada, della Somalia, dell’Iraq o della Libia; l’ultima vera guerra combattuta dagli USA, quella del Vietnam, si è rivelata una disfatta clamorosa per l’esercito americano. Ma la Corea del Nord non è l’Iraq o la Libia: la marina e l’aeronautica militari nord-coreane verrebbero rapidamente distrutte dalle forze aeree americane e sud-coreane pochi giorni dopo l’inizio del conflitto. Tuttavia, avere la meglio su un esercito solidissimo come quello nord-coreano sarebbe una sfida molto ardua nel caso in cui quest’ultimo giocasse la partita sulla difensiva. Le previsioni del Pentagono sono abbastanza chiare: l’invasione della Corea del Nord costerebbe agli Stati Uniti almeno 250000 perdite; pertanto gli USA sarebbero chiaramente tentati di fare uso di armi nucleari tattiche. Dal canto suo la Corea del Nord promette di bombardare il Giappone con armi nucleari se gli USA ricorreranno al nucleare, e a questo si aggiungerebbe anche la minaccia di un intervento da parte della Cina.

 Per gli Stati Uniti sarebbe invece molto più saggio fare un passo indietro e rinunciare all’idea di un conflitto, cercando quindi di ridurre al massimo le tensioni con la Corea del Nord. Il Ministero del tesoro americano, letteralmente a secco di risorse, non può ancora permettersi un’altra guerra, avendo già bruciato 2000 miliardi di dollari per la guerra contro l’Iraq e l’Afghanistan; le forze armate americane, impantanate in Medio Oriente ed Afghanistan, non sono assolutamente in grado di poter sostenere una guerra vera e propria in Corea, senza contare che il solo spostamento di artiglieria e mezzi corazzati sul posto richiederebbe dei mesi. Per Washington sarebbe dunque il caso di allentare invece che rafforzare le ferree sanzioni contro la Corea del Nord. L’obiettivo di Pyongyang è in realtà quello di giungere ad un Accordo di non-aggressione con gli Stati Uniti, a favore di dirette e normali relazioni con questi ultimi. Ma Washington invece non vuole sap erne, nonostante si trovi spesso a trattare con regimi a dir poco ripugnanti, ed i Neocons americani sono determinati nel loro scopo di rovesciare il regime nord-coreano, nel timore che quest’ultimo possa inviare armi più moderne ai nemici di Israele in Medio Oriente.

 Intanto, le forze militari nella penisola coreana sono costantemente in stato d’allerta e con il dito sul grilletto; i B-2 americani in volo vicino alla Corea del Nord sembrano quasi preludere un imminente attacco. La diplomazia dal canto suo, e non i generali dell’esercito, dovrebbe fare la sua parte, tentando di superare una crisi in gran parte “confezionata”.

 Eric Margolis è autore di War at the Top of the World e dell’ultimo libro American Raj: Liberation or domination?: Resolving the Conflict Between the West and the Muslim World. Visita il suo sito

 Fonte: http://lewrockwell.com

Link: http://lewrockwell.com/margolis/margolis334.html

29.03.2013

 Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di MARCO OSSINO

 http://www.comedonchisciotte.org/site//modules.php?name=News&file=article&sid=11686

Italia – Commissariamento dietro l’angolo: l’Ultimatum di BruxellesMercoledì, Aprile 3rd/ 2013 Debtocracy – Dall a Commissione Europea, proroghe solo per Francia, Portogallo e Spagna Italia sulla scia di Grecia e Cipro malgra do gli Italiani siano i citt

Mercoledì,  Aprile 3rd/ 2013 

Debtocracy – Dalla Commissione Europea, proroghe solo per Francia, Portogallo e Spagna

Italia sulla scia di Grecia e Cipro malgrado gli Italiani siano i cittadini più tassati al mondo

di Vincenzo Folino e Sergio Basile

 Italia – Sorvegliata Speciale 

Bruxelles, Roma – Nessuna proroga per l’Italia riguardo il taglio del deficit. La notizia è stata resa nota nelle scorse ore da un portavoce della Commisione europeaOlivier Bailly, il quale ha chiarito come la Commissione europea “non abbia alcuna  intenzione” di valutare se concedere un’estensione dei termini per il taglio del deficit sotto la soglia del 3%. E ciò “per nessun altro Paese oltre i 3 già annunciati”, vale a dire Spagna, Portogallo e Francia. Per l’Italia insomma, come anche per l’Olanda, nei programmi dei padroni arroganti dell’Europa non sarebbe previsto alcuno sconto: i tempi prestabiliti dovranno essere rispettati poiché – ha proseguito il portavoce – spetta alla Commissione ed all’Eurogruppo una valutazione volta per volta dei bilanci e delle situazioni dei singoli Paesi“.

 Proroghe per Francia e Spagna 

Ma andiamo più nello specifico: la Francia – come pochi sanno – ha ottenuto dal vice presidente dela Commissione, nonché Commissario agli Affari Monetari,  Olli Rehn, una dilazione della scadenze, anche se “dovrà dimostrare una riduzione del deficit strutturale dell’1% fra il 2010 e il 2013 e portare il deficit nominale ben sotto il 3% dal 2014“; per quanto riguarda la proroga relativa alla Spagna, invece, essa è stata annunciata dal Presidente Barroso ma verrà formalmente certificata soltanto a fine aprile.  In ogni caso non è ancora detta l’ultima parola. La decisione finale di Bruxelles verrà presa , infatti, in concomitanza con le previsioni economiche di primavera, ovvero in seguito alla pubblicazione dei dati definitivi sul deficit 2012 da parte di Eurostat (il 22 aprile) e dopo la presentazion e dei piani di bilancio e di riforma nazionali dei diversi Stati membri attesi per fine aprile.

 In un mare di Debiti (Fittizi) 

Ma arriviamo ora alla nostra amata e bistrattata Italia. Nonostante il rapporto debito/Pil sia ormai vicino ad esplodere, col benestare delle deleterie agenzie di rating, dal governicchio tecnico del Bel Paese non è finora giunta alcuna richiesta formale in merito. Nessuna richiesta ufficiale di proroghe o dilazioni. Anche se la vera richiesta da fare sarebbe quella di “non onorabilità del debito” illegale e fittizio (che ci viene addossato sul groppone al pari di un grosso macigno) affrancandoci da esso seguendo l’esempio di nazioni come Ecuador e Islanda. Ma le vedette tecnocratiche di Palazzo Chigi e del Quirinale, evidentemente hanno altri obiettivi, ben lontani dall’allegerire l’esistenza degli Italiani da vergognosi gravami debitocratici. A questo punto, dunque, se Eurostat il 22 aprile confermerà il livello del rapporto deficit/Pil 2012 al 2,9%, l’Italia &n bsp;potrebbe vedersi chiudere la procedura per deficit eccessivo, purchè anche per i prossimi due anni le previsioni di deficit restino chiaramente sotto la soglia limite del 3%. Cosa davvero poco probabile! Infatti sperare di entrare in questi parametri, continuando a pagare interessi bancari passivi vicini ai 90 miliardi di euro l’anno (l’equivalente di due finanziarie) grazie a spread fuori controllo e drogati è un qualcosa di semplicemente folle. Patto di Stabilità, MES, Fiscal Compact, IMU ed IVA a parte. Ovviamente!

Vincenzo Folino, Sergio Basile (Copyright © 2013 Qui Europa)

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La Crisi potrebbe finire in un minuto, basterebbe volerlo davvero – Bce e caso Norvegia

Mercoledì, Luglio 25th/ 2012 – di Vincenzo Folino e Sergio Basile – Eurozona / Banche e Finanza / Ruolo della BCE / SEBC / Acquisto bond / Crisi fittizia e speculativa / Thomas Sankara / Mario Draghi / Mario Monti / Euro-gabbia / Neo-colonialismo / Norvegia / Corona norvegese / Austerity / Bugie / Schiavizzazione […]

http://www.quieuropa.it/italia-commissariamento-dietro-langolo-lultimatum-di-bruxelles/