Liberarsi di Letta per salvarci, altro che berlusconi

Augusto Grandi –
Governo da abbattere, non per Berlu, ma per l’Italia
La fantomatica ripresa italiana? La si può vedere all’Argentario, dove persino i vu cumprà si sono ridotti a fare i saldi per la merce taroccata che vendono. Letta assicura che una crisi, in questa fase, sarebbe un crimine. In questa fase? Ma che fase è? Con i media che si entusiasmano perché il turismo, dopo il crollo dell’anno scorso, non ha avuto nessuna ripresa ma non è crollato ulteriormente. Con i sindacati che prevedono, con il governo in carica, un disastro autunnale per l’occupazione. Con le statistiche che ci assicurano che la competitività delle regioni italiane continua a ridursi e colloca l’Italia agli ultimi posti europei. Con gli esperti, i sedicenti esperti, che spiegano che la fuga dei cervelli italiani provoca danni immensi ma non osano aggiungere che gli stipendi da fame ed il precariato determinano la fuga dei cervelli. E l’export? Cresce, ci consolano tutti. Ma si dimenticano di precisare che cresce meno di quanto aumenti il commercio mondiale e, di conseguenza, l’Italia perde quote nell’export mondiale. E i costi dell’esercito di immigrati che devono essere accolti, mantenuti, curati, alloggiati perché se non l’afroministro si offende? Altro che far pagare l’Imu ai super ricchi, come pretende Fassina. Che poi potrebbe pure venire accontentato, se il Pdl non fosse composto da ministri molto incompetenti e poco sviluppati mentalmente: Fassina grida che sarebbe ingiusto penalizzare i poveri per non far pagare l’Imu ai ricchi proprietari di alloggi da 400 mq nel centro di Roma? Bene, togliamo l’Imu a tutti tranne che a questi possessori di mega alloggi nel cuore di Roma. Quanti saranno a pagare? 10? 100? mille? Va bene, paghino loro e basta. Vediamo se Fassina non fa retromarcia e comincia ad inventarsi super ricchi con 100mq nella periferia di Verona. Ma allora, è questa Italia allo sfascio che si dovrebbe difendere evitando una crisi di governo? E’ questa economia che non si riprende perché il governo Alfetta è totalmente incapace? Quali vantaggi ci sono nel mantenere questo governo di nullità? Solo la fortuna di vedere un’invasione quotidiana senza controllo? Solo la possibilità di mantenere decine di migliaia di immigrati favoriti dalla politica indecente del ministro? Così qualche altro dodicenne potrà essere investito ed ucciso da un immigrato senza patente? Beh, certo, sono politiche da tutelare, da rafforzare. Sono spese immense da affrontare massacrando di tasse gli italiani. E allora, forse, è meglio che il governo Alfetta vada a casa. Non per difendere Berlu, ma per decenza e per evitare ulteriori danni, irreversibili, all’Italia.
http://informare.over-blog.it/article-liberarsi-di-letta-per-salvarci-altro-che-berlusconi-119716511.html

Siria, la demonizzazione preventiva

Scritto da Diego Fusaro
Pubblicato Lunedì 26 Agosto 2013, ore 7,00
L’opera di demonizzazione preventiva è sempre la stessa. La si ritrova, ugualmente modulata, su tutti i quotidiani e in tutte le trasmissioni televisive, di destra come di sinistra. In quanto totalitario, il sistema della manipolazione organizzata e dell’industria culturale occupa integralmente la destra, il centro e la sinistra. Il messaggio dev’essere uno solo, indiscutibile.
Armi chimiche, armi di distruzione di massa, violazione dei diritti umani: con queste accuse, la Siria è oggi presentata mediaticamente come l’inferno in terra; per questa via, si prepara ideologicamente l’opinione pubblica alla necessità del bombardamento, naturalmente in nome dei diritti umani e della democrazia (la solita foglia di fico per occultare la natura imperialistica delle aggressioni statunitensi).
 
Alla demonizzazione preventiva come preambolo del “bombardamento etico” siamo abituati fin dall’inizio di questa “quarta guerra mondiale” (cfr. C. Preve, La quarta guerra mondiale, All’insegna del Veltro, Parma 2008). Successiva ai due conflitti mondiali e alla “guerra fredda”, la presente guerra mondiale si è aperta nel 1989 ed è di ordine geopolitico e culturale: è condotta dalla “monarchia universale” – uso quest’espressione, che è di Kant, per etichettare la forza uscita vincitrice dalla guerra fredda – contro the rest of the world, contro tutti i popoli e le nazioni che non siano disposti a sottomettersi al suo dominio.
Iraq 1991, Jugoslavia 1999, Afghanistan 2001, Iraq 2004, Libia 2011: queste le principali fasi della nuova guerra mondiale come folle progetto di sottomissione dell’intero pianeta alla potenza militare, culturale ed economica della monarchia universale.
 
La Siria è il prossimo obiettivo. L’apparato dell’industria culturale si è già mobilitato, diffamando in ogni modo lo Stato siriano, in modo da porre in essere, a livello di opinione pubblica, le condizioni per il necessario bombardamento umanitario. Il presidente statunitense Obama non perde occasione per presentare la Siria come il luogo del terrorismo e delle armi di distruzione di massa, in modo che l’opinione pubblica occidentale sia pronta al bombardamento del nemico.
La provincia italiana – colonia della monarchia universale – ripete urbi et orbi il messaggio ideologico promosso dall’impero. È uno spettacolo vergognoso, la prova lampante (se ancora ve ne fosse bisogno) della subalternità culturale, oltre che geopolitica, dell’Italia e dell’Europa alla potenza mondiale che delegittima come terrorista la benemerita resistenza dei popoli e degli Stati che non si piegano al suo barbaro dominio.
 
Il primo passo da compiere, per legittimare l’invasione imperialistica camuffata da interventismo umanitario, resta la reductio ad Hitlerum di chi è a capo degli Stati da invadere, non a caso detti rogue States, “Stati canaglia” (in una totale delegittimazione a priori della loro stessa esistenza): da Saddam Hussein a Gheddafi, da Chavez ad Ahmadinejad, la carnevalata è sempre la stessa. Vengono ridotti a nuovo Hitler e a nuovo nazismo tutte le forze che non si pieghino al nomos dell’economia di cui è alfiere la monarchia universale.
Del resto, l’invenzione mediatica di sempre nuovi Hitler sanguinari si rivela immancabilmente funzionale all’attivazione del “modello Hiroshima”, ossia del bombardamento legittimato come male necessario. Dove c’è un Hitler, lì deve esserci anche una nuova Hiroshima. L’ideologia della pax romana costituisce una costante del corso storico. Ogni impero qualifica come pace la propria guerra e delegittima come terrorismo e barbarie quella dei resistenti. Ubi solitudinem faciunt, pacem appellant: il vecchio adagio di Tacito non è mai stato tanto attuale.
 
La reductio ad Hitlerum si accompagna pressoché sempre all’impiego ideologico del concetto di umanità come titolo volto a giustificare – come già sapeva Carl Schmitt (cfr. Il concetto del politico) – l’ampliamento imperialistico. La guerra che si autoproclama umanitaria serve non solo a glorificare se stessa, ma anche a delegittimare il nemico, a cui è negata in principio la qualità stessa di uomo. Contro un nemico ridotto a Hitler e a essere non umano, il conflitto può allora essere spinto fino al massimo grado di disumanità, in una completa neutralizzazione di ogni dispositivo inibitorio di una violenza chiamata a esercitarsi in forma illimitata. Vale la pena di leggere il profetico passo di Schmitt: «Un imperialismo fondato su basi economiche cercherà naturalmente di creare una situazione mondiale nella quale esso possa impiegare apertamente, nella misura che gli è necessaria, i suoi strumenti economici di potere, come restrizione dei crediti, blocco delle materie prime, svalutazione della valuta straniera e così via. Esso considererà come violenza extraeconomica il tentativo di un popolo o di un altro gruppo umano di sottrarsi agli effetti di questi metodi “pacifici”».
 
È questa l’essenza dell’odierna “quarta guerra mondiale”, puntualmente dichiarata contro i popoli che aspirano a sottrarsi all’imperialismo statunitense (e subito dichiarati terroristi, assassini, nemici dei diritti umani, “Stati canaglia”, ecc.).
In coerenza con la destoricizzazione tipica del nostro presente, l’epoca che si colloca sotto lo slogan dell’end of history, la dimensione storica viene sostituita, a livello di prestazione simbolica, ora dallo scontro religioso tra il Bene e il Male (identificati rispettivamente con l’Occidente a morfologia capitalistica e con le aree del pianeta che ancora resistono), ora dal canovaccio della commedia che, sempre uguale, viene impiegato per dare conto di quanto accade sullo scacchiere geopolitico: il popolo compattamente unito contro il dittatore sanguinario (Assad in Siria), il silenzio colpevole dell’Occidente, i dissidenti “buoni”, cui è riservato il diritto di parola, e, dulcis in fundo, l’intervento armato delle forze occidentali che donano la libertà al popolo e abbattono il dittatore mostrando con orgoglio al mondo intero il suo cadavere (Saddam Hussein, Gheddafi, ecc.).
 
Seguendo penosamente l’ideologia dominante, la sinistra italiana continua a rivelare, anche in questo, una subalternità culturale che farebbe ridere se non facesse piangere: da “L’Unità” a “Repubblica” l’allineamento con l’ideologia dominante è totale (ed è, per inciso, un’ulteriore prova a favore della tesi circa l’ormai avvenuta estinzione della dicotomia tra una destra e una sinistra perfettamente interscambiabili, composte da nietzscheani “ultimi uomini”). La parabola che porta dall’immenso Antonio Gramsci a Massimo D’Alema è sotto gli occhi di tutti e si commenta da sé.
Secondo questa patetica commedia, tutti i mali della società vengono imputati al feroce dittatore di turno (sempre identificato dal circo mediatico con il nuovo Hitler: da Saddam a Gheddafi, da Ahmadinejad a Chávez), che ancora non si è piegato alle sacre leggi di Monsieur le Capital; e, con movimento simmetrico, il popolo viene mediaticamente unificato come una sola forza che lotta per la propria libertà, ossia per la propria integrazione nel sistema della mondializzazione capitalistica.
 
Come se in Siria o a Cuba vi fossero solo dissidenti in attesa del bombardamento umanitario dell’Occidente! Come se la libertà coincidesse con la reificazione planetaria e con la violenza economica di marca capitalistica! Tra i molteplici esempi possibili, basti qui ricordare quello della blogger cubana Yoani Sánchez, ipocritamente presentata dal circo mediatico come se fosse l’unica voce autentica della Cuba castrista, la sola sostenitrice dell’unica libertà possibile (quella della società di mercato) dell’intera isola cubana!
L’aggressione imperialistica della monarchia universale può trionfalmente essere salutata come forma di interventismo umanitario, come gloriosa liberazione degli oppressi, essi stessi presentati come animati da un’unica passione politica: l’ingresso nel regime della produzione capitalistica e la sottomissione incondizionata alla monarchia universale.
 
La Siria, come si diceva, è uno dei prossimi obiettivi militari della monarchia universale. È, al momento, uno dei pochi Stati che ancora resistono alla loro annessione imperialistica all’ordine statunitense. E questo del tutto a prescindere dalla politica interna siriana, con tutti i suoi limiti lampanti, che nessuno si sogna di negare o anche solo di ridimensionare.
 
Con buona pace di Norberto Bobbio e di quanti, dopo di lui, si ostinano a legittimate le guerre “umanitarie” occidentali, la sola guerra legittima resta, oggi, quella di resistenza contro la barbarie imperialistica. Per questo, con buona pace del virtuoso coro politicamente corretto, addomesticato e gravido di ideologia, senza esitazioni occorre essere solidali con lo Stato siriano e con la sua eroica resistenza all’ormai prossima aggressione imperialistica.
 
La Siria, come Cuba e l’Iran, è uno Stato che resiste e che, così facendo, insegna anche a noi Occidentali che è possibile opporsi all’ordine globale che si pretende destinale e necessario. Diventa, allora, possibile sostenere degli Stati resistenti quanto Fenoglio, nel Partigiano Johnny, asseriva a proposito dei partigiani (anch’essi eroi della resistenza, come oggi i rogue States): “ecco l’importante: che ne restasse sempre uno”.
http://www.lospiffero.com/cronache-marxiane/siria-la-demonizzazione-preventiva-12188.html

PCN-TV – nouveau massacre ASL en Syrie (2013 08 26) FR

PCN-TV/ AL ALAM TV: NOUVEAU MASSACRE DJIHADISTE EN SYRIE !

 PCN-TV avec Al Alam TV – PCN-SPO / 2013 08 26 /

https://www.facebook.com/PCN.NCP.TV

 

Le nouveau crime des djihadistes en Syrie !

Une nouvelle vidéo a été diffusée faisant preuve de l’ampleur de la sauvagerie des groupes takfiristes, soutenus par les pays étrangers, en Syrie.

 Reprise par la chaîne Al Alam TV, la vidéo montre les membres du groupe terroriste Al-Nosra, lié à al-Qaïda, en train de boucler la route principale, près de la frontière avec l’Irak, arrêtant les poids-lourds qui traversaient, pour connaître la confession des chauffeurs, dont les têtes sont, aussitôt, criblées de balles par les membres d’Al-Nosra, dès que ces derniers comprennent qu’ils sont alaouites. Les terroristes ont, ensuite, mis le feu aux poids-lourds. La vidéo a été diffusée, après la menace proférée par le chef d’Al-Nosra, Abou Mohammad al-Joulani, de cibler et assassiner tous les Alaouites …

 Film sur : https://www.facebook.com/photo.php?v=1407918586092970

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 Syria Committees – Comités Syrie – Suriye Komitesi /

http://www.syria-committees.org/

https://www.facebook.com/syria.committees

 

Agghiacciante:la foto dei bambini messi sotto ghiaccio per avere il tempo di preparare la messinscena

Ecco un documento agghicciante. I bambini messi sotto ghiaccio per conservarne i corpi per almeno due giorni. Queste piccole vittime innocenti erano stati uccise col gas dai mercenari atlantisti in luoghi diversi. Dovevano poi essre radunati nel luogo della sceneggiata e sembrare uccisi da poco. Per conservarne i corpi, con quelle alte temperature, sono stati messi sotto ghiaccio. Ricordiamo che le prime immagini del massacro hanno cominciato a circolare il giorno 20, quando il massacro dovrebbe essere avvenuto, secondo questi delinquenti, il giorno 21. Per cui le foto erano disponibili un giorno prima dei fatti….

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Nel testo si dice 21 Agosto, ma l’occhielllo in rosso evidenzia la data di pubblicazione, il 20

http://informare.over-blog.it/article-agghiacciante-la-foto-dei-bambini-messi-sotto-ghiaccio-per-avere-il-tempo-di-preparare-la-messinscen-119714647.html

 

L’interferenza criminale dei Medici Senza Frontiere in Siria al fianco dei gruppi terroristici di Silvia Cattori – 2 5/08/2013

Posted By Redazione On 25 agosto 2013

 Fonte: aurorasito [1]

 Lettera a Medici Senza Frontiere, in risposta ai suoi appelli per le donazioni da una persona di nazionalità siriana. Risposta ai messaggi pubblicitari di appello per le donazioni del febbraio 2013 di Medici Senza Frontiere

Medici Senza Frontiere 8 rue St Sabin 75011 Parigi

Majd Haddad, 15 marzo 2013

 

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[2]Siria: L’interferenza di Medici Senza Frontiere (MSF) insieme ai gruppi terroristici è criminale

Infatti, perché i vostri amici, i presunti combattenti dell’esercito libero siriano, armato e finanziato dalle monarchie petrolifere del Golfo (come chiaramente voi stessi in Siria) e dalle potenze occidentali, in stretta collusione con i Fratelli musulmani, prendono di mira i popoli che voi dite “non chiedono”? Ve lo dico io, ma non è sicuro che sentirete il mio messaggio, poiché avete preso partito con le bande armate che danneggiano e odiano il popolo siriano, in modo evidente e senza  scusanti: la destabilizzazione della Siria sovrana è gestita da chi vuole piegare questo anello chiave dell’asse di resistenza a Israele. Se volete sapere che cosa “il popolo ha chiesto”, sappiate che ha sempre chiesto al suo governo e alle sue forze armate di proteggerlo dagli attacchi delle bande armate che si definiscono “opposizione” (soprattutto quando osservatori internazionali circolavano in Siria, e l’esercito non doveva intervenire), il “Popolo”, la grande maggioranza del popolo siriano, ha chiesto la fine delle sanzioni economiche manifestando in maniera massiccia [1] e tutti i giorni contro le interferenze, il “popolo” si è organizzato in comitati di difesa di quartiere, i volontari sono sempre più numerosi. Il popolo siriano, nella sua maggioranza, sostiene il suo governo perché garantisce la stabilità del Paese e la sua varietà

Non dovreste parteggiare,… ma tanto!

Le vostre azioni “umanitarie” in Siria, imbarcate dagli uomini armati dell’ESL, il vostro pregiudizio, la vostra propaganda in favore dell’”opposizione” militarizzata, in maggioranza dei mercenari legati ad al-Qaida e sostenuta da potenze straniere, vi rende complici di questi nemici che causano atroci sofferenze al popolo siriano, così come i media dominanti. [2] I falsi testimoni che dite di avere ascoltato in Libano, e che presentate alla stampa come affidabili, hanno ampiamente utilizzato la propaganda della propria organizzazione in favore di queste bande di estremisti che mettono a ferro e fuoco la Siria. Abbiamo scoperto che nessuno di questi “testimoni che sostenevano di essere stati perseguitati dal governo siriano negli ospedali, in quanto feriti“, parlava con accento siriano! Le vostre affermazioni che nessun giornalista, Silvia Cattori a parte, ha avuto cura di verificare, si rivoltano contro di voi. Le vostre storie sono un’operazione di propaganda, tramite Peillon e Bérès, per accusare il governo siriano di sparare sui civili e di aver distrutto centri sanitari. E per nascondere che ONG e medici arabi ben finanziati e attrezzati dal Qatar erano sul posto [3].

Non c’è nulla di umanitario nel vostro impegno in Siria! [4]

 Tutto questo ci porta a credere che voi siete i leader di una ONG canaglia che in certi contesti bellici ha il compito di sostenere l’intervento diretto o indiretto di potenze come la Francia, appoggiandosi sui terroristi, in grande maggioranza mercenari, per raggiungere i propri scopi. La rispettabilità e la simpatia di medici dediti a salvare vite umane è completamente eterodiretta da medici “spioni” come Jacques Beres, finanziati e manipolati da associazioni musulmane, come dimostrato da una discussione con i vostri sponsor, che sottoponiamo alla vostra attenzione qui sotto (*). Pertanto, la definizione delle vostre presunte azioni come “eroiche”, è spregevole. Non soccorrete il popolo siriano, contrariamente a quanto sostenete, ma avvantaggiate coloro che vi pagano. Quindi ritengo che sia così in tutte le vostre operazioni, e non c’è ragione che siate leali altrove, e disonesti solo nel caso della Siria. Bisogna essere chiaroveggenti per sapere che il vostro aiuto va ai cosiddetti ribelli, ai terroristi che distruggono la Siria, il suo popolo, il suo passato e probabilmente il suo futuro? Ai saccheggiatori scatenati dei siti storici? Ai saccheggiatori dell’economia e dell’industria? [5] Ai creatori di orfani e vedove? Ai tagliagole mercanti di terrore? Agli attentatori, ai kamikaze che non esitano a colpire l’Università di Aleppo massacrando centinaia di studenti? Se effettivamente parlate con dei profughi, sappiate che lo sono dall’arrivo di questi pazzi di Allah, drogati e fanatici che voi stessi soccorrete. (Sono gli stessi contro cui la Francia si batterebbe in Mali)?

Gli ospedali sono stati presi di mira” dite, certo, ma anche linee elettriche, scuole, edifici pubblici, l’elenco è lungo, e sempre da parte dei vostri amati liberatori. [6] Bande armate massacrano, assaltano, assassinano, attaccano edifici governativi e sabotano linee ferroviarie. Sul finanziamento: Nel tentativo di distruggere il regime siriano, l’organizzazione dei Fratelli musulmani ha un obiettivo comune con Stati Uniti, Israele e Arabia Saudita, la cui paranoia anti-sciita ha raggiunto il  culmine con le vicende in Bahrain. Wikileaks ha rivelato come l’Arabia Saudita sia ansiosa di vedere gli Stati Uniti attaccare l’Iran. Un riflesso è la distruzione della relazione strategica tra Iran,Hezbollah e Siria. Gli Stati Uniti e l’Arabia Saudita potrebbero avere ragioni leggermente diverse nel volere la distruzione del regime baathista dominato dagli alawiti a Damasco… ma ciò che conta è che vogliono distruggerlo… Gli Stati Uniti fanno tutto il possibile per accaparrarsi la Siria. Forniscono sostegno finanziario ai leader dell’opposizione in esilio. [7]

I colpi di mortaio” cadono continuamente ad opera dei cosiddetti “liberatori”! “Le guerre sono sempre sporche” dite, come fosse una fatalità, benché voi siate gli angeli custodi dei guerrafondai!Vi infiltrare in Siria in modo clandestino. In effetti, sembra che sia eccitante e adrenalinico! Ma perché non farlo legalmente, come la Croce Rossa, se volete veramente essere efficaci e fedeli ai vostri presunti principi? La vostra carta costitutiva non permette, per quel che ne so, di entrare illegalmente in Siria, ma ve ne vantate. “Dato lo stato del sistema sanitario siriano dopo quasi due anni di conflitto…” dite? Ma non è normale quando la Siria viene punita con un embargo? Embargo che penalizza e soffoca il popolo, non il governo, di cui volete avere la pelle a tutti i costi. Il governo di uno Stato che è l’ultimo baluardo secolare della regione che questi presunti liberatori vogliono distruggere, e che voi andate a curare nelle zone che occupano con la forza (non nascondendolo e dichiarandolo apertamente). Lo Stato siriano è il garante della libertà religiosa di fronte all’instaurazione dell’intolleranza della Sharia, che quando possono proclamano gli “emirati islamici” nelle zone conquistate, come hanno fatto a Bab Amr, Homs, e in alcuni quartieri di Aleppo. Aderendo a questo campo dei falsi “liberatori”, infiltratisi illegalmente in Siria, come del resto tutti i giornalisti francesi integratisi con i ribelli come voi, avete saturato l’opinione pubblica con una propaganda che dipinge dei terroristi mercenari come una vera e propria resistenza.

“…Per continuare a svolgere questa missione in modo indipendente...” dite. Ma di quale l’indipendenza osate parlare quando, come è stato stabilito da varie fonti, il medico Jacques Bérès e l’anestesista Didier Peillon, per esempio, entravano illegalmente in Siria diverse volte, nel 2012, e con il sostegno di Medici Senza Frontiere, finanziati e accompagnati laddove volevano questi terroristi dell’ELS che osate vergognosamente definire “opposizione”?

Non siete neutrali. Il vostro impegno non è umanitario, ma politico. Ripulite i “ribelli” che violentano le ragazze davanti agli occhi inorriditi delle madri, che sgozzano uomini perché cristiani e alawiti. [8] Vi sono giornalisti onesti che sono andati dalla parte del popolo, che nella sua maggioranza rifiuta questi ribelli che voi angelicate. [9] Non aspettatevi che i patrioti siriani, inorriditi dai vostri “oppositori” terroristi dell’ELS, con cui siete in combutta, vi dicano grazie. I Patrioti siriani che si affiancano nella resistenza del loro governo e dell’esercito siriano contro le barbare bande terroristiche che appoggiate, vi dicono: vergogna su di voi! Coloro che sconfessano il vostro supporto ai criminali in Siria, e credetemi sono sempre più numerosi, dovranno da ora in poi diffidare della vostra azione “umanitaria” politicizzata.

 Majd Haddad – 15 Marzo 2015

 

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[3]Allegato

Silvia Cattori ha intervistato funzionari di MSF, di MDM, di associazioni musulmane e siriane nell’ambito di un’indagine che ha avuto inizio nel 2012, sospesa a causa di malattia, sul coinvolgimento delle ONG umanitarie nel conflitto siriano e sul supporto “umanitario” che forniscono a cosiddette associazioni musulmane. Due di esse sono risultate strettamente correlate al sionista BHL e asservite alle sue interferenze ideologiche. Ecco cosa risponde, il 27 maggio 2012, M’hammed Henniche, presidente di UAM93 (Unione delle associazioni musulmane della Seine-Saint-Denis), alla giornalista Silvia Cattori che mette in primo piano la missione di Jacques Beres, nel febbraio 2012 a Homs, organizzata e finanziata dalla UAM-93 e dall’associazione Francia-Siria per la democrazia in Siria. E Jacques Beres è tornato a toccare il fondo del supporto umanitario  diffondendo la propaganda dell’ELS. Il convoglio guidato da Beres e Didier Peillon nel marzo 2012, in una zona sotto il “controllo” dell’ELS, era effettivamente stato finanziato da MSF, cosa che uno dei suoi funzionari avevano negato, e le intenzioni di questi medici erano più politiche che umanitarie.

 (*) Estratti dello scambio tra Silvia Cattori e M’hammed Henniche

(…)

SC: La verità non è che da una parte sola.

MH: Abbiamo dei siriani qui con cui abbiamo avuto una lunga discussione. Vogliono aiuti, come abbiamo fatto con la resistenza libanese e palestinese. Ci hanno portato i video che mostrano un regime duro. Gli abbiamo detto che li aiutiamo. I siriani dicono che preferiscono entrare in un periodo di caos, perché poi si arriva a una democrazia. Il regime è una famiglia, una casta che rappresenta il 7-8% della popolazione siriana, contro il 93%. Si è fatto più di quanto previsto. Si è potuto mediatizzare la situazione con numerosi articoli e passaggi in TV miei e di Jacques Bérès. Abbiamo avuto anche il telegiornale TF1, I-TV, France 2, ecc. Hanno permesso a [Bérès] di entrare, abbiamo sostenuto la sua missione, acquistato attrezzature e soprattutto trovato le reti di siriani per poter entrare in Siria. Era entrato Homs prima che venisse investita dall’esercito, permettendogli di fare interviste e video, al suo ritorno avrebbe potuto parlare come testimone diretto… Poi ci ha provato a marzo, ma vi rimase per poco, la resistenza l’aveva sconsigliato dal restare…

Dopo la sua prima missione, Bérès ha avuto una dozzina di apparizioni televisive, su al-Jazeera tutti i giorni, anchebfmt i-Tele, Canal+, France 5 e TSR l’hanno invitato… mettete il nome di Bérès sul nostro sito e vedrete… anche il New York Times

 SC: Siete l’unica associazione che ha sostenuto?

MH: Ci sono molte associazioni siriane in Francia che fanno cene private, raccolgono soldi… Ci siamo concentrati sull’immagine di Bérès e i media.

 SC: L’anestesista Didier Peillon ha fatto parte del convoglio di MSF con Beres…?

MH: Alla sua seconda missione, sostenuta in gran parte da MSF, Peillon era con lui. Non era riuscita appieno, perché non poterono andare a Homs… Ci abbiamo guadagnato molto… con Bérès. Ha attaccato molte grandi organizzazioni. Dicendo come sia possibile che piccole organizzazioni come la nostra supportano attività così pesanti, mentre le grandi organizzazioni che dispongono di grandi budget non fanno nulla. Ciò ha smosso le cose, MSF ha finanziato la seconda missione di Bérès e Peillon.

 SC: La direzione di MSF è pronta a fornire attrezzature?

MH: hanno spiegato che il loro mandato, o documenti, gli proibivano di tornare in Siria, che potevano farlo solo in un villaggio di confine, costruire un ospedale, ma che MSF dovrebbe attenersi ad operare solo d’accordo con gli Stati… con i regimi vigenti. Non dovrebbero inviare uomini senza l’approvazione del regime… Abbiamo voluto mediatizzarlo, l’abbiamo fatto una volta… tocca ad altri farlo… I media hanno giocato la partita…

 [1] Vedasi: Resistere alle milizie armate sostenute all’estero è una questione di sopravvivenza per il popolo siriano [4].

Per il popolo siriano non è più questione di opposizione politica, ma questione di esistenza! Ciò spiega la grandezza delle manifestazioni spontanee a Damasco contro la sordida decisione della Lega Araba di sospendere la Siria quale Stato membro. Ciò spiega anche le manifestazioni spontanee in tutta la Siria, dopo la grande esplosione di Kafarsouseh. (Francia 23-24 gennaio 2013): In un’intervista, l’OSDH riconosce la creazione delle Forze di difesa nazionale da parte dell’esercito siriano, formazione paramilitare di 50.000 uomini e donne incaricato di difendere i propri quartieri contro le incursioni dei ribelli. Questo nuovo “Esercito di difesa civile” (la frase è dello stesso Rami Abdel Rahman) “ha uomini in tutti i quartieri della Siria” che si addestrano “dall’inizio dell’anno.” L’ AFP ha riportato la formazione di un gruppo di volontarie nella città di Homs, dando voce ad alcune di loro.

[2] Peillon e Bérès sono entrati più volte illegalmente in Siria con un convoglio finanziato da MSF. Erano accompagnati da personale dell’ELS, l’”opposizione” militarizzata e sostenuta dall’estero. Hanno curato i combattenti di questo pseudo-esercito (ELS) portando forniture mediche.

[3] Vedasi il sito di MSF: “In Siria, il farmaco viene usato come arma di persecuzione [5]“. Si guardi la testimonianza faziosa del presidente di MSF a Ginevra [6].

[4] “Perché il presidente di Medici Senza Frontiere (MSF) aumenta l’intossicazione spacciando come vere le testimonianze di persone anonime, con volti mascherati e alcuni dei quali non hanno un accento siriano, ma probabilmente del Golfo Persico, presentandoli come siriani, che  ovviamente attribuiscono alle forze di al-Assad e ai medici ospedalieri atti di indicibili torture di feriti, bambini, ecc.“, scrisse allora Silvia Cattori? Vedasi qui [7].

Le vostre ONG, come i “grandi giornalisti” di France Television e Radio France, l’Unione europea, la Commissione sui Diritti Umani delle Nazioni Unite, Amnesty International, ecc., hanno deliberatamente ignorato i crimini commessi dal maggio 2011 in Siria dai gruppi terroristici, hanno legittimato i loro crimini chiamandoli “opposizione”, “rivoluzionari” e “resistenza”, mentre ignorano le grandi manifestazioni popolari a sostegno del governo di Assad.

[5] CfrMondialisation [8]. I rappresentanti della “Confindustria di Aleppo” hanno illustrato il saccheggio e/o distruzione di oltre un migliaio di impianti, e che la documentazione di un gran numero di questi casi, ben documentati, è in preparazione per un procedimento penale giudiziario contro “lo Stato turco”, responsabile di aver permesso, organizzato e partecipato allo smantellamento delle fabbriche, trasportandone le  attrezzature in Turchia per un ammontare di perdite che supera i 300.000.000.000 di lire siriane! In realtà, ci sono state migliaia di fabbriche, di qualsiasi dimensione, oggetto di vandalismo e saccheggiate, a cui le scorte di materie prime e di prodotti finiti sono stati rubati, sottratti i macchinari apertamente trasportati oltre il confine turco. Alcune attrezzature dovevano essere “rottamate” e vendute alle fonderie turche. Gli esempi non mancano!

[6] Vedasi: Verità e bugie in Siria [9].

[7] Vedasi: Nadia Khost denuncia il cinismo dell’Occidente [10]. Qualcuno ha mai visto nella storia umana un “esercito libero” addestrato a far esplodere, distruggere gasdotti, oleodotti, reti elettriche, bruciare edifici pubblici, saccheggiare camion che trasportano zucchero, riso o olio ai danni del proprio popolo? Qualcuno ha mai visto un “esercito libero” uccidere tecnici, medici, scienziati e professori universitari; rapire i propri fratelli e poi chiederne il riscatto ai poveri genitori in cambio della liberazione?

[8] Vedasi: Siria: La prova degli abusi dei “ribelli” contro le minoranze [11].

[9] Cfr.: Lo sguardo dei siriani su una guerra orchestrata dagli stranieri [12].

 

Article printed from STAMPA LIBERA: http://www.stampalibera.com

 URL to article: http://www.stampalibera.com/?p=66029

Attacco chimico in Siria: Siamo alla circonvenzione di incapace

Posted By Redazione On 25 agosto 2013 

 Ci scusiamo con i lettori per la insistente copertura dei fatti di Siria, ma il momento è particolarmente critico. Le conseguenze di un eventuale attacco della Nato alla Siria a fianco di Israele,  contano assai  più delle eterne zuffe italiche e del fantaministro Kienge. ndr

http://etleboro.blogspot.it/ [1]

 [2]

 Potevamo essere leali e ammettere che la Siria era più forte di qualsiasi armata o emiro, ma siamo diventati degli impostori bugiardi. Filmati manipolati, testimonianze imbeccate, la falsità non ha più limiti. Non possiamo credere alle “gonnelle del deserto” traditori dell’Islam e servi della corruzione, che con tutti quei miliardi a disposizione hanno costruito sceneggiate da quattro soldi. Il fallimento della strategia di destabilizzazione del Qatar era evidente, e coraggiosamente siamo stati i primi ad annunciare la vittoria di Damasco sui terroristi. Un dato di fatto che gli sceicchi non vogliono accettare, e cercano ora di provocare l’intervento della NATO, su cui riversare il costo di una guerra totale per eliminare Assad, facendo di lui un genocida: quando i giocatori di poker stanno perdendo la partita, allora fanno saltare il banco. Messi alle strette dall’avanzata dell’esercito siriano e dalla fuga dei disertori,  gli sceicchi e i loro alleati occidentali hanno giocato la carta estrema delle ‘armi chimiche’, proprio durante la missione degli ispettori ONU. La Siria, infatti, non è come la Libia, e non potrà essere invasa con una banda di barbette e una risoluzione di ‘no-fly zone’. Così si è messa in moto la macchina della finzione e della propaganda di Al Jazeera, che con un pessimo lavoro di montaggio, vuole spingere l’Alleanza Atlantica a bombardare il territorio siriano. Tuttavia l’America non sembra molto convinta stavolta e, coprendosi dietro l’opposizione di Russia e Cina, cerca di prendere tempo e di negoziare con Francia e Inghilterra, quando più convinte a ricorrere alla NATO.  Purtroppo stiamo parlando di Paesi europei che non rappresentano più stati-nazione, considerando che Parigi è stata completamente corrotta dal cancro delle massonerie, mentre Londra è solo la decadente capitale di un popolo che per il 70 per cento è figlio delle dominazioni colonialiste. Visti i presupposti, l’Italia dovrebbe prendere subito le proprie distanze, da una guerra-suicida, che rischia di rovinare tutti, ma soprattutto di fermare la ripresa del Mediterraneo.

 Non si può negare che la comunità internazionale ha accolto con stupore ed incredulità la possibilità che sia avvenuto un attacco del genere in presenza degli esperti delle Nazioni Unite, già invitati ad accertare l’assenza di armi chimiche proprio dalle autorità siriane,  per eliminare ogni dubbio dai tentativi di ingerenza esterna. Ed infatti sarebbe troppo avventata la decisione del governo siriano di spargere del gas proprio in una zona che l’esercito aveva messo in sicurezza, come testimonia un dettagliatodocumento-video dell’Agenzia Anna-News [3], che mostra il passaggio dell’esercito senza maschere anti-gas nell’area di Ghouta orientale proprio il 20-21 agosto. Un attacco chimico da parte delle forze regolari è ancora più strano, se si pensa che ormai erano stati fatti dei progressi significativi, per cui non c’era alcun bisogno di perpetrare una tale strage tra i civili.

 

 [4]

 Cartina del percorso dell’esercito siriano nel corso del quale

sarebbero avvenuti gli attacchi con gas sarin

 

 [5]

 Analisi delle immagini: evidenti contraddizioni

nella disposizione delle vittime

 Vedendo le immagini mostrate da Al Jazeera, non possiamo non rimanere stupiti. Anche se scioccanti e persuasive per la percezione della massa, hanno delle evidenti lacune che non sfuggono ad un osservatore attento. Tutte le immagini fanno riferimento a vittime presenti in ospedali o ospedali di fortuna, e in nessun luogo che ci fa risalire ai centri attaccati.  Oltre ai 30 bambini (con cerotti e tubicini endovena), ripresi con molta attenzione dai media degli attivisti, vediamo molti giovani uomini, e la maggior parte sono per lo più con la barba, cosa che permette di supporre che sono milizie. Vediamo pochissime donne, e 17 delle presunte 1300 vittime.  In generale, le vittime non presentano sul corpo i sintomi di contaminazione del gas nervino (naso gonfio, contrazioni involontarie, ecc) e, aspettandoci di vedere un effetto massiccio su tutto l’ambiente circostante,  vengono mostrate solo singole scene, oppure scatti molto veloci. I video mostrati dalla tv del Qatar (Al Jazeera, 9 sec [6] ; Al Jazeera 29 sec [7]; Al Jazeera 43 sec [8]) sembrano provare che proprio in quel momento delle persone hanno inalato dei gas, che fino a prova contraria potrebbero essere stati somministrati dagli stessi autori delle registrazioni. Inoltre, se l’intero edificio era stato contaminato, come mai gli operatori della televisione vi si aggirano senza le maschere, senza alcuna precauzione.   In altri passaggi, è possibile anche vedere delle persone che fanno finta di fare delle iniezioni sui corpi.

 

 [9]

 Corpi di milizie, alcuni insanguinati

 Infatti il sarin può essere assorbito da un semplice contatto con la pelle, è sufficiente l’inalazione, è solubile in acqua, e deve essere esposti ad una temperatura elevata per trasformarsi in vapore: incolore e indolore, provoca la morte per soffocamento e insufficienza cardiaca in meno di dieci minuti. Uccide quindi in maniera massiccia su una vasta area, e non c’è scampo. Invece, le presunte “vittime” sopravvissute al gas, mostrate da Al Jazeera, vengono salvate semplicemente pulendo loro gli occhi con acqua o con un massaggio, mentre anche le iniezioni di atropina sono inefficaci. In questa messa in scena che sia avvenuto un attacco chimico, probabilmente le vittime sono state anestetizzate e non contaminate con gas, tanto che alcuni di loro sembra proprio che siano svegli.

L’incompetenza generale dei giornalisti è evidente, tanto che neanche si accorgono di quanto sia ridicola la loro propaganda mediatica.  In primo luogo il sarin, come qualsiasi sostanza chimica o microbiologica, non può essere utilizzata in aree residenziali, perché a causa del vento raggiungerebbe una vasta area di 10 chilometri, mentre secondo la tesi dei ribelli la zona colpita (Al Moazamiya) si trova a 5 chilometri dalle aree residenziali (base militare di Al Mezah).  In secondo luogo, il luogo esposto a gas nervino è inaccessibile per 36 ore dal momento in cui viene lanciato l’attacco, per cui è impossibile che i soccorritori abbiano potuto operare senza un un adeguato equipaggiamento.

Insomma, come da copione, si è cercato di accreditare la stessa tesi dei giornalisti francesi (Le Monde :  [10]Chemical warfare in Syria [10]) che, lo scorso maggio, hanno intervistato i combattenti jihadisti colpiti da gas e armi chimiche, senza una maschera. Ricordiamo infatti l’assurda testimonianza di cronisti sopravvissuti che avevano gli occhi irritati; gli stessi giornalisti che hanno portato in Francia i “campioni” raccolti senza alcun supporto scientifico.

 Montaggio e manipolazione mediatica

Dinanzi a tali evidenza, si può comprendere la risposta di Russia e Cina, che hanno negato che venisse sollevata un’inchiesta invasiva sul presunto attacco con armi chimiche, vagliando invece ogni tipo di scenario, tra cui anche la possibilità che gli insorti stessi abbiamo effettuato l’attacco, su piccola scala, mescolando le sue vittime con centinaia di miliziani uccisi negli attacchi dell’esercito siriano proprio in quella zona.  Una tesi che non è da escludere del tutto, considerando che i guerriglieri (in particolare delle milizie turkmene) avevano ottenuto sostanze chimiche tossiche dalla Turchia, da utilizzare nei villaggi di Latakia. Un video – risalente al 114 agosto – mostra dei iihadisti che effettuano degli esperimenti su delle cavie per ostentare la nuova arma che gli ‘alleati’ gli avevano procurato.

Ribelli siriani in possesso di armi chimiche dalla Turchia [11]

 vedi anche: Ribelli testano armi chimiche Tekkim [12]

Terroristi in possesso di armi chimiche di industria turca [13]

 Ritorna quindi in pista la tesi delle “armi chimiche” di cui non sentivamo parlare dall’invasione dell’Iraq, che ha fatto storcere il naso persino a Ban Ki-Moon,  per niente persuaso dall’idea di scatenare una guerra in Siria per trovare presunti armamenti batteriologici. Anche perché Assad è riuscito a sovrastare il terrorismo dilagante sul suo territorio e a non cedere al fondamentalismo islamico, per difendere così lo Staoto e il popolo siriano. A fermare il braccio armato di Francia e Inghilterra, sono state per il momento Russia e Cina, ma l’Italia dovrebbe prendere assoluta distanza da questa finzione mediatica, che non ha alcuna logica, neanche la più elementare.  Lo Stato italiano non deve fare l’errore di sprecare altri fondi per la spesa militare, sulla falsa riga dell’ipocrisia, onde evitare di cadere nell’abisso delle sette costruite con i dollari del Qatar e degli emiri della Sharia.

 

 [14]

 Per fare la scelta giunta ci vuole intelligenza, ma soprattutto la Farnesina non deve ascoltare i media italiani che, talmente specializzati in voyeurismo, quando si occupano di geopolitica fanno i più grandi disastri. A cominciare da La Repubblica, che nel suo “contributo alla verità sulla Siria” interroga i volontari dell’organizzazione Time4Life, che confermano “per sentito dire” che è davvero avvenuto un attacco chimico. Oltre al fatto che abbiamo seri dubbi che questi volontari si trovino davvero nelle zone a rischio, tra jihadisti ed esercito siriano, è alquanto improbabile che abbia tra le fila dei medici così specializzati proprio di attacchi con ‘gas nervino’.

Siamo arrivati così ad un livello così basso, da estremi per la circonvenzione di incapaci. La Repubblica non è in grado di affrontare problemi complessi come la Siria, che deve lasciare ai veri giornalisti, che lavorano al servizio della verità, non del mutuo. Dovrebbe invece occuparsi di altre problematiche umanitarie, come per esempio i pidocchi delle barbe dei guerriglieri.  Infatti secondo una fatwa della Corte della Sharia di Aleppo, i pidocchi che vivono nelle barbe dei jihadisti sono sacri e non possono essere uccisi (vedi foto decreto – Fonte Anna-news). Per questo La Repubblica potrebbe chiedere ai volontari  si assistere i ribelli, in modo da non far dilagare un’altra arma chimica in Siria.

 Pubblicato da Etleboro [15] a 12:02 [16]

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Una sconosciuta tragedia dell’epoca staliniana, la deportazione dei militari e dei civili in Iran »

ecco perché è vietato riguardare documenti storici. Potrebbero far nascere strani dubbi sulle trasferte ad esempio come in questo caso.
Ma le atrocità naziste sono “Più gravi di quelle staliniste” che vengono accuratamente rimosse essendo la Russia tra le potenze vincitrici 

Qelsi[1]Un terrificante ed oscuro capitolo della Seconda Guerra Mondiale è sepolto nel cimitero cattolico romano situato ai margini della povera periferia di Teheran. Qui riposano 1.892 polacchi, tra donne vecchi e bambini, deportati da Stalin tra la fine del 1939 e il 1942. Come è noto, nel Settembre 1939, Hitler e il dittatore di Mosca, forti dell’intesa precedentemente raggiunta nel mese di agosto con il Patto Ribbentrop-Molotov, si avventarono sulla Polonia, smembrandola, e dando inizio ad uno dei capitoli più neri della storia di questa sfortunata nazione cattolica incuneata tra Germania luterana e la Russia ortodossa. Completata l’occupazione e la spartizione della Polonia, l’Unione Sovietica, che, come è noto, si era annessa la parte orientale del paese, provvide subito a russificare questa regione, non prima di avere disarmato ed internato l’esercito polacco ivi presente (formato da circa 250.000 uomini). Nel 1940, in barba a tutti i trattati e le convenzioni internazionali, Stalin si rifiutò di liberare gli ufficiali e i soldati catturati, raggruppandoli in una decina di campi di concentramento situati in Ucraina. Ma quando un anno dopo, nel giugno 1941, la Germania invase l’Unione Sovietica, il dittatore decise di liberare tutti i polacchi garantendo ad essi un equo trattamento e, addirittura, “una nuova terra”, in cambio del loro aiuto nella lotta contro il nazismo. Più precisamente, gli emissari di Stalin concessero agli ufficiali polacchi di continuare a combattere nell’ambito di una Nuova Armata che i russi, assieme ai britannici, stavano formando in Persia settentrionale

 Decisi a riconquistare la libertà e a contribuire allo sforzo degli Alleati, i polacchi accettarono la proposta di Mosca e, su lunghi convogli ferroviari, iniziarono a partire alla volta della lontana e neutrale Persia che, proprio in seguito all’attacco tedesco e alla firma del trattato di alleanza tra Russia e Gran Bretagna, era stata preventivamente occupata dalle forze armate delle due potenze, preoccupate da possibili infiltrazioni nemiche in quest’area strategica. Nell’arco di alcune settimane, molte migliaia di soldati (ma anche di civili) polacchi rinchiusi nei campi sovietici firmarono la loro adesione al nuovo, ma dai lineamenti assai vaghi “Esercito di Liberazione Polacco in Persia”. Secondo dati provenienti dagli archivi segreti russi (1999), si calcola che, tra il luglio e il dicembre 1941, le tradotte sovietiche trasferirono in Persia dai 114.000 ai 300.000 polacchi (le cifre sono molto discordi). E a prova di questo massiccio e sconosciuto esodo non sono rimasti soltanto i documenti, tenuti accuratamente nascosti dalle autorità di Mosca per diversi decenni, ma addirittura una dozzina di testimoni ancora in vita e residenti alla periferia di Teheran. La scoperta di questi reduci è stata fatta da Anwar Faruqi, bravo giornalista della Associated Press, che, qualche anno fa, essendosi recato in Iran per motivi di lavoro, è riuscito a ricostruire l’intera, oscura, e per certi versi straordinaria, vicenda. Visitando la periferia della capitale iraniana, Faruqi ha avuto modo di conoscere Helena Stelmach, una settantenne polacca, da anni sposata con un iraniano. La donna, assieme ad Anna Borkowska, di anni 83, sembra essere una delle ultime sopravvissute alla deportazione ordinata da Stalin nel lontano 1941. Non senza iniziali reticenze, le due anziane signore (“che parlano un iraniano con uno strano accento”) hanno accettato di raccontare a Faruqi la loro avventura. “Entrambe le scampate vivono in modeste abitazioni, adornate da qualche mobile, i tradizionali tappeti e, appese alle pareti, le foto dell’ayatollah Ruhollah Khomeini, quella di papa Giovanni Paolo II e alcune effigi di Gesù e Maria”.

 Come racconta la Helena Stelmach – che quando iniziò l’invasione russa viveva in un villaggio della Polonia orientale – “nel settembre del 1939, molti civili, tra cui la sottoscritta, vennero rinchiusi, assieme ai soldati polacchi, in campi di concentramento provvisori. Poi, un giorno, venimmo tutti trasferiti, con tradotte ferroviarie, nella fitta foresta di Basharova, non distante dalla città di Arcangelo. E lì i russi ci tennero, costringendoci ai lavori forzati. Ma nell’estate del 1941, sorprendenti notizie iniziarono a circolare nel mio campo. Le armate tedesche avevano invaso l’Ucraina e stavano avvicinandosi a Leningrado. Pochi giorni dopo, il comandante russo ci convocò, che eravamo appena tornate dalla foresta dove eravamo impiegate nel taglio degli alberi. L’ufficiale ci disse che saremmo stati liberi a condizione di partecipare alla ‘Grande guerra patriottica’ contro la Germania nazista. Sapemmo poi che, prima dell’arrivo dei tedeschi, Stalin aveva provveduto a fare trasferire dalla Polonia orientale alla Russia e alla Siberia la quasi totalità della popolazione, per impedire ai tedeschi di fare bottino di mano d’opera”. Sempre secondo i documenti degli archivi moscoviti, nell’estate del 1941, da tutti i campi di concentramento dell’Unione Sovietica (tra cui Vorkuta, Kolyma e Novosibirsk e Kazakistan) defluirono in direzione della Persia decine di migliaia di polacchi fino a pochi giorni prima utilizzati nei campi, nelle foreste e nelle miniere. “Eravamo praticamente degli schiavi di Stalin”. “Il viaggio a bordo dei convogli sovietici risultò spaventoso: un vero incubo”, ricorda la Stelmach, che a quel tempo aveva dieci anni e viaggiava con la madre. “Eravamo pigiati a decine a bordo di carri bestiame. Il freddo era terribile e non avevamo nulla all’infuori dei nostri stracci per coprirci. Ogni duecento, trecento chilometri il convoglio si fermava e le guardie ci davano qualche secchio di rape e pane secco, e un bidone d’acqua. Durante il viaggio morirono per la fame e il gelo decine di bambini e vecchi. Dopo giorni giungemmo a Taskent, capitale dell’Uzbekistan sovietico, e lì ci fecero salire su un altro treno diretto in Persia”. Dopo un mese dalla partenza da Arcangelo, la Stelmach e gli altri profughi giunsero ad una stazione ferroviaria situata sulle sponde orientali del Mar Caspio. “Venimmo trasbordati su piccole navi dirette verso il porto iraniano di Enzeli. Ma quel viaggio per mare, che credevamo migliore del precedente, si rivelò forse peggiore. Le navi erano vecchie e sovraccariche. Ci cacciarono nelle stive che erano piene di topi ed insetti repellenti. Una volta al giorno le guardie ci passavano dell’acqua e la solita zuppa di rape, radici e pane secco. Facevamo i nostri bisogni in un angolo della stiva. L’odore era insopportabile. Scoppiò un’epidemia di febbre tifoidea; molti morirono e i loro corpi vennero scaraventati in mare. Alla fine, in un freddo mattino, la nave giunse nel porto iraniano di Enzeli (l’attuale Bandar Anzali), e ci fecero sbarcare. Era il gennaio 1942. Duemila 806 rifugiati morirono entro pochi mesi dall’arrivo e furono sepolti in varie fosse comuni neidintorni della città”.

 La maggior parte dei polacchi in migliori condizioni di salute venne subito avviata verso i campi di addestramento dell’interno dove – così dicevano i sovietici – stava formandosi il nuovo Esercito polacco guidato dal generale Wladyslaw Anders. La quasi totalità dei polacchi venne trasferita su camion a Teheran, Isfahan e in altre città iraniane. ”Il nostro primo approccio con il popolo iraniano fu molto caloroso, e inaspettato. Si affollavano intorno ai nostri camion e autobus. Ci passavano attraverso i finestrini aperti datteri, noci, piselli tostati, uva passa e melograni”, racconta Krystyna Skwarko, un’insegnante polacca che in seguito, dopo la fine della guerra, sarebbe diventata la direttrice dell’orfanotrofio di Isfahan.

 La Skwarko scrisse poi un curioso ed introvabile libro “L’ospite”, in cui ella fece, tra l’altro, un dettagliato resoconto del suo viaggio da Enzeli fino ai campi di raccolta. La donna visse in Iran fino agli anni Sessanta e poi emigrò in Nuova Zelanda, dove morì nel 1995.

 Più di 13.000 bambini polacchi giunti in Iran erano orfani, anche perché una parte di loro aveva perso i genitori durante le terribili trasferte ferroviarie sovietiche. All’interno dei campi iraniani, un’organizzazione assistenziale sionista si prendeva cura degli orfani polacchi di religione ebraica. In seguito, parecchi di essi vennero trasferiti in Palestina, mentre altri – dopo la guerra – emigrarono negli Stati Uniti, in Inghilterra, in Australia, Sud Africa, Nuova Zelanda e altrove.

 I CAMPI BRITANNICI E SOVIETICI

 Nell’autunno del 1941, nei pressi della città di Ahvaz, nell’Iran sud-occidentale, i britannici costruirono il cosiddetto “Campo Polonia”: una struttura piuttosto efficiente e decorosa destinata ad accogliere i profughi polacchi e i futuri volontari dell’Armata Anders. Il campo – ben differente da quelli sovietici – era molto esteso e dotato di baracche con servizi, mense, ospedali, scuole e orfanotrofi. La struttura funzionò per circa due, tre anni e poi venne smantellata. Il destino dei profughi polacchi raccolti ad Ahvaz fu infinitamente migliore rispetto a quello dei loro compagni rinchiusi negli spaventosi campi del nord dell’Iran, quelli gestiti dai russi. Questi ultimi, infatti, erano molto simili a dei gulag. D’altra parte, lo stesso Stalin, che aveva accettato di malavoglia di reintegrare gli odiati polacchi in un’Armata Nazionale (egli avrebbe preferito – come in realtà poi farà – inquadrare eventuali volontari nell’Esercito sovietico), aveva dato disposizioni affinché ai polacchi, sia i miliari che i civili, destinati ai campi iraniani, venisse riservato un trattamento “non di favore”. Ordine che, stando alle testimonianze dei reduci polacchi, venne interpretato dai gestori dei campi alla lettera. Nei gulag sovietici dell’Iran settentrionale la vita era infatti durissima. I baraccamenti (circondati da reti con filo spinato e torrette di guardia, erano pessimi. Il cibo era scarso, l’assistenza sanitaria quasi inesistente e le angherie frequentissime. Per le migliaia di sfortunati profughi giunti in Persia dalla Russia si apriva un nuovo, drammatico capitolo. I principali campi sovietici si trovavano nei pressi di Teheran e di Tabriz. E in essi i russi raccolsero, tra il 1941 e il 1944, non meno di 250.000 profughi. Contrariamente a quanto accadde nei campi inglesi del sud della Persia, a nessun polacco di sesso maschile venne mai permesso di uscire o, meno che mai, di venire addestrato militarmente per poi unirsi all’Armata Anders che, come è noto, dipendeva dal governo polacco in esilio a Londra che Stalin non voleva affatto riconoscere(1). Per il futuro della Polonia il dittatore russo aveva ben altri programmi. Non a caso, per tutta la durata della guerra, i profughi polacchi vennero tenuti chiusi nei campi iraniani e adoperati dai russi per pesanti lavori quali la costruzione di strade e linee ferrate. E a nulla valsero le proteste dell’Inghilterra che si accorse troppo tardi della “truffa” messa in atto dal dittatore sovietico. Come è noto, nella seconda metà del 1944, allorquando l’Armata Rossa stava avvicinandosi alla Vistola, Stalin acconsentì a che un certo numero di ufficiali e soldati polacchi addestrati in Russia partecipasse – integrato in divisioni sovietiche – all’offensiva finale contro la Germania. Finita la guerra, poco prima del ritiro dall’Iran delle truppe sovietiche e britanniche, i russi permisero ai reduci polacchi di fare rientro in patria o di raggiungere il sud del paese per imbarcarsi alla volta di altre destinazioni. Oggi, a distanza di quasi un secolo, alla periferia di Teheran quasi 2.000 tombe incise con una croce e riportanti strani nomi rimangono a testimoniare il passaggio e le sofferenze dei profughi polacchi giunti al termine di una lunga, terribile e sconosciuta odissea. Incredibilmente, dopo tanti decenni, all’ambasciata polacca di Teheran continuano a giungere dalla madrepatria (ma anche dall’Inghilterra, dagli Stati Uniti e dalla Nuova Zelanda) numerose lettere di persone o emigrati di origine polacca che chiedono alle autorità iraniane notizie dei propri parenti dispersi in Iran durante il Secondo Conflitto mondiale.

 Alberto Rosselli

 Fonte >  Qelsi[2]

 1) L’ARMATA POLACCA “ANDERS”

 Quando nel settembre 1939 la Germania e l’Unione Sovietica – sulla base del Patto Ribbentrop-Molotov del 23 agosto 1939 – invasero e si spartirono la Polonia, il generale Wladislaw Anders e parte dell’esercito polacco furono presi prigionieri dalle forze occupanti russe. Anders che come moltissimi altri ufficiali e soldati dell’ex esercito di Varsavia rifiutò di entrare a fare parte dell’Armata Rossa, venne imprigionato nella prigione della Lubianka (in seguito, come è noto, circa 9.000 ufficiali polacchi “ribelli” verranno, per ordine di Stalin, fucilati e sepolti nelle fosse di Katyn: eccidio che, nel 1945, i sovietici tentarono di addossare ai nazisti). In seguito all’invasione tedesca della Russia (22 giugno 1941), il dittatore sovietico – dietro pressioni dell’Inghilterra – fu costretto ad addivenire ad un accordo con il governo polacco in esilio a Londra, per la costituzione in Russia di un nuovo esercito Polacco Libero che il Comando di Mosca avrebbe dovuto formare e favorire, e il cui comando sarebbe stato affidato al generale Anders. L’obiettivo era quello di utilizzare le truppe polacche sia a fianco dei sovietici che a fianco dei britannici, entrambi impegnati contro le forze del Reich. E pur non vedendo di buon occhio la ricostituzione di un esercito polacco autonomo, Stalin fu costretto a collaborare. Una volta liberato dal carcere, Anders si mise subito in contatto con i vertici militari sovietici per chiedere notizie circa il destino degli oltre 250.000 soldati (e 750.000 civili) polacchi deportati in Russia. Ma ad Anders non occorse molto per capire che una gran parte di questi erano misteriosamente “scomparsi” nei campi di concentramento russi. Dietro ordine di Stalin, il Comando russo lesinò al generale polacco sia informazioni che aiuti o mezzi, giustificando il tutto con l’emergenza guerra nella quale si stava dibattendo il paese. Senza considerare che, pochi mesi dopo l’inizio del suo lavoro, ad Anders venne fatto capire che il dittatore di Mosca non aveva alcuna intenzione di equipaggiare, armare e fare combattere alcun soldato polacco in difesa dello stesso suolo russo minacciato dalle armate tedesche. E fu così che nella primavera del 1942 Anders chiese a Stalin almeno il permesso di trasferire 159.000 ex prigionieri polacchi (gli unici trovati ancora in vita nei gulag) in Persia e successivamente, con l’aiuto dei britannici, Palestina, dove il locale Comando inglese avrebbe provveduto ad addestrarli, armarli ed inserirli nelle armate impegnate in Africa Settentrionale. Anders stimava che oltre un milione di polacchi venissero lasciati in Russia. Dopo le note vicissitudini, ciò che rimaneva dell’”Armata” di Anders raggiunse finalmente la Palestina, dove venne acquartierato in appositi campi. La nuova Armata polacca concluse il suo ciclo di addestramento nel dicembre 1943, venendo poi trasferita dapprima a Quassassin (Egitto) e in seguito (gennaio 1944) in Italia, dove andò ad affiancarsi all’8ª Armata inglese. Nel corso della campagna d’Italia, i reparti del generale Anders ebbero modo di distinguersi sulle alture di Monte Cassino, maggio 1944, e, nell’agosto dello stesso anno, sul fronte adriatico. Dopo la resa tedesca (8 maggio 1945), l’Esercito di Anders, che in seguito all’occupazione sovietica della Polonia era diventato per gli Alleati un “serio” imbarazzo politico, venne smobilitato. E dei suoi 123.000 uomini, soltanto 77 ufficiali e 14.000 soldati accettarono di fare ritorno in patria.

 BIBLIOGRAFIA:

 Henrik Krog, Oleg Sheremet e William Wilson, The Russian Polish campaign, Sito Internet.

 Gilbert, Martin. The Second World War: A Complete History. New York: Henry Holt and Company, 1991.

 Keegan, John. The Second World War. New York: Penguin Books, 1990.

 James Sontag and James Stuart Biddie Nazi-Soviet Relations, 1939-1941: Documents from the archives of the German Foreign Office. Ed. Raymond. US Dept. of State, 1948.

 U.S. War Dept. General Staff.  Digest and Lessons of Recent Military Operations:  The German Campaign in Poland, September 1 to October 4, 1939. Wash, 1942

La sconfitta in Siria rende la NATO pericolosamente disperata

 http://aurorasito.wordpress.com/[1]

 agosto 25, 2013

 L’occidente gassifica migliaia di persone per salvare la guerra perduta in Siria?

Tony Cartalucci Land Destroyer[2] 25 agosto 2013

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[3]Già nel 2007, era documentato che l’occidente, compresi gli Stati Uniti e i loro alleati Arabia Saudita e Israele, cospirassero per utilizzare i terroristi appartenenti alle fila dei Fratelli musulmani e di al-Qaida, nel tentativo di rovesciare i governi di Iran e Siria. Il vincitore del premio Pulitzer, il giornalista Seymour Hersh, nel suo articolo sul New Yorker del 2007, The Redirection, scrisse: “Per minare l’Iran, prevalentemente sciita, l’amministrazione Bush ha deciso in effetti di riconfigurare le sue priorità in Medio Oriente. In Libano, l’amministrazione ha collaborato con il governo dell’Arabia Saudita, sunnita, in operazioni clandestine destinate ad indebolire Hezbollah, l’organizzazione sciita sostenuta dall’Iran. Gli Stati Uniti hanno inoltre preso parte a operazioni clandestine contro l’Iran e la sua alleata Siria. Un sottoprodotto di queste attività è il rafforzamento dei gruppi estremisti sunniti che sposano una visione militante dell’Islam e sono ostili agli USA e vicini ad al-Qaida.”

A partire dal 2011, questa cospirazione è stata catapultata nella guerra totale, sia pure dietro la tenue cortina di fumo degli “attivisti pro-democrazia” e del cosiddetto “Esercito libero siriano”, in lotta per la “libertà” dentro e lungo i confini della Siria. Non solo questa cospirazione è stata svelata, ma è decisamente fallita. Il governo siriano ha spazzato via anche gli ascari terroristici più consolidati, compiendo avanzate irreversibili contro un nemico chiaramente alle strette. Mentre gli Stati Uniti minacciano continuamente di “armare l’opposizione”, è un dato di fatto che tutte le armi, il denaro e il sostegno che gli Stati Uniti avevano, è già stato inviato negli ultimi 3 anni. Compresi miliardi in contanti e letteralmente migliaia di tonnellate di armi trasportate per via aerea da Stati Uniti e Regno Unito. Gli Stati Uniti e i loro alleati regionali hanno anche rastrellato le reti estremiste globali che hanno costruito nel corso di decenni, per raccogliere fino all’ultimo combattente che hanno potuto scovare, e sempre senza alcun risultato. Non c’è altro se non l’intervento militare diretto, che non può essere spacciato come aiuto a un’opposizione oramai chiaramente smascheratasi quale al-Qaida. Ciò significa che l’intervento umanitario, il “diritto di proteggere” (R2P) deve essere accuratamente ripulito dalle menzogne e dai crimini della NATO in Libia e preparato per la Siria. Solo, cosa esattamente potrebbe usare l’occidente per giustificare l’intervento contro il governo siriano che sia peggiore di quanto esso e i suoi ascari hanno già fatto a decine di migliaia di civili siriani?

Con un governo siriano vittorioso che rastrella i fantocci terroristici della NATO e attualmente ospita gli ispettori sulle armi chimiche dell’ONU a Damasco, l’uso di armi chimiche sfida ogni logica, a livello tattico, strategico e politico. Le armi chimiche, secondo la recensione dei militari degli Stati Uniti sul loro ampio uso nella guerra Iran-Iraq, negli anni ’80, che ha rivelato la vera natura della guerra chimica, una verità che i media occidentali hanno del tutto nascosta, nella loro informazione speculativa e volutamente manipolata sul presunto incidente. Un documento prodotto dal Corpo dei Marines degli Stati Uniti, intitolato “Le lezioni apprese: la guerra Iran-Iraq. Appendice B: le armi chimiche[4]“, fornisce una visione completa della guerra chimica che ebbe luogo durante gli otto anni del devastante conflitto iraniano-iracheno. Diversi aspetti sono studiati in dettaglio, rivelando che grandi quantità di agenti chimici vengono diffusi principalmente per creare aree di diniego, e non per infliggere perdite massicce. Alla fine, si afferma che le armi convenzionali sono di gran lunga più efficaci e più preferibili. L’efficacia e la letalità delle armi chimiche è riassunta nel documento seguente: “Le armi chimiche richiedono condizioni climatiche e geografiche molto particolari per la massima efficacia. Data la relativa non-persistenza di tutti gli agenti impiegati durante tale guerra, tra cui il gas mostarda, c’era solo una breve finestra di opportunità d’impiego, giornaliero e stagionale, in cui tali agenti potevano essere utilizzati. Anche se gli iracheni hanno impiegato l’agente mostarda durante la stagione delle piogge e anche nelle paludi, la sua efficacia è stata significativamente ridotta da queste condizioni. Mentre gli iracheni hanno imparato, con loro disappunto, che il gas mostarda non è un buon agente da impiegare in montagna, a meno che non si controllino le alture e il nemico si trovi nelle valli. Siamo incerti dell’efficacia relativa degli agenti nervini impiegati, che sono per natura assai meno persistenti del gas mostarda. Al fine di avere concentrazioni distruttive di questi agenti, gli attacchi prima dell’alba sono i più efficaci, se condotti in aree dove la brezza mattutina è suscettibile di soffiare lontano dalle posizioni amiche. Le armi chimiche hanno scarsa efficacia. Proprio come nella Prima Guerra Mondiale, quando il rapporto di morti tra i feriti dai prodotti chimici era del 2-3 per cento, cifra che sembra essere confermata, ancora una volta, da questa guerra, anche se dati attendibili sul numero delle vittime sono difficilissimi da ottenere. Ci sembra singolare che il tasso di mortalità abbia un livello così basso, anche con l’introduzione di agenti nervini. Se tali dati sono corretti, come dovrebbe essere, ciò rafforza ulteriormente l’idea che non si debbano ritenere le armi chimiche “l’arma nucleare dei poveri.” Mentre tali armi hanno un grande potenziale psicologico, non sono distruttive e mortali quanto le armi nucleari o biologiche.”

Pertanto, il governo siriano avrebbe usato armi chimiche, e in qualche modo sarebbe stato in grado di creare le condizioni ideali per infliggere massicce perdite, ma l’avrebbe fatto al solo scopo di avere un abominevole numero di vittime civili e un pretesto perfetto per l’intervento occidentale, ben sapendo che tali armi sarebbero altrimenti inutili per combattere le formazioni armate. Dal momento che le armi chimiche della Siria, assai probabilmente, sono sigillate e sotto la custodia delle sue forze d’elite, come in Iran, secondo un documento della RAND Corporation, ciò significherebbe che il loro uso è stato approvato dai vertici del governo e dei militari siriani, lo  stesso governo e gli stessi militari che mostrano una moderazione illimitata contro le provocazioni intenzionali e coordinate della Turchia, membro della NATO, e del suo partner regionale Israele, moderazione abbandonata unicamente nell’evitare di fornire all’occidente il pretesto per un intervento militare diretto. Perché allora il governo siriano avrebbe scelto questo momento, dopo tutto, per dare all’occidente esattamente ciò che cerca, proprio mentre si sta chiudendo la finestra  attraverso cui l’occidente persegue i propri obiettivi contro la Siria e l’Iran? La risposta è che il governo siriano non ha usato armi chimiche a Damasco, né altrove. E mentre l’uomo di paglia attualmente viene accusato dai media occidentali, che gli attacchi siano falsi o reali, la cruda realtà è che la NATO e i suoi fantocci terroristici molto probabilmente hanno esposto un gran numero di persone a qualcosa, cercando un massacro nell’ultimo disperato tentativo di salvarsi da ciò che è chiaramente la fine della loro guerra lampo della “primavera araba”.

Come riportato in precedenza[5], la NATO e i suoi ascari in Siria hanno sia i mezzi che la motivazione per condurre attacchi con armi chimiche. Ciò comprende l’accesso ai depositi di armi chimiche della Libia, oltre alle linee di rifornimento della NATO che inviano combattenti, contanti e le armi dalla Libia alla Siria attraverso il membro della NATO, la Turchia.

 

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[6](Dal Guardian[7]) “Contenitori di prodotti chimici nel deserto libico, vi sono preoccupazioni sulle armi incustodite che potrebbero cadere nelle mani dei militanti islamici. Fotografia: David Sperry/AP”

 È stato inoltre confermato che gli Stati Uniti hanno fornito ad unità terroriste scelte operanti in Siria, l’addestramento nell’uso di armi chimiche. La CNN aveva riferito, nel dicembre del 2012, in un articolo dal titolo “Fonti: Gli USA forniscono l’addestramento ai ribelli siriani nella protezione dalle armi chimiche“: “Gli Stati Uniti e alcuni alleati europei usano contractors della difesa per addestrare i ribelli siriani su come proteggere i depositi di armi chimiche in Siria, hanno detto alla CNN un alto funzionario degli Stati Uniti e diversi diplomatici di alto livello. L’addestramento che si svolge in Giordania e in Turchia, comprende come monitorare e proteggere le scorte e i siti, e come gestire i materiali bellici, secondo le fonti. Alcuni contractors sul terreno in Siria, collaborano con i ribelli nel monitorare alcuni siti, secondo uno dei funzionari.”

La NATO non solo ha assicurato che le armi chimiche in Libia sono rimaste nelle mani del regime fantoccio che ormai apertamente arma, favorisce e invia combattenti in supporto ai terroristi in Siria, ma sembra aver assicurato a questi terroristi il know-how nella gestione e nell’utilizzo di queste armi. Mentre assolutamente nulla arriva dai media sociali aziendali dell’occidente, un’ulteriore notizia allarmante proviene dalle truppe siriane che hanno scoperto agenti chimici contenuti nei tunnel dei terroristi, come riportato dall’articolo della Reuters “Soldati siriani entrano nei tunnel dei ribelli, trovando agenti chimici: la TV di stato“. Ciò a cui assistiamo è il tentativo della dirigenza aziendale-finanziaria occidentale di spingere all’intervento subito dopo, prima che possa emergere ciò che è esattamente accaduto nei pressi di Damasco. Proprio come è avvenuto in Afghanistan, Iraq e Libia, l’occidente spera che le persone diventino abbastanza isteriche, e  abbastanza a lungo, per mettere un “piede nella porta” e così poter iniziare a bombardare. Non riuscirci in questo frangente, segnerebbe la fine assoluta dei piani attuali dell’occidente contro la Siria e l’Iran, e quindi per quanto tenue e screditato possa sembrare quest’ultimo intrigo, aspettiamoci la pericolosa disperazione dall’occidente.

Ora più che mai, la Siria e i suoi alleati devono essere pronti a difendersi dalle provocazioni  militari e diplomatiche. 

http://www.stampalibera.com/?p=66021

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 [1] http://aurorasito.wordpress.com/http://http://aurorasito.wordpress.com/

[2] Land Destroyer: http://landdestroyer.blogspot.it/2013/08/defeated-nato-dangerously-desperate-in.html

[3] Image: http://aurorasito.files.wordpress.com/2013/08/63307.jpg

[4] Le lezioni apprese: la guerra Iran-Iraq. Appendice B: le armi chimichehttp://www.scribd.com/doc/138755155/USMC-Lessons-Learned-From-the-Iraq-Iran-War-Appendix-B

[5] Come riportato in precedenza: http://landdestroyer.blogspot.com/2013/05/in-wake-of-us-israeli-attack-on-syria.html

[6] Image: http://aurorasito.files.wordpress.com/2013/08/libya_chemical-containers-in-th-007.jpg

[7] Guardianhttp://www.guardian.co.uk/world/2011/nov/04/libya-chemical-weapons-stockpiles-intact

 

Letta non trova i soldi per il taglio di IMU e IVA, ma per le armi si’: 5,5 miliardi! (per schiacciare le ribe llioni)

Tagli alla Difesa italiana? Non pervenuti. Anzi, quest’anno i fondi per l’acquisto di armamenti aumentano in modo clamoroso rispetto al 2012: complessivamente saranno 5,5 miliardi di euro, grazie al contributo del ministero dello Sviluppo Economico che mette a disposizione 2.182 milioni per comprare sistemi militari. Lo rivela un’inchiesta sul numero de “l’Espresso” in edicola oggi.
Gran parte di questi soldi servono per finanziare l’acquisto dei caccia europei Eurofighter. Mentre si discute dei costi del Lockheed F-35 – stimati in 12 miliardi di euro – si scopre che il preventivo per gli Eurofighter italiani ha superato ogni record: il documento ufficiale indica in 21,1 miliardi di euro la spesa per questi aerei.
Non solo: il prezzo risulta aumentato di ben 3 miliardi rispetto alla previsione formulata lo scorso anno, che si fermava a 18,1 miliardi. Nel corso del 2013 soltanto per comprare gli Eurofighter il ministero Sviluppo Economico spenderà 1182 milioni di euro.
Tutto il budget per le forze armate è cresciuto nel 2013. Esclusi i carabinieri, ci saranno 14,4 miliardi di euro contro i 13,6 miliardi del 2012 – quando la spending review si è abbattuta sui conti – e i 14,3 miliardi del 2011, ossia prima che la crisi si abbattesse sulla vita degli italiani. Il problema è che i due terzi dei soldi servono per gli stipendi. Oltre 9.600 milioni di euro per 177 mila militari, inclusi 22 mila ufficiali, 54 mila marescialli, 16 mila sergenti e solo 49 mila tra soldati, marinai e avieri.
Grazie al documento di pianificazione triennale del ministero della Difesa è possibile avere cifre chiare sul costo di tutti i sistemi militari e sui contributi del ministero dello Sviluppo Economico.
Oltre all’Eurofighter, il dicastero di Flavio Zanonato si accollerà le fregate Fremm (5,6 miliardi per le prime sei); i blindati da combattimento Freccia (1,5 miliardi per 249 veicoli); i jet d’addestramento Aermacchi M-346 (220 milioni per la prima trance); i gadger elettronici per il “Soldato futuro” (800 milioni); gli elicotteri NH-90 di Esercito e Marina (3.895 milioni) e gli Agusta AW-101 dell’Aeronautica (740 milioni).
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Ancora più frammentato il finanziamento dei nuovi satelliti spia Cosmo SkyMed. La Difesa ci mette 229 milioni, altri 500 circa li tirano fuori il ministero dell’Università e Ricerca e l’Agenzia Spaziale. Il solito Sviluppo Economico contribuisce ai 300 milioni dei satelliti Sicral per le comunicazioni. Per le nostre sentinelle orbitanti i generali prevedono di spendere circa mezzo miliardo in tre anni, inclusi 170 milioni per lo 007 delle stelle Opsat 3000 acquistato in Israele: risorse superiori a quelle per equipaggiare l’Esercito.
E non sono gli unici stanziamenti a favore dell’intelligence militare. Una fetta consistente dei 1.200 milioni che sborseranno per i “sistemi C4? servirà per aerei radar e droni: 580 milioni per acquisire due fantascientifici jet Gulfstream Caew prodotti in Israele, vere centrali di spionaggio volanti. Altri 211 milioni sono il contributo italiano per la discussa squadriglia di velivoli-robot Global Hawk voluta dalla Nato. (Dagospia)
Fonte: http://ilnord.it/c-1276_LETTA_NON_TROVA_I_SOLDI_PER_IL_TAGLIO_DI_IMU_E_IVA_MA_PER_LE