I ribelli uccidono i cristiani e fanno pulizia etnica nei villaggi, Cirielli avverte Letta: “L’Italia non deve d are nessun supporto agli Stati Uniti neanche indiretto”

By Angelo Iervolino – 13 settembre 2013

 Il genocidio            dei cristiani in medio oriente appoggiato dai complottisti            Euro-Sionisti e gli USA continua.

 

Il genocidio dei cristiani in medio oriente appoggiato dai complottisti Euro-Sionisti e gli USA continua.

 -Angelo Iervolino- 13 settembre 2013 –  Oggi è emersa un’altra foto e un video terribile provenienti dalla Siria, che mostrano la decapitazione di una bambina siriana. Nel video un estremista islamico che inneggia Allah Akbar (Allah è il più Grande), la famosa frase che usano tutti i ribelli siriani in particolare quelli legati al gruppo di jihadisti di al-Qaeda Jabhat al-Nusra (Nusra Front), mostra il corpo senza testa di una bambina siriana, cercando di dimostrare che la bambina abbia perso la testa durante i bombardamenti. In rete invece esce fuori una foto dove la bambina è stesa sul pavimento con la testa tagliata e dalla foto sembra essere morta per una decapitazione e non per i bombardamenti. In ogni caso non sta a me stabilire come sia morta, ma molto dubbi nascono anche perché è pratica diffusa ormai in Siria da parte dei terroristi islamici tagliare la testa ai cristiani. Infatti su molti villaggi cristiani conquistati dai ribelli siriani (in gran parte terroristi), viene innalzata la bandiera nera con due spade incrociate musulmana, che significa che tutti saranno costretti a rinnegare Gesù e il cristianesimo o gli sarà tagliata la testa. Gli abitanti di questi villaggi in gran parte sono cristiani copti e cristiani di lingua aramaica. L’aramaico è la lingua più vicina al linguaggio che usava Gesù. Queste persone che vengono massacrate che praticano il cristianesimo, ormai sono bersaglio dei terroristi di al-Qaeda, che l’Europa e gli Stati Uniti d’America stanno finanziando e rifornendo di armi. In questo contesto, ottimo l’intervento di Edmondo Cirielli (deputato salernitano), che fa un quadro abbastanza realistico della situazione siriana (vedere video). Qualche giorno fa i ribelli hanno devastato il villaggio di Maaloula, corpi di cristiani uccisi abbandonati sul ciglio delle strade, abitazioni e chiese distrutte e depredate. E’ lo scenario di Maaloula, villaggio a circa 60 chilometri a nord di Damasco invaso nei giorni scorsi dai ribelli islamisti. L’abitato, culla della tradizione cristiana siriana e unico luogo al mondo dove si parla ancora l’aramaico, è ormai una città fantasma. Molte famiglie sono bloccate nelle loro case e non possono nemmeno fuggire. Nessuno conosce le loro condizioni. In questi giorni le parrocchie della capitale hanno offerto ospitalità alle famiglie, ma i viveri non basteranno a lungo. Intere famiglie hanno lasciato tutta la loro vita a Maaloula. Non hanno bisogno solo di cibo, acqua, un letto in cui riposare ma anche di sostegno spirituale, soprattutto gli anziani, le donne e i bambini che sono riusciti a scappare dal massacro. I ribelli del Free Syrian Army (FSA) hanno invaso il villaggio lo scorso 5 settembre, sconfiggendo le truppe del regime grazie all’appoggio delle brigate al-Nusra, legate ad al-Qaeda. Dopo aver preso il controllo sulla città, gli islamisti hanno iniziato a profanare gli edifici cristiani, distruggendo le croci della cupola del monastero greco-cattolico dei santi Sergio e Bacco. Quindi le perplessità di Edmondo Cirielli, sono più che fondate, come possiamo dare un qualsiasi supporto a questi ribelli che sono dei terroristi e stanno facendo una strage di cristiani? Se Assad ha delle colpe, non gli sono da meno i ribelli che stanno massacrando la popolazione civile in particolare cristiana. Secondo il sito web del giornale americano USA Today, nel mese di aprile di quest’anno, il Ministero degli Affari Interni di Arabia Saudita ha offerto a 1.239 prigionieri condannati a morte, il perdono e un pagamento in contanti mensile per le loro famiglie in cambio della partecipazione nei combattimenti in Siria. Quindi penso che l’Italia debba lottare per trovare una soluzione politica alla guerra in Siria, e debba totalmente escludere qualsiasi partecipazione alla guerra e aiuto anche indiretto agli Stati Uniti d’America. Non solo perché l’art.11 della nostra costituzione ci vieta di attaccare altre nazioni, ma anche perché nel caso in cui per assurdo l’Italia dovesse entrare in una guerra, credo che sarebbe più opportuno aiutare i cristiani che vengono massacrati in Siria che i loro carnefici musulmani che sono terroristi di al-Qaeda e prigionieri condannati a morte dell’Arabia Saudita. Faccio una appello a tutti per ricordare le radici del nostro paese, cosa che qualcuno vuole estirpare.

 11.09.2013 – Intervento CIRIELLI EDMONDO – Crisi siriana:

http://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=YqyA5vNLOzA

 16.09.2012 – Idlib – Bambina decapitata dai ribelli Siriani:

 Le immagini contenute in questo video sono esplicite e raffigurano scene di guerra in Siria. E’ sconsigliata la visione ad un pubblico non adulto e facilmente impressionabile.

 Fonti:

 http://www.imolaoggi.it/2013/09/10/siria-ribelli-devastano-il-villaggio-di-maaloula-chiese-distrutte-e-cristiani-uccisi/

 http://www.asianews.it/notizie-it/Maaloula,-cristiani-in-fuga-dal-villaggio-dove-si-parla-la-lingua-di-Ges%C3%B9-28942.html

 http://www.sedmitza.ru/text/4053224.html

.http://lenewsdiangeloiervolino.altervista.org/blog/1249

  

IL CASO “RUSSIA TODAY”, LA VERA FACCIA DELLA LIBERTÀ DI STAMPA

:::: Marco Nocera :::: 16 settembre, 2013 ::::

 

Negli ultimi giorni di agosto, il governo USA ha bloccato la diffusione del canale Russia Today sul territorio nordamericano. L’emittente, che si è sempre contraddistinta dai media controllati dalle corporation per la sua indipendenza da grandi finanziatori americani, ha sempre trattato con obiettività i problemi di politica internazionale dando libertà di espressione a economisti e geopolitologi “fuori dal coro”. In seguito agli sviluppi geopolitici di quest’ultimo periodo, gli USA hanno dichiarato apertamente guerra all’emittente internazionale.

 Cos’è Russia Today (RT)?

 Secondo un’indagine del Centro di Ricerca PEW, Russia Today è il più grande fornitore di notizie su YouTube[1]. Russia Today è un canale televisivo internazionale, registrato come organizzazione autonoma non a scopo di lucro[2], con sede a Mosca presso Borovaya ulitsa, che vanta un elevato numero di contatti raggiunti in tutto il mondo. La sua diffusione è dovuta anche al fatto che venga trasmesso in più lingue: russo, inglese, spagnolo ed arabo. Russia Today è molto di più di un semplice canale di notizie 24 ore, trasmette documentari, programmi di approfondimento su geopolitica, economia, politica, tecnologia, interviste, talk-show, dibattiti, sport e molto altro. Russia Today è visibile sia su internet, per mezzo della pagina ufficiale, come anche sul satellite sulle piattaforme: EUTELSAT HOT BIRD 13B (HD), Astra 1L (HD), EUTELSAT 28A (HD), EUTELSAT HOT BIRD 13C (SD), Astra 1M (SD), EUTELSAT 28A (SD), Hispasat 1C (SD) oltre che sui supporti DTH (Direct-broadcast satellite) sulle piattaforme SKY e TivuSat[3]Il canale viene trasmesso in totale da 30 satelliti, 500 tv via cavo a 550 milioni di persone in più di 100 stati. Nel 2011 è stato il canale straniero più seguito negli Stati Uniti dopo la BBC World News[4], nel 2012 è giunta al primo posto tra le emittenti straniere più seguite in 5 aree urbane degli Stati Uniti[5], nel 2013 è stata il primo canale televisivo della storia a raggiungere un miliardo di visualizzazione si YouTube[6]. Nel Regno Unito, nella seconda parte dell’anno 2012, secondo il Broadcasters’ Audience Research Board, tra i 2,25 e i 2,5 milioni di inglesi, si sono sintonizzati su RT. Russia Today, in Gran Bretagna, è a tutti gli effetti il più popolare canale di notizie dopo la BBC e SKY[7]. Esiste, oltre al canale di YouTube, un sito ufficiale aggiornato costantemente con tutte le notizie dal mondo, più pagine Facebook in diverse lingue, con aggiornamenti immediati, pagine Twitter, Google+ e Instagram.  Nonostante sia stata lanciata in tempi recenti, il 10 dicembre del 2005, RT si è imposta, a tutti gli effetti, a livello planetario, come informazione alternativa a quella dei grandi marchi storici del giornalismo televisivo americano ed estero. Ad un simile successo, è inevitabile che si accompagnino le inimicizie, le critiche e, purtroppo, le opere di censura.

 Il caso della censura USA

 Sul finire del mese di agosto 2013, le tensioni internazionali tra USA e Siria andavano acuendosi. Il Governo nordamericano aveva già predisposto una campagna diffamatoria contro la Siria, sostenendo che il legittimo governo siriano di Bashar Al-Assad stesse usando armi chimiche contro la propria popolazione, giustificando così di fatto un intervento militare statunitense nella regione. Se da una parte i media mainstreamer, come in tutte le altre guerre condotte dagli USA, si stavano adoperando a supportare la versione ufficiale del governo americano, Russia Today e le reti associate, di contro, avevano già individuato delle prove schiaccianti contro quanto sostenuto dal governo americano. Il 22 agosto, durante un’operazione militare dell’Esercito Arabo Siriano contro i terroristi dell’Esercito Libero Siriano nell’area di Jobar, vengono filmate all’interno di un nascondiglio dei terroristi, sostanze chimiche tossiche. Nel video mostrato da una delle reti sorelle di RT, di nome Al Youm, si vede questo magazzino usato dai ribelli per la preparazione di razzi da riempire con sostanze chimiche, e si nota chiaramente il frame qui ingrandito:

 Senza              titolo1

Sacchi bianchi di una sostanza corrosiva, fabbricata nel Regno dell’Arabia Saudita, alleati storici degli USA all’interno della regione[8]. Come se non bastasse la stessa RT trasmette il 24 di agosto un video dell’Esercito Arabo Siriano, in un altro magazzino abusivo usato dalla guerriglia, oltre ad armi e maschere antigas, si trovano scatoloni come questo:

 Senza              titolo2

Sulle cui etichette che denotano la provenienza del materiale si legge chiaramente la scritta: “Made in USA”. Le notizie delle armi chimiche stoccate dai ribelli in diversi depositi vengono addirittura confermate dall’agenzia Reuters lo stesso 24 agosto[9]. Dopo la diffusione di queste notizie su scala internazionale, i media occidentali avevano già iniziato la loro guerra contro il canale di Mosca: prima tacciando il canale di omofobia nei confronti di un giornalista James Kirchik, che in una diretta aveva criticato le misure adottate dal governo russo in materia di diritti per gli omosessuali[10], in realtà il collegamento era stato interrotto in quanto il giornalista si era messo ad inveire contro i suoi colleghi gridando all’omofobia, invece di rispondere alle domande su cui verteva la trasmissione. Il 30 agosto viene bloccato l’account Reddit del canale russo senza alcuna spiegazione, come denunciato da Margarita Simonyan redattrice capo di RT[11]. Sul sito Reddit, RT contava almeno un milione di iscritti[12]. Il 31 di agosto, sempre la Simonyan dal suo profilo Twitter denuncia il blocco di RT nel territorio USA. Il commento della capo redattrice cita:“Ero in attesa del momento in cui il nostro canale sarà bloccato negli USA. Hanno iniziato. Sono bravi nei confronti delle libertà della parola”[13]. In una precedente intervista della Simonyan alla testata Spiegel Online la giornalista denunciava che l’atteggiamento dei media occidentali nei confronti della Russia non è cambiato dalla guerra fredda. Come darle torto? Da oggi potremo affermare con certezza che neppure l’atteggiamento del governo USA è mutato in questo senso. Restiamo in attesa di nuovi sviluppi, ma il futuro per l’emittente nel territorio nordamericano, non sembra promettere nulla di buono.

 [1] http://www.youtube.com/user/RussiaToday

 [2] http://rt.com/about-us/contact-info/

 [3] http://rt.com/where-to-watch/

 [4] http://www.ipsnews.net/redir.php?idnews=50157

 [5] http://russia-briefing.com/news/russia-today-to-double-its-u-s-audience.html/

 [6] http://www.youtube.com/user/RussiaToday

 [7] http://www.newstatesman.com/world-affairs/world-affairs/2013/05/inside-russia-today-counterweight-mainstream-media-or-putins-mou

 [8] http://www.davidicke.com/headlines/tag/france/

 [9] http://www.reuters.com/article/2013/08/24/us-syria-crisis-jobar-idUSBRE97N04T20130824

 [10] http://www.internazionale.it/news/russia/2013/08/22/giornalista-usa-critica-su-russia-today-la-legge-anti-gay/

 [11] http://voiceofrussia.com/news/2013_08_30/Russia-Today-editor-in-chief-reports-problems-with-broadcasting-to-US-2017/

 [12] http://news.you-ng.it/2013/08/31/il-governo-americano-blocca-la-diffusione-del-canale-russia-today/

 [13] http://italian.ruvr.ru/2013_08_30/Gli-USA-bloccano-la-telediffusione-del-canale-Russia-Today/

 http://www.eurasia-rivista.org/il-caso-russia-today-la-vera-faccia-della-liberta-di-stampa/20143/

 

In Libia il cambio di regime degenera nell’illegalita’ e nella rovina

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DI AARON DYKES

Activist Post

 La produzione di petrolio libico scende da 1,4 milioni di barili al giorno a meno di 160.000, mentre i conflitti tribali rischiano di degenerare in guerra civile totale.

 Mentre incombe la crisi siriana e mentre aspettano di fare il loro gioco le ripercussioni dell’aver messo al potere un esercito mercenario “ribelle” allineato con al Qaeda, inimicandosi allo stesso tempo l’Iran, la Russia e altre potenze mondiali, è importante analizzare ciò che è diventata la Libia – per molti versi un analogo modello di cambiamento di regime, che comunque impallidisce in confronto a ciò che può succedere scacciando il regime di Assad, il che può provocare un duro contraccolpo sugli USA.

 La rimozione del colonnello Gheddafi per la causa della ‘democrazia’ e del ‘liberalismo occidentale’ a costo di mettere al potere le fazioni “ribelli” allineate ad al Qaeda, in ultima analisi è costata un notevole capitale politico, un po’ più di un miliardo di dollari e le vite dell’ambasciatore degli USA Chris Stevens e di altri tre americani nell’attacco al consolato di Bengasi.

 Numerosi civili sono stati uccisi e innumerevoli libici sfollati , mentre un paese del Nord Africa una volta moderno, prospero e ricco di petrolio, oro e altre risorse, è stato distrutto.

Ora la Libia rischia di infiammare una guerra civile per il controllo politico del territorio e del petrolio e scontri prolungati tra fazioni tribali, mentre degenera nel caos, nell’anarchia e nella rovina.

 Secondo l’Independent di Londra, dopo la sconfitta di Gheddafi la Libia è precipitata inosservata nella sua peggiore crisi politica ed economica. Scrive Patrick Cockburn:

 la Libia ha smesso quasi completamente di produrre petrolio, mentre il governo perde il controllo di gran parte del paese a vantaggio dei miliziani.

 Uomini della sicurezza ammutinati hanno preso controllo dei porti petroliferi del Mediterraneo e stanno cercando di vendere petrolio greggio sul mercato nero. Ali Zeidan , il primo ministro della Libia , ha minacciato di “bombardare dall’aria e dal mare” qualsiasi petroliera che cercasse di caricare illegalmente il petrolio da chi controlla quei terminali petroliferi, che sono per lo più ex ribelli che hanno rovesciato Muammar Gheddafi e sono in sciopero da luglio a causa dei bassi salari e della corruzione del governo.

[ … ]

 In una crisi crescente poco considerata fino a questo momento al di fuori dei mercati del petrolio, la produzione della Libia di greggio pregiato di alta qualità è precipitata da 1,4 milioni di barili al giorno, all’inizio di quest’anno, ai soli 160.000 barili al giorno di ora. Nonostante le minacce di usare la forza militare per riconquistare i porti petroliferi, il governo di Tripoli è stato incapace di muoversi in modo efficace contro le guardie in sciopero e le unità militari ammutinate che sono collegate alle forze secessioniste nella parte orientale del paese.

Inoltre, in seguito alla morte di Chris Stevens e alla ricaduta politica della sua morte, la Libia ha visto aumentare la violenza e gli omicidi mirati, tra cui quello del procuratore militare libico, il colonnello Yussef Ali al-Asseifar, ucciso il 29 agosto, che coordinava le indagini sugli omicidi di leader politici e giornalisti.

 Circa un mese fa, circa 1.000-1.200 detenuti sono fuggiti dalle carceri libiche, in coincidenza con le principali evasioni di massa in Iraq e in Pakistan, creando nuovi allarmi terroristici e attesi picchi di attacchi da parte di al Qaeda. Allo stesso tempo , almeno 19 prigionieri sono stati uccisi o feriti in carcere, mentre un prigioniero afferma che ai detenuti veniva sparato attraverso le sbarre mentre erano trattenuti senza accuse.

 Un debole governo dei Fratelli Musulmani detiene il potere formale, mentre i vari gruppi tribali lottano per il potere. “The Indipendent” riferisce che “è in corso una guerra tra due tribù libiche, i Zawiya e i Wirrshifana, a sole 15 miglia dall’ufficio del Primo Ministro”, mentre è stato riferito che i convogli dei diplomatici e delle ambasciate dei paesi europei sono state attaccate o diventate un bersaglio. La presenza diplomatica da parte della Francia e di altre potenze europee è stata presa di mira.

 “Attualmente stiamo assistendo al crollo dello stato in Libia, e il paese è sempre più vicino a guerre locali per i proventi del petrolio”, ha affermato la Petromatrix (società svizzera di analisi sul petrolio) in un rapporto, pur rilevando “l’occhio vigile” di BP, Shell e altre grandi compagnie petrolifere, nonché dei trasportatori e degli altri operatori del settore, mentre la produzione in una nazione tanto ricca di petrolio è quasi cessata del tutto.

 “La produzione si è fermata a causa della chiusura dei porti e la produzione ha raggiunto quasi lo zero”, ha detto a Reuters Naji Mukhtar, capo della commissione energia del GNA. L’agenzia di stampa ha anche riferito sul possibile scoppio della guerra civile:

 i dirigenti delle compagnie petrolifere dicono che il traballante governo centrale di Zeidan rischia di aumentare la violenza che potrebbe sfociare in guerra civile se usasse la forza per riconquistare giacimenti petroliferi.

[…]

 I gruppi armati hanno minacciato di chiudere il giacimento di gas di Wafa, che se chiuso causerebbe gravi carenze di energetiche nella capitale, ha detto a Reuters un funzionario delle compagnie petrolifere.

 Con l’Egitto nel caos, la Libia che cade a pezzi, il potere crescente sia dei Fratelli Musulmani che di Al Qaeda, le rinnovate tensioni in Iraq e l’azione pianificata contro la Siria che ora minaccia di coinvolgere tutta la regione, la primavera araba e i cambiamenti di regime sostenuti da Obama possono essere ufficialmente considerati un fallimento, incostituzionale e moralmente riprovevole.

 Aaron Dykes è co- fondatore di TruthstreamMedia.com, dove questo articolo è apparso per la prima volta. Come scrittore , ricercatore e video produttore ha lavorato a numerosi documentari e reportage investigativi, e usa la storia come una guida per decodificare gli eventi attuali, scoprire agende nascoste e li contrasta con la dignità offerta agli individui e riconosciuta in documenti come la Carta dei Diritti.

 Fonte: www.activistpost.com

Link: http://www.activistpost.com/2013/09/regime-change-in-libya-descends-into.html#more

5.09.2013

 Traduzione per www.ComeDonChisciotte.org a cura di REMULAZZ

 Fonte: http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=12308

LA FED NEL 2013 PERDE 200 MILIARDI DI DOLLARI! E’ PROSSIMA AL FALLIMENTO! SUMMERS SI ACCORGE DEL RISCHIO E RINUNCIA ALLA POLTRONA DELLA FED..OBAMA E’ DISPERATO..E ADESSO CHI CAZZO CI METTIAMO SEDUTO A CAPO DELLA BOMBA ATOMICA DEL VENTUNESIMO SECOLO?

  per Bill Gross l’uscita di scena di Summers è positiva per i mercati e prevede wall street in salita e il tasso del decennale in forte discesa con dollaro debole. I futures in america toccano il record…(petrolio ritraccia a 107).

non sarei sorpreso di vedere una discesa dei tassi al 2,5%, una salita di wally del 4%-5% e un dollaro a 1,38-1,40 (VERO DISASTRO PER L’ECONOMIA ITALIANA)

 Former Obama aide Summers withdraws from Fed chairman. Summers non si dice disponibile per diventare capo della Fed. chiama Obama e gli da un bel due di picche. Obama e’ il presidente americano peggiore della storia e verra’ ricordato come il negro che ha distrutto gli stati uniti. Durante i suoi mandati il debito pubblico e’ raddoppiato e il numero degli americani senza lavoro e’ a livelli record. (contando quelli che sono fuori dal mondo del lavoro)

La Fed detiene carta straccia e il recente rialzo dei tassi ha  causato una perdita di 200 miliardi di dollari almeno…al bilancio…

 The Fed’s balance sheet liabilities, which are a broad gauge of its lending to the financial system, stood at $3.6026 trillion   SEPTEMBER 2013

The Fed’s holdings of Treasuries rose to $2.012 trillion as of Wednesday, up from $2.001 trillion the previous week.

The Fed’s ownership of mortgage bonds guaranteed by Fannie Mae (FNMA.OB), Freddie Mac (FMCC.OB) and the Government National Mortgage Association (Ginnie Mae) rose to $1.303 trillion

The Fed’s holdings of debt issued by Fannie MaeFreddie Mac and the Federal Home Loan Bank system totaled $65.713 billion

 LA DURATION MEDIA E’ MOLTO ALTA, QUINDI, VISTO CHE I TASSI SONO SALITI DI CIRCA 1% E’ STIMABILE UNA PERDITA DI 200 MILIARDI..

INTANTO IL DOLLARO SI INDEBOLISCE METTENDO IN CRISI LE ESPORTAZIONI ITALIANE

 ECCO I NOMI DEI NUOVI CANDIDATI

PUTIN (dopo il suo articolo sul Nyt è il nmenro 1)

TRAPATTONI (per il suo eccezionale inglese)

BERLUSCONI (cosi’ evita la prigione)

 http://ilpunto-borsainvestimenti.blogspot.com/2013/09/la-fed-nel-2013-perde-200-miliardi-di.html


LA VALLE DELLA PAURA – In Val di Susa, dove il luddismo dei No Tav prepara il suo violento salto di qualità

settembre 13th, 2013

Cristina Giudici – IlFoglio

Nella valle della paura, lo scombicchierato romanzo luddista del conflitto sociale sorto intorno ai cantieri della Tav rischia ormai da tempo di trasformarsi in qualcosa più drammatico, e il “macabro epilogo” è in agguato nei boschi della Val di Susa. E infatti sia gli inquirenti, guidati dal procuratore generale di Torino Giancarlo Caselli, sia alcuni attivisti No Tav dell’area non violenta sono giunti alla medesima conclusione: “Presto ci potrebbe scappare il morto”, dicono al Foglio da entrambi i fronti. Ormai non passa giorno che non vi sia un atto di violenza, in una situazione di vera guerriglia, o di terrorsismo diffuso a bassa intensità. L’ultimo mercoledì notte, nella cava di Ferdinando Lazzaro dell’Italcoge, a cui i No Tav avevano già rotto un braccio durante una manifestazione, dopo minacce e buste con proiettili indirizzate al fratello Antonio, e sebbene la loro azienda non stia più lavorando per il cantiere dell’Alta velocità. Un rogo “punitivo” per la partecipazione di Ferdinando Lazzaro alla trasmissione “Virus”, in cui l’imprenditore ha denunciato il clima di paura e l’aumento delle violenze. “Non mi stupirei che tornassero anche stanotte”, racconta al Foglio Antonio Lazzaro: “Vogliono istigare lo stato ad alzare lo scontro per destabilizzare la valle e dimostrare che non hanno paura”. Un brutto romanzo, non più solo luddista. I protagonisti. C’è un ntellettuale accartocciato sui suoi rovelli che considera la Val di Susa la nostra Striscia di Gaza (Erri De Luca) e rivendica il diritto al sabotaggio. C’è il politico, diventato un bersaglio mobile, che continua a ribadire in modo ossessivo il suo monito: che la Val di Susa rischia di diventare come i Paesi baschi (Stefano Esposito, senatore Pd, protetto da una scorta dopo l’ultima minaccia, molto seria, arrivata dal fronte radicale No Tav). C’è il procuratore generale Giancarlo Caselli che, memore della sua lunga esperienza investigativa contro il terrorismo, evoca spettri simili a quelli combattuti negli anni di piombo. E c’è il poliziotto con il polso della situazione, che ha capito fino a che punto la popolazione autoctona, a parte qualche pericolosa eccezione, abbia fatto un passo indietro, consapevole che ora sta per cominciare una nuova fase, più delicata e perigliosa, in cui ci potrebbe essere il nefasto “salto di qualità”. In mezzo, c’è un magma di antagonisti di ogni estrazione e provenienza: valsusini, forestieri italiani ed europei, goffi rampolli della vecchia lotta extraparlamentare e anarchici maldestri (ma molto determinati); qualche vecchio arnese delle Brigate rosse e reduci di Prima linea. E anche “indigeni” della bassa Val di Susa, padri e figli, invecchiati e cresciuti per vent’anni a pane e No Tav divisi in due opposte fazioni: quella radicale che ha scelto la filosofia eversiva del “tanto peggio, tanto meglio” e quella “gandhiana”, che non vuole spianare il cantiere Tav, a Chiomonte. Sono questi i protagonisti di un complicato romanzo misoneista e preindustriale (“Com’era verde la mia vallata”), dove si sono però smarrite le ragioni della protesta ambientalista. La trama. Si svolge intorno a un cantiere, quello della Maddalena sul raccordo autostradale Torino-Bardonecchia, presidiato dai militari, dove si vive e si lavora come in una trincea. In una terra ormai off limits, quella della bassa Val di Susa, povera e deindustrializzata, che vuole chiudere le porte al mondo che viaggia ad alta velocità. Una valle diventata “oggetto di studio” di delegazioni palestinesi, scenario di una follia antica e contemporanea. Rappresentata come un’opera buffa su un sipario di poche decine di chilometri, dove un cantiere per un tunnel diagnostico, quello appunto della Maddalena, a Chiomonte, è diventato quasi un altare di un culto pagano per propiziare riti di guerra. Circondato da boschi tutt’attorno alla red line delle reti alte 5 metri, dove è stata costruita “la libera repubblica della Maddalena” dagli attivisti No Tav. Dentro, campeggi abusivi da cui di notte gli antagonisti escono per cercare di sabotare, cesoie alla mano, i lavori per l’alta velocità Torino-Lione che dovrebbe essere pronta – forse, chissà, magari – nel 2024. Manifestazioni pacifiche, riot notturni, giochi di posizione istituzionali e amministrativi fra sindaci no e sì Tav, e sindaci in bilico, come funamboli, che viaggiano sul filo dell’ambiguità, sia per paura di ritorsioni, sia per opportunità politica. Nel frattempo si susseguono roghi ai cantieri di imprese coinvolte nei lavori della Tav, considerati letteralmente “collaborazionisti”, manco ci fosse ancora la lotta partigiana. Evocata del resto in continuazione, dai siti web no tav, anche se sull’organo ufficiale del movimento, notavinfo, l’immagine scelta per auto-rappresentarsi è quella hollywoodiana di Keanu Reeves con un bazooka in mano nel cult film “Matrix”. Sulla linea Maginot della lotta No Tav non ci sono solo gli abitanti autoctoni, che hanno fatto della loro opposizione alla tratta dell’Alta velocità una questione di identità culturale, o di deriva identitaria, ma anche tanti vecchi arnesi dei plumbei anni 70. Come Maurizio Ferrari, per citare il più famoso, irriducibile ex brigatista, finito troppo presto in carcere per poter premere il grilletto, ma che non ha mai smesso di credere nella rivoluzione ed è finito di nuovo in galera nel gennaio nel 2012 per gli scontri avvenuti in Val di Susa. Oppure gli anarchici, che sui loro siti sostengono il diritto a rivendicare i roghi e i sabotaggi. Evocando un motto attribuito a un mitologico abitante dei boschi valsusini, il Giacu, scrivono: “Voi bella ditta fondazioni speciali, voi contenti. Voi costruire Tav, noi incazzati. Giacu incendiare vostri macchinari, voi incazzati. Noi preferire voi incazzati, noi contenti”. Quella galassia anarchica a cui appartiene anche il meno mitologico Luca Abbà, diventato agricoltore valsusino, che un anno fa è salito su un traliccio dell’alta tensione e ha rischiato di emulare Giangiacomo Feltrinelli. Salito in cima per sfuggire alla cattura dei poliziotti, è finito in coma, ma poi ha ricominciato la sua guerra. Le varie anime della lotta No Tav sono come segmenti impazziti che si sono innestati e divaricati su una protesta che è stata patrimonio di un’intera valle fino al 2005, e che invece oggi ha un altro scopo, come riconoscono un po’ tutti gli osseratori, lucidamente (o follemente) politico: costringere lo stato oppressore a inginocchiarsi in Val di Susa, sull’altare di un binario ancora da costruire. “Si-farà-non-si-farà, chi-lo sa?”, questo è il refrain su in valle, dove le informazioni, spesso sommarie, sono sempre utilizzate in modo strumentale, ma valgono come assiomi. Ed ecco perché tutto si accavalla, si incrocia, si scontra. Apparentemente senza un disegno coerente. La trama, le trame. Tutto comincia negli anni 90, quando l’intera valle (o quasi: diffidare delle autoproclamate maggioranze spontanee) si mobilita contro il progetto dell’Alta velocità, che ha costi ambientali rilevanti e taglia fuori la valle dalla tratta Torino. Il progetto si blocca e dopo un periodo di conflittualità permanente, nel 2011 si cambia direzione. Si approva un progetto diverso, si compensano i comuni coinvolti nella tratta e il conflitto finisce per concentrarsi intorno al tunnel esplorativo. Ma sono passati troppi anni, gli animi sono esacerbati e nel frattempo la Tav si è trasformata in un feticcio rivoluzionario. Il 9 settembre scorso è stato appiccato un rogo al cantiere di un’azienda coinvolta nei lavori, la Imprebeton a Salbertrand, del gruppo Itinera: è il dodicesimo dall’inizio dell’anno. Una conferma dei nefasti presagi degli inquirenti. Anche di quelli della Digos, che prevedono una recrudescenza delle violenze, e un’escalation del conflitto che potrebbe diventare più cruento nell’arco di sei mesi. Il 30 agosto due attivisti del centro sociale Askatasuna di Torino sono stati arrestati con materiale per costruire ordigni esplosivi, maschere antigas, razzi pirotecnici e taniche di benzina trovate su una Toyota diretta verso la mecca del conflitto, scortata da altre quattro autovetture. Una scoperta, che gli inquirenti interpretano come dimostrazione di un “salto di qualità criminale” per il quale usano l’aggettivo “micidiale”. Al di là dei dettagli investigativi, le discussioni sui siti No Tav circa i modi corretti di condurre la lotta mostrano una spaccatura fra chi cerca di scaricare la responsabilità dei roghi ai cantieri sugli imprenditori e chi vorrebbe esporsi e rivendicare. I leader di Askatasuna accusano gli imprenditori di essere collusi, mafiosi, collaborazionisti in cerca di un compenso economico assicurativo, grazie all’autocombustione dei loro macchinari (un’insinuazione rilanciata anche dall’attore Ascanio Celestini), gli anarchici invece sono in disaccordo. Infatti scrivono: “Se in una rivoluzione esistono forze esterne che cercano di manovrare le forze in campo per indebolire il fronte rivoluzionario (…) questa lotta è valsusina e non sarebbe giusto che esterni decidano di dare il loro contribuito al di fuori della nostra strategia (…)”. Chi sono gli “esterni”? Gianni Vattimo, che conduce gli attivisti No Tav a trovare i loro compagni in carcere con accusa di eversione e/o terrorismo, e dagli anarchici viene rifiutato come corpo estraneo, sbertucciato come “neuroparlamentare”? O gli scrittori come Erri De Luca, che, messo alle strette dal giornalista di Repubblica Paolo Griseri, ammette di aver partecipato ai sabotaggi? O gli antagonisti che, da fuori, sono arrivati per alzare lo scontro – tanto da indurre alcuni militanti No Tav a confidare all’autrice di questo articolo che “nei campeggi ci sono ormai troppe teste di cazzo”, (letterale)? Ecco perché a partecipare all’ultimo assalto al cantiere, nel luglio scorso, quando gli operai sono stati costretti a rifugiarsi nel tunnel per non essere colpiti durante lo scontro fra i cavalieri della notte incappucciati, usciti dai boschi, e i poliziotti, vi erano solo un centinaio di manifestanti locali. La maggioranza della popolazione, ora preferisce voltarsi dall’altra parte quando la miccia si accende. Anche se, come spiega Gemma Amprino, il sindaco di Susa, dove verrà aperto il cantiere per la galleria ferroviara, nel 2015 “in Val di Susa le famiglie sono divise: dilaniate da un conflitto che è entrato nel loro Dna culturale”. Eletta da una lista Pdl per dare sostegno alla costruzione dell’Alta velocità, Gemma Amprino è anche insegnante di Storia in una scuola superiore – ogni volta che entra in classe, infatti, sulla lavagna trova la scritta “No Tav”– e ha ricevuto numerose lettere intimidatorie. Che si concludono sempre con la stessa frase: “Se non ti dimetterai, la tua vita sarà breve”. Il Clima: la Valle delle mille paure. Per percepire il clima che si respira, le tante paure animate da spettri e fantasmi di questa valle, basta camminare di sera per le strade di Susa, dove negli alberghi lungo la Dora Riparia non si trovano più turisti, ma solo poliziotti che presidiano il cantiere. Oppure operai, architetti, tecnici che si spostano in incognito per sfuggire alla rabbia No Tav. Come quelli che devono assemblare la “talpa”, la chiamano così l’enorme fresa, in via di assemblaggio nel cantiere, che dovrà terminare la galleria diagnostica per verificare che non ci siano incognite ambientali nella montagna della Clarea. Sembrano usciti da un docufilm sulle zone di guerra, dove i contractors vengono da lontano per prestarsi a lavori “mercenari”. Arrivano dal Regno Unito, dalla Romania, dal Veneto, per non diventare bersagli mobili fuori dal cantiere. E si muovono veloci, per non lasciare tracce del loro passaggio. Oggi la bassa Val di Susa è diventata la valle delle paure. Paura del treno che va veloce e non fa(rà) più fermate, come cantava Francesco De Gregori, paura del progresso a cui molti residenti non vogliono né possono partecipare, paura delle polveri fini dei cantieri. Paura anche della disoccupazione, perché ad aggiudicarsi gli appalti sono ormai quasi tutte ditte forestiere e anche gli operai di qui preferiscono non finire dentro la trincea del cantiere in corso e di quelli che verranno. Paura per i figli che giocano a fare la guerra, paura per i poliziotti che hanno deciso di reprimere ogni forma di protesta perché il tempo corre e potrebbe essere già troppo tardi per impedire violenze contro le persone. Gli attivisti No Tav non possono dormire sonni tranquilli perché ad ogni momento può arrivare una visita sgradita degli agenti della Digos, mentre gli imprenditori “collusi” conversano sommessamente sempre della stessa cosa: la lotta No Tav. Alcuni di loro, che vivono nei boschi, raccontano di avere un machete sul comodino. Altri abitanti invece tacciono perché nei boschi, a pochi chilometri dalle loro case, hanno figli che giocano a fare la guerra. Lungo la linea Maginot, da Bussoleno a Susa, abitanti e amministratori, sì e No Tav, usano sempre più spesso la parola: “Guerra”. I roghi ai cantieri delle aziende si moltiplicano. Così come si moltiplicano gli arresti, i fermi degli attivisti (l’ultimo l’11 settembre contro tre anarchici che avevano minacciato una cronista di Repubblica). I sindaci dei comuni coinvolti direttamente dai cantieri hanno sposato, anche loro in modo fideistico, il progetto dell’opera pubblica in cambio di compensazioni economiche, mentre alcuni esitano per paura di ritorsioni. Molti altri, circa venti amministratori di comuni minori e il primo cittadino di Venhaus, laddove è stato scritto il primo capitolo del romanzo luddidsta, invece continuano ad opporsi. Come Sandro Patrizio, che amministra il comune di Avigliana, continuano a sostenere che la Tav è un’opera inutile, devastante e costosa, che invece di costruire treni che uccideranno gli abitanti con le polveri sottili sottratte alla montagna “stuprata” bisogna sistemare scuole e ospedali. E sposare un modello di sviluppo ecosostenibile basato sulla famosa decrescita (in)felice, che vada nella direzione opposta da quella intrapresa dal fronte nemico: i comuni dell’alta valle, come Bardonecchia. Laddove “si fa economia di rapina”, come sostiene Luca Giunti, tecnico volontario della comunità montana, che, nonostante sia contrario ai riot, considera inutile e costoso persino un capannone industriale. Con buona pace degli imprenditori che si trovano più a est, nel nordest, che si suicidano perché i loro capannoni falliscono “Ai teorici del pil preferiamo i sostenitori del Bil, il benessere interno lordo”, spiega al Foglio con massimalismo ambientalista, lui che di mestiere fa la guardia forestale, anche se poi ammette che le istanze ambientaliste sono diventate secondarie e teme che prima o poi si possa offrire un sacrificio umano sull’altare pagano del cantiere Tav. Forse ha ragione il sindaco di Sant’Antonino di Susa, Antonio Ferrentino, promotore per anni della lotta No Tav finché è stato presidente della Comunità montana, e poi passato sull’altro fronte “perché il progetto approvato nel 2011 è radicalmente opposto a quello originario: oggi si tratta di un’infrastruttura compatibile con l’ecosistema che avrà ricadute economiche positive per la popolazione”, spiega al Foglio. Ecco perché gli hanno ricoperto l’automobile di vernice gialla, di notte perché le imboscate si fanno di notte o a volto coperto, in segno di disprezzo. Cui prodest? Lungo i binari di un treno che ancora non c’è, si fa fatica a capire quante partite si stiano giocando contemporaneamente. Se sia vero, come insinuano i più oltranzisti sostenitori della Tav, che dietro gli antagonisti ci siano anche interessi più corposi, come quelli del trasportrasporto su gomma – dall’autostrada Torino-Bardonecchia transitano ogni anno 2.000 Tir, e il traforo del Frejus è in via di raddoppio, business che hanno certo da guadagnare dal rallentamento dei lavori per l’Alta velocità. Ma contro quest’altro altare di polveri sottili, il trasporto su gomma, gli antagonisti non si sono mai scagliati. C’è pure chi ha puntato polemicamente il dito contro la Sitaf, la società della Torino-Bardonecchia, ma forse sono illazioni create ad hoc, perché molti dei detrattori della Tav sono dipendenti o dirigenti della Sitaf. Come il presidente della comunità montana, Sandro Plano, militante del Pd, raccordo istituzionale della lotta No Tav che ha scritto una lettera pubblica al procuratore Caselli per condannare le violenze, ma rifiutando ogni ipotesi di un “salto di qualità” del movimento. Chissà se è vero che mentre ai piani bassi si gioca a fare la guerra, più in alto si gioca un’altra partita fra due lobby, fra quella della gomma delle autostrade contro quella delle ferrovie dello stato italiane e francesi, Ltf. E chissà se sia vero, come sostiene il commissario straordinario dell’osservatorio governativo, Mario Virano, che l’Alta velocità Torino-Lione fa parte di una delle priorità dell’Unione europea che dovrà investire il 40 per cento degli 8,2 miliardi di euro previsti per la sola tratta internazionale italo-francese, all’interno di un progetto complessivo di infrastrutture mediterranee. Come descritto dal saggio tecnico “Tav Sì”, curato dal vicepresidente dell’osservatorio, Paolo Foietta, e dal senatore simbolo di questa lotta impopolare, Stefano Esposito. A salire quassù, dove si ferma il mondo, crescono gli interrogativi e diminuiscono le risposte. E’ verosimile che il traffico merci di circa 150 miliardi all’anno verso e dalla Francia non sia diminuito con la recessione? E’ plausibile che nel 2024, quando si presume che l’opera sarà terminata, la curva del mercato import-export fra Francia e Italia sarà delle stesse dimensioni? O ci si troverà con un’opera già superata? Quello che è certo, fino a ora, è che il romanzo luddista diventa ogni giorno più complesso. Epilogo (provvisorio). Anche se poi, quando si arriva al cantiere, nella “buca”, dove sono stati scavati solo 250 metri di tunnel, viene da chiedersi: tutto qui? Tanto rumore assordante per vent’anni, due morti suicidi in carcere, feriti, intimidazioni, macchine incendiate, razzi e pietre sul cantiere, arresti di 250 attivisti, sequestri di camion e pallottole spedite ai “collaborazionisti”. E tutto per 250 metri di terra scavata? Adesso nel cantiere della Maddalena si trova il corpo inerte della “talpa”: la Tunnel boring machine, che entrerà nelle viscere della montagna per completare il tunnel esplorativo entro il 2015. E si vive in un’atmosfera di febbrile e timorosa attesa. A fine ottobre la talpa si muoverà e gli attivisti scrutano la valle in attesa del Tir che ne trasporterà le testa nel cantiere, perché nell’immaginario dei guerriglieri in erba e degli attempati professionisti degli scontri contro le forze dell’ordine, la talpa è simile a un missile Cruise. Intanto i francesi il loro tunnel esplorativo lo hanno già e sono pronti a scavare la galleria per il binario di 40 chilometri, e ci guardano con il sopracciglio alzato: i loro cavalieri incappucciati li hanno fatti girare in tondo in una piazza, come pecore, e poi basta, tutti a casa, e il tunnel è stato completato. Dentro la buca della Maddalena ogni giorno arrivano nuovi visitatori. Gli ultimi, gli esponenti del Consiglio regionale piemontese, hanno promesso nuove misure per difendere e onorare (con una medaglia) gli operai che lavorano in trincea. All’esterno, oltre la red line, attempati attivisti scattano fotografie dei collaborazionisti, ossia chiunque entri, mentre i soldati li osservano con il binocolo. “Sono entrati anche stanotte”, afferma uno dei dirigenti del cantiere. “Ti sbagli”, replica il suo collega. “Bastano delle cesoie”, insiste un altro. “Be’ non importa, quando partirà la talpa non potranno farci più nulla”, dice un altro tecnico. “Ti sbagli ancora: aperto il cantiere di Susa, in pianura sarà guerra aperta”. E così, alla domanda rimasta sospesa della giornalista, “ma chi lavora qua dentro…”, la risposta corale è immediata e sarcastica: “Loro sanno tutto, chi esce, chi entra. Hanno le vedette sulle autostrade. E questo cantiere è come la cortina di ferro: molti fanno il doppio gioco e nessuno sa mai chi si trova davanti”. Manco fossimo dentro un capitolo della “Spia che venne dal freddo”, e non in un anacronistico, incomprensibile, romanzo luddista.

LA GRANDE FUGA DAL PD!

 porca miseria che tragedia. CI penseranno i prenditori del TAV a comprare le tessere mancanti…

16 SET 2013 10:14
LA GRANDE FUGA DAL PD! TRA RINVII DEL CONGRESSO, GOVERNO DELL’INCIUCIO E 101 TRADITORI, CROLLANO GLI ISCRITTI
Da 500mila del 2012 le adesioni precipitano a 250mila nel 2013. Dai cali delle regioni rosse al flop di Roma al Sud fanalino di coda – E i renziani aprono il fronte dei segretari provinciali (quelli che decidono le candidature al parlamento): primarie aperte anche per loro…
 
1. ALLARME TESSERE PD
Silvia Bignami e Simona Poli per “La Repubblica”

Dimezzati. Rispetto al 2012 gli iscritti del Pd che finora hanno rinnovato la tessera sono 250 mila mentre alla fine dello scorso anno superavano il mezzo milione. La tendenza non è omogenea, in Emilia le adesioni toccano il 70 per cento, in Piemonte e Liguria il 60, in Toscana, Veneto e Lombardia sfiorano il 50, in Sardegna arrivano al 40 mentre dalle regioni del Sud ancora non sono neppure stati trasmessi i dati, visto che la campagna per il tesseramento sta partendo solo in questi giorni, in grandissimo ritardo rispetto al Centro-Nord. Sulla carta geografica del Pd, già piena di ombre, spicca la voragine di Roma, dove appena il 30 per cento dei quindicimila iscritti ha confermato l’adesione.
Numeri che indicano una disaffezione, che sarà difficile da recuperare. E invece la lettura del dato fornita dal vertice del Pd è tutt’altro che negativa, anzi. «Ora si apre la fase dei congressi, la gente correrà nei circoli a rinnovare la tessera, gli anni congressuali sono da sempre quelli in cui facciamo il boom degli iscritti», sostiene senza esitazioni Tore Corona, responsabile nazionale del tesseramento e dell’anagrafe, l’uomo a cui il capo dell’organizzazione Davide Zoggia ha affidato il compito di attaccarsi al telefono senza sosta per dare la sveglia ai segretari regionali e provinciali per riattivare la macchina del consenso appesantita dalle ruggini estive.

«Tradizionalmente il picco delle iscrizioni è tra settembre e novembre», spiega Corona, «quindi nessuna preoccupazione. Le tessere sono arrivate nei circoli con un ritardo di mesi rispetto alla norma, tutto è andato lento a causa delle elezioni politiche e dopo, a marzo, il contesto era abbastanza depresso ». Tra i 101 franchi tiratori di Prodi e il governo delle larghe intese, insomma, l’entusiasmo nei confronti del Pd si sarebbe parecchio raffreddato.

In Toscana (dove solo 25mila delle 58mila tessere sono al momento confermate) il segretario Ivan Ferrucci promuove due giorni di campagna per il tesseramento, con banchetti per le iscrizioni e circoli aperti non stop. I prezzi sono invariati, 15 euro per il Pd e 5 per iscriversi ai Giovani Democratici. Da qualche giorno è anche partita la novità del tesseramento on line ma qui le cifre sono più alte: «Proponiamo un «pacchetto» che include l’abbonamento alle edizioni digitali di Europa, Unità, Left e Tam Tam», dice Corona, «il costo complessivo è di 50 euro (25 per chi ha meno di 30 anni) e abbiamo già ricevuto duemila richieste».

Segna un calo anche l’Emilia, compresa la federazione di Bologna, sulla carta una delle più forti d’Italia. Ad agosto nell’intera provincia il tesseramento è arrivato al 61%, 14.058 tessere contro le circa 23mila del 2012. Dalla sede Pd di Bologna, già arrivata all’89 per cento di conferme, il segretario Raffaele Donini è ottimista ma è difficile non notare come la tessera di Romano Prodi sia una tra le più illustri a mancare quest’anno all’appello.

L’esodo però non comincia adesso, basti pensare che nel 2009, l’anno del congresso che incoronò Bersani, gli iscritti della federazione erano 35mila, circa 12mila più del 2012. E il confronto diventa impietoso se si va ancora più indietro: ai circa 65mila iscritti dell’era Pds, fino ai 120mila iscritti del Pci a Bologna. Le cose vanno un poco meglio a livello regionale: «Siamo a circa 56mila iscritti e partivamo da 82mila», spiega il segretario Stefano Bonaccini, ex bersaniano di ferro oggi vicino a Renzi.
Torino ha rinnovato il 60 per cento delle 12.500 tessere e in Piemonte la quota 2012 da raggiungere è di 19.835 iscritti. «Siamo partiti tardi», dice il segretario regionale Michele Paolino, «con tutto quello che è accaduto, il tesseramento non è stato tra le priorità». Più ottimisti in Liguria e a Genova (oltre il 60% di riconferme), dove il Pd trae beneficio dalle oltre 500mila presenze della festa organizzata al Porto antico: tanto positiva che si sta pensando di mantenere Genova come sede fissa della kermesse nazionale.

Il sud è il fanalino di coda: «In Sicilia abbiamo dei tempi diversi ma siamo certi di superare i 37mila iscritti del 2012», dice il segretario Giuseppe Lupo, franceschiniano. Enzo Amendola in Campania, dove le tessere erano 41mila, ammette: «Trovarsi in coalizione col Pdl non ha aiutato. Molti dei nostri aspettano di capire quali scelte farà il Pd sulla decadenza di Berlusconi e sul congresso». Scadenze vicine ormai, che potrebbero fare la differenza.

2. PD: DEPUTATI RENZIANI, DATI TESSERE DRAMMATICI, SUBITO PRIMARIE APERTE =
(Adnkronos) – “I dati delle adesioni al Partito democratico sono drammatici, il numero degli iscritti nel 2013 e’ crollato alla meta’ dell’anno precedente. Ora basta con i balletti sulla data del congresso e sulle regole rimesse ogni giorno in discussione: vengano convocate subito le primarie entro i termini dello statuto, il 7 novembre”. E’ quanto dichiarano i deputati del Partito democratico Lorenza Bonaccorsi, David Ermini, Federico Gelli, Ernesto Magorno.

”Secondo quanto emerge dai primi numeri disponibili -spiegano i deputati Pd- nel 2013 ci sarebbe una vera e propria fuga dal Pd. Gli iscritti erano 607.897 nel 2011, 500.163 nel 2012 e nel 2013 a malapena raggiungono i 250mila. A fronte di questi dati sconfortanti, c’e’ la grande partecipazione di militanti ed elettori alle feste del Pd, dove Matteo Renzi ha fatto il pienone in tutte le tappe. Insomma, la voglia di partecipazione e’ sotto gli occhi di tutti e non va scoraggiata con rinvii continui”.

”Ora serve un’apertura vera per il congresso -aggiungono i deputati- le primarie vanno convocate subito e devono essere veramente aperte non soltanto per il segretario nazionale e quelli regionali, come previsto dallo Statuto, ma anche per i segretari provinciali. Pensare di eleggere i dirigenti territoriali solo tra gli iscritti, di fronte al crollo di adesioni cui stiamo assistendo, sarebbe un autogol imperdonabile”.
http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/la-grande-fuga-dal-pd-tra-rinvii-del-congresso-governo-dellinciucio-e-101-traditori-62733.htm


 

La Ue il modello di successo….chiaro per chi

ed i paladini dei deboli ci dissero che la Ue era un grande progetto per i popoli europei contro i nazionalismi che ci spingevano alla guerra…..se vede per chi lavorano sti paladini

E questo è il loro devastante corollario. (FONDAMENTALE DA LEGGERE)

Dato per assodato che:

a) il governo dell’Italia intera risiede a Bruxelles presso la Commissione Europea e a Francoforte presso la Banca Centrale Europea, e NON più a Roma, in virtù dei Trattati europei ratificati dall’Italia (Maastricht, Lisbona, Fiscal Compact, MES, Europact et al.) che hanno privato il nostro governo di ogni reale potere (esecutivo, monetario e parlamentare) trasferendoli appunto a Bruxelles e a Francoforte.

b) di conseguenza il governo di Roma e il Parlamento italiano sono oggi istituzioni di facciata con poteri risibili e nessun potere sovrano di sostanza…

… vi mostro quale è il vero devastante corollario di tutto l’odierno funzionamento della UE e soprattutto dell’Eurozona, in particolare dei principali Trattati di cui sopra.

Dovete sapere che i primari Trattati di Maastricht, il Fiscal Compact, il MES, l’Europact, cui si aggiungono le concessioni di spesa pubblica offerte il 3 luglio all’Italia dalla Commissione Europea e il futuro Trattato per la nascita del Redemption Fund per i debiti pubblici dell’Eurozona, dovete sapere che tutti questi contengono la seguente clausola:

A PATTO CHE IL PAESE ADERENTE ADOTTI STRINGENTI MISURE DI AGGIUSTAMENTO DELLA SPESA PUBBLICA

Cioè, la nazione che ha ratificato o che ratificherà quegli accordi, come l’Italia, dovrà impegnarsi obbligatoriamente a

a) TAGLIARE LA SPESA PUBBLICA IN SERVIZI, SANITA’, ISTRUZIONE E INFRASTRUTTURE

b) TAGLIARE I SALARI PUBBLICI E LE PENSIONI

c) PRIVATIZZARE TUTTO CIO’ CHE E’ RIMASTO PUBBLICO, INCLUSA L’ACQUA E LE INFRASTRUTTURE VITALI DEL PAESE

d) LICENZIARE FETTE D’IMPIEGO PUBBLICO, ANCHE FRA GLI IMPIEGHI VITALI COME INSEGNANTI, VIGILI DEL FUOCO, POLIZIA E SANITARI

e) LIBERALIZZZARE OGNI SETTORE DELL’ECONOMIA, ANCHE QUELLI STRATEGICI PER L’INTERESSE PUBBLICO

f) RIDURRE AL MINIMO IL WELFARE E GLI AMMORTIZZATORI SOCIALI

 

Ripeto che tutti i primari Trattati europei e quelli costituenti l’Eurozona contengono queste imposizioni, TUTTI.

Ora, la cosa da capire è che esse sono il dogma, la Bibbia, la spina dorsale dell’ideologia Neoliberista e Neoclassica delle elite del Vero Potere, cioè degli speculatori finanziari, dei tecnocrati bancari e dei mega industriali. Esse sono la loro linfa vitale, la loro mira primaria, il loro tutto. Sono in realtà questi dogmi, Bibbia, spina dorsale, raccolti in quella clausola, che devono essere imposti a milioni di cittadini e ai loro governi,e i Trattati assieme alla UE stessa e all’Eurozona sono solo IL VEICOLO per imporli. Capite? Non il contrario. Cioè:

A noi hanno raccontato che i Trattati, la UE e l’Eurozona sono il cuore di tutto, sono il goal finale di un grande lavoro, che sono le istituzioni cardine del futuro europeo. Ma non è vero. Il cuore di tutto, il goal ultimo, l’istituzione cardine del futuro europeo è quella clausola Neoliberista e Neoclassica socialmente distruttiva, che deve devastare intere società ed esautorare gli Stati per il profitto di pochi, mentre il resto, cioè i Trattati, la UE stessa e l’Eurozona sono solo uno scivolo ben oliato con cui imporre quella distruzione del bene pubblico. Oltre a questo scopo, i Trattati, la UE e la zona euro sono cose irrilevanti.

Ed ecco che oggi quell’impotente pupazzetto anemico di Letta deve in realtà obbedire all’ADOZIONE DI STRINGENTI MISURE DI AGGIUSTAMENTO DELLA SPESA PUBBLICA perché l’Italia le ha ratificate, quindi continuerà senza scampo a

a) TAGLIARE LA SPESA PUBBLICA IN SERVIZI, SANITA’, ISTRUZIONE E INFRASTRUTTURE

b) TAGLIARE I SALARI PUBBLICI E LE PENSIONI

c) PRIVATIZZARE TUTTO CIO’ CHE E’ RIMASTO PUBBLICO, INCLUSA L’ACQUA E LE INFRASTRUTTURE VITALI DEL PAESE

d) LICENZIARE FETTE D’IMPIEGO PUBBLICO, ANCHE FRA GLI IMPIEGHI VITALI COME INSEGNANTI, VIGILI DEL FUOCO, POLIZIA E SANITARI

e) LIBERALIZZZARE OGNI SETTORE DELL’ECONOMIA, ANCHE QUELLI STRATEGICI PER L’INTERESSE PUBBLICO

f) RIDURRE AL MINIMO IL WELFARE E GLI AMMORTIZZATORI SOCIALI…

… per l’esclusivo profitto di un nugolo di grandi speculatori del Vero Potere, e portando ulteriore distruzione all’economia vitale per noi cittadini, e noi siamo milioni. Sta accadendo.

Tutto il resto sono fole, bugie, specchietti per le allodole, illusioni ottiche. Io vi ho avvisati.

 

Fonte: http://www.paolobarnard.info/intervento_mostra_go.php?id=704

TUNNEL DI FIRENZE, RETATA PER CORRUZIONE NEGLI APPALTI TAV

Da: “Il Fatto

 L’EX GOVERNATORE UMBRO AI DOMICILIARI PER ESSERE A “CA P O ” DI UNA ASSOCIAZIONE A DELINQUERE: DA PRESIDENTE DI ITALFERR HA AGITO ANCHE CONTRO LA SOCIETÀ PUBBLICA

di Davide Vecchi

  Parlo io con Anna (Finocchiaro) non preoccuparti”, “ora deve chiamarla Pier Luigi” (Bersani). La dalemiana Maria Rita Lorenzetti, 13 anni da parlamentare e due mandati da governatore dell’Umbria nonché membro della direzione nazionale del Pd, nominata presidente di Italferr, usava le amicizie politiche e la società pubblica del gruppo Ferrovie dello Stato per trarne “vantaggio personale”, “del marito” e della sua “squadra”. A scapito della stessa Italferr.

 Lo scrive il gip di Firenze, Angelo Antonio Pezzuti, nell’ordinanza di arresto emessa ieri a carico di Lorenzetti e altre dieci persone con le accuse di associazione a delinquere finalizzata alla corruzione e abuso d’ufficio nel-l’appalto per l’attraversamento di Firenze della Tav.   AI DOMICILIARI con Lorenzetti sono finiti Gualtiero (detto Walter) Bellomo membro della commissione Via del ministero dell’Ambiente; Furio Saraceno presidente di Nodavia; Valerio Lombardi tecnico di Italferr; Alessandro Coletta consulente e all’epoca dei fatti membro del-l’Autorità di vigilanza sugli Appalti pubblici; Aristodemo Busillo della società Seli di Roma, che gestisce la grande fresa sotterranea “Monna Lisa” per realizzare il tunnel Tav sotto Firenze. Una “squadra”, la definisce il Gip, ben collaudata e “più volte richiamata da Lorenzetti che riporta a un articolato sistema corruttivo”.   

 Il sistema era semplice. E ben collaudato. “Lorenzetti – scrive il gip fiorentino – svolgeva la propria attività nell’interesse e a vantaggio della controparte Novadia e Coopsette, da cui poi pretendeva favori per il marito, e mettendo a disposizione le proprie conoscenze personali, i propri contatti politici e una vasta rete di contatti grazie ai quali era in grado di promettere utilità ai pubblici ufficiali avvicinati”. Ed era Lorenzetti che faceva in modo, secondo la ricostruzionedegli inquirenti, “grazie a modifiche normative e accomodanti disposizioni delle pubbliche amministrazioni a copertura dell’operato” della squadra, “la gestione degli scarti della fresa (per scavare il tunnel sotto Firenze, ndr)” (..) venisse “fatta in deroga alla disciplina sui rifiuti”. Inoltre a lei spettava “risolvere positivamente le problematiche insorte, anche penali, relative alla scadenza dell’autorizzazione paesaggistica dell’opera”; “ottenere il massimo riconoscimento possibile delle riserve contrattuali poste dagli appaltatori (Nodavia e le società subappaltatrici, ndr) per una maggiorazione delle spettanze economiche di centinaia di milioni di euro aggiuntivi rispetto al prezzo di aggiudicazione”, “ottenendo i favori e la disponibilità di pubblici funzionari coinvolti nel-l’associazione” a delinquere.   

 

Che l’obiettivo sia far approvare il decreto per la gestione della collina Santa Barbara (dove stoccare i rifiuti), ottenere l’autorizzazione paesaggistica, aiutare il marito Domenico Pasquale (“inserito negli appalti posi-terremoto in Emilia Romagna”), raccomandare gli amici o far nominare qualcuno in posti chiave, il metodo usato – ricostruisce il gip – è sempre lo stesso: “La ricerca di contatti affidabili”.   Lorenzetti si muove anche a Bruxelles. Al telefono con Grillo la presidentessa garantisce che neanche alla Ue ci saranno problemi. “I nostri uffici Bruxelles consigliano di attendere con fiducia senza forzare… (inc.) … ovviamente Bruxelles… adesso io … ecco un’altra cosa… eh… ho risentito… questi nostri uffici di Bruxelles… (…) … che consigliano… eh… di… di… non… cioè di non scapizzare come dire… casomai di utilizzare visto che lì il parlamento è chiuso… (…) … di utilizzare gli eurodeputati che com… che sono nella commissione Ambiente e Territorio… (…) … in questo caso… o… Vittorio Prodi…”.   LA RICERCA di appoggi si rivolge persino al Consiglio di Stato.

 Quando Valeria Lombardi apprende che il presidente di sezione di tale organo deve cambiare, invita, nel corso della telefonata del 18 aprile 2013, Lorenzetti a informarsi sul nuovo arrivato. Lei si riserva di chiedere ad Anna Finocchiaro qualcosa: “Adesso guarda sto andando al Senato perché devo andare a prendere un caffè con Anna… sento se lei conosce… lo conosce… se ha notizie da dove provenga… chi sia insomma”. E coinvolge Finocchiaro anche in occasione del decreto del Fare che dovrebbe azzerare i cda delle controllate pubbliche. L’ex presidente di Palazzo Madama è più volte coinvolta da Lorenzetti. Il 27 luglio 2012 si accorda con Bellomo: “Io sto andando al Senato (…) io fra 5 minuti ci sono (…) ci vediamo lì da Anna… insomma via!”.

LO SPONSOR IN SICILIA   Bellomo:“Di’ a Bersani di rispondere al messaggio di Anna Finocchiaro. Oltre all’assessore Cocilovo potresti avere un altro assessore amico”

USIAMO VITTORIO PRODI   L’ex deputata Pd:“A Bruxelles dobbiamo usare i nostri che sono in commissione Ambiente e territorio, in questo caso Vittorio”

Presidente dell’Italferr, ex parlamentare e governatore dell’Umbria, Maria Rita Lorenzetti LaPresse


   Il politico che si fa manager

Il triangolo magico di Lorenzetti: lo Stato, le Coop, gli amici potenti

di Giorgio Meletti

  È il 3 dicembre 2012. Maria Rita Lorenzetti scrive al presunto complice Valerio Lombardi un sms: “Sabato sera sono stata a cena da Vissani per il suo compleanno e c’era Moretti che ha detto a D’Alema che io ero la sua pres preferita e ha chiesto a Massimo di darci una mano per la gara in Brasile”. C’è tutto il mondo dell’ex governatrice dell’Umbria in quel messaggio. L’amicizia con il cuoco più famoso dell’Umbria segnala il radicamento locale. Moretti è Mauro, numero uno delle Fs, che nel 2010 l’ha presa alla presidenza di Italferr, la controllata che sovrintende ai progetti. D’Alema è il riferimento politico di entrambi, a sua volta amico per la pelle di Vissani.   TUTTO SI TIENE e tutto si confonde. La Seconda Repubblica riesce a dare colore politico a un cuoco, e nello stesso tempo rende intercambiabili i ruoli nelle istituzioni pubbliche, nelle società statali e negli affari, e a rendere il controllore amico del controllato, la guardia complice del ladro.   La parola chiave è “competenza”. Lorenzetti, 60 anni, militante comunista da sempre, a 22 anni era già assessore nella natia Foligno, a 31 sindaco, a 35 deputata. È rimasta a Montecitorio per quattro legislature, dal 1987 al 2000, negli ultimi anni come presidente della commissione Lavori pubblici, proprio quando c’era da impostare la ricostruzione dell’Umbria dopo il terremoto, e quando il sottosegretario ai Lavori pubblici era un altro dalemiano di ferro, Antonio Bargone, oggi presidente della Sat, la nuova autostrada tirrenica (un altro politico che si fece manager).   Nel 2000 Lorenzetti diventa governatrice e regna per dieci anni, poi resta a piedi perché è vietato il terzo mandato. E qui la soccorre Moretti, in piena era berlusconiana, ma sappiamo che non è un problema: presidente di Italferr, la società che, come si legge nel sito, “è fortemente impegnata nella progettazione e nella realizzazione di opere compatibili a livello ambientale e con i bisogni e le attese espresse dalla collettività”.   Ci diranno adesso i magistrati di quale collettività si interessasse la presidentessa. Di sicuro c’è una variegata collettività in cui tutti fanno tutto e lei, che dovrebbe difendere ambiente e denaro pubblico, ha lo stesso tono complice anche con inquinatori, appaltatori e pubblici ufficiali infedeli.   “LA SQUADRA”, la chiama lei, ossessivamente, nelle telefonate in cui si compiace dei risultati ottenuti. Come quello di far fuori l’architetto Zita, il dirigente della Regione Toscana che si ostina a considerare rifiuti (da trattare come tali) i materiali di scavo grattati via dalla fresa per il tunnel ferroviario sotto Firenze. Zita è “uno stronzo”, squittisce la signora al telefono. Infatti viene fatto fuori e l’assessore toscana all’Ambiente, Rita Bra-merini, dice ai magistrati che la decisione l’ha imposta il governatore Enrico Rossi, con sua sorpresa, motivandola “in termini generici con la necessità di accelerare le pratiche”.   Se passa l’idea che i materiali di scavo sono rifiuti ci saranno costi aggiuntivi per la società che scava il tunnel, la Coopsette. E la Coopsette è una punta di diamante del mondo delle cooperative cosiddette rosse (ormai solo per il colore dei protettori politici). Ma la Coopsette è anche azionista chiave della Holmo, primo azionista della Finsoe, che controlla la Unipol, che è stata chiamata da Mediobanca a salvare la Fonsai di Salvatore Ligresti. Una trasversalità infinita tra aziende che sanno compensare i propri interessi anche se appartengono a galassie politiche diverse, e trovano sempre nelle istituzioni orecchie attente sia che governi il rosso sia che governi il nero. E così il 17 gennaio 2013, quando scoppia lo scandalo con gli avvisi di garanzia, Lorenzetti telefona al capo Moretti e parla chiaro: “Siccome so come ci si deve comportare in questi casi io domani stesso ti mando fa mia lettera di dimissioni”.

Moretti

Anche Dio s’e’ rotto le palle degli americani

Siria. Un sabotaggio o un            intervento "divino" affondò nave container            USA

La notizia risale alle metà di giugno, ma nessun media importante ne ha parlato. E nonostante siano passati alcuni mesi rimane comunque una gran bella notizia.

Una grande nave container – la “Mol Comfort”- che trasportava armi dagli Stati Uniti destinati ai ribelli anti-Assad in Siria, si è spezzata e improvvisamente divisa a metà nell’Oceano Indiano, al largo delle coste dell’Arabia Saudita, dopodichè è affondata: il fatto è accaduto durante la sua rotta da Singapore a Gedda, a metà del mese di giugno.

A bordo si trovavano 4.500 container, alcuni dei quali carichi di armi statunitensi dirette ai gruppi ribelli siriani. La causa di questo improvviso incidente viene ancora segnalata pubblicamente come “sconosciuta”. Due le ipotesi: un intervento “divino” che ha affondato un carico di morte oppure una operazione di intelligence contro gli Stati Uniti. In questi anni ci hanno abituati a operazioni di questo tipo sempre rivendicate con un pizzico di autocompiacimento dai “buoni” (USA, Israele), ma a quanto pare queste operazioni le sanno fare anche “i cattivi”. Comunque sia il carico di armi ha fatto pluff!!

Il video della televisione indiana Times che ha ripreso l’accaduto: 

http://www.youtube.com/watch?v=2YzgvhzzCHA