Il contesto del PREITI, l’attentatore di Piazza Colonna

da Christian Abbondanza (Note) Lunedì 29 aprile 2013 alle ore 14.44


Luigi PREITI non è un pazzo e non era seguito per problemi mentali. A smentire le prime valutazioni sono i parenti più stretti dello stesso Luigi PREITI. Lo conferma la Procura di Roma che non intende chiedere una perizia sulla salute mentale del soggetto.

Luigi PREITI salì da Rosarno per una ventina d’anni ad Alessandria. Lì si sposo e poi si separò.
Ad Alessandria lavora, nella zona di Novi Ligure, con una sua piccola impresa edili. La chiude nel 2011 e torna in Calabria, a Rosarno, dai genitori.

Luigi PREITI afferma agli inquirenti:“la pistola l’ho acquistata quattro anni fa quando vivevo ad Alessandria. La comprai a Genova, al mercato nero”.
Quattro anni fa, non era separato, lavorava con la sua ditta (con cui lavorerà ancora per altri 2 anni).

Luigi PREITI afferma sempre agli inquirenti: “Ho pianificato ogni cosa venti giorni fa”. Ovvero dopo 4 anni che aveva comprato illegalmente la pistola con matricola abrasa. Dopo 2 anni dal ritorno a Rosarno.

Luigi PREITI afferma ancora agli inquirenti di aver “preso cocaina nell’ultimo periodo” e di aver fatto uso di“ansiolitici, perché stavo male, sono stato davvero male”. Ma era disperato economicamente a Rosarno, come la pagava la cocaina?

C’è chi dice che era disperato per il gioco d’azzardo delle macchinette, ma anche qui: dove prendeva i soldi da giocarsi con le macchinette?

Andiamo al contesto…

A Rosarno, i parenti del Luigi PREITI risultano aver avuto contatti e frequentazioni con esponenti dei PELLE e dei BELLOCCO. Famiglie ‘ndranghetiste che hanno diramazioni e legami con i territori liguri e piemontesi, oltre che con altre aree del centro-nord. Famiglie che hanno legami con i GULLACE-RASO-ALBANESE.

Ad Alessandria vi era (e vi è) uno dei crocevia della ‘Ndrangheta. Una forte colonizzazione del territorio che va ben oltre a quanto già emerso dall’indagine MAGLIO 1 ed il “locale” della ‘Ndrangheta del Basso Piemonte.

Nel 2011, in parallelo alla chiusura del ditta del PREITI, si chiude con gli arresti l’Operazione MAGLO 1 (con gli ‘ndranghetisti già allertati a seguito dell’Operazione “IL CRIMINE”). Nell’operazione finiscono gli uomini del “locale”della ‘Ndrangheta, a partire dal capo-locale Bruno Francesco PRONESTI’ (cugino del boss Carmelo “Nino” GULLACE, capo della cosca GULLACE-RASO-ALBANESE in tutto il nord-ovest del Paese), il consigliere comunale Giuseppe CARIDI (affiliato alla ‘ndrangheta ed in contatto con il COSMA Salvatore che a Genova è uno dei principali contatti politici dei MAMONE, imparentati e legati ai GULLACE-RASO-ALBANESE) ed altri tra cui il Sergio ROMEO che con la sua impresa, come abbiamo già documentato, aveva una sorta di “monopolio” nella zona, a partire proprio dal territorio di Novi Ligure (dove operava l’impresa del PREITI).

Nel 2010 già si confermava che la ‘ndrangheta nella zona dell’alessandrino custodisce arsenali di armi. A Castelnuovo Scrivia tal DE NOTARIS Mirko, tenta di investire un maresciallo dei Carabinieri ad un posto di blocco. In un vecchio cascinale di Sale, a breve distanza dall’abitazione di SCICCHITANO Francesco, vennero rinvenute armi, munizioni e quattro passamontagna (uno dei quali con tracce di dna del DE NOTARIS). L’indagine ha fatto emergere che lo SCICCHITANO era “figura cardine” come intermediario tra il canale svizzero d’importazione delle armi e gli acquirenti, tra cui i vari esponenti delle cosche ‘ndranghetiste.

Nella zona di Tortona già esano stati sequestri beni dei FACCHINERI, prima nemica, nella faida di Cittanova, dei GULLACE-RASO-ALBANESE, ma poi piegatasi a questi, a seguito della soccombenza nella “guerra” persa a suon di morti ammazzati.

Tra Alessandria (ed Asti) e Liguria (Genova, Savona, Imperia) la capacità di controllo del territorio, di condizionamento dell’economia locale, come anche il traffico e mercato illecito di armi, è saldamente in mano alle cosche della ‘ndrangheta. Così come anche il mercato della cocaina vede proprio la ‘ndrangheta ad aver assunto una posizione dominante, quasi incontrastata, a livello internazionale e non solo quindi nazionale.

L’alessandrino è territorio considerato sicuro dalla ‘ndrangheta (così come anche era, ed in parte è ancora, per Cosa Nostra). Lo dimostrano non solo le attività promosse dagli ‘ndranghetisti e l’influenza da questi svolta sia sulla politica (trasversalmente) sia sull’economia, ma soprattutto il fatto che questa è terra di latitanti. Nelle ultime settimane è stata al centro delle cronache proprio per questo. Prima l’arresto nella zona di Tortona del latitante STRANGIO Sebastiano, e poi per la rete di supporto del latitante TRIMBOLI Domenico – detto Pasquale-, arrestato in Colombia ma con la famiglia ormai stabilmente insediatasi proprio ad Alessandria. E da Alessandria si sviluppava il traffico di cocaina della ‘ndrangheta, rifornito direttamente dalla Colombia, dal TRIMBOLI Domenico.

Alessandria è territorio – come le altre province piemontesi – di affari importanti della ‘ndrangheta. Su tutti quelli della cosca GULLACE-RASO-ALBANESE (da Biella a Novara, dalla provincia di Torino, scendendo giù nel basso Piemonte). Qui, proprio, di nuovo a Novi Ligure vi è la famiglia SOFIO, storicamente legata ed in contatto con il GULLACE Carmelo e dai MAMONE (coinvolti con la Eco-Ge nell’indagine “Pesciolino d’oro”). Qui i traffici illeciti di rifiuti erano e sono ancora una delle attività principali. Qui, nella zona di Tortona, ad esempio anche a Sale, vi sono cave-discariche usate per smaltimenti illeciti di rifiuti speciali, tossici… terre altamente inquinate che andavano bonificate e che invece, con la complicità di diversi Centri di Recupero che rilasciavano certificazioni false, venivano smaltite illecitamente. E’ uno scenario che ancora una volta vede protagonisti anche i MAMONE, che ha un contorno fatto di corruzione su larga scala che arriva in alto. Un traffico illecito che ha tra i protagonisti anche quel RUBERTO Francesco, imprenditore già oggetto di un agguato davanti alla sua villa, in cui sparato riuscì a sfuggire.

Ci sono due maxi Operazioni pronte al via a Torino (ma non solo). Due indagini lunghe e complesse che, ormai chiuse, possono decapitare e schiacciare la rete d’affari della ‘ndrangheta. Due indagini che la ‘ndrangheta vorrebbe fermare, così come l’Appello per “MAGLIO 1”. Soggetti senza scrupoli, come il GULLACE Carmelo. Nato killer e rimasto tale che mentre era agli arresti a Torino non ebbe timore di indicare la necessità di attentare alla vita del Giudice Istruttore di Torino che lo aveva arrestato, così che poi, il fratello Elio GULLACE con il Rocco PRONESTI’ vennero individuati per tempo, in macchina, con una pistola occultata ma pronta all’uso, davanti all’entrata dell’ufficio del Giudice Istruttore. Una cosca che già a commesso omicidi su omicidi tra Genova, savonese, ma anche a Roma – all’EUR, in Piemonte, oltre che in Calabria. Una cosca, quella del GULLACE, che a Roma conta la presenza e la rete del numero “1” dell’organizzazione, RASO Girolamo, detto “Mommo” o “il Professore” (che una volta aveva gli incubi che non lo lasciavano dormire, incubi in cui i bambini dei Facchineri uccisi nella faida di Cittanova gli facevano visita, così come la facevano a “Ciccio”, alias GULLACE Francesco, fratello del Carmelo). Una cosca che aveva avuto vantaggi inspiegabili dall’azione di taluni magistrati e che aveva, grazie anche al ruolo svolto dal FAMELI Antonio (di Rosarno, già attivo in Piemonte e poi insediatosi e radicatosi fortemente nel savonese), pesanti entrature nell’Arma. Una cosca che oggi si sente all’angolo e “tradita” da quanti dovevano garantirgli l’impunità.

Ora, Luigi PREITI sale da Rosarno e si insedia per una ventina d’anni nell’Alessandrino. Dove, la comunità calabrese è forte. Dove la comunità calabrese è piegata da una consolidata presenza, radicata e potente, della ‘ndrangheta. Inizia a lavorare il quel territorio, lo fa per vent’anni, sino a quando, in parallelo all’indagine MAGLIO 1, chiude la ditta e torna in Calabria. Ora è difficile pensare che non avesse contatti con quell’ambiente che lì dominava (e domina), protetto da una rete di omertà spaventosa. E’ difficile pensare che per reperire la pistola (4 anni fa, non ora, non “venti giorni fa” quando dice che ha deciso di organizzare l’attentato a Roma) non abbia avuto contatti con quell’ambiente. Ecco, quindi, perché è necessario approfondire i suoi rapporti, i suoi contatti, le sue relazioni tra alessandrino, sin giù, a Rosarno.

Non ho elementi per affermare o per escludere nulla.
Ho elementi, per ciò che è emerso, per avere seri dubbi sulle dichiarazioni del PREITI. Dichiarazioni contraddittorie, fortemente contraddittorie… anche rispetto alla indicata “disperazione” come causa scatenante.
Ho elementi su un contesto tra alessandrino, Rosarno e Roma che brevemente ho cercato di descrivere, auspicando che si riesca a sondare, nelle indagini, ogni minimo particolare, perché occorre non tralasciare nulla, vista la gravità dell’accaduto e per evitare che, se non fosse un gesto isolato, la storia tragica si ripeta… ma anche per non lasciare spazio a tesi complottiste che in Italia appaiono sempre lo “sport” preferito da molti dopo le tragedie.

L’unica soluzione per uscire dalla crisi? Gli Stati Uniti d’Europa! Parola di Enrico Letta…

Enrico Letta, membro di spicco di tutti i più potenti “gruppi di potere”, dal Gruppo Bilderberg alla Commissione Trilaterale passando per l’Aspen Institute, del quale è stato vice-presidente: stessa carica che ricopre nel PD.

 Enrico Letta ha scritto un libro che si intitola “Morire per Maastricht” ed è uno dei più fermi sostenitori di Mario Monti (con il quale ha in comune l’appartenenza ai gruppi sopracitati) e della sua “agenda”…

 Secondo Letta gli “Stati Uniti d’Europa” sono “l’unica soluzione per uscire dalla crisi”; è quello che vogliono/vorranno farci credere, in modo da trasferire ancora più poteri all’Europa e andare verso la nazione unitaria (unioni che stanno portando avanti in tutto il globo, a livello continentale: una tappa fondamentale verso il “governo unico mondiale”…)

 Hanno creato a tavolino la crisi (è fin troppo evidente, almeno per chi si informa e non prende per buone le bugie dei politici, che da oltre 10 anni, mentre la situazione precipitava, hanno continuato a dire di “intravedere luce alla fine del tunnel” e di essere “vicini alla fine della crisi”…) per poi proporci la “soluzione”: la cosiddetta “integrazione europea”… e che la crisi fosse “necessaria” per questo scopo, lo ha ammesso candidamente anche l’amico preferito di Enrico: Mario Monti (guarda il video)

 Avete mai sentito parlare di “Problema, reazione, soluzione” ? Creare un problema e fornire la “soluzione” – quella che fa loro comodo – è un caposaldo delle strategie di controllo e manipolazione della massa…

CHI è ENRICO LETTA ED A QUALI POTERI RISPONDE: APPROFONDIMENTI

 Staff nocensura.com


 Con Letta l’Italia sempre più nelle mani della finanza mondialista

ENRICO LETTA, L’UOMO DEI POTERI FORTI ALLA GUIDA DEL GOVERNO ITALIANO

“In tanti vogliono far secco un politico” Bufera su consigliere grillino

ovviamente il perbenista quotidiano Repubblica non si degna di parlare della situazione della Trinachia e dei dipendenti precarizzati dal compagno Crocetta

 Bufera su consigliere grillino

 L’ex candidato sindaco di Torino per il Movimento Cinque stelle ha scritto su facebook: “Il vero problema non è che qualcuno vada a sparare a Palazzo Chigi”. Damiano chiede le sue dimissioni

 ‘Il vero problema non e’ che qualcuno vada davanti a Palazzo Chigi e spari durante il giuramento del governo. Il vero problema è che in questo momento, ne sono assolutamente certo, ci sono alcuni milioni di italiani che pensano ‘peccato che non abbia fatto secco almeno un ministro'”. E’ il messaggio postato su Facebook da Vittorio Bertola, consigliere comunale di Torino del Movimento 5 Stelle. “Ovviamente non auspico che questo accada – precisa Bertola all’Ansa – ma sono assolutamente convinto che siano tanti quelli che lo pensano, perchè purtroppo, in questo momento, ci sono tante persone disperate e la politica non sta facendo nulla per aiutarle”. Una sortita che finisce per rinfocolare le polemiche attorno al Movimento di Beppe Grillo dopo il comunicato pochi minuti dopo la sparatoria vicino a Palazzo Chigi. “Le parole scritte su Facebook dal consigliere torinese sono deliranti e irresponsabili. Si dimetta” chiede, in una nota, il deputato piemontese del Pd, Cesare Damiano. Alessandra Moretti, su twitter scrive: “Parole vergognose”. Il leader di “Diritti e Libertà” Stefano Pedica attacca: “Se parole su twitter del consigliere 5 stelle Bertola sono vere bisogna prendere provvedimenti. Un fatto gravissimo che deve vedere da parte del movimento di Grillo l’immediata espulsione”.

 Più tardi, Bertola scrive un altro post: “Altri spari di queste ore hanno avuto molto meno rilievo”. E pubblica comunicato dell’Usb che parla di “pestaggi selvaggi e spari a Palermo: Carabinieri scatenati contro i lavoratori della Trinacria”.

 http://torino.repubblica.it/cronaca/2013/04/28/news/poteva_far_secco_un_politico_bufera_su_consigliere_grillino-57662120/

 

Letta, la tela atlantica

L’approdo al governo di Enrico Letta ha molti punti di contatto con il viaggio nel potere di Barack Obama. A molti questo potrebbe apparire come un complimento rivolto a due campioni progressisti. Per chi obamiano non è, come chi scrive, è invece la critica a due conservatori impegnati a salvaguardare creativamente gli interessi dell’Impero, Obama al centro e Letta in periferia. Tralasciamo per ora le scontate differenze fra USA e Italia, il divario in termini di loro ruolo e peso internazionale, la diversità dei sistemi politici ed elettorali. Quel che interessa qui sottolineare è il fatto che un sistema in profonda crisi di legittimità ha trovato una soluzione “creativa” all’interno delle proprie classi dirigenti. Gli Stati Uniti erano segnati da un “impresentabile” come il presidente Bush. In Italia venivamo da un livello di fiducia nei partiti politici ormai prossimo allo zero. In entrambi i casi il rimedio è stato covato dalle classi dirigenti promuovendo un leader relativamente giovane, messaggero di una retorica che necessariamente promette il cambiamento, ma protegge i rapporti di forza esistenti.

 Obama vince le elezioni promettendo di stare dalla parte della strada (Main Street), contro la finanza (Wall Street), ma poi fa il contrario, al netto di qualche concessione secondaria da sbandierare sui media, fino a riempire l’esecutivo di esponenti di Wall Street e del complesso militare-industriale. Si fa poi rieleggere dicendo che gli altri sono peggio.

 Letta raccoglie voti promettendo innovazione e nessun governo con Berlusconi, ma poi si accorda con lui e accoglie i suoi esecutori nel governo, assieme a volti nuovi. Anche Letta riesce a contare su quelli che soccombono continuamente al presunto meno peggio. O almeno: nel PD funziona strutturalmente così, finché, salasso dopo salasso, rimarranno soltanto gli ultimi veterani menopeggisti, una manica di cinici e di poveri illusi.

 Per le cariche istituzionali c’è una certa competizione all’interno delle élites, con strategie diverse, sgambetti, trame, giravolte, cordate di potere contrapposte, contestazioni reciproche, ricatti. Gli oligarchi giocano la loro partita in mezzo alle masse, e le associano, cercando di inquadrare interessi diffusi di milioni di persone dentro le battaglie di pochi potenti. La manipolazione mediatica è lo strumento principe in questa partita. Interi spezzoni del sistema politico un tempo riuscivano a sottrarsi in parte al gioco, e gli interessi popolari non erano senza peso negoziale e politico. Negli ultimi decenni la cooptazione di vaste componenti semi-autonome della società e del sistema politico si è invece perfezionata, al punto da non tollerare più nulla che non obbedisca al Pensiero Unico. Chi non obbedisce vede via via deperire gli strumenti e le relazioni che rendevano politicamente spendibile la sua autonomia. In questo deserto, rimangono in piedi gli strumenti e le relazioni della nuova tecnopolitica, le reti di cui Letta è certamente un primatista. Per molti l’alternativa è essere assimilati o non trovare nessun luogo politico dove stare.

 Anche il più sofisticato network di potere non riesce tuttavia a convincere enormi porzioni dell’elettorato a farsi rappresentare dai suoi avatar, soprattutto durante una crisi sistemica che sconvolge la società e l’economia. Negli Stati Uniti la larghissima voragine dei non rappresentati è più facilmente neutralizzata perché non vota o perché le sue proteste (come Occupy Wall Street) non puntano a scalfire il gioco politico alle elezioni. In Italia però è accaduto qualcosa di diverso: la formidabile spallata elettorale del Movimento Cinque Stelle guidato da Beppe Grillo è stata talmente aggregante da aver ricostituito un grande polo di opposizione, molto più vasto e variegato del nucleo militante del M5S.

 La creatura politica di Grillo e Casaleggio ha i gravi limiti che più volte abbiamo sottolineato, in molti articoli su queste pagine. Ha il problema di dover maturare in fretta per contribuire a una grande alleanza di forze politiche alternative in seno al popolo italiano, mentre i tempi della crisi galoppano e non aspettano i balbettii tattici e le lacune culturali e strategiche di Vito Crimi & Co..

 Nondimeno, la sola presenza di questo coagulo di opposizione ha fatto crollare per sempre tutti gli alibi della sinistra istituzionale italiana. Quella sinistra stava semplicemente gestendo un eredità derivante dai decenni in cui aveva schierato vaste forze popolari, i tempi in cui aveva vasti margini di autonomia, programmi propri, grandi spinte intellettuali, una propria idea di geopolitica, una sua coscienza degli interessi nazionali. Per due decenni quel patrimonio storico è stato usato dai dirigenti della sinistra in funzione sempre più subalterna: hanno guidato milioni di persone sotto l’ala di altri centri di potere che avevano e hanno una loro fermissima agenda “atlantica”. Mentre le forze un tempo antioligarchiche non studiavano più nulla e smantellavano ogni luogo in cui avrebbero potuto formare un proprio pensiero autonomo, l’oligarchia atlantica si incuneava profondamente nel loro campo e lo egemonizzava, fino ad assoggettarle. Il vecchio patrimonio è ora totalmente dilapidato. Il maestro di Letta, Beniamino Andreatta, faceva studiare suo figlio Filippo all’Atlantic College . Altri si legavano a istituzioni analoghe. Uno per uno, i rampolli stavano dentro strutture legate al nucleo vero del potere transnazionale dominante.

 Perciò le lobby lettiane non hanno quasi nulla di misterioso. L’Aspen Institute, VeDrò, la partecipazione alla Commissione Trilaterale, la cooptazione alle riunioni del Club Bilderberg, gli accademici che ovunque diffondono il Verbo Atlantico e le fesserie teoretiche sul nesso fra austerità e crescita economica, tutte queste relazioni sono reti solide in mezzo a un oceano di dispersione. In quell’oceano le proposte alternative non raggiungono massa critica, e in troppi si perdono nelle illusioni di ricostituire la sinistra senza fare i conti con le vere cause del suo disastro. Basti pensare a quanti abbagli sono incorsi i Godot che puntavano a qualche riformabilità del PD. Una generazione perduta.

 Nulla di misterioso nell’arroccamento del potere nel corso della crisi: è il momento in cui contano solo i rapporti di forza e non sono tollerati esperimenti che possano minimamente mettere in discussione l’agenda atlantica e il pensiero unico della rapina europea. L’unica realtà dirigente rimasta nel campo della fu-sinistra è perciò legata mani e piedi alla ragnatela politica di Letta e simili. I presunti dissensi dei parlamentari durano lo spazio di qualche tweet, e il gregge torna a testa bassa a votare la fiducia, anche se sa che perderà un mare di voti.

 SEL si agiterà fuori dal PD, ma non ha grandi potenzialità espansive. Figuriamoci un Civati, dentro il PD.

 Intendiamoci, anche Giuliano Amato era un grand commis della tela washingtoniana e londinese. E Romano Prodi era “chairman” del Bilderberg, e via elencando. La novità, con Letta, è che ora non c’è più nient’altro in grado di porsi all’altezza di quei network.

 I partiti, i sindacati e altre formazioni sociali si permettevano di esercitare una semisovranità, qualche libertà d’azione sub-dominante. Ora non più, e perciò non c’è più sovranità alcuna.

 Non c’è più nemmeno la cauta subordinazione di quando c’era la DC – quando si percorrevano anche certe vie detestate dalle capitali atlantiche importanti – in virtù di interessi che non si voleva liquidare: l’Italia aveva una sovranità limitata, ma non nulla.

 Basta scorrere l’elenco dei ministri chiave del governo Letta per capire che adesso il blocco atlantico è il cuore della coalizione. Questo implica un risvolto da non trascurare. Sia prima dell’attacco alla Jugoslavia nel 1999, sia prima dell’aggressione alla Libia nel 2011, le instabilità del sistema politico italiano furono rapidamente regolate da un via vai di parlamentari che si collocavano in modo “innaturale” rispetto ai loro riferimenti. Tutto serviva a rinsaldare il quadro politico per fare meglio la guerra, una guerra decisa altrove. Le occasioni di guerra non mancano nemmeno stavolta.

 Perciò l’urgenza di costruire un blocco sociale e politico alternativo, con una sua proposta di governo, è un compito storico di importanza capitale. La tela c’è, ma va rafforzata, perché quelli non scherzano mica, e a chi rimane troppo liquido, se lo bevono.

 Pino Cabras

Fonte: www.megachip.info

Link: http://www.megachip.info/tematiche/democrazia-nella-comunicazione/10184-letta-la-tela-atlantica.html

29.04.2013

 

Enrico Letta testimonial di un prodotto scaduto

Enrico Letta è giovane, e anche se di per se essere giovani non costituisce un valore, nel mondo della politica italiana costellato da ultra settantenni rappresenta comunque un segno di discontinuità. Il giovanotto cresciuto nell’apparato un po’ di partito, un po’ dello Stato, parla correttamente l’italiano e questo non guasta. Si presenta pulito, sobrio e direbbero gli inglesi, con un certo standing. Sarebbe bello che tutte queste ottime caratteristiche corrispondessero con altrettante buone intenzioni. Ma ho i miei dubbi, che non sono pregiudizi, perché la cosa migliore che mi potrebbe capitare sarebbe poter cambiare idea. Al momento tuttavia il giovane Enrico Letta rappresenta la garanzia assoluta per gli apparati di Eurolandia di garantirsi il fedele allineamento dell’Italia al loro disegno di impoverimento strutturale del Paese, la speculazione che da esso deriva e il conseguente arricchimento di quei pochi soggetti privilegiati che giocano a chi più incass a sulla pelle dei Cittadini. Letta da sempre è legato all’Aspen Group e a tutti gli apparati della burocrazia nazionale e sovranazionale e ai salotti “buoni” europei, dove si riuniscono quei politici che forse con autentica e profonda convinzione pensano davvero che l’Europa sia un valore da difendere. Per loro risulta troppo difficile voler ammettere che l’Europa come territorio di valori comuni, collaborazione economica, liberi scambi e confini non ha niente a che fare con l’EuroZona. Ho quindi il sospetto che anche Letta ci chiederà di sacrificarci in nome dei conti, dei bilanci e dello spread. Sono certo che una spolverata di demagogia arriverà a rinfrancare temporaneamente i nostri Cuori stanchi, con la restituzione di qualche spicciolo delle precedenti rapine (vedi l’Imu) ma sarà solo un temporaneo spiraglio di luce. Il nostro Paese come gli altri dell’EuroZona sono tenuti in scacco da poteri fortissimi, che gli stessi Cittadini agevolano inconsapev olmente, influenzati dai media che essi controllano e che fanno credere che la realtà sia quella vista in Tv o letta sui giornali. Finché otterranno grandi guadagni dalla stampa della moneta (BCE) e dalla conseguente limitazione delle politiche di sviluppo e crescita delle singole nazioni non ci sarà posto per un autentico Governo che abbia come obiettivo il Bene Comune e la ripresa di condizioni di vita sociale adeguata alle aspettative che ci siamo conquistati dopo 50 anni di lavoro e rinunce (quelle fatte da nonni e genitori per garantirci un futuro migliore). Se questo Governo, come sospetto, non porrà al centro della sua azione la richiesta di ridiscussione del trattato di Lisbona sul tema della Sovranità Monetaria, del MES (Meccanismo Europeo di Stabilità) e dei vincoli di Bilancio, tutto ciò che potrà fare sarà solo quello che hanno fatto tutti i governi precedenti a partire da Amato nel lontano 1992: servire la causa delle oligarchie finanziarie e degli spec ulatori che gestiscono realmente le sorti dell’Europa e usano questi politici, alcuni magari mossi da buona fede, per continuare a far soffrire i Popoli ad abituarli ad un generale abbassamento degli standard di vita fino a portarli ad accettare qualunque limitazione della propria libertà personale ed economica in cambio di un po’ di elemosina e di sporadica demagogica indulgenza. Senza risorse l’economia italiana non riparte, il LAVORO non riparte, pezzo per pezzo i nostri asset più preziosi vengono svenduti all’estero, le aziende chiudono sotto i colpi di un fisco sempre più assetato di risorse e sempre più tiranno, sotto le umiliazioni ricevute dalle banche che impiegano i risparmi dei nostri concittadini per compiere investimenti finanziari e speculazioni anziché sostenere le famiglie e il rilancio e lo sviluppo delle imprese. Ma le risorse economiche NON SONO nelle mani dello Stato ma della BCE (una Banca Privata) che non ha nessuna intenzione di sostenere l’Italia e le sue imprese. L’obiettivo è fare bottino, il più ricco possibile, e quello che politici come Letta, magari in buona fede, rischiano di fare è agevolare questo schema.

Se questo dovesse essere uno scenario verosimile, significherebbe che la lacerazione che si è creata tra Cittadini e Istituzioni non potrà che crescere provocando dolore tanto negli uni quanto nelle altre. Questa ulteriore grave condizione potrebbe tuttavia agevolare quella crescita e quel rafforzamento della Consapevolezza interiore necessaria ad ottenere un autentico cambiamento, quello che non si raggiunge inseguendo chi urla più forte volendo avere RAGIONE o niente, ma può realizzarsi attraverso il dialogo, l’ascolto e la collaborazione, pur mantenendo punti fermi come quelli sopra citati. Obiettivi chiari e di autentica utilità per il Paese nel suo insieme. Posti di Lavoro da ottenere attraverso l’introduzione dell’aliquota unica al 15%, re immissione di liquidità sul mer cato e alle aziende, e ripresa del credito al consumo, divisione per Legge tra Banche Commerciali e Banche d’affari, taglio netto alla Burocrazia, investimenti strutturali e formativi per la Scuola (la prima industria del Paese). Abbiamo un anno e mezzo di tempo per rafforzare questa Consapevolezza, proponendo i nostri progetti e confronti in tutta Italia. Si parte il 15 maggio in piazza a Roma, poi le elezioni comunali del 27 maggio, le elezioni della Provincia Autonoma di Trento ad Ottobre, la Conferenza sulla Scuola il 6 Ottobre a Rimini, le Elezioni Europee, l’apertura delle sedi sul territorio e l’attività di divulgazione in strada tra i Cittadini in ogni Città. Un Nuovo Punto di Vista ha bisogno di tempo per crescere nel Cuore degli individui, ma non appena saranno in moltissimi ad Accorgersi che esiste, allora una nuova realtà è pronta a nascere, e non la vedremo solo attraverso un Governo, ma nell’intera Società, di cui esso non potrà che essere la migl iore espressione.

Armando Siri

http://www.partitoitalianuova.it/pin/le-idee/enrico-letta-accattivante-testimonial-di-un-prodotto-scaduto

 

Ida Magli – Il governo dei nemici

Come sappiamo già da molto tempo, il concetto di “rappresentanza” non esiste più; si è esaurito, insieme alla sacralità del Potere, con gli avvenimenti politici di questi ultimi giorni dell’aprile 2013. Adesso, però, con la formazione del governo Letta, lo possiamo confermare con assoluta certezza; ma soprattutto – è questa la cosa più importante – abbiamo finalmente la grande gioia di poterlo gridare a gran voce: “non ci rappresentano!” Sono i nuovi governanti del popolo italiano, i suoi despoti, i suoi sfruttatori, i suoi traditori, i suoi nemici, i delegati di quel Potere che si nasconde dietro il Bilderberg, la Trilaterale, l’Aspen Institut, e che indichiamo col nome di “Laboratorio per la distruzione” visto che ne sappiamo una sola cosa: che la sua meta è appunto la nostra distruzione, l’annientamento della civiltà europea e degli Stati europei. Non ci rappresentano, però! Dobbiamo essere felici quindi, di poterli guardare in faccia, uno per uno, con la certezza di non condividerne nulla. Stanno dall’altra parte, sono altro da noi, non sono “italiani”, ma nemici degli Italiani, i peggiori dei nemici, quelli che spargono il sale sul terreno prima ancora di aver vinto.

   L’itinerario che ha portato alla fine della rappresentanza è cominciato con il rinnovo del mandato presidenziale a Giorgio Napolitano, e non poteva in fondo non essere così dato che era stato lui a “saltare” le regole della democrazia quando aveva consegnato l’Italia al potere del Laboratorio mondialista chiamando al governo Mario Monti. Nel momento in cui ha accettato il secondo mandato, Napolitano ha inferto l’ultimo colpo alla sacralità del “settennato” e di conseguenza alla “rappresentanza”, che è appunto sostanziata dalla fenomenologia del Sacro. Il “sette” è un numero sacro, un numero magico e potente, sotto la cui protezione si sono rifugiati fin dalla più remota antichità quasi tutti i popoli che fanno parte della nostra storia, dagli Egizi agli Ebrei, ai Greci, ai Romani… i sette anni assegnati dalla Costituzione alla Presidenza della Repubblica non sono quindi un caso o una decisione razionale, ma sottintendono la potenza trascendente di questa carica, più forte di quella dei parlamentari, e ne indicano la perfetta completezza nel cerchio chiuso in se stesso del numero sette. Come è stato notato da molti politici di fronte alla richiesta di rinnovare il mandato a Napolitano, non era mai stato detto che non si poteva “ripetere”; ma non era mai stato detto proprio perché era ovvio, era sottinteso… La replica del settennato di Napolitano ci ha liberato del tutto perciò della sacralità della rappresentanza e, insieme a questa sacralità, ci ha liberato di un “rappresentante” tanto ligio ai comandi dell’Europa da guidarci ostinatamente fino all’angolo senza via d’uscita dal quale doveva scaturire la giusta conclusione: il governo Letta.

   Enrico Letta ha pubblicato nel 2010, insieme all’amico Lucio Caracciolo, un libro intitolato significativamente “L’Europa è finita?” (Add editore, Torino). La domanda si poneva in modo così esplicito due anni fa perché il fallimento della costruzione europea e della sua moneta appariva evidente a tutti. È sufficiente leggere qualche pagina di questo libro per sapere fino a che punto dobbiamo aver paura di Enrico Letta e delle persone che ha scelto per portare rapidamente a termine la missione devastatrice che gli è stata affidata. “L’euro è stato un successo, forse la più grande realizzazione dell’Europa” – afferma Letta- guardando con soddisfazione alle rovine che ha provocato. E continua: “Arrivo a dire che la moneta comune ha in un certo senso sostituito l’esercito: invece dell’esercito europeo, oggi abbiamo l’euro, simbolo della capacità di rappresentanza e di identificazione; un totem, appunto, attorno al quale gli europei possano sentirsi tali.” (p. 39) Come sogna bene, Enrico Letta, non è vero? Non vede nulla, non sente nulla. I popoli maledicono l’euro, tutti vorrebbero abbandonarlo, perfino i Tedeschi; la gente soffre orrendamente, gli imprenditori si uccidono, milioni di disoccupati non sanno come fare a sopravvivere, ma a Letta tutto questo non interessa perché, come per tutti i dittatori e i generali, i popoli di per sé non esistono, sono solo strumento. Letta è stato scelto, come ognuno di quelli che lavorano alla distruzione dell’Europa, proprio perché la scarsa intelligenza critica comporta l’insensibilità affettiva e la plasmabilità all’obbedienza fascinatrice del Potere assoluto. Si somigliano tutti, infatti: Trichet, Duisenberg, Barroso, Draghi, Rehn, Rompuy, Amato, Prodi, D’Alema, Monti… E adesso, con il programmato spogliarello del Partito Democratico, teso al rinnovamento delle generazioni, Enrico Letta.

 L’incarico a Emma Bonino di andare in giro per il mondo in nome dell’Italia è infine il chiaro, orrido sigillo di questo governo; ne garantisce agli occhi di tutti l’assoluta volontà e capacità di distruggere non solo il popolo ma perfino l’idea dell’Italia; la dolcezza, la bellezza che ha accompagnato nei secoli il nome, l’immagine dell’Italia. Nessuno al mondo, probabilmente, avrebbe potuto dare questa certezza quanto la donna che ha propagandato l’aborto estraendo di persona, come testimoniano le riprese fotografiche, i feti con una pompa di bicicletta.

 Ida Magli

Fonte: www.italianiliberi.it

Link: http://www.italianiliberi.it/Edito13/il-governo-dei-nemici.html

28.04.2013

 

Un segnale d’allarme per i politici del Palazzo di Luciano Lago

Dopo la cura del “governo tecnico” di Monti e della Fornero, “cura” che ha prodotto circa un milione di nuovi disoccupati in Italia, un numero stimato di circa 390.000 “esodati”, senza più né lavoro né pensione, qualche cosa come 50.000 aziende chiuse nel solo 2012, con la conseguenza di circa un milione di famiglie senza reddito, un numero di sfratti per pignoramento delle abitazioni in crescente aumento e tutto il corollario di una serie impressionante di suicidi di piccoli imprenditori, artigiani e disoccupati, ecco che arriva un giorno di “ordinaria follia” a Roma con sparatoria davanti a Palazzo Chigi di un disoccupato disperato che, secondo le prime indicazioni, aveva deciso di non suicidarsi da solo, mirava ai politici ma ha colpito dei carabinieri di guardia al palazzo.

 http://www.corriere.it/economia/13_aprile_21/istat-dati-2012-un-milione-di-famiglie-senza-reddito-da-lavoro_ff7f1eca-aa72-11e2-968c-b1e4e5776c81.shtml

 http://www.bresciaoggi.it/videos/649_servizi/28976/?pag=22

 http://it.finance.yahoo.com/notizie/made-in-italy-crisi-fallite-circa-50mila-imprese-135146826.html

 Occorre fare attenzione perché questo potrebbe essere un primo segnale d’allarme:

dietro una calma apparente costellata da qualche suicidio di piccoli imprenditori o di artigiani e disoccupati, episodi minimizzati dai media che non danno risalto o nascondono in pagine di cronache locali, inizia a covare la rivolta di chi non ha più nulla da perdere e si alimenta da sola con la disperazione, come fosse un fuoco sotto la cenere.

Un accadimento come quello di Roma, per quanto isolato e frettolosamente etichettato come l’azione di uno “squilibrato”, in realtà inizia a connotarsi in maniera diversa: non si può infatti confondere un disperato con uno squilibrato, sono due situazioni diverse. Visto il posto dove si è verificato ed il clamore suscitato, questo non poteva essere uno dei tanti episodi minimizzati o nascosti dai media e, nella società dell’informazione e dello spettacolo, il gesto disperato di un calabrese disoccupato temiamo che potrà avere presto degli emuli.

Questo episodio potrebbe aprire gli occhi ai responsabili politici di palazzo, per quanto siano soltanto “esecutori di ordini” ed attuatori delle direttive che vengono trasmesse loro dalle vere centrali del potere finanziario che sono a Bruxelles e Francoforte, questo non li esonera da una responsabilità agli occhi dell’opinione pubblica che vede in loro comunque una casta responsabile del disagio sociale e della miseria incombente. Non si può darle torto visto che, a furia di preoccuparsi della stabilità finanziaria (deficit non oltre il 3% considerata la “Bibbia” da personaggi come l’ex ministro Grilli ), impegnandosi a eseguire le direttive europee e per aver firmato in totale subordinazione trattati capestro come il fiscal Compact ed il MES (Meccanismo europeo di stabilità ) con il quale si sottraggono 125 miliardi al bilancio pubblico, questa classe politica, al di là del cambio di facciata dei governi, è pienamente responsabile del disastro sociale in cui si trova il paese.

Nella Storia si sono verificate spesso le rivolte popolari con la scintilla causata da piccoli episodi apparentemente isolati. Questo può capitare anche più facilmente quando si costituisce ai margini del sistema sociale una sorta di “sottoproletariato “costituito da migliaia di persone, soprattutto giovani, totalmente emarginati e privi di speranza di potersi integrare: esattamente il panorama sociale italiano attuale con punte massime nel Mezzogiorno . Inoltre questa massa di persone possono facilmente essere utilizzate per scopi di attività illegali come per il reclutamento nelle organizzazioni di camorra e di mafia (frequentissimo in Campania dove i boss si vantano di dare lavoro ai “guaglioni” al posto dello Stato) ma anche da chi si prefigge obiettivi di destabilizzazione politica o consolidamento di elite al potere (vedi quanto accaduto negli anni ’70 con la “strategia della tensione”e gli episodi di terrorismo utilizzati dai servizi segreti per scopi non mai chiariti ).

Probabile quindi che il nuovo governo appena formatosi debba mettere all’ordine del giorno la questione sociale ed i suoi possibili rimedi per stemperare le tensioni e mandare messaggi di rassicurazione. Questo se non altro perché i politici possono anche iniziare a preoccuparsi della loro incolumità e del malcontento che inizia a serpeggiare tra le forze dell’ordine lasciate in strada a fronteggiare le possibili aggressioni ed il moltiplicarsi di possibili azioni incontrollate dove sono loro i primi a rischiare.

Questa situazione coincide con l’ingresso del nuovo governo di” grande coalizione” formato dai Letta, Alfano e soci che oggi 27 Aprile hanno prestato giuramento nelle mani del Presidente “sovrano” Giorgio Napolitano che ha fortemente voluto questa compagine di coalizione preoccupato soprattutto di dare un buon segnale all’oligarchia europea ed ai mercati.

Non sembra che Napolitano, Monti e soci nutrissero molte preoccupazioni fino ad oggi per la situazione sociale del paese, molte di più le loro dichiarazioni di “attenzione” per quanto viene deciso a Bruxelles e Francoforte e per le reazioni dei “mercati”, queste entità distanti e nebulose che decidono della vita di tutti i cittadini. Enorme quindi la distanza dei politici del palazzo dai problemi reali del paese, distanza però che potrebbe essere stata bruscamente accorciata dall’esplosione di quei 7 colpi di pistola esplosi davanti a Palazzo Chigi.

Sulla scena politica avanza questo politico, Enrico Letta, con la faccia della “brava persona” ben educata, british style, ex allievo di Andreatta (quello che operò per la separazione della Banca d’Italia dal Tesoro), uomo dalla conversazione pacata il quale ha candidamente ammesso di fare parte del Club di Bilderberg, neanche a pensare che ci sia un conflitto di interessi con essere a capo del governo italiano considerando che Enrico Letta risulta iscritto anche alla Trilateral ed all’Aspen Insitute.

D’altra parte Letta opera in piena continuità con il governo Monti, il “bocconiano”, anche lui membro sia del Club di Bilderberg che della Trilateral Commision, la commissione fondata da Rockefeller e che costituisce uno dei centri di direzione piu’ rilevanti del capitalismo internazionale’. Il fatto che tutti i presidenti italiani siano designati dalla Trilateral la dice lunga su come l’Italia si sia trasformata di fatto in un “protettorato” della grande finanza senza più alcuna sovranità.

Quale sia la mentalità di Letta, lo si può dedurre dal libro da lui scritto qualche anno prima, “Morire per Mastricht” ove aveva scritto: …non c’e’ un Paese che abbia, come l’Italia, tanto da guadagnare nella costruzione di … una moneta unica….” e…”abbiamo moltissimi imprenditori piccoli e medi che … quando davanti ai loro occhi si spalancherà il grandissimo mercato europeo, sarà come invitarli a una vendemmia in campagna. E’ impossibile che non abbiano successo… il mercato della …moneta unica sarà una buona scuola. Ci troveremo bene…”

 http://marcodellaluna.info/sito/2013/04/25/morire-per-maastricht-con-enrico-letta-e-leurogendfor/

 Si effettivamente ci stiamo trovando tutti “davvero bene” nel sistema programmato dalla grande finanza.

Possiamo quindi facilmente dedurre che i politici venduti ad interessi della finanza sopranazionale possano ormai anche ammettere candidamente le loro affiliazioni senza che questo faccia scandalo ma anzi un motivo di vanto (frequentare consessi internazionali di alto livello). Altrettanto potremmo dire di altri membri del governo come ad esempio la Emma Bonino, radicale, mondialista ed atlantista sfegatata che, come ministro degli esteri, sicuramente premerà per far partecipare l’Italia a tutte le operazioni internazionali che gli USA vorranno programmare per “portare la democrazia” nei paesi ancora riottosi come attualmente la Siria ed in passato la Libia e l’Iraq, normalizzati con “successo” dalle truppe USA e NATO. Non si capisce poi quale sia la legittimità di un tale incarico in un politico che raccoglie a mala pena lo 0.30 % di consensi ma che può vantare grossi collegamenti con i vari club di potere internazionali e questo la dice lunga sul perché sia stata scelta (e da chi scelta) al governo del paese.

Lo stesso si potrebbe dire per gli altri membri di questo governo e si avrà altra occasione di parlarne.

Per il momento aspettiamo quali saranno le prossime mosse di questo governo ma, possiamo prevedere che, fra i vari provvedimenti, si inizierà a predisporre un piano di difesa dei palazzi del potere e rafforzamento delle scorte: i politici iniziano a percepire un clima non troppo favorevole. Si capisce che la gente è ingrata: gli italiani sono stati portati in Europa ed invece di esserne entusiasti, sono sempre a recriminare posti di lavoro che non ci sono, pensioni tagliate e rinviate, aumenti insopportabili di imposte, tagli di spese sociali, ecc. Si pensava forse che integrarsi in Europa ed avere il “vantaggio”di una troika europea che decide per tutti noi sarebbe stata una “passeggiata”?

http://www.stampalibera.com/?p=62535

 

Il Pd non ha un pensiero sulla Tav

26 aprile 13 Italia Oggi :

“Il Pd non ha un pensiero sulla Tav”

Lo dice Stefano Esposito, senatore sì-Tav del Pd

di Goffredo Pistelli  

http://www.italiaoggi.it/giornali/dettaglio_giornali.asp?preview=false&accessMode=FA&id=1822771&codiciTestate=1&sez=giornali

Il Pd scarica la Tav? Dopo le proteste di Laura Puppato, ecco il revisionismo ferroviario di Debora Serracchiani. C’è materia per parlare con Stefano Esposito, il senatore piddino torinese, da tempo anima del SìTav, spesso nel mirino dei NoTav valsusini ma non solo.

Domanda. Serracchiani vuol rivedere la Tav nel tracciato della sua regione, parla di semplice quadruplicamento come la Puppato. Che succede? Il Pd ripensa l’infrastruttura che ha sempre sostenuto?

Risposta. Il Pd non ha bisogno della Tav per mostrare di non essere un non partito. Tranne singoli esponenti, non abbiamo mai avuto un pensiero, non dico sul tema delle grandi infrastrutture, ma anche sulla logistica in generale.

D. Vale a dire?

R. Il tema Tav viene trattato come un panino di McDonald, favorevoli o contrari, ma più complicato, perché sistema di collegamenti internazionali e del gap della logistica italiana che vale per le nostre imprese un gap notevole di competitività rispetto a quelle concorrenti. La verità è che nessuno ha voglia di studiare questo tema, non c’è tradizione nel partito. Semmai ci si occupa e male di autostrade, come ha dimostrato il caso di Filippo Penati con Marcellino Gavio.

D. Quel è l’urgenza adesso?

R. Chiudere la pratica del tunnel con la Francia, il cuore dell’innovazione del sistema trasportistico sta in quella vicenda. È per questo che l’Europa che ci corra ancora dietro, perché se no il sistema collassa sul serio, mentre la Svizzera di tunnel ne ha fatti due.

D. C’è da preoccuparsi della posizione di Serracchiani?

R. Non ho visto l’intervista e cerco di non intromettermi nelle discussioni territoriali, ragione per cui m’arrabbio quando la Puppato viene qua a far casino. Se Serracchiani parla di quadruplicamento è comunque un modo di ammodernare. Ma mi lasci dire…

D. Prego…

R. Esiste il problema della classe politica che tende a schivare i problemi. Quando vieni a fare una cosa nuova, tocchi interessi, sposti una casa, metti in discussione ciò che è immobile da 100 anni, ti nascondi dietro consumo di suolo, perché non hai la forza o la voglia di impegnarti. Non sto dicendo che sia il caso della Serracchiani, ma spesso è così. Peraltro, giorni fa, Lodovico Sonego, senatore del Pd e già assessore ai trasporti in Friuli, è venuto a chiedermi il libro che ho scritto sull’Alta velocità e non mi parevano intenzionati a cambiare le carte in tavola. L’affermazione della Serracchiani mi preoccupa solo per un motivo…

D. Quale?

R. Che in Europa ci guardano come matti: abbiamo regioni che paiono stati. C’è un problema di credibilità. Serracchiani lo sa, c’è stata, facendo cose ottime. E qualche soldo, su queste opere, l’Europa ce lo dà…

D. Lei sarà membro della commissione trasporti, ha intenzione di fare qualcosa?

R. Non appena sarà convocata chiederò un’indagine conoscitiva sul tracciato della Tav.

Dobbiamo avere qualche certezza, credo. E proporrò subito un’audizione di Roberto Cota, Luca Zaia e della stessa Serracchiani. 

Segreti e fantasmi del ventesimo secolo

Di  Marco Saba, 8 settembre 2004

Nell’articolo precedente della serie dei grandi misteri (“Secondo le banche centrali, i politici e lo Stato sono troppo corrotti” – 25 agosto 2004), ho accennato alla storia del Titanic e del Kursk (vedi nota sotto), alla “fine” dei Romanov, all’attacco di Pearl Harbour e ad altri fatti che trovano origine nel corrotto sistema monetario adottato in occidente. Questo articolo rappresenta idealmente la seconda puntata di quella che potrebbe diventare una telenovela.

Le carte di Mussolini

Proprio in questi ultimi giorni, vi sono stati vari programmi televisivi che hanno trattato del mistero delle carte scomparse di Mussolini. Tra queste carte vi erano lettere tra Mussolini e Churchill e tra Mussolini e Chamberlain. Mussolini cercò di tenerle con sé sino all’ultimo, quasi fossero una polizza sulla vita, ma alla fine scomparvero per venire poi parzialmente pubblicate negli anni seguenti su alcuni giornali. Dopo la morte di Mussolini, vi fu una missione segreta inglese per recuperare queste carte nella zona del lago di Como. Si pensa che circa 450 persone siano state eliminate perché, al pari della Petacci, sapevano “troppo” in merito a queste carte. Questa eliminazione di testimoni non può non ricordare l’episodio dell’assassinio di Kennedy, dove praticamente tutte le persone che erano presenti nella zona del delitto, o sono morte o sono state eliminate.

Il problema è: che cosa dicevano le carte di Mussolini di talmente imbarazzante? Facciamo una ipotesi: trattavano della questione monetaria e del sistema bancario. Mussolini aveva incontrato Ezra Pound nel 1933 ed il poeta lo aveva ampiamente informato su come funzionava il sistema usurocratico. Lo stesso Mussolini aveva sospeso il pagamento dei buoni del Tesoro che costituiscono una parte importante del sistema truffaldino che indebita gli italiani per sempre. Proprio nel codice civile fascista troviamo l’articolo che disciplina il “Fondo Patrimoniale”, un sistema per salvaguardare i beni immobili dagli appetiti delle banche creditrici. In una recente sentenza, il Tribunale di Busto Arsizio, in una causa che vedeva contrapposte a dei privati delle banche creditrici, ha fatto finta che tale articolo non avesse valore (tanto per capire fin da subito da che parte sta certa magistratura). Quanto sopra detto, è sufficiente per ritenere che non solo Mussolini era perfet tamente a conoscenza di cosa non andava nel sistema bancario, ma anche che avesse in qualche modo cercato di mettere dei paletti. Con la diffusione di internet, si è oggi in grado di scoprire che tre mesi prima di essere assassinato, Kennedy, andando oltre alle iniziative di Mussolini, aveva promulgato l’ordine esecutivo 11110 tre mesi prima della sua morte. Questo ordine fatale prevedeva che gli stati uniti potessero stamparsi dollari propri senza passare dalla Federal Reserve. Tenendo conto del fatto che le carte mussoliniane non vennero mostrate nemmeno al bravo Peter Tompkis, l’ex agente dell’OSS, vi è ragione di pensare che una approfondita indagine in tale direzione potrebbe rivelare cose inedite.

Ezra Pound in manicomio

Ezra Pound nel 1944 teneva delle trasmissioni radiofoniche e collaborava con un quotidiano (Ezra Pound, “Per il popolo di Alessandria”, 1944,http://www.antoniomaconi.it/libri/pound/index.htm). Venne accusato di tradimento dagli americani e venne arrestato da James Jesus Angleton, che peraltro lo conosceva già da alcuni anni. La parte più interessante del lavoro di Pound, che era principalmente un poeta, riguarda le sue ricerche in campo monetario (Ezra Pound, “ABC dell’economia e altri scritti”, 1994). Nei libri tradizionali dedicati a Pound, molto poco si dice di queste sue scoperte in campo monetario. Diciamola tutta: sono pesantemente censurati in merito. Al meglio parlano di questa ricerca come di una “bizzarria”, quasi giustificata dal suo successivo ricovero in manicomio, al St. Elizabeth. Un manicomio affollato di altri personaggi misteriosi, ad esempio John Forbes Nash e Ron Lafayette Hubbard. Mentre Pound era ricoverato in manicomio, aveva incaricato una persona, Eustace Mullins, di fare una ricerca sulla Federal Reserve e di pubblicarne i risultati (Eustace Mullins, “The London Connection”, Kasper and Horton, New York, 1952, http://www.illuminati-news.com/e-books/Secrets_of_the_Federal_Reserve.pdf). Questo libro venne pubblicato in Germania nel 1955 e, sotto pesanti pressioni della ADL, La Lega Ebraica Antidiffamazione, nonostante il libro non contenga assolutamente la parola “ebreo”, venne sequestrato e bruciato nelle piazze. Ricordo che siamo nel 1955, non durante il ventennio fascista o sotto il nazismo. Ma veniamo agli altri due ospiti illustri del manicomio. John Forbes Nash è un b rillante matematico che studiò la teoria dei gioci ed apportò un grande contributo: l’equilibrio di Nash. Per questo prese un premio (dedicato a) Nobel, in economia, da parte della banca centrale svedese. Questo equilibrio è quello in cui tutti i giocatori raggiungono una posizione di massimo profitto, una soluzione ottimale. Una situazione che si potrebbe determinare se il signoraggio sul credito e sulla creazione monetaria venisse ridistribuito al popolo. Su Nash esiste un bel film, A Beautiful Mind, ed un libro, “Il genio dei numeri – Storia di John Nash, matematico e folle”, di Sylvia Nasar, Rizzoli, 1999), per chi volesse approfondire. Tuttavia non si fa cenno, nelle due opere citate, di “questione monetaria”. L’altro ospite del manicomio era Ron Lafayette Hubbard, un ex agente dell’ONI (Office of Naval Intelligence), che era ossessionato da due cose: gli effetti del fallout nucleare e i soci privati che si nascondono dietro alle banche centrali. Pur di continuare la sua lotta per diffondere la consapevolezza su questi due gravi problemi, e cercando una soluzione intelligente per sfuggire alla persecuzione del maccartismo, fondò addirittura una religione: Scientology. Oggi su questa organizzazione circolano varie voci, tuttavia mai si dice che cosa ne pensi del sistema monetario e del signoraggio. Certo è che Scientology ha contribuito notevolmente alla chiusura dei manicomi ed alla dismissione della pratica criminale dell’elettroshock (che tuttavia mi dicono si pratichi ancora: ai monetaristi eretici?). Ho sempre pensato che Scientology fosse, almeno agli inizi, una lungimirante operazione di intelligence. Non esistono prove specifiche di scambi di informazioni tra Nash, Hubbard e Pound, tuttavia la coincidenza del luogo e del tempo, e di altri indizi, lasciano ben sperare da una ricerca in tal senso.

I signori del signoraggio e mediobanca

Visto che eravamo negli anni ’50, occorre parlare di una istituzione da sempre vista con venerazione: Mediobanca. Questa banca d’affari che ha manipolato le regole del mercato da quando è nata, raggruppa il fior fiore delle famiglie capitaliste italiane. E’ tramite questa struttura che queste famiglie possono aver garantita ricchezza eterna, poiché l’istituto di via Filodrammatici possiede partecipazioni nelle società a loro volta socie della Banca d’Italia, quella che ci deruba del signoraggio sull’emissione delle banconote. Forse quest’ultimo non è più un gran mistero, ma siccome non mi risulta che gli attenti biografi di Mediobanca ne facciano mai menzione nelle loro ponderose opere, ho deciso di rompere qui il muro del silenzio. In pratica, la cosiddetta libertà del mercato va a farsi friggere quando un oligopolio si mette d’accordo per tener sotto tutti gli altri. Su Mediobanca occorre aggiungere che il magistrato Gherardo Colombo, nelle sue inda gini, scoprì cose che la coinvolgevano assieme all’IRI: alcuni strani fondi neri del periodo 1977-1980. Considerato quanto avvenne in quel periodo, compreso il rapimento e l’uccisione di Moro, passando per la costituzione del conto segreto “Protezione”, varrebbe la pena di andare a rispolverare quelle indagini (almeno per una ricostruzione storica). Normalmente si pensa che i fondi neri servano solo per illeciti arricchimenti: servono anche per finanziare il terrorismo. Fu Francesco Pazienza a scoprire che tredici terroristi italiani che si nascondevano in Nicaragua, andavano a riscuotere la loro “pensione” in banche offshore a Panama (Francesco Pazienza, “Il Disubbidiente”, Longanesi, 1999). Le notizie e le fotografie gliele fornì “faccia d’ananas” Manuel Noriega. Col senno di poi, non è che tutti e due abbiano fatto una gran bella fine: da allora sono in carcere. Della serie: se la sono passata meglio i terroristi che quelli che li indagavano. Da c he parte sta la magistratura?

Argentina e Banca Mondiale

Facciamo un salto dagli anni ’80 al 2000. Vi sono due fatti che riguardano l’Argentina e che meritano di essere ricordati: la questione dei bond e quella della moneta locale. I Bond argentini – per quanto ne so – non hanno portato soldi “all’Argentina”, ma ad alcune persone che ne gestivano il traffico. Questi bond venivano offerti alle banche al 30% del prezzo nominale, ecco perché l’Argentina fa una giusta resistenza al loro rimborso integrale. Chi si è rubato il 70% del loro valore? L’Argentina, per difendersi da questi squali del sistema bancario, ha cominciato ad emettere una moneta locale gestita dalle provincie. Recentemente la Banca Mondiale ha fatto enormi pressioni sul governo argentino affinché questa moneta venisse ritirata e soppressa. Difatti questo buon esempio – a mio avviso encomiabile – avrebbe potuto “contagiare” gli altri paesi sudamericani (cosa che avverrà ben presto). Col risultato che i “sempre ricchi” dovranno trov arsi un lavoro onesto per tirare a campare. Insomma, per risollevare un paese dalla povertà, sarebbe sufficiente regalargli delle macchine tipografiche “Intaglio” di modo che si possano stampare la loro moneta senza dover cadere nella trappola dell’usura internazionale. Facile, no?

Restate collegati, seguirà la terza puntata.

Nota di Agent Censored sul Kursk:

Caro Marco,

rispetto a quanto riporti, traendolo come prova da Skolnick, già una volta ti dissi che bisogna fare molta attenzione a non screditarsi pur dicendo cose assolutamente esatte. Il sommergibile Kursk, con scafo in lega di titanio, poteva operare ad una profondità massima di 900 metri. Ciò significa che il punto di implosione, come normalmente calcolato, è al 50% superiore, ovvero 1.400 metri di profondità. Il Titanic si trova a più del doppio della profondità e, quindi, il Kursk non può essere mai giunto fino a 3.750 metri di fondale. Non solo, l’americano Ballard ha fotografato tutto lo scafo con l’ALVIN – un sommergibile speciale che può raggiungere i 5.000 metri di profondità. Io ho visto tutte le foto e non esiste nessuna prova che vi siano lamiere piegate verso l’esterno. Poi il relitto è stato fotografato integralmente anche dal sottomarino francese dell’IFREMER (la società che ha lavorato a Ustica prima degli inglesi) ed idem con patate. Di sottomari ni me ne intendo un po’ perché ci ho lavorato. Sull’Alvin, per esempio, ci sono stato quando ero a Houston. Tanto tempo fa…

http://www.stampalibera.com/?p=62545#more-62545

 

Islanda, vincono gli antieuropeisti

28 aprile 2013

 ISLANDA – Si sono tenute le elezioni in Islanda che hanno visto vincere l’opposizione anti europeista di centro destra.

 Con queste elezioni l’Islanda ha voluto mandare un messaggio all’Europa. La coalizione di centrosinistra, che ha proposto delle ricette di austerità economica e di rigore, è infatti la grande sconfitta di queste elezioni.

 Una delle novità di queste elezioni è rappresentato dal successo del Partito dei Pirati che riesce ad entrare per la prima volta in parlamento.

 La vittoria è andata alla coalizione formata dai liberali del Partito progressista e conservatori del Partito dell’Indipendenza, che hanno ottenuto la maggioranza cinquistando 40 dei 63 seggi del parlamento islandese.

 L’incarico di premier andrà al 43enne Bjarni Benediktsson, leader del partito conservatore.

 RDP

Servizio del TG RSI/LA1:

 La giornalista parla della morte, de facto, della domanda d’adesione all’UE, che l’Islanda aveva inoltrato nel 2009.