Ucraina. Il Manifesto accredita la versione del Fmi

Non basta il titolo se nell’ articolo si giustifica tutto l’operato del Fmi. Quella del Fmi non è la cura da cavallo ma necessaria.
 
Il Fmi non può creare il precedente per cui da soldi senza imporre la sua cura. Quindi la sua cura (mortale) è obbligatoria, ma per impedire di vedere con chiarezza i disastri arriverà la guerra.
 
Spero di sbagliare.
 
Marcopa
 
La morsa del Fondo su Madjan
di Matteo Tacconi
da Il Manifesto del 3 maggio 2014
 
Le fon­da­menta dell’economia di Kiev erano già fra­gili, da prima che scop­piasse la pro­te­sta con­tro Yanu­ko­vich, il 21 novem­bre scorso. È il giorno in cui l’ex pre­si­dente ucraino rifiutò gli Accordi di asso­cia­zione tar­gati Ue, pac­chetto di impor­tanti incen­tivi com­mer­ciali. Da allora è suc­cesso di tutto. La rab­bia popo­lare s’è tra­sfor­mata in rivo­lu­zione, la Cri­mea ha preso la strada di Mosca e l’est del paese è diven­tato il tea­tro di una guerra, per ora a bassa inten­sità: da una parte l’esercito di Kiev, dall’altra i ribelli filorussi.
 
Que­sta catena di avve­ni­menti ha fatto molto male all’ex repub­blica sovie­tica. Diversi inve­sti­tori stanno por­tando via i loro capi­tali, anche a costo di sven­dere, come ha fatto Intesa San Paolo. La hry­v­nia ha perso dall’inizio dell’anno il 29% sul dol­laro. Nessun’altra moneta al mondo ha avuto un anda­mento così disa­stroso. Quanto alla cre­scita, il Fmi stima che quest’anno Kiev per­derà cin­que punti di Pil. Un’altra botta deva­stante, dopo i 15 punti bru­ciati nel 2009, causa crisi glo­bale. È lo stesso Fmi che cer­cherà di evi­tare che l’Ucraina capi­toli. Insieme all’Ue le pre­sterà all’incirca 23 miliardi di euro. Una somma che rap­pre­senta il 15% del Pil (dato 2013). La prima rata dell’importo, da due miliardi e 300 milioni, è stata già scongelata.
 
Lo stan­zia­mento fa parte della par­tita inter­na­zio­nale in corso. Il Fmi, stru­mento a tra­zione occi­den­tale, se si guarda al con­tri­buto for­nito dai paesi mem­bri (quello ame­ri­cano s’aggira sul 15%) e dal peso rela­tivo che ne deriva in ter­mini di voti, ha deciso di inter­ve­nire in Ucraina dopo che Mosca, una volta imploso il sistema pre­da­to­rio di Yanu­ko­vich, ha annul­lato il pre­stito da 15 miliardi di dol­lari e il taglio sul gas accor­dati a dicem­bre all’ex repub­blica sovietica.
 
Quell’intesa ne spo­stò il bari­cen­tro verso la Rus­sia, facendo eva­po­rare defi­ni­ti­va­mente l’ipotesi di fir­mare gli Accordi di asso­cia­zione, a loro volta legati a un pos­si­bile soste­gno del Fmi. Una delle ragioni a monte del no di Yanu­ko­vich sta nel fatto che il Fmi chie­deva di aumen­tare la tariffa del gas, tenuta arti­fi­cio­sa­mente bassa, per motivi di con­senso elet­to­rale, da tutti i governi che si sono suc­ce­duti al potere a Kiev.
 
Da qui, tutto som­mato, si riparte. La con­di­zione più strin­gente che Lagarde, la diret­trice del Fmi, ha chie­sto al governo del primo mini­stro Yatse­niuk è pro­prio la ret­ti­fica al rialzo delle bol­lette. Naf­to­gaz, l’azienda sta­tale del gas, ha i conti pro­fondo rosso. Deve più due miliardi di euro a Mosca. I soldi del Fmi ser­vi­ranno anche a coprire que­sta vora­gine, ma Kiev è tenuta – appunto – a cari­care la bol­letta. Il che può avere evi­denti con­trac­colpi sociali, in un paese dove il red­dito medio annuale non supera i 4000 dol­lari (in Rus­sia è 14000, in Polo­nia quasi 13000). Lagarde ha comun­que spie­gato che ver­ranno licen­ziati prov­ve­di­menti orien­tati a tute­lare le fasce deboli. Le altre misure che il Fmi reputa urgenti riguar­dano il con­te­ni­mento del defi­cit e dell’inflazione, il man­te­ni­mento del tasso di cam­bio varia­bile della hry­v­nia (adot­tato a feb­braio), una serie di riforme a favore della tra­spa­renza eco­no­mica, qual­che taglio e qual­che bal­zello in più.
 
Al di là dei con­te­nuti della ricetta, il vero punto è se que­sto piano sarà capace di pro­gre­dire. Diverse sono le inco­gnite. Una, ovvia­mente, è la situa­zione dell’est. Se il con­flitto tra forze gover­na­tive e mili­zie filo­russe dovesse aggra­varsi, deter­mi­nando per­sino varia­zione ter­ri­to­riali il Fmi dovrebbe rive­dere, aumen­tan­dolo, l’importo del bai­lout. E poi ci sono gli oli­gar­chi, la razza padrona del paese. Ric­chis­simi, refrat­tari alle riforme e al prin­ci­pio della con­cor­renza, il loro obiet­tivo sto­rico è sem­pre stato quello di sal­va­guar­dare i loro mono­poli indu­striali. Dosano forza media­tica e influenza sulla poli­tica. Sal­tano, quando neces­sa­rio, da un par­tito all’altro. Non disde­gnano l’Europa, ma temono le riforme che l’Ue e il Fmi squa­der­nano. Vogliono man­te­nere intatto il flusso di affari con la Rus­sia (è il loro mer­cato prin­ci­pale) evi­tando però che l’ipoteca esterna di Mosca s’ingigantisca. La loro indole, sotto certi aspetti, è gattopardesca.
 
L’azione del Fmi li disturba. Tanto che, si dice in que­sti giorni, pur in assenza di prove, qual­che tycoon avrebbe forag­giato i ribelli di Done­tsk. La stra­te­gia può por­tare all’indebolimento del governo e a ren­dere inef­fi­cace l’azione del Fmi, che ha già pre­stato molti soldi, nel corso degli anni, a Kiev. Ma l’Ucraina s’è rive­lata un buco nero. Le riforme non hanno attec­chito, non s’è creata una classe media, gli oli­gar­chi hanno con­ti­nuato a bivaccare.
 
Ucraina. Il Manifesto accredita la versione del Fmiultima modifica: 2014-05-03T19:57:22+02:00da davi-luciano
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