Il vice presidente PD e quella sua consulenza per la Torino-Lione

Dal 30 Maggio 2016 il commissario di Governo per la Torino-Lione, Paolo Foietta, ha un nuovo consulente il cui “incarico consiste nel monitoraggio dei social forum, del web e delle testate giornalistiche locali”. Una consulenza da 12.000 euro per 7 mesi.

Questo incarico è stato affidato a Raffaele Bianco; 33 anni, diplomato come perito industriale e studente in Scienze politiche all’università telematica Niccolò Cusano. Ma anche Capogruppo PD nel consiglio comunale di Grugliasco, Vice presidente PD della provincia di Torino, Caposegreteria di Stefano Esposito quando era assessore PD a Roma, collaboratore e portavoce del consigliere regionale PD Antonio Ferrentino fino ad agosto 2015.

Raffaele Bianco da anni fa parte di quel gruppetto di personaggi che sostengono con foga la Torino-Lione. Nel 2012 inizia ad occuparsi della pagina facebook TAV-SI e a guardare la sua presenza sui social network Bianco ha una vera ossessione per i no tav:

Nel 2013, con pochissima lungimiranza considerato l’attuale incarico, scriveva che era il datore di lavoro di se stesso e che di tutto si occupava, fuorché di Tav:

Nel curriculum di Bianco sul sito del governo si riporta una esperienza come consulente informatico fra Marzo 2013 e Dicembre 2014. Saremmo curiosi di sapere se nella scelta del suo nome per l’incarico abbia pesato più l’esperienza professionale o le frequentazioni politiche.

In ogni caso questa consulenza ci rende più chiaro un concetto: quando alcuni politici affermano che la Torino-Lione porta lavoro sanno di cosa parlano.

Perquisizioni in Valle

post16 dicembre 2016 at 11:44

Sono scattate all’alba le perquisizioni a danno di alcuni militanti No Tav del Comitato di Lotta Popolare di Bussoleno all’interno di un’indagine appena  aperta dal fido pm Rinaudo.

Il fatto sotto la lente d’ingradimento della procura torinese è l’apericenza del 2 dicembre scorso, di cui avevamo scritto nei giorni scorsi Attacco a sorpresa al cantiere polizia molto arrabbiata.

Nel descrivere brevemente la serata, non avevamo potuto esimerci dal deridere la reazione isterica della digos torinese che, dopo un attacco subito in Via dell’Avanà all’interno della zona presidiata, si era recata dai No Tav che banchettavano nei pressi dei cancelli minacciando tragiche conseguenze.

Le prime conseguenze sono quindi arrivate, con lo stesso approccio isterico, perquisendo tre fra i più attivi giovani della valle col chiaro intento di intimidire il più vasto movimento che nei giorni scorsi si è largamente mobilitato in occasione della 5 giorni per celebrare l’8 dicembre.

Le motivazioni della perquisizione fanno acqua da tutte le parti, con riconoscimenti talmente approssimativi da far impallidire il più inesperto degli investigatori, ad esempio “la p.g. ritiene, per le movenze e le caratteristiche fisiche, trattarsi di tre uomini ed una donna: l’individuo, abbigliato con indumenti di colore scuro, longilineo, alto circa mt 1,80, che impegna nella mano destra una telecamera con la quale riprende tutte le fasi dell’attività violenta corrisponderebbe a XXX, mentre l’individuo travisato di sesso femminile, indossante pantalone tipo jeans di colore chiaro, un giubbotto di colore scuro, di altezza circa 1.65 corrisponderebbe a XXX.”

Sembra uno scherzo, lo sappiamo, ma vi assicuriamo che è proprio così.

Ora, tralasciando questi dettagli, crediamo che tale operazione sia finalizzata ad acquisire più che altro generiche informazioni sul movimento e i suoi attivisti, considerando che le perquisizioni sono state fatte sulla base di elementi insussistenti e che gli unici sequestri sono stati i cellulari dei 3 perquisiti (a parte  uno scalda collo e dei guanti, abbigliamento comune in montagna).

Serviva evidentemente una prima risposta (ma per darla così avrebbero potuto farne a  meno), alla luce delle difficoltà in cui navigano (vedi Nicoletta in perenne evasione e le mobilitazioni vincenti del movimento nelle ultime settimane) e del fatto che moltissime indagini della “perspicace” questura torinese brancolano nel buio.

Esprimiamo solidarietà ai No Tav perquisiti ed agli altri indagati.

Andiamo avanti, forza No Tav!

La messa in scena non regge per la vicenda del povero operaio tav: notav assolti!

post 15 dicembre 2016 at 23:32

Si è concluso oggi uno dei processi più orchestrati della nostra storia giudiziaria: quello relativo all’operaio che lavorava dentro al cantiere, minacciato, perseguitato e aggredito dai notav, per poi essere così colpito da dover lasciare il lavoro (maggio 2013).

Una balla colossale che non ha mai retto da nessun punto di vista ma che ci è costata molto in termini di tempo e fastidio

Torneremo molto presto e in maniera dettagliata sulla vicenda perchè oggi vogliamo goderci l’assoluzione piena di Paolo e Alberto, andati a processo con il reato di violenza privata, trasformato in minaccia aggravata (escludendo così che Tessa l’operaio si sia licenziato per sfuggire alle minacce dei Notav) e infine decaduto perchè assolti con formula piena, ovvero perché il fatto non sussiste.

Quindi in sintesi

Diamo appuntamento a breve con la pubblicazione di dettagli minuziosi sul povero operaio e sulle indagini svolte da Digos e Procura…

Il Procuratore Spataro spiega perchè Nicoletta è ancora libera e non va arrestata (documentazione)

Pubblichiamo qui di seguito dei documenti che ci sono giunti e a seguire un commento di Nicoletta Dosio, come sempre molto importante, dove viene prima la dimensione collettiva alle situazioni personali.

La documentazione (sulla quale torneremo nei prossimi giorni) si riferisce alla richiesta di revoca degli arresti domiciliari per Nicoletta da parte del procuratore Spataro in persona e dai pm Rinaudo e Gianoglio). Da leggere sono  le motivazioni per cui viene richiesta tale revoca.

Seguono poi: la bocciatura da parte da parte del giudice della “strategia” di Spataro e il ricorso che lo stesso presenta perchè vuole proprio che Nicoletta sia rimessa in libertà (da leggere il perchè!), e poi la fissazione dell’udienza in pochissimo tempo a differenza del solito calendario giudiziario.

Domani ci sarà la sentenza per Nicoletta in merito al processo per evasione, per la quale la pm Quaglino ha chiesto 8 mesi, il minimo della pena.

Che la legge non sia uguale per tutti non lo scopriamo ora, ma sento il dovere di ribadirlo, dalla mia ostinata e, a quanto pare, invisibile evasione; un’evasione che si sostiene sulla solidarietà da parte del Movimento NO TAV e delle tante realtà resistenti capaci di fare, del nostro paese e del mondo, un luogo dove ha ancora senso vivere e spendere concreta speranza.

Sono cosciente che la mia condizione è l’eccezione che conferma la regola, una regola che viene sistematicamente applicata nei confronti di chi viola le misure cautelari e si oppone alle vessazioni della cosiddetta Giustizia, a Torino come altrove.

Sono convinta che la verità sia rivoluzionaria e che la conoscenza sia diritto di tutti e strumento importante di giustizia sociale, per questo ho deciso di divulgare il documento che accludo.

Richiederebbe un dettagliato commento che ci riproponiamo per il prossimo futuro, ma mi sembra giusto farlo conoscere subito, in modo che possa essere tempestivamente utilizzato per la difesa e per la lotta.

E’ un documento emesso dalla Procura di Torino (con allegata sentenza del tribunale): una vera e propria dichiarazione politica, emblematica per la sua tortuosità e per le sue disinvolte contraddizioni, da cui si può evincere come il fine giustifichi i mezzi e come il giusto e l’ingiusto, il lecito e l’illecito siano questione non tanto di sostanza, ma di opportunità.

Ne emerge la logica ferrea del sistema, pronto ad usare, di volta in volta, il bastone e la carota per farci schiavi e vittime conniventi.

Un documento il quale dimostra anche che, quando alziamo la testa, scopriamo che “il re è nudo” e che il conflitto collettivo, forte di cuore, di ragione e di responsabilità verso il futuro, paga ed è contagioso: per questo fa paura e vincerà.

Da parte mia, non un passo indietro; e non per “eroismo”, ma per decenza.

 Bussoleno, 13 dicembre 2016

Nicoletta Dosio    

Di seguito alcune parti della documentazione da leggere con attenzione 

  • richiesta revoca della misura (a firma del Procuratore della Repubblica Spataro, sostituti procuratori Rinaudo e Gianoglio)

  • esito_gip (il Giudice A.Pfiffner respinge la richiesta di cui sopra)

  • appello (a firma del Procuratore della Repubblica Spataro)

  • fissazione udienza ( dopo 12 giorni a differenza dei soliti 30/40)

Se il popolo vale più della finanza

se il popolo deve valere più della finanza sei uno schifoso populista xenofobo
 
L’endorsement del mondo finanziario a ridosso di importanti votazioni è ormai diventata un’abitudine. Si tratta nello specifico della diffusione di notizie, dati e previsioni di scenari trasmessi da colossi della finanza, che descrivono le reazioni dei mercati rispetto ad un possibile esito delle votazioni. Un’abitudine cresciuta di pari passo con l’espansione dell’economia finanziaria, ma il cui peso specifico è divenuto rilevante negli ultimi dieci anni. Ecco alcuni esempi.
 
A ridosso delle elezioni politiche italiane del 2006 il settimanale inglese The Economist, principale voce del mondo finanziario anglosassone, così scriveva: “L’Italia necessita di riforme radicali, ma Berlusconi, in teoria un liberista economico, ha fatto quasi nulla”. Sempre a ridosso delle elezioni italiane, questa volta nel 2008, il Wall Street Journal, organo di stampa ufficiale di Wall Street, così “minacciava” l’elettorato italiano: “Berlusconi ci ha deluso…si è rivelato un nemico corporativo del Libero Mercato”.
La sequela si è ulteriormente acuita nell’ultimo biennio. Pochi giorni prima del Referendum consultivo proposto in Grecia dal Governo Tsipras nel luglio 2015 alcuni analisti della banca d’affari americana Goldman Sachs pubblicarono una ricerca sui possibili scenari post-voto. Goldman Sachs affermava che l’approvazione popolare del pacchetto di riforme e le dimissioni del Governo Tsipras avrebbero portato “stabilità nei mercati e investimenti nel Paese”, mentre una mancata approvazione popolare avrebbe causato “una minaccia concreta di Grexit” e un periodo di instabilità politica ed economica.
 
Il Referendum greco si è risolto con il rifiuto dei greci di accettare il pacchetto di riforme proposto da Commissione europea, BCE e FMI, tuttavia non vi è stata né una Grexit né instabilità politica. Tali scenari molto spesso non hanno alcun riscontro con la realtà.
 
Sono state però le due votazioni del 2016, il Referendum del Regno Unito e le presidenziali americane, ad aver mostrato fino a dove possono arrivare le minacce del mondo finanziario e quanto poco infine contino sull’andamento reale dell’economia.
 
Nell’aprile del 2016, a due mesi dal Referendum britannico, l’Ocse, Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, pubblicava un’ipotesi di scenario in caso di vittoria del Brexit in cui la perdita netta per famiglie nel Regno Unito sarebbe stata di almeno 3200 sterline entro il 2030.
 
Il 3 giugno del 2016 a rimarcare i toni ci pensò Jamie Dimon, CEO di Jp Morgan, che definì il Brexit “una terribile minaccia”, prospettando il taglio di “4.000” lavoratori impiegati nella filiale londinese. Sempre nel giugno 2016 Goldman Sachs faceva sapere attraverso una nota: “Se si deciderà di votare per lasciare l’Ue, l’incertezza aumenterà così come accadde dopo il crack di Lehman Brothers”. A pochi giorni infatti dalle votazioni i mercati parevano rispecchiare le minacce verbali dei loro attori: come riportato da Wall Street Italia il 16 giugno 2016 “l’indice FTSE 100 della Borsa di Londra è sceso sui minimi in quattro mesi…l’azionario del Regno Unito ha perso un valore di mercato pari a 100 miliardi di sterline”.
 
Delineato un simile scenario, ci si sarebbe dovuti aspettare che la popolazione terrorizzata votasse in massa per il “Remain”. Invece il Brexit ha vinto con il 51.9% di preferenze. Non solo ha vinto, ma ha smentito tutte le minacce portate durante la campagna elettorale. Secondo le stime fatte nel settembre 2016 da UBS, colosso svizzero di servizi finanziari, “il PIL britannico continuerà a crescere dell’1.9%”.
Mentre Repubblica, in un editoriale del 23 settembre 2016, mostrava il seguente grafico dove la borsa di Londra risultava essere quella più in salute tra le piazze affari europee.
 
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Anche Joe Grice, capo economista dell’Office for National Statistics britannico, commentò positivamente il Brexit: “In effetti lo shock non c’è stato. Fino ad ora sembra che il risultato del Referendum non abbia avuto effetti di rilievo sull’economia nazionale. Diciamo che il Regno Unito non è caduto al primo ostacolo”. In tutto questo la sterlina è sì crollata del 15% l’8 ottobre scorso, tuttavia tale svalutazione era dovuta, come riportato dal portale Bloomberg, all’errore di alcune “automated trades” di Tokyo (macchine che eseguono transazioni automatiche). Il valore della sterlina da allora è in continua ripresa, ad oggi una sterlina vale 1,24087 dollari statunitensi (il 5% in più rispetto all’8 ottobre).
 
Le elezioni presidenziali americane ci hanno regalato un analogo teatrino. Sulla rivista Foreign Policy del 26 ottobre 2016 si fece espressamente riferimento al fatto che “Wall Street stia disperatamente cercando la vittoria della Clinton…perché i banchieri odiano l’incertezza, e l’incertezza è una delle cose che la presidenza Trump potrebbe portare”. Remy Briand, amministratore delegato della società di ricerca Msci (Morgan Stanley Capital International) così definì la possibilità di una vittoria di Trump: “Con le politiche populiste si può avere una reale possibilità di tornare a tassi d’inflazione senza crescita. È uno scenario difficile da ignorare”. Mentre un’altra minaccia era arrivata da Jack Ablin, direttore della banca privata Bmo, una delle “Big Five” banks in Canada, il quale affermò come “ai mercati piaccia molto avere democratici nello Studio Ovale”. In un articolo uscito sull’Unità il 7 novembre 2016 il seguente grafico mostra come il mercato azionario Usa abbia “registrato sempre risultati migliori durante le presidenze democratiche”.
 
Ancora il Foreign Policy ci svela che i servizi finanziari hanno donato 65 milioni di dollari per la campagna della Clinton, mentre Trump ne ha ricevuti solo 716,000.
 
Come accaduto qualche mese fa nel Regno Unito, anche i cittadini statunitensi se ne sono fregati dell’ “incertezza” e hanno scelto il candidato più minaccioso per i mercati finanziari. La differenza tra quanto minacciato e realtà risulta dei fatti ancor più evidente negli USA rispetto al dopo Brexit. Lunedì 21 novembre infatti il Dow Jones ha raggiunto quota 18.956,69 punti (+0.5%), lo S&P500 è salito dello 0.75% toccando quota 2.198,18 punti e anche il Nasdaq è salito fino allo 0.9%. Una congiuntura positiva che non si vedeva dal 1999.
 
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Tant’é che sia il portale Bloomberg che il Financial Times si sono improvvisamente riscoperti sostenitori del tycoon, dopo mesi di campagna pro Clinton. Bloomberg scrive che questo risultato è frutto dell’ “ottimismo intorno alla Trumponomics e agli stimoli fiscali che abbiamo chiesto per anni”, mentre il Financial Times ammette che il potezionismo trumpista giovi alle piccole e medie imprese americane. Il rialzo al 10% della media impresa Russell 2.000 lo dimostra. In un periodo storico in cui sembra che il peso del singolo cittadino sia nullo in confronto a quello di aggregati economici dal fatturato plurimiliardario, queste due votazioni hanno dimostrato il contrario. Il popolo è ancora in grado di scegliere di testa sua e i mercati finanziari non crollano a seguito di votazioni, per quanto importanti possano essere. Tutte le grandi crisi economiche nella storia, dal giovedì nero del 1929, passando per la crisi argentina del 1999, fino al crollo dei subprime del 2008, sono state causate da meccanismi interni al sistema finanziario. In nessun modo la votazione popolare può distruggere un sistema economico.
 
novembre 25 – 2016 – di Michele Crudelini

Superamento dei limiti per le radiazioni e gite turistiche al cantiere Tav

Superamento dei limiti per le radiazioni e gite turistiche al cantiere Tav

Abbiamo letto che quei geni di Telt (la società incaricata di costruire la tratta transfrontaliera della Torino-Lione) hanno avuto la brillante idea di proporre il cantiere di Chiomonte come meta turistica. La cosa non ci stupisce, se ci sono operatori turistici che propongono una gita ad Avetrana ce ne saranno sicuramente altri interessati a una visita in un cantiere fra polveri, rumore e filo spinato.

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Le imperdibili notizie de La Stampa

Vorremmo però mettere in guardia l’incauto turista: un cantiere che estrae 300 mila metri cubi di smarino non è esattamente un pranzo di gala. Per esempio se l’avventuroso turista avesse esibito i documenti e varcato il check point del cantiere nelle prime due settimane di Settembre avrebbe vissuto la spiacevole sensazione di stare in un luogo in cui le radiazioni beta superavano la soglia di attenzione di 4 mBq/m3.

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Bollettino Telt Settembre 2016

Non sappiamo nulla di più riguardo a questo superamento, il curioso turista dovrà accontentarsi della casella rossa nel report di Settembre di Telt, perché non si trovano informazioni aggiuntive né sul sito della società, né sul sito di Arpa e neppure su quello del comune di Chiomonte. Imparerà il turista che la trasparenza non è la prima virtù del sistema Tav, neanche quando si parla di salute. Potrà però sempre avvolgersi in fogli di alluminio per evitare gli effetti delle radiazioni…

Ma un’altra insidia attende il temerario turista al cantiere Tav: le polveri sottili. Se l’intrepido visitatore fosse capitato alla Maddalena, ad esempio il 17 Novembre 2016, avrebbe trovato livelli di PM10 tre volte oltre i limiti per la protezione della salute (170 microgrammi al metro cubo contro i 50 del limite normativo). Una giornata in cui i valori di polveri sottili nei dintorni del cantiere erano decisamente maggiori di quelli registrati a Torino. Non si faccia ingannare l’avventato turista dalla corona di montagne innevate che circondano il cantiere, l’aria potrebbe non essere cristallina come appare…

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Dati del Sistema di Rilevamento della Qualità dell’Aria della Regione Piemonte

Ma non è finita, l’audace turista da cantiere deve sapere che da molto tempo in quei luoghi viene superata la soglia di attenzione per il rumore, tanto che Arpa e Telt in una riunione del 19 Maggio 2016 hanno concordato di avviare le “attività necessarie alla richiesta di deroga per le emissioni acustiche”. Se il coraggioso turista cercava silenzio e tranquillità fra le Alpi dovrà andare altrove perché al cantiere Tav rischia di essere accolto da polvere, trambusto, radiazioni e rumore!

Bollettino Telt Giugno 2016

Bollettino Telt Giugno 2016

La Val Susa è piena di tesori, arte, cultura e luoghi meravigliosi. I nostri paesi trasudano le storie che li hanno plasmati. L’ignaro turista farebbe bene a voltare le spalle a quel cantiere zeppo di ruspe, militari, filo spinato e devastazione. I geni della comunicazione di Telt che hanno avuto questa trovata, spacciare un cantiere per una attrazione turistica, non fanno altro che rivelare la loro mentalità colonizzatrice, con lo sguardo perso in quel buco, incapaci di rispettare quello che lo circonda.

Tutto il mainstream impegnato a falsificare Aleppo

vedi anche Siria, trovati ad Aleppo le lettere di richiamo alle armi dell’ISIS

Ultime novità sul fronte della “minaccia russa”.

Ucraina, Hollande e Merkel favorevoli ad estendere sanzioni contro la Russia Merkel e Hollande, presi da una nuova frenesia, probabilmente dovuta alla clamorosa disfatta della coalizione occidentale (cioè anche della loro) ad Aleppo, agitano l’idea del prolungamento ulteriore delle sanzioni contro la Russia. Al parlamento britannico emerge, dalle accuse di siria-mainstreamun deputato laburista, che la Russia, attraverso i suoi hacker (dopo il film di Oliver Stone su Edward Snowden, che ha illustrato fino a che punto possono agire, invece, i servizi segreti degli Stati Uniti) avrebbe influito potentemente per determinare l’esito del Brexit. Obama ha chiesto un pronunciamento collettivo delle agenzie di sicurezza degli Stati Uniti sulle attività di penetrazione degli hacker russi nei sistemi informativi interni dei partiti americani.

Cioè, in altri termini, mettendo in discussione il risultato della vittoria di Donald Trump. E, davanti al palazzo di Trump a New York, i dimostranti chiedono a gran voce che sia rinviata — in attesa di questi “accertamenti” — la riunione dei Grandi Elettori che dovrebbe mettere il punto finale sull’elezione del miliardario americano alla presidenza degli Stati Uniti d’America.

Russia contro l’espansione ad est della NATO: minaccia equilibrio strategico L’ultimo segnale di burrasca è venuto dal “barometro” del Consiglio per le relazioni internazionali degli Stati Uniti, che ha collocato, al primo posto tra le minacce possibili, l’eventualità di un conflitto tra la Russia e la Nato in Europa. L’America — e l’Europa agonizzante di Merkel-Hollande, che le sta avvinghiata come un naufrago nella tempesta — è ancora “in mezzo al guado” di una transizione dal neo-liberismo libertario delle élites al potere e un’altra versione della superpotenza, quella impersonata da Trump (e quella che emerge in Europa, con il Brexit e con la rivolta montante dei popoli europei euroscettici).

Nel frattempo cosa può esserci di meglio, per stornare l’attenzione del pubblico, che agitare le acque incolpando la Russia di bombardare la popolazione civile di Aleppo? In un’orgia di falsificazioni che supera molte delle precedenti, tutto il mainstream occidentale, dimenticando ogni regola di decenza, sta dipingendo la fine della tragedia di Aleppo come l’apogeo della ferocia delle forze regolari siriane, appoggiate dalla Russia.

 Siria, la vera situazione ad Aleppo raccontata da un operatore umanitario I terroristi di Al Qaeda-Al Nusra, ormai impegnati in una fuga disordinata, mescolati ai consiglieri militari della Turchia, agli agenti dei servizi segreti di Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, cercano di salvare la pelle, ma non smettono di bombardare, quando possono, la popolazione civile (che russi e siriani stanno cercando di mettere in salvo). Certo il dramma umanitario persiste. Ma i media (ormai protagonisti assoluti della guerra ibrida in corso) fingono di non ricordare chi ha creato questa situazione e chi cerca di prolungarla. Le uniche fonti che tutti costoro usano e che inondano le menti di centinaia di milioni di telespettatori sono quelle delle “corazzate informative” anglosassoni. Nessun cenno ai comunicati, ai filmati, numerosi e dettagliati (molti dei quali prodotti da fonti russe) che raccontano informazioni del tutto diverse. Certo, anch’essi sono “di parte” e meritano di essere sottoposti al vaglio della verifica. Ma di questa verifica non vi è cenno. Le fonti nemiche semplicemente si cancellano. Si accetta come vera, assiomaticamente, l’informazione della parte opposta. Siamo alla pura propaganda di guerra.

Teatro ad Aleppo

Così accade che dei terroristi-tagliagole nessuno parla più. Ed essi vengono commiserati, dai commentatori occidentali, implicitamente, insieme alla popolazione civile che sta cercando di sfuggire alla loro morsa. La loro ritirata, certo sanguinosa, viene “coperta” dal fuoco informativo dei media occidentali. È, appunto, quella cui stiamo assistendo, la versione più moderna e raffinata della “guerra ibrida”: un misto di cannonate reali (sulla popolazione in fuga) e di proiettili virtuali (nelle menti dei pubblici occidentali). L’opinione dell’autore può non coincidere con la posizione della redazione.
Giulietto Chiesa
Leggi tutto: https://it.sputniknews.com/opinioni/201612153793015-falsificazioni-propaganda-aleppo/

Aleppo: le richieste di aiuto di ‘civili’ che in realta’ sono giornalisti e blogger fiancheggiatori dei gruppi armati

Aleppo: le richieste di aiuto di 'civili' che in realta' sono giornalisti e blogger fiancheggiatori dei gruppi armati

 Come evidenzia Anissa Naouai nell’ambito del programma ‘In the Now’, basta una semplice ricerca su internet per verificare l’identità di queste persone. Siamo di fronte all’ennesimo caso di fake news montato dal circuito mainstream

I loro volti abbiamo ormai imparato a conoscerli perché dominano le aperture dei principali Tg e dei media mainstream. Si tratta dei presunti civili che lanciano appelli accorati perché minacciati dall’imminente liberazione totale di Aleppo. In realtà, come conferma un servizio di RT, si tratta di giornalisti e blogger inseriti a pieno titolo in quella che si può definire, senza tema di smentita, una vera e propria tempesta di fake news creata dal circuito mainstream internazionale come risposta a quella che viene definita, non a caso, la «caduta di Aleppo». Come evidenziato da Anissa Naouai nell’ambito del programma ‘In the Now’, basta una semplice ricerca su internet per verificare l’identità di queste persone.

La narrazione dominante è sempre la medesima: quello in atto ad Aleppo è un genocidio; le forze di Assad, spalleggiate da russi e iraniani, stanno avanzando nella città sterminando il proprio popolo senza fare prigionieri. Mentre i coraggiosi ‘ribelli’ siriani guardano la morte in faccia, sotto la minaccia dei pesanti bombardamenti russi.

Come conferma RT, questi personaggi non sono ‘civili’ che attendono il loro tragico destino sotto le bombe russe, ma attivisti e giornalisti legati a doppio filo con i gruppi armati che da anni insanguinano la Siria. quegli stessi gruppi che si macchiano di crimini orrendi in giro per il mondo. Tutti questi profili hanno migliaia di follower su Twitter, e lanciano sempre semplici massaggi lasciando intendere che la loro fine è imminente. Mentre i giorni successivi li troviamo in prime time rilasciare interviste alla CNN, BBC o Al Jazeera.

Emblematico il caso di Bilal Abdul Kareem – il cui video appello è stato rilanciato anche da Repubblica – un documentarista e giornalista molto accreditato tra i ribelli di Aleppo est, tanto da aver intervistato per la CNN il nuovo leader Aby Al Abd. Basta una semplice ricerca su internet per scoprire che si tratta di un estremista salafita coinvolto anche nel reclutamento di estremisti da inviare come combattenti in Siria. Altro che giornalista indipendente che rischia la vita in quel di Aleppo.

di Fabrizio Verde Fonte: RT

Sala indagato nell’inchiesta sul maxi appalto Expo: “Mi autosospendo anche se non ho idea delle accuse”

ovviamente un’ingiustizia, non sanno mai niente

Sala indagato nell'inchiesta sul maxi appalto Expo: "Mi autosospendo anche se non ho idea delle accuse"
Giuseppe Sala (fotogramma)

L’ex commissario tra i nuovi iscritti dalla procura generale nel fascicolo che riguarda i lavori sull’area dell’Esposizione, la gara più rilevante da 149 milioni di euro. Deve rispondere di falso

Il sindaco di Milano Beppe Sala è indagato e ha deciso di autosospendersi dalla carica di sindaco di Milano. Il suo nome compare tra quelli spuntati nell’inchiesta milanese per corruzione e turbativa d’asta sulla ‘Piastra dei Servizi’ di Expo, l’appalto più rilevante dell’Esposizione universale per i lavori di preparazione dell’area su cui sono sorti i padiglioni. Insieme a Sala, accusato di falso materiale, c’è anche quello del legale rappresentante del gruppo Pizzarotti, accusato di tentata turbativa d’asta.

Il sindaco si autosospende. “Apprendo da fonti giornalistiche – le dichiarazioni di Sala – che sarei iscritto nel registro degli indagati nell’ambito dell’inchiesta sulla piastra Expo. Pur non avendo la benché minima idea delle ipotesi investigative, ho deciso di autosospendermi dalla carica di sindaco, determinazione che formalizzerò domani mattina nelle mani del Prefetto di Milano”.

Le nuove iscrizioni. L’ex commissario straordinario del governo per Expo 2015 non è  mai stato sentito dai magistrati ma aveva consegnato un audit sulla vicenda. L’iscrizione nel registro degli indagati del primo cittadino risulta dalla richiesta di proroga delle indagini per sei mesi avanzata al gip dalla procura generale, che ha avocato a sé l’inchiesta nelle scorse settimane. Dall’atto, infatti, si parla di approfondimenti necessari anche alla luce di “nuove iscrizioni”, tra cui appunto quella di Sala e Pizzarotti.

L’inchiesta. Le questioni che, a detta della procura generale, non sono chiare e non sono state approfondite a sufficienza attraversano tutta la filiera dell’appalto per la Piastra di Expo: dalla nomina dei commissari nella fase pre-gara fino all’esecuzione del contratto. Nel mirino, il prezzo al ribasso assegnato alla ditta Mantovani, di oltre il 41%. Una cifra – questo il solco su cui si è mosso il sostituto procuratore generale Isnardi – non congrua per i prezzi di mercato. A evidenziare i primi “comportamenti illeciti” in questa vicenda, era stato un corposo rapporto investigativo del Nucleo di polizia tributaria, del 2014. Allora, il procuratore capo di Milano, Edmondo Bruti Liberati, tolse l’indagine dalle mani di Alfredo Robledo, e gestì in prima persona il fascicolo.

Gli altri indagati. Nell’inchiesta sono già indagati per corruzione e turbativa d’asta gli ex manager di Expo, Antonio Acerbo e Angelo Paris; l’ex presidente di Mantovani, Piergiorgio Baita; Erasmo e Ottavio Cinque, padre e figlio, titolari di Socostramo, che faceva parte del consorzio vincente. Al centro dell’indagine, l’assegnazione dell’appalto al consorzio capeggiato da Mantovani che si è aggiudicato la commessa, con un ribasso record del 41,80%, a 149 milioni rispetto ai 272 iniziali.

I lavori ‘urgenti’. Secondo l’indagine, l’assegnazione dell’appalto fu condizionato dalla necessità di arrivare, comunque, a completare i lavori in tempo utile per l’inzio di Expo, maggio 2015. Per questo, secondo gli investigatori del Nucleo di polizia tributaria della guardia di finanza, non tutte le procedure vennero rispettate. L’appalto doveva essere comunque assegnato. Anche a costo di non svolgere, scriveva la Gdf, la necessaria “verifica di congruità” nei confronti dell’impresa vincitrice, Mantovani, determinando “un contesto di evidente illegalità”.

Il ruolo di Sala. Per gli investigatori del Nucleo di polizia tributaria, l’allora amministratore delegato di Expo Giuseppe Sala, ora sindaco di Milano, il responsabile unico all’epoca del procedimento Carlo Chiesa e l’allora general manager Paris non avrebbero tenuto un comportamento “irreprensibile e lineare”. Pur “con gradi di responsabilità diversi – chiariva la Gdf – attraverso le loro condotte fattive ed omissive hanno comunque contribuito a concretizzare la strategia volta a danneggiare indebitamente la Mantovani (impresa che vinse l’appalto con un ribasso di oltre il 40%, ndr) per tutelare e garantire, si ritiene, più che la società Expo 2015 Spa il loro personale ruolo all’interno della stessa”. Sala, poi, come ha messo a verbale l’ex dg di Infrastrutture Lombarde spa Antonio Rognoni, avrebbe detto al manager che “non avevano tempo per potere” verificare la congruità dei “prezzi che erano stati stabiliti da Mantovani” nel corso dell’esecuzione del contratto con l’inserimento di costi aggiuntivi, e “per verificare se l’offerta era anomala o meno”.

La richiesta: “Indaghiamo ancora”. Data la mole del materiale raccolto e gli approfondimenti che devono essere ancora effettuati, il sostituto pg Felice Isnardi ha deciso di chiedere che gli vengano concessi altri 6 mesi per indagare. Il gip Andrea Ghinetti, a fine ottobre, non avendo accolto la richiesta di archiviazione presentata dalla procura, aveva convocato le parti per la discussione della vicenda per poi decidere se archiviare o chiedere un supplemento di indagine o ordinare l’imputazione coatta. Nel frattempo, però, la procura generale ha avocato il fascicolo e ha ottenuto un mese di tempo per nuove indagini, termine poi scaduto. Da qui la richiesta di proroga.

di EMILIO RANDACIO
15 dicembre 2016

NON MANGIA DA GIORNI, SENZA ACQUA CALDA IN CASA: BIMBA SVIENE A SCUOLA DAVANTI AI COMPAGNI

la buona scuola, e la solidarietà dei moralmente superiori. Ah già, siamo tanto ricchi

UDINE – Senza acqua calda in casa e con la credenza vuota, una ragazzina che frequenta una delle scuole medie di Udine ha retto fino a un certo punto. Nei giorni scorsi, infatti, con lo stomaco vuoto, dopo essersi fatta la doccia con l’acqua gelata, ha avuto un calo di pressione ed è svenuta in classe, davanti agli occhi dei compagni e dell’insegnante. I docenti e la direzione dell’istituto hanno chiamato il 118 e l’equipe infermieristica ha soccorso l’alunna. Non si tratterebbe del primo caso: altri ragazzini della città pare vivano in case dove non c’è il riscaldamento, o non viene non acceso per risparmiare, e le loro famiglie non hanno i soldi per comprare da mangiare e per pagare i buoni della mensa a scuola. Il numero di casi di questo tipo, peraltro, sta aumentando con la crisi economica e spesso si tratta di situazioni sommerse, poco o per nulla note, perché i genitori provano vergogna a chiedere aiuto, sperando di riuscire a farcela da soli. Intanto sono i ragazzini a pagarne le spese. Si tratta di famiglie straniere ma anche italiane. 

Venerdì 16 Dicembre 2016, 08:46

di Paola Treppo