Imprese: chiuse 4218 dall’inizio del 2013, peggio del 2012

ed aprile non è ancora finito

Scritto da Redazione mercoledì, aprile 10, 2013

Se qualcuno credeva che il 2012 fosse stato il peggiore anno dall’inizio della crisi, questo qualcuno dovrà probabilmente ricredersi visto che l’anno in corso si preannuncia, secondo i più recenti dati sull’occupazione e sul lavoro, peggiore di quello passato; siamo infatti in presenza di un’aumento dei fallimenti d’imprese del 13% considerando il periodo dal primo gennaio fino all’8 aprile scorso, che infatti ha visto la chiusura di 4218 attività con un’incremento del 13% rispetto allo stesso periodo del 2012.
Questi sono dati riportati proprio oggi dal Sole24ore ed elaborati da Cerved (società che offre soluzioni per valutare la solvibilità delle imprese), ed ogni giorno saranno dal medesimo quotidiano aggiornati.
Già il 2012 comunque in termini di fallimenti era stato un’anno da dimenticare con un’incremento su base annua rispetto al 2011 del 2,3% pari ad un totale di 12442 aziende.
si è trattato di 34 fallimenti al dì, ma oggi nel 2013 e nello specifico nei primi tre mesi questo numero ha raggiunto quota 43, segno questo evidente di come i momenti difficili per l’economia italiana siano tutt’altro che lasciati alle spalle.


http://www.guidaacquistocasa.it/2013/04/imprese-chiuse-4218-dallinizio-del-2013-peggio-del-2012/

 

Le scelte del Potere: Obama perché nero, Thatcher perché donna

di Sebastiano Caputo

Il Potere lavora congiuntamente o separatamente, porta avanti battaglie sotterranee, si lascia scappare alcuni processi storici, crea falsi miti, genera cambiamenti, “epocali” agli occhi delle persone comuni, ma soprattutto riesce ad edificare progetti di una estrema violenza attraverso una strategia morbida, progressiva, silenziosa, spettacolare. Vedi il “fenomeno Obama”. Il Potere è riuscito ad insediare alla Casa Bianca un afro-americano, il primo presidente nero degli Stati Uniti d’America. La sinistra internazionalista e borghese alzò un inno al multiculturalismo e sottolineò – erroneamente – la “vittoria” del modello sociale che negli Usa chiamano “melting-pot”. In realtà il Potere mise ai vertici di Washington un nero con l’unico intento di proseguire la dottrina Bush (il neo-conservatorismo) in maniera ancora più aggressiva al fine di colonizzare definitivamente l’Afr ica ed il Vicino Oriente.

L’imperialismo, con la sua estrema violenza, ha preferito nel 2008 la vittoria di Obama (un nero) contro McCain (un bianco) e nel 2012 la sua riconferma contro Mitt  Romney (anche lui bianco). Di fatto un presidente nero (probabilmente anche con origini musulmane) e non bianco è servito al Potere a far credere all’opinione pubblica che le ultime guerre fossero una serie di operazioni belliche estremamente moderate ed inclini alla pacificazione. Come se Obama fosse un nero “buono” uscito da un branco di neri “cattivi”, da educare, sul modello statunitense. E a distanza di cinque anni così è stato.

Il maggiordomo della Casa Bianca ha ordinato l’aggressione alla Libia, al Mali, alla Costa d’Avorio; ha rafforzato le sanzioni economiche contro l’Iran; si è intromesso nella politica interna siriana; ha appoggiato il fondamentalismo dei Fratelli Musulmani nel Nordafrica; non ha interrotto l’ingerenza statunitense in Afghanistan ed in Iraq, né condannato i raid israeliani su Gaza…senza che l’opinione pubblica abbia alzato i toni contro il “nero di servizio” (perfino lo ha riconfermato nel 2012).

Il Potere ha un’intelligenza sottile. Come dimostrato allo stesso modo con l’ex premier inglese Margaret ThatcherObama perché nero, la Thatcher perché donna. La “Lady di ferro” – non è un caso che l’opinione pubblica la soprannominò in questo modo -, governò a capo dei conservatori e dell’Inghilterra dal 1979 al 1990. In questi undici anni attuò una politica estremamente violenta sia al livello economico-nazionale sia al livello globale. Nel 1981, Margaret Thatcher lasciò che Bobby Sands morisse in carcere a causa della sua protesta portata avanti con lo sciopero della fame, l’anno successivo violò la sovranità nazionale dell’Argentina sulle isole Malvinas in una guerra che fece decine di migliaia di morti, ma soprattutto fu, insieme allo statunitense Ronald Reagan, quella che mise in pratica le politiche neo-liberiste elaborate da Milton Friedman, espo nente della Scuola economica di Chicago.

Già a partire dal 1970, quando divenne Ministro dell’Istruzione sotto il governo conservatore Edward Heath. In quegli anni venne soprannominata “Thatcher, the milk snatcher” (in italiano: Thatcher, la ruba latte), perché la sua riforma fu quella di abolire il latte gratuito nelle scuole per i bambini di età compresa tra i 7 e gli 11 anni. Ma l’apogeo neoliberista della “lady di ferro” fu quando nel 1984 piegò i minatori inglesi e i sindacati impegnati nello sciopero più drammatico della storia moderna britannica, quello con cui si opponevano alla chiusura delle miniere di carbone. Proprio da quella vittoria contro i lavoratori iniziò la svolta liberista del suo mandato elettorale in Inghilterra, un modello che ha generato più disparità sociale che ricchezza e che fu mantenuto anche nell’era del New Labour di Tony Blair, fino all’esplosione della crisi economica ancora in corso. Da quella vicenda l’Inghilterra iniziò ad abbandonare l’intera industria pesante e si mise interamente nelle mani della City, un gruppo finanziario che mette in circolazione un capitale-spazzatura oppressivo, predatore, apolide.

Definiva così l’arte della politica: “There is no such thing as society”, non esiste una cosa chiamata società, esistono solo degli individui che si associano. Margaret Thatcher rappresentava tutta la violenza neo-liberale delle privatizzazioni, della disoccupazione di massa, della pauperizzazione della società, della finanziarizzazione dell’economia. Ma era “donna” ed è con questo abito che il Potere ha permesso ancora una volta di mascherare un assassino che lavorava per la City londinese.

fonte: L’Intellettuale Dissidente

http://www.oltrelacoltre.com/?p=16103

 

Muos, torna a salire la tensione Gli attivisti bloccano i mezzi Usa

La protesta, che vede le mamme in prima fila, è riesplosa a Niscemi dopo la diffusione delle immagini che mostrano lavori all’interno della base di telecomunicazione, nonostante lo stop imposto dalla Regione

 VIDEO

Muos: c’è lo stop della Regione Sicilia, ma i lavori proseguono

 CALTANISSETTA – Riesplode a Niscemi la protesta dei comitati No Muos e delle mamme, dopo la diffusione del filmato da cui sembra che proseguano i lavori del sistema di comunicazioni satellitari della Marina militare statunitense, nonostante la Regione siciliana abbia revocato le autorizzazioni. Gli attivisti che si oppongono alle antenne, nel timore di conseguenze nocive delle onde emesse, questa mattina hanno parcheggiato una decina di auto quasi al centro della carreggiata e hanno bloccato l’arrivo di operai e soldati americani. Sul posto sono stati schierati numerosi agenti di polizia e la tensione è alta.

 VIDEO / C’è lo stop ma i lavori proseguono

 Il clima sul fronte No Muos si è fatto di nuovo rovente da quando alcuni operatori e fotoreporter hanno filmato quella che sembra la ripresa dei lavori, malgrado le rassicurazioni del consolato generale degli Usa a Napoli e del governo regionale, che ha approvato un decreto con il quale è stata revocata ogni autorizzazione.

 Ieri, all’interno della base di contrada Ulmo, che sorge all’interno della riserva naturale della Sughereta, era stata notata la presenza di una gru, utilizzata per realizzare una torretta che dovrebbe servire da sostegno per una parabola.

(10 aprile 2013)

 http://palermo.repubblica.it/cronaca/2013/04/10/news/muos_torna_a_salire_la_tensione_gli_attivisti_bloccano_i_mezzi_usa-56333103/?ref=HREC1-10

 

E Concita si accorse del Bilderberg, della Trilateral e dell’Aspen Institute

di Francesco Borgonovo (@franborgonovo)

  Una mattina Concita De Gregorio, destandosi da sogni inquieti, si trovò mutata in una complottista. Ieri, su Repubblica, è apparsa un’articolessa di due pagine a sua firma, con notevole richiamo in prima, dal titolo: «Da Lockheed a Bilderberg quegli amici americani che “votano” per il Colle». Obiettivo del pezzo: spiegare l’influenza di Washington sugli affari italici, a partire dalla scelta della persona da spedire al Quirinale. Intrigante. Nell’articolo, la nostra Signorina Grande Firma preferita scomoda il meglio del meglio della dietrologia internazionale, dal succitato Bilderberg alla Trilateral, passando per Gladio, Goldman Sachs e il golpe Borghese.

  Concita, che è successo? Hai scoperto i libri di Maurizio Blondet? Ti sei invaghita di Adam Kadmon, quello che a Mistero su Italia Uno dà la colpa di ogni catastrofe agli Illuminati? A pensar male, si direbbe che la biondocrinita giornalista si appresti a rubare il posto a Roberto Giacobbo: «E adesso, una bella inchiesta su come gli alieni hanno costruito le piramidi, dalla nostra inviata spaziale Concita De Gregorio!». Per adesso, tuttavia, ci accontentiamo di leggere le dietrologie sugli oscuri signori che dominano il pianeta, di cui fino alla scorsa settimana la nostra cronista doveva essere ignara. Concita ci spiega per esempio che il Club Bilderberg è una «associazione di finanzieri, banchieri, politici e uomini di Stato fondata nel ’54», i cui membri «si riuniscono ogni anno in un conclave a porte chiuse». Dovete sapere, infatti, che «ai grandi gruppi economico-politici internazionali, alla finanza e dunque alla politica nordamericana interessa molto e moltissimo chi governa, chi comanda, chi ha influenza in Europa e in subordine in Italia». Posto che ci meraviglieremmo del contrario, ci gustiamo l’enfatica prosa con cui la De Gregorio spiega che «l’ombra dell’America è verde come il colore dei dollari. Tuona come le armi che varcano l’oceano in perpetuo e spesso illecito commercio». Non solo: l’ombra maligna degli Usa «parla la lingua dei banchieri, la sola lingua degli affari. Si affaccia sull’Italia dalla postazione mediterranea di Israele». Ah, già, mancava il complottone pluto-giudaico-massonico.

  Insomma, il succo del discorso è che esistono delle élite potentissime che ambiscono a governare per lo meno l’Occidente in nome del profitto. E quindi non si fanno scrupolo a muovere le fila della politica globale, compresa quella italiana. Motivo per cui, se uno vuol comandare qui da noi, deve essere in qualche modo gradito a tali Signori Oscuri. Per svelare la scomoda verità, Concita interpella persino Paolo Cirino Pomicino, il quale confessa: «Senza le credenziali degli americani e in specie delle grandi banche d’affari oggi nessuno può pensare di aspirare seriamente al Quirinale».

  Ora, se stupisce l’improvvisa trasformazione dell’inviata di punta e soprattutto di tacco di Repubblica in una Dan Brown in gonnella, soprende ancora di più l’elenco dei nomi contenuto nel suo articolo. Già, perché una volta detto che Bilderberg, Trilateral e Aspen Insitute manovrano i nostri destini, bisogna anche dire chi sono i loro emissari. Eccoli qua.

  Al Bilderberg sono passati, tra gli altri, Monti, Draghi, Padoa Schioppa, Siniscalco, Prodi. «Ogni tanto qualche giornalista (Lilli Gruber, per dire, ndr) una volta Veltroni, Emma Bonino». Nell’entourage della potentissima banca d’affari Goldman Sachs sono transitati Prodi, Draghi, Monti, Gianni Letta. Massimo D’Alema, invece, ha avuto un «rapporto che sarebbe durato nel tempo» con Clinton, mentre Prodi «voleva essere ricevuto subito, ma non si poteva». Quanto all’Aspen, «in Italia conta su Amato, Prodi e D’Alema». La Trilateral «fondata da Rockefeller (…) Monti l’ha presieduta fino al 2011. La frequentano la consulente per la politica estera di D’Alema Marta Dassù (…), Enrico Letta…». Apprendiamo qualcosa pure su Scalfaro. Con lui al Colle, «c’è il ciclone Mani Pulite» che dà «spazio a una generazione nuova. Più avvezza all’uso di mondo, alle relazioni internazionali, alla lingua degli uomini d’affari. È dal denaro, adesso, dalla finanza che passano gli interessi politici. (…) È ai banchieri che si ricorre quando la politica tace o sobbolle di sue interne diatribe».

  Riepiloghiamo: Monti, Scalfaro, D’Alema, Veltroni, Letta jr, Prodi, Amato… Scusate, eh, ma non sono personaggi che Repubblica ha supportato per anni e ancora sostiene? Non sono prodotti di quella sinistra di salotto che il quotidiano di Mauro ha contribuito a creare? E adesso Concita ci viene a dire che sono manovrati dagli americani per fare gli interessi della finanza? Incredibile. Fortuna che è già prevista una nuova puntata dell’inchiesta della De Gregorio. In onda a Voyager: ai confini dell’ignoto. Rimanete collegati.

http://www.byoblu.com/post/2013/04/10/E-la-Concita-si-accorge-del-Bilderberg-della-Trilateral-e-dellAspen-Institute.aspx#continue

 

Monti e l’Ue ricattano l’Italia con la procedura sul deficit. “A maggio facciamo i conti”

Nel giorno in cui Monti presenta alla stampa il Def (documento economico finanziario), tutto improntato all’austerità “senza se e senza ma” la Commissione europea fa sapere che i problemi dell’Italia potrebbero contagiare il resto d’Europa. Anche se, a detta di Olli Rehn, vicepresidente della Commissione europea, c’è un'”alta probabilita’” che la Commissione Ue decida la chiusura della procedura per deficit eccessivo dell’Italia, Bruxelles prima vuole vedere “le cifre finali delle previsioni economiche di primavera”, date in uscita per l’inizio di maggio. Un chiaro ricatto nei confronti di chi in questi giorni sta cercando di venire a capo del rompicapo nella formazione del nuovo governo.

 Nel suo rapporto sugli squilibri macroeconomici, l’Ue punta il dito sull’elevato debito pubblico, la perdita di competitivita’ e la debolezza del sistema bancario del nostro Paese. E’ soprattutto quest’ultimo punto ad impensierire i tecnocrati di Bruxelles che si sono accorti come la recessione ha di fatto aperto una seconda e più cruenta fase della crisi economica tutta legata alle sofferenze del sistema bancario. L’Ue spiega poi che “le potenziali ripercussioni economiche e finanziarie sul resto dell’Eurozona restano considerevoli, se le turbolenze dei mercati finanziari relative al debito pubblico italiano (leggi, titoli pubblici) si intensificano nuovamente. A giorni, infatti, giungono a scadenza una cinquantina di miliardi tra Bot e Cct. E quindi in giro c’è parecchia preoccupazione sull’effettiva capacità dell’Italia di rinnovare il credito presso i mercati internazionali. Anche se la prima tranche d’asta di circa undici miliardi sembra essere andata b ene, “l’Italia rimane vulnerabile agli improvvisi cambiamenti degli umori dei mercati”, sottolinea la Commissione europea, che evidenzia “l’esigenza di mantenere il miglioramento del bilancio in termini strutturali”, affinche’ il rapporto debito/Pil venga condotto “sulla strada di una regolare riduzione”. Parole preziose per Monti che è tornato a sottolineare come il “programma di stabilità è costruito sul mantenimento del pareggio di bilancio strutturale e sugli obblighi di riduzione del debito pubblico”. E il “contributo” che Monti offre alle “forze politiche che si confrontano sul futuro” e quello di una strada che sarebbe “gravissimo” abbandonare. “Da più parte si invocano inversioni di rotta e iniezioni di denaro, magari chiedendo più tempo all’Europa e disavanzo eccessivo”. Ma invece “bisogna tenere alta la guardia sulla disciplina anche nei prossimi anni: solo se l’Italia resta fuori dalla procedura di deficit e riduce il debito potrà avere spazi per sostenere in maniera intelligente la ripresa come dimostra il dl sui debiti e apertura su investimenti pubblici produttivi. Altrimenti si darebbe ossigeno a breve all’economia per farla ripiombare in una crisi peggiore”. Insomma, la ricetta è la solita: austerity e riforme strutturali.

 Un po’ per fare pressione sulla politica, un po’ perché i dati della recessione diventano sempre più preoccupanti, assistiamo da giorni a dichiarazioni molto allarmistiche da parte di Confindustria e del mondo imprenditoriale in genere. Oggi, non solo il presidente Giorgio Squinzi ha parlato del grave rischio di disordini sociali a causa della disoccupazione, ma in provincia di Vicenza è accaduto che un imprenditore si incatenasse ai cancelli della sua azienda in solidarietà con i lavoratori che non ricevono da mesi lo stipendio. Il numero uno degli industriali traduce il monito europeo in termini di “politica interna” e paventando il rischio di non agganciare la ripresa che ci sara’ in Europa nella seconda parte dell’anno sottolinea che c’è bisogno “di uomini di buona volonta’ che si rendano conto che la situazione economica e’ drammatica”.

 Intanto sembra inarrestabile il calo della produzione industriale. Stando ai dati Istat l’indice destagionalizzato e’ diminuito dello 0,8% su base mensile a febbraio. Corretto per gli effetti di calendario, l’indice e’ diminuito in termini tendenziali del 3,8% (i giorni lavorativi sono stati 20 contro i 21 di febbraio 2012). Buone notizie invece sul fronte dei titoli di Stato.


http://www.controlacrisi.org/notizia/Politica/2013/4/10/32598-monti-e-lue-ricattano-litalia-con-la-procedura-sul-deficit/

 

HELMUT KOHL: MI SONO COMPORTATO COME UN DITTATORE PER “AVERE” L’EURO

FONTE: TELEGRAPH.CO.UK

 Helmut Kohl, ex cancelliere tedesco, ha ammesso di aver agito come un “dittatore” per portare alla moneta unica il paese, altrimenti se fosse stato indetto un referendum “avrebbe perso”.

 In un’intervista per la tesi di dottorato di un giornalista, il cancelliere tedesco più longevo del dopoguerra ha detto che avrebbe perso con una maggioranza schiacciante, ogni votazione popolare sull’euro.

 “Sapevo che non avrei mai potuto vincere un referendum in Germania,” ha detto. “Avremmo perso il referendum sull’introduzione dell’euro. Questo è abbastanza chiaro. Avrei perso sette a tre.”

 L’intervista è stata condotta dal giornalista tedesco Jens Peter Paul nel 2002, l’anno in cui il marco tedesco è stato sostituito dall’euro in banconote e monete, ma è stata pubblicata soltanto ora.

   In questa (intervista), il signor Kohl descrive che adottando l’euro come emblema del progetto europeo, si sarebbe scongiurata la guerra sul continente. Nato nel 1930, la politica del signor Kohl è stata modellata dalla storia del suo paese negli anni ’30 e negl’anni ’40, i suoi ultimi anni al potere si sono concentrati sulla promozione dell’Unità Europea.

 Nel corso dell’intervista, ha detto: “Se un Cancelliere cerca di spingere su qualcosa, questo deve essere un uomo di potere e se è furbo, sa quando il tempo è maturo. Nel caso dell’euro, sono stato come un dittatore… L’euro è sinonimo di Europa. L’Europa, per la prima volta, non avrà più la guerra.”

 Il Signor Kohl ha ammesso di aver superato la riluttanza del pubblico tedesco ad abbandonare il marco tedesco, dicendo che la politica democratica doveva essere basata su convinzioni, piuttosto che sul flusso e riflusso delle elezioni.

 “La vita politica è così, le elezioni vanno avanti ed indietro. La democrazia rappresentativa può avere successo solo se uno si siede e dice:- “E’ così”. prenderò me stesso’- come ho fatto – unendo la mia esistenza ad un progetto politico.’ Poi automaticamente si disporrà nel vostro partito un sacco di gente che dirà: ‘Se fallisce, fallirò anch’io.”

 Kohl, che ha vinto quattro elezioni generali di fila, aveva intenzione di consegnare nel mezzo del suo ultimo mandato l’incarico al suo successore, ma cambiò idea a causa delle incertezze dell’euro da lui introdotto.

 Nell’intervista, ha dichiarato che secondo lui Wolfgang Schaeuble, che ora è ministro delle finanze in Germania ma fu suo successore consacrato al momento, non avesse l’autorità politica per gestire il cambiamento.

 “Schaeuble è un uomo di grande talento, non c’è dubbio al riguardo, ma questo non era un problema per un nuovo arrivato. Doveva essere per qualcuno con un’autorità totale.”

 L’ex leader tedesco, che ha guidato il paese per 16 anni, è ora costrettto su una sedia a rotelle dopo aver subito per una combinazione ad una caduta, un ictus.

 Nell’intervista, Kohl ha detto che gran parte della resistenza in Germania era l’idea di un’unione monetaria senza un’unione economica e fiscale. La mancanza di unione fiscale alla base della moneta unica è il cuore della crisi del debito in Europa.

 Nelle ultime settimane, si è formato in Germania un nuovo partito euroscettico per sfidare l’ortodossia politica secondo cui la più grande economia europea dovrebbe rimanere nell’euro zona. L’alternativa per la Germania è quella di contare sul sostegno di un quarto degli elettori tedeschi, i quali nei sondaggi affermano di voler votare per un partito anti-euro. Il fondatore del partito Bernd Lucke, un economista, sostiene la progressiva dissoluzione dell’euro – esortando i paesi del sud dell’Europa a lasciare immediatamente la moneta.

 Fonte: www.telegraph.co.uk

Link: http://www.telegraph.co.uk/news/worldnews/europe/germany/9981932/Helmut-Kohl-I-acted-like-a-dictator-to-bring-in-the-euro.html

10.04.2013

 Traduzione per www.comedonchisciotte.org a cura di RUFFY


http://www.comedonchisciotte.org/site//modules.php?name=News&file=print&sid=11713

 

Lo Stato è assassino. Ma quale Stato?

di Davide Provenzale

 Le tre persone vittime dell’Economicidio a Civitanova non sono le uniche, non sono sole: sono oramai migliaia. Lo scrivo con il rispetto più profondo per il dolore che le loro rispettive famiglie provano e con il quale dovranno convivere, per sempre. Una ingiustizia impunita, finora: perfettamente d’accordo.

 Ma quindi, ci dà forse più coraggio scorgere nella rete (web), o su alcuni media, le foto scattate durante i funerali, le manifestazioni, le assemblee dove finalmente viene esternata una terribile, diretta e lapidaria indignazione?

 “STATO ASSASSINO” si legge sui cartelli alzati da alcune braccia; appartengono a esseri umani che hanno capito che qualcuno sta privando loro del bene più prezioso, la vita. NO, non è affatto né confortante né incoraggiante, sebbene dimostri un risveglio della coscienza, in un certo senso collettiva.

 Infatti a quale STATO si stanno riferendo quei cartelli, con quell’estrema e chiarissima denuncia?

 Lo Stato, nell’Eurozona, non esiste più dal 1992 (Maastricht).

 In nome dello “sviluppo armonico” (cit. Warren Mosler) della moneta unica chiamata Euro, della Commissione Europea, della Banca Centrale Europea MA NON in nome della popolazione europea, quello Stato è stato legalmente privato delle sovranità più vitali, indispensabili per garantire e tutelare un progetto di vita ai rispettivi singoli cittadini, alle loro famiglie: di fatto il diritto a una vita decente.

 Quello era lo Stato per cui mio zio partigiano rischiò la vita. Non lo ho dimenticato. Nessuno di noi lo deve dimenticare. La forma di democrazia più alta mai raggiunta dal genere umano, lo Stato, è stata sacrificata per una moneta che nemmeno ci appartiene, questa è la “vera” realtà, oggi.

 Per molti, velocissimi, decenni abbiamo assistito, complici “forse” indiretti, alla propaganda dei più superflui luoghi comuni: “Governo ladro!”, “Stato corrotto!”, “Lo Stato è la mafia”, et cetera. Abbiamo avvallato come ignoranti e storditi pappagalli e fatto nostri quei luoghi comuni. Così, infine, abbiamo fatto il gioco di chi aveva un non poi così equivoco interesse a smantellare e quindi distruggere l’unica entità che ci permetteva di risparmiare, acquistare una casa, mandare all’università i nostri figli e che creava, sosteneva e tutelava il nostro lavoro: lo STATO.

 Ora, il tempo si è improvvisamente fermato. Lo Stato non c’è più. “Il Governo ladro” non c’è più (o almeno lì c’è gente che si sta garantendo un lavoro, merce rara di questi tempi…) e, alcuni di noi hanno deciso di non esserci più: si sono tolti la vita, disperati, schiacciati dai debiti e senza un lavoro.

 Allora, è uno “Stato assassino”? No. Non può esserlo. Quello STATO giace inerme, impotente, esanime con le vittime di Civitanova.

 Su quei cartelli andrebbero scritti i nomi di chi ha contribuito (e sta contribuendo) alla negazione, all’estinzione dello Stato dal 1992 a oggi. Quei nomi SÌ ci avvicinerebbero ad una più comprensibile verità, infatti storica.

 Tenetelo bene nella memoria. Ci stiamo (stanno) fregando di nuovo “con i nostri stessi cartelli”.

 (Immenso rispetto a tutti coloro che non ce l’hanno fatta).

 Link: http://memmt.info/site/lo-stato-e-assassino-ma-quale-stato/Fonte:http://memmt.info/site/

 La denuncia dei carabinieri: “Suicidi colpa della politica”

 Il Cocer, Consiglio di rappresentanza dell’Arma, attacca: “Siamo arrivati a non costruire un governo a distanza di oltre quaranta giorni dalle elezioni”. Polemiche sulla Boldrini: “Abbiamo un presidente della Camera che non immaginava ci fosse tanta povertà”

 “Ancora una volta la cronaca è costretta a riproporre nuovi casi di suicidi di cittadini innocenti, vittime delle scelte disastrose di una classe politica sempre meno intenzionata a risolvere i gravi problemi che attanagliano il Paese”. E’ la denuncia choc del Cocer dei Carabinieri. L’organismo di rappresentanza dell’Arma stigmatizza il comportamento dei politici, “arrivati addirittura a non costituire un governo a distanza di oltre 40 giorni dalle elezioni ed ancor di più a non istituire le commissioni parlamentari, la cui costituzione viene aggirata attraverso la previsione di fantomatiche commissioni speciali”.

 Quindi l’attacco a Laura Boldrini: “La stessa classe politica elegge un presidente della Camera che dichiara candidamente di non aver immaginato che in Italia oggi ci fosse tanta povertà”.

 “Gli stessi politici, inoltre – continua il Cocer – hanno determinato un’insanabile situazione di disagio e di imbarazzo agli stessi rappresentanti delle istituzioni presenti ai funerali di queste vittime innocenti, che sono stati fatti oggetto di tutta la comprensibile rabbia dei cittadini, ormai stanchi della colpevole inerzia dimostrata sino ad oggi dallo Stato, quella rabbia che, ormai quotidianamente, viene scaricata addosso alle forze dell’ordine, sempre più spesso chiamate a dover difendere queste istituzioni dal crescente malcontento”.

 Infine, la difesa da parte degli agenti a chi si scaglia contro di loro: “Non ci sentiamo, tuttavia, di ‘condannare’ quel popolo che ci insulta perchè ci identifica come l’interfaccia di uno Stato cinico e predatore, quello stesso Stato che da sempre manifesta la sua ‘riconoscenza’ per l’opera svolta dalle forze armate e dalle forze di polizia con continui tagli e penalizzazioni”

 http://www.today.it/cronaca/suicidi-carabinieri-contro-stato.html[/i]

 

Libano. Scoperta una bomba indirizzata ad Hezbollah

Al nusra sono i terroristi siriani che sono riforniti di soldi ed armi da Usa e Qatar

 di Redazione

 Una bomba pronta ad esplodere è stata scoperta la scorsa notte nella periferia sud di Beirut, al cui interno c’era un foglio scritto a firma del Fronte Al Nusra, in cui dichiarava che la bomba era indirizzata ad Hezbollah. L’intera zona è stata chiusa dalla sicurezza del Partito di Dio. Lo riferiscono fonti locali.

Siria. I “ribelli” allo sbando, sequestrano anche giornalisti “amici”

di Mauro Indelicato

La regola numero uno per chi aspira ad essere un nuovo rappresentante governativo del proprio Paese, è quella di dare un’immagine all’estero “accomodante” ai Paesi occidentali, specie se il Paese in questione è arabo e specie ancora se parliamo della Siria, che sta vivendo un’atroce guerra civile tra i cosiddetti “ribelli” ed il governo centrale.

Ma capita proprio che i sedicenti nuovi rappresentanti del popolo siriano, almeno secondo la Lega Araba e su forte pressione israelo–americana, rapiscano gli uomini della stampa più vicini alle loro posizione, realizzando un clamoroso autogol.

A farne le spese, quattro nostri connazionali, tra cui quell’Amedeo Ricucci da sempre schierato apertamente contro il regime di Assad e presente nel Paese asiatico proprio per documentare il conflitto per la troupe de “La storia siamo noi”, la fortunata trasmissione di Giovanni Minoli che va in onda sugli schermi di Rai Educational.

Ricucci è stato rapito, come detto prima, assieme ad altri tre nostri connazionali, ossia il fotografo Elio Colavolpe, il documentarista Andrea Vignali e la reporter freelance Susan Dabbous; questo è un episodio che, con la mente, rimanda a dieci anni indietro, quando in Iraq la strategia dei rapimenti era all’ordine del giorno e causò numerosi ostaggi sgozzati ed uccisi, tra cui diversi italiani, come il giornalista Enzo Baldoni.

Ma in quel caso, vi era una strategia mirata, con obiettivi altrettanto mirati, mentre il paradosso dei “ribelli” siriani, dimostra ancora una volta di come l’esercito antagonista ad Assad, finanziato ed armato oramai esplicitamente dall’occidente e dai Paesi arabi sunniti filo–occidentali, altro non è che un pugno di mercenari improvvisati, senza guide, con poca esperienza e decisamente allo sbando, che va a rapire uomini della stampa a loro vicini.

Un segnale di forza, che invece fa intuire al mondo intero la cruda realtà dei fatti, che dimostra l’impreparazione politico–militare di quegli uomini che l’occidente vorrebbe far passare come “liberatori” di Damasco. Sembra che se ne siano accorti anche gli stessi “ribelli” del madornale e grossolano errore compiuto ed in un comunicato, si apprende come i quattro giornalisti stanno bene ed a breve verranno fatti transitare in Turchia, da dove poi potranno tornare nelle proprie case.

Un rapimento dunque, che sembra avviarsi a conclusione con una rapidità e facilità che fa ben intuire i motivi di questo imminente rilascio; la Farnesina ovviamente è cauta e non conferma, viste proprio le esperienze in Iraq, vuole evitare di dare comunicazioni ancor prima della risoluzione della vicenda.

Sul campo intanto, la situazione è in una fase di stallo, con i “ribelli” tenuti in vita dagli aiuti internazionali, ma che non riescono ad avanzare ed anzi rischiano di indietreggiare pesantemente sotto i colpi dell’esercito regolare, il quale detiene il controllo dell’80% del territorio siriano.

Da Damasco, Bashar al-Assad ha concesso un’intervista ad una tv russa, affermando come non c’è alcun problema di sicurezza né per la propria incolumità personale, né per la tenuta del suo regime: “Vi sto parlando dal mio palazzo presidenziale – fa notare al giornalista – e non da un bunker, né dall’Iran. Sono qui al mio posto, dove sono nato e sono cresciuto”.

Una guerra quindi, che sembra non dare pace e non trovare soluzione immediata, visto l’appoggio esterno dato in gran misura alla galassia di oppositori che però difficilmente riescono ad organizzarsi ed a sfondare le linee nemiche.

http://www.ilfarosulmondo.it/wp/?p=13915

 

Relazioni Italia-Usa: “Chi rompe non paga e i cocci non sono suoi”

//davi-luciano.myblog.it/media/01/01/3764333581.jpg

di Enrico Galoppini

C’è un famoso proverbio che recita “chi rompe paga e i cocci sono suoi”.

Ma guai a farlo valere per le tonnellate di bombe con cui i “liBBeratori” tappezzarono la nostra terra settant’anni fa. Anzi, pare che dobbiamo ringraziarli senza sosta per averci “liberati da noi stessi”!

Per tutti i morti, i feriti e le distruzioni di abitazioni civili, impianti produttivi ed infrastrutture, Lorsignori non hanno mai pagato.

Si dirà, “e il Piano Marshall”? Buono quello… Ma non l’avete ancora capito come funziona il “business della ricostruzione”? L’hanno ripropinato anche ai poveri iracheni. Si tratta della “guerra per il dopoguerra”: distruggo tutto, ma proprio tutto (tranne quello che m’interessa funzionante appena ci metto le mani, ad esempio gli impianti d’estrazione petrolifera), per “ricostruire” e quindi indebitare in eterno “l’aiutato”. E nel frattempo sponsorizzo il referente politico locale al quale farò riscuotere il consenso per essersi saputo aggiudicare “gli aiuti”. E già che ci sono gli impedisco di sviluppare autonomamente i settori economici strategici per assicurami la sua eterna dipendenza (vedasi l’informatica italiana, fatta andare intenzionalmente in malora).

Come se non bastasse, l’ammontare di questi cosiddetti “aiuti” del Piano Marshall è stato stimato in circa un decimo del furto realizzato alla nostra economia attraverso l’imposizione delle AM-lire (sarà anche bene ricordare che la RSI, col suo ministro delle Finanze, Domenico Pellegrini Giampietro, aveva chiuso il suo bilancio addirittura con un attivo).

Dunque, loro hanno “rotto”, e noi abbiamo “pagato”.

E per questo, probabilmente, non si riprendono neanche i “cocci”.

Cioè le bombe che ancora, in Italia, con una stupefacente frequenza spuntano dai terreni, dai fondali marini e soprattutto dai centri abitati, dalle acque prospicienti e lungo le principali vie di comunicazione. Sono bombe anglo-americane, è bene dirlo, altrimenti c’è sempre qualcheduno che pensa siano “tedesche” (quelle tedesche non riemergono di norma nei centri abitati).

Ieri a Genova ne è stata disinnescata una nel porto, ad opera di artificieri italiani. Un lavoro rischioso, in cui si rischia la pelle se qualcosa va storto.

E funziona sempre così (riporto una selezione di analoghi fatti recenti):

Ritrovata bomba Seconda Guerra Mondiale su scogli

Bomba della seconda guerra mondiale

ritrovata nel cantiere del Crescent

Bomba della Seconda guerra mondiale

ritrovata sulla provinciale Buddi Buddi

È stata fatta brillare la bomba della seconda guerra mondiale ritrovata a Boncellino

Trovata bomba II Guerra Mondiale a Imola

Esplosione nel Tagliamento, la maxi-bomba ora non fa più paura

Bonifica ordigni seconda guerra mondiale. In tre mesi disinnescati 13 ordigni in Sicilia

Esplosione bomba Seconda guerra mondiale ad Anzio

Ma se la bomba era americana, e di americani in Italia siamo pienicon tutte le basi militari che hanno, perché non sono venuti loro a toglierla da dove l’avevano lanciata? Siccome sono qui per “proteggerci” e “difenderci”, potevano dare l’esempio, rendendo innocuo il loro gingillo esplosivo, con tanto di hip hip hurrà dalla banchina da parte degli eterni “riconoscenti”.

 

Ma mica sono scemi gli americani. Gli scemi siamo noi, che mandiamo i nostri artificieri a rimediare ai danni dei Badroni. E pure servi e vigliacchi, che nemmeno abbiamo il coraggio di provarci a chiedergli questo banale e logico servizio di “bonifica” che tra “alleati” sarebbe un atto di cortesia. Facciamo tanto gli sbruffoni con l’India, pensando che si tratti di un’accozzaglia di fachiri e morti di fame, mentre al solo pensiero d’importunare l’America sentiamo lo stimolo della cacarella.

Germania e Giappone non se la passano certo meglio in quanto a ‘ricordini di guerra’, ma questo è il destino dei vinti, checché i “media” si affannino per far credere che l’euro e “la crisi” siano pilotate dalla… Merkel!

È però praticamente impossibile arrivare ai livelli infimi di servilismo della Repubblica delle Banane, che ha mandato allo sbaraglio i “nostri ragazzi” a trattare, senza adeguate protezioni, i residui dei bombardamenti all’uranio impoverito, mentre “gli alleati” erano dotati di tute, guanti e maschere (e guai a chiedere il perché ad un ufficiale italiano/Nato, col rischio di sentirsi dare del “coniglio”).

Se c’è da svolgere un esperimento, tutti assieme, chi volete che faccia da cavia quando il rapporto è tra padrone e schiavo?

E chi dovrà quindi “mettere in sicurezza”, a casa sua, i siti nei quali rispuntano le bombe, prendendosi tutti i rischi del caso?

D’altra parte questo non è un paese serio, con un minimo di dignità. È stato infatti firmato dal “Presidente della Repubblica” un decreto che consente al Ministero della Giustizia di rinunciare alla giurisdizione italiana sui reati commessi, in Italia, da militari della Nato, guarda caso appena prima dell’ingiustificabile “grazia” concessa al colonnello Romano, l’unico non dipendente della Cia della squadra di americani protagonista dell’ormai famoso “caso Abu Omar”, evidentemente destinato a provocare la trombatura dell’allora capo del Sismi, Pollari, in favore di un altro più “allineato”.

Quella tra Italia e Stati Uniti, non è una “alleanza”, ma una relazione di costante umiliazione e sudditanza.

E finché durerà, toccherà a noi pedalare, e alla svelta, per andare a togliere i “cocci” di tutto quello che hanno rotto e per cui non hanno mai pagato.

http://europeanphoenix.it/component/content/article/4-politica/599-relazioni-italia-usa-chi-rompe-non-paga-e-i-cocci-non-sono-suoi