Crisi: 74enne si impicca nella sua azienda a Padova

sicuramente un evasore. E’ la ripresa di Letta di cui si dice fiero.

giovedì, 13, febbraio, 2014
13 febbr – È Padova questa volta il teatro di un altro suicidio dovuto ai tempi difficili e alla crisi, dove il 74enne Giorgio Zanardi si è impiccato giovedì mattina nella sua azienda tipografica editoriale, nella zona industriale padovana.
Il corpo è stato rinvenuto dai dipendenti che stavano per iniziare il turno, all’interno del suo ufficio. A nulla sono serviti i soccorsi, dato che il ritrovamento è avvenuto a qualche ora di distanza dalla decisione presa dall’imprenditore. Zanardi era titolare e fondatore dell’ominimo editoriale assieme ai fratelli, che ha fondato negli anni ’60 dando lavoro a molte persone e creando sedi distaccate a Pordenone e a Gorizia.
Secondo le prime indagini condotte dai carabinieri, l’uomo prima di suicidarsi avrebbe lasciato un biglietto specificando la motivazione del gesto, legato alla crisi che da mesi gravava sull’azienda e alle condizioni di salute dell’uomo che – secondo indiscrezioni – non erano delle migliori. A gennaio l’azienda aveva stilato un piano di rilancio per far fronte ai problemi di liquidità in cui era incappata, che dà lavoro a piu di cento dipendenti. il giornale.it

Egitto: schiaffo a Usa e UE, Al-Sisi va a Mosca da Putin

adesso rincominceranno le lagne contro l’Egitto sui media mainstream. 

13, febbraio, 2014

Il maresciallo Al-Sisi a Mosca da Sergei Lavrov e Putin per una serie di incontri ad alto livello, che potrebbero ridisegnare la mappa delle alleanze egiziane. La visita, che ricambia quella effettuata a novembre al Cairo dai Ministri degli esteri e della difesa russi, interviene in un momento di gelo fra Egitto e Stati Uniti.
Il Ministro degli esteri Nabil Al Fahmy, che negli scorsi giorni aveva smentito una svolta nella politica estera egiziana, ha parlato di “basi solide” e “radici antiche” nel rapporto con Mosca. “Ciò a cui miriamo – ha detto – è un’intensificazione delle nostre relazioni, dall’economia alla cooperazione militare”.
Sul tavolo, secondo la stampa egiziana, ci sarebbe in particolare una fornitura d’armi per circa un miliardo e mezzo di euro. Un accordo che, una volta in porto, rischierebbe di suonare come uno schiaffo a Washington. euronews
Il presidente russo Vladimir Putin sostiene la candidatura a presidente dell’Egitto dell’attuale ministro della Difesa, Abdel Fattah al Sisi. “E’ una decisione responsabile”, ha detto il capo del Cremlino, ricevendo l’uomo forte dell’Egitto che si trova a Mosca per incontri e negoziati su forniture di armi.
http://www.imolaoggi.it/2014/02/13/egitto-schiaffo-a-usa-e-ue-al-sisi-va-a-mosca-da-putin/

Stuprata e condannata a Dubai,i futuri padroni Alitalia

Una Ucraina filo russa è inaccettabile per la TOLLERANTE UE, ma prendere i soldi dagli emirati L’ETICA E LA MORALE SVANISCONO. La protezione delle donne? La Ue e l’Onu vogliono norme ad Ok per alcuni paesi, per tal altri NON SONO NECESSARIE ed anzi, l’Onu autorizza pure le loro guerre di aggressione.
L’unica etica della Ue? Due pesi e due misure. In petrol dollari, possibilmente.

La notizia è di luglio ma in questi mesi gli Emirati Arabi Uniti non hanno cambiato le proprie leggi. E la legislazione deve essere “in armonia con le prescrizioni della Shari’a”. Dall’ art.75 della loro Costituzione.

Questi saranno i nuovi padroni dell’ Alitalia, gli Emirati Arabi Uniti che insieme a Arabia saudita e Pakistan, sono stati gli unici tre paesi al mondo a riconoscere nel 1996 l’ Emirato proclamato in Afghanistan dai Talebani. Dopo aver ucciso nella sede ONU di Kabul coloro che guidavano il paese ed aver esposto i cadaveri nella stessa sede ((ormai ex) ONU di Kabul.

Marcopa

ANSA

Norvegese stuprata a Dubai, condannata
16 mesi carcere la pena, 13 per stessi reati allo stupratore
22 luglio, 18:43

Aveva subito violenza sessuale da un collega di lavoro durante una missione a Dubai e, malgrado l’avessero sconsigliata dal farlo, lo aveva denunciato alla polizia. Risultato: è stata condannata a 16 mesi di reclusione per rapporti sessuali fuori dal matrimonio dalla giustizia degli Emirati arabi uniti. L’incredibile vicenda è quella di una donna norvegese di 24 anni, Marthe Deborah Dalelv, che dal 2011 lavora come designer d’interni nel Qatar. Attualmente è a piede libero, su interessamento dell’ambasciata norvegese, ma dopo la sua denuncia in marzo era stata anche arrestata.

La condanna risale a mercoledì, ma solo oggi la donna è uscita allo scoperto per denunciare l’assurdità della sua vicenda e anche per mettere in guardia gli occidentali, turisti o lavoratori residenti. L’atmosfera rutilante, favorevole agli affari che fanno di Dubai una delle città più cosmopolite del Medio Oriente nasconde una legislazione fra le più conservatrici e fedeli ai dettami dell’Islamo.

Il codice penale prevede che per dimostrare uno stupro siano necessari o una piena confessione dell’imputato oppure la deposizione di almeno quattro testimoni maschi presenti ai fatti. Non sospettando questa realtà, Marta racconta ai media di essersi subito rivolta al personale dell’albergo chiedendo di chiamare la polizia perché era stata violentata.

Lo stupro denunciato era avvenuto durante un party serale coi colleghi al termine di una riunione di lavoro. “E’ sicura di voler coinvolgere la polizia?” le avrebbe chiesto il portiere di turno, secondo quanto riportato dal sito Usa dell’Huffington Post. “Certo che voglio chiamare la polizia. Questo è quello che si fa dalle mie parti”, ha replicato lei.

Nei tre giorni successivi si è ritrovata in stato di fermo, sottoposta ad una visita ginecologica, ad analisi del sangue per verificare la presenza di alcool – la legislazione lo proibisce, anche se la prassi quotidiana lo tollera se consumato lontano dagli occhi delle autorità – e a un lungo interrogatorio. Nel frattempo, dopo una sua disperata telefonata al patrigno in Norvegia l’ambasciata di Oslo negli Emirati l’ha fatta rilasciare, a patto che restasse confinata presso il Centro per i marittimi norvegesi a Dubai, che l’ha ospitata.

Mercoledì il tribunale ha emesso la sentenza: 16 mesi per “adulterio, spergiuro e consumo di alcol” per lei, mentre l’uomo da lei denunciato ha avuto 13 mesi per le stesse accuse. “Questa sentenza è un pugno in faccia alla nostra nozione di giustizia” ed è “altamente problematica dal punto di vista dei diritti umani”, ha dichiarato il ministro degli esteri norvegese, Espen Barth Eide, mentre le associazioni di difesa dei diritti umani si sono mobilitate.

Il Centro degli Emirati per i diritti umani, con base a Londra, ha denunciato la legge del Paese del golfo che “impedisce alle donne di ottenere giustizia nei casi di violenza sessuale”. Da mercoledì lei è anche ufficialmente ricercata, anche se “mi hanno assicurato – racconta – che non mi stanno cercando”. Ora dovrà aspettare settembre per il processo d’appello
http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=Forums&file=viewtopic&t=67800

Il Festival di Sanremo come Alitalia

ma si va avanti a pagare milioni a tre saltimbanchi. A suon di estorsione del canone anche a quei MILIONI DI ITALIANI IN POVERTA’

Dalla relazione della magistratura contabile emerge che per le 15 puntate tra il 2010 e il 2012 la Rai ha perso 20,1 milioni: 1,34 al giorno

12 febbraio 2014
Problemi di bilancio anche al Festival della Canzone Italiana: Sanremo è in perdita e i costi sono “nettamente superiori ai ricavi pubblicitari con riflessi negativi sul Mol aziendale”.
Così la Corte dei Conti ha precisato in una relazione della magistratura contabile. Un bilancio che non è altro che una serie di “rossi” impressionanti: 7,8 milioni nel 2010, 7,5 milioni nel 2011, 4,8 nel 2012.
Totale? 20,1 milioni di perdite per 15 puntate complessive: 1,34 milioni al giorno. Poco meno di quello che brucia ogni giorno la disastrata Alitalia (1,6 milioni).
La consigliata riduzione dei costi per ora è merito della negoziazione con il Comune di Sanremo, che pur di non perdere il Festival ha fatto uno sconto di 2 milioni ogni anno alla Rai.
 

U€: Approvazione di un Nuovo Mais OGM

oh si proprio una Ue da proteggere. Anzi, riformare, chi ci va a parlare con i 15 MILA LOBBISTI DI STANZA A BRUXELLES? Non avranno alcun problema a smettere di fare i tangentisti e lasciare che la Ue diventi una democrazia. Come chiedere alle banche di smettere di fare USURA.

I ministri degli Affari europei dei 28 Stati membri della UE, martedì 11 febbraio, hanno approvato la coltivazione di TC1507, una nuova specie di mais geneticamente modificato, anche se 19 paesi rifiutano questa proposta.

“Non c’era la maggioranza qualificata”, ha detto Evangelos Venizelos, il vice presidente del governo greco e ministro degli esteri, a nome della presidenza greca dell’UE durante il dibattito pubblico tra i ministri a Bruxelles. Tutti i 19 paesi contrari all’autorizzazione equivalgono a 210 voti, lontano dai 260 voti necessari. L’astensione di quattro membri (Germania, Belgio, Portogallo e Repubblica Ceca) e il voto favorevole di cinque paesi (Spagna, Regno Unito, Svezia, Finlandia e Estonia) hanno impedito il rifiuto della coltivazione. In conformità con le procedure stabilite, ora è il turno della Commissione Europea. Secondo le norme dell’UE in materia di OGM, nel caso non vi è una maggioranza qualificata a favore o contro un provvedimento, questo ritorna nelle mani della CE che, presumibilmente deve essere approvarlo automaticamente. Un portavoce del colosso biotech statunitense DuPont Pioneer, multinazionale che ha sviluppato il TC1507, ha detto all’agenzia di stampa AFP che stava aspettando che la Commissione a proceda “al più presto possibile per dare la sua approvazione definitiva” al prodotto.
“La ‘lobby’degli OGM è molto potente”, ha detto Maria Carrascosa, attivista e ambientalista della piattaforma Andalucía Libre de Transgénicos (Andalusia Libera da OGM).

Il TC1507 è presentato come un mais altamente riproduttivo e resistente agli insetti lepidotteri e alle erbacce. Si noti che l’Europa attualmente già lo importa, dal momento che il suo uso per alimenti e mangimi nel territorio UE è permesso. Se si approva anche la sua coltivazione, sarebbe il secondo mais geneticamente modificato che viene piantato in Europa, dopo il MON810 della Monsanto. Nel 2012, secondo i dati dell’UE, il paese che più ha coltivato commercialmente il MON810 è stata la Spagna, con 116.306 ettari. Secondo i dati preliminari, nel 2013 questa cifra aveva raggiunto 137.000 ettari.

“A poche settimane dalle elezioni europee, dare questa autorizzazione è estremamente pericoloso per l’immagine dell’Unione Europea e delle sue istituzioni”, ha detto il ministro francese degli Affari europei Thierry Repentin. “Questa è la decisione peggiore al momento sbagliato”, ha detto il suo omologo ungherese, Eniko Gyori. In un comunicato stampa dopo il voto, Gyori ha descritto il fatto come un “dramma assurdo” e ha detto che nel suo paese non ci sarà nessun OGM, così come prevede la legislazione nazionale. Nel frattempo, il Commissario per la Salute e la tutela dei consumatori dell’UE, Tonio Borg, ha confermato che se il TC1507 è autorizzato, gli Stati membri possono bloccare la coltivazione nel proprio territorio.

Fonte: http://vocidallastrada.blogspot.it/2014/02/u-approvazione-di-un-nuovo-mais-ogm.html

Il carabiniere e la bambina

http://www.tgvallesusa.it/?p=5414

SCRITTO DA: CONTRIBUTI – FEB• 13•14
download (5)

Accade in Val di Susa

Scuola media di un paese della bassa Valle di Susa.
Una mattina come tante: campanella, tutti in classe, e mentre si chiacchera arriva il prof: “Oggi niente lezione, si va in palestra ad ascoltare l’arma dei carabinieri”.
E così ci si “intruppa” e si prende posto.
Il carabiniere relatore spiega nei dettagli quanto bene fanno alla popolazione, spiega cos’è il bullismo e come loro possono intervenire in simili casi, che la loro missione è quella di aiutare i più deboli e fermare i cattivi, infine un bel video dove si vedono volanti sgommare, cattivoni arrestati e bambini salvati.
Tutto sembra finito nei migliori dei modi…ma c’è un ma.

Perchè i bambini possono fare delle domande e la prima domanda la fa una piccola bambina che frequenta la prima media (11 anni!) che molto candidamente dice: “Voi dite che fate tanto bene, ma in questa Valle io so che picchiate e manganellate i no tav, a me non sembra che facciate tutto sto bene”.

Al che il carabiniere si dimostra per quello che è, e al posto di chiudere la questione con una battuta inizia un lungo panegirico contro i no tav:  ”Sono “disobbidienti (usa prorpio questo termine), non ascoltano come quando un bambino non ascolta la mamma” e in un crescendo wagneriano inizia a raccontare che si camuffano, tirano pietre e bombe, attaccano le reti e che fanno cose illegali e quest’ultima parola la ripete più volte.

La bambina ascolta, poi finito il panegirico, si ritrova ancora il micorfono in mano e allora ribatte: “Ma a me sembra che i primi ad essere illegali siete voi. Sparate dei gas lacrimogeni che sono vietati da tutto il mondo, proprio voi che dovreste essere legali”.

A quel punto succede quello che non ti aspetti.
Succede che tutti i bambini si mettono ad applaudire e ad osanarre la piccola bambina di prima media e che il carabiniere non riesce più a parlare.
Lei in tutto quel clamore scoppia a piangere per l’emozione, mentre i tutti i bambini gli sono adosso: chi le  fa i complimenti, chi l’abbraccia, chi le dice che è una piccola eroina.

Nelle ore dopo non si parla di altro. Della “primina” che ha azzitito il carabiniere.

Stiamo sereni perchè hanno già perso!

Belgio, i profughi afghani in esilio a Bruxelles. Sono 200 rifugiati. Vivono in una chiesa. In attesa di un asilo che non arriva. «Immaginavamo una Ue giusta. E invece…».

la Ue dell’eguaglianza e dell’accoglienza. la Ue che minaccia la Svizzera che non fa parte della Ue per imporre regole che AD ALCUNI PAESI MEMBRI concede facoltà di violare. L’onere dell’accoglienza deve gravare solo su alcuni paesi ed altri sono esonerati? Sarebbe in linea con la Ue dei due pesi e due misure e mi fa piacere che si deve pure votare chi difende QUESTA EU (DIRE CHE SI PUO’ RIFORMARE è prendere in giro deliberatamente gli elettori). Si vede che un paese con governo socialista si può permettere di rispedire IN GUERRA i cittadini afgani. Non oso pensare l’avesse fatto l’Italia
di Antonietta Demurtas

Bruxelles, capitale dell’Unione europea, che manda le proprie truppe nella Repubblica Centrafricana per fermare massacri, non riesce a fare in casa quello che promette di fare fuori: aiutare chi scappa dalla guerra.
Lo sa bene un gruppo di oltre 200 afghani, di cui 40 bambini, che da ottobre 2013 vive in una chiesa nel centro della città. Al buio, senza riscaldamento, con solo due servizi igienici, qualche stufa a gas e il cibo che i volontari offrono loro ogni giorno, aspettano di essere riconosciuti, protetti, aiutati.
IRREGOLARI DA 5 ANNI. Invece da quando sono arrivati in Europa sono sans papier: irregolari, ombre che vivono nelle città del Belgio. Alcuni sono ‘sbarcati’ qui con le loro famiglie cinque anni fa e da allora è stata una continua lotta con le autorità. Ma finora le loro richieste di asilo o almeno di protezione sussidiaria sono state negate.
Anche se sono fuggiti dall’Afghanistan, terra di guerra. Anche se molti di loro, ben 30 famiglie, sono di origine sikh e quindi perseguitati in patria per il loro credo religioso. Nonostante siano tutti scappati da un Paese nel quale il conflitto iniziato all’indomani della tragedia delle Torri Gemelle non è mai davvero finito, ma solo diventato invisibile. Come loro.
VIVONO IN TENDE DENTRO UNA CHIESA. Sono la resistenza afghana nel cuore dell’Europa. Si sono spostati da altre città del Belgio: Binche, Charleroi, Aalst. E hanno montato piccole tende dentro la chiesa di Béguinage, a pochi passi dalla centrale piazza di Sainte Catherine, a Bruxelles, che padre Daniele Alliet ha messo a loro disposizione.
Per mesi hanno occupato spazi cittadini, hanno organizzato sit-in davanti alle istituzioni, manifestazioni per le vie della città, hanno marciato dal nord al sud del Paese. A dicembre hanno incontrato il primo ministro Elio Di Rupo e anche alcuni parlamentari europei.
LE RICHIESTE DI ASILO REITERATE. Ma poco o niente è stato risolto. «Alcuni hanno chiesto l’asilo già quattro o cinque volte», racconta a Lettera43.it Damienne Martin dell’Ong Cirè, che a Bruxelles insieme con altre associazioni e sindacati sta cercando di aiutare il gruppo di afghani.
Dopo l’incontro con Di Rupo, tutti hanno fatto un’altra richiesta: per ora sono state prese in esame solo quelle fatte dalle famiglie che vivono nella chiesa. «Mentre la loro domanda viene analizzata, hanno un diritto temporaneo di permanenza», spiega Damienne, «e fino ad allora vengono accolte nei vari centri di accoglienza». Marwa: «Se non posso avere riconosciuti i miei diritti nel cuore dell’Europa, dove?»

L’attesa però questa volta rischia di essere ancora più lunga: in tempo di elezioni il tema immigrazione scotta nelle mani del governo socialista belga, che teme di fare concessioni agli afghani e dare alla destra un motivo in più per vincere a maggio.
MA AL BELGIO CONVIENE IL RIMPATRIO. Sinora nemmeno la sensibilizzazione da parte di alcuni parlamentari europei è servita: il capo del gruppo Gue (Gruppo confederale della Sinistra unitaria europea), la tedesca Gabi Zimmer, ha scritto una lettera che ora sta girando tra gli eurodeputati. «Nel 2012, il Belgio è stato condannato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo per aver tentato di sfrattare i membri della minoranza religiosa sikh afghana», si legge nella missiva. L’invito è pertanto a non «negare che essi sono fuggiti da un conflitto armato in un Paese dove la loro sicurezza è seriamente a rischio».
Una richiesta che difficilmente sarà accolta dal ministro dell’Interno belga. L’Unione europea offre agli Stati membri 6 mila euro per ogni rifugiato riconosciuto, ma i governi spesso preferiscono il rimpatrio perché, spiega Damienne, «sanno che tenerli nel Paese costerebbe molto di più».
1.300 RICHIESTE DI ASILO IN UN ANNO. Secondo l’Eurostat, nel 2013, 20 mila persone hanno chiesto asilo in tutta l’Ue. Oltre 1.300 in Belgio: «Di questi solo poco più del 50% ha ricevuto una sorta di status di protezione».
Per questo alcuni pensano che la presa in esame delle domande di asilo sia solo un escamotage per disunire il gruppo che vive nella chiesa. «Qui siamo ancora cinque famiglie», racconta a Lettera43.it Marwa, leader della protesta, che ha deciso di rimanere nella chiesa nonostante la possibilità di usufruire di uno spazio dentro un centro di accoglienza.
Il timore è quello di lasciare soli gli uomini senza una famiglia. A sei di loro è stata già negata l’ultima richiesta di asilo e adesso rischiano l’espulsione coatta. «Nel 2013, circa 50 sono stati rimpatriati», continua Damienne. E da gennaio 2014 «ogni settimana ne mandano via uno», aggiunge Marwa.
«ORMAI NON CREDO PIÙ ALLE PROMESSE». Tra questi c’è Wahidhulle Akbayi, 24 anni: era scappato dall’Afghanistan con la fidanzata, che ora è rimasta sola in Belgio. «L’hanno rimpatriato ma non so dove sia», dice la ragazza a Lettera43.it mentre tiene in mano un cellulare come se da un momento all’altro potesse ricevere una sua telefonata. «Non so se è in pericolo, sto impazzendo».
Nella chiesa di Béguinage la disperazione è un sentimento comune che si mescola alla rabbia: Marwa, a 26 anni, con il marito e due figli di quattro e sei anni continua a lottare: «Se non posso avere riconosciuti i miei diritti qui, nel cuore dell’Europa, non potrò averli da nessun’altra parte. Nelle promesse però non ci credo più». Soprattutto a quelle di Maggie De Block, ministro dell’Immigrazione: «Basta guardarla in faccia per capire che è razzista, che non ci vuole qui».
Quaìs: «I politici ci usano: vengono qui e si fanno fotografare, poi spariscono»
Tre anni fa Quais Ahamadi insieme con la moglie Nilefay Nadeyi e la figlia Dilnia sono scappati dall’Afghanistan.

I 200 rifugiati sono ora in un vicolo cieco: «Senza documenti non ci possiamo muovere», racconta Marwa, scappata da Helmand cinque anni fa. Per volare in Belgio ha dovuto pagare 30 mila dollari: «Ci dissero che una volta qui sarebbe stato semplice ottenere l’asilo».
Invece adesso la ragazza è costretta a raccontare la sua odissea seduta su un vecchio matterasso sotto una tenda di nylon allestita dentro la chiesa, mentre il figlio di quattro anni, che è nato in Belgio, gioca tra scatoloni, valigie di abiti e rifiuti. «La mia unica casa è il Belgio. Il mio Paese è distrutto, quando sono partita c’era la guerra e tutta la mia famiglia è scappata».
LA SOLIDARIETÀ DEI CITTADINI. Ora Marwa può contare solo su qualche lavoretto in nero e sulla solidarietà della gente: «Siamo qui grazie all’aiuto dei belgi che ogni giorno ci portano cibo e vestiti, se fosse per i politici chissà dove saremmo».
Nei rappresentanti delle istituzioni non crede più nessuno: «Ci sentiamo usati», dice a Lettera43.it Quais Ahamadi, uno dei fondatori del gruppo di resistenza. «Vengono qui, dicono che ci aiuteranno, si fanno fotografare, ma ora dove sono?». Il ragazzo, 26 anni, è scappato tre anni fa dall’Afghanistan con la figlia di quattro anni Dilnia e la moglie Nilefay Nadeyi, che ora lo ascolta raccontare la loro storia mentre cucina una zuppa su una stufa a gas.
DA MAZAR-I-SHARIF A BRUXELLES VIA TERRA. Da Mazar-i-Sharif sono arrivati via terra: «L’abbiamo fatta a piedi, in calesse, in autobus, in treno», ricorda, «dall’Afghanistan all’Iran, dalla Turchia alla Grecia, dall’Italia alla Francia». Tutto pur di arrivare qui, la capitale dell’Unione europea, madre dei diritti.
Invece hanno trovato una matrigna. «Ogni volta che la richiesta di asilo ci veniva negata venivamo sbattuti fuori dai centri di accoglienza», racconta Quais, che alla fine ha deciso di creare un gruppo per non dover affrontare tutto da solo.
LO SPETTRO DEL RITORNO IN PATRIA. Ma, sottolinea, «qui nessuno di noi vuole fare politica, vogliamo solo lavorare». Davanti alla possibilità di essere rimandato in Afghanistan Quais trema: «Se fosse un posto sicuro che cosa ci farebbero tutti quei soldati? E il parlamento europeo perché ringrazia il Pakistan che accoglie circa 3 milioni di rifugiati afghani? Da che cosa scappiamo tutti noi se è così tranquillo?»
Oggi sono circa 2,7 milioni gli afghani che continuano a vivere in esilio.
L’unica cosa che Quais vuole è «una vita normale: voglio lottare per i miei diritti, ma non so più che cosa sia giusto fare».

Mercoledì, 12 Febbraio 2014

http://www.lettera43.it/fatti/belgio-i-profughi-afghani-in-esilio-a-bruxelles_43675121836.htm

Grecia: a novembre tasso di disoccupazione sale al 28%

Tsipras ha detto che l’importante è non distruggere l’euro, la Grecia sì?

«Siamo noi la forza più filo-europea del panorama politico, sono le politiche delle destre e della socialdemocrazia che aumentano l’euroscetticismo e mettono in pericolo la costruzione europea… Siamo contrari all’uscita dall’euro… non si deve tornare indietro».

FONTE

Cresce ancora in novembre il tasso di disoccupazione greco. La disoccupazione nel paese ellenico si e’ attestata al 28%, in aumento rispetto alla rilevazione precedente pari al 27,7%.

(CC)

– See more at: http://www.trend-online.com/ansa/fta148476/#sthash.DkWOrvRm.dpuf

La UE si accorge che internet è sotto il controllo totale di Usa e Onu

giovedì, 13, febbraio, 2014
untitled
13 febbr – Riformare la governance di Internet garantendo le libertà fondamentali che non sono negoziabili, ed evitando quindi un approccio di controllo della Rete dall’alto, gestito dall’Onu tramite l’Itu o dai governi nazionali. E’ quanto chiede la Commissione Ue in una comunicazione adottata oggi, che dovrà ancora essere discussa da Consiglio e Parlamento Ue, e con cui intende definire la sua posizione nei negoziati internazionali dei prossimi due anni che devono occuparsi della questione.
 
 
 
 
In particolare, Bruxelles propone un calendario per la globalizzazione dell’Icann e delle sue funzioni di attribuzione di domini e indirizzi web, il rafforzamento del Forum per la governance di Internet, il lancio di una piattaforma online per aumentare la trasparenza sulle politiche per la Rete, la revisione dei conflitti tra leggi o giurisdizioni nazionali, l’impegno per la definizione di una serie di principi per la governance di internet per garantirne la natura aperta e non frammentata e per globalizzare il processo decisionale, incluso il coordinamento per i nomi dei domini e degli indirizzi IP.
 
“Alcuni chiedono all’Unione internazionale delle Telecomunicazioni di prendere il controllo delle funzioni di Internet, sono d’accordo che i governi abbiano un ruolo cruciale da giocare ma – ha avvertito la commissaria Ue all’agenda digitale Neelie Kroes – gli approcci dall’alto verso il basso non sono la risposta giusta”. Al contrario, ha sottolineato, “dobbiamo rafforzare il modello a più attori per preservare Internet come motore veloce per l’innovazione”, perché “le nostre libertà fondamentali e diritti non sono negoziabili”. In particolare alla luce degli appuntamenti internazionali in agenda nei prossimi due anni, a partire dall’incontro Netmundial a San Paolo in Brasile ad aprile, poi l’Internet Governance Forum a fine agosto e l’incontro di alto livello dell’Icann. ansa
 

Inventa l’auto ad aria: poco dopo si suicida.

Il CEO di Tata Motors si suicida poco prima del rilascio della sua auto ad aria
 
Tradotto e Riadattato da Fractions of Reality
 
E’ stata rilasciata alla fine del 2013 ed è arrivata nei primi mesi del 2014. Ma non è un sogno, tanto è vero che alcuni paesi hanno già pianificato di tassare l’aria come la Gran Bretagna o l’Australia. Per maggiori informazioni, leggete di seguito, l’amministratore delegato della società è morto tre giorni prima del lancio sul mercato. Ufficialmente si è suicidato!
 
obpicned33z
L’ex CEO di Tata Motors
 
Un’ulteriore prova – se necessaria – che le compagnie petrolifere e i governi  ci prendono per idioti riguarda l’imminente rilascio della linea di macchina della Tata Motors in India! Si tratta di un motore automobilistico azionato ad aria. Tata Motors India ha previsto che la così detta Air Car potrebbe percorrere le strade indiane già nel 2014.
 
L’Air Car, sviluppato dal team di ex-Formula 1, l’ingegnere Guy Negro della MDI con sede a Lussemburgo, utilizza aria compressa per spingere i pistoni del motore e spostare la macchina. L’Air Car, chiamata il “Mini CAT” potrebbe costare circa 365.757 rupie in India o 8177 $ cioè 5225 €
 
Il CAT Mini è un semplice veicolo urbano molto leggero con un telaio tubolare, un corpo in fibra di vetro che è incollato e non saldato, oltre ad essere alimentato ad aria compressa. Un microprocessore è utilizzato per controllare tutte le funzioni elettriche della vettura. Un piccolo trasmettitore radio invia istruzioni alle luci, agli indicatori di direzione e a tutte le altre apparecchiature elettriche sulla vettura. In realtà non molte.
 
La temperatura dell’aria pulita espulsa dal tubo di scarico è tra i 0 e i 15 gradi sotto zero e questo la rende adatta per un uso interno come sistema di raffreddamento e senza la necessità di gas (AC) o di perdere potenza durante l’utilizzo.
 
Non ci sono chiavi, solo una scheda di accesso che può essere letto dalla macchina dalla propria tasca. Secondo i progettisti, il consumo è inferiore alle 50 rupie (1 € = 69 rupie) per ogni 100 km, si tratta di un decimo del costo di una vettura a benzina.
 
Il suo chilometraggio è circa il doppio di quello della vettura elettrica più avanzata, un fattore che lo rende una scelta ideale per i conducenti urbani. La vettura ha una velocità massima di 105 km/h (perfetto dal momento che non deve superare i 90 o addirittura 70 chilometri all’ora e i 50 in città) o 60 MPH e con questa velocità di consumo hanno un’autonomia di circa 300 km o 185 miglia. Per rifornire la macchina si necessiterà di stazioni di servizio adeguate con compressori d’aria speciali. Per fare il pieno serviranno solo due o tre minuti con un costo ridicolo di 100 rupie (1 € = 69 rupie). Questa vettura può anche essere rifornita a casa propria; in quel caso il rifornimento impiegherebbe circa 3-4 ore, ma può essere tranquillamente fatto durante le ore notturne.
 
Il serbatoio può anche essere ricaricata tramite una presa di corrente singola in 4 ore al costo di 1,50 € e consente un’autonomia di 150 km.
 
Tata Motors sta attualmente lavorando su una pompa ad aria compressa speciale che permetterebbe di fare il pieno in 3 minuti con un costo di circa 2,50 Euro.
 
Poichè non vi è un motore a combustione, è necessario solo 1 litro di olio vegetale per ogni tranche da 50.000 km o 30 mila miglia. Grazie alla sua semplicità, c’è pochissima manutenzione da fare su questa vettura.
 
La vettura in oggetto sembrerebbe quasi essere troppo funzionale e con i costi troppo contenuti per essere reale. Inoltre non dobbiamo dimenticare che potremmo finalmente respirare aria urbana pulita.
 
Resta da chiedersi quindi, quali saranno le contromosse delle compagnie petrolifere e se gruppi di pressione e uomini di potere tenteranno di avere l’ultima parola. Resta da capire cosa useranno come giustificazione, i governi occidentali, per non registrare questo veicolo in Europa e Nord America.
 
Lo strano suicidio DG Tata Motors a Bangkok
 
Tradotto e Riadattato da Fractions of Reality
 
4355099_3_57ec_karl-slym-avait-rejoint-tata-motors-en-2012-en_0419877f39b938b6a51c05452f74ea22
Dopo la morte del costruttore capo della Tata Motors di Bangkok, che cadde dal 22 ° piano dell’hotel, la polizia ha detto Lunedi che  hanno trovato quello che sembra un biglietto d’addio nella sua stanza.
 
Mentre Karl Slym, 51 anni, si trovava nella capitale thailandese per partecipare ad un consiglio della Tata Motors Ltd. Thailandia, il suo corpo è stato trovato Domenica su un balcone al 4 ° piano del Shangri-La Hotel, dove si trovava. “Inizialmente, possiamo solo supporre che si sia suicidato , ha detto la polizia nella persona del tenente colonnello Somyot Boonnakaew. La finestra era piccola e ha dovuto fare uno sforzo notevole per passarci attraverso. ” La lettera di presuntto suicidio, che si trovava nella stanza, è stata inviata per analisi e soprattutto per verificare che sia la sua calligrafia.
 
La polizia ritiene che una donna era con il CEO nella stanza al momento della sua morte, ma ha detto di essere troppo “scioccata” per rispondere alle domande degli investigatori.
 
Domenica, la casa automobilistica ha annunciato che il suo CEO è stato ucciso in una caduta, mentre la stampa indiana ha dichiarato che aveva perso l’equilibrio prima di cadere nel vuoto. Karl Slym era a capo della Tata Motors nel 2012 ed era il responsabile per le operazioni in India e nei mercati internazionali, fatta eccezione per Jaguar e Land Rover. Laureato all’Università di Stanford, è stato in precedenza vice presidente di una joint venture della General Motors in Cina , SGMW e presidente di General Motors in India .
 
È lui che ha cercato di riposizionare il Nano (l’auto da 2.300 dollari della Tata Motors) come “seconda macchina” o come un’alternativa economica al posto dello scooter.
http://fractionsofreality.blogspot.it/2014/02/inventa-lauto-ad-aria-poco-dopo-si.html