Unione bancaria, un compromesso che sa di vittoria: ecco come cambierà il futuro delle banche

ora vediamo di metterci altri 20 anni prima di capire che è una truffa e ripetere fin da ora il ritornello…..”è la Germania che ci guadagna”.
Tra l’altro i colloqui fiume, come scrive il FT, sono andati avanti proprio per la CONTRARIETA’ della Germania ma ad ogni modo…

Siccome sono 20 anni prima dell’entrata in vigore dell’euro e per altri 20  dopo è stato tutto uno squillo di trombe e fanfare sui meravigliosi traguardi che i popoli (senza certo chiederlo a loro) stavano conseguendo salvo poi lagnarsi quando è troppo tardi e attaccarsi alle funi del cielo, vediamo qua di scorgere lo stesso percorso. Basti pensare che se un Dijsselbloem sostiene che in questo modo pagano i responsabili mi vien da ridere. Ah ma quanti ci crederanno, mi ricorda la musica europeide inculcatami da decenni di propaganda.
Di Alessandro Proietti | 21.03.2014 10:52 CET
Alla fine ci sono riusciti. Quando tutto sembrava volgere per il peggio, Consiglio, Commissione e Parlamento UE hanno raggiunto quell’accordo che sembrava ormai una chimera: l’Europa è riuscita a dar vita al secondo, fondamentale, pilastro dell’Unione bancaria. Uno happy ending che, in caso contrario, avrebbe portato a scenari nefasti. Il fallimento delle trattative, sottolineava poche settimane addietro Yves Mersch – membro del comitato esecutivo della BCE, sarebbe stato qualcosa “molto vicino al suicidio”. L’ipotetico scenario di una BCE che porta avanti il suo nuovo compito di vigilanza unica (con annessi stress test e AQR) senza avere, alle spalle, quel secondo pilastro di cui sopra – quindi – avrebbe potuto condurre all’ennesima fonte di complicati problemi per l’Eurozona.

“L’accordo risponde a tutti i dubbi del Parlamento – spiega Elisa Ferreira, relatrice del Parlamento UE – il processo decisionale per chiudere una banca è ora più rapido e si riuscirà a prendere una decisione in un weekend, l’influenza degli Stati in tutto il processo è stata ridimensionata, nascerà fin da subito una linea di credito a cui potrà accedere il fondo salva-banche e la mutualizzazione dei compartimenti nazionali del fondo sarà più rapida”. Poche parole, moltissimi concetti chiave ai quali si è giunti dopo estenuanti tira-e-molla diplomatici.

Il Single Resolution Mechanism (SRM) ed il c.d. fondo salva-banche (il Single Resolution Fund – SRF) sono gli indiscussi protagonisti delle lunghe trattative da poco concluse. Rispondono a semplici domande quali: come gestire la ‘crisi’ di una banca? Chi deve decidere? Come fermare, prontamente, i ‘bacilli’ dell’effetto contagio? Quali e quanti fondi (mutualizzati?) usare? Molte domande, che si basano su scenari affatto lontani dalla realtà, alle quali il secondo pilastro dell’Unione bancaria ora potrà dare risposta. “Avevamo promesso di farlo in tempo per questo Parlamento e l’abbiamo fatto”, commenta un radioso Barroso, presidente della Commissione UE. Ora, quindi, il tutto potrà essere votato in tempo per l’ultima plenaria di aprile del Parlamento UE (oltre alla ratifica del Consiglio che deciderà a maggioranza qualificata). Si voterà per quel ‘braccio armato’ del secondo pilastro dell’Unione bancaria, l’SRF che ha subìto un ‘restyling’ post-contrattazioni. Il fondo in questione arriverà, come preannunciato in passato, a quota 55 miliardi di euro. Fondi che, ovviamente, saranno raccolti tramite i ‘contributi’ delle banche. Cambia invece, e non poco, il timing della raccolta ed il percorso di mutualizzazione. Agli originari dieci anni previsti per ultimare il fondo, infatti, fa ora largo un lasso di tempo decisamente più ristretto: i €55 miliardi versati dalle banche dovranno ora arrivare in ‘soli’ otto anni. Ma non solo. Le trattative tra le parti, infatti, si sono più di una volta incagliate sullo scoglio del processo di mutualizzazione. La promessa strappata nell’ultimo – decisivo – round, quindi, ha sancito che sin dall’inizio ben il 40% dell’intero fondo sarà condiviso tra i Paesi. Quota che, poi, salirà al 70% dopo tre anni (al 60% dopo due): la mutualizzazione dei rischi, insomma, ha subìto una positiva accelerata. Attenzione: all’accordo raggiunto sul processo di condivisione di cui sopra, tuttavia, c’è da evidenziare la mancanza su quello del meccanismo di backstop (il ‘paracadute finanziario’ che avrebbe dovuto funzionare da ‘tappabuchi’ per i primi tempi del lento avvio dell’SRF).

Ma dal prossimo primo gennaio non entrerà, ovviamente, in vigore solo il fondo salva-banche: farà infatti la sua entrata in scena anche il meccanismo unico di risoluzione che sancirà la ‘vita o la morte’ delle 130 principali banche europee (oltre agli ulteriori 200 istituti transnazionali). Il comitato esecutivo di risoluzione, a livello europeo, sarà il responsabile dei così detti “piani di fallimento” della banca e agirà in prima linea per la risoluzione del caso. Solamente gli istituti che non rientrano in quella ‘short’-list sotto il diretto controllo della BCE, invece, saranno puramente materia di interesse delle autorità nazionali: solo nel caso in cui, in sostanza, si parlerà di una banca che opera entro i confini nazionali (ed il cui salvataggio non implichi il ricorso al fondo europeo), sarà possibile attuare quell’antica ‘disciplina’ del “lavare i panni sporchi in famiglia” (a patto che non siano le stesse autorità nazionali a chiedere l’intervento del board europeo, ovviamente).

Il board della risoluzione unica, in sostanza, sarà il soggetto che condurrà i giochi (normalmente in sessione esecutiva, in quella plenaria qualora risultasse necessario usare più di €5 miliardi dell’SRF) affiancato dalla presenza della Commissione, della BCE, del Consiglio e dalle autorità nazionali tirate in ballo dal singolo caso di interesse. Il ruolo di supervisore assunto dalla BCE, in definitiva, porterà la stessa a segnalare i casi critici per poi procedere sul da farsi (che, e qui il sostanziale miglioramento, potrà essere fatto “nel giro di un fine settimana” – come spiegava la Ferreira).

“Con l’Unione bancaria i rischi saranno rimandati a quelli a che ne sono responsabili, a quelli che assumono i rischi e ne beneficiano, il settore finanziario, e non al contribuente” è stato il commento di Jeroen Dijsselbloem, presidente dell’Eurogruppo.

La fine “[dell’]era dei salvataggi massicci” è il titolo che il commissario al mercato interno, Michel Barnier, ha dato all’importante giornata europea. Una quiete dopo l’ultima, estenuante, nottata di contrattazioni pervade l’intera Eurozona. I protagonisti non nascondono l’entusiasmo pur rimanendo ancorati alla realtà dei fatti. E’ lo stesso Barnier a mostrare questa lucida visione della realtà: l’SRM “non sarà una costruzione perfetta ma consentirà di trovare una soluzione in tempo ed efficace per le banche in difficoltà, e questo era il suo obiettivo principale”. In Europa vedono la costruzione di questo secondo (fondamentale) pilastro dell’Unione bancaria come la decisiva mossa verso una rinnovata “stabilità finanziaria” che condurrà, giocoforza, alle “condizioni giuste per il sistema finanziario” che gli permettano di tornare a dare il giusto contributo all’economia reale. Innescare un positivo circolo vizioso che sosterrà la ripresa, che aiuterà l’occupazione. Prospettive concrete e speranze, forse, si mescolano un po’ in questa visione. E’ però giusto, almeno per oggi, gustarsi quel piccolo grande traguardo raggiunto e guardare – con un pizzico di speranza in più – al futuro che ci attende.

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Unione bancaria, un compromesso che sa di vittoria: ecco come cambierà il futuro delle bancheultima modifica: 2014-03-22T13:40:49+01:00da davi-luciano
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