ALCUNE COSE NON DETTE SULL’UCRAINA

Tanto infuriano in questi giorni i violenti scontri in Ucraina, quanto abbondano le semplificazioni, le distorsioni e le lacune storico-politiche riguardo all’intera vicenda; sulla quale è utile, per dovere di cronaca, chiarire brevemente alcuni fra i suoi aspetti più importanti.

Il “dittatore” e “despota” Yanukovich è Presidente dell’Ucraina perché democraticamente eletto, così come il suo Partito delle Regioni presiedeva il governo, fino a pochi giorni fa, per lo stesso motivo. Viene spontaneo chiedersi perché un governo legittimato dal voto popolare non abbia diritto a sedare violente manifestazioni di piazza come accade in tutti i paesi del mondo – democrazie occidentali in primis – senza provocare simili indignazioni. Sono ancora sotto gli occhi di tutti le violente repressioni avvenute in Francia e Inghilterra dopo le rivolte delle periferie a seguito di omicidi perpetrati dalle forze dell’ordine, così come quella del movimento pacifico Occupy Wall-Street in America o ancor peggio, quella contro il corteo a sostegno della famiglia tradizionale, sempre in Francia.

Solo per citarne alcune ed evidenziare, in quei casi, la mancanza del medesimo sdegno da parte della comunità internazionale.

Se a questo si aggiunge l’incomparabilità delle violenze appena citate (spontanee, disorganizzate e senza alcun utilizzo di armi da fuoco) con quanto stia accadendo ora a Kiev, è facile intravedere una lettura iniqua dei fatti e, come spesso accade, due pesi e due misure. Nella capitale ucraina agiscono corpi inquadrati, armati e preparati agli scontri di piazza, in grado di attuare sistemi di collaudata guerriglia urbana grazie anche alla presenza, fra le loro fila, di ex appartenenti alle forze armate. Come reagirebbe la polizia americana di fronte a cittadini che occupano palazzi governativi e riducono in fin di vita decine di agenti?

Altra considerazione: il fronte della protesta che tanta compassione ha ispirato in Europa e negli Stati Uniti, è composto solo in minima parte da quella porzione di società d’ispirazione liberal che si vuol spesso considerare trainante e decisiva nella spinte verso politiche riformiste di stampo occidentale (in Ucraina e non solo, “primavera araba” docet). Al contrario, fulcro dei moti di piazza sono movimenti violenti e marcatamente nazionalisti, quando non addirittura filo-nazisti. Un elemento che sembra passare in secondo piano ma che genera un legittimo dubbio: se i movimenti definiti di “estrema destra” sono sistematicamente vittima di violentissimi attacchi ed infamanti accuse da parte dei media di tutta Europa, è solo quando si pongono in funzione anti-russa – e vengono, nell’occasione, spacciati per paladini dell’europeismo – che le loro gesta vengono stigmatizzate o il loro (abitualmente enfatizzato) antisemitismo viene sminuito, se non taciuto?

Poi. Non sarà sfuggita ai lettori più attenti – e che attingono le loro informazioni anche oltre i media mainstream – una valutazione già fatta altrove ma che merita di essere annoverata: cosa sarebbe accaduto e quale clamore mediatico si sarebbe scatenato, se figure di primissimo piano della politica russa (o anche cinese) si fossero apertamente schierate dalla parte dei rivoltosi in una sommossa in chiave antiamericana scoppiata, putacaso, in Messico? E se continui attestati di stima, solidarietà ed istigazione ai rivoltosi continuassero a giungere in questa direzione? Pochi giorni fa, il ministro degli Esteri russo Lavrov si è trovato a dover definire “strana” questa concezione della libertà acclamata da diversi paesi occidentali. Concezione che prevede l’incitamento alla violenza dei rivoltosi e la condanna dell’operato delle forze di polizia, quando all’interno dei loro confini si pronuncerebbero in senso esattamente opposto. Gli si può dar torto? Il divieto d’ingerenza negli affari interni di uno Stato è uno dei pochi principi di jus cogens previsti dalla Carta delle Nazioni Unite, nel caso ucraino più volte calpestato. Accadde durante la “rivoluzione arancione” quando ONG straniere (polacche e americane soprattutto) fomentarono le manifestazioni antirusse e accade nuovamente oggi. Solo Sergio Romano – nel panorama intellettuale e giornalistico di casa nostra – pare essere in grado di ricordarlo?

E ancora. Checché se ne dica sul passato dell’Ucraina, è assai difficile scindere la sua storia da quella della Russia. Il suo territorio odierno rappresenta (esclusa la parte più occidentale, con una storia parzialmente diversa) la culla della nazione russa in quanto patria della Rus’ kieviana; ha sofferto e condiviso la dominazione mongola tanto quanto i principati vicini e, in seguito alla reconquista russa, è sempre stato parte integrante dell’impero zarista, prima, e di quello sovietico, poi. Lo stato ucraino così come lo vediamo oggi, è qualcosa di molto recente così come il suo sciovinismo esasperato e che lascia spesso il tempo che trova. Le ragioni storico-culturali sbandierate negli ultimi due mesi sulla necessità per Kiev di associarsi all’Unione Europea piuttosto che legarsi a Mosca non trovano, come spesso accade, un riscontro oggettivo: mettendo su di una bilancia storia, costumi, religione, economia e lingua, il piatto pende senza indugi dalla parte della Russia.

Infine, numeri alla mano, vi sono come sempre ragioni prettamente economiche in ballo di cui evidentemente piazza Maidan non è a conoscenza (o finge di non esserlo) e che i capi di Stato europei sembrano, invece, conoscere anche troppo bene; visto l’approccio idealistico ma poco pragmatico verso il cuore della vicenda. L’economia ucraina è in grave crisi, il governo arriverà – secondo le previsioni più rosee – a pagare gli stipendi e le pensioni solo fino a giugno. Chi interverrà a salvare il Paese se non la Russia con la sua offerta (ricordiamola, 15 miliardi di dollari in bond ucraini e sconto di un terzo sul prezzo del gas) rimasta l’unica seria, sul tavolo, oramai da due mesi? L’UE a quella cifra non può e non vuole arrivarci. Il FMI neppure e per molto meno ha posto condizioni inaccettabili. E gli Stati Uniti, come giustificherebbero un simile esborso alla propria opinione pubblica, trovandosi all’alba di un proclamato periodo di disimpegno internazionale? A questo si aggiunge poi il dubbio, più che legittimo, sul fatto che gli ucraini siano veramente a conoscenza di ciò che spetta loro entrando a far parte dell’UE. In un paese dove lo stipendio medio ammonta a 300 dollari, con produzioni di scarsa qualità e che dipende dalle importazioni della Russia, che effetti avrebbero l’apertura del mercato secondo regole europee e l’instaurazione delle rigide politiche di austerità in atto già ora fra i Paesi membri?

Alla luce di queste incongruenze e forti, purtroppo, di altri simili casi avvenuti nel recente passato, è davvero un delirio da Guerra Fredda intravedere in questo sostegno alle rivolte ucraine nient’altro che la prosecuzione – in spregio alle promesse fatte allora da Bush Sr. a Gorbaciov – del piano di accerchiamento ordito contro la Russia all’indomani della caduta dell’URSS e tessuto con calma, ma inesorabilmente, negli anni? Se la partita in Asia Centrale ha regole, giocatori e scenari favorevoli a Mosca, in Europa orientale tutto è ancora in bilico. L’Ucraina costituisce un tassello fondamentale per il ristabilimento dell’influenza russa nella sua storica (e legittima) sfera di competenza. Questo lo sanno al Cremlino, così come alla Casa Bianca.
http://www.eurasia-rivista.org/alcune-cose-non-dette-sullucraina/20837/

IL CAOS DI KIEV PARLA ANCHE ITALIANO?

20/02/2014
 
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Questo video, relativo ai disordini avvenuti a Kiev il 18 febbraio, sembra contenere un dettaglio assai significativo al minuto 0.53, nel quale si sente distintamente un “manifestante” in completo da combattimento, intento a inserire un caricatore nella pistola, esclamare “è vuota!“. Se davvero l’individuo in questione ha pronunciato queste parole, questo implica che con ogni probabilità fosse italiano, e che si stesse rivolgendo ad altri italiani.
La gravità degli scenari che si aprono a fronte di quanto sopra, se mai fosse possibile confermarlo, sono terrificanti: non solo in Ucraina è in corso un tentativo di rovesciare il governo legittimo, pilotato e direttamente attuato sul campo da USA e Unione Europea, come peraltro denunciato dalla stessa Russia, ma il nostro paese sarebbe direttamente coinvolto in questo complotto.
Incapaci di riprenderci e di esercitare la nostra sovranità, il meglio che sappiamo fare è contribuire a distruggere quella di altri paesi in nome dei “diritti democratici”, quelli stessi di cui fecero scempio le nostre forze dell’ordine in quei tragici giorni tra il 19 e il 21 luglio 2001, a Genova, durante la riunione del G8. Giorni così lontani, eppure così vicini…
T.B.

Ucraina: l’opposizione ha occupato la centrale nucleare a Rovno

19:21
Dopo la presa della centrale, gli attivisti hanno occupato i blocchi amministrativi, gli archivi e dato alle fiamme il server principale. Ora che stanno controllando la principale fonte di risorse energetiche del Paese gli stessi occupanti non sanno cosa bene fare.
19:20
Questa mattina dei “manifestanti pacifici” hanno occupato in Ucraina la centrale nucleare posta in posizione strategica nella città di Rivne.
19:20
L’opposizione ucraina ha occupato l’impianto nucleare di Rovno

http://italian.ruvr.ru/2014_02_20/Ucraina-le-ultime-da-Kiev-8214/

Catania: picchia la moglie in casa – I sanitari del 118 chiamano la polizia

chissà perché poteva permettersi di inveire ancora contro la vittima in presenza degli agenti.

Quel volto completamente tumefatto e quel corpo pieno di escoriazioni ai soccorritori del 118 non hanno lasciato dubbi. Hanno chiamato il 113 e segnalato alla polizia che quella donna era stata aggredita e presa a botte dal compagno.

In manette è finito un cittadino rumeno, 32 anni, per maltrattamenti in famiglia. Quando gli agenti sono arrivati in casa della donna il compagno era in evidente stato di agitazione e, nonostante la presenza degli agenti, ha continuato a inveire contro la vittima.
Non era la prima volta: secondo le dichiarazioni della donna e secondo quanto riscontrato attraverso una denuncia precedente, il compagno da qualche tempo era solito rientrare la sera ubriaco e spesso aggrediva e malmenava la compagna senza alcun motivo. In quest’ultimo episodio, la donna era riuscita a fuggire e chiamare aiuto.
http://catania.blogsicilia.it/catania-picchia-la-moglie-in-casa-i-sanitari-del-118-chiamano-la-polizia/238889/

Arrestati 75 immigrati sudamericani: squartavano i cani per trafficare droga

 se la legge debba valere per tutti, indistintamente spero che la denuncia di questi infami crimini contro gli animali non debbano subire censura a causa della diversa nazionalità degli assassini. Premetto che pure gli italiani riservano ogni sorta di angeria agli animali, mi auguro non si faccia finta di niente 

La Polizia di Stato di Milano ha eseguito 75 ordinanze di custodia cautelare nei confronti di immigrati sudamericani, organizzati in gang di latinos. Gli stranieri erano dediti al traffico internazionale di droga e altri reati compiuti nel Nord Italia. Per loro l’accusa è di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di reati contro la persona, il patrimonio, traffico di droga e detenzione d’armi. L’indagine, che vede coinvoltinumerosi gruppi di giovani di origine sudamericana riconducibili al fenomeno delle cosidette pandillas, le violente gang di latinos che da qualche anno sono un fenomeno sempre più preoccupante anche in Italia, ha portato all’emissione di provvedimenti restrittivi per 54 maggiorenni e 18 minorenni, e alla denuncia in stato di libertà di altri 112 tra ragazzi e ragazze, rispettivamente 98 maggiorenni e 14 minori. L’operazione è coordinata dalle Procure della Repubblica presso il Tribunale ordinario e per i Minorenni di Milano. Per la prima volta è stata dimostrata l’esistenza del vincolo associativo tra le ‘pandillas’, che non si limitavano a reati comuni ma erano direttamente in contatto con emissari dei cartelli sudamericani per approvvigionarsi di ingenti quantitativi di cocaina. Gli immigrati usavano cani di grossa taglia come vettori della droga che importavano, imbottendoli di cocaina prima della partenza e poi uccidendoli per recuperarla. Il particolare è emerso dalle indagini che hanno accertato come gli animali venissero sottoposti a operazioni chirurgiche prima di partire, riempiendo di ovuli il loro intestino. Poi, una volta recuperati, venivano uccisi e squartati. Almeno una cinquantina i casi stimati dalle intercettazioni. Gli animali utilizzati erano San Bernardo, Gran Danese, Dog de Bordeaux, Mastino Napoletano e Labrador.Una volta arrivati a destinazione il cane veniva aperto e dalle sue viscere venivano estratti circa Kg 1,250 di cocaina purissima. La droga prima di essere collocata nel ventre dei cani veniva avvolta in un cellophane, poi nella carta carbone  e poi ancora nel cellophane e dopo avvolta da uno scotch di vinile nero. Operazioni che servivano a renderla impenetrabile ai raggi x. L’unico animale scampato al “mattatoio” organizzato per il business è stato salvato grazie alla confessione della donna di un trafficante. Era l’aprile del 2012 quando, a Pisa, la polizia era intervenuta per la segnalazione di una lite in famiglia tra sudamericani. Tutto era nato dal malore dell’animale arrivato a Milano un paio di giorni prima: quando gli agenti sono arrivati all’appartamento, la donna ha raccontato agli agenti che nel cane era nascosta la droga e per questo si lamentava. A quel punto l’animale è stato portato dal veterinario per essere operato. Gli investigatori hanno così ricostruito una pista del traffico di droga.

http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/cronaca/2013/03/19/Gang-usava-cani-traffico-droga-Animali-uccisi-recuperare-stupefacente_8423116.html

Picchia e rompe costole alla moglie: poi la scaraventa fuori di casa di notte con le tre figlie

la violenza sulle donne è grave quando è commessa dal marito, italiano. Se straniero come la moglie non conta. I media non ne parlano, non sarebbe politically correct

Picchia, insulta la moglie e la scaraventa fuori di casa con le tre figlie
Insulti e percosse nel pomeriggio di martedì ad Acilia. Vittima della violenza una donna di 53 anni madre di 3 figli, di cui due ancora minorenni. Ad aggredirla è stato il marito, un marocchino anche lui di 53 anni, già più volte denunciato dalla compagna per maltrattamenti in famiglia.

PUGNI ALLA TESTA E AL COSTATO – La donna era stata convocata dalla stazione dei Carabinieri di zona ma una volta rientrata a casa ad attenderla c’era il compagno. Appena varcata la soglia di casa, l’uomo si è subito scagliato contro di lei insultandola e colpendola con pugni alla testa e al costato. Poi, dopo averla afferrata per il collo, ha iniziato a strattonarla fino a scaraventarla fuori di casa assieme alle figlie minori che hanno assistito alla violenza, minacciandola di non fare rientro.
PIANGENTI E INFREDDOLITE – Una volta arrivati sul posto, gli agenti del Commissariato Lido di Roma diretto dal dr. Antonio Franco, hanno trovato la vittima e le due bambine in strada, piangenti e infreddolite. Poco dopo è arrivato sul posto anche il figlio della coppia, maggiorenne, che ha confermato agli agenti quanto raccontato dalla donna.
SEGREGATI IN CASA – L’uomo, che era stato più volte denunciato in passato per maltrattamenti in famiglia, era solito agire con aggressioni fisiche e psicologiche, il divieto di utilizzare l’acqua calda e il gas per cucinare, fino all’obbligo per la madre e i figli di dormire tutti su un unico letto e a volte anche chiusi a chiave e impossibilitati ad uscire di casa.
FRATTURA AD UNA COSTOLA – Viste le condizioni della donna, che è apparsa subito molto dolorante e spaventata, i poliziotti hanno richiesto l’intervento del 118. In ospedale i medici l’hanno giudicata guaribile in 25 giorni di prognosi per la frattura di una costola
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VALSUSA, KIEV, CARACAS: COLPI DI CODA

 da www.fulviogrimaldicontroblog.info: “Valsusa, Kiev, Caracas: colpi di coda”

GIOVEDÌ 20 FEBBRAIO 2014

 Qualcuno sta cercando Vladimir Luxuria dalle parti dell’Uganda dove passa la legge che dà l’ergastolo ai “devianti omosessuali”? (Anonimo)

 “Poi gli uomini di Stato inventeranno miserabili bugie, addossando la colpa alla nazione che viene attaccata e ogni persona sarà felice di queste falsità che ne placano la coscienza e le studierà diligentemente e si rifiuterà di esaminare ogni messa in discussione. E così a poco a poco convincerà se stessa  che quella guerra è giusta e ringrazierà dio per il buon sonno di cui godrà grazie a questo grottesco processo di auto-inganno“. (Mark Twain) 

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  Nuclei armati di Stato

Prima una nota domestica. I magistrati torinesi, privati del Caselli in pensione e quindi, solo stavolta, usciti dalla coazione a ripetere incriminazioni assurde solo contro i No Tav e mai contro chi li sevizia, o ne mafizza la valle, mandano a processo un carabiniere picchiatore (riconosciuto dalla vittima grazie a un tatuaggio), nonché il senatore Stefano Esposito, ultrà pro-Tav per aver sistematicamente diffamato esponenti della resistenza No Tav. Non si era ancora dissipata l’eco di queste inusitate azioni, che il copione classico della provocazione, riabilitatrice del carabiniere e del senatore, si è manifestato sotto forma di un comunicato che annuncia “l’inizio della lotta armata contro il TAV”, a firma “Nuclei Operativi Armati”, con tanto di condanne a morte per protagonisti pro-Tav, tra cui il noto Esposito che aveva trovato tre molotov su pianerottolo e un giornalista infatuato di trivelle e buchi, Numa della “Stampa”, aveva ricevuto un “pacco esplosivo”.

Poteva esserci anche la firma “Brigate Rosse” e se ne sarebbe levato lo stesso fetore di infiltrati e servizi segreti che ne emanò ai tempi detti “di piombo”. L’operazione ha la calcolata tempestività dei comunicati BR alla vigilia di Legge Reale, Teorema di Calogero e altre svolte verso il destino perfezionato oggi da BCE, Washington e UE. Un Napolitano vale un Cossiga e un Renzi vale un Rumor. Mancavano tre giorni alle manifestazioni nazionali No Tav e si trattava di calmierare le proteste per lo scandaloso trattamento da 41bis riservato ai 4 ragazzi No Tav arrestati per “terrorismo” per i fuochi d’artifizio al cantiere della Clarea nel 2013. Hanno aperto la caccia. Ma il popolo della Valsusa non farà da lepre. Facile passare da questi detriti della strategia della tensione e di Gladio, a quelli che hanno appiccato la miccia a Piazza Fontana, o alle Torri Gemelle. Correttamente, il movimento della Val di Susa ha “rispedito la porcheria al mittente (governo e Co.)”.

 Mostri 

mostro marino

Avete mai visto una balena immergersi? Spettacolo grandioso. Quando il corpo è già tutto sotto la superficie, si vede solo la gigantesca pinna caudale agitarsi, mena fendenti tremendi e sconvolge il mare. E’ la metafora dei grandi colpi di coda. Tocca vedere se sono quelli di una creatura ferita e agonizzante, o di un sovrano del mare che, come nessun altro, domina i flutti. Personalmente, fuori metafora, propendo per la prima ipotesi. I corifei dell’imperatore inneggiano alla “ripresa” degli Stati Uniti, a cui presto a tardi si aggancerà anche quella dei vassalli. E intanto la disoccupazione dilaga, la competitività crolla e Obama ha perfino tagliato 50 miliardi di dollari ai buoni-viveri elargiti ad alcuni dei 50 milioni di poveri assoluti. Per contenere la collera di coloro che vedono pasti, scuole, ospedali, fabbriche, asili nido, energie alternative, trasformarsi in bombardieri, droni e armamenti stellari, ha trasformato la “fucina di democrazia” in Stato di polizia.

 Per uscire definitivamente dall’agonia della crisi da finanziarizzazione del ’29 e tornare all’accumulazione senza freni, il bestione nordamericano aveva scelto la soluzione Seconda Guerra Mondiale. Sono accecati dal guadagno a breve e, dunque, privi di immaginazione, come conferma la stanca ripetizione sempre degli stessi stereotipi di propaganda, menzogna e provocazione, dall’incendio della Maine per assaltare la Spagna a Cuba, a Pearl Harbour per far fuori il Giappone, all’11 settembre per la Terza Guerra Mondiale, quella detta “infinita” contro dittature, terrorismo e droga. Il più grosso paradosso della storia è che lo fanno per perfezionare la propria dittatura, il proprio terrorismo, il proprio traffico di droga.

Abissi di ignoranza, vette di spocchia e snobismo, paludi di complicità subalterna, sconfinata capacità di menzogna dei buffoni di corte politici e mediatici, fanno da carta stagnola intorno al cioccolatino velenoso. Quello che cercano di cacciare in gola agli ucraini, ai venezuelani, ai siriani, a centroafricani, ai sud-sudanesi, agli almeno 135 paesi in cui gli euro-atlantici brigano con destabilizzazioni, colpi di Stato, guerre a bassa intensità, forze speciali, sanzioni, intimidazioni e ricatti tramite sorveglianza e spionaggio universali.

 Ucraina, rivoluzione color sangueotpor pussy riot

 In Ucraina, svaporata da anni una rivoluzione tinta di arancione, affidata alle collaudate ONG di complemento e malamente capeggiata dal clan mafioso della Timoshenko, sono passati alla guerra colorata di sangue, sotto il piglio più deciso di bande naziste bene armate. Immancabile la presenza di Otpor, la banda di Soros, Cia e NED collaudata contro la Serbia e Milosevic, stampata sulle Pussy Riot, capofila delle varie Ong tossiche disseminate negli ambienti giovanili yuppie e teppisti dei paesi da distruggere. Nei Balcani si erano distinti gli italiani, con turpi elementi come Sofri, Langer, i vari chierici e Ong quali l’ICS di Marcon, poi riciclatosi nei correttori di bozze UE di  “Sbilanciamoci”: Anche in Venezuela, sono il mercenariato adatto alle circostanze, etero prodotto ed eterodiretto quanto quello jihadista, là dove l’intervento di marines e bombardieri darebbe troppo nell’occhio,  in casa e fuori. O riescono a cacciare il governo, qui davvero democraticamente eletto, o, Piano B, lacerano il paese con il caos creativo e magari un po’ di missili nucleari da primo colpo. Perché la guerra che i turibolanti dei diritti umani, qui come in Siria, Centrafrica,  Mali, Tailandia, definiscono sollevazione per la democrazia, non è che la guerra contro quanto al mondo si oppone a un cannibalismo rispetto al quale Gengis Khan non faceva che merenda. Russia delenda est. Con la Cina si vedrà dopo.

 Per neutralizzare la Russia tornata in piedi con Putin, Washington ruppe gli accordi Reagan-Gorbaciov e allargò la Nato ai paesi della sfera dell’ex-URSS. Ora punta a inglobarvi Georgia e Ucraina, parti costitutive di quell’Unione. Si è ritirata anche dal trattato che bandiva i missili balistici anti-missile e ha stabilito basi per questi missili alla frontiera russa. Ha modificato la sua dottrina di guerra per permettere primi colpi nucleari. Si trattava di spuntare il deterrente russo. Ora è stata messa in campo, con licenza di ogni atrocità, a rimpannucciare masse di decerebrati che, dopo tre mesi di ubriacatura, gelo, casino, stavano uscendo dall’allucinazione di un Eden europeo per tutti, la teppa con la croce uncinata.

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Ritirati in casa o nelle retrovie i seguaci del clan mafioso della Timoshenko, rassicurati dall’amnistia per i loro delitti, sono scesi in campo i duri del mercenariato atlantista, riuniti sotto l’accattivante sigla “Euromaidan”.  A segnare la svolta, la fiaccolata dei 15mila neonazisti di “Svoboda” (il 10,45% alle elezioni 2012), partito riconosciuto in Occidente come legittimo elemento della triade dell’opposizione democratica, accanto a “Patria” della predatrice Timoshenko (25,5%) e al democristiano  “Udar” dell’ ex-pugile Klitschko. Nel giro di giorni è avvenuta la programmata integrazione del “Congresso dei Nazionalisti Ucraini” (1,11%), gruppo clonato dalla Gladio-Stay Behind ucraina, e dell’ “Autodifesa Ucraina” (0,08%), che s’è fatta le ossa combattendo con i separatisti in Cecenia e Ossezia. Dalla Crimea sono stati trasferiti a Kiev bande di giovani tartari richiamati dalla jihad siriana. Da lì hanno importato la pratica del cecchinaggio dai tetti su manifestanti e poliziotti, da attribuire al regime onde parlare di dimostranti pacifici massacrati e preparare l’intervento esterno.Obama, l’ancella europea  Ashton e la Nato si sono attivati. Una volta perfezionato l’assetto e ottenuta la legittimazione da interferenti come John McCain, Kerry  e la sua vice Victoria Nuland, sono partiti i proiettili e gli incendi, con armi prelevate da caserme assaltate e, più probabilmente, arrivate dalle confinanti Georgia e Polonia.

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E sono arrivati i morti, a decine. I vari boss del putsch in corso si sono ben guardati dal prendere le distanze dalle devastazioni e occupazioni di edifici istituzionali, dalle fucilate ai poliziotti e dai roghi che stanno incenerendo la capitale. Il presidenteYanukovic, ritirata la mano ingenuamente tesa con l’offerta di coabitazione governativa, ora fa arrivare sul posto un battaglione di paracadutisti. Fossimo in un qualsiasi paese della “comunità internazionale” saremmo allo stato d’assedio e agli elicotteri Apache.

 La Russia ha pagato a Kiev la seconda tranche del credito di 15 miliardi di euro. Sono 15 miliardi e grossi sconti sul gas che bilanciano ampiamente le briciole previste dagli accordi di integrazione economica con l’UE, destinate comunque a svanire nel destino che Bruxelles  riserva alle sue periferie. Ma sono anche, per quanto riguarda i russi, 15 miliardi di assicurazione sulla vita del loro paese e, per quanto attiene a noi, il salvagente in un mare rimescolato dai colpi di coda. Per ottenere la rimozione di ogni ostacolo alla marcia verso il dominio mondiale, hanno polverizzato quel poco che veniva rispettato del diritto internazionale e della Carta di un’ONU piegata a proprio scendiletto. Una Russia ridotta in pezzi gli ha immolato il principale caposaldo in Medioriente, l’Iraq, e in Europa, la Jugoslavia. Una Russia ancora traballante (Medvedev), si è limitata ai rimbrotti quando hanno sbranato la Libia. Con Siria, Iran, Ucraina, una Russia divenuta, a forza di nefandezze occidentali, consapevole del pericolo e delle proprie responsabilità verso tutti, ha detto basta.

 La partita resta aperta perché, fallisse il “regime change”, resta l’opzione della guerra civile endemica. Damasco resiste da tre anni, Kiev da tre mesi e passa. Non c’è solo la difesa sempre più decisa della Russia e l’ostilità della maggioranza dei governi e dei popoli al terrorismo planetario di UE-USA. C’è la forza e la dignità della maggioranza cosciente delle rispettive popolazioni, a dispetto di tutte le inenarrabili sofferenze subite. E c’è anche la l’accanirsi sul bottino delle varie componenti degli assalitori. In Siria, Usa e Arabia Saudita sono ai ferri corti sulla scelta tra emirato siriano wahabita e alqaidista e proconsolato coloniale presentabile nelle forme in Occidente. Il che agevola la carneficina in atto tra formazioni parimenti terroristiche del “moderato” “Free Syrian Army”e dei jihadisti del “Fronte Islamico”, di Al Nusrah e dello “Stato islamico in Iraq e Levante”. Il primo rifornito di armi dagli Usa, gli altri tutti dall’Arabia Saudita (compresi missili terra-aria). Sembra avere un lieve vantaggio Riad, che ha piazzato i suoi fantocci alla testa di tutte le fazioni, politiche e militari. Ma il traguardo è lontano.

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Così per l’Ucraina. Il Dipartimento di Stato che, con la forbita Nuland, manda affanculo l’UE, non tollera che i subalterni europei, Germania in testa, nella questione coltivino una tentazione euroasiatica. Interpretando le preferenze per gli Usa del vecchio arnese arancione Timoshenko e di “Svoboda”, con annessi rigurgiti nazisti (eredi diretti di coloro che si batterono con Hitler contro l’URSS), la Nuland, parlando col suo ambasciatore a Kiev, si è fatta la Napolitano della situazione decidendo che primo ministro dovesse essere Yatsenyuk (familiarmente da lei chiamato “Yats”), il vicario della Timoshenko, e assolutamente non Vitali Klitschko, sospetto di un debole per Bruxelles e Berlino e disposto, come queste, alla mediazione. Così Angela Merkel ha immediatamente abbracciato e incoronato a Berlino il deprecato ex-pugile. La cosa è foriera, nella sedizione ucraina, di sviluppi analoghi a quelli tra i due schieramenti mercenari in Siria. E alla contesa tra Arabia Saudita (con sullo sfondo anche l’Egitto, sovvenzionato da Riad, ma sempre più interlocutore di Mosca) e Usa si affianca ora quella tra Usa e UE. Non c’ male, anche se sappiamo come andrà a finire. O forse no.

 Venezuela all’ennesimo golpe Usacaracas chavisti

Si direbbe che nella sua demenziale corsa alla conflagrazione mondiale, in America Latina gli euroatlantici dovrebbero prendersela con il Brasile, pezzo forte del continente in termini economici, tecnologici e militari e forza trainante dei temutissimi BRICS, i grossi paesi emergenti e non demoliti dalla crisi architettata a Wall Street. Invece il bersaglio è il Venezuela. Conterà pure il petrolio, di cui il Venezuela è il secondo detentore mondiale, ma questo non comporterebbe che l’offensiva Usa colpisse, per ora con destabilizzazioni di bassa intensità, anche i fratelli minori di Caracas, Bolivia, Ecuador, Argentina. Il dato significativo che emerge dalle priorità di questi paesi nella strategia d’attacco di Washington è che, sulla competizione economica e addirittura militare, per l’élite di oligarchi globali prevale il terrore della contaminazione politica e sociale. Un modello di classe con forti caratteri di rivoluzione sociale, eliminato in un batter d’occhio nella pacifista Libia, con più fatica nel praticamente disarmato Iraq, aggredito in Siria, ha mostrato forte capacità di contagio in America Latina. Al punto che, per non dare l’impressione di antagonizzare la nazione di Hugo Chavez, popolarissima e invidiatissima tra le loro masse, anche paese legati al carro Usa, come Cile, Peru, Colombia, Messico hanno aderito al CELAC, la nuova unione inter-latinoamericana che esclude Usa e Canada e include Cuba, a suo tempo estromessa dall’OSA.

 Ed è dunque contro il Venezuela che si è nuovamente scatenata la belva ferita cui Hugo Chavez e ora Nicolas Maduro hanno sottratto il boccone latinoamericano. Di cosa sia capace nel suo odio-terrore per chi smentisce il pensiero unico dei predatori turbocapitalisti, l’ho visto nel 2002, quando, dopo il fallito colpo di Stato, gli Usa e i parassiti locali scatenarono contro la gente una guerra della fame lunga sei mesi. Senza combustibile, per cucinare e riscaldarsi, si era costretti a bruciare i mobili. Vinsero Chavez e il suo popolo. E continuarono a vincere contro le jacqueries  scatenate dagli ex-oligarchi e orchestrate dai locali emissari diplomatici e Ong nordamericane ogni volta che le più corrette elezioni del mondo rafforzavano la scelta bolivariana.

 Lo schema è sempre quello: provocare scontento popolare attraverso: l’insicurezza determinata, in buona parte, da una criminalità di strada manipolata; guerra del cibo da parte della grande distribuzione privata che imbosca prodotti, fa lievitare i prezzi e provoca carenze dei generi di prima necessità, poi contrabbandati sul mercato nero in Colombia; guerra della valuta, attraverso la manipolazione del mercato nero del cambio; attacco al bersaglio grosso, la compagnia petrolifera di Stato, PDVSA, con una campagna mediatica di diffamazione e di dati falsi;  campagna mediatica che scarica sul governo Maduro la responsabilità delle difficoltà economiche derivanti da queste manovre.

 Questa volta, però, ci sono scappati diversi morti e feriti. In assenza di terroristi islamici, incongrui nelle circostanze, sono state allevate e messe in campo bande di nazisti, come in Ucraina. La nuova forza ausiliaria dell’Impero. Nell’assalto al quartiere carachegno “23 Enero”, una roccaforte rivoluzionaria fin dalla guerriglia della seconda metà del ‘900, come nelle altre incursioni affidate agli studenti delle università private si è visto primeggiare tale Lorent Saleh. Presidente della solita Ong di copertura, “Operacion Libertad”. Nella foto lo si vede a Bogotà, a una tavola rotonda allestita dai neonazisti di “Tercera Fuerza”, braccio politico dei paramilitari cari all’ex-presidente Uribe, perenne cospiratore per conto Usa. Al suo fianco, Pablo Wilches, pre-candidato dell’estrema destra alla presidenza della Colombia, e Diego Cubillos, “comandante” di “Tercera Fuerza”. Sono le bande guidate da Saleh e camerati che hanno imperversato e sparacchiato per le vie di Caracas, Merida e altre città, privilegiando l’incendio di scuole e cliniche dove sono attivi i medici e insegnanti cubani.Maduro

 Forte di un tessuto sociale creato da Chavez e da lui rafforzato, Maduro non è rimasto inerte. Sostenuto da ripetute manifestazioni bolivariane di centinaia di migliaia di persone, ha neutralizzato l’attacco valutario imponendo un cambio corretto. Contro il sabotaggio delle catene di distribuzione ha imposto un calmiere dei prezzi, ha sequestrato le merci imboscate, ha potenziato i mercati popolari “dal produttore al consumatore” gestiti dallo Stato. Contro le denunce di crisi economica stanno i dati che continuano a vedere un incremento annuale del PIL tra il 3 e il 5%, un debito nazionale o estero irrilevante, il superamento delle importazioni (59,3 milioni di dollari) da parte delle esportazioni (94 milioni), segno di una progressiva, seppure ancora del tutto insufficiente, diversificazione dell’economia, via dal monoreddito petrolifero. Grazie allo stanziamento  del 54% del bilancio statale in investimenti sociali – le “misiones” –   la povertà si è ridotta dal 68% precedente all’attuale 21%, la povertà assoluta al 7%. Sanità e istruzione gratuite hanno eliminato l’analfabetismo e una serie di malattie endemiche.

 Nell’indice ONU dello sviluppo umano, Caracas guadagna 7 posti. Sempre per l’ONU, il Venezuela è il paese latinoamericano con la più bassa diseguaglianza sociale. All’insicurezza, endemica, ma incrementata ad arte e comune a quasi tutte le capitali latinoamericane, Maduro ha risposto con il “Piano per la pace”, che fa assumere all’autorganizzazione dei consigli municipali, delle Comuni, dei Comitati  Cittadini per la sicurezza, la condivisione con le istituzioni statali della responsabilità per la sicurezza. Sono stati istituiti servizi di assistenza per le vittime del crimine e si sono responsabilizzati i media nella soppressione di programmi violenti.

 Quanto ai manovratori classici di ogni sabotaggio e violenza, neanche tanto in ombra, Maduro non ha avuto la mano leggera. Tre diplomatici Usa espulsi domenica scorsa. Fanno parte della chemioterapia venezuelana che aveva già rimosso tumori come USAID, l’incaricata d’affari Kelly Keiderling, due membri della segreteria, il viceconsole, due addetti militari che cercavano di corrompere ufficiali venezuelani… Dal 2010 i due paesi non hanno rappresentanze a livello di ambasciatore.

 Ancora una volta l’opposizione al processo bolivariano, al momento dello scontro auspicato decisivo, si disunisce. Registrando la debolezza numerica e l’inconsistenza sociale degli antichavisti, il candidato sconfitto delle due ultime elezioni, Enrique Capriles,  ha preso le distanze dai violenti ed è arrivato a esprimere solidarietà al ministro della giustizia, la cui sede era stata attaccata e incendiata. Stessa posizione è stata assunta dal vecchio partito “socialdemocratico”, AD. Resta in campo un altro provato arnese Cia, Leopoldo Lopez, parlamentare  e leader del partitino di estrema destra “Voluntad Popular”, considerato il vero promotore e dirigente della campagna di violenze scoppiate il 12 febbraio. Ma, colpito da mandato di cattura per essere il mandante degli omicidi, è stato arrestato il 18 febbraio. Piazza Altamira occupata, roccaforte della ricca borghesia compradora, è stata sgomberata senza colpo ferire.

 E’ prevedibile una nuova sosta nella guerra tra minoranza arroccata attorno ad antichi e indebiti privilegi, foraggiata dalle centrali Usa della destabilizzazione, Cia, Dipartimento di Stato, NED, Ong, con l’alleato Uribe e i suoi paramilitari, e una rivoluzione bolivariana che continua a confermarsi sostenuta dalla maggioranza della popolazione. Ci riproveranno. La coazione a ripetere è inscindibile dall’imperialismo, per quanto le sue imprese in genere finiscano male. Ma, alla luce dei tre lustri di ininterrotta avanzata del processo di emancipazione in Venezuela e del suo dilagare in altri paesi del continente, che Washington non è riuscito a fermare con i suoi colpi di Stato, parrebbe che la prossima volta dovranno provarci con i marines. Per ora digrignano i denti ed esigono, per bocca di John Kerry, l’immediata liberazione di Leopoldo Lopez, a scanso di “conseguenze negative sul piano internazionale”.

Mentre si cerca di formare il nuovo governo, le lobby lavorano

http://www.corriere.it/inchieste/reportime/economia/mentre-si-cerca-formare-nuovo-governo-lobby-lavorano/b0bc6c7a-9991-11e3-89bf-8cd8af0e5a04.shtml

Approvato al Senato lo stanziamento di 7 milioni di euro alle imprese che hanno subito danneggiamenti in Val di Susa

Le ditte impegnate nella costruzione della Tav in Val di Susa intascheranno altri 7 milioni di euro. Poca cosa rispetto ai 23 miliardi previsti per l’intera opera. Questi soldi in arrivo, però, non serviranno a finanziare nuove trivellazioni. È la somma che il Senato ieri ha deciso di stanziare per rimborsare le aziende della Tav che hanno subito danneggiamenti nel corso degli anni.

Un emendamento che ha avuto vita travagliata: prima è stato inserito nel decreto sul Femminicidio e poi nel “Salva Roma”. È riuscito infine a trovare spazio nel “Destinazione Italia”, il decreto varato dall’ormai deposto governo Letta per rilanciare la competitività delle imprese italiane.

Il comma 7 bis dell’articolo 13 del provvedimento, approvato in tutta fretta ieri sera dal Senato, riguarda tutte le aziende che siano state vittime di “delitti non colposi commessi al fine di ostacolare o rallentare i lavori di cantieri”. Se a una ditta che lavora in Val di Susa è stato incendiato un camion o distrutta una trivella, basterà autocertificare il danno e lo Stato se ne farà carico.«Avevamo chiesto solo una cosa – obietta Marco Scibona, senatore piemontese del Movimento 5 stelle – che fosse specificato nel testo che per poter ottenere il rimborso fosse necessaria almeno una sentenza di primo grado che certificasse l’effettiva esistenza e l’entità del danno subito». Invece a stabilire chi avrà diritto al risarcimento sarà discrezionalmente un successivo decreto del futuro ministro delle Infrastrutture.

L’emendamento originario prevedeva che il danneggiamento fosse attestato da un certificato della prefettura. Nel testo finale l’obbligo è saltato. Per questo, anche Stefano Esposito, il senatore del Pd che ha provato a infilare il comma in tre diversi decreti, ne prende le distanze: “Quello che è stato approvato non ha più niente a che vedere con il testo che ho presentato io”.

Quando arriverà il nuovo decreto, a spartirsi i 7 milioni di euro saranno società che hanno subito il danneggiamento di ruspe, camion o capannoni, come la Geomont di Giuseppe Benente, la Cmc, la coop capofila del raggruppamento di imprese in Val Susa, di cui fanno parte la Strabag AG, la Cogeis, Bentini e la Geotecna. A queste aziende, due giorni fa, il presidente della Regione Piemonte Roberto Cota, ancora in carica nonostante la destituzione da parte del Tar, ha già destinato 10 milioni di euro. Una parte dei quali, come rivendica l’ex governatore in un comunicato ufficiale, stanziati proprio per compensare i danneggiamenti. Secondo Stefano Esposito, che in Senato ha sostenuto le ragioni delle ditte valsusine, “i danni ammontano a non più di 500mila euro”. Tra l’altro le aziende dovrebbero essere tutte coperte dalla loro assicurazione.

Ma le maglie dell’emendamento si sono progressivamente allargate. Nel testo finale la platea delle ditte beneficiarie dalla Tav ha finito con l’inglobare tutte le società impegnate in grandi opere. Grazie all’aggiunta di un riferimento alla legge 443 del 2001, infatti, alla spartizione della torta da 7 milioni di euro potranno partecipare anche tutti gli altri colossi dell’edilizia come Impregilo, Gavio, Italcementi. Alla faccia della spending review.

NATO-UE-USA : L’UKRAINE, LES HERITIERS DU DOCTEUR GOEBBELS ET LA LUTE POUR L’EURASIE !

Luc MICHEL pour PCN-INFO / 2014 02 20 /

avec RIA Novosti – lucmichel.net – PCN-SPO /

http://www.scoop.it/t/pcn-spo

https://www.facebook.com/PCN.NCP.press.office PIH - LM Ukraine Eurasie Goebbels (2014 02 20)  FR 1

L’Ukraine bascule dans la guerre civile importée par les Occidentaux. Scènes de guerilla urbaines et morts à Kiev. Inssurections et sécessions dans l’Ouest, à Lviv notamment ou les néonazis du « Secteur Noir » ont pris le pouvoir et arrêté le gouverneur.

 MOSCOU REPLIQUE

Alors que les médias de l’OTAN, à la remorque (ou en laisse) de Washington et des politiciens de l’UE aux ordres de l’IOTAN, unanimes, salissent les autorités ukrainiennes et le leadership russe, que la Russophobie se déchaîne sans limites, Moscou donne sa version des faits :

* Dmitri Medvedev, pourtant un modéré, déclare à la télévision que la Russie ne veut pas d’un pouvoir ukrainien sur lequel “on s’essuie les pieds”. Le Premier ministre russe ajoute que “le pouvoir doit se concentrer sur la défense des gens, des forces de l’ordre qui préservent les intérêts de l’Etat”, alors que les affrontements font rage à Kiev.

* Le ministre russe des Affaires étrangères Sergueï Lavrov a accusé jeudi à Bagdad « des forces radicales de vouloir fomenter une guerre civile en Ukraine ». Moscou soutient des négociations entre les autorités ukrainiennes et l’opposition pour pouvoir régler “la crise et combattre ensemble des forces extrémistes et radicales qui tentent de fomenter une guerre civile”, a déclaré M. Lavrov en visite en Irak.

* Et signal fort, le vice-premier ministre russe Dmitri Rogozine, un nationaliste, ex leader de Rodina, est à Kiev ce jeudi…

 MEDIAMENSONGES SUR L’UKRAINE :

LA METHODE GOEBBELS DES PRESSTITUTES DE L’OTAN

L’Ukraine est, une fois de plus, l’occasion d’une immense propagande à la Goebbels. Un coup d’état insurrectionnel nous est présenté comme « une manifestation paisible ». Et des milices néonazies, affichant ouvertement des symboles du Fascisme des Années 30-45, équipés militairement et armées, comme « des manifestants pacifiques ».

Les journalistes, ces presstitutes qui ont vendu leur âme et leur honneur (s’il en ont jamais eu un), évoquent, eux, le « soft power » d’une « UE désarmée ». Alors que l’argent américain et européen se déverse à flot pour organiser la guerre civile en Ukraine. Que les politiciens et diplomates US et de l’UE sont à Kiev pour organiser avec leur marionnettes le renversement du gouvernement. Que le noyau dur des gangs du Maidan a été formé militairement en Lituanie et est soutenu par John Mc Cain et ses réseaux. Que la Roumanie, devenue le chien courant de l’OTAN, évoque ouvertement le dépeçage de l’Ukraine. Que la diplomatie de Merkel et les services spéciaux allemands agissent directement derrière le ‘Maidan’ et le sécession de Lviv, dans l’Ouest.

Les néofascistes de Kiev que l’UE veut mettre au pouvoir, et qui écraseront sans hésitation leurs alliés provisoires de droite, chasseront les homosexuels (que défendent les politiciens français ou belges), les juifs (que les lobbies sionistes de l’UE auxquels appartiennent tant de politiciens de l’UE prétendent défendre, maos pas à Kiev ou Lviv), et  les Polonais (alors que Warsovie, tout à ses nostalgies géopolitiques du XVIIe siècle, est aussi derrière le Maidan). Tous ont oublié les pogroms ‘bendéristes’ de 1941-44, ferment honteusement (comme BHL) les yeux sur l’idéologie qui anime les néofascistes ukrainiens … PIH - LM Ukraine Eurasie Goebbels (2014 02 20)  FR 2

LA GRANDE OMBRE YANKEE SUR L’UKRAINE

Pendant ce temps là, Obama entend dicter ses ordres à l’Armée ukrainienne à qui il ordonne de ne pas bouger pour rétablir l’Ordre !

Et les géopolitologues américains de STRATFOR, l’influent Think Tank proche du lobby militaro-industriel US, analysent la sécession de Lviv (ou les néonazis du « Secteur Noir » ont pris le pouvoir), qui s’est déclarée indépendante (tiens personne n’en parle dans les médias de l’OTAN), comme « une ligne rouge » sur laquelle « Moscou ne pourra plus revenir ».

 LA LUTTE POUR L’EURASIE ET LE COUP DE KIEV

Moscou qui a sa part de responsabilité dans ce qui se passe. Car tous les rêves de collaboration avec l’Occident, de partenariat avec l’OTAN, ne reposent que sur les illusions russes. Sur une schizophrénie russe issue des années Eltsine, celles de la soumission à l’Occident. Et sont le cheval de Troie occidental à l’Est.

Toutes les fausses analyses sur « l’orientation des USA vers le pacifique », dont beaucoup viennent d’officines américaines, dissimulent la REALITE : celle du « Grand échiquier » de Brezinski, le sort du monde et la lutte pour la domination mondiale et un « XXIe siècle américain » se joue toujours en Eurasie, sur les flancs de la Russie, Caucase, Mer noire, Balkans et UE.

 L’UE N’EST DEFINITIVEMENT PLUS L’EUROPE :

BRUXELLES PAILLASSON DE L’IMPERIALISME YANKEE

A Kiev, après Tripoli et Damas, l’UE a définitivement tombé le masque.

Bruxelles n’a jamais été notre Europe. Mais aujourd’hui, les masques tombent et Bruxelles n’est plus du tout l’Europe, c’est la colonie US du ‘NATOland’. Dimitri Medvedev parle de « paillasson » à propos du gouvernement de Kiev. L’UE est le paillasson de l’impérialisme yankee.

Quand à ceux qui rêvent encore (notamment dans les milieux néo-eurasistes) à un Axe Paris-Berlin-Moscou – une alternative des Années 1990-2005 devenue obsolète – regardez le rôle de porteurs de valises de Washington que jouent les politiciens français et allemands à Kiev, le rôle de Merkel, de ses ministres et ses barbouzes dans la radicalisation de l’Opposition ukrainienne, et cessez de rêver. Ils valent encore le mépris dans lequel Washington les tient, celui que l’on a pour les domestiques. ‘Fuck the EU’ dit la distingué&e Victoria Nulland …

Dans cette lutte, il n’y a que deux camps.

Celui de Washington et celui de Moscou, le noyau dur de la Seconde Europe, l’espoir et le Piemont de la Grande-Europe. Nous sommes avec Moscou !

Luc MICHEL

http://www.lucmichel.net/2014/02/20/pcn-info-nato-ue-usa-lukraine-les-heritiers-du-docteur-goebbels-et-la-lute-pour-leurasie/

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