TURISMO, ECCO IL PROGETTO PER COLLEGARE LE STRADE MILITARI DELLA VALLE E RIAPRIRE LA GALLERIA DEI SARACENI

BY  – PUBLISHED: 08/04/2014 – 

di MAURO MINOLA

Dal settembre del 2013 è stata chiusa, per ordine del demanio militare, proprietario della strada, la Galleria dei Saraceni sulla rotabile militare Fenils-Pramand-Jafferau. Ufficialmente la chiusura è avvenuta per motivi di sicurezza, la galleria presenta infatti vistose cadute d’acqua e qualche distacco del rivestimento: tenerla aperta così, per pedoni e mezzi motorizzati, risulta troppo pericoloso.

Peccato che la galleria e la strada di cui fa parte, un vero gioiello dell’architettura militare a cavallo dei secoli Otto e Novecento, consentano l’accesso a uno dei più importanti comprensori montani della Valle di Susa, che va dalle vaste praterie tra il forte Foens e il forte Jafferau ai sentieri che permettono di salire sul Seguret, il caratteristico monte che domina tutta la conca di Oulx. Comprensorio che sarebbe impossibile da raggiungere, anche a piedi, senza passare per il tunnel che aggira la zona franosa delle Grotte dei Saraceni, dove ormai più nessun sentiero è percorribile in sicurezza.

La galleria fa parte della strada militare Fenil-Jafferau, che fu realizzata a partire dal 1890 per collegare con il fondovalle le batterie Fenil, Pramand, Föens e Jafferau, costruite a difesa dell’importante conca di Bardonecchia. Fin dai primi anni il tratto più critico di questa rotabile fu proprio quello che attraversa la zona delle Grotte dei Saraceni, un’area soggetta a frane e a cadute d’acqua, che ridussero ben presto ad un sentiero il tracciato stradale.
Proprio per prevenire il continuo crollo di massi sulla strada dalle pendici del monte Seguret, nel 1925 il Genio militare progettò la realizzazione di una galleria, lunga 876 metri, con un tracciato ad U che penetrava all’interno del monte, aggirando la zona franosa.

La larghezza della carreggiata era tale da rendere possibile il transito solo in una direzione per volta (per l’incrocio vi era uno slargo a circa metà galleria); sui muri, erano poste delle lanterne per l’illuminazione. I lavori di costruzione si protrassero per 4 anni, fino al 1929. Nel 1940, dopo che una grande frana distrusse il tracciato nei pressi dell’imbocco meridionale, furono necessari nuovi lavori, con lo scavo di un breve tunnel di raccordo.

Nel secondo dopoguerra la manutenzione della strada passò alla Provincia di Torino, che intraprese diversi lavori. Ancora qualche anno fa, grazie ai contributi europei, fu possibile mettere in sicurezza il fondo stradale e la volta della galleria. Poi più nulla.

E la galleria, come la strada, iniziò ad andare in pezzi, nell’indifferenza generale: la Provincia non esiste più, le amministrazioni comunali, peraltro senza fondi per garantire una regolare manutenzione, preferiscono evitare problemi con un’ordinanza di chiusura e così, quello che, persino all’estero, tutti ci invidiano quale tesoro di ingegneria stradale da conservare e valorizzare, va incontro ad una rapida dissoluzione.
Pensare che, solo fino a poco tempo fa, si facevano grandi progetti turistici sull’impiego di queste nostre, uniche, strade militari.

Negli ultimi giorni si parla di un progetto che i Comandi militari, ancora proprietari della rotabile, vorrebbero concordare con le amministrazioni comunali e quella regionale, per creare un anello turistico tra Susa, Oulx, Bardonecchia e Sestriere, usando le rotabili militari (Strada Assietta, Colle Finestre, Fenil-Jafferau), anche con l’introduzione di un pedaggio per coprire, almeno in parte, le spese di manutenzione. Sarebbe proprio una bella iniziativa, che potrebbe incentivare il turismo nella Valle di Susa, sia quello con i mezzi motorizzati a due e a quattro ruote, opportunamente disciplinato, che quello degli escursionisti a piedi, che così potrebbero nuovamente accedere ai sentieri in quota che permettono di raggiungere cime come il Seguret e i monti del gruppo Vallonetto.

Anche perché l’alternativa è proprio secca: se non si parte con un’iniziativa di recupero, la Galleria dei Saraceni, secondo quanto si dice, verrà fatta franare con una bella carica di dinamite, come è accaduto alla galleria del Monte Rotta. Sarebbe un brutto colpo, non solo per la tutela di un manufatto storico, ma ancora di più per il rilancio del turismo sostenibile, in una valle sempre più indifferente al patrimonio che ha ereditato dal passato.

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Come si esegue un esproprio del Terzo Valico secondo il Cociv

07 agosto 2014

Qualche giorno dopo la grande giornata di resistenza agli espropri del 30 luglio e la risposta data dal Movimento No Tav – Terzo Valico con la partecipata fiaccolata del 3 agosto ci è stato recapitato un video che ben dimostra, più di mille parole, quello che i comitati vanno ripetendo dal primo momento. Gli espropri in realtà, nonostante cariche, manganellate e lacrimogeni non sono stati eseguiti a termine di legge. Intanto è bene ricordare che alcuni dei nove espropri erano stati recapitati senza il necessario preavviso di sette giorni come previsto dall’articolo 23 lettera g del Testo unico in materia di espropiazioni per pubblica utitlità: è notificato al proprietario nelle forme degli atti processuali civili, con un avviso contenente l’indicazione del luogo, del giorno e dell’ora in cui è prevista l’esecuzione del decreto di espropriazione, almeno sette giorni prima di essa“. E’ sempre lo stesso testo di legge che spiega come debba avvenire l’esecuzione dell’esproprio al punto 3 dell’articolo 24: “Lo stato di consistenza e il verbale di immissione sono redatti in contraddittorio con l’espropriato o, nel caso di assenza o di rifiuto, con la presenza di almeno due testimoni che non siano dipendenti del beneficiario dell’espropriazione. Possono partecipare alle operazioni i titolari di diritti reali o personali sul bene.“. E’ evidente che per poter permettere all’espropriato la realizzazione del verbale in contraddittorio occorra recarsi presso la sua proprietà interessata dal decreto di esproprio e solo in sua assenza si possa eseguire l’operazione con l’ausilio di almeno due testimoni. In otto dei nove espropri questo non è avvenuto e i tecnici incaricati dal Cociv si sono limitati ad eseguire da distante una fotografia delle aree interessate, protetti da un ingente cordone di poliziotti e carabinieri in assetto antisommossa. Quindi le operazioni sono state con ogni evidenza non valide e se Cociv dovesse ritenerle tali e inviare i verbali di presa in possesso agli espropriati, i legali del movimento cercheranno di far valere le loro buone ragioni in ogni sede giuridica opportuna. Oltretutto se bastava una fotografia che bisogno c’era di picchiare e gasare i cittadini? Perchè nonostante le diffide all’esecuzione degli espropri mandate dai legali degli espropriati al Cociv per l’assenza dei tempi previsti dalla legge e mostrate ai funzionari della Questura di Alessandria si è deciso ugualmente di procedere? Un altro bell’esempio di professionalità ed equilibrio delle forze di polizia secondo il Partito Del cemento?

Aggiungiamo un elemento riguardante proprio l’esproprio alla Crenna raccontato nel video pubblicato sotto. Intanto dei tre proprietari del terreno solo uno era stato avvisato a termini di legge, ma abbiamo poi una notizia ben più succosa. Gli omini stanno fotografando non il terreno interessato dall’esproprio ma un altro terreno che non c’entrava proprio nulla con l’immissione in possesso prevista il 30 luglio. Insomma, i tecnici del Cociv non sapevano neppure dove si trovassero nonostante i meticolosi sopralluoghi dei giorni precedenti (la stessa cosa è successa nel bosco di Moriassi). Poverini, non deve essere facile eseguire espropri in un territorio che non conoscono, protetti dalle forze dell’ordine e in mezzo ai gas lacrimogeni che giustizia divina ha voluto si respirassero pure loro.

Ancora alcune domande.

Davanti a questo video che ben dimostra il modus operandi truffaldino del Cociv avranno per sbaglio qualcosa da dire i Sindaci di Arquata e Serravalle e i Consiglieri Comunali, Regionali e Parlamentari favorevoli alla realizzazione del Terzo Valico? Forza signori superate l’imbarazzo e fatevi avanti per difendere la legalità che dite di avere tanto a cuore.

Dopo aver fatto finta di non sapere chi stesse lavorando nei cantieri del Terzo Valico anche questa volta scieglierete la via dell’omertà?

L’ultima domanda la rivolgiamo a loro, ai tre uomini e alla donna che hanno tentato invano di “fare il loro lavoro”. Noi non li conosciamo, non sappiamo come si chiamano, dove vivono e neppure lo vogliamo sapere. Non sappiamo se hanno figli e che cosa gli hanno raccontato una volta tornati a casa. Non sappiamo cosa conoscano del Terzo Valico e delle ragioni per cui tante persone si oppongono alla sua realizzazione. Comunque stiano tranquilli, i No Tav sono persone per bene, non nutrono nessun sentimento di rivalsa e vendetta. Una curiosità però vorremmo togliercela.

Cari signori, come ci si sente a fare “il vostro lavoro” fra cariche, manganelli, lacrimogeni, persone che vomitano, urla, teste spaccate, anziani feriti caricati in ambulanza? Pensateci, c’è lavoro e lavoro e il lavoro che fate testimonia le persone che siete. Proprio come chi vi ha protetto.

Buona visione del filmato.

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Da DC e MSI al PD. Dalle stragi a oggi. Il filo rosso: Neocon USA e Mossad 3

http://ilcappellopensatore.it/2014/07/da-dc-e-msi-al-pd-dalle-stragi-a-oggi-il-filo-rosso-neocon-usa-e-mossad/

C’è una lunga intervista a Giovanni Pellegrino (Presidente della commissione Parlamentare Stragi dal 1994 al 2001) pubblicata nel 2000: “Segreto di Stato” – Ed. “Gli struzzi”.

 Quanto segue quindi, è frutto delle affermazioni di Pellegrino. Nei casi in cui la fonte è altra, verrà specificatamente segnalata.Ciò che può sembrare intreccio di fantascienza complottistica, è solo il frutto di un lavoro certosino fatto dalla Commissione Parlamentare Stragi. Teniamolo sempre a mente, anche quando sembra di precipitare nelle allucinazioni ansiogene.
 
Partendo da un riassunto delle stragi e degli attori, mi riferisco a oggi. Alla condizione di un Paese (l’Italia) sottomesso agli ambienti della destra repubblicana USA.
 
L’Italia oggi è nelle stesse identiche condizioni degli anni 70 e la scomparsa della sinistra italiana storica, rende il PD erede non solo della DC, ma anche del MSI.
 
Come per le referenze di Federica Mogherini (“Chiedete a Kerry”, cit. Renzi), per sapere cosa sia il PD oggi si potrebbe rispondere: “Chiedete a Ledeen”Vediamo perché
 
Pellegrino parte da una premessa che, forse ancora oggi, sfugge ai più: L’Italia NON è un Paese normale e NON ha una democrazia normale.
 
A partire dal trattato di Yalta, all’Italia è stato affidato il ruolo di “Marca di frontiera”. L’estrema propaggine dell’Impero dell’Ovest che confina con l’Impero dell’EST. E non solo. È anche il “punto di confine” fra Nord e Sud, nel Mediterraneo.
 
L’Italia, quindi, esce dal trattato di Yalta come “Stato a sovranità limitata”. Una specie di portaerei NATO nel mar Mediterraneo.
 
A questo si aggiunga una spaccatura verticale interna determinata dal post fascismo e post resistenza. Gli italiani si dividevano in Anticomunisti e Antifascisti. E gli anticomunisti a loro volta, in anticomunisti “bianchi” e anticomunisti neri. Questa ulteriore differenziazione era determinata dalla presenza dello Stato Vaticano all’interno del territorio italiano.
 
Per il sen. Pellegrino, quindi, TUTTI i fatti eclatanti che accadono in Italia devono essere traguardati attraverso le lenti dei fatti internazionali e della nostra stessa storia.
 
Specificatamente in Italia si fronteggiavano due “Gladio”. Gladio (o “Gladio bianca”) e “Gladio Rossa”. Entrambe queste strutture, però, erano costituite solo dai vertici di coordinamento militare e da un livello superiore (ed estero) di “regia”. La loro base poggiava sulle varie strutture paramilitari di destra-centro (Gladio) e di sinistra (Gladio Rossa).
 
Facevano, quindi, capo a Gladio strutture come la “Brigata Osoppo”, “MAR”, ma anche “Ordine Nuovo” e “Avanguardia Nazionale”.Pian piano, le strutture “bianche” si rivelano “inadeguate” e si sciolsero o confluirono nelle strutture più radicali e militariste di Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale. Queste erano in stretto legame con il SID che garantiva, da un lato la copertura del legame fra queste strutture di estrema destra e Gladio, dall’altro lato, con il segreto militare, il fatto che queste stesse strutture fossero parte integrante della struttura militare della NATO
 
Orlando (braccio destro di Fumagalli, il “capo” del MAR) dirà alla Commissione:

La struttura di cui parlo faceva capo agli americani che davano gli ordini mentre i carabinieri provvedevano al coordinamento.

Pellegrino, poi, tiene a precisare che quando parla di USA, di NATO, di CIA si riferisce, in effetti, a gruppi di potere USA.
cellule della destra radicale americana.

Insomma, non credo che a livello del governo degli Stati Uniti si sia deciso di appoggiare le spinte golpiste o para-golpiste italiane. Diverso è pensare che o circoli della destra radicale americana o singoli settori degli apparati di forza americani abbiano potuto assumere determinate iniziative.

Pellegrino, infatti, fa un preciso riferimento a un gruppo particolarmente potente che orbitava attorno all’Università Georgetown di Washington (da questo momento, quindi, sostituirò CIA, NATO e USA con “destra repubblicana USA” o “Gruppo di Georgetown“):

Il CSIS, un centro che ha influenzato fortemente le politiche mondiali, di cui facevano parte uomini come Alexander Haig, Henry Kissinger, Michael Ledeen, Claire Sterling, e alcuni ex capi della Cia. In proposito, mi sono sembrate molto interessanti le risposte che ci hanno dato Stefano Silvestri, esperto di strategie internazionali. Quando è venuto in Commissione, alla domanda se anche lui ritenesse che la P2 fosse il rifugio dell’oltranzismo atlantico, lui rispose affermativamente. E aggiunse che, secondo lui, persone comeGelli erano certamente collegate a circoli americani, però, per l’appunto, a circoli tipo quello di Georgetown. Insomma, la destra repubblicana americana.

Ecco che già alcuni nomi cui Pellegrino attribuisce forte influenza nelle politiche mondiali sono particolarmente attuali: Henry Kissinger(Napolitano è “il mio comunista preferito”),  Michael Ledeen (molto amico di Matteo Renzi e che ha avuto “rapporti molto stretti” con Luigi Zanda) e Claire Sterling. (Vedi immagine, da un carteggio sequestrato a casa di Claire Sterling in occasione delle indagini sul tentato omicidio di Papa Giovanni Paolo II – fonte).
Ecco che a Ledeen viene associato pure Luigi Zanda (attuale capogruppo PD al Senato). Attraverso Squillante, inoltre, abbiamo anche altro riscontro del legame “al vertice” fra la P2 e un particolare gruppo americano. Lo vedremo dopo, quando ne accenna pure Pellegrino: il “Gruppo di Georgetown”.

Ecco, quindi, anche riapparire pure il fantasma della P2Ma riprendiamo il filo del discorso.Gladio Rossa contava su “Lotta continua”, “Potere operaio” e “Brigate rosse” (quest’ultima, fino all’arresto di Curcio).
 
Ora, Gladio Rossa, con la svolta parlamentare del PCI, l’isolamento di Secchia e, sopratutto, la morte di Feltrinelli, di fatto si dissolse, perconfluire nelle Brigate Rosse.
 
La “ratio” ideologica dei vertici delle Brigate Rosse permarrà fino a che Curcio e Franceschini non vengono arrestati.
 
In realtà la retata avrebbe dovuto interessare anche quello che poi sarà il nuovo capo delle BR, Moretti, ma una telefonata dal Viminale lo ha avvisato del piano. Moretti non ha allertato i compagni e sfugge da solo alla retata divenendo il capo delle Brigate Rosse. Di Moretti, anzi, sparirono pure le foto scattate negli incontri con l’infiltrato Silvano Girotto (“Frate Mitra”), grazie al quale venne tesa l’imboscata che portò all’arresto dei soli Curcio e Franceschini.
 
Da quel momento, la connotazione ideologica di sinistra verrà utilizzata solo per “fomentare i militanti”.
 
I vertici delle strutture “eversive” e “sovversive” erano, quindi, TUTTI (sia quelli di destra sia quelli di sinistra) sotto il controllo degli ambienti della destra repubblicana USA e del MOSSAD (servizi segreti israeliani). Pellegrino afferma questo sulla base delle dichiarazioni convergenti del Giudice Arcai e del Generale Delfino, ma anche di altri riscontri documentali che fanno affermare a Pellegrin 

Ho già detto che nei primi anni Settanta il Mossad contattò le Brigate rosse attraverso un esponente socialista milanese. In quell’occasione, il Servizio israeliano offrì appoggi senza alcuna contropartita, bastava che le Br esistessero.

A dispetto della componente ideologica della base, quindi, le Brigate Rosse dovevano continuare ad esistere in quanto funzionali al Mossad.Stanti così le cose, ci si chiederà come mai non ci fosse la pax assoluta.Se sia Brigate Rosse, sia le strutture paramilitari di Gladio erano sotto il controllo degli ambienti della destra repubblicana USA e del MOSSAD, se entrambe le parti – per il tramite della P2 – godevano della copertura degli stessi Servizi Segreti, perché le stragi continuarono?
 
E qui, secondo Pellegrino, si dovrebbe guardare un po più lontano.
 
Mossad e destra repubblicana USA erano già riusciti a instaurare – in Grecia, Spagna e Portogallo – regimi fascisti.
 
Le stragi fino al 1969, quindi, dovevano servire affinché, nel dicembre del 1969, Mariano Rumor dichiarasse lo “Stato di Emergenza” che ne consentisse l’instaurazione anche in Italia.
 
Rumor, però, non dichiarò lo Stato di Emergenza. Il “Golpe Borghese” della notte dell’Immacolata 1970 fu l’ultimo tentativo. Anche quello andato a vuoto.
 
Da notare che già dagli anni 60 la P2 di Gelli era molto attiva. Con la sua rete di iscritti sopratutto nelle forze armate e nei servizi segreti, era nelle condizioni di garantire già tutta la copertura necessaria. La P2 costituiva il raccordo fra le istituzioni e le bande armate. L’una e le altre sotto lo stesso controllo della destra repubblicana USA e del Mossad.Sussistono documenti, infatti, secondo cui i medesimi Haig, Kissinger e Ledeen fossero iscritti alla P2 nel “Comitato di Montecarlo” (o “Superloggia”). Quel “braccio” della P2 che si occupava di traffico internazionale di armi e al quale venne fatta risalire in modo diretto l’organizzazione della strage di Bologna.Gelli, quindi, era solo una sorta di Segretario, di coordinatore, della P2. Le “menti” stavano altrove. 

D.:Gelli è stato descritto in mille cronache come un uomo potentissimo, che aveva in pugno l’Italia. Secondo Cossiga, invece, era soltanto, una specie di segretario amministrativo della P2, il cui vero leader politico sarebbe ancora nell’ombra. Tra le due ipotesi, Qual’è quella che secondo lei si avvicina di più alla realtà? 

R.: La seconda, senza ombra di dubbio. Anch’io ho sempre pensato che Gelli fosse solo un esecutore. Naturalmente si dava molto da fare per valorizzare al massimo il suo ruolo, che non era di comando, però ugualmente strategico, attraverso il suo presenzialismo e sviluppando contatti con tutti quelli che poi hanno detto di averlo conosciuto assai poco.

Tornando alla nostra storia, la destabilizzazione creata con le stragi degli anni 60, però, indusse alla soluzione opposta a quella auspicata dal “gruppo di Georgetown” e dal Mossad. I Partiti, avendo ormai mollato le frange estremiste si orientarono verso la “parlamentarizzazione della sinistra” e un clima di distensione. Nel frattempo, tra l’altro, anche sul piano internazionale si avviavano altrettanti processi di distensione fra Kennedy e Krusciov.
 
Il 74 segna, così, una nuova recrudescenza della strategia della tensione per destabilizzare e riportare Stato e popolo al terrore dell’eversione di sinistra.Le organizzazioni paramilitari di destra e di sinistra, senza più l’avallo dei partiti di riferimento, ma entrambe sotto il controllo degli ambienti della destra repubblicana USA e del Mossad e con la copertura P2 operarono a Milano, Brescia, Bologna
 
Nell’intervista si legge:

Il depistaggio compiuto dai Servizi segreti e più in generale dagli apparati di sicurezza nei confronti della magistratura riguarda soprattutto i fatti che di sono verificati dal 1969 al 1974. I Servizi volevano impedire che i giudici scoprissero l’esistenza di Gladio,coperta dal segreto atlantico, e di quella vasta rete di organizzazioni paramilitari clandestine legate agli apparati. Dovevano difendere il segreto Nato, ma temevano anche che la magistratura scoprisse l’alleanza operativa tra queste organizzazioni clandestine e la destra fascista e, ai livelli più alti, le connivenze e le responsabilità politiche.

Quindi, se la base paramilitare delle Brigate Rosse mantenne l’ideologia di sinistra, non si accorse che le azioni erano, invece, funzionali alla destra fascista e da questa ispirate.In buona sostanza, comunque, in tutte le stragi si assiste ad assoluzioni determinate da impressionante coacervo di depistaggi.
Il 1974 è un punto di svolta.

Il Giudice Mastelloni di Venezia indagava sull’incidente dell’aereo militare Argo 16 (precipitato a Marghera nel Novembre 73)

 
Per Mastelloni l’aereo fu sabotato dal Mossad per ritorsione contro il governo italiano che aveva rilasciato due palestinesi arrestati a Roma mentre tentavano di abbattere un aereo El Al
 
Erano stati estradati in Libia proprio con Argo 16 e proprio con quell’equipaggio. La Corte di Venezia dovette, dopo lustri di inchiesta assolvere dall’accusa di strage il vertice del servizio segreto israeliano, anche a causa della mancata costituzione di parte civile del Governo D’Alema
Nel frattempo la situazione internazionale muta; l’esplodere dello scandalo Watergate indebolisce l’asse Nixon-Kissinger. In Europa, forse per l’affievolirsi dell’appoggio fino ad allora goduto da parte del governo statunitense, si dissolsero, senza opporre resistenza, i due regimi portoghese e greco.
 
Sulla “storia” mi fermo qui.

Ho già accennato, tra l’altro, alle implicazioni internazionali (e sempre degli stessi personaggi: Kissinger, Ledeen &  co.) nel caso dell’assassinio di Aldo Morodeterminato anch’esso dalla “contrarietà” della destra repubblicana USA e del Mossad all’ingresso del PCI al Governo con il compromesso storico di Aldo Moro.

Il “Caso Moro” è un esempio emblematico del funzionamento della nuova veste delle Brigate Rosse. Azionando i “tasti giusti” si fece credere ai militanti che si stesse “processando” un “nemico del popolo”.

In effetti l’azione era funzionale alla politica di destra fascista del “Gruppo di Georgetown” per impedire che il PCI andasse al Governo

Facciamo adesso un salto nel tempo.

Cosa è cambiato in Italia? La nostra posizione nello scacchiere internazionale è esattamente identica. Anzi, sicuramente peggiorata per via del progressivo esaurimento delle riserve di carburante fossile.
 
Le destabilizzazioni ad EST (provocate a causa della dipendenza europea dal gas russo, su questo non c’è dubbio) ci portano ad essere nuovamente “Marca di Frontiera” dell’Impero OVEST.
 
Le “instabilità” (se così si può chiamare un massacro) fra Israele e Palestina ci mantengono “Marca di Frontiera” fra SUD e NORD(anche qui l’enorme giacimento di gas in territorio palestinese, il Leviatano, pare svolgere un ruolo nodale).

Gli interessi geopolitici del “Gruppo di Georgetown” e del Mossad, quindi, sono identici.

 
Gli interessi economici e militari della destra conservatrice e interventista USA in Italia sono sensibilmente incrementati.
 
Ad esempio, il MUOS: quattro installazioni in tutto il mondo. Due in USA, uno in Australia e uno in Sicilia. Le prime tre in zone desertiche, visto il danno fisico. In Italia, a sovranità limitata, ovunque la NATO scelga. Se è dannoso alla salute, pazienza!). Ma anche l’acquisto degli F35 (ormai gli unici ad acquistarli, considerato che prendono fuoco al decollo). E l’orientamento verso lo Shale Gas USA deprimendo le energie alternative con le quali potremmo fornire l’intera Europa (vento e sole). E la vendita di AerMacchi a Israele accelerando la consegna per consentire i bombardamenti di Gaza, mentre ci si astiene all’ONU sulle indagini circa la violazione dei diritti umani, e via discorrendo.

Il “nemico” è il Movimento 5 StelleTroppo garantista delle regole. Troppo attaccato alla sovranità popolare, troppo teso alla riacquisizione della dignità di Stato, troppo contro MUOS, contro le fonti fossili, contro la militarizzazione. Troppo!!

Attenzione estrema, ragazzi. Il Giudice Clementina Forleo e la sua famiglia hanno rischiato sugli stessi interessi.

 I fatti ci sono tutti. Continuiamo ad essere un Paese anomalo. Un Paese servo della NATO e solo apparentemente democratico.
 
Ad opera di chi? Ad opera degli stessi spettri del passato. Che tornano più corporei che mai.
 
Ad opera di quello stesso identico “gruppo di Georgetown“: Henry Kissinger, per il quale il presidente Giorgio Napolitano è “il mio comunista preferito” (corretto immediatamente da Napolitano con “ex comunista”. Ce ne eravamo accorti, Presidente).
 
E Renzi. Matteo Renzi con la sua rete di amicizie internazionali, Attraverso Marco Carrai. Davide Serra (con forti interessi in Israele e che porta in dote i legami con la Morgan Stanley), Marco Bernabè (sempre con Tel Aviv con il fondo Wadi Ventures e il padre, Franco, e le sue dorsali telefoniche Italia Israele), Yoram Gutgeld (israeliano e suo consulente economico. Porta in anche dote l’esperienza McKinsey di cui era socio anziano fino al marzo 2013).
 
Ma sopratutto, la figura più inquietante. La figura che si allunga dietro tutte le stragi, tutti i depistaggi che hanno attraversato l’Italia e non solo. La figura che Martini (all’epoca capo del SISMI) definì “non gradito all’Italia”: MICHAEL LEDEEN!
 
Sdoganato da Berlusconi appena giunto al potere. Ledeen imperversò nelle sue televisioni sotto la forma di “commentatore politico internazionale”
Henry Kissinger e Michael Ledeen e le strutture israeliane sono di nuovo (e da sempre) i padroni della scena.
 
C’è chi dice che il PD è la nuova DC.

Il PD, in effetti, riassume tutto quello che era il mondo anticomunista.

 Il PD, se gestisse bande armate, gestirebbe oggi Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale. Al massimo, Brigate Rosse post Curcio. Quelle di Moretti, l’agente Mossad.

Il PD ha ormai da tempo tradito le origini, ma con il binomio Renzi-Napolitano è diventato l’antitesi della storia della sinistra.

Non gestendo le bande armate (almeno spero), il PD è comunque l’erede non solo della DC, ma anche del MSI.

È l’erede di tutto quel fronte anticomunista che si asservì e asservì l’Italia alla destra conservatrice USA di Kissinger e Ledeen e del Mossad. Che ha proseguito con la DC, col PSDI, col PSI di Craxi e poi con Berlusconi.

È l’erede di tutto quel fronte “garante” della subalternità e della sottomissione dello Stato italiano agli interessi del “Gruppo di Georgetown” e del Mossad

Lo stesso Berlusconi adesso non vede più il pericolo comunista. Per la semplice ragione che, in effetti, non c’è più.

Per le referenze su Federica Mogherini, Renzi dice “Chiedete a John Kerry”.

È ovvio che si debba chiedere a referenti neocon americani. La Mogherini è strumento integrato in questo meccanismo osceno.

Già ammessa agli incontri segreti con agenti USA sin dal 2006 (vedi Nel 2006 la Mogherini compare nei cablo di Wikileaks. A che gioco gioca oggi?), il curriculum vero della Mogherini è tutto nella testa di Kerry, di Ledeen e di Kissinger.

Chi è il PD? Chiedete a Ledeen.

Twitter: @steal61

La formula “magica” della politica Italiana

http://www.dodoblog.it/2014/08/la-formula-magica-della-politica-italiana/

Pubblicato il 7 agosto 2014

pd+ue=pdueCredo ormai che di “democratico” nel “Partito Democratico”, governato dal buffo dittatore “diversamente umano“, sia rimasta solo la parola nel suo nome. Null’altro.

Nome e uomini scelti e programmati per realizzare, in seno (e in-sieme) alla Unione Europea, il Piano di Rinascita Democratica della Loggia P2 a  livello Nazionale, Europeo e chissà … Mondiale?.

Lì, in quel testo, sono descritte e definite nel minimo dettaglio anche le ultime barbarie che questi lestofanti, proprio in questi giorni (Agosto 2014), stanno tentando (ma pare ce la stiano facendo) di “combinare” con la riforma del Senato, come ben spiegato inAbolizione del senato: e’ piu’ eversiva la P2 o il Renzismo?” e in “Patto del Nazareno e Senato dei nominati: piduisti a loro insaputa. Tutto avviene sotto gli occhi di tutti, e tutti (tranne alcuni), distratti dalle vacanze e problemi futili, li lasciano fare.

Ricapitoliamo: Il Partito democratico, aiutato e assieme all’Unione Europea, sta piano piano realizzando il Piano della P2.

Semplificando ulteriormente si ottiene la formula “magica”:

PD + UE = PDUE (P2)

Più chiaro di così.

Draghi: “E’ ora di cedere sovranità sulla riforme. L’Italia allontana gli investimenti”. E Renzi lo applaude

http://www.repubblica.it/economia/2014/08/07/news/la_bce_lascia_i_tassi_invariati_allo_0_15_-93325026/

La Bce lascia il costo del denaro allo 0,15%, ma il presidente mette l’accento sullo scarso coraggio nel riformare i paesi. Restano ancora rischi al ribasso per la ripresa dalle tensioni geopolitiche. Il premier: “Giusto, dobbiamo rimettere in ordine l’Italia”

MILANO – Il colpo più duro all’Italia arriva dalla Bce. Le parole di Mario Draghi lasciano poco spazio alle interpretazioni: “Uno dei componenti del basso Pil italiano è il basso livello degli investimenti privati”. Peggio, tutto è dovuto “all’incertezza sulle riforme, un freno molto potente che scoraggia gli investimenti”. Il colpo di grazia, però, arriva dall’ultimo passaggio dell’intervento di Draghi: “Per i Paesi dell’Eurozona è arrivato il momento di cedere sovranità all’Europa per quanto riguarda le riforme strutturali”.

Tradotto: i Paesi dell’Eurozona non sono in gradi di riformarsi da soli, meglio allora che intervenga direttamente l’Europa da Bruxelles. D’altra parte il numero uno della Bce chiede da mesi di intensificare le riforme strutturali e “non disfare i progressi fatti nel consolidamento di bilancio”, con misure favorevoli alla crescita. E proprio oggi ha sottolineato come “i Paesi che hanno fatto programmi convincenti di riforma strutturale stanno andando meglio, molto meglio di quelli che non lo hanno fatto o lo hanno fatto in maniera insufficiente”.

Il commento di Renzi. In serata a “In Onda” parla il presidente del Consiglio. “Io sono d’accordo con Draghi. Il presidente della Bce ha detto una cosa sacrosanta: abbiamo bisogno di rimettere in ordine l’Italia per farla diventare più competitiva. Per questo motivo servono le riforme. Con le quali l’Italia torna a crescere e a volare”.

Poi, sulla questione della ‘cessione di sovranità’, il premier aggiunge: “Ha fatto un ragionamento più ampio sull’Europa. Non ha detto che l’Italia deve andare verso una cessione di sovranità” sulle riforme ma “ha parlato di Eurozona”.

Del resto, continua il capo del governo, “non è solo l’italia a faticare, ma tutta l’eurozona e per questo serve una riflessione”. “Alcuni dati dicono che persino paesi come la Germania, che sta molto meglio di noi, iniziano a dare segnali non molto belli.  Produzione industriale giugno Italia più 0,9%, Germania più 0,3%… Farei a cambio con la produzione industriale della Germania, ma è il segno che un pò tutta l’eurozona deve riflettere su sé stessa, questi sono i destinatari delle parole di Draghi. Ma per quello che riguarda noi non possiamo non fare quello che da trent’anni dobbiamo fare”.

Tornando all’Italia, il premier segnala che non siamo mai tecnicamente usciti dalla recessione, e che “l’Italia non è finita, con buona pace dei gufi e degli sciacalli”. “Abbiamo condizioni economiche per le quali siamo molto più forti delle paure di chi o teme un default o un fallimento. L’ipotesi che arrivino lettere da Bruxelles non esiste.

Quindi, alla domanda su una possibile manovra risponde: “Ci sarà una manovra di tagli alla spesa”.  “Questo governo – continua – ha iniziato a tagliarte la spesa pubblica, con il taglio alle auto blu, il tetto agli stipendi dei manager, l’intervento sui quarantamila centri di spesa. Ma si è fatto abbastanza? No”.  E ancora: “Abbiamo bisogno di 16 miliardi di euro per il 2015, una cifra che ci permette di restare ampiamente sotto il 3%”.

La politica monetaria. Dal punto di vista monetario, invece, è rimasto tutto fermo: il consiglio direttivo della Bce ha lasciato il tasso principale allo 0,15%, quello sui prestiti marginali allo 0,40% e quello sui depositi in negativo a -0,10%. Un livello dal quale non si scosteranno a lungo: “Resteranno bassi per un prolungato periodo di tempo”, ha detto il presidente della Bce, Mario Draghi senza citare possibili ulteriori ribassi. Come a dire questo è il livello minimo.

Il fatto che il costo del denaro sia destinato a non scendere ulteriormente non impedisce alla Bce di ricorrere ad altri strumenti per far fronte alla crisi: “Il consiglio della Bce è unanimemente determinato a usare anche misure non convenzionali se fosse necessario. Gli interventi riporteranno l’inflazione verso l’obiettivo del 2%” ha detto Draghi sottolineando come la ripresa sia moderata e disomogenea e le aspettative di inflazione siano calate solo nel breve periodo.

A preoccupare la Banca centrale europea sono le tensioni geopolitiche che possono penalizzare la ripresa dell’Eurozona, a cominciare dalle tensioni tra Russia e Ucraina. Nei confronti di Mosca sono già scattate sanzioni da parte degli Usa e della Ue, oggi è arrivata la replica con l’embargo all’import di prodotti agrolimentari: solo per l’Italia si tratta di un danno da oltre 700 milioni di euro.

Nel frattempo la Bce si sta preparando a utilizzare strumenti straordinari: “Abbiamo intensificato il lavoro preparatorio per l’acquisto sui mercati degli asset-backed securities (Abs) per rafforzare il meccanismo di trasmissione della politica monetaria – ha detto Draghi – e se la situazione peggiorasse potrebbe procedere all’acquisto di bond sul mercato a larga scala”.

 (07 agosto 2014)

Draghi: “Sulle riforme più sovranità all’Europa”

Negli ultimi 60 anni non hanno fatto altro che ripeterci quanto fosse brutta e cattiva la sovranità. Roba da guerrafondai. Negli ultimi 20 anni non hanno fatto altro che ripeterci quanto la Ue fosse una panacea per tutti i mali. Ora, per l’ennesima volta, un bankster rende nuovamente chiaro perché la finanza intende distruggere le sovranità in favore di chi, quella Ue dei popoli nè?
Poi è inutile starsi a lagnare della perdita di democrazia, se questa perdita è avvenuta nell’arco di venti anni senza che nessuno battesse ciglio perché…..era per la santa magnifica EUROPA

Il presidente della Bce sul calo del Pil in Italia: «Dipende dal basso livello di investimenti privati causato dall’incertezza». Poi l’invito ad abbassare le tasse

REUTERS

07/08/2014

Più sovranità all’Europa in tema di riforme strutturali: è la posizione assunta da Mario Draghi, presidente della Bce, al termine di un consiglio direttivo. «E’ giunto il tempo di iniziare a condividere la sovranità a livello europeo anche per quanto riguarda le riforme strutturali» ha dichiarato Draghi, insistendo senza mezzi termini su un maggior coordinamento da parte Bruxelles per rendere più omogenea la ripresa economica dell’area euro.

Riforme urgenti, commenta, invitato a commentare i dati del Pil italiano: è proprio «l’incertezza» e la generale «mancanza di riforme» economiche a frenare gli investimenti, ed è il «basso livello di investimenti privati che ha pesato sul Pil italiano». In sintesi: i Paesi che sono stati in grado di fare riforme, stanno crescendo di più: «Quelli che hanno realizzato programmi convincenti di riforma strutturale stanno andando meglio di quelli che non lo hanno fatto o lo hanno fatto in modo insufficiente». Ma gli investimenti sono bassi in tutta l’area euro, non solo in Italia: «Il perché – dice Draghi – certo non è il costo dei capitali: la prima risposta è nella domanda, la seconda riposta ha a che fare con la generale incertezza che circonda le riforme: è un fattore importante – ha insistito – che scoraggia gli investimenti». L’Italia ha anche un altro scoglio da superare, quello delle tasse: paesi come l’Italia, ha sottolineato Draghi, «con il più alto livello di tassazione in un’area in uci le tasse sono le più alte al mondo», devono «abbassare le tasse».

 Resta però ottimista sull’andamento dell’euro: «I fondamentali per un tasso di cambio più deboli sono migliori oggi rispetto a tre mesi fa». Fondamentale, poi, l’attenzione al contesto geopolitico e alla sua ricaduta sull’andamento dell’economia: «E’ evidente che se i rischi geopolitici si materializzano – segnala Draghi – i prossimi due o tre trimestri mostreranno una crescita più bassa».

http://www.lastampa.it/2014/08/07/economia/draghi-sulle-riforme-pi-sovranit-alleuropa-g8xicO8OOhqamMIXBgWTcP/pagina.html

Hiroshima: sotto la cenere, onore e coraggio sono i valori che fanno la differenza

6 Agosto 2014
 
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Il piatto tipico di Hiroshima è l’okonomiyaki. Significa più o meno: “cuocila come ti pare”, ed è una specie di frittata a base di pastella, spaghetti, cavolo tagliato a strisce finissime, e pochi altri ingredienti.
 
E’ un piatto povero, che si cucina su una grande piastra, quasi un tavolo di acciaio attorno al quale si accomodano gli avventori. Chi si siede riceve due strumenti: una specie di cucchiaio – fatto come una piccola paletta – e un grande boccale di birra che si appanna subito per la condensa.
 
Funziona così: il cuoco, che è in piedi dall’altra parte della piastra, prepara prima la base del tortino, poi sposta l’okonomiyaki di fronte ad ogni cliente, che lo cucina da sé. Non ci sono piatti, si mangia direttamente dalla piastra, usando la paletta di metallo.
 
Si capisce che l’atmosfera in questi piccoli locali è allegra, semplice, e fumosa. Anche se si è soli, in un attimo ecco che ci si trova a chiacchierare con la cuoca, poi con il vicino, e si finisce per passare una bella serata nel quartiere di Nagarekawa. E’ li che si trovano le più vecchie trattorie di questo genere, che hanno tutte un nome di donna.
 
Ogni volta che si apre la porta scorrevole da “Machiko”, “Tomoko”, “Asuka”, “Rie”, esce nella strada l’odore della pastella che frigge sulla piastra, il fumo delle sigarette, il vapore che insieme alle voci e alle risate si arrampica su per le insegne illuminate di tutti quei bar, di tutti quei locali, su per i tetti silenziosi fino al cielo di Hiroshima, senza una nuvola.
 
* * *
 
Ad agosto, anche di prima mattina, il cielo di Hiroshima è quasi bianco, per quanto fa caldo.Quindi quel giorno, verso le 7.30 il primo aereo fu avvistato con largo anticipo, anche se volava ad altissima quota, e subito scattarono le sirene. Tutti corsero ai rifugi, ma dopo mezz’ora ancora non era successo nulla. Il B29 era scomparso da un pezzo, allora l’antiaerea suonò il cessato allarme, e si tornò di nuovo nelle strade.
 
Ai ragazzi delle scuole adesso rimaneva poco tempo per finire i turni obbligatori di demolizione, quelli per la prevenzione anti-incendio, prima di correre a lezione.
 
Ma proprio in quel momento, alle 8.15, troppo tardi per dare di nuovo l’allarme, si materializzò il secondo B29. Sull’ala verticale aveva una grande R cerchiata, e sulla fusoliera portava il nome Enola Gay. L’apparecchio che lo aveva preceduto era ormai a diverse miglia di distanza, ma si preparava comunque a ripassare: la sua missione infatti era di scattare una serie di fotografie della città.
 
Prima, e dopo che un occhio di luce accecante si spalancasse nel cielo cinquecento metri sopra il centro di Hiroshima, cancellasse in un secondo la vita di quasi ottantamila persone, facesse bruciare l’aria, bollire l’acqua del fiume, polverizzare il cemento, piegare l’acciaio, fondere il vetro e il granito, per poi richiudersi nascondendo il mondo in una nebbia incandescente di cenere e fumo. Subito dopo, una pioggia nera che nulla ha mai lavato, promise l’inferno ad altri quarantamila abitanti di Hiroshima, morti nei giorni e nelle settimane successivi, tra sofferenze inenarrabili. Per tutti coloro che furono esposti a quella luce, anche negli anni a venire restò il marchio della paura, l’attesa che un male incomprensibile si potesse manifestare nel proprio grembo, nel volto, nelle ossa dei propri figli.
 
* * *
 
“E’ andata benissimo. Sembra che abbia fatto un gran botto. A tremendous bang”.
 
Questo il commento a caldo del Generale Groves, direttore del Manhattan Project, in una telefonata al professor Oppenheimer, per complimentarsi del successo.
 
E pensare che invece da un punto di vista tecnico il “Little Boy” fece praticamente cilecca, per i membri del “Scientific Committee” – Compton, Lawrence, lo stesso Oppenheimer ed Enrico Fermi – i quali avevano insistito, mettendo in minoranza il professor Szilard che si era fatto qualche scrupolo, per sganciare la bomba su un obiettivo civile, “una applicazione militare molto più adatta ad indurre alla resa”.
 
Nell’esplosione infatti, raggiunse la fusione meno del 2% dell’uranio fissile di cui era caricato l’ordigno.
 
Come lo sapevano? Perché tutti i dati dell’esperimento furono registrati dalla strumentazione imbarcata sul terzo ed ultimo aereo che volò quel giorno nel cielo di Hiroshima.
 
Anche lui aveva un nome: The Great Artiste.
 
Il grande artista. Immaginiamo le esclamazioni, le grida e gli applausi quella mattina, quando si è alzato in cielo l’altissimo mostro di fumo e di fiamme.
 
Il grande artista lavora all’effetto visivo delle sue opere. Le crea, le presenta e poi dà loro un nome. Così il “fungo atomico” sembra un fenomeno meteorologico, non dissimile da una grande nuvola. Come quelle che guardiamo, sdraiati su un prato a pancia in su, facendole somigliare a piante o animali.
 
Si chieda a chiunque di raffigurare un’esplosione atomica, e comparirà un fungo.
 
Il grande artista deve fare i conti con un difficile equilibrio. Occorre raffigurare una situazione reale, su cui si ha scarso controllo, contenendola però in un quadro limitato, le cui misure sono definite.Per questo si noterà che più è grande l’esplosione, più bisogna allontanarsi per allargare il riquadro, più il centro della fotografia si allontana dalla terra, e sale verso il cielo. Quindi paradossalmente, più potente è l’esplosione, più edifici si riescono a distruggere, più persone si riescono ad eliminare, meno sono visibili la distruzione, il dolore e la morte. Alla fine la terra, con i suoi palazzi, le strade, le case, diventa una piccola striscia indefinita, in basso.
 
Mi è capitato di vedere, via internet, alcune foto di grandi esplosioni causate in questi giorni da bombardamenti aerei. Rappresentavano una vasta nube grigia e nera, con al centro il rossore delle fiamme. Sotto, molto più piccoli, i palazzi, le case, le finestre degli appartamenti. Il primo commento pubblicato da un utente sotto l’immagine era: “wow!”.
 
Proprio allora è uscita la notizia della morte dell’ultimo membro dell’equipaggio dell’Enola Gay. Non so come si chiamasse, e francamente non mi interessa. Anzi, a dir la verità non sapevo nemmeno che uno di loro fosse ancora vivo. Così sulle stesse pagine ho trovato delle notizie su Hiroshima, insieme a quelle riferite a conflitti contemporanei.
 
Allora mi sono chiesto se l’adrenalina che corre nelle vene di chi usando missili, bombe oppure lanciando razzi riesce a far alzare il fumo e le fiamme su una città appartenga all’idea di combattimento – quindi alla guerra – oppure a qualcosa di diverso, che si chiama terrore.
 
Sembra banale scriverlo in questo modo, ma questi avversari pretendono di combattersi a vicenda lanciando potentissimi esplosivi in aree cittadine, abitate da famiglie. E’ naturale che vengano colpiti di volta in volta case, negozi, rifugi, scuole, ospedali. Sarebbe sorprendente il contrario.
 
Il punto, pur nella sua ovvietà, non è privo di significato, perché normalmente al combattimento si associano non soltanto l’idea di vittoria e di sconfitta, ma anche i valori dell’onore e del coraggio.
 
Eppure questi valori di onore e di coraggio non si vedono in queste terrificanti fotografie di esplosioni e bombardamenti. Forse perché sono valori che invece appartengono a quanto si svolge in quel sottile spazio più in basso, sotto quelle nuvole di cenere e di fiamme che riempiono il cielo.
 
Il 6 agosto, in un attimo Hiroshima aveva perso quasi un terzo della sua popolazione, e oltre la metà degli edifici erano stati rasi al suolo dalla bomba.
 
Ma sotto il grande fungo delle fotografie, la reazione a terra fu immediata. Dopo poche ore, senza sosta, si diresse dalle campagne circostanti verso la città distrutta un flusso di migliaia di persone, per organizzare i soccorsi e prestare le cure necessarie a quella triste massa di feriti e ustionati.
 
Già dal pomeriggio dello stesso giorno, la marina imperiale iniziava via camion il trasporto dei feriti nelle regioni limitrofe di Saeki, Asa e Aki. Nella notte venne trasformato in crematorio l’intero liceo di Danbara, per evitare che la presenza di così tanti cadaveri potesse causare epidemie. Poi dal 7 agosto, i villaggi tutto intorno alla città iniziarono a spedire ogni giorno a Hiroshima quantità sufficienti di onigiri – le tipiche palle di riso giapponesi – per sfamare i sopravvissuti al bombardamento. Dalle isole arrivavano vestiti, lenzuola, gli scarsi medicinali. Il caldo dei mesi estivi non aiutava, e molti morivano a causa delle infezioni e della cancrena. Difficile immaginare le condizioni impossibili in cui lavorava chi si adoperava per i soccorsi alle vittime, per spostare le macerie e far circolare i mezzi, per ripulire i canali e i corsi d’acqua, ma basti pensare che a poche settimane dal disastro, gli studenti di Hiroshima avevano ripreso i corsi, naturalmente all’aperto.
 
Ogni giorno, un esercito di sopravvissuti vestiti di stracci, i fantasmi di donne, ragazzi, bambini, vagavano per chilometri nelle macerie alla ricerca dei loro familiari. Come centri di accoglienza vennero utilizzate le scuole, al cui esterno venivano posti dei grandi cartelli con un elenco dei nomi di chi vi si era sistemato.
 
Per molte mogli, madri, figlie dei soldati che erano andati a combattere nelle isole del Pacifico, la maggiore preoccupazione era come avrebbero fatto quei soldati a ritrovarle, quand’anche fossero ritornati dalla guerra.
 
Nella grande bidonville che era diventata Hiroshima, per le donne che non potevano allontanarsi perché accudivano a un bimbo piccolo, oppure a un anziano malato, una soluzione era quella di trasformare l’ingresso del loro rifugio temporaneo, e cucinare l’okonomiyaki. Bastava sistemare su mezzo bidone una lastra di metallo, accendervi sotto il fuoco, mescolare con la pastella quei pochi ingredienti che si riuscivano a trovare, e aspettare i clienti.
 
Sull’entrata si appendeva un cartello con il proprio nome, “Machiko”, “Tomoko”, “Asuka”, “Rie” e si raccomandava agli avventori di spargere la voce, di raccontare in giro che loro erano lì, che erano vive, che il bambino stava bene.
 
Non c’era bisogno di piatti o di posate, né di sedie, perché ci si sedeva a terra, su una stuoia. Bastavano una piccola paletta, e un vicino disposto a dividere un po’ della sua acquavite. E se per caso gli occhi si fissavano troppo sull’acciaio grigio della piastra, e risaliva d’un tratto gelido come un conato tutto l’orrore, allora ci si faceva canzonare gentilmente dalla padrona di casa, nel suo kimono consunto, con gli occhi stanchi e le maniche legate con il laccio tradizionale, in modo da liberare le braccia. Tanto il piccolo dormiva sul tatami, pochi passi più in là.
 
Quante volte, nel fumo della pastella che frigge sulla piastra, quella donna avrà sobbalzato sentendo scorrere la porta dell’ingresso. E ogni volta che si affacciava un berretto militare sporco e spiegazzato, avrà sperato di riconoscere il volto che pensava di non rivedere mai più. Forse è anche questo il profumo dell’onore e del coraggio, che si arrampica su per i tetti silenziosi, fino al cielo di Hiroshima.

Rubò il vaporetto per andare al Lido: in libertà perché non ha casa

se non hai residenza o domicilio puoi delinquere a piacimento. Nuovo codice penale appena inventato dai giudici

Il giudice doveva disporre gli arresti domiliciari con la nuova legge ma il kosovaro è stato rilasciato perché senza fissa dimora

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di Gianluca Amadori
VENEZIA – È rimasto in carcere poco più di un giorno il ventottenne di nazionalità kosovara Imer Tosca, accusato di rapina impropria per essersi impossessato di un vaporetto dell’Actv ed aver ingaggiato una sorta di “battaglia navale” con gli inseguitori. È la conseguenza della nuova legge che non consente la custodia cautelare se la pena prevista per il reo sia inferiore ai tre anni.
Al posto del carcere, la norma impone al giudice di disporre gli arresti domiciliari: peccato che il legislatore si sia dimenticato di prevedere il caso – sempre più frequente – di persone senza fissa dimora o sul territorio nazionale senza permesso di soggiorno, e dunque senza un domicilio. In questa eventualità il giudice non può fare altro che rimettere in libertà l’indagato.

Non sono incazzato! Di più! Non bastano i delinquenti, gli Amministratori Locali, i cittadini poco rispettosi degli animali

ad ignorare le leggi in loro tutela, adesso si uniscono anche i ” Grandi Uomini dello Stato “.

ENRICO RIZZI

Avete sentito il Tg 5 ? Il Prefetto di Foggia ha dato l’OK per uccidere tutti gli animali vaganti che ci sono nel comune di Vieste vista la numerosa presenza di ovini, bovini ed equini che girano per le strade.

Ma io dico, ma questo rappresentante delle istituzioni è impazzito? Invece di andare a denunciare chi abbandona questi animali in strada commettendo, lo ricordo a chi forse soffre di Alzheimer, un REATO punito dal codice penale, autorizziamo ad uccidere gli animali e quindi chi non ha alcuna colpa, in strada e a colpi di pistola? Ma dove siamo? In Africa, in Cina o nell’Est della Moldavia?

Mi vergogno sempre di più di essere italiano. Se potessi scappare da questo paese dio santo….
https://www.facebook.com/pages/ENRICO-RIZZI/165016803553760?hc_location=timeline

SAN VITO LO CAPO (TRAPANI): DECINE DI GATTI IN UNA CASA DEGLI ORRORI, ALCUNI FORSE MORTI.

Il Partito Animalista Europeo: ” Fare irruzione già oggi ” .

Con un’istanza di sequestro penale urgente inviata pochi minuti fa al comandante della Polizia Municipale di San Vito ed al signor Sindaco, il Capo della Segreteria Nazionale del Partito Animalista Europeo, Enrico Rizzi, ha chiesto di effettuare immediatamente e possibilmente già nella giornata di oggi, un’irruzione all’interno di un appartamento abitato, invaso da pulci, mosche, rifiuti di ogni tipo e dove sono costretti a vivere decine di gatti in condizioni sanitarie pessime. Alcuni, forse, sono addirittura morti. Rizzi ha chiesto al comandante dei vigili urbani di procedere all’immediato sequestro di tutti gli animali, siano essi vivi che morti, ed al sindaco di autorizzare l’immediato trasferimento degli animali vivi presso una struttura veterinaria per ricevere le dovute cure sanitarie.

Ufficio Stampa
Partito Animalista Europeo
Tel 06/8108383 

Paziente ricoverato per problemi al cuore…HA LA LEBBRA

Basta parlare con le persone che lavorano in ospedale per rendersi conto di quanti casi sono stati taciuti dalla stampa..7 agosto 2014

TREVISO – Momenti di apprensione all’ospedale Ca’ Foncello di Treviso: su un paziente ricoverato nel reparto di malattie infettive è stata diagnosticata una forma di lebbra. La diagnosi è stata fatta nella giornata di oggi.
Il paziente, un uomo di nazionalità bengalese di 37 anni, in Italia da circa 8 anni, è residente nel Comune di Quinto di Treviso: era stato ricoverato per sintomatologia di tipo cardiologico in unità coronarica. Sull’uomo è stato effettuato uno studio emodinamico e sulla base della sintomatologia sono state effettuate biopsie cutanee: i risultati hanno confermato che si trattava proprio di lebbra. Si tratta, precisano i sanitari, di una malattia poco contagiosa che, sinora, la letteratura scientifica ha quantificato in una decina di casi l’anno in Italia.
A dare notizia della scoperta della malattia è stato il Presidente della Regione del Veneto Luca Zaia che, non appena informato dal direttore generale dell’Ulss 9 Giorgio Roberti e dal direttore generale della sanità veneta Domenico Mantoan, ha incaricato quest’ultimo di “alzare al massimo livello la sorveglianza sanitaria, la prevenzione e la profilassi su tutto il territorio, sia a livello ospedaliero che territoriale”.
Il Dipartimento di Prevenzione dell’Ulss 9 ha attivato i protocolli del caso che prevedono la visita dermatologica sulle 5 persone conviventi con il paziente. Il controllo verrà eseguito presso la Dermatologia del Ca’ Foncello.
LEBBRA
«Si tratta di un segnale molto brutto – sottolinea Zaia – che testimonia come purtroppo le nostre preoccupazioni sulla ricomparsa di malattie da tempo debellate fossero fondate. Una giovane donna morta di Tbc poco tempo fa, oggi questo caso di lebbra – aggiunge Zaia – sono elementi che provano il ritorno di patologie, perlopiù infettive, che qui erano scomparse da 200 anni, nei confronti delle quali l’attenzione del nostro sistema sanitario è e sarà massima. Il nostro primo obiettivo – prosegue il Governatore – è quello di salvaguardare la salute pubblica e quella di ogni singolo cittadino Veneto e lo faremo mettendo in campo tutte le elevate professionalità dei nostri medici e l’intera organizzazione sanitaria ospedaliera e territoriale. Oggi più che mai – prosegue Zaia – dobbiamo tenere alta la guardia, a cominciare dai siti, che tra l’altro i nostri controlli hanno dimostrato essere assolutamente inadatti allo scopo, dove il governo nazionale impone di ricoverare gli immigrati dell’operazione Mare Nostrum, i primi da tenere sotto controllo sanitario perché purtroppo la quasi totalità dei migranti provengono da Paesi dove profilassi e prevenzione di queste malattie non esistono, e questo a salvaguardia di tutti, migranti compresi».
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