Commissione d’inchiesta in Parlamento sulla Torino-Lione

http://www.tgvallesusa.it/?p=5107

SCRITTO DA: FABRIZIO SALMONI – FEB• 01•14

Fotografia di Luca Perino

Fotografia di Luca Perino

Finalmente si è concretizzata la Commissione promessa da tempo dai parlamentari 5 Stelle. Non sappiamo cosa abbia ritardato cosi a lungo l’istituzione della Commissione ma possiamo immaginarlo: resistenze, boicottaggi, burocrazie. Non certo l’assemblaggio dei dati perchè quelli sono in possesso dei No Tav da tempo immemorabile. Salutiamo quindi con soddisfazione il lavoro dei 5 Stelle che si confermano un solido sostegno istituzionale alle istanze della Val Susa. E confidiamo che quanto documentato possa essere un primo passo di un processo che sveli all’opinione pubblica il verminaio di illegalità, interessi e procedure illecite avviate dai promotori e dai sostenitori politici dell’opera. In attesa della proposta di legge sulla responsabilità civile per le malversazioni sui soldi pubblici finora utilizzati ventilata a suo tempo dagli stessi parlamentari. Siamo fiduciosi che prima o poi i responsabili dello scempio in Val Clarea dovranno rispondere del loro operato in un tribunale. Questo il testo del comunicato inviatoci dal senatore cittadino Marco Scibona.

Il 22 gennaio 2014 è stato assegnato alla 8ª Commissione permanente (Lavori pubblici) il disegno di legge di istituzione della Commissione parlamentare di inchiesta sul progetto e la realizzazione dell’opera denominata “Linea ferroviaria ad alta velocità TorinoLione (TAV)”.

La Commissione di inchiesta si è resa necessaria a fronte dell’evidenza di molteplici atti illeciti che hanno indotto l’Amministrazione dello Stato a ritenere esistente l’utilità e la necessità collettiva della nuova linea ferroviaria ad alta velocità Torino Lione. Infatti, nonostante la realizzazione della nuova Linea ad alta velocità sialegislativamente condizionata al verificarsi della saturazione della ferrovia esistente e nonostante l’evidenza che non è prevedibile alcuna saturazione di quest’ultima, come ben indicato in due distinte occasioni della Corte dei Conti francesenonché dall’Ufficio Federale dei Trasporti elvetico, si è proceduto oltre.

La Commissione di inchiesta dovrà indagare, unitamente ad analoga Commissione d’inchiesta europea, su chi abbia indotto lo Stato italiano e la Comunità europea a ritenere, erroneamente, già avvenuta o prossima la saturazione della linea esistente.

A tal proposito si evidenzia che nello Statuto del Soggetto Aggiudicatore LTF Lyon Turin Ferroviarie al 10.3.2009 cosìsi legge: “La realizzazione di un nuovo collegamento ferroviario misto merciviaggiatori deve consentire di far fronte alla prossima saturazione delle infrastrutture esistenti”.

Analogamente nella richiesta di finanziamento alla UE sono contenuti errati dati su flussi di traffico nonché l’indicazione di una prossima saturazione dell’attuale linea. Ci sono evidenti anomalie anche in riferimento alle norme utilizzate per l’approvazione dell’opera del cunicolo esplorativo di Chiomonte da parte del C.I.P.E.

Infatti, nonostante nel 2006 la Presidenza del Consiglio dei Ministri avesse deciso lo stralcio del progetto dalle opere strategiche ( c.d. Legge Obiettivo) e la riconduzione alle procedure ordinarie, il C.i.pe. (firmatari Berlusconi e Miccichè) ha provveduto ad approvare il progetto ai sensi della Legge Obiettivo e non di quella ordinaria.

Lo scopo di avvalersi della Legge Obiettivo è ovvio: il progetto del cunicolo esplorativo di Chiomonte (Maddalena) non sarebbe mai stato approvato dal C.I.P.E. se si fosse applicata la legge ordinaria, in quanto estrapolato da altra e diversa opera definitivamente abbandonata, il cunicolo esplorativo di Venaus.

L’utilizzo della Legge Obiettivo al posto della normativa ordinaria costituisce l’illecito artifizio giuridico teso al mantenimento dell’appalto vinto nel 2005 dalla Venaus S.c.a.r.l. (C.M.C.), appalto riferito alla realizzazione del cunicolo esplorativo di Venaus, opera di fatto abbandonata.

Per tale illecita ragione mai è stata indetta gara di appalto europea per il cunicolo esplorativo di Chiomonte, nonostante fosse previsto dalla richiesta di finanziamento alla UE.

La futura Commissione d’inchiesta dovrà indagare sulla base di quali atti (Conferenze diServizio incluse – date per esistenti ma, di fatto, inesistenti) il C.I.P.E. abbia emesso la delibera n. 86 del 18.11.2010 e perchè abbia utilizzato la normativa di cui alla Legge Obiettivo (opere strategiche) e non abbia, invece, rigettato il progetto proposto utilizzando, come avrebbe dovuto, la normativa ordinaria.

A  tal proposito si evidenzia che nel 2009 la struttura tecnica di missione del Ministero Infrastrutture ha affermato che l’opera non è mai uscita dal novero delle infrastrutture strategiche ex legge obiettivo desumendo tale affermazione dall’allegato 7° DPEF approvato dal C.I.P.E. il 15.7.2009 (opere strategiche), allegato che, invece, indica esattamente il contrario: “alla voce valichi sono comprese le opere ricusate dalla Corte dei Conti ma non è compresa la Torino Lione”.

Queste sono le principali (ma non uniche) ragioni per l’istituzione della Commissione di inchiesta che sarà seguita da analoga in seno al futuro Parlamento Europeo.

Le sei provate accuse del M5Stelle a Napolitano

Ecco le sei  accuse rivolte al Capo dello Stato Giorgio Napolitano. 

Riportiamo il testo integrale della richiesta di messa in stato di accusa per “ Attentato alla Costituzione”, presentato questo 30 gennaio 2014  in Parlamento dal Movimento 5 Stelle nei confronti del Presidente della Repubblica.

 
 Accusa n.1:  “Espropriazione della funzione legislativa” del Parlamento e abuso della decretazione d’urgenza

 «La forma di governo parlamentare, alla luce dell’attività normativa del Governo, pienamente avallata dalla connessa promulgazione da parte del Presidente della Repubblica, si è sostanzialmente trasformata in «presidenziale» o «direttoriale», in cui il ruolo costituzionale del Parlamento è annientato in nome dell’attività normativa derivante dal combinato Governo-Presidenza della Repubblica».
 
Accusa n. 2 : “Riforma della Costituzione e del sistema elettorale”. «Il Presidente della Repubblica ha formalmente e informalmente incalzato e sollecitato il Parlamento all’approvazione di un disegno di legge costituzionale volto a configurare una procedura straordinaria e derogatoria del Testo fondamentale, sia sotto il profilo procedimentale che sotto quello degli organi deputati a modificare la Costituzione repubblicana».
 
Accusa n.3: “Mancato esercizio del potere di rinvio presidenziale”: «Il Presidente della Repubblica, recita l’articolo 74 della Costituzione, prima di promulgare un progetto approvato dalle due Camere, può rinviarlo al mittente, chiedendo una nuova deliberazione. Il rinvio presidenziale costituisce una funzione di controllo preventivo, posto a garanzia della complessiva coerenza del sistema costituzionale. Spiccano, con evidenza, alcuni mancati e doverosi interventi di rinvio presidenziale, connessi a norme viziate da incostituzionalità manifesta». Come gli esempi i M5s citano il lodo Alfano e il legittimo impedimento.
 
 Accusa n.4 . “Seconda elezione del presidente della Repubblica”, il documento afferma: “Ai sensi dell’articolo 85, primo comma, della costituzione ‘il presidente della Repubblica è eletto per sette anni. É, dunque, evidente che il testo costituzionale non contempla la possibilità dello svolgimento del doppio mandato da parte del capo dello Stato. A tal riguardo, il presidente Ciampi ebbe a dichiarare che: ‘il rinnovo di un mandato lungo, quale è quello settennale, mal si confà alle caratteristiche proprie della forma repubblicana del nostro Stato’. In definitiva, anche in occasione della sua rielezione, il presidente della Repubblica – accettando il nuovo e doppio incarico – ha violato la forma e la sostanza del testo costituzionale, connesso ai suoi principi fondamentali.

Accusa n. 5:  “Improprio esercizio del potere di grazia”, è argomentata  con il fatto che “l’articolo 87 della Costituzione assegna al presidente della Repubblica la possibilità di concedere la grazia e di commutare le pene. La corte costituzionale ha sancito, a tal riguardo, con sentenza n. 200 del 2006, che tale istituto trova supporto costituzionale esclusivamente al fine di ‘mitigare o elidere il trattamento sanzionatorio per eccezionali ragioni umanitarie’.

Viceversa, in data 21 dicembre 2012, il capo dello Stato ha firmato il decreto con cui è stata concessa al direttore del quotidiano Il Giornale, dott. Sallusti, la commutazione della pena detentiva ancora da espiare nella corrispondente pena pecuniaria. A sostegno di tale provvedimento presidenziale, il Quirinale ha ‘valutato che la volontà politica bipartisan espressa in disegni di legge e sostenuta dal governo, non si è ancora tradotta in norme legislative’.

Analogamente, il presidente della repubblica, in data 5 aprile 2013 ha concesso la grazia al colonnello Joseph L. Romano, in relazione alla condanna alla pena della reclusione e alle pene accessorie inflitta con sentenza della Corte d’Appello di Milano del 15 dicembre 2010. La presidenza della Repubblica ha reso noto che, nel caso concreto, ‘l’esercizio del potere di clemenza ha così ovviato a una situazione di evidente delicatezza sotto il profilo delle relazioni bilaterali con un paese amico’.

Con nota del 13 agosto 2013, inoltre, il presidente della Repubblica ha impropriamente indicato le modalità dell’esercizio del potere di grazia, con riferimento alla condanna definitiva del dottor Berlusconi, a seguito di sentenza penale irrevocabile relativa a gravissimi reati. Dunque, anche con riguardo agli istituti di clemenza, il potere nelle mani del capo dello Stato ha subito una palese distorsione, ai fini risolutivi di controversie relative alla politica estera ed interna del Paese.

Infine nelle motivazioni all’accusa numero 6, “Rapporto con la magistratura: processo Stato-mafia”, si afferma che “anche nell’ambito dei rapporti con l’ordine giudiziario i comportamenti commissivi del presidente della Repubblica si sono contraddistinti per manifeste violazioni di principi fondamentali della nostra carta costituzionale, con riferimento all’autonomia e all’indipendenza della magistratura da ogni altro potere statuale.
 
 La presidenza della Repubblica, attraverso il suo segretario generale, in data 4 aprile 2012, ha inviato al procuratore generale presso la Corte di Cassazione una lettera nella quale si chiedevano chiarimenti sulla configurabilità penale della condotta di taluni esponenti politici coinvolti nell’indagine concernente la trattativa Stato-mafia e, addirittura, segnalando l’opportunità di raggiungere una visione giuridicamente univoca tra le Procure di Palermo, Firenze e Caltanissetta.
 
 Inoltre, il presidente della Repubblica ha sollevato conflitto di attribuzione dinanzi alla Corte costituzionale nei confronti della Procura della Repubblica di Palermo, in merito ad alcune intercettazioni telefoniche indirette riguardanti lo stesso capo dello Stato.
Tale iniziativa presidenziale, fortemente stigmatizzata anche da un presidente emerito della Corte costituzionale, ha mostrato un grave atteggiamento intimidatorio nei confronti della magistratura, oltretutto nell’ambito di un delicatissimo procedimento penale concernente la presunta trattativa tra le istituzioni statali e la criminalità organizzata.

Sempre con riferimento al suddetto procedimento penale, il presidente della Repubblica ha inviato al presidente della Corte di Assise di Palermo una missiva, al fine di sottrarsi alla prova testimoniale.
 In particolare egli ha auspicato che la Corte potesse valutare ‘nel corso del dibattimento a norma dell’art. 495, comma 4, Cpp il reale contributo che le mie dichiarazioni, sulle circostanze in relazione alle quali è stata ammessa la testimonianza, potrebbero effettivamente arrecare all’accertamento processuale in corso'”.
 
A cura  di Michele Sequenzia-Torino

30 Gennaio 2014  – http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=22950

L’ITALIA METTE IN VENDITA LE PROPRIE RISERVE AUREE MENTRE LA PROSPETTIVA DEL GOLD STANDARD DIVIENE SEMPRE PIÙ CREDIBILE

:::: Giacomo Gabellini :::: 31 gennaio, 2014 ::::
  
Nell’estate del 2012, mentre infuocava la crisi della zona-euro, il presidente russo Vladimir Putin affermò che «Si deve riconoscere che non si vede alcuna opzione per superare l’attuale crisi economica globale» (1). Putin pronunciò queste parole dopo aver speso oltre 500 milioni di dollari al mese per tutti i cinque anni precedenti allo scopo di accrescere le riserve auree russe, in modo da diversificare gli attivi nazionali al di fuori di dollari ed euro. La Repubblica Popolare Cinese ha fatto lo stesso, accumulando ulteriori 500 tonnellate di oro dal gennaio al luglio 2012, nel tentativo di tutelarsi dai rischi valutari connessi alle enormi riserve di “capitale fittizio” espresso in divisa statunitense detenute dalla People’s Bank of China. «Le mie fonti – sostiene il gestore di fondi a Hong Kong William Kaye, ex di Goldman Sachs – mi dicono che, contrariamente alle cifre ufficiali disponibili, la Cina possiede fra 4.000 e 8.000 tonnellate di oro fisico. Non solo i cinesi sono i più grandi produttori di oro, ma sono anche i maggiori importatori di oro al mondo» (2).
 
Kaye rivela anche che una parte consistente dell’immane quantità di oro immagazzinata dalla Cina provenga dalla Federal Reserve, che nel corso degli anni si sarebbe sbarazzata progressivamente (addirittura fino all’esaurimento!), delle proprie riserve auree.
Già nel novembre del 2011, per la verità, il Venezuela aveva attuato l’operazione “Oro Patrio”, attraverso la quale il Paese sudamericano riprese il controllo fisico di circa 30 tonnellate del proprio oro che erano conservate prevalentemente in Gran Bretagna, Francia, Lussemburgo e Svizzera. La decisione risaliva al mese di agosto, quando Hugo Chavez aveva firmato una legge che prevedeva la nazionalizzazione dello sfruttamento delle riserve aurifere del Venezuela, e successivamente sostenuto che a causa delle eccessive turbolenze economiche e politiche che affliggevano l’Europa, era giunto il momento di mettere in salvo le riserve auree venezuelane custodite nel “vecchio continente”, trasferendole in nazioni alleate come la Russia, la Cina o il Brasile. Incoraggiati dall’atteggiamento tenuto da Russia, Cina e Venezuela e dalla effettiva “disconnessione” tra domanda fisica e andamento dei prezzi dovuta alla massiccia speculazione promossa dalla Fed a sostegno del dollaro, anche i magnati George Soros, Warren Buffett, e John Paulson hanno drasticamente alleggerito i propri investimenti azionati acquistando oro per oltre 150 milioni di dollari a testa. La Pacific Investment Management Company (PIMCO), grande società di gestione degli investimenti (gestisce oltre 2.000 miliardi di dollari), ha incrementato la quota in oro presente nel suo Commodity Total Return Fund, portandola dal 10,5% degli attivi totali del giugno 2012 all’11,5% dell’agosto dello stesso anno. Nel gennaio 2013, la Germania (che possiede ufficialmente le seconde riserve auree mondiali, quantificabili in circa 3.396 tonnellate per un valore di 133 miliardi di euro) ha pubblicamente notificato l’intenzione di porre, entro il 2020, almeno metà delle proprie riserve auree sotto il proprio controllo diretto, subito prima che la Bundesbank inoltrasse una richiesta relativa al rimpatrio del proprio oro dai depositi negli Stati Uniti e in Francia, nel tentativo di riportare nelle casse tedesche ben 374 tonnellate d’oro (11% del totale) da Parigi ed altre 300 (8% del totale) da New York (ove ne rimarrà depositato il 37% del totale, con il rimanente 13% depositato in Gran Bretagna). Ciò testimonia un calo di fiducia reciproca tra le principali Banche Centrali suscettibile di insinuare un certo nervosismo tra gli operatori finanziari, i quali potrebbero leggere questa mossa tattica in parallelo a quanto accadde quando la Francia di Charles De Gaulle ritirò il proprio oro dagli Stati Uniti e convertì tutta la propria riserva in valuta pregiata contribuendo a far crollare il sistema monetario nato a Bretton Woods nel 1944. La decisione della Bundesbank di porre i lingotti sotto il proprio controllo diretto, evitando qualsiasi tipo di intermediazione, costituisce quindi un avvertimento per gli investitori.
 
«La scelta tedesca – osserva l’analista finanziario Jim Sinclair – rappresenta un incoraggiamento generale a prendere (o riprendere) il controllo dell’oro, indipendentemente da chi lo custodisca. Quando la Francia lo fece, anni fa,  si sparse il panico tra la leadership finanziaria americana. La storia guarderà a questo recupero come all’inizio della fine di un dollaro considerato come valuta di riserva privilegiata» (3).
 
Oltre a Sinclair, anche altri numerosi analisti hanno espresso l’opinione secondo cui l’attività frenetica che Cina, Russia, Germania e i più noti finanzieri a livello mondiale hanno messo in atto attorno all’oro, rappresenterebbe una chiara dimostrazione del fatto che il mondo si stia avviando verso l’adozione di un nuovo Gold Standard rivisitato e corretto, ma non privo di punti di contatto con il sistema monetario che rimase in vigore fino al 1931. Nel 2012, infatti, le banche hanno aumentato le loro riserve nette di 536 tonnellate, acquistando più lingotti d’oro in termini di volume che in qualsiasi altro anno dall’epoca del crollo di Bretton Woods.
L’abbassamento dei tassi di interesse attuato dalla BCE nonostante la forte contrarietà espressa della Germania evidenzia inoltre il fatto che la vicinanza ideologica tra gli attori accomunati dal promuovere strenuamente varie forme di quantitative easing (Stati Uniti, Giappone, Inghilterra e BCE) cozza in maniera vigorosa con la marcata inclinazione anti-inflazionistica di Berlino, che sembra cercare di tutelarsi in prospettiva di un ipotetico collasso della moneta unica europea rimpatriando il proprio ore e spingendo per l’instaurazione di un sistema monetario internazionale fondato sui principi del vecchio Gold Standard (come osservato in precedenza).
 
Come osserva l’acuto analista Ambrose Evans-Pritchard:
«A differenza di Gran Bretagna [in seguito al “divorzio” tra governo e Bank of England attuato dal ministro delle Finanze Gordon Brown tutti i membri del Commonwealth cominciarono a vendere le proprie riserve auree] nel 1998, Spagna, Svizzera, Olanda e altri, la Germania non ha venduto nessuno dei suoi lingotti d’oro, quando questo era di moda. E nemmeno l’Italia. I due Paesi ora possono stare seduti su riserve sostanziali che stanno iniziando ad assumere un significato politico» (4).
 
L’Italia, tuttavia, rischia di perdere definitivamente questo immenso capitale strategico per via di un incredibile decreto legge volto a modificare l’assetto dei proprietari della Banca d’Italia, controllata (come osservato in precedenza) dai più potenti cartelli finanziari operanti all’interno del Paese, Intesa-Sanpaolo e Unicredit in primis. Il provvedimento varato dall’esecutivo guidato da Enrico Letta prevede infatti un’enorme concessione agli istituti bancari in attesa degli stress-test comunitari, rappresentata dalla rivalutazione del valore nominale della quota societaria della Banca d’Italia attraverso una ricapitalizzazione gratuita da 156.000 euro (equivalenti ai 300 milioni di lire stabiliti nel 1936) a 7,5 miliardi di euro (legata ufficialmente all’accumulo, capitalizzato nel corso dei decenni dalla stessa Bankitalia, di riserve aggiuntive pari a circa 23 miliardi di euro) da attingere alle riserve della stessa Banca Centrale. In base al decreto legge, sarà attuato un programma di ripartizione del capitale della Banca d’Italia in quote nominative di partecipazione del taglio di 20.000 euro ciascuna, completato il quale verrà introdotto il divieto per ogni azionista di detenere quote superiori al 3% delle azioni. Siccome la partecipazione di Intesa-Sanpaolo e Unicredit al capitale della Banca d’Italia ammonta complessivamente a circa il 60%, si è pensato bene di aiutare tali istituti a piazzare le loro plusvalenze (quantificabili in circa 3 miliardi di euro) risultanti dalla rivalutazione del capitale della Banca Centrale e dalla fissazione del tetto massimo sulle azioni imponendo la stessa Banca d’Italia come acquirente temporaneo di tutte le quote in eccesso. Banca d’Italia, «Al fine di favorire il rispetto dei limiti di partecipazione al proprio capitale, può acquistare temporaneamente [versando a Unicredit e a Intesa-Sanpaolo una cifra complessiva superiore ai 4 miliardi di euro] le proprie quote di partecipazione e stipulare contratti aventi ad oggetto le medesime» (5), recita il decreto. Se si pensa che nel 2005 era stata approvata una legge (la 262/2005), mai applicata, che prevedeva la ri-nazionalizzazione della Banca d’Italia con il passaggio del 100% delle quote dai privati allo Stato Italiano, si comprende agevolmente come questa manovra rappresenti in tutta evidenza un colossale “regalo” ai due grandi istituti in questione finalizzato a consolidare il loro potere in vista dell’imminente “unione bancaria” che rischia di sancire la conquista del comparto bancario “periferico” da parte di quello “centrale”, con l’aggravante che la vendita delle quote legate alla ricapitalizzazione (basata sul nulla) della Banca d’Italia equivale di fatto a una creazione di liquidità ex nihilo che anziché andare a vantaggio dello Stato verrà integralmente incassata da Intesa-Sanpaolo e Unicredit. L’aspetto più distruttivo di questa manovra, che si ricollega al tema centrale dell’oro, è tuttavia rappresentato dal fatto che gli azionisti della Banca d’Italia potranno mettere le mani sulla riserva aurea detenuta da Palazzo Koch (che ammonta a circa 2.450 tonnellate), privando il Paese di un strumento che potrebbe rivelarsi fondamentale in un futuro non troppo lontano, come puntualmente sottolineato da Evans-Pritchard.
 
Privarsi dei lingotti in mentre Paesi come la Germania e la Russia premono per l’istituzione di un nuovo Gold Standard rappresenta senza dubbio una mossa strategicamente suicida.
 
Note
 
1) “Russia Today”, 9 luglio 2012.
2) “Ticino Live”, 5 novembre 2013.
3) “Daily Telegraph”, 15 gennaio 2013.
4) Ibidem.
5) Decreto Legge del 30 novembre 2013, n.133, Disposizioni urgenti concernenti l’IMU, l’alienazione di immobili pubblici e la Banca d’Italia.
 

Lettere dalla Val di Susa: Colpirne tre per zittirne migliaia, la Valle chiede aiuto

http://www.bmagazine.it/attualita/item/5924-lettere-dalla-val-di-susa-5-colpirne-tre-per-zittirne-migliaia,-la-valle-chiede-aiuto

Barbara Debernardi Scritto da  Barbara Debernardi
Lettere dalla Val di Susa#5: Colpirne tre per zittirne migliaia, la Valle chiede aiuto

 “Amiche, amici, fratelli, sorelle, compagni, compagne, che avete con noi condiviso un piatto di pasta o un pensiero, che avete sottoscritto con noi lettere di protesta e grida di indignazione, che avete costruito insieme a noi percorsi e progetti, che avete scritto per chiedere informazioni o per sperimentare la nostra ospitalità, che avete con noi e grazie a noi sperato concretamente in un futuro diverso, che avete eletto la Valle di Susa a patria ideale e la nostra Resistenza a modello, carissime/i tutte/i, oggi, con dignitosa umiltà, è la Valle a chiedere a voi aiuto.

Alberto, il nostro generoso, vulcanico, onesto, geniale Alberto, che solo i media possono definire leader, perché lui è ben altro e ben di più,

Loredana, la mia ex collega e la mia sempre amica Loredana, che fa la nonna e il Sindaco con altrettanta forte e sorridente passione,

Giorgio, l’ex Sindaco, l’ex Assessore, il mai ex attivista e per me compagno di mille estenuanti riunioni di Comunità montana,

si trovano oggi condannati a pagare il folle indennizzo di 214.180,40 euro per aver impedito tra l’11 e il 12 gennaio 2010 un sondaggio farsa finalizzato a dare una parvenza di scientificità alla truffa chiamata TAV. Hanno scelto tre persone, da colpire individualmente, per cercare di zittirne migliaia. Perché chiunque di noi poteva essere al loro posto. E perché fino ad oggi nulla ci ha fermato. Non il carcere preventivo, non la campagna diffamatoria, non le accuse di terrorismo. Non i manganelli e i lacrimogeni. Non gli incendi ai nostri presidi.

E non ci fermerà neppure il tentativo di rovinare economicamente tre di noi. Perché Alberto, Loredana e Giorgio non sono soli. Loro sono la Valle.

Ecco perché vi chiedo aiuto. Perché quelle spese le dobbiamo pagare tutti insieme. Come insieme abbiamo combattuto questi anni. Sono certa che farete ogni sforzo per darci una mano. Sono certa che vi inventerete feste e cene, autofinanziamenti e sottoscrizioni. E che alla peggio rinuncerete a due pacchetti di sigarette per spedirci 10 euro. Vi ringrazio fin d’ora, certa che in breve tempo riusciremo a raggiungere la cifra necessaria per ribadire una volta di più, che la Valle di Susa Resiste. E non si compra.

Le offerte vanno versate esclusivamente a:

Conto BancoPosta
Numero: 1004906838
Intestato a: DAVY PIETRO CEBRARI MARIA CHIARA
IBAN – IT22L0760101000001004906838

Con affetto e riconoscenza.

Barbara”

Barbara Debernardi è stata sindaco di Condove dal 2004 al 2009. Nella nostra inchiesta sul tav, Val di Susa, 2 giorni prima dell’inferno (riportata sotto), ci ha parlato della sua esperienza politica, emblematica per comprendere la trasversalità degli interessi sull’altra velocità. Suo è anche il drammatico racconto che apre il videoreportage.

La Banca canta: “Bella Ciao”

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“La banca è del Popolo”
 
Pierre Joseph Proudhon
 
di Sebastiano Caputo
 
Il sistema è delirante e crollerà su stesso. Prima i giovani alfaniani esibiscono in un convegno del Nuovo Centro Democratico untripudio di saluti romani, poi in Parlamento, la maggioranza intona “Bella Ciao” proprio mentre l’opposizione (Movimento 5 Stelle, Fratelli d’Italia e Lega Nord) sta cercando di bloccare la legge truffa pianificata mesi fa da Saccomanni che sancisce l’ulteriore rapina della Banca d’Italia e del suo patrimonio. La sua trasformazione era iniziata già nel 1981 con il “divorzio” tra il Ministero del Tesoro (all’epoca diretto da Nino Andreatta) e la Banca d’Italia (di cui il governatore era Carlo Azeglio Ciampi) descritto dall’economista Alberto Bagnai nel libro “Il tramonto dell’Euro”. La privatizzazione è avvenuta qualche anno dopo, nel 1992, con le privatizzazioni. La Banca è ormai una Società per Azioni governata dalle banche private. Si è venuta così a creare  una progressiva spoliticizzazione della politica e l’egemonia dei Signori del denaro sulle società post-tradizionali, in cui la democrazia è diventato il mezzo per veicolare gli interessi di gruppi di pressione slegati dalla volontà popolare.
 
La dialettica del mondo moderno è netta, nuova, post-industriale. C’è la Banca e ci sono i suoi nemici. La destra ha ormai tradito il concetto di nazione, la sinistra ha abbandonato la battaglia anti-capitalista. Entrambe disprezzano il popolo, la gente comune, i lavoratori. Entrambe manipolano i propri elettori facendo credere che il conflitto sia ideologico quando invece è post-ideologico. I morti, tutti, vengono derisi. I primi riesumano la simbolica fascista e neo-fascista, i secondi cantano e incantano sulle note della Resistenza.
 
Questo sistema è antropologicamente deviato, ma è forte, organizzato, arrogante, miliardario. Lo “Star System” (dai deputati di regime alle lobby, dalle banche alle multinazionali, dai reality show ai video musicali di Mtv passando per la pornografia) è sottilmente interconnesso e portatore di un modello valoriale depravato, ma organico al sistema sul quale si regge. Si godono gli ultimi privilegi. Tra vent’anni non ci saranno più.

L’Euro ci ha rovinato: ora lo dice anche Eurispes

il 30% pur avendo entrate non arriva a fine mese, da aggiungere a quelli che le entrate non ce l’hanno proprio, ma che dicono mai noi siamo un paese prospero e gli italiani non sono poveri, sono solo evasori.

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MILANO – Quasi un italiano sui tre, il 30,8%, non riesce ad arrivare a fine mese con le proprie entrate. Le regioni più in difficoltà sono quelle del Mezzogiorno dove si manifesta la più alta concentrazione di chi non arriva a fine mese (41,9% per il Sud) o è costretto ad utilizzare i propri risparmi (il 64% per il Sud e il 58,9% per le Isole).
 
A lanciare l’allarme povertà è l’Eurispes nel rapporto 2013. “Per questa domanda – ha spiegato l’Istituto – è stato registrato un tasso di non risposta decisamente alto (12%) che potrebbe indicare un disagio maggiore rispetto a quello rilevato”. Tra quanti arrivano comunque alla fine mese non manca chi, il 51,8%, vi riesce soltanto utilizzando i propri risparmi.
 
Tentare di risparmiare qualcosa risulta praticamente impossibile per tre italiani su quattro (74,7%). Sul versante delle difficoltà incontrate dagli intervistati nel pagamento delle rate del mutuo o nel saldo mensile dell’affitto per la casa, si registra nel primo caso un disagio che tocca il 29,1% e, nel secondo, il 26,8%. Il numero di quanti hanno preferito non indicare una risposta precisa tocca livelli elevati (rispettivamente il 21,5% e il 30%) tali da far ritenere più alta la quota di chi ha difficoltà a far fronte all’impegno mensile per saldare la rata del mutuo o l’affitto della propria casa. Disoccupati o inoccupati, ovvero in cerca di nuova o prima occupazione si confermano le categorie maggiormente in difficoltà, incapaci di arrivare a fine mese rispettivamente nel 44% e nel 48% dei casi oppure costretti ad utilizzare i propri risparmi, nel 72% e nel 68% dei casi. (TMNews))
 
Fonte: ilnord.it

ELEZIONI A SUSA, I 5 STELLE VOGLIONO CANDIDARE A SINDACO LUCA GIUNTI AL POSTO DI SANDRO PLANO

BY  – PUBLISHED: 02/01/2014 – SECTION: POLITICA & POTERI
di FABIO TANZILLI

Il guardiaparco Luca Giunti è in pole position come candidato a sindaco per la futura lista civica, che il Movimento 5 Stelle sta cercando di promuovere coi No Tav, Cattolici della valle e società civile.

Ma così la partita elettorale di Susa si fa davvero complicata, soprattutto per capire cosa farà Plano. Giovedì sera si è tenuta l’assemblea del Movimento 5 Stelle per decidere che strategia adottare in vista delle elezioni del 25 maggio. L’aspetto più importante riguarda la scelta del candidato a sindaco. I 5 Stelle l’hanno detto chiaro: possono accettare il nome di Plano e di altri tesserati nella lista, ma non come candidato a sindaco.

Lo spiega con schiettezza il senatore Marco Scibona: “Per coerenza non possiamo sostenere un sindaco che sia iscritto ad un partito, quindi non possiamo appoggiare Plano, perchè ha la tessera del Pd”. Scibona pone come esempio proprio quanto avvenuto ad Avigliana nel 2011: “Anche in quel caso siamo stati d’accordo nel realizzare una lista civica unita, e abbiamo vinto, con un candidato sindaco indipendente dai partiti, come Angelo Patrizio. Questo non esclude che dentro la lista ci siano componenti dei vari partiti, proprio come avviene ad Avigliana. Perchè non fare lo stesso a Susa?”.

Per questo è venuto fuori il nome di Luca Giunti, guardiaparco molto attivo nel mondo del movimentismo No Tav, ma senza appartenenze politiche. E Plano? “Già come 5 Stelle abbiamo fatto due passi indietro per trovare una mediazione – dice Scibona – rinunciando a presentarci con il nostro simbolo, accettando di fare una lista per Susa con candidati che sono tesserati a partiti e  che, come Plano, abbiano anche già fatto due mandati amministrativi in Comune. Ma il candidato a sindaco non deve avere alcuna appartenenza politica: nè la nostra, nè quella di altri partiti”.

L’altro nome che circolava come possibile candidato, ma solo nel caso in cui il Movimento 5 Stelle avesse scelto di presentare una propria lista autonoma, era quello dell’ostetrica dell’ospedale di Susa Stefania Batzella, portavoce locale dei grillini.

“Dopo aver rinunciato all’uso del simbolo, aver rinunciato alla nostra proposta di candidato sindaco, al nostro  programma per trovare la più ampia convergenza – aggiungono i grillini – abbiamo deciso di costruire un progetto civico che non abbia come regola il limite dei due mandati per i candidati e che possa accogliere nel percorso programmatico-elettorale anche tesserati di partito, se di comprovata indipendenza dalle segreterie partitiche”.

Ma non vogliono un sindaco con la tessera: “Abbiamo la necessità di trovare un candidato sindaco che mette insieme noi, il movimento No Tav, i cattolici di Valle e la società civile, e nella riunione di giovedì sera sono stati valutati dei nomi tra i presenti. Tra questi, uno in particolare, non iscritto né a partiti né al Movimento 5 Stelle, ha raccolto il maggior consenso anche a seguito della sua manifesta volontà di candidarsi a sindaco solo come fulcro in grado di unire le varie anime politiche”.
E questo candidato “indipendente” sarebbe proprio il guardiaparco Luca Giunti: “Nei prossimi giorni, il comitato promotore della lista civica unitaria, cercherà il consenso di tutte le varie sensibilità presenti a Susa ed interessate al progetto – concludono i 5 Stelle – per appianare ogni possibile residuale conflittualità e dedicarsi a tempo pieno alla scrittura del programma per Susa, e alla scelta dei candidati da inserire in lista”.
Per chi non lo conoscesse, Luca Giunti è uno degli attivisti No Tav di spicco in Val Susa. Nel corso degli anni ha collaborato anche con la Comunità Montana e le varie associazioni ambientaliste, a titolo volontario, in qualità di consulente tecnico-ambientale.
Dal 1987 lavora come guardaparco all’Orsiera Rocciavrè. Nasce a Genova nel 1961, si è laureato in Scienze naturali all’Università di Torino con la tesi “Analisi storica e situazione attuale del lupo in Val Susa”. Collabora con l’Università di Torino, per la quale tiene un Corso di Fotografia Naturalistica e lezioni su ricerche naturali ed ecologiche e su educazione ambientale.
 Resta ora da capire cosa ne pensa Plano. Accetterà il ruolo di “comprimario”, in tandem con Luca Giunti, magari da vicesindaco, o sceglierà di andare per la sua strada, con un’altra lista civica o del Pd?
Intanto, sicuro di presentarsi a maggio con una propria lista autonoma è Giorgio Montabone, così come è pronta per un eventuale bis, ovviamente, il primo cittadino in carica Gemma Amprino.

CONSULENZE ALL’EUROPA: UN AFFARE DA MILIONI DI EURO FRA ZONE OSCURE E CONFLITTI DI INTERESSI

dedicato a chi si appellava in modo continuo e martellante alle autorità sovrannazionali pregando di insegnare la correttezza ed onestà all’anomalia rappresentata dall’Italia. Come se in Ue ed in Usa il clientelismo e conflitto di interessi non fosse istituzionalizzato. Basta chiamarlo lobbismo ed assume subito una valenza divinamente corretta….Come mai in Italia con numerosi pennivendoli nessuno ha scritto una riga?

:::: Valentina Pop :::: 20 gennaio, 2014 ::::

 Alvarez e Marsal, BlackRock, Oliver Wyman, Pimco: nomi che non significano nulla per l’europeo medio. Ma le consulenze finanziarie hanno giocato un ruolo prioritario per il salvataggio dell’eurozona e finora hanno gestito contribuenti in Cipro, Grecia, Irlanda, Portogallo e Spagna per oltre 80 milioni di euro. Le loro competenze “indipendenti” sono utilizzate dalla Troika per prestiti internazionali, dalla Banca Centrale Europea, dalla Commissione Europea e dal Fondo Monetario Internazionale, per decidere quanti Paesi o banche devono impedire un default. Spesso vengono assunti senza gara d’appalto, sollevando obiezioni su trasparenza e responsabilità. A volte sono assunti nonostante potenziali conflitti di interessi, derivanti da legami tra fondi di investimento e altri fornitori di servizi finanziari.
 
Le società di consulenza incaricano spesso subappaltatori, ponendo ulteriori domande in riferimento a chi ha accesso alle informazioni e su come vengono gestite. Oltre a studi legali locali, i subappaltatori quasi sempre includono una o più delle “grandi quattro” società di contabilità, Deilotte, Ernest&Young, KPMG e Price Waterhouse Coopers (PwC). Alla fine il risultato è un “cerchio d’oro” di una serie di grandi società con un monopolio di gestione dei salvataggi dell’UE.
 
Alvarez e Marsala
 
La società di consulenza newyorkese Alvarez e Marsala ha guadagnato 2 milioni di euro per creare “bad bank” in Spagna nel 2012. In un tipico modello, ha fatto confluire nello studio legale spagnolo Cuatrecasas una società di servizi finanziari giapponese chiamata Nomura e PwC per fare il lavoro.
 
Ha guadagnato 6,6 milioni di euro per il suo lavoro sul salvataggio cipriota, ma proprio il caso Cipro ha causato uno scandalo portando alla luce la questione.
 
Secondo un audit interno da parte del consiglio della banca centrale di Cipro, ha ottenuto il denaro pur risultando inammissibile per una parte del lavoro.Il documento di revisione, visto da osservatori europei, mostra che ha ottenuto 1,1 milioni di euro più IVA per la valutazione della banca di Cipro, principale finanziatore dell’isola, fino al dicembre 2012. Inoltre ha avuto una quota di ampliamento del servizio di 250.000 euro per continuare il lavoro nel 2013.
 
Nel dicembre 2012, con Cipro in lotta per ottenere un piano di salvataggio dagli altri Stati dell’eurozona, il capo della banca centrale, Panicos Demetrides, ha incaricato Alvarez e Marsal per nuovi contratti. Lo ha fatto nonostante il Consiglio avesse escluso la consulenza a causa di “potenziali conflitti di interessi” legati alla valutazione della Banca di Cipro. Ha poi dato ad Alvarez e Marsal due dei nuovi contratti nonostante la preoccupazione del Consiglio di Amministrazione. All’inizio del 2013, ha ottenuto 960.000 euro più IVA e costi di oltre 270.000 euro per esaminare progetti di ricapitalizzazione di banche cipriote. Ha anche ottenuto 2,7 milioni di euro più IVA e spese fino a 540,000 mila euro per aiutare a ristrutturare la stessa banca di Cipro e la banca Laiki.
 
Lo scandalo della tassa segreta
 
Per quanto riguarda i “conflitti di interesse evidenziati” si trattava tuttavia, della punta dell’iceberg.
Lo scandalo è scoppiato nell’ottobre 2013, quando i media ciprioti hanno riferito che Demetriades ha premiato Alvarez e Marsal con una elevata quota da 15 milioni di euro senza comunicarlo al Consiglio. L’importo del bonus ammonta allo 0,1 percento del valore totale del costo di ricapitalizzazione delle banche di Cipro (15,7 miliardi).
Sulla base di una corrispondenza interna e contratti redatti fino al marzo 2013, il direttore di consulenza Hal Hirsch e Dematries, si dicevano in linea di principio d’accordo per il pagamento del canone, “con qualsiasi mezzo” la ricapitalizzazione doveva essere eseguita. A seguito di confusi colloqui a Bruxelles, l’accordo finale di salvataggio includeva il sequestro dei versamenti privati dei risparmiatori con risparmi oltre i 100.000 euro. Il bonus segreto pone la seguente domanda: quale era l’obiettivo di Alvarez e Marsal nelle valutazioni delle banche Cipriote quando doveva successivamente averne una parte dei soldi del “salvataggio” stesso?
Lo scandalo mostra anche cosa può succedere quando gli appalti sono aggiudicati a porte chiuse. Demetriades in una nota di ottobre sostenne di accettare l’obolo sotto la pressione dalla società statunitense. La banca centrale nel documento di revisione lo citava sottolineando le condizioni dell’accordo: “Firmato sotto costrizione. Il signor Hirsch ha minacciato di abbandonare Cipro al culmine della crisi se non avessi firmato”.
Ai primi di settembre, dopo che la banca centrale aveva concluso il contratto con la società di consulenza, questa ha insistito che doveva essere pagato l’intero importo di 15 milioni di euro. Ma quando il Consiglio si ribellò, protestando di non essere a conoscenza dell’affare, la ditta statunitense si offrì di prendere meno. “Concorderemo per un compenso di ricapitalizzazione pari a 4,75 milioni di euro. È una riduzione molto considerevole e volontaria e non dovrebbe essere soggetta ad ulteriori trattative”, così Hirsch in una lettera alla banca centrale del 19 settembre.
 
Lo scandalo non è ancora finito
 
Il parlamento e il pubblico ministero ciprioti hanno avviato indagini sugli eventi. Un portavoce di Alvares e Marsala si è rifiutato di commentare perché sono in corso le indagini. La ditta sta provando a svincolarsi dalla situazione. Ha detto in una lettera alla Banca centrale, in data 26 ottobre 2013, che il Consiglio ha “piena discrezionalità” nel decidere l’importo della sua quota di ricapitalizzazione. Nel frattempo, il Consiglio della Banca Centrale ha messo in dubbio la pretesa di Demetriades che ha accettato “sotto costrizione”. Alvarez e Marsal non rappresentano l’unica consulenza legata alla “troika” ottenuta senza gare pubbliche.
 
Ottenere somme sbagliate
 
Nel gennaio 2011, la Banca Centrale irlandese assumeva il suo concorrente, BlackRock Solutions, poco dopo che il governo irlandese aveva presentato un piano di salvataggio FMI-EU per 85 miliardi di euro.
 
BlackRock Solutions è una piccola unità di consulenza all’interno di BlackRock, una società statunitense che è diventata negli ultimi anni il più grande fondo di gestione patrimoniale del mondo, con portafoglio clienti dal valore di 3 miliardi di euro.
 
È stato ingaggiato per prevedere quante banche irlandesi rischiano il fallimento e per effettuare uno “stress test” sui peggiori scenari per il sistema bancario irlandese. Ha ottenuto 30 milioni di euro per il suo lavoro.
 
Ha inoltre condiviso il compito con i subappaltatori, tra cui un’altra società statunitense, Boston Consulting Group e Barclays Capital, una banca d’investimento britannico.
 
Il primo intoppo c’è stato quando BlackRock Solution ha sbagliato le previsioni di profitto della banca. La Banca centrale irlandesebasandosi sui dati della consulenza, prevede profitti delle banche che ammontano a 1,9 miliardi di euro tra il 2011– 2013 anche nel peggiore dei casi. Ma nel giugno 2012, le banche sono riuscite a rendere soltanto 0,4 miliardi di euro. I politici irlandesi avevano dichiarato all’inizio che la procedura di selezione per BlackRock non era ideale. Parlando al parlamento irlandese nel 2011, Michael Noonan, ministro delle finanze irlandesi, ha affermato di aver evitato una gara pubblica a causa della pressione della Troika.
“La Banca Centrale mi ha informato, alla luce del requisito del programma UE-FMI per avvalersi di consulenti rapidamente per scopi di stabilità finanziaria, che non era possibile applicare la normale procedura di gara”, ha osservato.
 
Durante uno show televisivo, lo stesso anno, il governatore della Banca Centrale Irlandese Patrick Honohan ha detto che la procedura di selezione è stata fatta in fretta.
 
“Abbiamo avviato alcune consulenze velocemente. È incredibile, quando paghi ingenti somme di denaro, come i migliori consulenti del mondo possono venire ad accalcarsi”, ha detto all’emittente televisiva RTE il marzo 2011.
 
Alcuni parlamentari irlandesi temono che possano venir vendute informazioni riservate. BlackRock Solution aveva una conoscenza approfondita della situazione all’interno della banca irlandese non solo dal contratto di gennaio 2011.
 
La Banca centrale irlandese ha assunto la ditta statunitense anche per farsi assistere nel completamento dei riesami 2012 e 2013 del fabbisogno del capitale delle banche. Contemporaneamente, la ditta principale, BlackRock, aveva secondo una dichiarazione dell’azienda di aprile 2012, un “business di clienti in Irlanda” che vale “oltre 5 miliardi di euro” e “beni stabiliti in Irlanda” con un valore di 162 miliardi di euro.
 
Pressato dai parlamentari all’inizio di quest’anno per rilevare l’entità delle acquisizioni di BlackRock in Irlanda dal 2011, Noonan ha detto che la Banca centrale irlandese “non dispone delle informazioni richieste” e ha osservato che, in ogni caso, “BlackRock osserva normative e requisiti per appalti UE e irlandesi”.
 
Sette mesi dopo, BlackRock ha annunciato che comprerà il 3% della Banca d’Irlanda, una delle banche che la sua sussidiaria, BlackRock Solutions, ha sottoposto a “stress test” nel 2011.
 
Tom McDonnell, un economista del think tank Tasc con base a Dublino, ha detto che non c’è nessuna prova che i BlackRock utilizzino informazioni riservate. Ma ha detto che la questione è “problematica” in termini di percezione pubblica. “Sono i più grandi gestori di patrimonio al mondo, quindi avrebbero un vantaggio competitivo usando quelle informazioni riservate. Questo non vuol dire che lo hanno fatto, ma ciò crea una percezione pubblica e la possibilità o la tentazione di farlo”, ha osservato.
 
Giramenti di testa
 
Anche la Grecia diede a BlackRock Solutions un contratto simile da 12,3 milioni di euro. Comprendeva il subappalto alle quattro grandi imprese di revisione (PricewaterhouseCoopers, Ernst & Young, Deloitte Touche Tohmatsu, KPMG).
 
Secondo una relazione del New York Times, nel 2012, la Troika e tutto ciò ad essa collegata era così odiata in Grecia che BlackRock Solutions ha usato un nome falso, “Solar”, e reclutato 18 guardie di sicurezza armate per svolgere il proprio lavoro. Nel settembre del 2012, anche Cipro ha assunto Deloitte e Pimco, il più grande investitore obbligazionario del mondo e società di gestione del risparmio di dimensioni tali da rivaleggiare con BlackRock, per studiare la ricapitalizzazione delle banche.
Successivamente ha assunto BlackRock Solutions/Solar per compiere una doppia verifica sulla metodologia di Pimco, in una decisione che potrebbe aver fatto girare la testa di McDonnell. Il governo spagnolo era più diffidente delle sue controparti irlandesi e greche.
 
BlackRock Solutions ha anche realizzato un contratto per compiere uno stress test delle banche locali come parte dei requisiti voluti dalla Troika per il salvataggio da 41 miliardi della banche spagnole. Ma il Ministro dell’Economia spagnolo Luis de Guindos disse nel maggio 2012 che BlackRock Solutions rischiava il conflitto di interessi con le attività di investimento della BlackRock.
 
Il giro d’affari della BlackRock in Spagna è stimato per un valore di 5.1 miliardi di euro.
Lo stesso club, tuttavia, ha ancora il denaro dei contribuenti spagnoli.
La Spagna ha aggiudicato un appalto da 10.3 milioni di euro a Oliver Wyman un’altra società di consulenza statunitense, e a Roland Berger, una ditta tedesca.
 
Ha anche assunto Deloitte (1,8 milioni di euro), Ernest&Young (7,2 milioni di euro), e PwC (5,3 milioni di euro) per effettuare controlli.
Il Portogallo, come la Spagna, ha assunto Oliver Wyman per valutare la ricapitalizzazione del sistema bancario locale in base al programma della Troika.
Ha ottenuto 1 milione di euro per 44 giorni di lavoro.
 
PwC, la banca statunitense Citi, e McKinsey, un’altra società di consulenza statunitense, hanno avuto dei subappalti. Nel settembre 2013, la Banca Centrale Europea ha seguito l’esempio: ha assunto Oliver Wyman per valutare i conti patrimoniali delle 130 più grandi banche nell’eurozona. Si è rifiutata di fornire dettagli riguardo la quota o le procedure di gara che hanno portato alla sua scelta.
 
Perché lo fanno?
 
La questione che si presenta è perché queste società continuano a essere assunte e cosa le motiva a cercare di lavorare con la Troika.
BlackRock, Oliver Wyman, Pimco o altre società di consulenze e revisione non si sono resi disponibili per un commento.
Ma Constantin Gurdgiev, un docente di finanza al Trinity College di Dublino, dice che la mancanza di competenza nelle banche centrali è uno dei motivi.
Questo ha affermato che “durante il boom della pre-crisi nella creazione del credito, la banca centrale nazionale dei Paesi con rapida espansione del credito ha perso il personale competente che è migrato verso i fornitori privati di servizi finanziari”.
Ha aggiunto che il restante personale “spesso esegue attività meccaniche di fascicolazione e riconfezionamento” dei dati presentati dalle banche, “ha perso le competenze principali per indagare attivamente i bilanci delle banche o elaborare modelli di business performance”.
 
La richiesta della Troika di dati e di gestione della crisi era più di quello che le banche centrali potevano offrire. L’assunzione di grandi nomi nel settore delle consulenze, ha conferito ai Paesi più credibilità, specialmente nei mercati finanziari. La convalida esterna delle società statunitensi ha ammantato le perdite bancarie di oggettività, con la quale i mercati possono convivere, dice ancora Gurdgiev.
 
Richard Boy Barrett, un deputato della sinistra irlandese ha presentato diverse questioni parlamentari riguardo al BlackRock Solutions, ed è molto cinico. Dice che le maggiori società di consulenza e di revisioni dei conti sono “parte della stessa cerchia d’oro di banchieri e funzionari di governo che hanno causato la crisi finanziaria”.
 
Un’altra fonte dice che la principale motivazione per in le società di consulenza, non sono le quote da milioni di euro, ma i “contatti” con le elite istituzionali dei governi.
La fonte, un ex funzionario fiscale irlandese, che ha chiesto di rimanere nell’anonimato, richiamava incontri con rappresentanti di PwC che “fondamentalmente ha introdotto Facebook in Irlanda”.
La fonte diceva: “La burocrazia, nel senso di alti funzionari governativi, organizzava allegramente riunioni con clienti di PwC o altri potenziali clienti … Per discutere con loro del sistema fiscale irlandese. È sempre tutto molto cordiale”.
Grandi società come BlackRock affermano di avere “muraglie cinesi” che separano il loro lavoro di consulenza da altre attività. Ma persone che conoscono il funzionamento del sistema non sono d’accordo.
“Non penso sia possibile dividere l’attività in muraglie cinesi. Sono solo chiacchiere. Non è possibile”, osserva la fonte irlandese. “Se quattro o cinque anni fa PwC aveva una particolare esigenza riguardo la tassazione, era in grado di consultare il database e dire: “La persona che devi contattare all’interno del servizio fiscale irlandesi è questa e lui è specializzato nella conoscenza di una determinata area”.
 
“L’idea che essi non abbiano questo tipo di legami è completamente errata. Ecco come operano, è così che vivono”.
 
Fonte: Troika consultancies: A multi-million euro business beyond scrutiny di Valentina Pop
 
(Traduzione per Eurasia di Caterina Gallo)
 

CLAMOROSO / FRANCIA SCHIANTA COMMISSIONE EUROPEA: RIGETTATA LA RIFORMA BANCARIA

ma come? Non era la Germania che voleva imporre i dikat a tutti per salvare le sue banche? e insiste sulla Unione bancaria?
Come mai i media tacciono questa piccola notizia????
Meglio decantare quanto siamo servi noi CHE REGALIAMO SOLDI ALLE BANCHE grazie a Bella Ciao Boldrini

29 gennaio – Bruxelles –

Appena presentata la proposta di riforma strutturale dell’attivita’ bancaria della Commissione europea ha provocato reazioni dure. Il governatore della Banca di Francia Christian Noyer l’ha giudicata ”irresponsabile e contraria agli interessi dell’economia europea”. Il ministro francese Moscovici ha detto: ”La Commissione deve rispettare le legislazioni nazionali”. Il tedesco Wolfgang Schaeuble e’ sulla stessa linea. ”Profondamente preoccupata” la Federazione bancaria europea.
http://www.ilnord.it/b-1496_CLAMOROSO__FRANCIA_SCHIANTA_COMMISSIONE_EUROPEA_RIGETTATA_LA_RIFORMA_BANCARIA

La Germania abbassa l’età pensionabile da 67 a 63 anni

il fatto che se lo possa permettere credi che dipenda dal fatto che ci addebiti i costi?????
Siamo seri,  SPENDESSIMO MENO PER mafie DEL TAV, GRANDI OPERE inutili e MENO REGALIE ALLE BANCHE FORSE LE AVREMMO ANCHE NOI PENSIONI E MAGARI REDDITO DI CITTADINANZA CHE IN GERMANIA ESISTE, COME IN FRANCIA, INGHILTERRA, DANIMARCA ETC….

COLPA DEGLI ALTRI o NOSTRA?????

SE QUESTA è l’impostazione dell’articolo non vale manco la pena di leggerlo tanto è chiaro fin dal titolo

Per noi lacrime e sangue, la Germania invece abbassa l’età pensionabile da 67 a 63 anni
http://www.imolaoggi.it/2014/01/30/per-noi-lacrime-e-sangue-la-germania-invece-porta-leta-pensionabile-da-67-a-63-anni/