http://www.lastampa.it/2016/12/11/cronaca/agguato-con-i-razzi-allauto-della-polizia-rd3W9Dbvb6uhaQoEkST21J/pagina.html
11 dic 16 LA Stampa
n.b. si riferisce ad episodi di venerdì 2 dicembre
Sull’episodio indaga la Digos: timore degli investigatori per un’escalation della violenza
Proseguono le azioni a Chiomonte da parte di attivisti No Tav con lanci di razzi
claudio laugeri
TORINO
Razzi nel cielo per attirare l’attenzione. Chiodi a quattro punte sulla strada. E poi, l’attacco a colpi di razzi pirotecnici ad altezza uomo. E’ l’agguato subito da tre agenti della Digos la sera del 2 dicembre, lungo la strada che costeggia le vigne a Giaglione, vicino al cantiere della Tav a Chiomonte. Soltanto la prontezza di spirito dei poliziotti ha evitato il peggio.
I FATTI
Tutto è avvenuto poco dopo le 20,30 di quel venerdì. Il cantiere è presidiato, giorno e notte. Oltre a uomini e donne in divisa, ci sono anche gli agenti della Digos. Il lancio di razzi nel cielo ha attirato l’attenzione dei poliziotti, che hanno deciso di andare a controllare. Con estrema circospezione. Per questo, sono riusciti a individuare nel buio le manciate di chiodi a quattro punti buttate sull’asfalto per forare gli pneumatici. La trappola non ha ottenuto il risultato di bloccare la «Punto» della Digos, ma ha fatto comunque fermare l’auto. A quel punto, dalle vigne sono spuntati gli assalitori. Una mezza dozzina. Visi coperti. Alcuni erano armati di lanciarazzi pirotecnici. Li hanno puntati contro l’auto e hanno fatto fuoco.
Con una manovra repentina, il poliziotto alla guida della «Punto» è riuscito a svicolare. Bersaglio mancato. Di poco. Ma se i razzi fossero entrati nell’abitacolo, sarebbe stata un’altra storia.
LE INDAGINI
Sulla vicenda, la Digos non rilascia dichiarazioni. Lo stesso fa la procura, dove è arrivata la segnalazione, affidata al pm Antonio Rinaudo. Il reati ipotizzati sono di violenza aggravata contro pubblico ufficiale e esplosione di artifizi pirotecnici, il tutto compiuto da persone che hanno agito a volto coperto. Le indagini sono coperte dal più stretto riserbo, ma luoghi e modalità spingono gli inquirenti a cercare i responsabili nelle frange più estreme e violente del movimento No Tav.
I TIMORI
Gli inquirenti sono, comunque, preoccupati. L’agguato di otto giorni fa segna un cambiamento nelle modalità di lotta per contrastare i lavori dell’Alta Velocità. Il taglio e la «battitura» delle reti, le sassaiole, il lancio di petardi contro reparti in divisa e in assetto antisommossa sono questione ben diversa dall’organizzazione di un agguato per colpire agenti in borghese, su un’auto «civetta», priva di protezioni. Il timore degli inquirenti è che questo episodio rappresenti un’«escalation»: dalle violazioni sistematiche di obblighi di dimora e arresti domiciliari, alla bomba piazzata davanti alle Poste in piazza Montale, agli attacchi mirati a poliziotti della Digos. Per fare male.
GLI SCONTRI
Ma proseguono anche gli attacchi «tradizionali». Ieri notte. alcuni No Tav hanno lanciato razzi oltre le recinzioni del cantiere; le forze dell’ordine hanno risposto con un lacrimogeno. Poco più tardi, la polizia ha fermato un gruppo di attivisti del movimento al «check-point» di Monginevro, sulla statale 25: non volevano dare i documenti agli agenti. Ma le preoccupazioni di investigatori e procura sono altre.