Dramma a Mantova: da sei mesi non trovava un lavoro, 22enne si impicca

40percentoQuando la mancanza di reddito, di lavoro, UCCIDE. Ma guai parlare di reddito di cittadinanza, ed è pure colpa dei disoccupati se sono in questa situazione, come governassero loro. Ma sarà colpa del fascismo se il reddito di cittadinanza non c’è in Italia. I Più europa NON PRENDONO SPUNTO DALL’EUROPA SU QUESTO TEMA, CHISSA’ PERCHE’.


Non ce la faceva più a rimanere disoccupato, con le mani in mano, a carico della sua ragazza e così, caduto nella depressione, ha deciso di togliersi la vita
di Redazione
 
15 Febbraio 2018 alle 12:41
 
Dramma a Mantova, causato dalla mancanza di lavoro: ne stava cercando inutilmente uno da mesi, uno qualsiasi pur di non stare con le mani in mano, un ragazzo di soli 22 anni. Nonostante il continuo peregrinare tra un’agenzia e l’altra, continuava a rimanere disoccupato. Il sostegno della ragazza e della sua famiglia non sono però state sufficienti per fargli superare la disperazione e lo stato di depressione nel quale era precipitato: senza più speranze, senza più sogni, senza più progetti per il futuro gli è venuta a mancare anche la voglia di vivere, così ha deciso di farla finita impiccandosi con una corda alla ringhiera di una scala.
Gli è stata uccisa ogni speranza, portandolo alla disperazione, così a soli 22 anni ha deciso di gettare la spugna. La sua ragazza aveva notato qualcosa di strano, così era corsa in casa con il cuore in gola e un terribile presentimento. Era troppo tardi.”Dramma della disperazione” si è soliti scrivere. Ma la disperazione è il prodotto di una situazione che, forse, si poteva evitare. Basti pensare a tutte le ‘risorse’ nullafacenti che lo Stato mantiene coi nostri soldi, e che non hanno bisogno di cercarsi un lavoro per campare. A lui, che quel lavoro lo voleva, è stato invece rifiutato qualsiasi aiuto fino a spingerlo al tremendo gesto estremo.
 
L’autopsia, effettuata presso l’ospedale Poma, ha confermato la morte per asfissia, avvenuta sabato mattina. I due fidanzati si erano svegliati e avevano deciso di raggiungere il negozio di lei, per fare colazione insieme. Il 22enne sembra tranquillo, ma non era così: c’era qualcosa di strano nel suo comportamento, lei aveva notato questo disagio, che da qualche tempo non riesce a nascondere, causato dalla mancanza di un lavoro. I continui “no”, i continui “ripassi più avanti”, i troppi “le faremo sapere” hanno inciso sulla sua autostima, sprofondandolo a poco a poco nell’oblio di una depressione dalla quale non riusciva più ad uscire.
L’inquietudine non è sfuggita alla ragazza, attenta ad ogni suo più piccolo cambiamento. La disperata e inutile ricerca di un lavoro gli aveva fatto scattare una molla dentro. Quando lui sabato mattina, dopo aver fatto colazione insieme, decide di tornare a casa, lei ha un terribile presentimento. La preoccupazione è talmente forte che chiede alla madre di prendere il suo posto in negozio. Corre verso casa con quell’oscura sensazione. Apre la porta con il cuore in gola e lui è lì, proprio dove ha scelto di morire. Sopraffatto dall’umiliazione di non aver trovato quel lavoro che tanto desiderava. Disperata, chiama i soccorsi ma non c’è più niente da fare.

Le case popolari? A Roma la Raggi le assegna agli immigrati

virginia-raggi-campi-romi 10 MILIONI di italiani sotto la soglia di povertà? Chi se ne frega

Anche ai disoccupati e senzatetto italiani la Raggi da 800 euro casa e lavoro? Ma il motto dei 5S non era non lasceremo indietro nessuno? Qui le priorità mi sembrano chiare.


Le case popolari? A Roma la Raggi le assegna agli immigrati
La protesta di Manolo: “Una volta Robin Hood rubava ai ricchi per dare ai poveri. Ora toglie agli italiani per dare agli stranieri” “Ho perso il conto degli anni passati ad aspettare una casa. Ho 10 punti, un figlio di 14 anni disabile,

15 Febbraio 2018 alle 21:01

Le case popolari? Virginia Raggi le ha date agli immigrati. Già perché è sufficiente scorrere la lista degli assegnatari dei 53 alloggi popolari di Roma, del dicembre dello scorso anno, per accorgersi che ben 21 sono andati a stranieri. E che il nome più frequente è Mohammed, che nella lista compare ben sei volte, poi c’è Fatiha, Banday Ali, Kabir, Abdel, Moustafa, Vadim, Fatou, Theresiamma, Gerald, Vivian, Maryam, Edna, Valentyna, Czeslawa, Jesus.

Ventuno stranieri, il 40% del totale. Sicuramente più bisognosi, perché con prole, rispetto agli italiani, che i figli non li fanno perché non hanno i soldi per mantenerli. Ma esultare, come ha fatto la sindaca, con quel suo “scroccopoli è finita”, quando a finire nell’angolo sono i cittadini italiani, che la costruzione di quelle case le hanno pagate con le tasse, è quanto meno di cattivo gusto. Ed è poi sufficiente scorrere sul sito del Comune l’elenco delle graduatorie aggiornato al 16 gennaio 2018 e leggere i nomi degli ammessi alle liste (sono criptati, è vero; ma per i cognomi che cominciano con Kru, Tho e Her ed i nomi con Hat, Kat e Mou è facile intuirne la provenienza straniera) per rendersi conto che il trend è in continua ascesa. Oltre al danno, la beffa. Per gli italiani.

Perché poi c’è chi, come Manolo di Tor Bella Monaca, intervistato dal Tempo, che racconta con amarezza della grande beffa: “Ho perso il conto degli anni passati ad aspettare una casa. Ho 10 punti, un figlio di 14 anni disabile, ma sono italiano e lavoro pagando le tasse. La sindaca dovrebbe considerare, quando fa questo genere di operazioni-legalità che la maggior parte degli stranieri un’occupazione nemmeno la cerca, c’è chi vive spacciando droga, e qui a Tor Bella Monaca è pieno; chi invece fa il venditore ambulante e logicamente figura come povero. Siamo alla follia: una volta Robin Hood rubava ai ricchi per dare ai poveri. Ora toglie agli italiani per dare agli stranieri”.

http://www.ilpopulista.it/news/15-Febbraio-2018/23474/le-case-popolari-a-roma-la-raggi-le-assegna-agli-immigrati.html

Morto 77enne di stenti, senza acqua né luce, è progresso e civiltà politically correct, uguaglianza e solidarietà

77ENNE suicida Monselice

I servizi sociali lo seguivano….e com’è che le utenze erano STACCATE?? Ecco la magnifica Civiltà, democrazia, regno dei diritti tanto minacciata, anche queste persone assassinate da uno stato assente sono colpa dei fascisti?


Venerdì 9 Febbraio 2018, 00:00
Non dà più notizie, 77enne trovato in casa senza vita
MONSELICE Un dramma della solitudine si è consumato ieri pomeriggio in via Carrubbio, a Monselice. In un appartamento in affitto viveva A.V., di 77 anni. L’uomo, divorziato da molti anni e senza figli, era assistito dai servizi sociali del Comune di Monselice. Per questo l’assistente sociale di palazzo Tortorini, non sentendolo da un paio di giorni e non ricevendo risposta dall’appartamento, si era impensierita. Nella giornata di ieri è quindi scattata la ricerca di familiari, con i quali l’uomo potesse essere in contatto, per sincerarsi che…fine parte non a pagamento

Chiudono le Officine delle mappe De Agostini: Novara perde un secolo di storia

foto-de-agostini-novara.scale-to-max-width.825x150 famiglie ne subiranno le conseguenze, colpa dei fascisti se perdono il lavoro e NON ESISTE REDDITO DI CITTADINANZA, tanto se poi non sono più in grado di pagare le bollette si staccano le utenze, se non possono pagare più le tasse rifiuti ed altre miliardi di gabelle si perseguitano ed additano come evasori e poi ci pensa Equitalia. La democrazia dei diritti e della civiltà
 
Chiudono le Officine delle mappe De Agostini: Novara perde un secolo di storia
È l’azienda che da inizio Novecento ha stampato libri, atlanti e le mappe appese nelle aule delle scuole italiane. La proprietà l’aveva ceduta nel 2013 puntando su altri settori
Il presidio dei lavoratori davanti ai cancelli non si è mai interrotto, anche se da quando all’interno della fabbrica i macchinari non ci sono più, è chiaro a tutti il destino delle storiche Officine Grafiche di Novara: in questi giorni sarà il Tribunale di Novara a mettere la parola fine a una fetta importante della storia della città e dell’editoria italiana, durata oltre un secolo. Era da questa fabbrica che, fin da inizio Novecento, uscivano i best seller della De Agostini: le carte geografiche appese nelle aule delle scuole, i grandi atlanti, i libri, perfino il Corano più grande del mondo, 2 metri e 28 centimetri d’altezza, l’ultima fatica degli operai novaresi nel 2012. Un tutt’uno con la casa editrice, raccontano gli operai, che si è interrotto definitivamente nel 2013, quando la famiglia Boroli decise di tagliare l’ultimo cordone ombelicale cedendo le Officine di stampa a un’altra società. Una questione finanziaria, ma non logistica: le Officine Grafiche non hanno mai lasciato il palazzone di corso della Vittoria a Novara dove hanno sede gli uffici De Agostini.
 
UN SECOLO DI CARTE GEOGRAFICHE
La storia delle Officine Grafiche va di pari passo con quella della De Agostini, cresce insieme alla casa editrice nel cuore operativo dell’azienda, sfrutta e risente delle innovazioni tecnologiche, si adatta al mondo che cambia velocemente, ai nuovi materiali. E deve fare i conti con l’arrivo del digitale, con le mappe di Google e la realtà aumentata, con l’esigenza di tradurre le indicazioni di carta su altri supporti, con gli inevitabili cambiamenti dell’editoria. Era il 1901 quando Giovanni De Agostini fondò la casa editrice a Roma, il 1908 quando si trasferì a Novara e le carte dello storico Istituto Geografico venivano prima incise a mano su lastre di pietra, poi stampate su carta a formare i primi grandi atlanti. Nella sede di viale della Vittoria l’azienda grafica, guidata dai fratelli Boroli, si spostò negli Anni Cinquanta e qui rimase, continuando a stampare in proprio.
 
Dalle lastre di pietra al digitale: così sono cambiate in un secolo le carte geografiche
 
 
«ERA IL CUORE DELLA DE AGOSTINI»
«Erano centinaia le ore necessarie solo per fare l’idrografia di una mappa, venivano disegnate a mano, e poi messe in bella incidendo le lastre di pietra, per cui serviva molto personale, quando sono entrato io erano praticamente tutti novaresi» racconta Giuseppe Motta, che dagli anni Sessanta alla pensione ha diretto il settore cartografia dell’Istituto Geografico De Agostini. Il settore stampa era il cuore dell’azienda: negli anni Settanta viene formalmente separato dalla casa editrice ma continua a stampare al 90% prodotti De Agostini, dà lavoro a un migliaio di persone, più altri 600 della Legatoria del Verbano, a Gravellona Toce, dove i prodotti vengono assemblati. «Adolfo Boroli visitava spesso i reparti di stampa, vedeva subito se c’erano errori, i lavoratori sapevano che il loro lavoro era capito, non c’era il distacco di oggi tra chi conduce un’azienda e chi ci lavora». Dopo la morte dei fratelli Adolfo e Achille Boroli, l’azienda passa ai discendenti: il gruppo Boroli-Drago decide a fine 2012 di cedere il 100% delle quote delle Officine Grafiche a Tim Management, una società che si occupa di ristrutturazione aziendale. L’attività di stampa verrà affidata ad altre aziende.
 
E nel 2014 le macchine si fermano: «Il settore della libraria ha perso importanza col tempo – commenta Motta -, l’azienda ha scelto di investire nella finanza e sicuramente si rimane addolorati ora a passare davanti alle Officine grafiche ormai chiuse. Tutto quello che si è fatto nel passato, cioè esportare i prodotti novaresi nel mondo attraverso gli atlanti, è stato perso di vista e c’è un certo rincrescimento per questa scelta». Anche l’Istituto Geografico, nel palazzo di corso della Vittoria, non c’è più: gli ex cartografi e geografi si sono messi in proprio senza lasciare Novara, hanno fondato Geo4Map e continuano a fare il loro lavoro, puntando sul digitale.
 

LA STORIA/I CARTOGRAFI DELL’EX DE AGOSTINI SALVATI DAI SEGRETI DI MARTE

 
LA PROTESTA DEI DIPENDENTI
Ai cancelli delle Officine Grafiche ormai chiuse ci sono ancora gli striscioni, ultimo ricordo della protesta sindacale. Un operaio indica il fast food dall’altra parte della strada: «Lo vede? Là fino a poco tempo fa c’era la nostra mensa, mi pare indicativo delle intenzioni della proprietà». Nei mesi scorsi erano comparsi altri cartelli che chiedevano l’intervento della famiglia Boroli: «E’ vero che formalmente dal 2013 non sono più proprietari di Officine Grafiche, ma i muri in cui ha sede l’azienda sono loro, era qui che facevamo la stampa per la De Agostini, e dall’oggi al domani i proprietari hanno deciso di vendere tutto, ma questa azienda era nata e cresciuta con la De Agostini».
 
Officine, gli operai ai cancelli: “Ci hanno abbandonati”
Ora i dipendenti in cassa a zero ore sono 143: «Hanno venuto tutti i macchinari, i muri sono rimasti della famiglia hanno ottenuto dal comune di poter trasformare da zona industriale e commerciale, hanno 50mila metri quadri di superficie per costruire e noi siamo in mezzo a una strada. I loro genitori sono partiti da qua a costruire l’impero insieme ai nostri genitori, e poi lasciano dietro 150 famiglie». Il lavoro c’era, dicono gli operai: «Abbiamo lavorato fino all’ultimo giorno facendo straordinari, il lavoro che potevamo fare noi ora è stato affidato ad altre aziende».
Pubblicato il 13/02/2016 elisabetta fagnola novara

DOPO ANNI UN MILIONE E 500.000 PERSONE IN PIAZZA AD ATENE

macedonia è GreciaVoice of Europe:”in Grecia 60.000 migranti afghani ricevono tutti i mesi 400 euro dall’UE.” L’UE prima devasta la Grecia con la Troika, e poi elargisce aiuti ai migranti. Ora vi chiedo: se esplode una guerra tra greci e migranti, chi è il mandante morale?

DOPO ANNI UN MILIONE E 500.000 PERSONE IN PIAZZA AD ATENE
 
Da Piazza Syntagma (Costituzione) di Atene si è levata la protesta contro TUTTI i partiti e il governo che vogliono riconoscere Skopje con il nome Macedonia per facilitarne l’entrata nella NATO e nella UE!
 
Contro iI Memorandum, la Troika, l’Unione Europea e gli USA…
 
Il popolo gridava: “Indipendenza Nazionale, Sovranita’ Nazionale, Liberta’ e Democrazia…
 
Oratore principale il simbolo della Resistenza Greca Mikis Theodorakis, che la sera prima aveva subito un attacco alla sua abitazione da parte di gruppi tsiprini, con scritte che accusavano i promotori della manifestazione di essere dei ‘sinistroidi fascisti’.
Grazie a Nikos per foto e info in diretta

Grecia: i lavoratori costretti a restituire la tredicesima

grecia-crisi-debitodirei sia assai evidente perché le borse, i magnati liberisti, il capitalismo ami tantissimo i governi di sinistra e detesti i “populisti”. Da noi la situazione non è affatto diversa. Date un’occhiata ai fallimenti del 2017.


Grecia: i lavoratori costretti a restituire la tredicesima
 
Continuare a parlare della Grecia è più che mai cruciale, dopo che abbiamo letto post come questo e come questo. Ora dal blog Keep Talking Greece arriva un’altra testimonianza raggelante sulle condizioni dei lavoratori in questo paese, dove, per citare l’antropologo Panagiotis Grigoriou, è in corso un processo “che renderà i lavoratori greci schiavi dei padroni rimasti”. Questo articolo ne mostra i segni con inoppugnabile evidenza, scontrandosi con chi sproloquia di “ripresa della crescita greca” e di “cura dell’austerità che ha funzionato”. In un paese dove la disoccupazione giovanile supera il 40% e i salari sono precipitati fino a garantire a mala pena la sussistenza, la capacità dei lavoratori di resistere ai ricatti è praticamente sparita: fino al punto che si è obbligati a restituire in contanti quello che era stato messo per legge in busta paga.
Diversi datori di lavoro hanno trovato una “ricetta” per riempire i loro registratori di cassa durante i giorni di Natale: hanno chiesto indietro la tredicesima che sono obbligati – per legge – a pagare ai dipendenti.
 
Le proteste dei dipendenti sono atterrate una dopo l’altra negli uffici dei sindacati.
 
Patrasso, i lavoratori nei negozi di vendita al dettaglio, ristoranti e imprese di pulizia si sono lamentati con il sindacato dei dipendenti del settore privato che i loro datori di lavoro hanno richiesto indietro il bonus di Natale.
Diverse denunce hanno raggiunto i sindacati anche a Larissa, nella Grecia centrale. Il presidente del Centro per il lavoro locale ha affermato che “non credo di esagerare se dico che nel settore della ristorazione il fenomeno ha toccato l’80% dei lavoratori”.
 
Tra l’altro ha aggiunto che “una grande catena di negozi ha preteso che fosse restituita la tredicesima, minacciando di licenziare i lavoratori se non avessero obbedito”, aggiungendo che “purtroppo i datori di lavoro richiedono indietro anche parte degli stipendi, adducendo come pretesto le difficoltà economiche”.
Il problema è che i dipendenti non possono dimostrare di aver dovuto restituire il piccolo extra, poiché nella maggior parte dei casi sono costretti a restituire il bonus in contanti subito dopo averlo ritirato al bancomat.
Episodi simili sono stati segnalati anche nell’isola di Creta.
 
Secondo quanto riferito, alcune catene di supermercati hanno costretto a restituire il bonus natalizio, dando in cambio agli impiegati un sacchetto di prodotti alimentari.
Non è il primo anno che i datori di lavoro richiedono indietro il bonus natalizio, equivalente a uno stipendio mensile.
 
La Grecia è in crisi economica, e questo rende i datori di lavoro creativi in modo decisamente pessimo, a prescindere da quello che impone la legge sul lavoro.
di Rododak – gennaio 9, 2018 – di Keep Talking Greece, 28 dicembre 2017

La UE impone una legislazione antisindacale alla Grecia

tsipras sirizala Ue è democrazia e benessere, è diritti e libertà. Guai stare dalla parte del popolo, le sinistre lo sanno bene ed obbediscono.

Mentre in Italia ci si affanna per la campagna elettorale e si cercano improbabili mandanti morali di gesti da psichiatria criminale, CounterPunch ci ricorda che in Grecia il governo di Syriza, obbediente all’Unione Europea, sta portando avanti la distruzione dei diritti dei lavoratori. I provvedimenti di limitazione del diritto di sciopero (di cui abbiamo già parlato recentemente) imposti da entità esterne durante un periodo di crisi, sono un fatto gravissimo, ma sono esattamente in linea con i provvedimenti da sempre voluti dalle istituzioni europee.
Seguendo le istruzioni della Commissione Europea, della Banca Centrale Europea e del Fondo Monetario Internazionale, lunedì 15 gennaio il governo greco è riuscito a fare approvare la legislazione più antisindacale d’Europa.
La mossa è stata richiesta, assieme ad altre misure draconiane, come condizione per l’ultima tranche di quello che viene definito il “salvataggio” [bailout, NdT] della Grecia, ma che in realtà è solo il salvataggio delle istituzioni finanziarie europee, che hanno incautamente spinto i greci a indebitarsi.
 
Il punto fondamentale richiesto dal governo di Syriza era che le azioni sindacali dovessero essere approvate con il voto favorevole di almeno la metà più uno del numero totale dei membri dei sindacati nel luogo di lavoro [mentre prima la soglia era di un terzo, NdT], e a prescindere dall’effettiva partecipazione al voto. Questo provvedimento è ancora peggiore di quelli previsti dall’accordo sindacale Trade Union Act entrato in vigore nel Regno Unito nel marzo 2016.
Sorprendentemente (o forse no) il Trade Union Congress [la federazione sindacale britannica, NdT] non ha speso una sola parola su tutto questo, mentre continua a spargere allarmismo sugli effetti che la Brexit dovrebbe avere sui diritti dei lavoratori. Mentre il Trade Union Congress continua con le sue chiacchiere, l’Unione Europea sta stringendo le viti sul più basilare di tutti i diritti dei lavoratori, il diritto di sciopero, e sta usando la Grecia come banco di prova per le politiche che vorrebbe attuare in tutti i paesi membri.
Senza il diritto di intraprendere azioni di sciopero, i lavoratori non hanno alcuna protezione tranne quella del tribunale, e i tribunali dei capitalisti tendono decisamente a favorire gli imprenditori.
La Corte Europea di Giustizia ha decretato (nel caso Laval, 18 dicembre 2007) che gli imprenditori hanno il diritto di importare lavoratori da paesi UE a basso salario verso paesi UE ad alto salario, pagandogli il salario del più economico dei due paesi, indipendentemente da qualsiasi accordo di contrattazione collettiva presente nel paese a salari maggiori. Ha decretato inoltre (nel caso Viking, 11 dicembre 2007) l’illegalità di qualsiasi politica industriale tesa a impedire l’esternalizzazione verso i paesi a basso costo.
 
Nel caso Alamo-Herron (18 luglio 2013), in cui alcuni membri del sindacato Unison erano stati trasferiti fuori dalle amministrazioni locali, ha decretato che indipendentemente da ciò che dicesse il loro contratto, i benefici contrattati collettivamente a favore dei lavoratori degli enti locali potevano essere ignorati dai loro nuovi datori di lavoro. “Questo caso è un attacco spaventoso alla contrattazione collettiva ed è almeno altrettanto grave dei casi Laval e Viking”, ha scritto John Hendy, il celebre avvocato del lavoro britannico.
Hendy ha poi aggiunto che “la UE è diventata un disastro per i diritti collettivi dei lavoratori e dei loro sindacati”.
Come abbiamo già detto, organizzazioni sindacali forti sostenute da efficaci politiche industriali quando necessarie sono l’unico modo per garantire e difendere i progressi sui posti di lavoro. La UE si limita a mormorare sui “diritti”, e nel frattempo aggredisce alla base e con determinazione le organizzazioni dei lavoratori.
 
Non una sola riga del Trade Union Act introdotto dal governo Cameron, o ancora peggio della White Paper che l’ha preceduta, era contraria alla legge della UE. Prima la Gran Bretagna esce dalla UE, meglio sarà per i membri delle organizzazioni sindacali (sebbene alcuni cosiddetti leader dispiaccia essere cacciati fuori dal ricco treno di Bruxelles). Almeno poi potremmo vedercela direttamente coi nostri imprenditori.
di Henry Tougha – febbraio 6, 2018 – di Will Podmore, 02 febbraio 2018

Grecia fase finale: all’asta sul web tutto ciò che si può vendere, anche le case private

TSIPRAS RIDEe bravo il mio kompagno anti troika dalla parte dei poveri e degli ultimi, il vero volto delle sinistre, servi della finanza. Ma quali valori di Ventotene, questa è sempre stata la vera natura della UE.

Grecia fase finale: all’asta sul web tutto ciò che si può vendere, anche le case private
 
La Grecia di Alexis Tsipras affronta l’ultima parte della svendita totale del suo patrimonio e della sua civiltà. Sul mercato finisce la stessa democrazia.
 
ATENE – La Grecia di Alexis Tsipras è entrata nella «fase laboratorio»: vedere cosa succede ad un paese lasciato nelle mani dei creditori. Disse Milton Friedman: «Lo shock serve a far diventare politicamente inevitabile quello che socialmente è inaccettabile»: lo shock della Grecia risale al’estate del 2015 quando con la giacca gettata sul tavolo al grido di «prendetevi anche questa» il primo ministro Alexis Tsipras firmò la resa senza condizioni della sua nazione sconfitta. Umiliato di fronte al proprio paese e al mondo da Angela Merkel, volutamente. Sul tavolo, quella notte, non finì solo la Grecia, ma la stessa democrazia che l’occidente ha vissuto in quelli che il grande storico Hobsbawm ha definito «i gloriosi trent’anni». Il voto greco, consapevole, che rifiutava il commissariamento della Trojka ad ogni costo, ad ogni costo veniva tradito in cambio di un piano lacrime e sangue, ancor più punitivo perché doveva sanzionare l’ardire di un popolo intero che osava ribellarsi alla volontà suprema dell’Europa finanziaria. Che solo in quel caso e per pochi giorni gettò la maschera della finta solidarietà, dei traditi valori di Ventotene, e si manifestò nella pura essenza del terrorismo finanziario.
Senza un governo, comandano i tedeschi
 
Nel nuovo reame globalizzato la Grecia è il primo esperimento compiuto di «stato disciolto»: il governo della sinistra, solo pochi anni fa definito estremista, ha assunto il ruolo finale: l’assorbimento del conflitto sociale che si scatena a fronte di una colonizzazione. Il 2018 sarà l’anno dove l’esproprio della ricchezza pubblica e privata diventerà in Grecia molto più veloce, e aggredirà i rimasugli di patrimonio restanti.
Gli immobili vengono messi all’asta e i compratori stranieri – banche, privati e perfino istituzioni – possono prendersi un’isola, un appartamento, una spiaggia, un’opera antica: qualsiasi cosa. Il tutto a prezzi stracciati, a meno del 5% del loro valore.
Anche le case all’asta sul web
Finiscono all’asta, sul web, come una cosa qualsiasi, perfino le prime case se superano una determinata superficie. Il tutto nel plauso della parte ricca del paese, che potrà accaparrarsi i beni della classe media, per non parlare di quella povera, a prezzi stracciati. Nella democrazia di facciata del governo Tsipras i poveri sono sempre più poveri, e i ricchi sono sempre più ricchi. Sembra di parlare degli Stati Uniti, e invece è la Grecia, un paese nobile e antico, su cui si fonda l’intera cultura occidentale, che si trova ad un passo dalle nostre coste. Per molti aspetti laddove è fondato il nostro passato si vede il nostro futuro. C’è una qualche differenza tra un comune italiano, come quello di Torino ad esempio, e lo stato greco? Entrambi sono assediati dai debiti, contratti per mitigare l’impatto della deindustrializzazione globalizzante, entrambi sono sotto il controllo delle banche che dettano i piani di governo: a suon di privatizzazioni, svendite di patrimonio e licenziamenti collettivi. La trappola del debito è una tagliola, entro la quale viene ferita la democrazia. I piani di rientro sono agende incontrovertibili, totali, spietate. Rispetto i quali ogni programma elettorale è soccombente.
Ultimo sforzo, poi il deserto
I commentatori filo governativi sottolineano che il 2018 sarà l’anno «dell’ultimo sforzo» per arrivare alla fine del commissariamento da parte dei creditori. Per dare un’idea di cosa si parla: un governo di estrema sinistra, si fa per dire, ha approvato delle norme che restringono la libertà di sciopero. Di fatto in Grecia diventa illegale, perché per la proclamazione degli scioperi dovrà partecipare alle assemblee il 50% degli iscritti ai vari sindacati di categoria. E questa è solo l’ultima parte di un processo che ha già pesantemente colpito lo stato sociale, le pensioni, i salari, i beni pubblici, e il diritto del lavoro. Imbarazzante, tra l’altro, l’asse politico tra Alexis Tsipras e Emmanuel Macron: ennesima prova dello sbandamento culturale della sinistra incapace di inquadrare un orizzonte politico differente da quello dei banchieri.
Italia come la Grecia?
Ovviamente il governo greco confida che nell’agosto del 2018 la Trojka, in virtù del piano di rientro greco, vada via, e lasci il paese libero di finanziarsi sul mercato globale. Ma se anche fosse, questo non migliorerebbe la situazione della Grecia, ormai allo stremo. Il debito pubblico greco, da «vendere» sul mercato obbligatoriamente a tassi elevati, finirebbe nuovamente all’estero. E il processo si ripeterebbe esattamente uguale agli ultimi sette anni. Ovviamente vi sarà un’espansione del Pil e una ripresa dei contratti di lavoro a prezzi stracciati. Il governo, la democrazia, non servirebbe più a nulla: se non a creare un simulacro. L’esperimento greco, la palla di cristallo in cui si può vedere il futuro dell’Italia se non vi sarà una drastica inversione politica, è davanti a noi.
28 gennaio 2018 diariodelweb.it
di Maurizio Pagliassotti.

65ENNE ITALIANO DISOCCUPATO, SFRATTATO E SENZA LUCE SI IMPICCA IN CASA SUA A PARMA

65enne sfrattatoFebe Polluce -Anticamente un uomo che non era in grado di far fronte ai suoi debiti veniva venduto come schiavo. Grazie a dio, ora abbiamo il diritto e la civiltà: se non puoi pagare, malgrado i meno 10 gradi di temperatura esterna ti staccano luce e riscaldamento corrente, o ti sfrattano buttandoti in mezzo alla strada a morire di freddo
 
65ENNE ITALIANO DISOCCUPATO, SFRATTATO E SENZA LUCE SI IMPICCA IN CASA SUA A PARMA
 
by informazionelibera · 23 gennaio 2018
Un altro omicidio di Stato a Parma: Un italiano di 65 anni perde il posto di lavoro, viene sfrattato e gli tolgono pure l’energia elettrica. L’uomo in preda alla disperazione si toglie la vita impiccandosi nella sua abitazione. Non era un immigrato abusivo, nessuno aiuto dalle istituzioni.
Dramma della disperazione a Parma: nel pomeriggio di ieri, giovedì 21 settembre, un 65enne, senza lavoro, si è tolto la vita impiccandosi della sua abitazione. La luce nella sua abitazione era staccata da giorni e i tecnici stavano per staccare anche le altre utenze. Lo sfratto, nel frattempo, era diventato esecutivo.
 
La scoperta del cadavere è stata fatta dalla madre anziana, che si era recata nella sua abitazione insieme ad un tecnico dell’Iren. Un dramma nel dramma per la donna con la quale il 65enne conviveva fino a poco tempo fa. La madre è entrata ed ha visto la scena: il figlio aveva deciso di legarsi una fune al collo e di fissarla ad un tubo del gas. Per lui non c’è stato nulla da fare.
 
Sul posto sono arrivati i poliziotti, il medico legale e la Polizia Scientifica che hanno escluso altre piste. Il 65enne, oltre alla madre, lascia anche una figlia.
 
 

Sori, uomo trovato impiccato in una casa cantoniera

chi è il mandante morale di un ennesimo suicidio per povertà? I poveri sono degni di attenzione solo se vengono con la nave, la nostra democrazia non li produce i poveri, sia mai. Ma non chiamatela ipocrisia

„Trovato impiccato in una casa cantoniera, mistero sull’identità
Il tragico ritrovamento, avvenuto a Sori, risale al pomeriggio di mercoledì: l’uomo non aveva con sé documenti d’identità o altri oggetti in grado di identificarlo
25 gennaio 2018 11:07

Resta senza identità l’uomo che nel pomeriggio di mercoledì è stato ritrovato privo di vita in una casa cantoniera di Sori, il collo stretto in un cappio appeso al soffitto. L’ipotesi più probabile al momento è che si sia trattato di suicidio, ma i carabinieri non sono ancora riusciti a risalire alla sua identità e dunque a ricostruire il passato.

Stando ai primi esami condotti sul corpo, si tratterebbe di un uomo di circa 40 anni, con tutta probabilità un senzatetto, anche alla luce dell’assenza di oggetti personali e documenti. A dare l’allarme sono stati proprio alcun clochard che, cercando riparo nella casa cantoniera, hanno fatto la macabra scoperta.

Il magistrato di turno ha già aperto un’inchiesta, affidata ai carabinieri di Santa Margherita Ligure. Nelle prossime ore verrà effettuata l’autopsia per accertare le cause della morte, e i militari attendono di avere le impronte digitali per tentare di risalire all’identità dell’uomo sfruttando i database, ma in assenza di documenti e testimoni l’identificazione è possibile soltanto se l’uomo era già stato schedato. “

Tragedia sul Monte Beigua, 34enne trovato impiccato
4 novembre 2016

Malore per strada, senza tetto muore poco dopo
5 dicembre 2017

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