Kerry, più armi per i terroristi siriani

 

26 – 02 – 2013Redazione

L’Arabia Saudita sta rifornendo i ribelli siriani che combattono il regime del presidente Bashar al Assad di armi acquistate dalla Croazia, secondo il New York Times. Citando responsabili di Stati Uniti e Paesi occidentali, il quotidiano ha scritto che “l’ingente acquisto di armi di fanteria” finanziato da Riad faceva parte di un “surplus non dichiarato” di armi retaggio delle guerre dei Balcani negli anni Novanta e che hanno iniziato ad arrivare ai combattenti anti-regime a dicembre attraverso la Giordania. Più o meno quando hanno iniziato ad apparire nei video su YouTube postati dai ribelli siriani armi jugoslave.

Da allora, ha aggiunto il Times, le autorità hanno segnalato che molti aerei carichi di armi hanno lasciato la Croazia. “Migliaia di fucili e mitra”, insieme con una “ignota quantità di munizioni”, sono stati consegnati.

Un portavoce del ministero degli Esteri di Zagabria ha riferito al Times che, dall’inizio della Primavera araba, il Paese dei Balcani non ha venduto armi né all’Arabia Saudita né ai ribelli siriani. Nessun commento, invece, da Riad e Amman. Il Times ha poi sottolineato che il ruolo di Washington, ammesso che ci sia, è poco chiaro.

Chi ha letto questo ha letto anche:



http://www.formiche.net/2013/02/26/quelle-armi-per-i-ribelli-siriani-comprate-in-croazia/

 

SIRIA L’opposizione siriana sarà a Roma, convinta da Kerry che promette “aiuti” e Damasco si dice pronta al dialogo – Asia News

Roma (AsiaNews) – L’opposizione siriana riunita nella Syrian National Coalition (SNC) ha annunciato che il suo capo, Moaz al-Khatib (nella foto), parteciperà alla conferenza degli Amici della Siria, che si apre il 28 a Roma, che aveva invece annunciato di voler boicottare. All’origine della decisione, a quanto dichiarato dal portavoce della SNC, Walid al-Bunni, le assicurazione date dal nuovo segretario di Stato Usa, John Kerry, sulla intenzione del presidente Obama di incrementare il sostegno ai ribelli.

 

La decisione del fronte dell’opposizione segue di un giorno le affermazioni del ministro degli esteri di Damasco, Walid al-Muallem, sulla disponibilità del governo “a dialogare con tutti coloro che vogliono il dialogo, compresi coloro che sono in armi”. Muallem parlava da Mosca, dove è in visita, e le sue dichiarazioni sono state eco a quelle del ministro degli esteri russo, Sergei Lavrov, sulla mancanza di alternative a una soluzione politica della crisi. “Non ci sono – ha infatti detto Lavrov – alternative valide da raggiungere concordando le posizioni del governo e dell’opposizione”. “Noi – ha aggiunto – siamo per una Siria indipendente, unita e dove tutti i siriani, indipendentemente dalla loro religione, possano vivere in amicizia, pace e democrazia”. “Il popolo siriano – ha concluso – deve poter decidere la sua sorte senza interventi esterni”.

Praticamente in contemporanea, Kerry da Londra, prima tappa del primo viaggio in Europa e Medio Oriente del Segretario di Stato, annunciava l’intenzione di Obama di un maggior impegno per la soluzione della crisi siriana. “Abbiamo discusso – ha spiegato – varie opzioni, ma in questo momento non voglio specificarle”. “Voglio – ha aggiunto – che i nostri amici del Consiglio dell’opposizione siriana sappiano che non stanno arrivando a Roma semplicemente per parlare. Stiamo arrivando a Roma per prendere decisioni in merito a passi successivi e forse anche per altre opzioni che possono o non possono essere discusse ulteriormente dopo”.

Quella che potrebbe essere un’apertura di Damasco, ma anche in segnale di debolezza, e la prospettiva di un maggiore e diverso intervento americano in Siria sarnno tra i temi che oggi il capo della diplomazia statunitense affronterà in un previsto incontro con la sua controparte, in un incontro previsto a Berlino, dove Kerry è atteso oggi.

 


 

http://www.asianews.it/notizie-it/L’opposizione-siriana-sar%C3%A0-a-Roma,-convinta-da-Kerry-che-promette-aiuti-e-Damasco-si-dice-pronta-al-dialogo-27241.html

 

Una forza popolare di contro-guerriglia

di Thierry Meyssan – 25/02/2013

 

Fonte: megachip [scheda fonte]

Nella guerriglia, la vittoria appartiene a chi sia sostenuto dalla popolazione. Ecco perché la Siria si è appena dotata di milizie popolari per mettere in scacco i Contras sostenuti dall’Occidente e dalle monarchie del Golfo. In tre mesi, il risultato è spettacolare: le zone in cui queste milizie locali sono già state costituite si sono stabilizzate.

Dopo due anni di combattimenti, è chiaro che l’Esercito arabo siriano, concepito per difendere il territorio in caso di guerra convenzionale, non è in grado di stabilizzare il paese quando persegue il suo compito primario. Ha sconfitto senza difficoltà i jihadisti ogni volta che si sono raggruppati, ma non ha la capacità di combattere un movimento di guerriglia che compensa la sua debole coloritura popo lare con un potente sostegno logistico straniero.

In definitiva, la Siria ha deciso di adottare una nuova strategia già sperimentata in tutto il mondo ogni volta che una tale situazione si presentava: la creazione di milizie popolari che permettano alle persone di difendere il proprio villaggio o il proprio quartiere di cui sono gli unici buoni conoscitori. Questo «Esercito di Difesa Nazionale», i cui membri provengono da Comitati popolari, è beninteso connesso all’esercito arabo siriano, e si deve aver svolto il servizio militare, per potervi aderire.

Mao Zedong ha spiegato che, per vincere, un guerrigliero deve muoversi «tra la popolazione come un pesce nell’acqua». Ora, l’Esercito siriano libero non ne è stato capace. Una volta che una zona cade sotto il suo controllo, vi commette degli abusi e gli abitanti gli si rivoltano contro.

Per ottenere la vittoria, l’esercito sirian o arabo deve riuscire dove i jihadisti hanno fallito: muoversi «tra la popolazione come un pesce nell’acqua». Benché promani dalla popolazione, dal momento che si tratta di un esercito di leva, non può farlo da solo perché la sua organizzazione nazionale lo taglia fuori dalle realtà locali. Esso deve fare dunque affidamento su una forza intermedia che funge da interfaccia con la popolazione locale, in ogni villaggio e in ogni quartiere.

Inoltre, l’Esercito di difesa nazionale è soggetto a una rigida disciplina. Le armi e le uniformi sono rimesse solo ai volontari, giovani uomini e giovani donne, selezionati con cura. Ne consegue che gli energumeni reclutati qua e là da funzionari locali per garantire la sicurezza alla  bell’e meglio devono unirsi alla milizia, o tornarsene a casa. Così, quando l’Esercito di difesa nazionale è organizzato in un villaggio o in un quartiere, gli eventuali abusi commessi da questi energume ni cessano. Il fenomeno degli Shabiha scompare.

In Medio Oriente, l’esempio che viene subito in mente è quello iraniano del Basij-e mostaz’afin, che è già servito da modello per Hezbollah in Libano. Teheran, che si rifiuta di coinvolgere le sue Guardie Rivoluzionarie in territorio siriano, ha accettato di ricevere delle reclute dell’Esercito difesa nazionale e di formarle. Non era scontato, perché gli iraniani hanno dovuto adattarsi a delle reclute che raramente sono sciite e che non hanno intenzione di convertirsi.

Si tratta di un evento che ha profondamente modificato il quadro geopolitico regionale. Da un lato perché la forza paramilitare ha rapidamente stabilizzato i villaggi e i quartieri in cui si è già  stabilita, e soprattutto perché ormai il Basij e Hezbollah si ritrovano accanto un fratello più piccolo, avente la loro stessa formazione, però misto e multiconfessionale, educato secondo lo spirito l aico del Baath e non secondo quello della Rivoluzione islamica.

Mentre uno dei principali obiettivi della guerra voluta dagli occidentali contro la Siria era quello di installare al potere un governo che rompesse con Hezbollah e l’Iran, come aveva riconosciuto lo stesso Burhan Ghalioun in un’intervista al Wall Street Journal, è invece l’effetto opposto che è stato ottenuto. La resistenza comune porta a stringere questo blocco nonostante le differenze religiose e politiche.

Otto mesi fa, Sayyed Hassan Nasrallah ha rivelato che durante la guerra dei 33 giorni, il ministro della difesa siriano di allora, il generale Hassan Tourekmani, aveva la supervisione personale in Libano del dispiegamento di armi della resistenza. Poi ha dichiarato che Hezbollah non avrebbe lasciato cadere i suoi fratelli d’armi dell’Esercito arabo siriano nel caso in cui fosse loro capitato di essere nei guai. La creazione dell’Ese rcito di difesa nazionale va sicuramente a rafforzare questa alleanza attraverso stretti legami umani che vanno al di là delle scelte politiche.

Questo determinerà sicuramente anche una retroazione affinché l’ala militare di Hezbollah includa delle donne e si apra alle molte confessioni rappresentate in Libano.

 

http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=45110

SIRIA L’opposizione siriana sarà a Roma, convinta da Kerry che promette “aiuti” e Damasco si dice pronta al dialogo – Asia News

Roma (AsiaNews) – L’opposizione siriana riunita nella Syrian National Coalition (SNC) ha annunciato che il suo capo, Moaz al-Khatib (nella foto), parteciperà alla conferenza degli Amici della Siria, che si apre il 28 a Roma, che aveva invece annunciato di voler boicottare. All’origine della decisione, a quanto dichiarato dal portavoce della SNC, Walid al-Bunni, le assicurazione date dal nuovo segretario di Stato Usa, John Kerry, sulla intenzione del presidente Obama di incrementare il sostegno ai ribelli.

 

La decisione del fronte dell’opposizione segue di un giorno le affermazioni del ministro degli esteri di Damasco, Walid al-Muallem, sulla disponibilità del governo “a dialogare con tutti coloro che vogliono il dialogo, compresi coloro che sono in armi”. Muallem parlava da Mosca, dove è in visita, e le sue dichiarazioni sono state eco a quelle del ministro degli esteri russo, Sergei Lavrov, sulla mancanza di alternative a una soluzione politica della crisi. “Non ci sono – ha infatti detto Lavrov – alternative valide da raggiungere concordando le posizioni del governo e dell’opposizione”. “Noi – ha aggiunto – siamo per una Siria indipendente, unita e dove tutti i siriani, indipendentemente dalla loro religione, possano vivere in amicizia, pace e democrazia”. “Il popolo siriano – ha concluso – deve poter decidere la sua sorte senza interventi esterni”.

Praticamente in contemporanea, Kerry da Londra, prima tappa del primo viaggio in Europa e Medio Oriente del Segretario di Stato, annunciava l’intenzione di Obama di un maggior impegno per la soluzione della crisi siriana. “Abbiamo discusso – ha spiegato – varie opzioni, ma in questo momento non voglio specificarle”. “Voglio – ha aggiunto – che i nostri amici del Consiglio dell’opposizione siriana sappiano che non stanno arrivando a Roma semplicemente per parlare. Stiamo arrivando a Roma per prendere decisioni in merito a passi successivi e forse anche per altre opzioni che possono o non possono essere discusse ulteriormente dopo”.

Quella che potrebbe essere un’apertura di Damasco, ma anche in segnale di debolezza, e la prospettiva di un maggiore e diverso intervento americano in Siria sarnno tra i temi che oggi il capo della diplomazia statunitense affronterà in un previsto incontro con la sua controparte, in un incontro previsto a Berlino, dove Kerry è atteso oggi.

 

Kerry Vows Not to Leave Syria Rebels ‘Dangling in the Wind’

 

Hussein Malla/Associated Press

In a cave in Idlib Province, Free Syrian Army fighters did a traditional dance and sang songs critical of President Bashar al-Assad.

By MICHAEL R. GORDON and ANNE BARNARD
Published: February 25, 2013

BERLIN — Secretary of State John Kerry said on Monday that the Obama administration has been considering new steps to increase support for the Syrian opposition and hasten the departure of President Bashar al-Assad and that some of them would be decided at an international conference in Rome this week.

Multimedia

“We are determined that the Syrian opposition is not going to be dangling in the wind wondering where the support is or if it’s coming,” Mr. Kerry said at a news conference in London. “And we are determined to change the calculation on the ground for President Assad.”

Mr. Kerry’s comments came amid diplomatic maneuvering and an unusual White House intervention over the Rome meeting, scheduled for Thursday.

After the Syrian opposition signaled that it would boycott the Rome conference to protest what it sees as negligible help from Western nations, Vice President Joseph R. Biden Jr. and Mr. Kerry called Moaz al-Khatib, the leader of the Syrian opposition coalition, and persuaded him to attend.

American officials have said that their goal in supporting the Syrian resistance is to build up its leverage in the hope that Mr. Assad will agree to yield power and a political transition can be negotiated to end the nearly two-year-old conflict.

In Moscow, however, Syria’s foreign minister, Walid al-Moallem, appeared to be making a competing initiative. In a statement during a visit to Russia, which has been one of the Assad government’s main backers, Mr. Moallem said that Syrian authorities were “ready for a dialogue with anyone who’s willing, even with those who carry arms.”

It was the first time that a high-ranking Syrian official had signaled that the government is open to talking with Syrian rebels who have taken up weapons against the armed forces.

It was unclear whether Mr. Moallem’s offer came with caveats, such as a precondition that the Syrian rebels must disarm first. More fundamentally, if the aim of Mr. Moallem’s offer was to achieve a cease-fire while perpetuating Mr. Assad’s hold on power it would be fundamentally at odds with the demand of the opposition that the Syrian leader be ousted.

Mr. Kerry was skeptical of Mr. Moallem’s intentions.

“What has happened in Aleppo in the last days is unacceptable,” Mr. Kerry said, referring to the Scud missile attacks the Assad government directed at the city last week. “It’s pretty hard to understand how, when you see these Scuds falling on the innocent people of Aleppo, it’s possible to take their notion that they’re ready to have a dialogue very seriously.”

London was the first stop on Mr. Kerry’s nine-nation tour, and Syria figured prominently in his discussions with William Hague, the British foreign secretary, who sent a strong message that more had to be done to support the Syrian opposition because the possibility of a political solution was “blocked off.”

“Our policy cannot stay static as the weeks go by,” Mr. Hague said at a joint news conference with Mr. Kerry. “It will have to change and develop.”

The European Union agreed to a British proposal that nonlethal assistance could be sent to armed groups inside Syria. Discussions were now under way among European nations to determine just what sort of aid could be sent, but some American officials had said it might include night-vision equipment or armored cars.

Mr. Kerry declined to say whether the United States might also send nonlethal aid to armed factions fighting Mr. Assad, saying that a variety of ideas was under discussion.

“We are not coming to Rome simply to talk,” he said. “We are coming to Rome to make a decision about next steps and perhaps even other options that may or may not be discussed further after that.”

Mr. Obama last year rebuffed a proposal from the C.I.A., State Department and Pentagon that the United States train and arm a cadre of Syrian rebel fighters.

After his meetings in Britain, Mr. Kerry flew to Germany for meetings on Tuesday with German officials and Sergey V. Lavrov, the Russian foreign minister.

The United States has sought Russia’s help in facilitating talks on a transitional government in Syria, but the American effort to reach out to the Russians failed last year when the Kremlin balked at the demand that Mr. Assad’s departure had to be one of the results of any negotiation.        

Among the factions of the Syrian coalition, the debate is not over whether Mr. Assad must go but whether his departure is a precondition for talks.

On Jan. 30, Sheik Khatib floated the idea of negotiations with members of the government not directly involved in the crackdown. But many in the coalition remain skeptical of talks with the government and see them as a way for Mr. Assad to buy time.

On Monday, Samir Nachar, a member of the coalition, said that Sheik Khatib had met in the past week with Muhammad Hamsho, a prominent Syrian businessman who is close to Maher al-Assad, the president’s brother who leads the army’s feared Fourth Division, and a frontman for many Assad family enterprises.

Mr. Nachar said that Sheik Khatib had briefed him and other coalition members on the recent meeting, which he said had been initiated by Mr. Hamsho.

“Hamsho asked to meet Moaz al-Khatib and the latter agreed,” Mr. Nachar said in an interview. “The meeting did take place, yes.” He said Sheik Khatib had refrained from going into detail.

Mr. Hamsho is one of several Syrian figures on whom the United States has imposed sanctions since Mr. Assad’s repression of a peaceful protest movement that began in March 2011 and has since evolved into a civil war.

Gen. Selim Idriss, the leader of the Free Syrian Army, the main rebel fighter group, said that a cessation of violence by the government was “the bottom line” for rebels before any talks. In remarks to Al-Arabyia, a Saudi-backed news Web site, he also said, “There needs to be a clear decision on the resignation of the head of the criminal gang Bashar Assad, and for those who participated in the killing of the Syrian people to be put on trial.”

Michael R. Gordon reported from Berlin, and Anne Barnard from Beirut, Lebanon. Hania Mourtada contributed reporting from Beirut, and Rick Gladstone from New York.

http://www.nytimes.com/2013/02/26/world/middleeast/Syria.html?pagewanted=all

 

Kerry, più armi per i terroristi sirianiultima modifica: 2013-02-27T08:50:00+01:00da davi-luciano
Reposta per primo quest’articolo