DI GIULIETTO CHIESA – IT22L0760101000001004906838 – #AiutaNoTAV

è stato comunque un ricatto LEGALIZZATO. UN taglieggiamento autorizzato.

Postato il Mercoledì, 12 febbraio

DI GIULIETTO CHIESA

megachip.globalist.it

Il tribunale ordinario di Torino ha condannato Alberto Perino (nella foto), Loredana Perrone, Giorgio Vair a pagare, in tutto 214.180,40 €. Non sono un avvocato e non mi pronuncio nel merito. Lo faranno gli avvocati del movimento NoTAV. Intanto, però, i condannati dovranno pagare comunque, trattandosi di causa civile. Una cifra enorme per persone normali. Nessuno di loro si chiama Flavio Briatore. Come la si è calcolata? Resta sulla coscienza di chi ha fatto il conto e di chi lo ha accettato.Io mi limito a un giudizio politico: in punta di leggi dello stato, formulate da legislatori che hanno agito per imporre l’ingiustizia (ne abbiamo le prove ogni giorno) si colpiscono cittadini che lottano contro una mostruosità che danneggia l’intera società italiana. Nessuno ha calcolato questo danno. Nessuno ha perseguito chi ce lo sta imponendo. Ma si colpiscono cittadini inermi che si battono per la difesa collettiva. Li si colpisce per annichilirli. E per spaventare gli altri, fiaccando la resistenza collettiva.

I magistrati hanno probabilmente applicato la legge. Noi dobbiamo gridare che è una legge ingiusta. Io difendo il diritto a difendersi da leggi ingiuste. Per questo, oltre alla solidarietà con Perino, Bellone, Vair, verserò 150 € sul conto corrente postale per le spese legali NO TAV n.1004906838 – IBAN – IT22L0760101000001004906838 intestato a Pietro Davy.

Diamogli tutti una mano. Aiuteremo noi stessi.

Gulietto Chiesa

Cina-Francia: una disputa territoriale?

FEBBRAIO 11, 2014
 
Sofia Pale New Oriental Outlook 11/02/2014
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L’espansione aggressiva della Cina nel mondo interferisce con gli interessi di Paesi chiave, come la Francia. Nell’ultimo decennio, il “soft power” cinese è solidamente orientato verso il possedimento geostrategico preferito della Francia nel Pacifico, la Polinesia francese, meglio conosciuta come Tahiti (dal nome dell’isola principale). Questo territorio si estende per oltre 4000 kmq e dispone di ricche risorse ittiche (su 5 milioni di kmq), Cinque volte più grande della madrepatria continentale. Tahiti è stata visitata non solo da carismatici rappresentanti francesi come Paul Gauguin, ma dall’esploratore inglese James Cook, dallo scrittore scozzese Robert Louis Stevenson, dall’etnografo russo N. Mikluho-Maclay, dall’esploratore norvegese Thor Heyerdahl, dal pittore russo delle Vanuatu N. Mishutushkin e anche dal popolare attore e cantante sovietico Vladimir Vysotskij. Alla fine degli anni ’80, Tahiti era governata dal nipote di un generale russo bianco in esilio, Alexandre Leontieff. Purtroppo, nel 1991, fu posto agli arresti domiciliari, sospettato di corruzione e appropriazione indebita di fondi pubblici. Questo territorio francese, nel “cuore” del Pacifico, ospita il poligono ormai non più operativo per i test nucleari. Qui, 192 test furono condotti dalla Francia nel 1966-1996. Dopo la fine forzata dei programmi nucleari, il presidente francese J. Chirac promise che il finanziamento alla Polinesia francese sarebbe continuato (1996-2006). Attivisti locali, a loro volta, in lotta per l’indipendenza dal 1970, vogliono la fine del dominio francese giusto al termine del periodo dei pagamenti delle compensazioni. Tuttavia, nel 2000, nessuno prevedeva la crisi finanziaria del 2008. Ciò costrinse i combattenti per la libertà di Tahiti a ripensare i loro piani. In primo luogo, chiesero a Parigi il risarcimento dei danni causati dai test nucleari (che, per inciso, sono considerati più morali che fisici). Poi stabilirono stretti rapporti economici con un nuovo forte attore nel Pacifico, la Cina.
Lo “tsunami” d’immigrati cinesi, allargatosi sulle isole dell’Oceania a metà degli anni 2000, coprì anche Tahiti. Gli Huaqiao (cinesi d’oltremare) rappresentano il 12% dei quasi 300000 abitanti di tale possedimento francese. Qui i cinesi monopolizzato il commercio al dettaglio, e ora i tahitiani (per l’80% nativi) invece di dire “fare shopping”, dicono “andare in Cina” (à travers la Chine). E’ necessario sottolineare che il capitale cinese ha contribuito alla nascita di una potente lobby pro-Cina nel governo locale. Uno dei primi pupilli cinesi è un vecchio sostenitore dell’indipendenza di Tahiti, Oscar Temaru, che nel 2004 dicendo che aveva radici cinesi da parte della madre, andò al potere tanto atteso. Il primo passo di Tahiti verso l’indipendenza fu il tentativo di compensare le sovvenzioni annuali francesi, di circa 1 miliardo di dollari (non meno del 20% del PIL della Polinesia francese), con l’introduzione o l’aumento delle tasse per la popolazione locale. La gente non sopportò tale aumento per più di sei mesi, quindi Gaston Floss divenne presidente e subito annullò le tasse. G. Floss ha governato Tahiti quasi ininterrottamente dal 1984, “legandosi” a Jacques Chirac. Quest’ultimo è il padrino del suo ultimogenito ed ha sempre sostenuto l’idea di Tahiti parte della Francia. Tuttavia, la gente di Tahiti lo rispettava perché, essendo in rapporti amichevoli con il presidente francese, poteva avere la massima autonomia per la Polinesia francese. Qui possiamo citare il titolo di “presidente” per il capo di Tahiti, il diritto di gestire autonomamente alcuni aspetti delle politiche nazionali e regionali, senza interferenze da Parigi, nonché il riconoscimento dello status ufficiale della lingua tahitiana (anche se ci sono alcuni problemi con la Costituzione francese). Tuttavia, O. Temaru non si arrese facilmente, e nei successivi due anni i due avversari si avvicendarono ogni sei mesi. Infine, Gaston Tong Sang, rappresentante della comunità cinese, divenne presidente di Tahiti. Tuttavia, un anno più tardi, fu accusato da alcuni rappresentanti dei mass media di difendere gli interessi di “una certa minoranza”. Quindi, tre candidati lottarono per la carica di presidente, O. Temaru, G. Floss e H. Tong Sang, indicati come la Trinità dalla comunità internazionale.
Intanto Pechino approcciò ciascuno della Trinità: in questi ultimi anni, ognuno dei leader è stato accusato di aver accettato tangenti (indirettamente, capitale cinese). Il presidente G. Floss, dopo aver visitato la Cina all’inizio di gennaio, è stato accusato di corruzione nel 2014 (non ufficialmente, firmando accordi sul debito con Pechino considerati dannosi per Tahiti). A proposito, dopo la visita , G. Floss semplificò il regime dei visti con la Cina, al fine di rafforzare il flusso di turisti e lavoratori a contratto dalla Cina. Negli ultimi dieci anni, le relazioni commerciali della Cina con la Polinesia francese si sono rafforzate, tanto che quasi tutta l’esportazione di perle nere, l’unico settore redditizio dell’economia di Tahiti, è diretta verso il Celeste Impero. Dopo la crisi finanziaria globale nel 2008-2010, la Francia subì la valutazione economica del 2012, passando da AAA a AA + da parte delle agenzie Fitch e Standard&Poor. Tuttavia, Parigi continua a inviare la stessa quantità di fondi per impedire che Tahiti abbia l’indipendenza economica e abbandoni la sovranità francese. Tuttavia, nel 2013, il capitale cinese nell’economia di Tahiti era stimato in 5 miliardi di dollari, una somma maggiore degli investimenti francesi. Infine, all’inizio del 2013, Pechino passò all’attacco  decidendo di sostenere O. Temaru, salito al potere a Tahiti per ottenere l’indipendenza e la ridenominazione del Paese in Maohi Nui. Pechino ha fatto pressioni per l’introduzione della Polinesia francese nella lista dei Territori Non Autonomi nel comitato speciale sulla Decolonizzazione delle Nazioni Unite.
Poiché la Cina ha bisogno del maggior numero possibile di sostenitori nelle varie organizzazioni internazionali, comprese le Nazioni Unite, ottenendo l’indipendenza, questo Stato sarebbe grato alla Cina votando per Pechino quando richiesto, nonostante il ragionamento critico del rappresentante del Cile presso il Comitato speciale delle Nazioni Unite sulla Decolonizzazione, al vertice del giugno 2013, che dichiarò che “le supreme autorità locali (Polinesia Francese) hanno meno poteri rispetto a un qualsiasi misero sindaco del mio Paese” [1]. Se la Polinesia francese avrà l’indipendenza, tale tattica verrebbe applicata con successo nell’isola di Pasqua, che appartiene al Cile ma da cui vuole separarsi. Poi vi sono Guam e Samoa, che non vogliono appartenere agli Stati Uniti, l’isola ribelle di Pitcairn, parte del Regno Unito, i territori australiani e neozelandesi nel Pacifico (ovviamente, con assai minori, ma ancora possibili, probabilità). Non sorprende che Francia, Australia, Stati Uniti e Regno Unito non abbiano partecipato alla decisione sull’introduzione della Polinesia francese nella lista dei Territori Non Autonomi (a proposito, la Russia ha sostenuto la decisione delle Nazioni Unite).
Oggi il futuro della Francia e dei suoi possedimenti nel Sud Pacifico dipende dalla volontà politica del presidente F. Hollande, consentendo o meno il referendum sull’indipendenza Tahiti nel 2014. La Trinità vuole un referendum: G. Floss, per dimostrare che il 60% dei tahitiani voterà contro la separazione dalla “madre patria”, G. Tong Sang è d’accordo con G. Floss, mentre O. Temaru al contrario ritiene che più della metà dei tahitiani voterà per l’indipendenza. La già scarsa popolarità di F. Hollande colerà a picco nel caso in cui il referendum si svolga a Tahiti e le speranze della Cina di chiamare questo nuovo Stato Maohi Nui saranno adempiute. In tale caso, Parigi affronterebbe enormi difficoltà, sia nel Paese che fuori. I francesi non perdonano ai loro presidenti neanche i piccoli passi falsi, basti ricordare la “Giornata della rabbia” del 27 gennaio 2014. È possibile vedervi la perdita del “cuore” del Sud Pacifico della Francia. Inoltre, la Cina, che ha offerto alla Polinesia Francese prestiti favorevoli, progetti di infrastrutture e flussi di turisti dalla Cina, continuerà tali politiche nei confronti di altri Stati. Inoltre, a quanto pare, l’obiettivo di Pechino nel Pacifico meridionale è la “liberazione” dei territori degli Stati Uniti.
 
[1] Come conclude la sessione, Commissione speciale sulla decolonizzazione riafferma il diritto inalienabile dei popoli della Polinesia francese all’autodeterminazione. Commissione speciale sulla Decolonizzazione, 9° Vertice dell’Assemblea Generale COL/3258, 21 giugno 2013.
 
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Sofia Pale, PhD, ricercatrice del Centro su Sud-Est asiatico, Australia e Oceania, Istituto di Studi Orientali dell’Accademia Russa delle Scienze, in esclusiva per la rivista online New Oriental Outlook.
 
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora

Impossibile fare politiche eque rimanendo nell’euro

dall’intervista al prof greco Costas Lapavitsas
La posizione di Syriza non è maggioritaria all’interno della sinistra perché si oppone alla austerità, però scommette sulla moneta unica e la UE. Che significa questa presa di posizione nel quadro politico dell’Unione Europea?
 
Per me é esattamente quello che vuole la classe dirigente europea. Perché Syrizadice: “Noi stiamo nell’euro in qualsiasi maniera, succeda quel che succeda, e inoltre saremo radicali”.
Però la classe dirigente sa che questa opzione è impossibile. Il vero pericolo di Syriza è nella sua corrente più radicale – circa un 40% della coalizione – che non è d’accordo con questa proposta e può portare a una rottura. In altre parole, Syriza non è affidabile. É imprevedibile. Ed è proprio questa possibilità di una radicalizzazione della coalizione che preoccupa la classe dirigente europea.
 
Dall’altro lato, se Syriza vincesse le elezioni, le richieste popolari aumenterebbero, coinvolgendo anche la gente che adesso è pessimista e passiva. Con un GovernoSyriza, si chiederanno misure sui salari, le pensioni ecc…ed è proprio questa la minaccia più temuta dai dirigenti europei. Inoltre, altri paesi europei penserebbero: anche noi possiamo fare lo stesso. É per questo che Syriza incarna una grande promessa e allo stesso tempo un rischio enorme.
 
Sembra che lei identifichi la sinistra con la linea che sostiene l’uscita dall’euro, perché?
 
Per me, questa linea è l’unica che apre alla possibilitá di fare politiche di sinistra radicale che cambino i rapporti di forza a favore del lavoro e contro il capitale; politiche necessarie per recuperare il danno provocato dalla crisi ai paesi europei negli ultimi anni. Sono politiche sensate, fondamentali, come ridistribuzione, controllo o nazionalizzazione delle banche, riorganizzazione della produzione. Secondo me questi cambiamenti sono impossibili restando dentro l’unione monetaria, e rappresentano l’esatto contrario di ciò che oggi significa l’Unione Europea.
 
Per essere più preciso: un Governo radicale in Grecia dovrebbe rinunciare a pagare una parte importante del debito, che d’altro canto è insostenibile, come anche cambiare la politica fiscale e monetaria.L’austerità non è sostenibile, non possiamo scommettere su risultati di bilancio positivi. Bisogna fare politiche diverse, che permettano la crescita dell’economia. Un Governo radicale dovrebbe nazionalizzare le banche e creare istituti di credito pubblici che diano sostegno alla riorganizzazione della produzione. Se accettiamo queste proposte, ci rendiamo conto che non possono essere realizzate all’interno della struttura dell’unione monetaria di oggi.
 
Non crede che se arrivassimo ad una situazione in cui un governo potesse attuare queste riforme, la situazione politica in Europa cambierebbe tanto da arrivare a pensare di cambiare l’architettura della UE?
 
A volte la sinistra ha bisogno dello Stato Nazione per proteggere i diritti dei lavoratori e i diritti democratici, non c’è nessun altro modo. I governi di Grecia e Portogallo non possono cambiare la struttura dell’Unione Europea, peró possono intervenire in Grecia e Portogallo. Naturalmente il mio non è un argomento nazionalista. In certe occasioni si possono usare i meccanismi di uno Stato Nazione per creare una corrente internazionale.
 
Se nel 2010 ci fosse stata la possibilità di una serie di governi di sinistra in vari paesi europei, potremmo anche parlarne, ma adesso siamo già al quarto anno di crisi. E in questi quattro anni la Grecia è stata distrutta, Portogallo e Spagna stanno molto male. Qui non si discute di casi ideali. E sappiamo che Syriza ha una possibilità reale di andare al Governo e deve decidere cosa fare qui e ora.
 
Se arrivi al potere senza un piano, pensando che vai a cambiare l’Unione Europea, la conseguenza sarà solo il caos. Però ci sono una serie di cose che si possono fare. Devi preparare la tua gente e mantenerla informata su cosa si può fare. Si possono coinvolgere le persone in questo processo, perché alla fine è proprio da li che ha origine tutta la tua forza.
 
Come si aspetta che affronteranno le conseguenze negative di questo tipo di transizione, per esempio i costi di tornare ad una moneta nazionale?
Devono capire che è una scelta tra una morte lenta, che è quello che stanno sperimentando, o uno shock controllato dal quale poi uscire. Se sarà così, lo shock e la sua gestione sarebbero più facili:
si potrà intervenire sulla circolazione monetaria, nazionalizzare le banche e metterle sotto controllo pubblico e impedire la fuga dei capitali. Intervenire nei mercati del petrolio, dei farmaci e degli alimentari. Si creeranno dei fondi per coprire le necessità immediate fino a una normalizzazione della domanda. Si può fare tutto ordinatamente e in maniera controllata, se il Governo di sinistra è deciso a farlo.
 
Testo completo dell’intervista al prof, Costas Lapavitsas QUI

Non Riesco a Crederci (Quando Pensi di Avere Visto il Fondo, poi Napolitano Scava)

12 febbraio 2014
 
 
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Leggo con autentica incredulità le ultime notizie rilanciate da agenzie e giornali on-line (sussidiati) Italiani. Parrebbe che il NON eletto e NEMMENO nominato Matteo Renzi si appresti a fare il presidente del consiglio.
 
Leggo anche che nella squadra di governo si porterebbe dietro la turista (con fidanzatino) con soldi pubblici in Sud Africa Laura Boldrini.
 
Dio Mio!
 
Al netto del fatto che in questo modo il Sindica di Firenze decreta il suo definitivo suicidio politico e si qualifica come il solito politico cialtrone, come tutti come sempre, lo scenario che si delinea è quello dell’ennesimo governo nominato da Napolitano senza uno straccio di legittimazione popolare (e qualche italiano se lo merita visto che si permette pure di criticare gli Svizzeri).
 
Uno schifo senza fine, teleguidato dalla chiara esigenza di ottenere stabilità per fare i provvedimenti necessari a salvare l banche con soldi pubblici ovvero:
  • Creare una Bad Bank finanziata da Cassa Depositi e Prestiti a cui le banche italiane a controllo politico (fondazioni) pootranno vendere crediti in sofferenza a prezzi da crediti in bonis, evitando quindi “pericolosi” aumenti di capitale (pericolosi per le fondazioni che NON hanno i soldi per sottoscrivere)
  • Fare una eventuale patrimoniale.
Dunque alla via così Verso la Bancarotta e l’olocausto dei rispararmi e della ricchezza degli italiani, dietro al nuovo pifferaio magico.
 
Keep Calm….e fate le valige, non importa per dove
 
 
Per il Renzi uno è tutto pronto. Il primo governo a guida Matteo Renzi viene dato pronto ai vagiti già per il fine settimana. Manca il solito piccolo particolare: il passo indietro di Enrico Letta. Spianata la strada al Colle, vinte le ultime resistenze di quei renziani che al grido di «Matteo non lo fare» avrebbero voluto il passaggio di legittimazione elettorale, per il varo del nuovo governo si attende il sì del premier in carica, consumatosi di fatto da solo più che disarcionato.
Letta pensava, e forse pensa ancora, di buttare la palla dentro il campo del Pd chiamando alla lotta di resistenza le truppe residue dei bersanian-dalemiani che avrebbero voluto candidarlo alle primarie in funzione anti-Renzi. Ma l’appello non solo non è partito, non è neanche stato ricevuto. Ed è stato anticipato da quel pie’ veloce del segretario, che già di mattina presto ha riunito i deputati, ha concordato con il capogruppo Roberto Speranza, bersaniano ma ultralealista, gli interventi, e nel giro di un’ora scarsa ha conquistato alla causa i parlamentari dem. Ci è pure scappato l’applauso.
LE PRE-CONSULTAZIONI
Acclamazione. «Questo governo ha le pile scariche, più che ricaricarle, meglio sarebbe cambiarle», ha detto papale papale il sindaco. Per poi accendere speranze per tutti: «Queste pile al momento sono al 19 per cento, noi possiamo portarci quell’81 per cento che manca, la legislatura può durare tutta fino al 2018». Il motivo politico della staffetta? Oltre alle pile scariche del Letta uno, le riforme: Renzi ribalta la strategia sostenuta finora, secondo la quale fare la riforma elettorale è garanzia di durata del governo; no, adesso il tema è che solo un governo nuovo, guidato dal leader del maggior partito legittimato dalle primarie, è in grado di garantirne l’attuazione, «non a caso il treno delle riforme si è mosso non appena Matteo è diventato leader», spiega il renziano Matteo Richetti.
L’assemblea però non è bastata. Da palazzo Chigi, anzi, giungevano rulli di tamburo, annunci di venti di guerra. Braccio di ferro in pieno svolgimento. Ed è partita la seconda batteria: l’annuncio che domani la direzione del Pd ha pronto da votare un odg dove si chiede senza tanti giri di parole il cambio di passo, di guida del governo e di programma. Una sfiducia di partito. Un testo che tutti sperano di non dover alla fine votare, sperando che serva come arma deterrente. L’auspicio di tutti è che Renzi e Letta si parlino, si chiariscano e decidano insieme i passaggi, senza coltelli e spargimenti di sangue.
Un po’ come fece Romano Prodi, che tre giorni dopo essere caduto, fu proprio lui a proporre davanti ai deputati ds Massimo D’Alema premier al suo posto. Renzi nel frattempo ha proseguito le sue pre-consultazioni. Dopo Scelta civica, Dellai, colloqui con Sel e con Ncd, al Nazareno è entrato in mattinata Bruno Tabacci. L’esponente centrista ha capito nettamente che il treno del Renzi uno è già partito con i suoi bei vagoni, i due sono entrati quasi nel dettaglio, tanto che a un certo punto sono arrivati a parlare del futuro di Letta, «agisci secondo la classica scuola dc, proponigli di fare il ministro degli Esteri», ha buttato lì Tabacci, «vedremo», si è limitato a rispondere Matteo.
Nel Palazzo già impazza il toto-ministri. E non potrebbe essere altrimenti, visto che se il Renzi uno vede la luce, avverrà entro fine settimana. Ma prima dei nomi, è l’operazione politica a tenere banco. Renzi intende partire dall’attuale maggioranza Pd+Sc montiana+Ncd. Ma non intende fermarsi qua, il Renzi uno non vuol essere la semplice sostituzione di un premier con un altro.
OPERAZIONE POLITICA
L’operazione politica comporta che, al termine del percorso, la maggioranza di governo possa essere la stessa che si presenta agli elettori per chiedere il voto di riconferma. Il che significa che l’Ncd di Angelino Alfano non dovrà né potrà essere della partita. Dunque? Si parte anche con Ncd, ma già dall’inizio si tenta di allargare a sinistra, a Sel di Nichi Vendola in particolare, con l’obiettivo di ottenerne una astensione benevola subito e un ingresso posticipato, oppure un ingresso subito in maggioranza (ma questo comporterebbe rischio scissione dei vendoliani). Non che il Renzi uno si metterà da subito a lavorare per costringere gli alfaniani all’addio; ma neanche farà carte false per tenerli dentro a prezzo di profilo di squadra di governo e di punti programmatici.
«Sarà il governo di Renzi segretario del Pd prima ancora che il governo delle larghe intese», pronosticava un renziano di prima fascia. Una prima mossa per ingraziarsi Sel dovrebbe essere la promozione di un ministro gradito nella persona di Fabrizio Barca. Quanto al resto della squadra, sarà un governo segnato da «forte discontinuità». Tradotto, significa che salterà buona parte degli attuali ministri a partire da quello dell’Economia, dove si fa già il nome di Piercarlo Padoan; si parla poi di Andrea Guerra, Ad di Luxottica, allo Sviluppo; Cuperlo alla Cultura, mentre degli attuali ministri politici dovrebbero restare solo Franceschini, Alfano e Delrio. Ultimo capitolo, il partito. Qui è lo statuto a dettare l’agenda: il segretario che diventa premier rimane leader del partito, ma l’assemblea nazionale elegge un vice segretario con i compiti di reggenza. Si fa il nome di Lorenzo Guerini.

I Bambini e il marketing del gender

FEBBRAIO 11, 2014 
 
E’ una collaudata tecnica di marketing  instillare nel pubblico  l’idea che esiste un desiderio e il prodotto da lanciare sul mercato ha precisamente le caratteristiche per soddisfarlo. In questo periodo alla UE occorre un robusto marketing per il suo prodotto: il genere neutro.
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 Il Consiglio d’Europa ha promosso un programma per il contrasto delle discriminazioni dell’orientamento sessuale e l’identità di genere che prevede per  tutti i paesi membri l’adozione di una Strategia Nazionale LGBT (Lesbiche, Gay, Bisessuali, Transessuali) .  L’ Italia parte con perversa confusione:  il piano multidisciplinare è affidato alla Unar che è l’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali e già siamo fuori tema; inoltre il motto Unar è “a difesa delle differenze” mentre la politica unificazionista della UE  le differenze vuole cancellare , con l’adozione delle accezioni neutre e della parificazione degli orientamenti sessuali.
 
L’Unificazionismo, che deriva dalla teoria del gender, è  calato dall’astratto nella pratica quotidiana, dai documenti al lessico da adottare. Qualche scuola in Italia si è già portata avanti dando l’ostracismo a papà e mamma sostituiti da una numerazione che segue la parola genitore, sulla scia della nazione pilota in questo campo che,  è altresì, il paese con la popolazione più depressa d’Europa.  (ved.  Belgio… dieci anni deprimenti).
Il marketing  dell’ Unificazionismo ha il compito di devastare l’attività riflessiva personale e accodare le opinioni al concetto che si vuole imporre. Tutto ciò che resiste al martellamento viene confezionato con l’etichetta arretrato o retrogrado, e  soprattutto bigotto. La filogenesi? Una bazzecola. Non mancherà l’occasione di fare l’operazione contraria: sconfezionare il prodotto gender per controllare gli ingredienti,  ma per il momento provoca sconcerto la rapidità del marketing aggressivo sui bambini.
 
Essendo il diritto all’adozione da parte delle coppie omosessuali lo scoglio più scivoloso, il salto più spericolato, la breccia più larga nel senso comune, è sull’infanzia  che si lancia l’operazione  i- bambini-sono-d’accordo.
 
Per inciso, la stessa operazione già si intravede qua e là per  lo sdoganamento della pedofilia che ha in Italia  fin dal 1985 un portabandiera, se non ha mutato opinione nel frattempo, in Nichi Vendola (ved. Repubblica). Recentissima l’indagine IPSOS su adulti fra i 25 e 65 anni, secondo la quale un adulto su tre trova accettabile il sesso degli adulti con i minori. Con un bel marketing virale la lobby, potentissima, dei pedofili riuscirà a darsi una “dignità” nonostante la repulsione che l’adulto in salute psichica prova al pensiero.
Il trucco: pochi fanno apparire reale il  raccontato e falso ciò che le moltitudini provano effettivamente. Orwell docet.
 
Sotto il titolo “a noi piace qualsiasi tipo d’amore” – un’affermazione che Hannibal Letter sottoscriverebbe per la carne umana – YouTube ha gemmato questo fior d’inchiesta sub_dolus con il titolo “ AMORE GAY – le reazioni dei bambini,  Cosa succede se chiedi ad un bambino cos’è l’amore? E se gli chiedi cosa ne pensa dell’amore gay?
 
Una voce fuori campo pone ai bambini – da tre a undici anni – una serie di domande. ”Ti sei mai innamorato?” Incalzando   “Che cos’è l’amore per te?”  .
Il ventaglio di risposte va da un fantastico e sano “Non lo so!!”  dell’intervistato più piccolo al  desolante  e comico  ”E’ uno che ha la fidanzata e va sul  letto” .  Patetico esempio dell’impoverimento dell’affettività in conseguenza della precoce sessualizzazione  che, a partire dai media, si sta imponendo ai bambini  (ved. & ved. )
 
E l’amore “ tra due donne?” persegu_ita accanito l’intervistatore. La mimica di queste due bambine  è la prima risposta, troppo bella per essere cancellata nel montaggio del video. Segue, poi, una sequenza di volti sorridenti che dicono “Per me, sì” . Ognuno può credere che queste risposte affermative seguano effettivamente la domanda sull’amore lesbico . Oppure può sospettare che  la domanda posta ma eliminata dal video fosse un’altra, magari: “Le caramelle dovrebbero essere gratis?”
 
E’ la tecnologia, bellezza! Ti può far scambiare lucciole per lanterne.

Industria nel baratro: produzione 2013 in calo del 3%

NON è vero niente. Da noi c’è una florida ripresa e speriamo che vengano ad aiutarci dall’estero che non ci sono abbastanza italiani per tutto questo lavoro

Nonostante l’ingiustificato ottimismo, le previsioni pazze slegate dalla realtà, le visioni di luci in fondo al tunnel, i dati sulla produzione industriale nel 2013 ci fanno tornare coi piedi per terra. Si registra, infatti, un calo del 3% rispetto al 2012 e a dicembre è tornata a calare dello 0,7% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente, dopo il +1,5% di novembre. Lo rileva l’Istat che registra una contrazione su base mensile dello 0,9%. E’ in aumento, invece, il dato relativo al quarto trimestre (+0,7% rispetto al terzo).

Rispetto al dicembre 2012 sono in aumento solo i beni intermedi (+5,6%), mentre calano quelli strumentali (-5,6%), l’energia (-3,2%) e, in misura più contenuta, i beni di consumo (-1%). I settori che registrano i cali maggiori sono i macchinari e le attrezzature n.c.a (-9,9%), le industrie tessili, abbigliamento, pelli e accessori (-6,9%) e la fabbricazione di computer, prodotti di elettronica e ottica, apparecchi elettromedicali, apparecchi di misurazione e orologi (-6,5%). I maggiori incrementi sono infine nei prodotti farmaceutici di base e preparati farmaceutici (+8,0%), nella fabbricazione di apparecchiature elettriche e apparecchiature per uso domestico non elettriche (+7,5%) e della metallurgia e fabbricazione di prodotti in metallo, esclusi macchine e impianti (+7,4%).

Fonte: controlacrisi.org

Siria: primo kamikaze britannico si fa esplodere ad Aleppo, conferma di Londra

LONDRA – Le autorità di Londra hanno confermato che il primo kamikaze britannico si è fatto esplodere in Siria.
Secondo la Bbc, l’uomo si sarebbe lanciato la scorsa settimana con un camion imbottito di esplosivo contro il carcere di Aleppo. La notizia era stata diffusa nei giorni scorsi da alcuni media britannici.
http://italian.irib.ir/notizie/mondo/item/154127

C’erano una volta i maschietti e le femminucce.

fiabe_gay
famiglia
Sarà o no legittimo chiedersi se questa è una corretta educazione?
Probabilmente non è più legittimo nemmeno farsi la domanda…
Ovviamente il tutto risponde a una precisa Agenda…
PS: per fortuna che era la chiesa il pericolo per l’infanzia. E questi qui? Adesso forse diventa chiaro il perchè è stata montata ad arte la gigantesca campagna di sputtanamento della chiesa cattolica…
Ma lo scopo finale, il motivo?
Leggi questo post

TTIP: ci hanno chiesto se siamo d’accordo?

Come al solito, la diffusione di una notizia è inversamente proporzionale alla sua importanza…,Eppure basterebbe cosi’ poco: basterebbe avere la capacità di riflettere.,Ti sembra normale che cose cosi’ importanti avvengano senza che tu ne sappia niente?,,Ma a parte questo, sei d’accordo che si lavori a un ulteriore incremento della globalizzazione?,Sappi che a loro non interessa sapere se tu saresti stato d’accordo o no.,,Per non correre rischi, non ce l’hanno neanche detto, cosi’ il problema non si pone.,Invece ci danno ogni giorno mille notizie insignificanti, su cui ci concentrare la nostra attenzione e le nostre discussioni.
VIDEO IMPERDIBILE http://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=k0RN3aBVFLM

http://risveglioglobale.blogspot.it/2014/02/ttip-ci-hanno-chiesto-se-siamo-daccordo.html

Non chiamatelo Gattopardo, ma Pulcinella

Alan Friedman, quel giornalista americano che parla come Onllio (Oliver Hardy) laureatosi alla London School of Economics fa gli affari suoi e pensa già di vendere molte migliaia di copie del suo libro-inchiesta “Ammazziamo il Gattopardo” (Rizzoli). Le venderà, perché ha offerto anticipazioni alle più grandi testate internazionali e nazionali, tra le quali ilFinancial Times e il Corriere.
Ma chi sarebbe il Principe di Salina (Tomasi di Lampedusa), detto il Gattopardo? Napolitano, per caso? Troppa grazia! Non diciamo fesserie Onllio!  No, Napolitano non è un principe e non c’è nulla di nobile nel suo gesto di aver tramortito il popolo italiano mettendolo alla fame in nome dello spread. Un Pulcinella, un pagliaccio del Colle sapientemente diretto dai poteri internazionali, che ora, a quanto pare, non serve piùPer questo gli stanno tagliando i fili. Hanno chiamato Onllio-Friedman con saccenteria da “economista” nonché di esperto giornalista economico “super partes” a investigare. Che cosa ha raccolto Friedman? Interviste.
Ha intervistato De Benedetti a St. Moritz, il quale confessò di essersi incontrato con Monti, in quella famosa estate 2011. Ha estorto a Monti la confessione (capirai che confessione!) che Napolitano lo teneva in caldo da mesi (ancora prima dell’impennata dello spread che come è noto raggiunse il picco di 553, nell’autunno di quell’anno). Ha intervistato Prodi; ha raccontato di convulsi frenetici meeting tra Monti, Passera, Bazoli (il cattobanchiere massone) e lo stesso Prodi, per far fuori, indovinate un po’ chi? Il solito Berlusca già semi-bollito.
 
Gli attori in scena sono Monti, De Benedetti che si incontra con Monti e che come finanziere nonché nemico acerrimo di Berlusconi aveva dritte fresche di scuderia circa i mercati  (ipotesi di aggiotaggio? staremo a vedere), Napolitano che coopta Monti e Passera. Quest’ultimo avrebbe avuto il  suo programmino scritto per il rilancio dell’Italia. In cambio volle il Ministero per le Attività produttive. Napolitano che legge e approva detto programmino di Passera. Insomma, il soggetto principale del libro di Friedman  è  la tempistica sospetta che risale al giugno 2011, data nella quale si espletavano le grandi manovre del Pulcinella del Colle. Il quale ora è risentito e replica al Corriere con tono piccato in questa lettera.  (un capolavoro di falsità e di retorica).
http://sauraplesio.blogspot.it/2014/02/non-chiamatelo-gattopardo-ma-pulcinella.html
 
 
In ogni caso resta inteso che Napolitano deve andarsene per aver commessoALTO TRADIMENTO contro la repubblica italiana. Su questo non avevo dubbi prima del 2011, durante  il golpe tecno-finanziario del 2011 e dopo le sue sporche manovre che ci hanno rifilato l’Ologramma Letta, il quale continua con l’operazione saccheggio.
 
Una domandina cattiva al  giornalista Friedman:  l’avrà letto davvero il Gattopardo? Tutto, intendo. Ma soprattutto ecco la  vera domanda dalle 100 pistole: perché proprio ora? e a chi giova? chi c’è dietro a Friedman?  In sostanza Napolitano fece l’investitura a Monti quattro mesi prima (nel giugno 2011), quando ancora non esisteva la “tempesta finanziaria”. Perché ora quelli che lo hanno sostenuto hanno deciso all’improvviso di scaricarlo?
Ah, un ultimo significativo dettaglio: da domani Alan Friedman saràcollaboratore fisso del CorServa . il quale dopo averci ammannito per due anni circa la bontà del governo Monti, presentandocelo come salvatore della Patria, ora, come si vede,  ha cambiato opinione. Soprattutto  Ferruccio de Bortoli ha cambiato casacca. Mi sa tanto che questo Carnevale finisca male.