La questione di vita e di morte con cui oggi l’umanità deve fare i conti

di Jeff Steinberg www.movisol.org

16 agosto 2013 (MoviSol) – La battaglia per la separazione bancaria (il ripristino della legge Glass Steagall) e il crescente pericolo di guerra mondiale che va configurandosi nell’Asia sud-occidentale costituiscono la questione di vita e di morte con cui deve fare i conti l’umanità. Questa battaglia e la tensione strategica non hanno raggiunto il loro massimo di intensità e non sono ancora decise né risolte.

Nelle ore e nei giorni passati si sono verificati degli sviluppi significativi, che è importante comprendere.

La battaglia per la legge Glass-Steagall è stata al centro del dibattito nei due giorni appena trascorsi, durante la conferenza nazionale del National Caucus of State Legislators, ad Atlanta. Anche se le tattiche vessatorie adottate dai collaboratori di Wall Street hanno indotto la senatrice Cloutier dello stato del Delaware a ritirare la mozione per la separazione bancaria da lei inizialmente presentata, il gruppo del LaRouche PAC ha sparato le proprie cartucce.

Nella mattina di mercoledì i delegati ed i mastini delle lobby, che si spostavano con gli autobus dagli alberghi alla sede della conferenza, sono stati accolti dal LaRouche PAC con la dichiarazione stampata “Glass-Steagall o collasso dell’America” [1]. Gli emissari di Wall Street hanno perso il controllo e si sono messi a strillare per far intervenire la polizia. Il risultato è stato di portare la battaglia per la separazione bancaria al centro dell’attenzione dei delegati. Al ritorno negli alberghi, la sera di mercoledì i nostri militanti hanno fornito dei resoconti molto particolareggiati dell’azione invasiva di Wall Street e hanno aumentato la pressione a favore della Glass-Steagall.

Nella mattina di giovedì, alla chiusura della sessione plenaria, cioè nel momento in cui vengono presentate e votate le mozioni, un parlamentare dello stato del Maine ha promosso un emendamento che includeva la separazione bancaria, scatenando un dibattito davanti a oltre cinquecento delegati.

È chiaro che Wall Street è nel panico più totale, poiché il tema della separazione bancaria sta diventando sempre più popolare, vincente, e per certi banchieri ciò significa la loro fine. Il sostegno popolare all’idea della Glass-Steagall è in crescita, come attestano le voci provenienti dagli incontri con la cittadinanza che i membri del Congresso hanno con i propri elettori durante le vacanze estive del Congresso. Vi sono anche dei segnali di cambiamento presso le istituzioni, nel senso di un maggior interessamento all’idea. Tutto ciò costituisce la più grande resistenza che l’oligarchia anglo-olandese abbia mai dovuto fronteggiare e noi siamo stati capaci di mantenere alta la tensione mentre si avvicina la fine delle ferie del Congresso.

La spinta per la separazione bancaria, che costituisce un colpo mortale all’oligarchia, è anche un fattore di divisione nella deriva bellica. Nelle ultime due settimane, alcuni generali delle forze armate americane, dal Gen. Welsch del comando dell’Aeronautica al Gen. Dempsey, Capo degli Stati Maggiori Riuniti, hanno esercitato una certa pressione sui loro omologhi e sui ministri dello Stato d’Israele affinché venga evitata qualsiasi provocazione in Siria o in Iran, che potrebbe portare alla guerra generale, trascinando gli Stati Uniti e la Russia in un conflitto in cui sarebbe sempre possibile l’impiego di testate nucleari.

Il Gen. Dempsey ha esortato la sua controparte israeliana, in particolare il ministro della Difesa Moshe Ya’alon, a cessare il bombardamento delle munizioni russe depositate in Siria e ad abbandonare qualunque piano di attacco preventivo all’Iran. Il pericolo, naturalmente, non è soltanto nel fatto che Netanyahu è un pericoloso malato capace di fughe in avanti, ma sta nel fatto che le fazioni principali intorno alla corona britannica sono molto più disperate e forsennate e disposte a scatenare un assalto ai propri alleati da parte israeliana, altro modo per risucchiare Stati Uniti e Russia nel vortice della guerra.

Anche la situazione in Egitto è mutata considerevolmente, nelle scorse quarantottore. Contrariamente alle valutazioni della stragrande maggioranza dei media occidentali, l’esercito egiziano e la polizia nazionale hanno agito soltanto per rimuovere i manifestanti della Fratellanza Musulmana dalle due piazze del Cairo, dopo il fallimento dei negoziati svolti con la mediazione internazionale e le notizie che davano per certo l’accumulo da parte dei manifestanti di un numero considerevole di armi. Stando all’ambasciatore egiziano negli Stati Uniti la polizia stava solo cercando di creare un corridoio di fuga dalle piazze, quando è stata attaccata dai tetti e ha perso quarantatre uomini.

Stando a fonti egiziane, la popolazione è ancora dalla parte dell’esercito e non ne può più dei “valori” e del terrorismo della Fratellanza Musulmana e dei suoi germogli neo-salafiti. Le fonti ritengono che la Fratellanza sarà costretta ad agire di nascosto, lanciando una campagna di terrorismo a bassa intensità, simile a quella che l’Egitto sperimentò alla fine degli anni Novanta. Credono, tuttavia, che l’ordine verrà ristabilito nei prossimi giorni e i processi di riscrittura e di ratifica della Costituzione, e delle elezioni potrebbero rispettare i tempi stabiliti.

Lyndon LaRouche ha posto l’accento sulla forte mutevolezza di questo complesso di situazioni. Con lo stato di disperazione in cui versano l’oligarchia anglo-olandese e i suoi alleati a Wall Street, nulla è certo, né sicuro, e si comprende bene l’urgenza della separazione bancaria.

La legge Glass-Steagall è, in sostanza, l’unico programma per scongiurare la guerra. Finché non sottoporremo ad una procedura di bancarotta il sistema dell’oligarchia anglo-olandese e di Wall Street, il mondo non sarà al sicuro dal loro programma genocida di riduzione della popolazione mondiale.
 http://www.stampalibera.com/?p=65783

Schiavisti e bontà. Napolitano, la Boldrini e la Caritas si prendano le loro responsabilità

I bagnanti della spiaggia siciliana di Morghella hanno fatto quello che tutti avrebbero fatto: hanno aiutato dei profughi esausti che rischiavano di affogare come molti dei loro recenti predecessori.
Immancabilmente il loro essersi comportati da uomini, come in ogni circostanza avviene nella civiltà, visto che si curano persino i feriti degli eserciti nemici, è stato strumentalizzato dai mentori dello Schiavismo Universale, dai pifferai dello ius Soli. Un progetto di legge propagandato esclusivamente con menzogne e con sensazionalismi e senza mai chiarirne il significato esatto che è Onnirazzista e lede ogni libertà e fierezza, imponendo a chi nascesse in Italia per puro caso di divenire italiano per forza. Dunque di rinnegare – non per scelta (che già lo può da decenni) ma per costrizione – le sue origini e la sua identità.
Questa gente che tanto esalta la distruzione delle identità altrui e l’avvento di un solo, standardizzato, modello consumistico transnazionale, transreligioso e transessuale, questa gente che spesso vive di contributi pubblici, sottratti alle necessità nazionali per aiutare gli “inserimenti” dei nuovi schiavi, passando per i campi di concentramento in cui vengono accolti, questa gente non fa che lanciare messaggi perché giungano a frotte.
E difatti da quando è nato il governo Alfetta questi vengono a frotte e muoiono come mosche durante la traversata.
Ma che vengino a fare? Se lo è chiesto l’Imam di Catania, mica il leghista trinariciuto.
In un Paese alla bancarotta, in cui ogni giorno vengono licenziate centinaia e centinaia di persone, in cui chiudono migliaia di imprese ogni mese, in cui ci sono due suicidi al giorno per disperazione, questi vengono attratti da un El Dorado fasullo, propagandato artificialmente dai sacerdoti squlibrati del nuovo Credo Mondialista e dai papponi delle associazioni caritatevoli.
E stanno male, e rischiano la vita e muoiono come mosche.
Di questo dovrebbero parlare i nostri rappresentanti istituzionali anziché strumentalizzare subdolamente il comportamento normale dei bagnanti siciliani facendone un’ulteriore trappola per topi.
Dovrebbero parlare dei drammi e dei lutti che provocano irresponsabilmente con le loro parole insensate.
Napolitano, la Boldrini, la Caritas e compagnia bella abbiano il coraggio di prendersi le loro responsabilità e abbiano la dignità di tacere di fronte a simili tragedie, consumate o sfiorate.
http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=45921

La crisi è finita! Balle, entro fine anno altri 400 mila disoccupati

a chi interessa “Integrare” nella vita quei 22 e passa MILIONI di italiani senza lavoro? su una forza lavoro di 40 milioni sono il 50% circa.

A qualcuno dei parassiti della casta interessa mica saperlo per
caso di cosa campano?

17 agosto 2013Di L’indipendenza

di GIORGIO CALABRESI

disoccupati 300×200 La crisi è finita! Balle, entro fine anno altri 400 mila disoccupatiCi dicono che la crisi sta finendo, se non addirittura è
già finita. Ma le previsioni sulla disoccupazione sono drammatiche. A
fine 2013 gli italiani senza un posto di lavoro potrebbero arrivare a quota a tre milioni e mezzo: 400mila in più dei 3 milioni e 100mila di
oggi. La stima è del Centro studi Cna secondo il quale per l’occupazione
è ‘allarme rossò. Nei primi 6 mesi sono state autorizzate 548 milioni di
ore di Cig e a giugno il numero degli occupati in Italia – circa 22 milioni e mezzo – ha raggiunto il valore più basso del nuovo secolo.
«Senza una decisa e tangibile inversione di tendenza che faccia ripartire effettivamente lo sviluppo – afferma la confederazione degli
artigiani – la situazione sociale del nostro Paese può diventare critica».

È boom, inoltre, dei lavoratori sottoccupati in part time che nel 2012
hanno raggiunto quota 605.000 unità. Si tratta nel 90% dei casi, di
persone che hanno accettato obtorto collo di lavorare di meno, in media
16 ore a settimana, ma vorrebbero essere occupati a tempo pieno. I dati Istat segnalano un aumento di 154 mila sottoccupati a tempo parziale rispetto al 2011 (+34,1%) e di 241mila rispetto al 2007 (+66,1%).
Tornando all’analisi degli artigiani, il Centro studi Cna accende i riflettori sui 548 milioni di ore di cassa integrazione autorizzate nei
primi sei mesi del 2013, con un incremento consistente (+4,6%) sul 2012, toccando il livello più alto a partire dal 2009. «Un dato
particolarmente preoccupante: se queste ore fossero interamente
utilizzate – sottolinea l’associazione artigiana – si tradurrebbero nella perdita di circa 322mila posti di lavoro». A peggiorare il quadro, sempre nel primo semestre dell’anno, le pessime condizioni generali del mercato del lavoro: rispetto allo stesso periodo 2012 l’occupazione si è
ridotta di 407mila unità (-1,8%).

Nel frattempo, il numero dei disoccupati è salito del 16,4%, a quota
431mila unità. A fine giugno scorso, il numero dei lavoratori occupati
(22,5 milioni circa), ha raggiunto il valore più basso del nuovo secolo,
mentre il tasso di disoccupazione ha toccato il livello record del 12,1%, con oltre tre milioni di ‘senza lavorò. Numeri da brivido, sottolinea la Cna, soprattutto per le donne, con il 12,9% di disoccupate, e per i giovani, tra i quali la media dei senza lavoro tocca ormai il 39,1%. Le costruzioni e l’industria continuano a essere i settori maggiormente colpiti. Le ore di Cig autorizzate nelle costruzioni sono aumentate del 13,7%; nell’industria del 6,4%. Negli ultimi 5 anni i due settori hanno perso un numero equivalente di addetti, rispettivamente 370mila e 362mila unità. Se le ore di Cig autorizzate nel primo semestre dovessero essere utilizzate per trattamenti salariali a zero ore, i posti di lavoro persi nei due comparti dall’inizio della crisi salirebbero a 400mila nelle costruzioni (-21%) e a 594mila nell’industria (-10%).

da L’indipendenza
http://www.rischiocalcolato.it/2013/08/la-crisi-e-finita-balle-entro-fine-an
no-altri-400-mila-disoccupati.html?utm_medium=referral&utm_source=pulsenews

Ai dipendenti del Senato anche la «sedicesima»

Ai dipendenti del Senato anche la «sedicesima»
Senato aula parlamento palazzo madama ansaIl regolamento sul personale del Senato, all’articolo 17 comma 3, la chiama «indennità compensativa di produttività», ma di fatto equivale a una sedicesima mensilità. Cioè una mensilità aggiuntiva rispetto alle già quindici mensilità di cui si compone lo stipendio dei dipendenti di entrambi i rami del Parlamento. Oltre alle classiche tredicesima e quattordicesima riscosse a dicembre e a giugno, i lavoratori di Camera e Senato incassano infatti la quindicesima: una mensilità il cui importo viene spalmato nelle buste paga di aprile e settembre.
E non è finita qui: la voce è anche «pensionabile» cioè vale anche nel calcolo dell’assegno pensionistico. Un di più per nulla scontato se si pensa che le altre voci che compongono lo stipendio dei dipendenti del Senato sono rigorosamente «non pensionabili»: dall’indennità di funzione alle altre indennità e forme di incentivazione. Ed anche il regolamento della Camera su questo punto è preciso: le indennità speciali «non sono pensionabili».
Benefit che sopravvivono dunque nonostante la cura dimagrante che da alcuni anni la crisi economica ha imposto anche alle istituzioni. Bisogna infatti ricordare che anche il Senato ha imposto “sacrifici” ai suoi dipendenti. Ne ha cambiato ad esempio il sistema di calcolo delle pensioni: dal quest’anno ci sarà il contributivo pro rata per tutti (alla Camera oltre al contributivo per tutti è previsto l’innalzamento a 66 anni dell’età per la pensione di vecchiaia) ed è stato introdotto il prelievo di solidarietà del 15% sulle pensioni per la parte eccedente i 200mila euro annui lordi.
Il bilancio per il 2011 predisposto da Palazzo Madama ha inoltre comportato la mancata applicazione alle retribuzioni del personale dell’incremento del 3,2 per cento. In tutto, sul trattamento retributivo dei dipendenti Palazzo Madama dovrebbe risparmiare 18,85 milioni. Più cospicui, invece, i risparmi messi in cantiere dalla Camera anche perché il maggior numero di dipendenti rispetto al Senato rende più cospicui i tagli.

http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2012-01-04/dipendenti-senato-anche-sedicesima-213817.shtml?uuid=AaGyVraE

LA TRAGEDIA DI FERRAGOSTO NASCOSTA AGLI ITALIANI: GLI OPERAI CHE “OCCUPANO” LE LORO FABBRICHE. DA TORINO ALLA PU GLIA, PER EVITARE CHE VENGANO SMANTELLATE E TRASFERITE ALL’ESTERO DURANTE LE FERIE DI AGOSTO

Posted on agosto 16, 2013

 Lavoro, Ferragosto di rabbia

 Berlusconi, Napolitano, Grillo, il Pd: per la politica è un’estate calda. Ma lontano dai palazzi c’è l’Italia della crisi e della disoccupazione. Così c’è chi queste ‘ferie’ le sta passando in fabbrica: a protestare, piangere, sperare

 Manifestazione delle
            lavoratrici Golden Lady davanti alla regione Abruzzo

C’è una categoria di lavoratori che non conosce ferie in Italia, in costante crescita. Sono quelli licenziati o in cassa integrazione, che protestano e presidiano le fabbriche per impedire all’azienda di portare via i macchinari, lasciandoli ad agosto senza più nulla.

 Sono tanti e in tutta Italia: dalla Puglia della Om Carrelli ai canavesi della Romi Sandretto, che pochi giorni fa occupavano la Mole Antonelliana. In Abruzzo e in Emilia, tutti in presidio per vicende diverse ma molto, troppo simili. Delle riconversioni farlocche, che sembrano essere avvenute solo per liberarsi dei lavoratori, è questo il caso della Golden Lady. Delle fabbriche regalate a compratori poco credibili, e fallite un attimo dopo. Degli accordi firmati al ministero che non valgono neanche la carta su cui sono stampati: benvenuti nell’Italia dei presidi, il nuovo fenomeno dell’estate.

 Di fronte a questo scenario le istituzioni sembrano impotenti: in queste ore va avanti un tavolo al ministero del lavoro sull’azienda Berco, che da tre giorni si protrae fino a notte fonda, e che ha richiesto l’impegno in prima persona del ministro Giovannini. Con scarsi, scarsissmi risultati finora: l’azienda non vuole cedere sui 611 esuberi.

 GOLDEN LADY. Come scritto il 2 giugno su L’isola dei cassintegrati: “Golden Lady, a un anno dalla riconversione il progetto è già fallito“. Il riferimento è alla Golden Lady di Gissi, e non si può scrivere “ex” perché la riconversione della fabbrica è stata una grande, incredibile farsa. A dicembre del 2011 lo stabilimento aveva chiuso i battenti. Poi la riconversione, e sembrava che tutti sarebbero tornati a lavorare: 250 dipendenti alla Silda Invest e altri 115 alla New Trade. Poi, però, la Silda ne ha occupati solo 160 e la New Trade dieci. Lo scorso 12 luglio la Silda ha poi licenziato tutti i 160 dipendenti. Da quel giorno i lavoratori hanno iniziato a presidiare la fabbrica, per impedire all’azienda di portare via tutti i materiali e i macchinari.

 «Non siamo ‘ex’ Golden Lady perché la riconversione non è mai avvenuta», dicono i lavoratori. Nonostante gli accordi firmati che, ormai si sa, non contano mai nulla. C’è rabbia e delusione per quella che sembra una grande presa in giro, costruita per liberarsi di 250 dipendenti, mentre si delocalizzava in Serbia.

 E mentre questa stessa azienda annuncia di voler regolarizzare 1.200 apprendisti tramutandoli in tempo indeterminato, e già alcuni parlano di “nuove assunzioni”, come se fosse la stessa cosa. Ora l’azienda ha ripreso i macchinari in cambio di una fideiussione bancaria per il pagamento degli stipendi arretrati dei licenziati. Per la fabbrica abruzzese sembra essere la fine.

 La protesta sulla Mole
            degli operai Sandretto

La protesta sulla Mole degli operai Sandretto ROMI SANDRETTO. Da febbraio gli operai della Romi Sandretto, che produce componenti plastici, sono in presidio in una tenda davanti la fabbrica. Il 23 luglio, poi, hanno condotto un presidio davanti la Direzione Regionale del Lavoro di Torino, riuscendo ad ottenere la cassa in deroga fino al 13 settembre (il 24 luglio era scaduto il secondo anno di cassa integrazione). Pochi giorni prima, l’11 luglio, avevano perfino occupato la Mole Antonelliana di Torino, esibendo lo striscione: “Salviamo la Sandretto”.

 La Sandretto ha una storia particolare: finita nel 2006 in amministrazione straordinaria dopo che, appena un anno prima, era stata venduta per un euro ad un sedicente gruppo americano. Dopo l’amministrazione straordinaria, per scongiurare il fallimento, i commissari la regalano alla brasiliana Romi. Ma anche qui le cose sono andate male: da 300 dipendenti si è passati a 150, oggi tutti in cassa integrazione.

 Romi si era inoltre impegnata ad investire nei due anni successivi l’acquisizione 5,6 milioni di euro, per poi limitarsi a spendere circa 3 milioni per favorire l’uscita di lavoratori in mobilità “volontaria”. Franco Camerlo, operaio, dice che: «Stanno andando avanti delle trattative con dei compratori italiani, speriamo si riesca, noi rimaniamo in presidio».

http://espresso.repubblica.it/dettaglio/lavoro-ferragosto-di-rabbia/2212187

Il comunista Ferrero: “Ma quale Imu, la priorità dell’Italia è il dramma dei migranti”

Formigine, l’azienda Firem manda i lavoratori in ferie e intanto si trasferisce in Polonia

16/08/2013 |

Succede alla Firem di Formigine. Il 2 agosto è iniziata la pausa estiva, il giorno dopo ha preso il via il trasferimento delle attrezzature. I 40 dipendenti in presidio per impedire la partenza dell’ultimo macchinario. I sindacati: “Ci hanno detto che chi vuole avrà il suo posto di lavoro nel paese dell’Est Europa”. I proprietari non rispondono più al telefono, nemmeno al sindaco che chiede spiegazioni.

Sono scomparsi i macchinari, le merci e persino i proprietari, che al momento non rispondono né alle chiamate dei rappresentanti sindacali, né a quelle del sindaco. Tutto in pochi giorni, mentre i lavoratori erano in ferie, ignari di tutto. Una doccia fredda per i 40 dipendenti della Firem, storica fabbrica di resistenze elettriche di Formigine, in provincia di Modena, che ora stanno presidiando giorno e notte i cancelli dello stabilimento, per impedire all’ultimo camion rimasto di partire per la Polonia.

La notte del 13 agosto, grazie a un giro di telefonate, gli operai hanno scoperto che la loro azienda era stata quasi interamente svuotata e trasferita in Polonia. Hanno così deciso di interrompere le vacanze e tornare in tutta fretta a Formigine, per bloccare le partenze verso l’Europa dell’est e salvare quello che era rimasto dentro la fabbrica. Quasi nulla, visto che in pochissimi giorni, i proprietari, la famiglia Pedroni, hanno fatto sparire il 90% dei macchinari. “Noi siamo andati in ferie il 2 agosto e, a quanto ci risulta, il 3 agosto hanno cominciato a smantellare gli impianti” racconta Simona Messori, delegata Fiom e da 13 anni impiegata alla Firem. “Hanno chiamato un’azienda esterna, che di notte, con i portoni chiusi, ha raccolto i macchinari e le merci per poi spedirli fuori dall’Italia. Così noi ora ci troviamo, all’improvviso, senza che nessuno ci abbia avvisato, a casa”.

Solo l’intervento dei rappresentati della Fiom di Modena ha impedito la partenza dell’ultimo camion per la Polonia, dove la società ha deciso di aprire un’altra sede, chiudendo quella italiana. “Quello di martedì notte, quando siamo arrivati allo stabilimento, è stato l’unico contatto che fino adesso abbiamo avuto con la proprietà” spiega Cesare Pizzolla, segretario provinciale della Fiom-Cgil di Modena, che ora sta passando le sue giornate davanti ai cancelli della Firem, accanto ai lavoratori. “Ci hanno detto che il 26, al rientro dalle ferie, chi voleva poteva andare a lavorare nella nuova sede, in Polonia. Di aziende purtroppo ne abbiamo viste chiudere tante, ma in 22 anni una cosa del genere non l’avevo mai incontrata”.

Sulla vicenda è intervenuto anche il Comune, che da giorni sta tentando di mettersi in contatto con i proprietari, senza però ottenere alcun risultato. Tanto che è stato costretto a chiedere la convocazione di un vertice via posta. “È una vicenda che ci ha colto di sorpresa” commenta l’assessore Mario Agati. “Non avevamo avuto nessuna avvisaglia che potesse farci pensare a una cosa di questo tipo. Pur comprendendo il periodo molto difficile dal punto di vista economico, comportamenti come quelli dell’azienda Firem sono censurabili sia nei modi, sia nei tempi. Se c’è un problema si affronta, siamo abituati così. Si parla prima con i sindacati e con le istituzioni”.

E in attesa del tavolo di confronto, che dovrebbe aprirsi martedì, il sindacato ha organizzato un picchetto permanente, con tanto di gazebo per ripararsi dal sole cocente, tavoli per mangiare e tende per la notte. “Staremo qui finché non avremo risposte e il 26 ci presenteremo a lavoro, anche senza impianti” fanno sapere i lavoratori. Nessuno di loro avrebbe mai immaginato di trascorrere gli ultimi giorni di ferie davanti ai cancelli della fabbrica. “Una volta è arrivato in azienda un gruppo di quattro polacchi, e noi abbiamo dovuto insegnargli il funzionamento dei macchinari” racconta Nunzia Maresca, lavoratrice della Firem. “In quel momento non avevamo capito il motivo di quelle visite, anche perché l’azienda non aveva ma fatto ricorso alla cassa integrazione. Ora purtroppo è tutto chiaro”.

Fonte

– See more at: http://www.formigine5stelle.it/wordpress/2013/08/formigine-lazienda-firem-manda-i-lavoratori-in-ferie-e-intanto-si-trasferisce-in-polonia/#sthash.rksyEX57.dpuf

Il comunista Ferrero: “Ma quale Imu, la priorità dell’Italia è il dramma dei migranti”

L’allarme della Cna: «A fine anno si rischia di arrivare a 3,5 milioni di disoccupati»

tutta gentaglia che non ha voglia di lavorare. Per fortuna che arrivano le risorse dall’estero a lavorare per l’imminente ripresa

L’allarme della Cna: «A fine anno si rischia di arrivare a 3,5 milioni di disoccupati»
A giugno il numero degli occupati, circa 22 milioni e mezzo, ha raggiunto il valore più basso del nuovo secolo

È un allarme rosso quello che lancia la Cna, la confederazione dell’artigianato e della piccola e media impresa. «Rischiamo di arrivare a fine anno con 3 milioni e mezzo di italiani senza lavoro — fa sapere il Centro studi — quattrocentomila in più dei 3 milioni e centomila di oggi». Non solo, a giugno il numero degli occupati, circa 22 milioni e mezzo, ha raggiunto il valore più basso del nuovo secolo.
LA CRISI – Il Centro Studi Cna insomma ritiene che della crisi «forse non abbiamo ancora toccato il fondo». Nei primi sei mesi del 2013 il numero di ore autorizzate di cassa integrazione è stato di circa 548 milioni, con un incremento di quasi il 4,6% rispetto al 2012, il livello più alto a partire dal 2009. Per gli economisti dell’organizzazione si tratta di «un dato particolarmente preoccupante per la tenuta del mercato del lavoro: se queste ore fossero interamente utilizzate si tradurrebbero nella perdita di circa 322mila posti di lavoro». Le costruzioni e l’industria continuano a essere i settori maggiormente affetti dalla crisi. Le ore di Cig autorizzate nelle costruzioni sono aumentate di 7,8 milioni, pari al 13,7% in più. Le ore di Cig autorizzate nell’industria sono cresciute di 22,3 milioni, il 6,4% in più. Negli ultimi cinque anni i due settori hanno perso un numero equivalente di addetti, rispettivamente 370mila e 362mila unità. Ma ben diverso è stato l’impatto sulla base occupazionale: nel caso dell’industria si è ridotta del 7,5%, nelle costruzioni del 18,7%.

16 agosto 2013
http://www.corriere.it/economia/13_agosto_16/cna-allarme-disoccupati-_a2fe130c-064f-11e3-88a6-b25943e3e943.shtml

Il comunista Ferrero: “Ma quale Imu, la priorità dell’Italia è il dramma dei migranti”
Dice Paolo Ferrero, segretario nazionale di Rifondazione comunista:
«Per riuscire a gestire l’immigrazione, noi chiediamo la cancellazione della legge Bossi-Fini. Centrodestra e centrosinistra, preoccupati dall’Imu, sono inerti e indifferenti di fronte alla tragedia dei migranti»
In effetti ogni italiano, quando si sveglia la mattina, pensa al clandestino che arriva sulle nostre coste…
http://www.ilradar.com/il-comunista-ferrero-ma-quale-imu-la-priorita-dellitalia-e-il-dramma-dei-migranti/

Blogger Italiana in Egitto denuncia media occidentali

La blogger e scrittrice Sonia Serravalli, 39 anni, da 8 in Egitto,denuncia l’informazione «parziale» divulgata dai media occidentali dalla  deposizione di Morsi alle odierne manifestazioni pro-Morsi. Serravalli vorrebbe si aprisse un confronto 

inserito da Camilla Ghedini

E’ diventata blogger per vocazione, per missione, perché da sempre  ama le parole scritte, quelle che lasciano traccia e se necessario, 
la testimonianza. Sonia Serravalli ha 39 anni, una laurea in lingue, è
ferrarese, ma la città estense, e la nazionalità italiana, le percepisce come una pelle che le si è ormai staccata, che talvolta rimette, quando
torna in patria, per liberarsene subito con serenità. Vive a Dahab, sul mare, da 9 anni, scrivendo libri. E’ del 2007 L’Oro di Dahab (Il Filo Edizioni) , sull’attentato del 2006, e del 2011 Se baci la Rivoluzione
(Ibuk Edizioni), entrambi finalizzati alla scoperta dell’incontro tra due culture mediterranee, quella araba e quella italiana, che secondo lei si guardano ancora con troppa diffidenza e incapacità di comprendersi. In Egitto, in mezzo a gente che ama, Sonia ha vissuto attentati, rivoluzioni e ha così deciso di mettere la propria voglia di raccontare il mondo e la propria idea di mondo, a disposizione della ‘causa’ degli egiziani. Con colleghi della comunità internazionale cura il blog,

www.rivoluzionando.wordpress.com,

nato con la rivoluzione egiziana del gennaio 2011. Con il milanese Marco Pieranelli e l’’egiziano Tarek Khalifa ha recentemente fondato la pagina Facebook La verità sull’’Egitto dopo il 30 giugno, con cui cerca di divulgare in molteplici lingue cosa succede in questo Paese dalla deposizione di Morsi in poi.
Lei sta dalla parte degli Egiziani che si sono ribellati a Morsi, lei è
contro i Fratelli Musulmani che invece lo rivorrebbero, ma lei è soprattutto per la verità, per un dibattito approfondito. «Vorrei che i
media internazionali non emendassero, non falsassero, si limitassero a
raccontare i fatti. Questo purtroppo non avviene e così l’Egitto che vivo io, e che viviamo noi tutti qui, non è quello delle immagini che passano in tv». Sa bene Serravalli che il suo parere non è il ‘verbo’, ma lo difende, anche da chi imputa che vivere al mare, e non a Il Cairo, rende più ‘superficiali’ certe prese di posizione. Lei scrolla le spalle, certa di operare al meglio. Le chiediamo quale potere affida alla parola, alla testimonianza diretta, e lei è un fiume in piena.
«Scrivo dall’età di 5 anni, ma per quanto riguarda l’Egitto, sento
particolarmente l’esigenza di testimoniare il vero quando mi scontro con canali che diffondono informazioni deformate. Parlano di popolazione spaccata in due, di golpe. Ma questa è la realtà che gli Stati Uniti vogliono dipingere, per giocare allo stesso vecchio gioco  visto decine di volte negli ultimi decenni in Cile, Vietnam, Corea, Afghanistan, Iraq, Sudan, e per giustificare un intervento laddove servono petrolio, connivenze con il potere o, come in questo caso, il controllo del Canale di Suez e di Hamas. La situazione politica in Egitto è difficile, ma è resa molto più difficile dai mass media occidentali. Ne stiamo risentendo tutti, e non parlo solo del fatto che i milioni di persone che lavoravano nel turismo da due anni fanno fatica a  mantenere le loro famiglie, parlo dell’immagine che viene data di questo Paese all’estero, soprattutto nelle ultime settimane. Parlo del fatto che le parole hanno un peso e un potere performativo e che bisogna stare attenti a usare termini come ‘guerra civile’, che non riguardano affatto la situazione fino ad oggi, con 40 milioni di persone che tra giugno e luglio si sono riversate nelle strade per gridare ancora una volta il loro sostegno a un governo transitorio dell’esercito in questa fase. Parlo dell’errore semantico dell’uso e ormai abuso della parola ‘golpe’, mentre non esiste democrazia più potente di quando il ‘demo’ scende in piazza a milioni per chiarire, in modo pacifico, che il loro Presidente non solo non ha rispettato le promesse né la volontà dei 700 martiri del 2011, ma stava smembrando il Paese, lo stava vendendo a pezzetti per interessi che non sono più nazionali, ma internazionali. Parlo del continuo sottolineare che Morsi fosse un presidente “democraticamente eletto”, quando venne fatto credere a gran parte della popolazione che non votare lui andasse contro la propria religione. Il mondo intero ha visto che il popolo si è espresso, l’esercito si è trovato costretto a prendere una posizione per evitare una guerra civile. Che sia forse questo – si interroga – a dare fastidio al resto del mondo? Che siano stati i primi a farlo? E che un ‘colpo di stato popolare’ come lo definiscono qui, successivamente affiancato dall’esercito, dia fastidio in quanto nuovo fenomeno storico e sociale? Che non lo si voglia chiamare con il suo vero nome e lo si voglia per forza sporcare, perché rappresenterebbe un pericolo enorme, fornendo l’esempio ad altre decine di nazioni sull’orlo del baratro?
Serravalli ce l’ha particolarmente coi Tg italiani che in questi giorni,  quelli delle manifestazioni Pro-Morsi «divulgano notizie non corrispondenti alla realtà. Quelli che lo rivogliono, e manifestano, sono circa 700.000 contro gli 80 milioni di cittadini – osserva – .
Molti sono confluiti in Egitto da Siria, Afghanistan, Palestina, Yemen,
Libia… ». Serravalli sa di avere opinioni non sempre condivisibili, ma 
le enuncia comunque «affinché almeno ci si confronti, perché i problemi
dell’Egitto non riguardano solo l’Egitto». Trae la sua energia dagli
egiziani stessi, «con cui parlo, con cui convivo, che intervisto.
Qualcuno direbbe che qui, in questo Paese, mi ha portato il caso, ma io
credo che tutto abbia un significato. Non sono mai partita per una
vacanza e basta. Sono sempre partita per guardarmi intorno e inserirmi
il più possibile, per conoscere le realtà da dentro. Rimango qui per un
senso di appartenenza e di casa che non ho mai provato altrove». E
dell’Italia? «Sento staticità, immobilismo e l’illusione disturbante che
in fondo vada bene così. Non ritrovo più la spinta vera al concetto di
libertà e democrazia».

Camilla Ghedini
(18 Agosto 2013)
Fonte: http://www.noidonne.org/blog.php?ID=04639[url][/url]

GRILLO. CERCANDO UN ALTRO EGITTO

DI FRANCESCO SANTOIANNI

francescosantoianni.it/

 Avevo già scritto qualcosa sulla “indeterminatezza” della politica estera dei Parlamentari Cinque Stelle a proposito della Siria, delLibano e di Israele. Ora è Beppe Grillo in persona a pronunciarsi, in un suo post, sull’Egitto, denunciano un “colpo di stato dell’esercito”, che sarebbe avvenuto, con la defenestrazione del presidente Mohamed Morsi, nel silenzio dell’ONU (che dovrebbe, invece, “processare chi ha ordinato la strage, come è avvenuto per la Serbia”).

 Lasciamo perdere le illusioni di Grillo sul ruolo dell’ONU e/o del suo famigeratoTribunale Internazionale contro i Crimini di Guerra in Iugoslavia e cerchiamo – brevemente – di capirci qualcosa su quello che sta succedendo in Egitto; una nazione (e questo pochi lo ricordano) strangolata dal Fondo Monetario Internazionale e, quindi, da una mostruosa crisi economica.

 E proprio a seguito di questa crisi economica, il 2 luglio 2013, sono scesi in piazza 14 milioni di egiziani (sulla dinamica di questo movimento consiglio di leggere questo breve articolo). Ma, in assenza di una guida rivoluzionaria, il Movimento Tamarod (Ribellione) ha avuto facile gioco a indirizzare la protesta, esclusivamente, contro Morsi, (contro il quale aveva già raccolto 22 milioni di firme in tre mesi) contestandone, oltre l’incapacità, anche la legittimità. E a buon dire, considerata l’inettitudine e la protervia sua e dei suoi ministri, lasudditanza ai padroni americani e a Israele, il continuo ricorso alleprivatizzazioni e i brogli che hanno caratterizzato la sua elezione.

 Questa oceanica mobilitazione non già contro un sistema economico, ma, sostanzialmente contro quella che veniva identificata una “ “casta” di inetti farabutti, ha finito per trovare la gattopardesca adesione di ampi settoridell’oligarchia egiziana, delle Petromonarchie (che aizzavano le folle promettendo favolosi “investimenti” in Egitto dopo la caduta di Morsi), e dello stesso esercito, che, pure, aveva sempre sostenuto il governo. Sono stati loro, con le stragi di questi giorni (e gli anonimi cecchini per fare degenerale le manifestazioni, che ricordano gli esordi della guerra alla Siria) a fare abortire quella che rischiava di essere una rivoluzione, trasformandola in una “guerra di religione”.

 Ed è sbagliato, come fa Grillo, credere che tutto si risolva con “…nuove elezioni da indirsi al più presto” se prima non si identificano i perchè di questa tragedia e, sopratutto, i referenti egiziani con i quali il Movimento Cinque Stelle dovrebbe rapportarsi.

 Chi?

 Ad esempio, questi.

 Francesco Santoianni

Fonte: www.francescosantoianni.it

Link: http://www.francescosantoianni.it/wordpress/?p=934

17.08.2013

LA NUOVA RIVOLUZIONE – 2013 il mondo giovane si prende la parola

LA GIOVENTÙ DIVENTA MAGGIORANZA. DA NOI INVECE C’È UNA GENERAZIONE IN MINORANZA RISPETTO AD ADULTI E ANZIANI
di Erri De Luca

C’è un Mediterraneo del Sud che brulica di nascite e di gioventù. Ne trabocca fino a noi, che dobbiamo al loro contributo un miglioramento nel saldo tra decessi e nuove vite. Non foss’altro che per riconoscenza, un qualunque governo italiano dovrebbe conferire honoris causa la cittadinanza a chi, nascendo qua, ripopola il nostro sfoltimento.

Quando la gioventù si accorge di essere maggioranza, ha l’impulso di prendere la parola. La parola pubblica va presa, non è data per gentile concessione del potere di turno. Va presa e tenuta contro le repressioni, i reparti in divisa, gli arresti, le condanne. La parola pubblica succede in piazza, non nelle aule isolate, insonorizzate, sorde e protette da quello che succede al pianoterra.

Nelle piazze del mondo, dalla sponda sud del Mediterraneo e da quella est di Libano, Siria, Turchia, una gioventù di maggioranza prende la parola e non la restituisce. Invece da noi registriamo una generazione opposta, in minoranza rispetto all’adulta e anziana. Da noi la gioventù ha come magra prospettiva il ricambio fisiologico, la lenta estinzione della gerarchia dominante. Da noi il potere sta nelle mani artritiche di un reparto geriatrico. Da noi quattro nonni si contendono il tempo di un solo nipotino.

NEL MEDITERRANEO del Sud l’’urto demografico di una nuova gioventù istruita e informata cambia i rapporti di forza tra masse e potere. Esige di contare, di farsi valere. Anche quando sceglie cause perse in partenza, come la difesa dei 600 alberi di Gezy Park a Istanbul, lo fa per bisogno di alzare la voce e negare al potere l’arbitrio di decidere sull’’ombra, sull’ossigeno, sulle radici.

Da noi lotte simili, dalla Val di Susa a Chiaiano, dichiarano la  stessa legittima difesa del proprio territorio contro la pretesa feudale di imporre ai sudditi l’obbedienza, ma hanno molto meno contagio politico. Perché da noi manca la corrente elettrica erogata da una gioventù maggioranza, dalla sua energia eolica, geotermica e fotovoltaica, generata dal ritrovarsi innumerevole in piazza. Lo stesso impulso di sovranità sulla propria vita, sul suolo e sul futuro fa avvenire là rivoluzioni e da noi resistenze.

Ho fatto parte di una generazione maggioranza. Eravamo i nati in dopoguerra, scaraventati a sacco nel mondo dall’ansia di riempire i vuoti.
Dopo ogni sterminio riparte l’istinto di crescita, lo fa anche l’albero dopo il fulmine. Eravamo assai e c’importava il mondo, che nel 1900 è andato avanti forza di rivoluzioni. Eravamo anche i beniamini della prima istruzione di massa. L’Italia di dopoguerra si riscattava dall’’analfabetismo. Ecco i buoni ingredienti di una gioventù in rivolta: il numero e la consapevolezza.

Gli esorcisti venuti dopo e quelli che si sono dissociati da se stessi  parlano di quel tempo come di ubriacatura. Si è trattato invece di una lucida e intransigente sobrietà di massa. La riconosco nelle rivolte del Sud da dove arriva l’alta marea del futuro. Anche gli innumerevoli di Rio in ascolto di un uomo che vuole chiamarsi Francesco, anche loro partecipano del fervore di una nuova gioventù, maggioranza del mondo.

In Egitto, in Turchia, in Brasile, in India si svolge la storia maggiore che sempre punta sul-l’energia rinnovabile di chi ha dalla sua il tempo e la nuova età di ragione.
PIAZZA TAHRIR

I giovani egiziani che hanno cacciato Mubarak e che, dopo la vittoria elettorale dell’islamico Morsi, sono di nuovo scesi in piazza 

Lapresse

_____________________________________________