Decreto di esproprio per il terreno collettivo dei No Tav a Pozzolo

20 agosto 2014

E’ stato pubblicato nei giorni scorsi sul bollettino ufficiale della Regione Piemonte il decreto di esproprio emesso da RFI riguardante il terreno di Pozzolo Formigaro che venne acquistato il 20 maggio del 2013 da 101 No Tav – Terzo Valico. Trattasi di un terreno fondamentale per la realizzazione del Terzo Valico, considerato che dovrà essere tagliato in due dal passaggio della nuova linea ferroviaria.

A seguito dell’emanazione del decreto i proprietari dovranno essere avvisati del giorno in cui il Cociv, per conto di RFI, procederà all’immissione in possesso del terreno secondo quanto disposto dal testo unico sulle espropriazioni di pubblica utilità. Così, dopo la giornata del prossimo 10 settembre, quando a rischio esproprio saranno il terreno su cui sorge parte del Presidio No Tav – Terzo Valico di Arquata a Radimero e del terreno di Sandro a Serravalle in località Libarna, si profila all’orizzonte una nuova giornata di resistenza all’esecuzione degli espropri.

Il Cociv dimostra ancora una volta di avere molta fretta, considerato che a luglio del 2015 è fissata la scadenza della dichiarazione di pubblica utilità ed entro quella data il consorzio avrà dovuto eseguire tutti gli espropri previsti dal progetto del Terzo Valico.

Naturalmente, come sempre avvenuto, il movimento si opporrà ai piani del Cociv. Non c’è fretta, la data dell’immissione in possesso del terreno di Pozzolo non è ancora stata fissata. Gli sforzi delle donne e degli uomini che si oppongono alla costruzione dell’ennesima grande opera inutile sono per ora tutti concentrati sulla giornata di resistenza agli espropri di Arquata e Serravalle del 10 settembre quando, ancora una volta, i cittadini a testa alta e con tanta dignità difenderanno la loro terra.

Cremona – Quattro compagni denunciati per presidio anticarcerario

http://www.informa-azione.info/cremona_quattro_compagni_denunciati_per_presidio_anticarcerario

Created 13/08/2014 – 12:45By admin

Apprendiamo dai media locali che la Digos di Cremona ha denunciato quattro compagni in merito a un presidio anticarcerario sotto le mura di Cà del Ferro, messo in atto a fine luglio in solidarietà con Francesco [1], prigioniero No Tav, e con tutti i detenuti. Contro i quattro nemici delle galere sono ricorsi al reato di “manifestazione non autorizzata“, comoda eredità del codice Rocco.

Inquinamento radioattivo, Garigliano pochi ne parlano

Quasi nessuno immagina che nel Golfo di Gaeta siano stati scaricati dalla centrale nucleare del Garigliano addirittura radionuclidi artificiali come il Plutonio 239, il Cesio 137 e il Cobalto 60. Il dossier dell’Iss che aveva evidenziato l’aumento della radioattività, sparisce.

di Valsusa Report. 
La centrale nucleare del Garigliano si trova sul confine tra la provincia di Latina e quella di Caserta. E’ stata completata nel 1964 e nel 1965 passò in gestione all’Enel. La centrale nucleare del Garigliano iniziò il suo funzionamento commerciale nel giugno 1964, ottenendo però solo nel 1967 la “licenza di esercizio”; per tre anni quindi è stata abusiva. La disattivazione arrivò il primo marzo del 1982. Nel 1999 la Sogin è subentrata come proprietaria dell’impianto, (Sogin Spa, la società nata nel 1999 con il compito di smantellare le centrali chiuse dopo il referendum del 1987) per la fase di smantellamento e bonifica. Un impianto passato di proprietà, e non ancora bonificato, 32 anni dopo la disattivazione del reattore. Situata in un’ansa del fiume Garigliano, crea allarme, data la portata di 400 mc al secondo del fiume. Quando esondò il Garigliano portava acqua per 700 mc al secondo e invase pericolosamente il sito della centrale nucleare. Da Garigliano sono partiti per La Hague 13 ton di scorie radioattive, sistemi di trasporto discutibili come nel 1982, quando un contenitore su rimorchio ferroviario spedito dalla Germania, a partire dallo scalo San Lorenzo di Roma, dove era stato messo su gomma, perse per strada la bellezza di 9.000 litri di acqua con cobalto 58, cobalto 60, e manganese 54.

GOLFO DI GAETA

GOLFO DI GAETA – FOCE DEL GARIGLIANO

Sono attualmente stoccati circa 3.000 metri cubi di rifiuti a media attività (la cui radioattività dura alcuni secoli), mille e cento mc di rifiuti a bassa attività, sepolti nelle trincee insieme a 80 tonnellate di amianto radioattivo derivato dalla bonifica dell’edificio turbina. Per bonificare le trincee si sta procedendo a costruire un edificio di contenimento per estrarre i rifiuti in sicurezza. Nel frattempo è in stato di avanzamento la costruzione del D1, ossia del deposito di 11.000 mc di volume che servirà a stoccare 1.100 mc di rifiuti, ed è stato recuperato l’edificio ex diesel grande 6.000 mc, nel quale saranno stoccati 600 mc di rifiuti.

Nella centrale del Garigliano si sono verificati incidenti e guasti che ne determinarono l’interruzione per lunghi periodi, per non parlare della sfiorata fusione del nocciolo nel novembre 1979, l’esplosione del sistema di smaltimento dei vapori e gas incondensabili, con rottura dei filtri e rilascio di emissioni nell’atmosfera del 1972 e nel 1976. Ripetute esondazioni,  il 14 novembre 1980, quando il livello del fiume raggiunse metri 8.23l’acqua del fiume Garigliano entrò nell’area della Centrale fino ai locali dei depositi di rifiuti radioattivi e negli impianti di scambio ionico dei condensati, l’ultima il 17 marzo 2011 che sommerse gli scoli del reattore.

Già quando in funzione, il camino della centrale del Garigliano, immetteva nell’atmosfera circa 119.000 metri cubi di sostanze aeriformi ogni ora.

CENTRALE GARIGLIANO

CENTRALE GARIGLIANO

L’espulsione del vapore nell’aria veniva trattata dai filtri posti alla base del camino. Dai dati di Enel e Enea, i filtri erano efficaci al 99,97%. Il restante 0,03% veniva quindi espulso in stato non puro. Calcolando fanno quindi 36 metri cubi all’ora, moltiplicando per 15 anni, sono i valori di sostanze venute a contatto con le barre di uranio arricchito nel reattore, liberate nell’aria e nell’ambiente circostante.

Il procuratore Giuliana Giuliano, nel dicembre 2012, apre un’inchiesta e iscrive nel registro degli indagati Marco Iorio, responsabile della disattivazione dell’impianto per conto della Sogin Spa. Nei ritrovamenti, che hanno impiegato per 18 ore i tecnici dell’esercito, c’è quella di aver riscontrato nel terreno dell’impianto, ad una profondità tra i 20 e 50 cm, rifiuti ancora in attività: dalle tute anti-radiazioni al materiale tecnico,  – scrisse Latina Oggi – registri degli scarichi liquidi e aeriformi compilati a matita. Li ha sequestrati la Guardia di Finanza di Mondragone.

Altre testimonianze si ebbero molto prima, basti leggere il rapporto dell’unica indagine epidemiologica condotta tra il 1979 e il 1981 dal prof. Alfredo Petteruti, laureato in chimica industriale, in collaborazione con l’Istituto di Anatomia Normale e Teratologia, Facoltà di Veterinaria dell’Università di Napoli; con la Facoltà di Agraria dell’Università di Portici-Napoli; con l’Istituto di Fisica Teorica dell’Università di Napoli; con l’Istituto di Anatomia Comparata “B. Grassi” dell’Università di Roma; e ancora, con i medici veterinari di Sessa Aurunca. L’indagine, pubblicata nel libro La mostruosità nucleare, è un’indicazione di campionatura statistica, in aziende similari, tra vacche “Frisone italiane” dette localmente “Olandesi”. Le aziende esaminate in due zone prossime alla centrale sono 32. Il numero delle nascite con mostruosità è, rispettivamente, 33 e 9 volte maggiore rispetto alla zona “C”. Dove il rapporto “9″ non significa 9%, ma 800% in più e il rapporto “33″ significa il 3.200% in più di nascite mostruose.

ALLAGAMENTO CENTRALE GARIGLIANO

ALLAGAMENTO CENTRALE GARIGLIANO

Nel libro di Marcantonio Tibaldi, Inquinamento da radionuclidi nelle acque del Lazio meridionali c’è un ulteriore particolare agghiacciante: i parti degli anni 1971/80 sono stati 15.771. Su un totale di 90 casi di malformazioni, 60 si sono registrati nelle zone di mare (Formia, Gaeta, Minturno, Mondragone) dove nascevano quasi tutti i bimbi di Sessa Aurunca. Altri 4 casi di anencefalia sono avvenuti presso l’ospedale di Minturno, in provincia di Latina (Dichiarazione del dott. Eugenio Fusco, ginecologo presso il predetto ospedale, pubblicata da Panorama n. 777, del 9 marzo 1981, pagg. 11/12). C’è poi da considerare l’aumento esponenziale di cancri e leucemie che, secondo i dati ISTA raccolti nel periodo 1972-78, sono attestati al 44,48%.

Inoltre, in una ricerca effettuata per la Cee di Delfanti e Papucci (“Il comportamento dei transuranici nell’ambiente marino costiero”) viene tracciata una mappa della contaminazione da plutonio nel golfo di Gaeta da 2 a 4 volte la deposizione da fall-out. Il plutonio non esiste in natura: è una sostanza altamente tossica dal punto di vista chimico, è pericolosamente radiotossica. La radioattività del plutonio si dimezza dopo 24 mila anni ed esso rimane pericoloso per oltre 400 mila anni. Secondo l’Istituto Superiore di Sanità. “0,25 milionesimi di grammo sono il massimo carico ammissibile di plutonio in tutta la vita per un lavoratore professionalmente esposto”. Bastano infatti pochi microgrammi di plutonio immersi nel condizionamento di un grattacielo per condannare alla morte rapida tutti coloro che si trovano al suo interno».

VISTA DALL'ALTO

VISTA DALL’ALTO

Sull’aumento della radioattività nei sedimenti marini del golfo di Gaeta ha scritto il 4 agosto 1984 anche l’Istituto Superiore di Sanità, ma senza adottare alcun provvedimento per tutelare l’ignara popolazione: «Per una serie di ragioni descritte in notevole dettaglio nella letteratura tecnica, si sono prodotti fenomeni di accumulo del Cobalto e del Cesio, scaricati nel fiume Garigliano, all’interno del golfo di Gaeta. Ciò è indubbiamente legato all’insediamento della centrale».

Succedono stranezze intorno alle centrali nucleari italiane, il rapporto del 1984 che riportava studi, dati precisi ed ufficiali, secondo il senatore M5s Giuseppe Vacciano “è uno dei pochi studi esistenti” sparisce. Il 6 giugno scorso l’Istituto per la sanità pubblica ha risposto formalmente alla richiesta di copia da parte del movimento 5 stelle, in questo modo: “In considerazione dell’ampio lasso di tempo trascorso dalla produzione della relazione tecnica da parte di questo ente (1984), spiace comunicarLe l’indisponibilità della documentazione richiesta, prodotta a quel tempo solo in formato cartaceo e non più detenuta negli archivi dell’Amministrazione”.

Nell’area della provincia di Latina sono due le centrali dismesse: oltre a quella del Garigliano, a pochi chilometri dal capoluogo c’è l’impianto di Borgo Sabotino, con un deposito di rifiuti radioattivi inaugurato pochi mesi fa.

(V.R. 20.08.14)

No Tap-No Tav, la lotta si federa. Ecco la lettera dalla Val di Susa

http://www.trnews.it/2014/08/19/no-tap-no-tav-la-lotta-si-federa-ecco-la-lettera-dalla-val-di-susa/12393249/

Si federano le battaglie dei No Tap e dei No Tav: l’asse con la Val di Susa rafforza il dissenso contro il gasdotto. No Tap: “C’è Tosi? Tenetevi il Premio Terre del Negroamaro”

no-tap

19 agosto 2014   Cronaca

LECCE- Due lotte che diventano una sola, su più fronti: si federano le battaglie dei No Tap e dei No Tav, quest’ultima sorella maggiore dei movimenti di dissenso sparsi per l’Italia. Un legame che cresce, testimoniato dalla presenza costante di bandiere che rimandano alla lunga vertenza valsusina e dagli appelli lanciati dai palchi, durante le tante manifestazioni contro il gasdotto a San Foca.

“Le battaglie sono comuni di fronte a queste opere inutili, generate da finte emergenze e finti bisogni – dicono i No Tap -. E’ in questa logica che ognuno pensa di poter fare quello che vuole: fare entrare la mafia nei cantieri, distruggere una spiaggia incontaminata”. I rapporti maturano: a inizio estate una delegazione salentina è stata in Piemonte per raccontare cosa accadrebbe al Salento con la realizzazione del metanodotto. Si hanno contatti costanti con i comitati “Presidio Europa” e “Spinta dal basso”. Tramite l’associazione Re.common, la battaglia ha valicato i confini del Salento e ora rappresenta uno dei pilastri fondamentali del coordinamento dei “no” italiani: No Tav, No Muos, No Triv, No Expo. Le riunioni in diverse regioni si sono susseguite. Non è un caso che il prossimo 13 settembre, a Melendugno, si terrà un reading del collettivo Wu Ming con diverse rappresentanze di queste realtà.

E non è un caso neppure che dall’altro capo dell’Italia la stampa inizi a seguire il movimento salentino, com’è stato per il concerto 12 ore non stop di ferragosto.

Lo ha fatto, ad esempio, il Tg Vallesusa, il team di giornalisti indipendenti che si dedicano a diffondere notizie, informazioni ed immagini dalla realtà piemontese. Spiega uno di loro, Massimo Bonato: “Le lotte territoriali perdono la loro territorialità proprio attraverso la presa di coscienza di quanto avviene. Per il Tap si è disposti a scendere a patti con uno stato come l’Azerbaijan, scavalcando le risoluzioni Onu, pur di trovare risorse energetiche. Si è disposti a sacrificare un litorale e paesi e popolazioni per farvi approdare condutture, senza aver affrontato seriamente una politica energetica alternativa, pure percorribile. Per il Tav si è disposti a perforare una montagna colma di amianto e di uranio per oltre 50 km, accampando il progresso della velocità. I movimenti territoriali sono uno sviluppo politico nuovo innanzitutto, perché politica è la coscienza che la gente comune sviluppa sin dal primo momento, dalla prima preoccupazione, dalla prima volontà di voler tornare a riappropriarsi dei propri spazi decisionali. E infatti fa paura. I No Tap fanno paura, fanno paura i No Tav”.

Anche in quest’ottica assume un peso diverso la scelta di No Tap di rinunciare al Premio Terre del Negroamaro assegnato dal Comune di Guagnano e alla somma di denaro messa a disposizione, in disaccordo con la scelta dell’amministrazione di premiare il sindaco leghista di Verona Flavio Tosi: “La battaglia contro la TAP – spiegano – è una battaglia in difesa di tutti i cittadini e di tutti i territori, non combattendo, e non avendo avuto mai l’intenzione di combattere, una battaglia identitaria, che si sarebbe incentrata sul piano delle differenze e non su quella delle comunanze tra i cittadini. Per questo, reputiamo di non poter condividere un riconoscimento con un esponente di un partito politico che sostiene idee xenofobe e razziste”.

Di seguito, la lettera completa di Massimo Bonato, Tg Vallesusa:

“Sono 321 i conflitti territoriali. Dalla villa settecentesca in vendita perché venga trasformata in centro commerciale alla Grande opera come il Tav o il Tap, alla svendita di territorio nazionale alle armi statunitensi (centro radar Muos) come accade per la riserva naturale nel comune di Niscemi in Sicilia. La territorialità è l’angusto perimetro entro cui scaturiscono le proteste per l’una o l’altra ragione. Interessa poche decine di persone, a volte centinaia, poi migliaia. La territorialità viene squalificata a questione Nimby (Not in my backyard – Non nel mio cortile) ed è l’urgenza di provvedere a sé, ai propri cari, la propria casa, la propria terra che fa emergere l’interesse primo, fa muovere il primo passo che chiude dietro di sé la porta per partecipare alla prima riunione, alla prima assemblea. Nimby è cioè un interesse egoistico, dequalificato a meschino, se letto nell’ottica di un interesse più generale, nazionale o transnazionale. Ma è anche il primo passo che le nuove lotte popolari stanno compiendo, che la gente comune compie, per accorgersi ben presto di quanto le lotte siano in realtà comuni, con identiche “parole d’ordine”.
In realtà il passo è molto breve.

Ci si accorge che le Grandi opere non sono che il braccio armato di una strategia, volta a imporre la perdita di spazi democratici a favore – dicono – di una maggiore comunione di intenti e di sicurezza economica (!).

Le lotte territoriali perdono la loro territorialità proprio attraverso la presa di coscienza di quanto avviene. Capire che cosa avviene attorno a sé, chi ne è a capo, a quali interessi si è disposti a sacrificare i principi sposta il baricentro della singola lotta fuori dal terriotorio in cui nasce e si sviluppa per un precipuo problema.

Per il Tap si è cioè disposti a scendere a patti con uno stato come l’Azerbaijan, scavalcando le risoluzioni Onu, pur di trovare risorse energetiche. Si è disposti a sacrificare un litorale e paesi e popolazioni per farvi approdare condutture, senza aver affrontato seriamente una politica energetica alternativa, pure percorribile.

Per il Tav si è disposti a perforare una montagna colma di amianto e di uranio per oltre 50 km, accampando il progresso della velocità, la creazione di lavoro, quando la stessa azienda responsabile ammette che per il tunnel geognostico in lavorazione non saranno utilizzati più di 1000 lavoratori per non oltre i 10/14 mesi. In un bar qualsiasi della penisola chiunque saprebbe arrivare alla conclusione che per 23 miliardi di euro (costo dell’intera opera) si potrebbero creare non qualche migliaio di posti di lavoro ma qualche migliaio di medie e grandi industrie.

Allora, ciò che nasce Nimby, in fretta si traduce in una richiesta di democrazia, nella richiesta delle singole persone di contare nel proprio ruolo di essere umano e sociale. Ciò che le Grandi opere propongono sono enormi sacrifici per tutti, volti a risolvere  (risolvere?) enormi problemi frettolosamente, superficialmente, o ponendone di inesistenti facendone emergere di nuovi. E questo quando l’Italia stessa (ma per l’Europa la condizione non è molto diversa) versa in condizioni sanitarie, geomorfologiche, economico e sociali, di istruzione e formazione, lavorative ormai al collasso.

I movimenti territoriali sono uno sviluppo politico nuovo innanzitutto, perché politica è la coscienza che la gente comune sviluppa sin dal primo momento, dalla prima preoccupazione, dalla prima volontà di voler tornare a riappropriarsi dei propri spazi decisionali. E infatti fa paura. I No Tap fanno paura, fanno paura i No Tav, No Muos, No Triv, No Expo: Città metropolitane, decreto Sblocca Italia ecc. corrono in soccorso a una classe politica abituata ormai da decenni a colloquiare con equivalenti organi di potere e decisionali, non certo con il popolo. Accade in Italia, accade in Romania, in Grecia, in Francia, in Inghilterra, in Argentina e in Cile, accade in India, in Africa.

Tav, Tap, Triv, Muos si inseriscono in un flusso di parole d’ordine che al “progresso” fatto di interessi economici e politici, senza scrupoli e perlopiù miopi e violenti, oppongono No secchi in nome di una lungimirante amministrazione della Terra e dell’economia. E non è antipolitica. È la politica, quella vera, che parte dalla gestione della polis”.

I conti e le tasse di Renzi

di Giuliano Augusto – 18/08/2014
Fonte: Rinascita

Malinconico autunno. Non sarà caldo quello che si annuncia perché i sindacati si sono così sputtanati con i propri iscritti, dopo aver ceduto a tutte le pretese della Confindustria, che non si capisce davvero come ci possa essere qualcuno, così disabituato ormai alla lotta, da essere disposto a scendere in piazza per scioperare e per perdere una parte sia pure risicata di uno stipendio sempre più misero. A questo ci ha ridotto la deriva di una (pseudo) sinistra, rappresentata (ahi noi!) dal PD, il partito delle banche, che ha perso la faccia dopo aver cercato in tutti i modi di scavalcare a destra lo stesso centrodestra.

Lo scenario, in ogni dove, è quello che vede il trionfo della canaglia liberista e dell’Alta Finanza, tra fine della Storia, fine della Politica e scontro delle civiltà. Povera Europa e povera Italia che ti dissolvi ai quattro venti del tuo disastro..tanto per citare Drieu. Un lavoro sempre più precario, un lavoro pagato sempre meno con milioni di famiglie sprofondate nella povertà. Non ci saranno manovre aggiuntive, ha garantito Renzi. Sarà il governo a decidere cosa fare e cosa non fare. Non ci faremo dettare i compiti a casa dalla Bce di Draghi, dalla Commissione europea e men che meno dalla culona tedesca. Pitti Bimbo non ha usato questo termine, il copyright appartiene al Berlusca, ma il concetto è quello. In realtà è vero il contrario. Con il debito pubblico al 135% del Pil, gli spazi di manovra sono inesistenti e il destino dell’Italia è segnato. Ci vuole una manovra aggiuntiva tuonano dai Palazzi europei e dal Fondo monetario internazionale. Anche gli 80 euro in busta paga si faranno sentire e dureranno poco. Mesi fa, a Francoforte, Bruxelles e Berlino si parlava di un intervento di 24 miliardi tra tagli alla spesa e nuove tasse. Adesso i miliardi sono 40 e il duo Renzi-Padoan non sa davvero dove raccattarli. Per salvare l’Italia non serviranno nemmeno le vecchie zie. Il governo non è in grado di controllare la dinamica della spesa pubblica che infatti continua a crescere, trascinandosi dietro debito e disavanzo. E se lo spread tra i Btp decennali e i Bund tedeschi è rimasto basso, ciò non è dovuto come sostiene Renzi alla “fiducia dei mercati” nell’Italia (e in lui) ma all’intervento dell’Esm, il Fondo permanente salva Stati, che ha comprato Btp sul mercato, impedendo che il livello fosse quello fisiologico che tenga conto del livello del debito. Tanto per dire, a novembre 2011, con il debito al 120%, lo spread era a 570 punti e passa. Il che la dice lunga su quale sarebbe il nostro destino se i tanto invocati “mercati” decidessero improvvisamente il fuggi fuggi dai Btp, stabilendo che non potranno essere rimborsati alla scadenza. Il che significherebbe la bancarotta dello Stato italiano. Del resto, con la recessione in corso, sono drasticamente crollate le entrate fiscali e contributive.

E con quali soldi si pagheranno gli stipendi pubblici e le pensioni? Appunto. La situazione finanziaria dello Stato è a dir poco catastrofica. E nemmeno la situazione dell’economia globale ci aiuta. Pure la Germania sta rallentando e questo non contribuisce a migliorare le prospettive delle imprese italiane che speravano nell’aumento della domanda globale ed europea per riprendersi. Ma non si può contare sempre su un salvataggio esterno. Tipo quello cinese. Soprattutto non si può pensare che gli esponenti parlamentari di una casta politica all’ultima spiaggia possano accettare di vedere tagliate spese che vanno ad arricchire non soltanto loro medesimi ma soprattutto le clientele che li hanno portati in Parlamento. Dall’Europa e da oltre Atlantico si continua a chiedere all’Italia maggiore flessibilità sul “mercato del lavoro” per incentivare ad assumere lavoratori che si potranno più facilmente licenziare. Addio articolo 18. Renzi vorrebbe invece maggiore flessibilità sulla gestione del disavanzo pubblico, sempre sopra il 3%, ma la culona tedesca continua a dire no. La Francia da parte sua è sopra il 4% ma vanta un debito pubblico che si trova ancora sotto il 100% del Pil. E Renzi non può giocare con i numeri sostenendo che anche gli altri Paesi fanno un po’ i discoli. Resta la realtà di un governo che non sa dove trovare i quattrini e che, sulla spinta di Péadoan che, da ex capo economista dell’Ocse si era già detto favorevole, sta pensando ad introdurre una tassa straordinaria patrimoniale per raccattare quel poco di ricchezza privata che è rimasta in giro. Dopo la quale non ci sarà altro che una rivolta diffusa nelle piazze. E non solo.
Tante altre notizie su www.ariannaeditrice.it

ECCO COSA PENSA DI NOI BRIDGEWATER, IL PIÙ GRANDE HEDGE FUND DEL MONDO, IN UN RAPPORTO DEDICATO ALL’ITALIA DOVE HA INVESTITO OLTRE 160 MILIARDI DI DOLLARI

intanto la Spagna ha ancora il reddito di cittadinanza, COSA CHE IN ITALIA CON cotanti lottatori per gli ultimi ed i debolo IN 20 anni non hanno trovato stranamente il tempo di introdurlo. Ma sarà colpa della Germania.La mafia italo ammmmerikana chiede di taglieggiare……la “finanza” ha investito, deve essere remunerata.
La mafia non poteva che non andare d’accordo con i liberatori, stessa pasta. Ed ora il paese è in mano loro. Non è una novità dell’ultima ora anche se la soc civile per lavarsi la coscienza finge che tutto nacque nel 1994- (amato e ciampi non davano fastidio, all’intellighenzia serva della finanza)
Quindi questi “invstitori” ci han portato 160 miliardi…..ma che ce li han regalati? Li avete visti voi? E si aspettano qualcosa in cambio. QUESTO NON E’ INVESTIRE, QUESTO E’ COMPRARE

20 AGO 2014 10:57

1. ECCO COSA PENSA DI NOI BRIDGEWATER, IL PIÙ GRANDE HEDGE FUND DEL MONDO, IN UN RAPPORTO DEDICATO ALL’ITALIA DOVE HA INVESTITO OLTRE 160 MILIARDI DI DOLLARI: “GLI SPREAD DELL’ITALIA NON RIFLETTONO LA SITUAZIONE IN DETERIORAMENTO DEL PAESE” E CHE “MENTRE L’ITALIA CONTINUA A PEGGIORARE, DIVENTERÀ SEMPRE PIÙ IMPORTANTE CAPIRE FINO A CHE PUNTO LA BCE SARÀ DISPOSTA A SOSTENERE I COSTI DI FINANZIAMENTO DEL PAESE” – 2. AMORALE DELLA FAVA E DELLA RAVA: SIAMO DEI MIRACOLATI DELLO SPREAD, GRAZIE ALLA BCE DI DRAGHI, MA NON POSSIAMO ANDARE AVANTI COSÌ.

RAY DALIO CAPO DI BRIDGEWATER jpeg

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CI CHIEDONO TUTTI DI FARE UNA RIFORMA DEL LAVORO E I GRANDI INVESTITORI ESTERI CI INDICANO IL MODELLO DELLA SPAGNA, DOVE SONO SCESI TUTELE E SALARI. ABBIAMO IL CORAGGIO DI FARLO, O VIVACCHIEREMO TRA UN TAGLIO DI SPESA E UN PRELIEVO SULLE PENSIONI, PRIMA DEL GRANDE BOTTO?

Colin Ward (Special Guest: Pippo il Patriota) per Dagospia

 RAY DALIO CAPO DI BRIDGEWATER

RAY DALIO CAPO DI BRIDGEWATER

1. AVVISI AI NAVIGATI

Bridgewater è il più grande hedge fund del mondo ed è guidato da un italoamericano, Ray Dalio, che per sé e per i suoi clienti ha guadagnato oltre 50 miliardi di dollari. Lo scorso 12 agosto, in un rapporto dedicato all’Italia, ha messo nero su bianco che cosa pensa di noi.
Lo riferisce oggi Repubblica e non è una lettura piacevole. Bridgewater dice senza peli sulla lingua che “gli spread dell’Italia non riflettono la situazione in deterioramento del Paese” e che “mentre l’Italia continua a peggiorare e la sensibilità al debito aumenta, diventerà sempre più importante capire fino a che punto la Bce sarà disposta a sostenere i costi di finanziamento del Paese”.
Si tratta di un avvertimento pesante, perché l’hedge fund americano fa parte di quei grandi investitori esteri che dal 2012 hanno riportato in Italia oltre 160 miliardi di dollari e che ora potrebbero ripensarci in qualunque momento. Anche perché il modello virtuoso citato dal report è quello della Spagna, che ha fatto una severa riforma del lavoro e ha recuperato quote di export.

LOGO BRIDGEWATER

LOGO BRIDGEWATER

Gli spagnoli hanno esportazioni del 10% sopra i livelli del 2008, mentre noi italiani siamo sotto del 3% e continuiamo a perdere quote di mercato. Per questo motivo, scrive crudamente Bridgewater, “una correzione al ribasso dei salari in Italia deprimerebbe ulteriormente i redditi e la spesa, partendo da livelli già depressi, ma non affrontare questo passaggio metterebbe la manodopera italiana in una condizione ancora peggiore nel lungo periodo”.
 
Ecco, abbiamo riportato queste parole perché sta tutto qui il vero dilemma di Renzie. Siamo dei miracolati dello spread, grazie alla Bce di Draghi, ma non possiamo andare avanti così. Ci chiedono tutti di fare una riforma del lavoro e i grandi investitori esteri ci indicano il modello della Spagna, dove sono scesi tutele e salari. Abbiamo il coraggio di farlo, o vivacchieremo tra un taglio di spesa e un prelievo sulle pensioni?
 
 2. NON FA SOSTA LA SUPPOSTA
Con una serie di tweet, ieri Renzie ha precisato l’agenda del suo governo e pare che non ci sia spazio per gli interventi sulle pensioni dei quali ha parlato il ministro Poletti, ma la situazione resta confusa. Repubblica: “Pensioni, scontro nel governo sul contributo di solidarietà. I sindacati: ‘Troppa confusione’. Polemiche sul piano allo studio al ministero del Lavoro. Baretta (Tesoro): tranquillo chi prende meno di 2.000 euro”. Renzi: “Proposta già bocciata”, ma l’idea prima gli piaceva. Poletti tira dritto, cerca fondi per esodati e cassintegrati. Anche Cottarelli propose un taglio ai trattamenti più ricchi, ma l’ipotesi sul tavolo è quella di Gutgeld” (pp. 2-3).

Mariano Rajoy

MARIANO RAJOY

Anche il Corriere prende atto delle smentite del premier, ma dedica ancora molto spazio alle pensioni per sconsigliare interventi: “La tentazione di tagli e balzelli. I no della Consulta e i conti sbagliati. I dubbi sulla possibilità di ricalcolare gli importi con il sistema contributivo. Oggi le pensioni sono calcolate ancora con il metodo retributivo per il 98%: un nuovo balzello peserebbe su quasi tutte. La metà dell’Irpef pesa su meno di 2 milioni di pensionati con assegni oltre i 30mila euro: un contributo li penalizzerebbe due volte” (p. 7).
 Sulla Stampa si fa vivo ancora una volta Lorenzo Bini Smaghi. Dopo l’intervento sul Corriere dei giorni scorsi, l’ex membro della Bce invita a copiare la riforma spagnola del mercato del lavoro e a fare le riforme per aumentare la competitività italiana (p. 5).

GIULIANO POLETTI IN SENATO FOTO LAPRESSE

GIULIANO POLETTI IN SENATO FOTO LAPRESSE

Sul Messaggero, le indiscrezioni su altri tagli: “Stangata statali. Il Tesoro studia un nuovo blocco biennale dei salari. Un congelamento della busta paga consentirebbe risparmi per 4-5 miliardi. Dal 2010 a oggi tagli al settore per 11 miliardi” (p. 2).

lorenzo bini smaghi e veronica

LORENZO BINI SMAGHI E VERONICA

3. IL RAID AEREO DEL PREMIER CAZZARO
Botta d’immagine per il premier in vacanza a Forte dei Marmi, che oggi fa un giro in Iraq, rigorosamente in giornata. La Repubblica dei renziani titola: “Renzi, visita lampo in Iraq a Bagdad e dai profughi. ‘Anche a nome della Ue’. Colloqui con le autorità, poi a Erbil nella zona curda. Il premier e il fronte estero: ‘Italia attiva nelle crisi, pure la Libia avrà bisogno” (p. 6).

RENZI A FORTE DEI MARMI CON LA FAMIGLIA

RENZI A FORTE DEI MARMI CON LA FAMIGLIA

renzi e gli scout

RENZI E GLI SCOUT

Il Corriere va oltre e spiega: “Blitz iracheno e alleanze: lanciata la volata di Mogherini. Mancano dieci giorni al vertice sulle euronomine. Berlino non si oppone, c’è l’intesa con Parigi. In crescita le chance di ottenere il ruolo di Mrs Pesc. Per la responsabile degli Esteri restano l’opposizione dell’Est e le difficoltà sul dossier russo. L’Eliseo favorevole a un binomio della candidata italiana con l’ex ministro Moscovici a cui andrebbe un importante portafoglio economico” (p. 5).
 
4. GIUSTIZIA À LA CARTE
Prosegue il dibattito sulla riforma della giustizia che il ministro Orlando sta mettendo a punto con sapienza democristiana. Sul civile è già quasi tutto pronto, ma restano problemi aperti sul penale: “Scontro sulle intercettazioni. Aut aut di Ncd: o si approvano anche le norme sugli ascolti oppure chiediamo anche la separazione delle carriere. Oggi vertice di maggioranza con il ministro Orlando. Il viceministro Costa: il premier rispetti i patti stipulati. Il governo vuole organizzare prima una tavola rotonda con i direttori dei giornali” (Repubblica, p. 11). Già solo la caccia all’invito sarà uno spettacolo.
Per il Messaggero, problemi anche su altri fronti: “Ma sulle regole del nuovo Csm è scontro nella maggioranza. Tensione Pd-Ncd anche sulla responsabilità civile dei magistrati. Oggi vertice con Orlando. Berlusconi alla finestra, gli azzurri: pronti a discutere, ma nessuna cambiale in bianco” (p. 5)
 
 
5. L’ABBRACCIO DEL CAINANO

bacio renzi berlusconi

BACIO RENZI BERLUSCONI

Giustizia a parte, Berlusconi aspetta Renzie sulle ricette economiche, come racconta oggi il Giornale: “Il piano di Berlusconi: un’agenda economica per unire il centrodestra. Il leader azzurro al lavoro su un progetto anti crisi da presentare a Renzi ma anche a Ncd, Fdi e Lega. L’idea della flat tax: per l’ex premier è la ricetta vincente come in Spagna e Gran Bretagna” (p. 8). In autunno si vedrà se il premier ha i voti per portare a casa le sue riforme economiche. Sulla riforma del Senato non li aveva e ha avuto bisogno di Forza Italia.
 
6. ARIA DI DIVORZIO IN LUXOTTICA
Andrea Guerra potrebbe lasciare Luxottica, ma non per fare il ministro. Il Corriere spiffera il grande gelo al vertice con il patròn Leonardo Del Vecchio: “Luxottica, Guerra verso l’uscita. Divergenze con Del Vecchio. In primavera 35 milioni di guadagno con le stock option. Le incomprensioni sull’alleanza con Google per gli occhiali hi-tech e sulla chiamata pubblica di Renzi per fare il ministro” (p. 25). Anche il Sole 24 Ore fiuta aria di divorzio e racconta: “Luxottica, in uscita l’ad Guerra. I contrasti con il presidente e azionista Leonardo Del Vecchio sono alla base del prossimo cambio al vertice del gruppo. Verso una transizione-soft nei prossimi mesi” (p. 1 dorso Finanza & Mercati).

Andrea Guerra DEL VECCHIO CON LA MOGLIE

ANDREA GUERRA                         DEL VECCHIO CON LA MOGLIE
 
7. LINGOTTI IN FUGA
Sembra complicarsi la partita della fusione Fiat-Chrysler, con Torino che rischia di dover rifare l’operazione daccapo per l’esercizio dei diritti di recesso. Repubblica riporta: “La speculazione si scatena su Fiat, -3% in Borsa. Stasera scade il recesso” .Report di Credit Suisse alla vigilia della scadenza che parla di azione sopravvalutata: “l’istituto di Zurigo scommette sulla necessità di una ricapitalizzazione. Norges Bank torna ad acquistare azioni del Lingotto e risale oltre il 2 per cento” (p. 24). L’investitore scandinavo aveva votato contro la fusione. A Torino restano ottimisti e credono che alla fine il diritt

o di recesso non farà saltare l’operazione.
marchionne e cardinal poletto

 MARCHIONNE E CARDINAL POLETTO
8. TELECOM-MEDIA DO BRASIL
Si avvicinano i giorni della verità per la battaglia brasiliana tra Telecom e Telefonica. Per il Corriere, “Telecom-Vivendi, il rebus dei soci italiani. Fiammata in Borsa. Il mercato scommette sull’offerta. Mediobanca, Intesa Sanpaolo e Generali dovranno ora decidere se vendere o allearsi con il nuovo partner francese” (p. 27).
La Stampa apre un nuovo fronte: “Telecom, resta il rischio aumento di capitale. Per gli analisti di Soc Gen è tra le opzioni sul tavolo dell’ex monopolista e potrebbe superare il miliardo. Prosegue la sfida tra italiani e spagnoli per conquistare la brasiliana Gvt. Il 28 agosto la decisione finale a Parigi. Da Telefonica probabile una controfferta dell’ultimo minuto” (p. 22). Il Sole spiega: “Telecom-Vivendi, offerta in azioni e cash. Advisor al lavoro per una proposta mista con cassa e azioni della holding e di Tim Brasil” (p. 1 Finanza&Mercati). Bollorè nella posizione migliore possibile per decidere quanto entrare da padrone nelle telecomunicazioni italiane.

RECCHI

RECCHI

MARCO PATUANO

MARCO PATUANO

VINCENT BOLLORE

VINCENT BOLLORE

http://www.dagospia.com/rubrica-2/media_e_tv/ecco-cosa-pensa-noi-bridgewater-pi-grande-hedge-fund-mondo-83084.htm?utm_medium=referral&utm_source=pulsenews  

L’Unione Europea è l’antitesi dell’Europa

o santo cielo che abominio, ripristinare le sovranità e cooperare tra stati sovrani, orrore!! Il padrone Draghi si arrabbierebbe e noi non vogliamo che i banchieri si irritino per questi scellerati che pronunciano la parola sovranità. Per fortuna che ci sono tante buone anime a pontificare e ricordare quanto sia brutta la sovranità.

di Michele Orsini – 18/08/2014

Fonte: byebyeunclesam
“Le stucchevoli polemiche cui abbiamo assistito negli ultimi anni e hanno opposto coloro che rivendicano la necessità del riconoscimento delle radici cristiane e coloro che vorrebbero negarla, preferendo invece riconoscere quelle illuministiche, indicano quanto la cultura attuale sia abitata da opposti monismi e percio lontana dal superamento delle contraddizioni, insomma quanto poco sia europea: difatti si tratta di una cultura che emerge dal fenomeno pervasivo della globalizzazione, che con altre parole potremmo definire occidentalizzazione ovvero americanizzazione.
L’ ideologia globalista è portatrice d’una sorta di monismo economicistico secondo il quale il mondo in cui viviamo è l’unico possibile, non esistono alternative, il valore economico è l’unica discriminante tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, quindi le leggi del mercato devono prevalere.
Questo pensiero unico corrisponde al progetto statunitense, come ben evidenzia Jeremy Rifkin quando asserisce che per gli americani la libertà è associata all’autonomia, cioè al fatto di non dipendere dagli altri, soprattutto dal punto di vista economico: per essere liberi, gli americani pensano che si debba essere ricchi.
II sogno europeo invece è esattamente l’opposto: per gli Europei essere liberi è porsi in relazione con gli altri, unirsi, condividere, aprirsi. La nostra è da sempre una società dell’inclusione. Ora è evidente che l’Unione Europea e le sue istituzioni sono volte realizzare non il sogno europeo, ma quello a stelle e strisce, che è il suo opposto. Perciò si può dire che l’azione politica dell’Unione Europea è antieuropea e che l’uso della parola Europa come sinonimo di CEE e poi di UE, dapprima raro ed informale, negli ultimi anni più regolare ed esteso, nasconde non solo un’insidia, ma addirittura una menzogna.
I padri fondatori dell’Unione Europea posero gli Stati nazionali al centro del loro progetto d’integrazione, che essi concepivano appunto come un graduale negoziato tra Stati sovrani; poi, negli anni Ottanta del secolo scorso, prese piede la politica economica del cosiddettoWashington consensus, improntato sulla teoria neoliberale e sul principio del minimo intervento statale. Si innestò un processo che portò rapidamente all’erosione delle sovranita nazionali dei singoli Stati membri, giungendo cosi, per citare le parole del compianto professor Costanzo Preve, alla «incorporazione di quest’Europa politicamente e spiritualmente morente in questo mercenariato militare occidentalistico globalizzato».
La tendenza a confondere gli interessi dell’Unione Europea con quelli della NATO è emersa dopo la fine della Guerra Fredda e si è rafforzata con la pratica dell’ interscambiabilità di persone che occupano posti chiave nei due organismi. L’Unione Europea era all’origine una grande opportunità, difficile è capire se lo possa essere ancora, di certo perché ciò sia possibile si dovrebbe eludere ogni richiesta, da parte delle istituzioni UE, di cessioni di sovranità, anzi i singoli Stati membri dovrebbero fare ogni sforzo per riconquistare ognuno la propria e poi, volendo ancora perseguire una politica europeista, trovare piuttosto un modo di sommare sovranità e forze, cosi da poter divenire davvero un attore globale.
Per rendere possibile il cambiamento dell’attuale scenario è allora necessario un recupero culturale dell’identità europea che parta dalla soluzione di un malinteso che inquina da molto tempo l’opinione pubblica, ovvero dalla presa di coscienza del fatto che l’Europa non è Occidente o per meglio dire, essendo sua caratteristica principale la coesistenza armonica degli opposti, è sia Oriente sia Occidente. L’ identità europea va piuttosto difesa dai rischi connessi alla globalizzazione.
Far coincidere il concetto di Europa con quello di Occidente è truffaldino, almeno quanto farlo coincidere con quello di Unione Europea, ed anche di più, se si considera che l’idea contemporanea di Occidente è stata elaborata nell’ambito del pensiero politico statunitense «proprio per differenziarsi dall’Europa; anzi, addirittura contro l’Europa». Creare il malinteso è utile alla propaganda occidentalista per poi definire come nemico l’orientale di turno.
L’effetto è quello di indebolire la società europea, rendendola inconsapevole della particolare forma di convivenza di cui è portatrice.
(…)
La forma di coesistenza che permette di non scegliere tra due poli opposti ma di conciliarli è quella comunitaria, la quale, dopo aver caratterizzato a lungo l’Europa, ha lasciato spazio alla forma societaria; quest’ultima, sommamente individualista, promette il massimo della libertà, ma alla fine si rivela un apparato fatto per addomesticare i suoi membri e indirizzarli ad obiettivi precostituiti, decisi in altre sedi e talvolta perfino contrari agli interessi dei singoli coinvolti. Nell’epoca della globalizzazione il singolo è soprattutto consumatore, «solitario collezionista di sensazioni», educato fin dalla più tenera età attraverso la pubblicità, che pone molta attenzione e investe molte risorse nel tentativo di fidelizzarlo: quando ha successo, lo renderà a un tempo omologato e solitario.
In un’ideale organizzazione informata ad un perfetto collettivismo, invece, sarebbe escluso il problema della solitudine, ma esasperato il rischio dell’omologazione.
La comunità altresì può permettere all’individuo di svilupparsi pienamente, in quanto il senso d’appartenenza esalta o almeno aiuta ad accettare le peculiarità individuali. Vi è un’evidente omologia fra I’equilibrio tra generale e particolare che caratterizza l’ idea di Europa e I’equilibrio tra comunita e individuo.
Se il percorso politico necessario per una ricostruzione europea potrebbe passare indifferentemente da una modifica dell’attuale Unione Europea, oppure da un suo scioglimento e da una successiva riaggregazione mediante istituzioni con nomi differenti, imprescindibile è compiere in parallelo un percorso culturale di ricomposizione dei dualismi.”

Da L’Unione antieuropea, di Michele Orsini in “Eurasia. Rivista di studi geopolitici”, n. 2/2014, pp. 160-162 (grassetto nostro).

http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=49156

Classificati i risultati dell’indagine sul Boeing 777 malese

Strategia 22 13/8/2014

Ucraina, Olanda, Australia e Belgio l’8 agosto hanno firmato un accordo per non divulgare le informazioni ottenute nell’inchiesta. Nell’accordo le informazioni e i risultati dell’indagine sulla catastrofe del Boeing-777 malese non saranno diffusi. Secondo il corrispondente di Unian, nel briefing del 10 agosto a Kiev, lo speaker della procura Jurij Bojchenko ha detto che le indagini sono in corso come altre azioni investigative, e i risultati saranno annunciati a completamento di esse, e solo se vi sarà il consenso di tutte le parti che hanno firmato l’accordo. Le cause della caduta del volo MH17 nella regione di Donetsk, saranno pubblicate con il consenso di tutte le parti coinvolte nell’indagine. Ogni Paese firmatario ha il diritto di porre il veto alla pubblicazione dei risultati delle indagini, e senza spiegazione. Veniva sottolineato che sono in corso le indagini inquirenti e solo dopo la conclusione dell’accordo, che la Verkhovna Rada dell’Ucraina ha ratificato, verrà inviato il personale malese ad indagare sul disastro dell’aereo di linea delle Malaysian Airlines nel Donetsk. Gli esperti internazionali ammettono che per supervisionare il sito del relitto del Boeing-777 malese, passeranno un paio di settimane.
La seconda fase della ricerca dei resti delle vittime del volo MH17, sarà discussa la prossima settimana. Quindi, possiamo tranquillamente assumere che i risultati delle indagini, in realtà saranno classificati e la relazione finale dei periti non sarà mai resa pubblica, o solo dopo qualche anno, quando le cause politiche dell’incidente perderanno rilevanza. La conclusione è semplice, i risultati provvisori dell’indagine dimostrano direttamente l’estraneità di Russia e Novorossija sulla fine dell’aereo malese, e ciò non soddisfa i Paesi firmatari. Naturalmente ciò non vale per i parenti delle vittime ordinarie, ma per le élite politiche dominanti in tali Paesi.

PS. L’unico Paese che s’è rifiutato (e categoricamente) di firmare l’accordo è la Malaysia, fino a oggi.

Traduzione di Alessandro Lattanzio

http://www.statopotenza.eu/13890/classificati-i-risultati-dellindagine-sul-boeing-777-malese  

Quella sviolinata di Bono a Matteo Renzi…

chi fosse Bono lo si sa da anni ma non si poteva dire perché gli ambienti dai quali emergevano le critiche, erano scorrect.
Ben venga anche capirlo in ritardo…..

“prosegui su questa strada”: caro Bono, prosegui pure su questa strada, coerente con la tua visione. Di fatto sempre coi forti, ma a parole sempre in difesa dei deboli.”
ricorda molto le sinistre quantomeno degli ultimi 20 anni se non prima. O esistono atti, azioni, leggi emanate da governi di sinistra, regioni, provincie che abbiamo fatto qualcosa in senso opposto che mi sono perso?

di Diego Fusaro – 18/08/2014
 
Fonte: lo spiffero
Soltanto poche righe per congratularmi con te che stai rinsaldando la grande creatività degli italiani e una visione del futuro che include tutti. Siamo orgogliosi di vedere che il nostro Paese preferito ha la leadership che si merita”.È questo il messaggio che, carta e penna alla mano, il cantante degli U2 Bono Vox ha mandato a Matteo Renzi la settimana appena trascorsa.
Che dire? Che ogni Paese abbia la guida che si merita forse è vero. Un Paese che accetta silenziosamente la dittatura europea, vent’anni di berlusconismo e di idiotismo antiberlusconiano si merita, in effetti, perfino Matteo Renzi.
 
Il messaggio di Bono va letto, dal mio modestissimo punto di vista, come il riscontro di una sventura: l’Italia si merita perfino Renzi, il pittoresco rottamatore postmoderno che ha portato a compimento il passaggio definitivo della sinistra dalla lotta contro il capitale alla lotta per il capitale.
 
Ma anziché soffermarsi sul nostrano Renzi, può essere utile, in questo caso, soffermarsi, sia pure solo per cenni, sul cantante anglofono di successo. Già, chi è Bono? Chi volesse informarsi, al di là dei circuiti del politicamente corretto e delle serenate per il potere, potrebbe trovare interessanti informazioni sul menestrello che elogia Renzi in un libro di Harry Browne intitolato The Frontman. Bono (nel nome del potere), Alegre Edizioni.
Ne emerge un quadro certo diverso da quello a cui siamo abituati, ossia dall’immagine rassicurante del cantante di successo impegnato per la pace nel mondo: nel libro – biografia controcorrente del cantante – troviamo Bono impegnato ad evitare di pagare le tasse nel suo Paese e, insieme, a pontificare in qualità di volto rassicurante della tecnocrazia planetaria, innalzandosi – senza che nessuno, sia chiaro, gli abbia affidato tale compito – a portavoce per l’Africa. Nel libro, emerge a tinte fosche un Bono che dà copertura umanitaria ai leaders del G8 e alle loro politiche incentrate sulla religione della mondializzazione selvaggia. Con un linguaggio depoliticizzato in cui il mondo dei poveri esiste solo come oggetto di attenzione pelosa, “buona causa” da ostentare in società.
Si scopre poi – dulcis in fundo – che la tanto celebrata associazione no profit“One” fondata da Bono si vanta di lavorare in difesa degli ultimi, ma in verità è in larga parte composta da multimilionari, dirigenti d’azienda e politici statunitensi. Tra i suoi membri vi sono – udite, udite! – Condoleezza Rice (consigliere di George W. Bush che ha promosso la criminale guerra in Iraq) e Larry Summers (economista della Banca Mondiale che ha contribuito alla selvaggia deregolamentazione di Wall Street). Nell’associazione “One” vi sono, è vero, anche due membri africani: un magnate dell’industria dei telefoni cellulari, e un ex amministratore delegato della Banca Mondiale, ossia due notissimi esponenti dei diritti e della voce dei poveri…
Insomma, se non si fosse capito, l’appoggio di Bono a Renzi costituisce la conferma di quel che Harry Browne mostra con precisione nel suo libro. Dopo l’appoggio a Condoleezza Rice, perché stupirsi se arriva quello a Matteo Renzi? C’era una canzone degli U2 di qualche tempo fa, il cui motivo portante dicevawalk on, “prosegui su questa strada”: caro Bono, prosegui pure su questa strada, coerente con la tua visione. Di fatto sempre coi forti, ma a parole sempre in difesa dei deboli.

Se l’Europa arma i curdi e continua a non far nulla sulla mattanza di 2000 palestinesi

di Claudio Moffa – 18/08/2014
 
Fonte: l’indro
  
Due dati emergono dalle ultime -convulse- notizie dall’Europa orientale e dall’Iraq, e per nulla positivi: il primo è l’annunciata reazione dei ‘mercati finanziari’ allo  ‘sconfinamento‘ russo nei territori orientali dell’Ucraina, sconfinamento più che presunto, inesistente visto che non è circolata alcuna immagine di convogli di Mosca bloccati o distrutti da Kiev. Che il golpista Petro Poroshenko faccia il suo mestiere e  -come denunciato dal Ministro degli Esteri  di Mosca, Sergej Lavrov–  provi ad affamare i ribelli russi costretti a stare sotto il suo giogo, è ovvio. Ma come nel caso delle dichiarazioni di George Soros alla ‘CNN‘ durante le stragi di palestinesi in Cisgiordania («ho organizzato io il golpe di Kiev», aveva detto il finanziere ebreo-ungaro-americano) di nuovo i cosiddetti ‘mercati finanziari‘ mostrano di voler provocare una guerra contro Vladimir Putin, il che sarebbe a rischio di un vero e proprio conflitto mondiale.
 
E’ vero, pare che nelle imminenze di questi fatti la minaccia dei ‘mercati’ non ci sia stata, ma forse questo è da mettere in relazione con il secondo dato preoccupante da prendere in considerazione: la presa di posizione dell’Europa sui due scacchieri in crisi, Ucraina, appunto, e Iraq.
L’Europa, sotto la guida precaria e ricattabile del Ministro degli Esteri Federica Mogherini (ancora non nominata rappresentante dell’UE per la politica estera, perché osteggiata dai falchi antirussi e pro israeliani dell’Unione, a cominciare dal Ministro degli Esteri francese Laurent Fabius)  ha, infatti, deciso due cose:
1) diffidare Putin a non violare ‘la legge internazionale con sconfinamenti lesivi della sovranità dell’Ucraina: e qui ci sarebbe già da discutere, visto che la crisi si è aperta proprio con un colpo di Stato antirusso (e antiebraico, anche se promosso con il sostegno di Soros e probabilmente del Mossad) e che dunque l’Europa dovrebbe far pressioni piuttosto nella direzione di Poroshenko, e non di Putin.
2) dare il via libera alla distribuzione di armi ai peshmerga curdi da parte di chi, tra i Paesi europei, «vuole». Il ‘chi vuole’ non meravigli, è la formula degli ‘Stati volenterosi’ con cui l’Onu ha destrutturato e cambiato se stessa a partire dall’Iraq 1991 (una missione non di interposizione tra Kuwait invaso e Iraq occupante, sotto le bandiere ONU e con le divise dei caschi blu, come recita il capitolo VII della Carta di San Francisco, ma ‘delegata’ appunto agli Stati volenterosi dell’epoca: guarda caso anche allora, in prima fila, inglesi e americani). Una prassi assurda, che ha raggiunto il suo apice con la guerra di Libia, dove gli ‘Stati volenterosi’ si sono trasformati nientemeno   -con il sostegno fondamentale dell’Italia-  in una ‘Nato volonterosa’, un’organizzazione militare occidentale la cui macchina bellica è partita per iniziativa dell’ultras filoisraeliano Nicolas Sarkozy, mentre era in corso il vertice di Parigi del 19 marzo indetto per l’applicazione concreta della risoluzione del Consiglio di Sicurezza sulla cosiddetta no-fly zone.
Fin qui tutto follemente ‘normale’.
Quel che, però, è ancora più contraddittorio della decisione di Bruxelles, è la schizofrenica visione della ‘legge internazionale uscita dalla riunione dei Ministri degli Esteri del 15 agostono agli sconfinamenti russi in Ucraina  -peraltro nella cornice giuridico-formale degli ‘aiuti (solo) umanitari’, cibo, medicine, etc…-  e , invece, niente meno che all’armamento dei guerriglieri curdi dell’Iraq settentrionale, regione ancora formalmente sotto la sovranità di Bagdad. Una follia nella follia. Dovrebbe essere, semmai, il Governo di Bagdad aiutato militarmente contro l’ISIL. Invece, Bruxelles decide di favorire,con aiuti in armiil secessionismo peshmerga, un obbiettivo si badi bene,da sempre sostenuto da quell’Israele i cui numerosi agenti operano nel Kurdistan ‘autonomo’ post-baathista da una decina d’anni, e  che appena un mese fa ha dato il via alla mattanza di 2000 palestinesi, tragedia sulla quale il silenzio dell’Europa  è stato ed è semplicemente assordante. Dov’è la ‘legge internazionale‘ in Palestina? Come si fa a definire ancora oggi Hamas -che siede al tavolo di mediazione del Cairo- un organizzazione ‘terrorista?
La situazione è veramente grave: oltretutto la decisione di armare i curdi confligge con quella che sembrerebbe la linea morbida euroamericana, l’appoggio al nuovo Premier che andrà a sostituire Al Maliki, e cioè il non a caso sciita e (ma) curdo Haidar al-Abadi, già riconosciuto da Teheran. Ma questo non può servire a consolarsi: che sia vera o no la lettura di Micalessin sull’ISIL  -un’organizzazione nei fatti guidata dagli ex baathisti di Saddam Hussein, a ‘riequilibrio’ storico del rapporto in Iraq tra sunniti e sciiti-curdi deterioratosi per effetto dell’aggressione anglo-americana del 2003-  è chiaro che favorire la creazione di un vero e proprio Stato indipendente curdo non solo sposterebbe gli equilibri mediorientali dalla parte di Tel Aviv (come già accaduto con le primavere arabe) ma inoltre fungerebbe da calamita delle minoranze curde in Turchia, in Iran e in Siria. Un incendio nell’incendio già in atto.
Possibile che a Bruxelles tutti obbediscano a Israele  -come fece Tony Blairper l’attacco all’Iraq del 2003,  secondo la sua ‘candida’ rivelazione alla Commissione di inchiesta parlamentare di Londra-  e alle sirene dell’oltranzismo occidentale? E basta il consolatorio intervento del Parlamento in Italia, un Parlamento dove, peraltro, Forza Italia è da sempre  -e soprattutto dopo le bombe italiane su Gheddafi-  il partito più pro israeliano del panorama politico nazionale, per dire che almeno noi italiani ci potremmo salvare dallo scempio?