Il Comune può stampare moneta, per legge. Ecco come

di Gianluca Monaco

 “Al Comune spettano tutte le funzioni che riguardano la popolazione ed il territorio, in  particolare è il Comune stesso che deve farsi carico delle esigenze nascenti in determinati settori

specificamente delineati dal dettato normativo. “

 A conferma di quanto sopra infatti, l’articolo 112 del T.U.E.L. enuncia che: “Gli enti locali, nell’ambito delle rispettive competenze, provvedono alla gestione dei servizi pubblici che abbiano per oggetto produzione di beni ed attività rivolte a realizzare fini sociali e a promuovere  lo sviluppo economico e civile delle comunità locali”.

Queste ampie funzioni che come abbiamo visto vengono in diversi modi attribuite all’ente  comunale, comportano uno serie di problematiche:

 a) in primo luogo sono frequenti le controversie circa la definizione dei confini dei ruoli tra i livelli di governo in alcuni settori chiave quali, ad esempio, quello della tutela della salute,

governo del territorio e dell’ambiente nonché in tema di servizi sociali.

 b) In secondo luogo risulta problematico delineare il rapporto tra le nuove competenze attribuite al Comune e le effettive risorse che al Comune stesso vengono messe a disposizione.

 Tutto questo in attuazione dell’art. 119 Cost. il quale prevede per i Comuni (Province, Città Metropolitane e Regioni) autonomia finanziaria di entrata e di spesa, tributi ed entrate propri, compartecipazione al gettito di tributi erariali riferibili al loro territorio nonché un fondo perequativo per i territori con minore capacità fiscale per abitante.

Prevede altresì il medesimo articolo che le risorse di cui sopra consentono al Comune di finanziare integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite. 

Inoltre l’art. 7 del Decreto Legislativo 112/1998 prevede la “devoluzione alle regioni e agli enti locali di una quota delle risorse erariali tale da garantire la congrua copertura […] degli

oneri derivanti dall’esercizio delle funzioni e dei compiti conferiti nel rispetto dell’autonomia politica e di programmazione degli enti; in caso di delega regionale agli enti locali, la legge regionale attribuisce ai medesimi risorse finanziarie tali da garantire la congrua copertura degli oneri derivanti dall’esercizio delle funzioni delegate, nell’ambito delle risorse a tale scopo effettivamente trasferite dallo Stato alle Regioni”.

 Dal dettato dell’art. 54 T.U.E.L. emerge altresì che il Sindaco, sempre nella sua funzione di ufficiale di Governo: emana atti in materia di ordine e sicurezza pubblica, svolge funzioni in materia di polizia giudiziaria, vigila sulla sicurezza e l’ordine pubblico, adotta Ordinanze contingibili ed urgenti in caso di pericolo per l’incolumità dei cittadini.

 E’ necessario ricordare inoltre che il Sindaco opera come Ufficiale di Governo anche relativamente ad altre funzioni sulla base di norme di settore (ad es. in base alla Legge 833/78 in materia di sanità).

 Proprio in merito alle funzioni svolte quale Ufficiale di Governo è utile svolgere qualche breve considerazione. 

Prima di tutto occorre chiarire che il Sindaco che esercita le funzioni di Ufficiale di Governo o di autorità sanitaria non è un organo del Comune, ma dello Stato.

Tale principio viene chiaramente sostenuto dalla giurisprudenza, ultimamente si è pronunciata in proposito la Corte di cassazione. 

In tema di poteri e funzioni del Sindaco la giurisprudenza ha avuto modo di pronunciarsi più volte; punto di notevole interesse è quello relativo al potere di ordinanza del Sindaco medesimo.

 

Circa tale aspetto, il Consiglio di Stato ribadisce che: “… i presupposti che si richiedono per l’adozione dei provvedimenti contingibili ed urgenti, da parte della massima Autorità comunale, sono – ai sensi dell’art. 38 comma 2, l. 142/1990 – da un lato, l’impossibilità di differire l’intervento ad altra data in relazione alla ragionevole previsione di danno incombente (donde il carattere dell’urgenza); dall’altro, l’impossibilità di provvedere con gli ordinari mezzi offerti dalla legislazione (donde la contingibilità)”.

 Proprio per i punti ed i passaggi messi in evidenza ( con il grassetto ), i Sindaci possono operare con provvedimenti (ordinanze) contingibili ed urgenti in materia di sanità e sicurezza dotandosi di strumenti straordinari rispetto a quelli previsti dalla legislazione. Lo strumento monetario”diverso” da quello previsto dalla legge ( L’Euro ) può essere sostituito con uno strumento monetario alternativo e straordinario rispetto a quello “forzoso” per prevenire problemi di salute pubblica “mentale” dovuti alla crisi monetaria ed alla angoscia sociale che sono le cause di problemi di sicurezza pubblica quali gesti estremi violenti che potrebbero coinvolgere la comunità ( drastici suicidi, esplosioni, messe a fuoco, stragi ) ed evitare l’incremento del crimine dovuto alla affannosa ricerca di soldi.

 N.B.:

Ovviamente bisogna avere dei Sindaci che abbiano attributi genitali e dignità

 Gianluca Monaco

http://www.stampalibera.com/?p=64310&print=1

 


Una Cisl … disposta a tutto

ecco perché i sindacati non hanno mai contestato le banche ed esternalizzazioni..ed adorano la burocrazia. Mica si occupano solo di braciolate….

 Bonanni afferma che governo e Confindustria possono ottenere tutto ma solo a patto che lo concordino con il sindacato. Concertazione? No, un cambio di funzione che può rendere i sindacati ricchi, anzi nel caso della Cisl, ricchissimi, anche nel mondo del business. Ecco perchè serve uno tsunami sindacale.

 In una intervista rilasciata ieri a La Stampa, il segretario della Cisl Bonanni ha lasciato capire che la Cisl è disposta a far passare tutto al governo e alla Troika europea – inclusi i tagli alla spesa pubblica – a patto che…. venga concordato con i sindacati. Dov’è la sorpresa? Nessuna sorpresa infatti. Ma il cambio di funzione di Cgil Cisl Uil da sindacati concertativi a sindacati complici è una causa e un effetto allo stesso tempo.

I sindacati nell’epoca della crisi intendono diventare sempre più una struttura che fornisce servizi piuttosto che una organizzazione che tutela gli interessi dei lavoratori. Il problema non è solo di mentalità e di funzione, è che con la nuova funzione i sindacati possono arrricchirsi e partecipare come soggetti attivi ai “fasti del mercato”. Anche qui la novità è solo parziale. Una piccola inchiesta sugli affari della Cisl, il sindacato di Bonanni, offre spunti interessanti e inquietanti per comprendere di come ci sarebbe veramente bisogno di una tsunami nel sindacato ancora più che nella politica.

Tanto per cominciare c’è un tesoretto immobiliare da 64 milioni di euro. A tanto ammonterebbe il pacchetto di proprietà della Cisl. La gestione del tesoretto immobiliare è affidata a tre società. La prima, la Unitas, ed è controllata al 95% dalla organizzazione sindacale guidata da Bonanni. Alla Unitas fanno riferimento una cinquantina di sedi provinciali del sindacato, a cui si aggiungono terreni e qualche centro studi sparso per l’Italia. I cespiti in questione, sulla base dell’ultimo bilancio relativo al 2011, valgono 21 milioni di euro. Ma la società vanta anche riserve di utili distribuibili per 7,4 milioni e quote in fondi comuni di investimento per un controvalore di 2,1 milioni. La Unitas detiene anche una partecipazione del 100% nell’Immobiliare Nuova Esperide, che custodisce immobili e terreni per 16,1 milioni. A tutto questo va affiancato il patrimonio immobiliare che fa capo all’Inas, il patronato della Cisl. In questo caso il punto di riferimento è la Inas Immobiliare, che gestisce soprattutto immobili sociali e fabbricati destinati a uffici, per un valore in bilancio di 27,4 milioni. Insomma, se si sommano tutti gli asset in carico alle immobiliari del sindacato viene fuori un tesoretto da 64,5 milioni.

Ma non c’è solo questo. C’è infatti una società che negli ultimi tempi sta facendo ottimi affari con la pubblica amministrazione. Si chiama Eustema, si occupa di consulenza tecnologica e produzione di software.

Secondo il sito economico “Lettera 43” la Eustema ha chiuso il 2011 con un fatturato da 40,3 milioni di euro e utili per 1,2. Nel 2012, la società si è aggiudicata due maxiappalti per servizi da fornire all’Inail. L’ultimo, bandito all’epoca dalla Consip (centrale acquisti del ministero dell’economia) per la manutenzione e lo sviluppo di tutti i siti internet dell’Inail, è stato vinto dalla Eustema in società con la Accenture. Ma chi sono i proprietari della Eustema? Attraverso due holding Finlavoro e Innovazione Lavoro, che ne detengono rispettivamente il 35,5 e il 33,6 per cento, la Eutema è riconducibile alla Cisl. Non solo. Il 28,8% del capitale di Eustema, fa capo a una società informatica che si chiama E-World Consultant, dietro alla quale si trovano due fiduciarie. La prima fiduciaria si chiama Unione Fiduciaria e fa capo al mondo della banche popolari italiane (compaiono Banca Popolare dell’Emilia Romagna, Banca Popolare di Sondrio, Banco Popolare, Banca popolare di Milano e Ubi Banca)

 

La seconda si chiama Servizio Italia, e per il 100% fa capo alla banca francese Bnp Paribas, quella che ha acquisito la ex Bnl italiana. Il residuo 2% di Eustema è in mano a Postecom, società tecnologica delle Poste.

Un’altra parte degli affari della Cisl passa ancora attraverso la holding Finlavoro, che in pratica è la finanziaria del sindacato guidato da Bonanni. A fine 2011, disponeva di 1 milione e 70 mila euro di quote detenute in fondi comuni d’investimento. Tra le più importanti partecipazioni di Finlavoro c’è il 40% della Edizioni Lavoro. Si tratta della casa editrice del sindacato con ricavi nel 2011 per 556 mila euro e interessanti sorprese nel suo azionariato.

 Il 60% della Edizioni Lavoro infatti, è in mano alla Avagliano Editore, a sua volta è controllata dalla Repas lunch coupon, una delle società leader nel settore dei buoni pasto in diverse regioni italiane. L’azionista di maggioranza della Repas, con il 64,8%, è la Dynasty Investments, una società con sede a Lussemburgo. Accanto alla quale, con il 7,9%, troviamo la Fedra una ennesima società fiduciaria il cui capitale è da ricondurre a Banca Finnat, l’istituto della famiglia Nattino tradizionalmente vicino al Vaticano. Negli interstizi della holding Finlavoro si trovano altre 4 società partecipate. La Assisind, che fattura circa 300 mila euro l’anno, si occupa di assicurazioni. La Poker Travel Viaggi, anch’essa intorno ai 300 mila euro di ricavi, opera come agenzia di viaggio. La Apogeo Servizi, fondata nel 2009, come concessionaria pubblicitaria di Labor tv, il canale televisivo della Cisl. 

 Infine la Euro Esse, nata con l’ambizione di diventare un centro di ricerche e sondaggi, ma che da due anni è in liquidazione.

A far crescere il volume degli affari economici della Cisl, ma anche di Cgil e Uil, c’è poi la rete dei patronati. I patronati (Inca-Cgil, Inas-Cisl, Ital-Uil) sono stati il primo business in cui il sindacato si è diversificato. Le entrate complessive di tutti i 27 patronati ammontano a circa 370 milioni di euro (dato 2009 tratto dalla Relazione generale sulla situazione economica del paese) e vengono dal disbrigo delle pratiche su contributi, pensioni, infortuni, immigrazione, ammortizzatori sociali, invalidità civili e previdenza sociale. A pagarli è il ministero del Welfare, che gira al sindacato un contributo dello 0,226 per cento ( ridotto da Tremonti allo 0,178) sul monte contributi delle pratiche che si concludono positivamente. l’Inas Cisl incassa 64 milioni, l’Inca Cgil incassa circa 85 milioni, al terzo posto ci sono invece le Acli, con circa 40 milioni di contributi.

Ma il vero e proprio “tesoretto” in arrivo è quello degli enti bilaterali. Secondo la legge Biagi dovrebbero servire a regolare il mercato del lavoro, programmare attività formative, di fatto, servono ad allevare nuove leve burocratiche e mini-apparati. Il numero dei loro componenti non è mai meno di tre per parte sindacale (quanti quelli dei datori di lavoro. E questo per ogni categoria nazionale, per ogni struttura provinciale o regionale. Le categorie sono 89, i sindacati più rappresentativi sono almeno 4 o 5, le provincie oltre 120 e le regioni 20: viene fuori una schiera di qualche migliaio di funzionari. Tutti pagati da aziende e lavoratori: il contributo per finanziarli si calcola infatti sull’imponibile previdenziale del monte dei salari (in media 0,20 per cento a carico delle aziende, altrettanto a carico dei lavoratori).

Andrebbero poi dettagliati soldi che entrano dalla gestione dei fondi pensione integrativi che Cgil Cisl e Uil hanno stornato e saccheggiato dal Tfr dei lavoratori più ingenui. Ma per ora può bastare.

 25 Giugno 2013

Stefano Porcari

http://www.contropiano.org/sindacato/item/17559-una-cisl-disposta-a-tutto


Crisi: record di società protestate nel I trimestre, soffrono edilizia e regioni del Nord

Finanzaonline.com – 26.6.13/11:10

 Record negativo per le imprese italiane nei primi tre mesi dell’anno: è stato infatti raggiunto il massimo dei fallimenti e società con almeno un protesto a carico. E’ quanto emerge da un’analisi di Cerved Group dei dati sulla regolarità dei pagamenti tratti da Payline, il datatabase del gruppo sulle transazioni commerciali di oltre 2 milioni di imprese, che conferma la fase di difficoltà per le imprese italiane senza indicare un miglioramento a breve della liquidità aziendale. “Tra gennaio e marzo 2013 – sottolinea Gianandrea De Bernardis, amministratore delegato di Cerved Group – si contano oltre 23 mila imprese non individuali con almeno un protesto a carico: è il dato più elevato osservato in un singolo trimestre dall´inizio della crisi, che segna un +12,6% rispetto allo stesso periodo del 2012“.

 Colpita l’edilizia, i protesti accelerano al Nord

Questo incremento interessa tutti i settori, con l´edilizia, che si conferma come il comparto con il più alto tasso di diffusione del fenomeno: sono oltre 5 mila le società protestate (+13,8% sul primo trimestre del 2012), pari all´1,7% delle imprese non individuali che operano nel settore. Aumentano le società protestate anche nell´industria (+14,7%), con incrementi che riguardano tutti i settori manifatturieri a eccezione dei prodotti intermedi (-12,7%) e dell´high tech (-7,4%). In ambito industriale la crescita risulta particolarmente preoccupante nella filiera auto, +25,8%, nella meccanica, +24,9%, nel sistema casa, +24,7% e nel largo consumo con un +19,9%, mentre tra i settori non manifatturieri, l´aumento è più sostenuto nella logistica, +18,7%, nella distribuzione, +17,3%, e nei servizi non finanziari, +13,1%.

 Dal punto di vista geografico, mentre nel 2012 i protesti avevano fatto segnare una corsa a due velocità – con incrementi a due cifre nel Centro-Sud e più contenuti nel Nord -, nei primi mesi del 2013 il fenomeno è in accelerazione anche nelle regioni settentrionali. “Rispetto allo stesso trimestre del 2012, è cresciuto molto il numero di società protestate nel Nord Est, +12% e nel Nord Ovest, +9,9% con picchi particolarmente alti nel Friuli (+41%), nel Trentino (+24,7%) e in Veneto (+19,6%) – conclude De Bernardis.

Non va meglio dal lato dei pagamenti

Questo quadro negativo sui protesti, spiega lo studio, non viene confortato da dati migliori sul versante dei pagamenti, un fenomeno che nei primi tre mesi dell´anno ha sottolineato una riduzione della percentuale di imprese che saldano le fatture entro i tempi concordati con i propri fornitori: dal 48,2% del primo trimestre 2012 al 45,2% dei primi tre mesi del 2013. I dati per dimensione di impresa indicano che ben nove grandi imprese su dieci pagano oltre le scadenza pattuite (in media in 90,4 giorni) ma solo nel 7,3% dei casi i ritardi sono gravi, di oltre due mesi: le aziende di dimensione maggiore sfruttano spesso i ritardi dei pagamenti come strumento di gestione della liquidità aziendale.

 La presenza di imprese puntuali è molto più alta tra le pmi (pagano entro i termini il 37% delle società con fatturato tra 2-50 milioni), ma in calo rispetto allo scorso anno, mentre aumentano sia i ritardi entro due mesi, sia i gravi ritardi, che si attestano al 7,9% del totale. L´aumento dei ritardi con cui le piccole e medie imprese liquidano le fatture riguarda tutta l´economia con un peggioramento più marcato nelle costruzioni: le imprese operanti nel settore hanno accumulato in media 27 giorni di ritardo rispetto ai termini pattuiti (19,5 giorni è il ritardo medio delle pmi), una crescita di 7 giorni rispetto allo scorso anno (+1,9 giorni aumento medio di tutte le pmi).

 

Scandalosa NATO: non vieta le torture ma la possibilità di fotografarle

Scandalosa
          NATO: non vieta le torture ma la possibilità di fotografarle

Afghanistan. La Nato lancia il divieto di scattare foto nei teatri di guerra

 La Nato presente in Afghanistan nel settore sud-ovest ha preso recentemente la decisione, discutibile, di vietare in modo categorico a tutti i soldati di scattare foto “personali” durante le azioni militari. La decisione è stata presa dopo che in passato alcuni scandali erano stati scatenati proprio dalla diffusione di alcune foto di torture e sevizie pubblicate da militari americani una volta tornati a casa.

 Farà discutere la decisione presa dalla Nato del settore sud-ovest in Afghanistan di rendere operativo un totale divieto per i soldati di scattare fotografie nel corso di missioni militari. La decisione, non casualmente, è stata presa dopo che una serie impressionante di scandali riguardanti le forze armate americane erano stati causati proprio dalla pubblicazione di alcune foto compromettenti, non ultima quella di alcuni marines immortalati mentre sogghignavano vicino ai corpi senza vita di un gruppo di taliban. Anche per questo motivo il comando Isaf della provincia afghana di Hellmand ha deciso di autorizzare, da questo momento in poi, solamente più le foto ufficiali.

 Il divieto dovrebbe riguardare da subito almeno 36.000 soldati, inclusi ben 15.800 marines. Per questo motivo un vasto numero di fotografie amatoriali e di video dei soldati verranno censurati in modo da cercare di evitare altri imbarazzanti incidenti come quello causato dalle foto che ritraevano alcuni marines urinare sui cadaveri inerti dei nemici. Il comandante dell’Isaf, Charles Gurganus, ha fatto sapere di essere perfettamente d’accordo con la misura decisa dal comando Nato in quanto la fuga di foto che ritraggono atrocità o vittime di guerra potrebbe minare dall’interno lo sforzo belico. Mentre infatti nel XX secolo, come ad esempio in occasione della guerra al Vietnam, erano pochi coloro che sono riusciti a documentare le vergognose atrocità belliche, nel caso dell’Afghanistan grazie all’avvento delle nuove tecnologie, negli anni scorsi è stato facile rendere pubbliche le barbarie della guerra mediante video e fotografie, spesso scattate proprio dagli stessi soldati.

 Il generale Gurganus ha cominciato quindi a spiegare ai suoi uomini che le foto potranno essere fatte solo più all’interno delle basi militari americane, e mai, per nessun motivo, nel corso di operazioni di guerra. L’ordine del Comando generale dell’Isaf è quindi molto chiaro nel stabilire che cosa possa essere filmato e cosa no. Ad esempio sarà strettamente proibito fare una qualsiasi foto agli aerei della Nato nella base aerea di Bagram. Non sempre però i soldati americani hanno fatto fotografie e filmati a scopo di denuncia; spesso al contrario hanno deciso di realizzare filmati delle proprie “imprese” belliche da mettere sul web,un costume davvero di cattivo gusto dal quale ha preso le distanze anche il Colonnello David Bradney, il quale ha apertamente condannato l’usanza tipicamente americana dei soldati di usare illegalmente caschetti con all’interno telecamere nascoste per immortalare in prima persona, come se fosse un videogame, le azioni di guerra.

 Sostanzialmente quindi i comandi americani avrebbero ben più di un motivo per essere spaventati da una fuga di materiale video. Alcuni spezzoni di video che immortalano marines in azione infatti, potrebbero essere utilizzati dai talebani come propaganda contro le forze alleate. I talebani inoltre sarebbero i primi a cercare di mettere le mani su questo materiale in quanto da esso riuscirebbero a imparare le tattiche belliche utilizzati dalle forze armate americane. Insomma, al posto che autorizzare inchieste serie sulle atrocità commesse in Afghanistan, la Nato preferisce ricorrere al vecchio trucco della censura preventiva: nessuna foto, nessun problema. Del resto se non fossero state scattate quelle orribili foto nel carcere di Abu Grahib, a Baghdad, in molti ancora penserebbero alla “leggenda” della missione di pace. Fonte:

 http://www.articolotre.com

 Tratto da: forzearmate.org

http://www.losai.eu/scandalosa-nato-non-vieta-le-torture-ma-la-possibilita-di-fotografarle/

 

Un bel giro di prostitute anche per D’Alema ma la Boccassini li’ dormiva.

Un bel giro
            di prostitute anche per D’Alema ma la Boccassini li’
            dormiva…

si sà, l’Italia giusta non si processa….

 by David Bonacchi 26.giu 2013

 Tratto da: Imolaoggi

di Gianluca Vallerossa

 Le escort, o prostitute, o puttane, che dir si voglia, hanno sempre frequentato i palazzi del Governo e del potere in generale ma, evidentemente, è scandaloso solo se a mignotte ci va Berlusconi, se ci vanno D’Alema e compagni, è tutto regolare, tutto lecito. Quando sono i “rossi” a concedersi i piaceri della carne a pagamento la zelante pm Ilda Boccassini evidentemente si distrae… Non possiamo tollerare questo continuo doppiopesismo di chi vive d’invidia e tenta di demonizzare e abbattere il nemico con ogni mezzo. Pubblichiamo qui di seguito un’interessantissima inchiesta de Il Giornale che dimostra come la prostituzione fosse diffusa a Palazzo Chigi e a Montecitorio anche quando il presidente del Consiglio era Massimo D’Alema e ciò non provocava la solerte reazione della magistratura.

 Un giro di squillo esercitava pressioni su uomini vicini all’allora premier per ottenere favori e appalti pubblici. Persino con incontri hard alla Camera: “Offerti favori sessuali in cambio di forti benefici economici”.

  Appalti, squillo e festini a Palazzo. Sì, proprio dentro la Camera dei deputati. Nell’ufficio di un «personaggio importante», per dirla con l’ispettore della Squadra mobile che s’era subito mosso dopo la soffiata di una prostituta, una sua fonte. Lo sbirro della Buoncostume aveva scoperto che ben due squillo entravano a Montecitorio senza lasciare documenti all’ingresso e che dopo esser stata accolta da un «segretario», una di loro successivamente veniva fatta accomodare in una stanza dove di lì a poco si sarebbe «congiunta carnalmente» con un personaggio, all’epoca, definito «importante». Se sia lo stesso che ha anche convinto i commessi a non registrare il passaggio della escort, non lo sapremo mai visto che l’inchiesta nata sul finire del 1999 è abortita pochi mesi dopo con la condanna a un anno (previo patteggiamento) della sola maîtresse che organizzava gli incontri coi politici.

 E proprio dalle carte di quell’inchiesta dimenticata escono ora le intercettazioni e i verbali delle escort che tirano in ballo i fedelissimi dell’ex premier Massimo D’Alema. Più informative della Squadra mobile di Roma che ribadiscono come la maîtresse R.F. contattasse «noti personaggi del mondo politico e di enti pubblici» al fine «di ottenere appalti o erogazioni in denaro» organizza per loro «incontri a sfondo sessuale». A mo’ d’esempio l’ex capo della Mobile, Nicolò D’Angelo, allega una lunga serie di conversazioni nella sua nota alla procura. A cominciare da quella del 29 settembre nella quale Vincenzo Morichini, fedelissimo del leader Ds, ex ad di Ina-Assitalia, parla con la maîtresse di una festa a casa di Franco Mariani (già dirigente pci, presidente dell’ente porto di Bari, dalemiano di ferro)».

 «IO HO FATTO LA BRAVA MA… GLI AMICI SONO STATI CATTIVI»

 La donna dice di averlo saputo direttamente la sera prima «dal suo amico Roberto» (De Santis, eminenza grigia dell’ex premier, azionista delle sale bingo, l’imprenditore che vendette la barca Ikarus a Baffino, ndr) intervenuto a una cena a casa di Franco dove erano presenti la maîtresse e due squillo. «Io ho fatto la brava bambina – ride la donna al cellulare – mentre Franco e Roberto con le mie amiche hanno fatto i cattivi… ». Solo il giorno prima la maîtresse aveva cercato di portare a casa un affare pubblicitario in corso con l’Ina-Assitalia, affare osteggiato a suo dire da Checchino Proietti (parlamentare Pdl, all’epoca segretario di Gianfranco Fini). Così chiama direttamente Morichini in ufficio: «Senti, quella lista sarà pronta per giovedì». A quel punto Morichini – scrive la polizia – «le comunica che vorrebbe scopare. Lui le dice che le ha risolto i problemi con la Banca di Roma e con l’Alitalia. R.F. gli rappresenta che se gli risolve i problemi, lei si metterà a “tappetino” con lui». In realtà i problemi con Alitalia persistono. Così la maîtresse pensa di sbloccare la questione dell’appalto del calendario Alitalia ricorrendo agli amici che contano.

 «MA QUESTI SONO PAZZI A DIRE NO A D’ALEMA»

 È decisa a far valere le sue amicizie importanti, e lo confessa candidamente al telefono: «Ma questi so’ pazzi, ma che stiamo scherzando? L’Alitalia che dice di no a D’Alema! Ma non esiste, non è possibile… ». Più avanti aggiungerà, sempre al telefono, che adesso «lei andrà con Franco (Mariani) ed Enzo (Morichini) dal direttore generale il quale dovrà dirle di no davanti a loro». Passano quattro giorni e Mariani richiama la donna dicendole che sta andando lui a parlare da Zanichelli (pubbliche relazioni Alitalia). Alcune telefonate dopo, ecco l’ok di Mariani nel sunto della polizia. «Franco chiama R.F. e le comunica che ha parlato con Marco (Zanichelli, ndr) e lo stesso ha garantito che gli darà una mano per il convegno alla presidenza del Consiglio facendogli assegnare la sponsorizzazione richiesta, e che farà rifare nuovamente a R.F. la rivista dell’Alitalia». Le telefonate successive vertono su un festino a cui la maîtresse porterà due ragazze: «Porta anche la tua sorellina… », scherza Mariani. «Ok, ti devo dare il numero di una nuova massaggiatrice, così cambi un po’… », ribatte lei. Ma non c’è solo l’Ina-Assitalia nei desiderata della maîtresse. Per perorare le cause dell’amica, Morichini si spende direttamente col presidente dell’Acea. E intanto R.F. si dà un gran da fare per allietare i suoi amici. A Maria P., il 21 settembre, ricorda che in settimana deve «chiudere la storia con la Banca di Roma» altrimenti si trova «in grossa difficoltà».

 «DEVO PORTARE COMPAGNIA? DUE, CHE SIAMO GIÀ TROPPE»

 Chiacchierando con un’altra ragazza della sua scuderia, Eliana C., le ricorda di andare a casa di Franco per la festa. «Eliana – annota il poliziotto che ascolta in cuffia – le chiede in modo criptato: “Quante compagnie devo portare?”. R.F. risponde che bastano due, “perché sono già molte”… ». Laconico il commento del capo della Squadra mobile nella sua ennesima corrispondenza con la procura: «La donna che inequivocabilmente procura ragazze a molte persone organizzando incontri sessuali, utilizza però tale “chiave di accesso” per ottenere dai destinatari di queste “attenzioni” che sembrano essere tutti ai vertici di strutture pubbliche e private, favori e indebite pressioni al fine di ottenere benefici economici nella forma di ghiotti appalti o incarichi ben remunerati. Appare infatti chiaro che ci troviamo di fronte a un particolare sfruttamento della prostituzione, in cui il ruolo di R.F. è quello di una maîtresse molto particolare». Sesso in cambio di un aiutino per gli affari.

 «ERAVAMO IN 6 A FARE SESSO CON AMICI IMPORTANTI… »

 Tra festini e appalti, gli agenti della Settima sezione della Mobile tra settembre e ottobre 1999, sono costretti a convocare in questura una quindicina di ragazze protagoniste dei party a luci rosse organizzati dalla maîtresse per gli amici influenti. È Stefania C. a svelare il giro: «Mi venne detto che R.F. aveva bisogno di incontri a sfondo sessuale con suoi amici (…). Il primo incontro avvenne a piazza Colonna» dirimpetto Palazzo Chigi. «Ricordo che eravamo in sei, tre uomini e tre donne, e la serata proseguì negli uffici di via della Colonna Antonina dove avemmo separatamente incontri sessuali (…). Ricevetti da R.F. la somma di 600mila lire, e ricordo che organizzava tali incontri sessuali al fine di chiudere contratti di lavoro che erano in corso (…). Ricordo infine che durante gli incontri sessuali sia io che le altre partecipanti, eravamo sotto lo stretto controllo di R.F. la quale faceva attenzione che nessuna di noi stringesse rapporti con i suoi amici intervenuti, che lei diceva essere personaggi molto importanti». Il 20 ottobre anche Giovanna F., nel suo verbale, fa riferimento alle assidue frequentazioni politiche della maîtresse mirate a mettere le mani su vari appalti, specie in Alitalia: «La prima volta che siamo uscite insieme, R.F. mi chiese se fossi disposta a uscire con lei unitamente a suoi “importanti amici”. In quell’occasione mi rappresentò che dovevo avere dei rapporti sessuali con gli stessi, in cambio avrebbe provveduto lei a sdebitarsi con me facendomi una serie di regali, rappresentandomi che tali amicizie erano fondamentali per lei al fine di procurarsi una serie di appalti presso importanti società sia pubbliche che private (…). Gli incontri sessuali – continua Giovanna F. – sono stati quattro. A questi, a fasi alterne, hanno partecipato Franco Mariani insieme a un certo Roberto (De Santis, ndr) e in una occasione con tale Enzo Morichini, con il citato Roberto» o a casa di Mariani al Colosseo oppure direttamente nell’ufficio della maîtresse in via della Colonna Antonina.

 «ANCHE LO STRIPTEASE PER IL PARTITO DI SINISTRA»

 «In un appuntamento a sfondo sessuale organizzato da R.F. – prosegue Giovanna F. – oltre alla stessa ho partecipato io e una ragazza che conosco con il nome di Arianna. Questo incontro avvenne a casa di Mariani. Per tale prestazione come da accordi precedenti ho ricevuto in regalo da Rita un anello in metallo bianco e brillanti». Il 22 ottobre sfila negli uffici della polizia in via di San Vitale Patrizia C., altra ragazza gettonatissima dalla maîtresse: «Durante alcune serate conobbi molti amici di R.F. che lei mi diceva appartenessero al mondo politico (…). Ho avuto tre rapporti sessuali con l’uomo di nome Franco mentre R.F e le altre erano rimaste al piano di sotto dove era in corso uno striptease. Alcuni dei presenti si scambiavano effusioni amorose (…). Durante gli incontri cercavo di avere con i suoi amici un atteggiamento positivo e carino, anche perché a dire di R.F. loro appartenendo al partito della sinistra erano in grado di procurarmi facilmente il lavoro (…) e ricordo che R.F. diceva che le persone che incontravamo alle feste erano personaggi influenti che servivano per il suo lavoro». Eliana C. non è da meno: «R.F. in alcune occasioni mi ha invitato in alcune feste private (…) e l’ultima a cui sono andata l’ha organizzata un certo Franco in zona Colosseo». Concludendo: «Sono a conoscenza che R.F. ha contattato per farsi “aiutare” in questa situazione Franco Mariani, non so se lo stesso si sia attivato o meno, R.F. mi ha detto in passato che Franco è un personaggio politico».

 TARIFFA FISSA: 800MILA E IN REGALO ANELLI

 Sulle presunte protezioni politiche di cui avrebbe goduto R.F. per fronteggiare l’offensiva della polizia e della magistratura finite a curiosare tra gli appalti vinti in Alitalia, parla anche Anna Maria G. interrogata il 15 ottobre 1999 al secondo piano della questura: «A un certo punto R.F. ha concluso il suo sfogo dicendo che aveva importanti amicizie politiche e che non le potevano fare nulla perché lei era pulita». Come contropartita economica alle prestazioni effettuate dalle ragazze nei festini organizzati per gli uomini vicini all’ex premier Massimo D’Alema, R.F. «faceva regali (anelli, telefonini, giacche di pelle, somme di denaro per interventi di chirurgia estetica, ecc. ) oppure pagava di tasca sua».

 Fonte

http://www.losai.eu/un-bel-giro-di-puttane-anche-per-dalema-ma-la-boccassini-li-dormiva/

 


SULLA SIRIA CAMERON INSULTA LA NOSTRA INTELLIGENZA, E SI PRENDE UNO SCHIAFFO VIRTUALE DA PUTIN

l’Huffington post, (la cui direttrice è Lucia Annunziata dell’Aspen Institute che ad Anno Zero durante la puntata su Piombo Fuso si arrabbiò con Santoro per la trasmissione filo palestinese e se ne andò indignata sostenendo che il lavoro del giornalista è quello di ORIENTARE l’opinione pubblica) scrive che se non si sostiene i tagliagole siamo fascisti

 Postato il Mercoledì, 26 giugno

DI FINIAN CUNNINGHAM

dandelionsalad.wordpress.com

 Si dice che un’immagine valga più di mille parole. Una recente fotografia del primo ministro britannico, David Cameron, e del presidente russo, Vladimir Putin, a Londra, ne è la riprova. Quando i due leader tennero una conferenza stampa a Downing Street ill fine settimana scorso, in vista del vertice del G8, Cameron aveva lo sguardo penoso di un uomo disperato. Putin, invece, appariva controllato. Quest’ultimo ha parlato in toni misurati e con un certo discernibile spregio nella voce.

 I due erano appena usciti da un “difficile” – linguaggio diplomatico per “polemico” – incontro privato in cui la Siria era in cima all’agenda. Sembra pure che il presidente Putin si fosse fatto aspettare dal suo ospite britannico per un’ora prima di arrivare.

 Dopo, durante la conferenza stampa, un imbarazzato Cameron si aggrappava alla tribuna come se si trovasse ai bordi di un precipizio, mentre Putin sciorinava i suoi commenti. Cameron aveva buoni motivi per apparire intimorito, mentre pendeva dalle labbra del leader russo. Poi Putin spinse la diplomazia al limite quando disse: “Non potete negare che non si ha veramente bisogno di appoggiare gente che non solo uccide i propri nemici, ma li fa a pezzi e mangia in pubblico i loro organi a favore di telecamera. Sono forse queste le persone che desiderate sostenere? Sono loro quelli che volete armare? Tutto questo ha molto poco a che fare con i valori umanitari proclamati in Europa da centinaia di anni”.

 Era l’equivalente retorico di uno schiaffo in faccia pubblico per il presuntuoso primo ministro britannico.

 Putin si riferiva esplicitamente agli innumerevoli filmati emersi negli ultimi mesi, in cui si vedono una serie di atti barbarici commessi da quelli che l’Occidente definisce “ribelli” e che da due anni e mezzo hanno intrapreso una guerra in Siria per cercare di rovesciare il governo del presidente Bashar al-Assad. Tra le atrocità li si vede sviscerare corpi di vittime uccise e costringere bambini a decapitare soldati e civili.

 In realtà questi “ribelli per la democrazia” che i governi e i media occidentali hanno mitizzato, altro non sono che un’armata brancaleone, una forza paramilitare di estremisti e terroristi che sono piovuti sulla Siria da una trentina di Paesi, tra cui Libia, Arabia Saudita, Qatar, Turchia e Caucaso russo. Questi mercenari condividono la medesima, astrusa, teologia wahabita/salafita, che dà loro una ideologica luce verde per macellare chiunque si metta di traverso alla loro idea di creare un emirato fondamentalista in Siria. Le potenze della NATO, guidate dagli Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia, hanno armato fino ai denti questo esercito per procura dotandolo di coordinamento logistico e facendolo addestrare da forze speciali per fare il lavoro sporco dell’Occidente e causare un cambiamento di regime.

 Incessanti ragguagli testimoniano che l’americana CIA e la britannica MI6 stanno convogliando il traffico terroristico in Siria dai confini di Turchia, Giordania, Libano e Israele. Ci sono pure notizie attendibili che agenti segreti militari occidentali hanno equipaggiato e addestrato i mercenari in Siria all’uso di armi chimiche, tra cui il micidiale gas nervino sarin, il che contraddice quanto i governi inglese, francese e americano sostenevano la scorsa settimana quando asserivano che fossero le forze nazionali siriane ad utilizzare armi chimiche. Tale recriminazione occidentale – peraltro presentata senza uno straccio di prova – è stata fermamente confutata dalla Russia e dalla Siria.

 Eppure, quando Cameron parlò per primo alla conferenza stampa londinese, sembrava voler sollecitare Putin sull’urgente bisogno di implementare principi umanitari.

 È ironico vedere come la Gran Bretagna e i suoi alleati occidentali, che sponsorizzano il terrorismo di stato in Siria, accusino la Russia di destabilizzare la Siria e la regione circostante mantenendo normali relazioni diplomatiche con il governo sovrano di Damasco e per il sostegno di Mosca ad una conferenza di pace prevista a Ginevra tra l’amministrazione Assad e membri dell’opposizione politica interna. Putin ha ricordato al suo ospite britannico che la consegna di armi ad Assad, fatta dalla Russia, in particolare del sistema di difesa S-300 antiaereo, era parte di un negoziato stabilito da lunga data – a differenza delle orchestrazioni clandestine di jihadisti stranieri messe in atto da stati canaglia occidentali e arabi in totale violazione di leggi e norme internazionali.

 Eppure, persino di fronte a queste prove schiaccianti, Cameron si sforzava di mantenere una postura da statista, mentre Putin lo osservava con un misto di indignazione e di tedio.

 Quasi con disperazione, Cameron cercò di ottenere un certo consenso con il suo ospite russo, dicendo: “Quello che emerge dalla nostra conversazione di oggi è che possiamo superare queste differenze se riconosciamo di condividere alcuni obiettivi fondamentali: mettere fine al conflitto, impedire alla Siria di frantumarsi, lasciare che il popolo siriano decida chi li deve governare, combattere e sconfiggere gli estremisti.”

 La promessa di Cameron di “lasciare che il popolo siriano decida chi li governa e di portare la lotta agli estremisti e sconfiggerli” altro non è che un esecrabile vecchio trucco che i politici inglesi sono maestri nel rifilare.

 Il premier britannico aggiunse che la Gran Bretagna e la Russia avrebbero dovuto mettere da parte le loro divergenze per trovare “un terreno comune”. Ciò che questo archetipo britannico di dissimulazione tende a fare è di lusingare in qualche modo Mosca per ottenere che questa scarichi il governo di Assad lasciando la Siria in balìa di predoni e squadroni della morte appoggiati dall’Occidente. Dov’è il “terreno comune” in questo accordo? Suona di più come il voler spingere Russia e Siria dentro un baratro.

 Poche ore dopo l’incontro di Downing Street tra Cameron e Putin, l’ex ministro degli Esteri francese Roland Dumas svelò separatamente ai media francesi, di essere stato avvicinato da funzionari britannici con un piano per destabilizzare la Siria addirittura due anni prima dello scoppio del conflitto nel marzo 2011.

 Altrove, nel fine settimana, il ministro degli Esteri britannico William Hague continuava a fingere che la Gran Bretagna fosse dalla parte dei “moderati” in Siria, chiosando alla BBC: “Al momento stiamo inviando attrezzature salva vita, e a chi le mandiamo? Beh, stiamo inviandole agli elementi dell’opposizione più moderati e sensibili. Ovviamente, non stiamo inviandole a gruppi di estremisti, a quei gruppi che ci preoccupano molto, quelli che potrebbero diventare una minaccia terroristica.”

 Anche questa è pura doppiezza e dissimulazione britannica, vista alla luce lampante della verità. Il cosiddetto Esercito Siriano Libero, composto da mercenari e meglio conosciuto come l’Esercito Fornito dall’Estero, si compone di oltre il 70 per cento di jihadisti stranieri, la maggior parte dei quali, come il Jabhat Al Nusra sono affiliati ad Al Qaeda. Il collegamento tra l’intelligence militare britannica e americana e il legame Al Qaeda-Mujahideen è una collusione di lunga data, che risale agli anni ’80 in Afghanistan, quando questi fantaccini condussero una guerra sporca per l’Occidente contro l’Unione Sovietica.

 È chiaro che i russi non hanno bisogno di spiare le telefonate o le e-mail del governo britannico per sapere della decennale collusione esistente tra la Gran Bretagna, gli Stati Uniti e i terroristi per procura di Al Qaeda – una collusione che ha provocato un vortice di distruzione e di sofferenza umana in Siria, con più di 90.000 morti.

 Perciò, quando il presidente russo Vladimir Putin parlò a Londra di terroristi cannibali sostenuti dalle potenze della NATO, aveva ragione di schiaffeggiare virtualmente Cameron. E aveva ragione a farlo sussultare ed aggrapparsi con nocche bianche alla tribuna prima di mollargli lo schiaffo virtuale, perché pochi minuti prima Cameron aveva cercato di insultare l’intelligenza di Putin e del resto del mondo con le sfacciate menzogne circa il ruolo nefasto della Gran Bretagna in Siria.

 Finian Cunningham

Fonte: http://dandelionsalad.wordpress.com

Link: http://dandelionsalad.wordpress.com/2013/06/24/cameron-insults-our-intelligence-over-syria-and-gets-a-slap-from-putin

25.06.2013

 

Scelto e tradotto per www.comedonchisciotte.org da GIANNI ELLENA

http://www.comedonchisciotte.org/site//modules.php?name=News&file=article&sid=12010

 

“L’MK-Ultra governa Hollywood”: denuncia dell’attrice Roseanne B arr

“L’MK-Ultra
            governa Hollywood”: denuncia dell’attrice Roseanne Barr

by Laura Caselli26.giu 2013

 – Traduzione a cura di Laura Caselli –

 La protagonista della vicenda è Roseanne Barr, attrice e conduttrice televisiva statunitense; forse qualcuno di voi la ricorderà per la sit-com “Pappa & Ciccia” (vedi foto qui sopra).

 Durante una breve intervista rilasciata a RT, Roseanne afferma che le star di Hollywood hanno il terrore di pronunciarsi su temi importanti, in quanto sanno che verrebbero zittite o potrebbero rovinare la loro carriera. Inoltre aggiunge: “Vi è poi un grande controllo mentale. L’MK-Ultra governa Hollywood.”  Ciò significa che molti vip non parlano chiaro perché letteralmente non possono farlo. Sono controllati mentalmente, il che significa che hanno degli alter ego, ovvero delle personalità programmate e manovrate a piacimento.

 Fonte: Roseanne Barr: “MK-Ultra Rules Hollywood”


Israele vieta anche le marionette palestinesi

Israele
            vieta anche le marionette palestinesi

 by Cristian Vardaro 26.giu 2013

 Il Ministero della Sicurezza Interna chiude un teatro a Gerusalemme Est e fermato un festival per bambini. La città sempre più schiacciata dalle politiche israeliane.

 di Emma Mancini

 Gerusalemme, 25 giugno 2013, Nena News – Nel mirino delle autorità israeliane finiscono ora anche le marionette palestinesi. Venerdì il ministro della Sicurezza Interna, Yitzhak Aharonovitch, ha ordinato la chiusura del teatro El-Hakawati a Gerusalemme Est e impedito lo svolgimento di un festival per bambini.

 “Aharonovitch ha preso la decisione venerdì perché le attività in questione erano organizzate sotto la direzione e la sponsorizzazione dell’Autorità Palestinese”, ha spiegato il portavoce della polizia israeliana, Liba Samri. Una sponsorizzazione considerata illegale a Gerusalemme Est perché priva di autorizzazioni. Immediata la reazione del teatro: il direttore, Mohammed Halayiqa, ha definito la chiusura “vergognosa” e ha aggiunto che l’ANP non era coinvolta nell’organizzazione dell’International Puppet Festival, finanziato soltanto da gruppi internazionali. “Le loro fonti hanno riportato che i fondi arrivavano dall’ANP, anche se non è così, e hanno ordinato la chiusura del teatro per una settimana, impedendo così lo svolgimento del festival”. Il direttore racconta della delusione provata quando, dopo giorni e giorni trascorsi a decorare il teatro, i servizi di sicurezza hanno imposto la chiusura dal 22 al 30 giugno.

 Ma a lasciare a bocca aperta, al di là delle giustificazioni date da Israele, è il target scelto dalle autorità: i bambini e le loro marionette. Nessun fine politico, solo un divertimento per i bambini palestinesi di Gerusalemme, costretti a vivere in condizioni sempre peggiori: secondo dati pubblicati a maggio dalle Nazioni Unite (e ripresi da una ricerca dell’Association for Human Rights in Israel), il 79% dei quasi 300mila residenti palestinesi nella Città Santa vive sotto la soglia di povertà, un tasso che sale all’82% per i minori di 18 anni (contro il 45% dei bambini israeliani).

 L’Onu aveva a maggio puntato il dito contro le politiche di giudaizzazione della città implementate dal governo di Tel Aviv: la costruzione del Muro di Separazione, la scarsa integrazione dell’economia palestinese, la separazione dalle terre agricole hanno in pochi anni provocato la perdita di oltre 760 milioni di euro a Gerusalemme Est, sotto forma di crollo delle opportunità di lavoro e del settore commerciale.

 A pesare sono le discriminazioni nel riconoscimento del diritto di cittadinanza (i palestinesi di Gerusalemme non sono considerati cittadini israeliani, ma solo residenti) e dei servizi pubblici: pur pagando elevate tasse comunali, le famiglie arabe non godono di molti servizi, come la raccolta dei rifiuti e i mezzi pubblici, oltre all’impossibilità di costruire nuove abitazioni o strutture permanenti. Infine, la mancanza di scuole: solo il 46% degli studenti palestinesi è in grado di frequentare gli istituti pubblici perché mancano le classi.

 Fonte: NenaNews