Putin avverte di un prossimo colpo di Stato contro Trump

Donald-Trump-3Due polemici giornali dell’establishment USA titolano senza sottefugi l’intenzione di Trump, già istallatosi come 45° prersidente degli USA. Il Washinbgton Post (WP) titola “Il presidente promette di togliere il potere alle elites di Washington e collocare gli USA per primi, oltre a voler mettere fine al massacro sociale statunitense, con riferimento alla disoccupazione della classe media spodestata.
Più angustiato il New York Times (NYT) titola: Trump rinuncia alla classe politica del paese e subtitola “Il Presidente qualifica l’establishment come sporco e corrotto”: e non è forse questa la verità?
Paul Craig Roberts (PCR) –ex assistente e segretario del Tesoro di Reagan, editore associato del Wall Street Journal ( WSJ) e autore di tre importanti libri: “La minaccia dei neocons all’ ordine mondiale”; Come si sono  persi gli  USA e “Il Fallimento   del capitalismo neoliberal”– si scaglia sul  suo portale  contro  i  due  portavoce dell’ establishment, il WP e il  NYT, scettici  sul   discorso di Trump e  sul  “forte attacco al rapace e  inmorael establish-ment governante. Vedi: Paul Craig Roberts
Trump ha promesso di governare con i cittadini abbandonati dall’establishment, con coloro con cui si collegherà mediante i suoi twits: una mescolanza insolita di plutocrazia con la oclocrazia (predominio delle masse) ! Lo stesso Obama, prima di congedarsi, ha consigliato di non sottovalutare (sic) questo tipo, uno che si collega molto bene con i suoi seguaci e che vuole rappresentare il candidato del cambiamento.
Obama ha lasciato in eredità tanto il caos globale come un paese diviso dove si prospetta una impensabile guerra dei sessi tra i suprematisti bianchi  “machos”, WASP (white, anglosaxon, protestant), devoti a Trump, e la marcia impattante di mezzo milione di donne a Washington, sospinti da Hollywood, all’unisono con altre 600 marce  affratellate nel resto degli USA e nel mondo.
Gli Stati Uniti sono un paese diviso, secondo The Hill. Rimane  descritto in sintesi: gli USA sono un paese severamente fratturato a tutti i livelli.
Perfino al livello teologico si manifesta questa frattura tettonica degli USA, in una franca decadenza interna e globale: uno dei predicatori della stessa messa, precedente al giuramento di Trump,  è stato Robert Jeffres, cristiano battista del sud che ha condannatol’Islam ed il mormonismo (i cui seguaci abbondano nella CIA), il quale ha eslcamato che “Dio non è contro l’edificazione dei muri”.
Per P.C. Roberts, l’arrivo di Trump costituisce una dichiarazione di guerra, molto più pericolosa per lui che non se avesse dichiarato guerra contro la Russia o la Cina. Roberts commenta che non esiste dubbio che Trump si è trasformato in un obiettivo di assassinio (sic) fino a quando la CIA non finirà con l’ arrendersi o con l’ allontanarsi (dal potere).
In aggiunta al conosciuto budget ufficiale dei 50 mila milioni di dollari all’anno, P.C.Roberts, che era stato al corrente delle nascoste fonti finanziarie del Minotauro statunitense, rivela che la CIA è una organizzazione globale. I suoi lucrativi affari le fanno derivare entrate indipendenti dal budget degli USA ed è in grado di svolgere operazioni in modo indipendente dal presidente e ancora del suo stesso direttore, quando la CIA aveva una storia di più di 70 anni, sempre trincerata nei suoi segreti senza mai essere scomparsa.
SALTILLO, COAHUILA, 19NOVIEMBRE2012.-  Esta tarde se registró un enfrentamiento entre elementos policiacos y un grupo de delincuentes, lo cual activó la alerta roja, dejando como saldo dos delincuentes abatidos, uno detenido y un elemento policiaco herido. FOTO: CUARTOSCURO.COM

SALTILLO, COAHUILA, 19NOVIEMBRE2012.-
Esta tarde se registró un enfrentamiento entre elementos policiacos y un grupo de delincuentes, lo cual activó la alerta roja, dejando como saldo dos delincuentes abatidos, uno detenido y un elemento policiaco herido.
FOTO: CUARTOSCURO.COM

Sicari addestrati dalla CIA in Messico
Sembra chiaro che si è scatenata una guerra sotterranea tra il Pentagono e la CIA, mentre Trump ha aperto molti fronti, contemporaneamente, contro gli onnipotenti rivali: contro le due dinastie liquidate, quella dei Bush e quella dei Clinton, oltre ad Obama; contro la CIA; contro Hollywood; contro i multimedia, in particolare la CNN; contro il megaspeculatore fomentatore del caos globale George Soros, ecc..
Io, personalmente  avevo avvisato che è in pericolo la vita di Trump, come ha sostenuto successivamente anche il parlamentare britannico George Gallloway, il quale mette in allerta “che la CIA sta preparando l’assassinio di Trump”.
Prima di partire, l’ex direttore della CIA John Brennan ha lanciato un avvertimento (di stile mafioso) a Trump di “misurare le sue parole”, e lo ha criticato per non comprendere la minaccia della Russia agli USA.
Lo zar Vlady Putin ha messo in guardia da un possibile golpe silenzioso, come accaduto in Ucraina nella piazza Maidan di Kiev, contro Trump che ha coalizzato a “Tiro e Troiani” dell’onnipotente establishment, oggetto di disprezzo e rabbia popolare. Non lo dice uno chiunque , ma lo dice uno zar russo, che dispone di informazioni privilegiate.
A giudizio di Putin, tutta la lasciva campagna russofobica cerca di delegittimare Trump con gli stessi metodi nello stile Maidan, utilizzato nel 2014 in Ucraina, dove fu deposto il presidente legittimamente eletto Yanukovich, in un golpe presumibilmente orchestrato dallo spionaggio statunitense e dal suo Dipartimento di Stato.
Per Putin, le persone  che fabbricano false notizie contro Trump, che le preconfezionano e le utilizzano in una battaglia politica, sono peggiori delle prostitute (sic) perchè non hanno alcun limite morale.
Un altro obiettivo, secondo Putin, della mania russofobica, è quella di bloccare le mani preventivamente allo stesso Trump, per evitare che possa migliorare le relazioni tra gli USA e la Russia, quando il cambiamento di paradigma pregiudicherebbe interessi fossilizzati. Se non accade nulla di eclatante nei giorni prossimi, Putin si prepara a chiamare Trump.
Il nuovo leader della minoranza (Partito Democratico), il polemico Charles Schumer, intimo dei Clinton e dei Soros, ha commentato che “la comunità di spionaggio disponeva di “sei modalità di riscuotere” le sue fatture contro Trump.
Il confronto è molto intenso e profondo, con intonazioni da guerra civile, anche non ci si azzarda a pronunciare questa con il suo vero nome.
Nello scongelato Forum Economico Mondiale di Davos (controllato da Soros), l’uscente segretario di Stato, John Kerry, ha predetto che Trump durerà al massimo “uno o due anni”, o quello che sarà.
Zero Hedge aggiunge che nessun presidente, dai tempi di John F. Kennedy, si era azzardato ad affrontare la CIA, che può scegliere di agire con misure di rappresaglia.
L’establishment cerca di dilegittimare, al prezzo che sia- come il sordido libercolo predisposto dall’M16 e triangolato dai nemici di Trump nel Partito Democratico e nel settore sorosiano del Partito Repubblicano con il super falco senatore John McCain-, si solleverebbe il tentativo di spodestare Trump per ottenere questo attraverso un minaccioso impeachment legislativo o interamente, con la sua liquidazione fisica, come ha reclamato uno “pseudofascista” con maschera da ideologo culturale, della doppia fonte di disinformazione Televisa/Univision.
L’avvenimento dell’inizio dell’era di Trump costituisce un cambiamento tettonico di paradigma con ripercussioni a livello regionale (con il Messico) e globali (con Cina ed Europa).
Il conservatore cattolico Pat Buchanan, un prominente advisor dell’ex presidente Nixon, Ford e Reagan, sentenzia che, con Trump, arriva l’avvenimento di una nuova era, la cui caratteristica è il patriottismo economico e l’etnonazionalismo (sic), che è in ascesa in tutte le parti del mondo.
Per Pat Buchanan, il vero pericolo per gli USA viene dal sud del pianeta, dove abbondano i migranti giovani.
La nuova era è un enigma: inizierà Trump il suo volo domestico e geostrategico o sarà brutalmente trattenuto dall’establishment degli USA ancora oggi onnipotente e impunito per i suoi crimini?
Fonte: La Jornada Gen 23, 2017 di   Alfredo Jalife Rahme
Traduzione: Luciano Lago

Trump firma il decreto per far uscire gli Usa da Ttp

tutti i signori della cosiddetta società civile che tanto si sono battuti contro il TTIP dovrebbero esserne lieti, se in buona fede. Così come i sedicenti no global, ma non sarà così. Trump sul TTIP:
Il TTIP, così come lo conosciamo, darebbe un colpo fatale all’industria americana. (…) L’ondata di mondializzazione ha annientato la classe media. La mondializzazione non deve necessariamente svolgersi in questo modo, possiamo raddrizzarci in poco tempo.” fonte 

no lobbyist

Trump ha firmato un ordine esecutivo che sancisce il ritiro degli Stati Uniti dal Ttp (Trans-Pacific Partnership), l’accordo di libero scambio voluto dal suo predecessore Obama e undici Paesi affacciati sul Pacifico
Lo aveva promesso ed è stato subito di parola. Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha firmato il decreto per il ritiro di Washington dal Ttp (Trans-Pacific Partnership), l’accordo di libero scambio tra gli Usa e il Canada e altri 10 Paesi del Pacifico (Australia, Brunei, Cile, Giappone, Malesia, Messico, Nuova Zelanda, Perù, Singapore e Vietnam).
L’accordo, perfezionato ad Atlanta nell’ottobre 2015, aveva come scopo l’abbattimento delle barriere al commercio tra le nazioni che rappresentano circa il 40% della produzione economica mondiale. Fin dall’inizio della sua campagna elettorale Trump aveva individuato il Ttp (così come il Ttip con l’Europa, poi saltato) e il Nafta (North American Free Trade Agreement) tra i propri bersagli, al fine di rilanciare la produzione interna agli Stati Uniti.
“Ne abbiamo parlato per molto tempo”, ha detto Trump parlando dallo Studio ovale della Casa Bianca: “Così facendo, facciamo grandi cose per i lavoratori americani”, ha aggiunto. L’obiettivo della nuova amministrazione americana, come spiegato varie volte da Trump, è siglare accordi bilaterali con le nazioni asiatiche. Bisogna ricordare che la Cina – che non faceva parte del Ttp – lo considerava un accordo “ostile”. Vedremo ora quali conseguenze vi potranno essere nei rapporti commerciali e finanziari tra Pechino e Washington.
Oggi Trump ha incontrato diversi manager dell’industria manufatturiera americana: “Vogliamo iniziare a produrre di nuovo i nostri prodotti”, è l’esortazione che ha rivolto loro. “Noi taglieremo le tasse in modo massiccio sia al ceto medio che alle compagnie, sarà massiccio, stiamo tentando di abbassarle tra il 15 e il 20%”. Ma non ha parlato solo del taglio delle tasse ma anche dell’eliminazione di misure e regolamenti che, a sua detta, “in questo momento di vi impediscono di fare qualsiasi cosa”. “La cosa più grande è che noi taglieremo i regolamenti in modo massiccio, credo che li taglieremo del 75%”. E ancora: “Se qualcuno vuole creare una fabbrica, tutto sarà veloce, si dovrà affrontare una procedura ma sarà veloce, ci prenderemo cura dell’ambiente, della sicurezza, ma voi svolgerete un enorme servizio”.
Nel salutare Michael Dell, di Dell Technologies, Trump ha poi aggiunto: “Quando Dell vorrà realizzare qualcosa di mostruoso o speciale, noi daremo la nostra approvazione molto velocemente”. Ma poi ha rivolto un monito alle compagnie che producono all’estero, tornando a minacciare dazi: “Imporremo una tasse di confine molto più pesante quando faranno entrare i prodotti”. Tra gli altri capi industria che Trump ha incontrano si segnalano: Jeff M. Fettig (Whirlpool), Alex Gorsky (Johnson & Johnson), Marillyn A. Hewson (Lockheed Martin), Klaus Kleinfeld (Arconic), Mario Longhi (U.S. Steel), Elon Musk (SpaceX), Kevin Plank (Under Armour), Mark S. Sutton (International Paper) e Wendell P. Weeks (Corning). Raffaello Binelli – Lun, 23/01/2017

I legami tra l’anti-Trump George Soros e la Marcia delle donne

soros clintonSoros ha finanziato personalmente o ha legami finanziari con almeno 56 partner della Marcia delle Donne, alcuni dei quali sono nomi di peso
Non deve essere facile vestire i panni del miliardario George Soros, strenuo oppositore del presidente americano Donald Trump sin dal momento in cui quest’ultimo sembrava solo uno scherzo della democrazia americana.
Il filantropo americano in questi giorni ha dovuto assistere impotente (o quasi) al giuramento che ha portato il suo acerrimo nemico alla Casa Bianca.
Fedelissimo sostenitore della candidata democratica sconfitta Hillary Clinton, Soros ha perso quasi un miliardo di dollari come risultato del rally dei mercati che c’è stato dopo la vittoria di Trump alle elezioni presidenziali americane dello scorso 8 novembre, ma pur navigando ancora nell’oro, a 87 anni suonati, non ha raggiunto quella saggezza tale da consentirgli di accettare un risultato elettorale democratico e voltare pagina.
Prima ci sono stati gli attacchi dal forum di Davos, dove ha definito Donald Trump un “possibile dittatore”, ora si scopre un legame, anzi molti legami, con la Marcia delle Donne, considerata un vero e proprio attacco frontale al neopresidente.
A lanciare la bomba è il New York Times che in un lungo articolo, dopo una ricerca per la quale l’autore chiede anche un crowdfunding, ha scoperto come George Soros abbia molti legami con le organizzazioni definite sponsor o partner di una manifestazione che negli intenti si dichiarava apartitica e senza bandiere.
Soros ha finanziato personalmente o ha legami finanziari con almeno 56 partner della Marcia delle Donne, alcuni dei quali sono nomi di peso, come Planned Parenthood, che si oppone alla politica antiabortista di Trump e la National Resource Defense Council, che si oppone alle poliche ambientali del neopresidente.
Gli altri legami con le organizzazioni dietro la manifestazione a difesa dei diritti delle donne includono MoveOn.org (che è stata chiaramente a favore della Clinton durante la campagna elettorale), il National Action Network (il cui ultimo direttore esecutivo era stato lodato da Valerie Jarrett, consigliere di Obama, come “leader del domani”).
Altre associazioni “partner” della manifestazione e messe a libro paga da Soros sono l’American Civil Liberties Union, il Center for Constitutional Rights, Amnesty International e Human Rights Watch.
Poi ci sono anche i legami con le organizzazioni musulmane, come il Council on American-Islamic Relations e la Southern Poverty Law Center (SPLC), e quelli con le organizzazioni a tutela dei diritti degli afroamericani: almeno 33 delle 100 “donne di colore” che per prime hanno protestato dopo l’elezione di Trump, lavoravano in organizzazioni che hanno ricevuto finanziamenti da Sors.
Michele Ardengo – Lun, 23/01/2017

La Sinistra Mondialista non si rassegna alla nomina di Trump e organizza disordini e proteste

No-Trump-NYProteste contro Trump
Il discorso di investitura di Trump non è piaciuto ai commentatori e pseudo intellettuali dei grandi media, rimasti orfani di Obama e della Clinton.
Lo hanno giudicato grezzo, demagocico e troppo schierato a favore di un nuovo “protezionismo” americano. Personaggi che sono ogni sera in TV come Beppe Severgnini, hanno indicato come il linguaggio di Trump sia troppo povero, troppo semplicistico, non conforme a quello utilizzato dai globalisti che sono molto più forbiti e aristocratici nei loro discorsi.
In particolare quell’appellarsi al popolo di Trump non gli viene perdonato, si sa che il popolo non apprezza i  grandi temi che l’elite di potere sospinge come fondamentali: il mercato aperto, la globalizzazione, i diritti dei gay, l’immigrazione libera, ecc
Trump parla di ridare il potere al popolo e questo è un concetto totalmente estraneo alla sinistra mondialista.
D’altra parte lo aveva sostenuto scopertamente anche il vecchio Scalfari, uno dei grandi patron del globalismo: L’Oligarchia «è il governo dei pochi ma è la sola forma d’un governo democratico».
Non poteva mancare un intervento di George Soros, il grande magnate, longa manus della elite di potere, il quale, presente a Davos (il convegno dei potenti) ha dichiarato di considerare Trump come “un impostore, un truffatore ed un potenziale dittatore che farà tremare i mercati finanziari”.
Soros, che è stato uno dei grandi sponsor della campagna presidenziale della Clinton, ha manifestato fiducia che il Congresso e la Costituzione mettano un freno a Trump.
Nel frattempo Soros non si stanca di finanziare ed alimentare le manifestazioni di protesta violenta contro Trump nell’ambito di una campagna diretta a sfiduciare e screditare il nuovo presidente eletto, campagna a cui contribuiscono i grandi media che sponsorizzavano la Clinton, dalla CNN, al New York Times e Washingon Post. In Italia il Corriere della Sera, Repubblica, La Stampa e la RAI della Botteri e soci.
Il problema è che la sinistra, quella che ha sempre predicato globalizzazione, mercati aperti e immigrazione senza freni, si trova oggi spiazzata non solo dal cambio di passo dei due principali paesi da cui l’ideologia globalista è partita, gli USA e la Gran Bretagna, ma anche dalla massiccia crescita dei movimenti nazionalisti ed indentitari in tutta Europa, dalla Francia dove la Le Pen è la favorita nelle prossime elezioni, all’Austria, alla Germania ed alla stessa Italia dove la classe politica di governo, aggrappata al posti di potere, cerca di ritardare le elezioni per blindarsi le poltrone.
L’oligarchia tecnocratica della UE è ormai del tutto screditata e sono in molti a ritenere che questo organismo abbia ormai i giorni contati, visto che ha perso anche l’appoggio del potente alleato nordamericano e si trova oggi in un vicolo cieco.
Significativo che gli oligarchi della Unione Europea, orfani di Obama e della Clinton, nelle scorse ore, riuniti a Davos – sentendosi tanto soli – si sono fatti confortare dal premier cinese Xi Jinpin ( che ha difeso la globalizzazione, ovvio) ed hanno applaudito Georges Soros e le sue invettive contro Trump.
Il cambio di passo degli USA, con la presidenza Trump, rende fragile la posizione dei paesi come la Germania che si sono passivamente accodati al tutte le iniziative e provocazioni di Obama contro al Russia, dalle sanzioni alla concentrazione di truppe e mezzi alle frontiere russe, tanto che uno scongelamento dei rapporti fra gli USA e la Russia lascerebbe l’Europa della Merkel, di Hollande e di Gentiloni, con “il cerino in mano”.
Sconfessati dal loro alleato, contestati dalle opinioni pubbliche nazionali, screditati per la loro acquiscenza a tutte le peggiori operazioni belliche fatte dall’Amministrazione Obama, i premier europei dovrebbero ritirarsi e magari anche andare sotto processo per i guasti che hanno contribuito a creare: destabilizzazione di paesi come Libia, Siria ed Iraq, ondata epocale di profughi, conflitto in Ucraina e nuova guerra fredda con la Russia.
Agli apologeti della globalizzazione e dei mercati aperti, rimane la speranza, grazie al loro controllo dei grandi media, di sollevare l’opinione pubblica contro i “populisti” e riuscire a rimanere a galla di fronte al Tsunami da cui saranno presto investiti.
Soprattutto loro sanno che i possenti interessi delle grandi corporations e dei potentati finanziari (Wall Street) remeranno contro ogni possibile cambiamento e di conseguenza ci si potrà aspettare di tutto, anche fatti nuovi e drammatici per influenzare gli eventi.
Non si preparano giorni tranquilli, le oligarchie non molleranno la loro presa così facilmente e predispongono le loro contromosse.
Gen 21, 2017 – di Luciano Lago

Razzisti contro Trump

Già! Razzisti, ipocriti e menzogneri. Stampa fasulla e piazze pagate da chi ha preparato, con molto tempo a disposizione, un qualche migliaio di ridicoli cappellini rosa sciocco come le zucche in essi contenute. Crape vuote come un cesso abbandonato in discarica, che possono contare, però, nei tromboncini di certi giornalucci, cartacei e virtuali, che se la cantano e se la suonano fra di loro. Tutti contro il neoPresidente. Sono curioso di vedere quanti saranno a mantenere fede ai giuramenti di queste ore e a non correre a leccare il culo a Trump nei prossimi mesi.
Bergoglio compreso, ridicolo nelle sue esternazioni politiche delle ultime ore. Menzione d’onore, poi, per la nostra televisione di Stato, che utilizza per il suo tg ufficiale immagini di una manifestazione sportiva di un ventennio fa per “condire” un servizietto sulle donne che manifestano contro il 45° Presidente degli USA. Menzogna su menzogna. A imperitura vergogna del giornalista che l’ha confezionato e del direttore che l’ha autorizzato!!!
(Che mi tocca fare! Io, che non amo l’America, sono costretto a difenderne il Presidente. …  Fortunatamente, una delle cose migliori che le siano capitate negli ultimi mesi!)
E le “contestatrici”, dico loro, chi sono???donne anti trump
Mi rifiuto di credere che rappresentino anche solo lo 0,0000000001% del popolo femminile americano.
Si vede lontano un miglio che si tratti di quattro poveracce, stile punkabbestia, che avrebbero sfilato anche contro l’altezza della Statua della Libertà, contro la dentiera del Papa o la mutanda lenta di madonna… Disadattate prezzolate e galvanizzate, magari, da qualche regalino di polverine magiche.
Trump fa bene a fottersene. Come e quanto ce ne fottiamo noi, che lo aspettavamo!donne anti trump 2
(uno dei tanti post sui social)
L’America e il Mondo avevano bisogno di un controbilanciamento americano alla perfezione politica di Putin. Una sorta di nuovo asse Reagan Gorbaciov (quella bella accoppiata dei tempi d’oro del riavvicinamento e della pace), ma in tempo di guerra vera. Con la massomafia che la fa da grande, dopo la sciagura dell’ottennio del presidente di colore con signora finta ortolana al seguito. Smargiassa e gradassa sui mercati, la massoneria si è ingigantita con la nascita e il battesimo del terrorismo islamico, con le guerre sui territori del medio oriente e del nordafrica, con la destabilizzazione sociomorale dell’europa. Tutte partorite dalle menti malate di un establishment creato ad hoc nelle stanze del potere colorato di nero e biondo.
Però… Però! Obama e Clinton hanno perso. E, con loro, tutti quei potentati che ci hanno portati alla fame, all’umiliazione, alla schiavitù.
Talmente schiavi, che oggi ci impongono di andare a marciare e urlare contro Donald. Fortunatamente, a parte qualche demente e disadattato, qualche starletta invecchiata nel mito del pisello, qualche attore inguaiato con la salute e dedito, ormai, più alla pillola blu che all’amato alcool, qualche giornalista che venderebbe sua madre tumulata pur di apparire, tutti noi siamo lucidi e non ci caschiamo, nella rete delle provocazioni.
Restiamo rispettosi in attesa. Osserviamo. Per giudicare.
Cosa che consigliamo anche al frettoloso papampero, panzer senza pilota e che sta allontanando migliaia di veri Cristiani dalla sua chiesa razzista vera, ma non dalla Chiesa. #nonciriuscirà
Fra me e me.
23  gen 17

Se Trump cita Abramo Lincoln

De-Masi-a-Omnibuscosì ora sapete quanto i fantomatici “sociologi”, esponenti della società civile ripugnano il popolo, peccato che tali sedicenti difensori della democrazia ignorino o continuano a recitare la parte di paladini quando è evidente che sono disgustati dal popolo. Già, ma democrazia significa GOVERNO DEL POPOLO. Hanno buttato la maschera, prima ne prendiamo atto meglio è per tutti (ovvio non per le elites che sono al potere e lo vogliono mantenere, per il loro bene non certo per il nostro).


Se Trump cita Abramo Lincoln
“Unità” nel 2001, per il primo discorso inaugurale di George W. Bush. “Libertà” nel 2004, per il suo secondo mandato alla Casa Bianca. “Speranza” nel 2008, per l’irruzione sulla scena del mondo di Barack Obama. “Responsabilità” nel 2012 per la conferma del primo Presidente nero. E adesso, con Donald Trump? Non v’è dubbio, la parola-chiave che il tycoon diventato Presidente, ultimo colpevole di populismo, ha usato al momento di insediarsi a Washington è stata “protezione”. Protezione dei confini, del lavoro, della quiete pubblica, del benessere della classe media che Trump ha con ogni evidenza scelto come il proprio riferimento politico.
È un nemico esterno, quello da combattere? No, e Trump lo ha detto chiaramente. “Non dobbiamo avere paura. Siamo protetti e saremo sempre protetti. Protetti dai grandi uomini e donne delle forze armate e delle forze dell’ordine e, ciò che più conta, protetti da Dio”. Il nemico è quindi interno. E infatti il nuovo Presidente promette ai “cittadini” protezione soprattutto rispetto al cosiddetto “establishment” che negli anni ha pensato solo, dice lui, “a proteggere se stesso”.
Scatterà a questo punto, è chiaro, il ritornello ben noto: populismo, populista! Che ci può pure stare, a patto però di intendersi bene e di capire di quale populismo si tratti. Il discorso pronunciato da Trump è stato costruito con grande abilità e in esso si ritrovano echi nemmeno troppo flebili di quelli di John Fitzgerald Kennedy nel 1961, pure impregnato dello spirito della Guerra Fredda, e, più ancora, del primo di Ronald Reagan, quello del 1981, in cui l’attore diventato Presidente parlava (in modo inedito per l’occasione) di inflazione, tasse, disoccupazione, industria, proprio come Trump ha parlato di lavori pubblici, tasse, delocalizzazione.
Ma il vero populismo è emerso quando Trump con astuzia ha sollecitato il ricordo di un discorso passato alla storia e a tutti gli americani ben noto, un momento ritenuto decisivo nella costruzione del grande Paese. “Ciò che davvero conta non è quale partito controlla il Governo, ma se il Governo è controllato dal popolo”. È la parafrasi delle parole usate da Abramo Lincoln nel famoso Discorso di Gettysburg, tenuto il 19 novembre 1863, in piena Guerra di Secessione, nel luogo dove solo quattro mesi prima si era combattuta una battaglia costata la vita a 60 mila soldati del Nord e del Sud. In quell’occasione Lincoln esortò tutti gli americani, dell’una e dell’altra parte, a difendere “il governo del popolo, dal popolo, per il popolo”.
E gli storici dicono che quella frase gli fu ispirata dai discorsi di Daniel Webster, senatore del Massachussets, che del Governo federale diceva: “La gente lo ha fatto nascere… al fine di imporre restrizioni molto salutari alla sovranità dello Stato”.Più populismo di così!
Siamo molto lontani dal Barack Obama che nel 2008 diceva: “Non dobbiamo chiederci se il Governo sia troppo piccolo o troppo grosso ma se funzioni”. E altrettanto lontani dai neo-con convinti che gli spiriti animali della competizione bastassero a regolare la vita sociale.
Il populismo di Trump è il populismo delle praterie, quello di chi crede che un Governo debba proteggere la gente (in primo luogo dagli indiani dell’establishment) e poi tirarsi in disparte. È quello che Trump ha promesso in campagna elettorale e ribadito in questo primo discorso presidenziale, dove la parola “protezione” ha assunto tanto peso. Ha funzionato, tanto da farlo diventare Presidente. Ora tocca a lui trasformarlo in politica.
di Fulvio Scaglione – 22/01/2017 Fonte: Fulvio Scaglione

La dichiarazione di guerra di Trump

trump_matadorDal suo blog, riportiamo il commento del famoso analista Paul Craig Roberts al discorso di insediamento di Donald Trump, 45° Presidente degli Stati Uniti: Trump ha chiaramente individuato il nemico interno, ma le sue aperture non impediranno che la lista dei suoi oppositori si allunghi – dal complesso militare e della sicurezza capeggiato dalla CIA, a Wall Street e alla Fed, alle multinazionali, ai politici statunitensi ed europei legati all’establishment euro-atlantico della NATO, ai leader dei gruppi per i diritti delle minoranze nere, ispaniche, omosessuali e transgender. Craig Roberts non esclude nemmeno che Trump possa essere il bersaglio di un assassinio.
Il breve discorso inaugurale del presidente Trump è stato una dichiarazione di guerra contro tutto l’establishment americano al potere. Tutto.
Trump ha reso abbondantemente chiaro che i nemici degli americani sono proprio qui in casa: globalisti, economisti neoliberisti, neoconservatori e altri unilateralisti abituati ad imporre gli Stati Uniti nel mondo, che ci coinvolgono in costose guerre senza fine, e politici che servono l’establishment al potere piuttosto che gli americani; a dirla tutta, l’intera cupola di interessi privati che ha portato l’America allo sfinimento mentre gli interessati si arricchivano.
Se si può dire la verità, il Presidente Trump ha dichiarato guerra a se stesso, una guerra per lui molto più pericolosa che se avesse dichiarato guerra alla Russia o alla Cina.
I gruppi di interesse designati da Trump come “Il Nemico” sono ben radicati e abituati a stare al potere. Le loro potenti reti di relazioni sono ancora al loro posto. Anche se ci sono maggioranze repubblicane sia alla Camera che al Senato, la maggior parte dei rappresentati del Congresso è tenuta a rispondere ai gruppi di interesse al potere che finanziano le loro campagne, e non al popolo americano e al Presidente. Il complesso militare/della sicurezza, le multinazionali che delocalizzano, Wall Street e le banche, non cederanno a Trump. Né lo faranno i media prezzolati, che sono di proprietà dei gruppi di interesse il cui potere viene sfidato da Trump.
Trump ha chiarito che sta dalla parte di ogni americano, nero, marrone e bianco. Pochi dubbi sul fatto che la sua dichiarazione di inclusività e apertura verrà ignorata dagli odiatori della sinistra, che continueranno a chiamarlo razzista, come già stanno facendo, mentre scrivo, i manifestanti pagati 50 dollari all’ora.
In effetti, la leadership nera, per esempio, è educata al ruolo della vittima, ruolo al quale le sarebbe difficile sfuggire. Come si fa a mettere insieme persone alle quali per tutta la vita è stato insegnato che i bianchi sono razzisti e che loro sono vittime dei razzisti?
Lo si può fare? Ho partecipato ad un breve programma su Press TV, nel quale avremmo dovuto commentare il discorso inaugurale di Trump. L’altro commentatore era un nero americano, da Washington, DC. Il carattere inclusivo del discorso di Trump non gli ha fatto nessuna impressione, e l’ospite della trasmissione era interessato solo a mostrare le proteste dei manifestanti al fine di screditare l’America. Così tante persone hanno un interesse economico a parlare in nome delle vittime e a dire che l’apertura di Trump toglie loro lavoro.
Quindi insieme ai globalisti, alla CIA, alle multinazionali che delocalizzano, alle industrie degli armamenti, all’establishment NATO in Europa, e ai politici stranieri abituati a essere pagati profumatamente per sostenere la politica estera interventista di Washington, si schiereranno contro Trump anche i leader dei gruppi vittimizzati, i neri, gli ispanici, le femministe, i clandestini, gli omosessuali e i transgender. Questa lunga lista ovviamente include anche i bianchi liberal, convinti che l’America da una costa all’altra sia abitata da bianchi razzisti , misogini, omofobi, e svitati amanti delle armi. Per quanto li riguarda, questo 84% della geografia degli Stati Uniti dovrebbe essere messo in quarantena o sepppellito.
In altre parole, rimane abbastanza buona volontà nella popolazione per consentire a un Presidente di riunire il 16% che odia l’America con l’84% che la ama?
Considerate le forze che Trump si trova contro:
I leader neri e ispanici hanno bisogno del vittimismo, perché è quello che conferisce loro reddito e potere. Guarderanno con sospetto all’apertura di Trump. La sua inclusività è un bene per i neri e gli ispanici, ma non per i loro leader.
I dirigenti e gli azionisti delle multinazionali sono arricchiti dalla delocalizzazione del lavoro che Trump dice che riporterà a casa. Se tornano i posti di lavoro, se ne andranno i loro profitti, i bonus e le plusvalenze. Ma tornerà la sicurezza economica della popolazione americana.
Il complesso militare/della sicurezza ha un bilancio annuale di 1.000 miliardi che dipende dalla “minaccia russa”, minaccia che Trump dice di voler sostituire con una normalizzazione dei rapporti.  L’assassinio di Trump non può essere escluso.
Molti europei devono il proprio prestigio, il proprio potere, e i propri redditi alla NATO, che Trump ha messo in discussione.
I profitti del settore finanziario derivano quasi interamente dalla schiavitù del debito cui sono sottoposti gli americani e dal saccheggio delle loro pensioni private e pubbliche. Il settore finanziario con il suo agente, la Federal Reserve, può distruggere Trump con una crisi finanziaria. La Federal Reserve di New York ha una sala operativa completa. Può mandare nel caos qualsiasi mercato. O sostenere qualsiasi mercato, perché non vi è alcun limite alla sua capacità di creare dollari.
L’intero edificio politico degli Stati Uniti si è completamente isolato dal volere, dai desideri e dalle esigenze del popolo. Ora Trump dice che i politici risponderanno al popolo. Questo, naturalmente, significherebbe un forte colpo alla continuità dei loro incarichi, al loro reddito e alla loro ricchezza.
C’è un gran numero di gruppi, finanziati da non-sappiamo-chi. Ad esempio, oggi RootsAction ha risposto al forte impegno di Trump di stare al fianco di tutto il popolo contro l’Establishment al Potere, con la richiesta al Congresso “di incaricare la Commissione Giustizia della Camera per un’iniziativa di impeachment” e di inviare denaro per l’impeachment di Trump.
Un altro gruppo di odio, human right first,  attacca la difesa di Trump dei nostri confini in quanto chiude “un rifugio di speranza per coloro che fuggono dalle persecuzioni“. Pensateci per un minuto.
Secondo le organizzazioni liberal-progressiste di sinistra e i gruppi di interesse razziali, gli Stati Uniti sono una società razzista e il presidente Trump è un razzista. Eppure, le persone soggette al razzismo americano fuggono dalle persecuzioni verso l’America, dove subiranno persecuzioni razziali? Non ha senso. I clandestini vengono qui per lavoro. Chiedete alle imprese di costruzione. Chiedete ai mattatoi. Chiedete ai servizi di pulizia nelle aree turistiche.
La lista di quelli a cui Trump ha dichiarato guerra è abbastanza lunga, anche se se ne potrebbero aggiungere degli altri.
Dovremmo chiederci perché un miliardario di 70 anni con imprese fiorenti, una bella moglie, e dei figli intelligenti, sia disposto a sottoporre i suoi ultimi anni alla straordinaria pressione di fare il Presidente con il difficile programma di riportare il governo nelle mani del popolo americano. Non c’è dubbio che Trump ha fatto di sé stesso un bersaglio. La CIA non ha intenzione di mollare il colpo e andare via. Perché una persona dovrebbe farsi carico dell’imponente ricostruzione dell’America che Trump ha dichiarato di voler fare, quando poteva invece trascorrere i suoi ultimi anni godendosela immensamente?
Qualunque sia la ragione, dovremmo essergli grati per questo, e se è sincero lo dobbiamo sostenere. Se viene assassinato, dobbiamo prendere le armi, radere al suolo Langley [sede centrale della CIA, ndt] e ucciderli tutti.
Se avrà successo, merita il titolo: Trump il Grande!
La Russia, la Cina, l’Iran, il Venezuela, l’Ecuador, la Bolivia, e qualsiasi altro paese sulla lista nera della CIA dovrebbe capire che l’ascesa di Trump non basta a proteggerlo. La CIA è una organizzazione a livello mondiale. I suoi redditizi affari forniscono delle entrate indipendenti dal bilancio degli Stati Uniti. L’organizzazione è in grado di intraprendere azioni indipendentemente dal Presidente o anche dal proprio Direttore.
La CIA ha avuto circa 70 anni per consolidarsi. Ed esiste ancora.
di Paul Craig Roberts – 22/01/2017 – Fonte: Voci dall’Estero

Trump: una minaccia alla società civile

Soros demo“i dirigenti delle Ong che, secondo il governo,” secondo il governo, certo, e chi organizza le proteste a 22 dollari l’ora a manifestante? Una lotta “sincera”, senza dubbio…
“Il governo ungherese ha avanzato una proposta per costringere i leader delle organizzazioni non governative a dichiarare i propri beni, così come sono già tenuti a fare i parlamentari e i pubblici ufficiali del Paese.” HANNO QUALCOSA DA NASCONDERE VISTO CHE PROTESTANO?

Il governo di estrema destra ungherese ha salutato come un successo l’inizio dell’era Trump che, per il primo ministro Orbán potrebbe rappresentare una solida sponda per smantellare la società civile del Paese
Conseguenze pesanti per le Ong che operano in Ungheria e che sono finanziate dalla filantropia internazionale. La neo-inaugurata era Trump si fa sentire anche in Europa, dove il primo ministro ungherese, Viktor Orbán ha affermato che la nuova amministrazione americana, rappresenta un nuovo inizio anche per l’Ungheria. Viktor Orbán è stato tra i pochi leader politici mondiali a supportare la candidatura del miliardario americano sin da subito.
Se infatti già da anni la società civile del Paese soffriva le conseguenze di una durissima repressione governativa, alcuni commenti del portavoce di Orbán, hanno annunciato ulteriori modifiche alla regolamentazione che disciplina le attività della società civile.
Nel mirino del governo di estrema destra, i dirigenti delle Ong che, secondo il governo, svolgono di fatto un’attività politica.
Il governo ungherese ha avanzato una proposta per costringere i leader delle organizzazioni non governative a dichiarare i propri beni, così come sono già tenuti a fare i parlamentari e i pubblici ufficiali del Paese. Una proposta che sarà presentata al parlamento in aprile e che è stata accolta dal mondo del non-profit come un nuovo tentativo di limitare ulteriormente l’azione della società civile nel Paese.
Diversi gruppi della società civile hanno espresso le proprie preoccupazioni in vista di un annunciato giro di vite per limitare le azioni della società civile. Tra le Ong più a rischio, quelle che si occupano di partecipazione civica e diritti umani e civili, continuano a resistere ad una campagna di diffamazione e repressione avviata dal governo già nel 2013, quando un giornale molto vicino alla maggioranza, aveva accusato il consorzio ungherese AI, responsabile della gestione e dell’erogazione dei fondi esteri per la promozione della partecipazione civica e della democrazia attiva, derivati dal Norway Fund e dalla Open Society Foundations (fondata dal miliardario e sostenitore del partito democratico americano, George Soros), di utilizzare i finanziamenti per fini politici (nello specifico l’accusa era di “sabotaggio” della maggioranza di governo e sostegno dell’opposizione).
“Come una conseguenza dell’elezione di Trump, Orbán pensa che uno dei due players internazionali – gli Stati Uniti e l’Unione Europea – interessati alla situazione delle Ong in Ungheria sia ora dalla sua parte, perché Trump è un oppositore di Soros,” ha dichiarato al Guardian Peter Kreko del Political Capital Institute thinktank, una delle 60 organizzazioni del Paese a ricevere finanziamenti dalla Open Society Foundations. “Orbán si aspetta che se quest’anno attaccherà le Ong finanziate da Soros, il governo americano e l’ambasciata ungherese a Budapest, non lo difenderanno nello stesso modo di prima.”
di Ottavia Spaggiari

Siria: pronto piano Pentagono per inviare più soldati

soldati sirial’ultimo regalo del premio nobel per la pace. Vedi anche il precedente contributo del 10 dicembre scorso, dedicato all’ex presidente infastidito della presunta ingerenza altrui negli affari interni
Siria: pronto piano Pentagono per inviare più soldati
Il Pentagono è pronto a presentare al neo presidente americano Donald Trump un piano per accelerare la lotta all’Isis in Siria. Piano che prevede anche opzioni militari come l’invio di ulteriori truppe da combattimento.
In particolare centinaia di soldati in più per rafforzare l’offensiva verso Raqqa, affermano fonti del Dipartimento della Difesa riportate dalla CNN.
Il piano sarà portato sul tavolo dello Studio Ovale il prima possibile, dopo l’insediamento di Trump alla Casa Bianca. A presentarlo al neo-presidente saranno il nuovo segretario alla Difesa James Mattis e il capo di Stato maggiore, il generale Joe Dunford, dopo che avranno dato il via libera a tutti i dettagli.
Tra le opzioni ci sarebbero anche una serie di proposte per limitare la crescente influenza nella regione di altri Paesi, in primis l’Iran. In particolare i vertici militari vorrebbero più autorità per fermare i rifornimenti di armi allo Yemen da parte di Teheran.
Lo scorso settembre in campagna elettorale Trump aveva promesso: “Darò ai miei generali una semplice istruzione: portatemi entro 30 giorni un piano per sconfiggere l’Isis”.
sda-ats 17 gennaio 2017 – 21:14

20 gennaio, inizio della fine dell’utopia della globalizzazione (e della Germania della Merkel)

obama-endorses-trump-copyL’Unione europea esiste soltanto perchè fa gli interessi della Germania e la Merkel commette un gravissimo errore ad accogliere tutti gli immigrati illegali, imponendo anche agli altri stati membri di farlo. Per questo motivo ha fatto bene la Gran Bretagna ad uscire dalla Ue. Non lo dice soltanto Matteo Salvini, ma anche Donald Trump, in un’intervista esclusiva sul Times e sul quotidiano tedesco Bild.
Sarà anche per questo motivo che in Europa, in questa Europa di banchieri e di mondialisti, il neopresidente americano venga dipinto come un razzista populista e xenofobo, secondo la solita tecnica della falsificazione dell’informazione da troppo tempo in voga dalle nostre parti.
Oltre che per il suo obbiettivo dichiarato di riaprire le buone relazioni tra gli Stati Uniti e la Federazione russa, arrivati ad un livello bassissimo grazie alle provocazioni continue del “premio Nobel per la pace “ Barak Obama, finalmente ex inquilino della Casa Bianca, ma ancora attivissimo sullo scenario internazionale.
I mondialisti non vogliono mollare il colpo, ma per loro si prospettano tempi di magra. Trump infatti, nell’intervista rilasciata ai due importanti quotidiani, ha chiaramente collegato l’ondata terroristica che ha colpito alcuni stati europei, all’invasione di immigrati sponsorizzata da Angela Merkel in primis e dai suoi lacchè al governo negli altri stati dell’Ue.
E ha prefigurato nuovi scenari anche per la NATO. “E’ da lungo tempo che sostengo che la Nato ha dei problemi – ha dichiarato -. In primo luogo che è obsoleta perché è stata concepita tanti e tanti anni fa. In secondo luogo, i paesi membri non pagano ciò che dovrebbero” per mantenere attive le basi militari nei diversi paesi dell’Alleanza.
Ecco i veri motivi dell’avversione dell’establishmen mondialista nei confronti di Trump: tutto il resto sono frottole e propaganda. Che per fortuna non fa più presa sulle persone, che infatti negli Usa hanno eletto Trump e in Gran Bretagna hanno votato per la Brexit, malgrado lo schieramento impressionante di tutti i media contrari a questi due eventi poi verificatisi.
Come ha detto l’ex ministro Giulio Tremonti, il 20 gennaio (data dell’insediamento di Trump alla Casa Bianca) potrà essere ricordato un giorno con la stessa importanza data alla caduta del Muro di Berlino e alla fine del comunismo. Perchè il 20 gennaio potrebbe sancire la fine dell’utopia della globalizzazione, che tanti danni ha causato a milioni e milioni di persone, avvantaggiando esclusivamente i grandi banchieri e l’alta finanza internazionale.
Fonte: Katehon – Gen 19, 2017 di Gianluca Savoini