Avevano ragione i No Tav

di Tommaso Cerno

«Il progetto iniziale era sbagliato. Quelli che protestavano otto anni fa ce l’hanno fatto cambiare del tutto. E ora dà benefici alla valle. Ma la protesta si è radicalizzata su un simbolo». Parla il commissario della grande opera. Che vive sotto scorta

(12 agosto 2013)

http://data.kataweb.it/kpmimages/kpm3/eol/eol2-extra/2013/08/09/jpg_2212947.jpgPolizia e soldati a guardia del cantiere di Chiomonte sono in allerta da giorni. E’ agosto il mese «più difficile». Quello dove le frange estreme dei No Tav potrebbero comparire di nuovo. «Violenti che vengono in gran parte da fuori, certo, ma che non sono infiltrati, bensì invitati. Perché in questi ultimi cinque anni il movimento è cambiato. E dopo avere contribuito a modificare l’opera, come mai era avvenuto prima, è rimasto in mano agli irriducibili: quelli che dicono no, sempre e comunque».

A parlare è il commissario della Torino-Lione, Mario Virano. Architetto, valsusino, nato a pochi chilometri dal cantiere, è uno che ha studiato i progetti, «è il mio lavoro», ma ha studiato anche il movimento No Tav. «L’ho visto nascere, crescere, cambiare slogan e strategie», dice a “l’Espresso”. E oggi, alla vigilia di quello che chiama «il salto di qualità dei lavori, quando la grande talpa meccanica scaverà la montagna per 20 metri al giorno, contro i due di adesso», si prepara ad affrontare anche l’altro salto di qualità. «Quello della lotta. Che ormai è un simbolo esportato fuori dalla valle, una calamita degli antagonismi più diversi. Che rischia di far naufragare il grande lavoro di ascolto e dialogo costruito assieme ai No Tav. Quelli veri».

Architetto Virano, lei è nato in Val di Susa.
«Al confine, sì».

Non le fa impressione la “militarizzazione” della sua terra?
«Non esiste alcuna militarizzazione».

Come no? Soldati. Lince. Polizia. Sirene. Guardia 24 ore.
«La valle si estende su un milione 820 mila ettari. Di questi meno di 700 mila sono in pianura. Pensi che gli ettari protetti dall’esercito sono sette in tutto».

Lei gira libero nella sua Val di Susa?
«No, ho una scorta».

E’ preoccupato?
«Diciamo che sono sufficientemente irresponsabile per non pensarci. Continuo a credere e dire che la Val di Susa è fatta di persone perbene. Anche se il salto di qualità dei lavori agita l’area massimalista del movimento».

Mario ViranoMario Virano

Salto di qualità anche nelle accuse dei pm. La Procura alza il tiro: terrorismo e tentato omicidio. E’ la strada giusta?
«Vale la presunzione di innocenza, ma la Procura che si muove è di alto livello, è la stessa che ha operato contro le infiltrazioni mafiose nel cantiere. La magistratura torinese ha sempre distinto fra singoli e massa. Non ha mai indagato per reati associativi, finora, ma sempre per atti individuali. E’ indubbio, però, che il tentato omicidio e il terrorismo segnano un salto di qualità. Credo corrisponda, né più né meno, che al salto di qualità fatto sul campo. All’inizio non era così. Tutti erano, anzi eravamo, convinti che si potesse migliorare. E si lavorava per questo».

Non ci dirà che lei, che qui a Susa è Mister Tav, è un po’ No Tav?
«
Le spiego: quello che più mi dispiace di ciò che sta avvenendo in Val di Susa è che la deriva massimalista del movimento, a cui facevo prima riferimento, anche al netto della violenza fisica ha comuque fatto un danno: ha offuscato le grandi conquiste che i 50 mila No Tav dell’inizio hanno ottenuto».

E quali sarebbero se l’opera è partita?
«Quello della Val di Susa è il primo caso in Italia in cui un progetto per un’opera del genere, finito e pronto, è stato cancellato e rifatto da capo sulla base delle richieste del territorio. E con il contributo dei sindaci e dei cittadini. E sa perché l’abbiamo rifatto?».

Perché c’era la protesta?
«No, perché avevano ragione loro. Quel progetto non andava bene. Non portava benefici alla valle. E così è stato cambiato. Non solo: le istanze dei valsusini hanno avuto, nel nuovo progetto, lo stesso peso e valore dei vincoli europei e delle prescrizioni ferroviarie. Nessuno l’ha mai fatto prima. Eppure di questo non si parla».

Ne parli lei, in concreto?
«Dalla modifica del tracciato (ne sono stati studiati 11, visto che c’è chi dice che abbiamo tirato una linea dove capitava) fino a un modello innovativo di cantiere. E’ il primo in Italia ad essere concepito come uno stabilimento industriale. Ogni lavorazione avviene all’interno di capannoni, nulla è all’aria aperta. Proteggiamo chi sta fuori e chi dentro. Mai fatto prima».

 

Avevano ragione i No Tavultima modifica: 2013-08-14T10:04:53+02:00da davi-luciano
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