Affaristi stranieri all’assalto della nuova Libia

Affaristi stranieri all’assalto della nuova Libia

Mentre le compagnie straniere sgomitano per le commesse delle nuove forze armate, il governo di Tripoli fatica a creare un vero esercito 

Ferdinando Calda

Lo stato dell’esercito libico è paradigmatico della situazione nella Libia post-Gheddafi, dove le compagnie straniere hanno ripreso a fare affari a pieno ritmo, mentre all’interno il Paese soffre per una pericolosa mancanza di unità e sicurezza.
Infatti, mentre le compagnie di armamenti di tutto il mondo cercano di aggiudicarsi le ricche commesse per le nuove forze armate libiche, il governo di Tripoli fatica persino a istituire un vero e proprio esercito che possa garantire la sicurezza nel Paese reduce dalla guerra. Un’instabilità che rischia di minare la ripresa economica (e gli affari stranieri) che, invece, nel 2012 ha fatto segnare valori molto positivi. Come dimostra il momentaneo blocco dell’attività dell’enorme raffineria di Ras Lanuf, colpita da scioperi e interruzioni di corrente.
“Il caos nella sicurezza rappresenta un costo enorme”, aveva avvertito il presidente della Assemblea nazionale libica Mohamed al-Megaryef intervenendo a Bengasi nel corso delle celebrazioni in ricordo dell’inizio della rivolta del 2011. “Stiamo costruendo il nostro esercito nazionale, ma questa operazione richiede tempo”, gli ha fatto eco il ministro della Difesa Mohamed Bargati, sottolineando “l’aiuto dei Paesi stranieri ad addestrare i nostri ragazzi e ad organizzare quello che sarà il futuro esercito libico”.
Un “aiuto” mirato soprattutto a vendere alle nuove forze armate di Tripoli i propri armamenti.
A questo proposito sembra che Italia e Francia si siano già mosse, la prima fornendo 20 veicoli blindati Puma (e 65mila capi di vestiario provenienti dalle divise ormai dismesse della Marina italiana e cedute gratuitamente ai libici), la seconda vendendo 50 gommoni della Sillinger. Per non rimanere indietro, la Gran Bretagna ha deciso di inviare una fregata della Royal Navy a Tripoli per fare promozione dei propri prodotti. Secondo quanto riportato dal Guardian, la nave militare partirà in aprile. Per cercare di placare le proteste di politici locali e attivisti, da Londra hanno assicurato che non verranno offerte armi, ma solo attrezzature per la sicurezza, piccole imbarcazioni e uniformi.
Tuttavia, mentre le industrie europee (e non solo) sgomitano per accaparrarsi le commesse per le forze armate della nuova Libia, un vero e proprio esercito libico da armare ancora non esiste. Ieri il quotidiano arabo Asharq al Awsat, citando fonti governative, sottolineava come Tripoli stia incontrando molte difficoltà a istituire un esercito nazionale che possa fornire le garanzie necessarie per l’acquisto di armi.
Questo nonostante gli alberghi di Tripoli pullulino di rappresentanti delle aziende produttrici di armi provenienti da tutto il mondo.
Il problema è che, anche se migliaia di ex ribelli hanno accettato di entrare nei ranghi delle forze di sicurezza nazionali, molti altri gruppi – tra i quali gli islamici di Ansar al Sharia, noti per essere stati accusati dell’attacco al consolato Usa di Bengasi – hanno rifiutato di consegnare le loro armi. Secondo il capo della missione Onu in Libia Tarek Mitri, se 20mila ex ribelli sono entrati nell’esercito o nella polizia, sono circa dieci volte tanto i miliziani che hanno deciso di non sottomettersi all’autorità del governo centrale.
Una situazione potenzialmente esplosiva che però all’estero in molti sembrano non voler prendere in considerazione, preferendo soffermarsi sulla miracolosa ripresa economica: secondo le stime dell’Fmi, nel 2012 il Pil libico ha registrato una crescita del 124% (dopo il crollo del 60% del 2011), mentre nel corso dello stesso anno la Libia è riuscita a esportare una media di oltre 1,3 milioni di barili al giorno, e nel prossimo futuro punta di riuscire a raggiungere e superare gli 1,6 milioni di barili di prima della guerra.
Una crescita che, però, potrebbe essere minacciata dalle tensioni interne. Ieri è arrivata la notizia che la società petrolifera Lerco – una joint venture tra la compagnia di Stato libica Noc e il gruppo degli Emirati Arabi Uniti Al Ghurair, che opera a Ras Lanuf – ha dichiarato lo stato di forza maggiore fino al 7 marzo dopo uno sciopero di quasi una settimana alla fine di gennaio e una interruzione della fornitura elettrica. Forza maggiore è una clausola presente nei contratti che essenzialmente libera ambo le parti da responsabilità e obblighi nel caso in cui un evento inusuale o circostanze oltre il loro controllo impediscono ad una delle parti di adempiere ai propri impegni.
L’estate scorsa il terminal petrolifero di Ras Lanuf, che ha una capacità di 220mila barili al giorno, era stato più volte occupato dalle milizie della Cirenaica che chiedevano a Tripoli una maggiore rappresentanza all’interno dell’Assemblea nazionale.


20 Febbraio 2013 12:00:00 – http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=19128

 

La Nato economica al lavoro, Manlio Dinucci

l‘Imu la pagano? Domanda ovviamente retorica

L’amore statunitense per il popolo italiano, che ospita così tante basi militari Usa sul proprio territorio…

«Amore per il popolo italiano»: lo ha dichiarato il presidente Obama ricevendo alla Casa bianca il presidente Napolitano «l’indomani di San Valentino». Perché tanto amore? Il popolo italiano «accoglie e ospita le nostre truppe sul proprio suolo». 
Accoglienza molto apprezzata dal Pentagono, che possiede in Italia (secondo i dati ufficiali 2012) 1485 edifici, con una superficie di 942mila m2, cui se ne aggiungono 996 in affitto o concessione. Sono distribuiti in 37 siti principali (basi e altre strutture militari) e 22  minori. Nel giro di un anno, i militari Usa di stanza in Italia sono aumentati di oltre 1500, superando i 10mila. Compresi i dipendenti civili, il personale del Pentagono in Italia ammonta a circa 14mila unità. Alle strutture militari Usa si aggiungono quelle Nato, sempre sotto comando Usa: come il Comando interforze, col suo nuovo quartier generale di Lago Patria (Napoli). 
«Ospitando» alcune delle più important i strutture militari Usa/Nato, l’Italia svolge un ruolo cardine nella strategia statunitense che, dopo la guerra alla Libia, non solo mira alla Siria e all’Iran ma va oltre, spostando il suo centro focale verso la regione Asia/Pacifico per fronteggiare la Cina in ascesa.  
Per coinvolgere gli alleati europei in tale strategia, Washington deve rafforzare l’alleanza atlantica, anche economicamente. Da qui il progetto di un «accordo di libero scambio Usa-Unione europea», riproposto da Obama nell’incontro con Napolitano. Accordo che riscuote l’incondizionato appoggio del presidente italiano ancor prima che sia scritto e ne siano valutate le conseguenze per l’economia italiana (soprattutto per le pmi e le aziende agricole). Si tratta, sottolinea Napolitano, di «un nuovo stadio storico nei rapporti tra Europa e Stati Uniti, non solo economicamente ma anche da un punto di vista politico». 
Si prospetta dunque una  «Nato economica», f unzionale al sistema politico-economico occidentale dominato dagli Stati uniti. Sostenuta dai grandi gruppi multinazionali, come la potente banca statunitense Goldman Sachs. Il nome è una garanzia: dopo aver partecipato alla truffa internazionale dei mutui subprime e aver così contribuito a provocare la crisi finanziaria che dagli Stati uniti ha investito l’Europa, la Goldman Sachs ha speculato sulla crisi europea, istruendo i suoi principali clienti su come fare soldi con la crisi e, subito dopo, piazzando al governo in Italia (grazie a Napolitano) il suo consulente internazionale Mario Monti. 
Il cui governo è stato subito garantito dal segretario del Pd Bersani come «autorevole e a forte caratura tecnica». Lo stesso Bersani, intervistato da America 24, dichiara ora che, «nella tradizione di governo del centrosinistra di assoluta fedeltà e amicizia con gli Stati uniti, siamo assolutamente favorevoli a che fra Europa e Stati uniti si creino meccanismi di libero scambio». Comunque vada il voto, l’adesione dell’Italia alla Nato economica è assicurata.

http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=45076

Cade il governo bulgaro, l’undicesimo Ue dall’inizio della crisi

Il dimissionario premier bulgaro, Boiko Borisov (Reuters)

Il primo a cadere, nel gennaio 2011, fu l’irlandese Brian Cowen, l’ultimo della lista – per ora – è il collega bulgaro Boiko Borisov. Il suo governo ha dato le dimissioni mercoledì mattina, sconfitto dalla protesta dell’intero Paese per l’aumento dei prezzi dell’elettricità portato dall’inverno. L’austerity portata dalla crisi del debito scoppiata in Europa a fine 2009 ha fatto un’altra vittima.

Il siluramento del ministro delle Finanze Simeon Djankov, sacrificato da Borisov il 18 febbraio per calmare le acque, non è bastato: la Bulgaria è il più povero tra i Paesi dell’Unione europea, e gli aumenti dei prezzi hanno fatto traboccare l’esasperazione generale di fronte all’abbassamento del tenore di vita, la corruzione al potere, i monopoli. A Sofia, al grido “Mafiosi, dimettetevi!”, per tre notti la protesta è sfociata in scontri violenti con la polizia, con arresti e feriti. E alla fine l’invito è stato raccolto: “Ho fatto tutto quanto è in mio potere per accogliere le richieste – ha proclamato Borisov -. Non prenderò parte a un governo che fa picchiare la gente dalla polizia”.

Gettata la spugna, potrebbe raccoglierla di nuovo subito. Borisov, ex guardia del corpo del dittatore comunista Todor Zhivkov ed ex sindaco di Sofia, può tentare di formare un nuovo esecutivo o proporre un successore appoggiandosi alla maggioranza che il suo partito di centro-destra, Gerb (sigla di Cittadini per lo sviluppo europeo della Bulgaria), mantiene in Parlamanento. Se fallirà – Borisov esclude di governare in una coalizione – la Bulgaria dovrebbe anticipare le elezioni in programma il 7 luglio, mettendo alla prova la reale popolarità di Gerb e dell’opposizione socialista di fronte alle misure di austerità – tasse in aumento, pensioni e salari bloccati – che fino allo scorso anno il premier aveva cercato di limitare.

Ma oggi la disoccupazione in Bulgaria resta all’11,9%, i salari medi sono congelati a 800 lev al mese, 410 euro, le piccole imprese falliscono e in luglio il costo dell’elettricità è stato aumentato del 13%. In più, la crisi interna rischia di traboccare oltre confine: tra le promesse fatte dal governo per placare le proteste c’è quella di revocare la licenza alla compagnia che distribuisce l’elettricità, la Cez, per il 70% di proprietà del governo ceco. Che ha subito chiesto spiegazioni, assicurando di essere pronto a passare alle vie legali.

http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2013-02-20/bulgaria-crisi-governo-122824.shtml?uuid=AbgFwHWH

 

Wall Street entra in campagna elettorale

Le banche Usa temono il successo di Grillo e Berlusconi 

Andrea Angelini    

Le banche di affari, di investimento e di speculazione internazionali sono molto preoccupate del possibile esito delle elezioni politiche italiane. Lo scenario temuto più di ogni altro è quello che vede un successo del centrodestra con il ritorno di quello che viene indicato come l’impresentabile Berlusconi, quello che l’Economist definì “inadatto a governare”. Non sono soltanto le banche anglo-americane a vedere Berlusconi come il fumo negli occhi. Anche una giapponese come Nomura non ha mancato, in un suo rapporto per la clientela, a mostrarsi quanto mai preoccupata. Così, oltre al timore che il prossimo governo, pure quello del Pd con Monti, non sarà in grado di attuare compiutamente le riforme strutturali (pensioni più risicate e lavoro più precario in primis), riciccia fuori la previsione, che poi è una minaccia, che senza insistere nella politica di austerità, lo spread tra i Btp italiani e i Bund tedeschi possa tornare a salire di molto. Dobbiamo quindi aspettarci lo stesso giochetto operato nel novembre 2011 quando la speculazione anglofona, banche e agenzie di rating coordinate, portò il differenziale di rendimento a 570 punti? In tal modo, si  spianò la strada alla nascita del governo Monti che ora lo ha portato a 260-270 punti. La finanza anglofona, in questo caso hanno detto la loro banche come JP Morgan e Citigroup, vuole che l’Italia svenda le proprie aziende pubbliche per fare cassa ed abbattere il tetto del debito pubblico. Gli avvenimenti giudiziari pre-elettorali sono in tal senso, per loro, molto incoraggianti. La Finmeccanica ha visto arrestato il proprio presidente ed una sua controllata (Agusta Westland) è finita nei guai in India per una presunta tangente per la vendita di elicotteri. A sua volta la Saipem, controllata del’Eni, è finita sotto inchiesta per mazzette che sarebbero state versate in Algeria. Per l’Enel, la terza società sulla quale gli anglofoni vorrebbero banchettare, non è ancora emerso niente, ma qualcosa si fa presto ad inventarla.

Le banche Usa lanciano l’allarme sia sulla governabilità che sui rischi che ne deriverebbero per chi volesse andare ad investire in Italia. Preoccupa il possibile successo di un movimento anti europeo come quello di Grillo che di uno euroscettico come il PdL Berlusconi che, con le sue promesse di restituire l’Imu, peggiorerebbe lo stato dei conti pubblici e creerebbe non pochi problemi ad Angela Merkel. La Cancelliera in autunno è attesa dalle elezioni politiche e non ha alcuna intenzione di apparire come colei che regala soldi a quelli scialacquatori dell’area Sud, italiani, spagnoli e greci.

 

Atene accoglie Hollande nel silenzio più totale

i media italiani sono troppo impegnati a denigrare chi propone di togliere i contributi per fare disinformazione per conto della finanza….ovvio che censurano ed occultano i fatti greci

 Atene accoglie Hollande nel silenzio più totale

In Italia, invece, i media si prostrano alle manovre della banda degli eurocrati e alle loro politiche assassine 

 Ugo Gaudenzi       

 Mentre in Italia vanno in onda i ludi cartacei, e i nostri media embedded partecipano alla censura di ogni “turbativa” al disordine costituito, in Grecia gli organi di informazione hanno accolto nel silenzio e nello sciopero generale il presidente francese Francois Hollande in una visita “di controllo” sullo stato di salute della nazione europea ridotta sul lastrico dall’austerità voluta dall’eurocrazia.

Radiotelevisioni, quotidiani e anche i notiziari in rete hanno partecipato al black-out informativo di ieri, martedì, pur in presenza di un’ordinanza giudiziaria che dichiarava lo sciopero “illecito”. La stessa tv pubblica si è limitata a dare soltanto una stringata copertura dell’arrivo di Hollande.

I giornalisti greci – ah che distanza di anni luce dai loro colleghi italioti… – sono infatti più che attivi nella protesta contro le misure di rigore e i tagli sociali ordinati dal governo delle banche e dalla mostruosa tecnocrazia dell’Ue. La protesta della stampa greca, per di più, è stata un evidente assaggio di quanto accadrà con lo sciopero generale indetto per oggi dalle due maggiori centrali sindacali elleniche.

Ricordiamo noi – visto che Rinascita sarà l’unico quotidiano nazionale a parlare di quanto accade al di là dello Jonio – che la visita di Hollande (al premier Samaras, al presidente Papoulias, al segretario dei socialistiVenizelos e… ai quaranta maggiori imprenditori greci) è stata preceduta, nell’ottobre scorso da quella del cancelliere tedesco Angela Merkel, accolta ad Atene da decine di migliaia di manifestanti alquanto “irritati”.

Tornando ai giornalisti ellenici, loro protestano per tremila licenziati e chiusure di settore. In Italia è peggio, ma il silenzio è d’oro.

  

 

Bulgaria: scontri con la polizia per opporsi agli aumenti

In Italia ci si limita a suicidarsi. Siamo educati vero?

 Bulgaria: scontri con la polizia per opporsi agli aumenti

 Il premier Boyko Borisov promette un calo dei costi dell’energia elettrica, ma preferisce non rinazionalizzare il settore 

 Andrea Perrone    

 Undici persone, tra cui cinque poliziotti, sono rimaste ferite a Sofia negli scontri tra manifestanti e forze dell’ordine, dopo una dimostrazione contro il governo bulgaro degenerata in atti di vandalismo e saccheggi. L’ultima ondata di proteste contro l’esecutivo di Boyko Borisov (nella foto), scatenata dai forti aumenti delle bollette elettriche, ha portato in piazza migliaia di persone anche in altre città del Paese più povero dell’Unione europea, che in nottata hanno messo a ferro e fuoco la capitale Sofia. “Cinque agenti e sei manifestanti hanno avuto necessità di cure mediche, ma nessuno è grave”, ha annunciato il capo della polizia di Sofia, Valery Yordanov, alla radio pubblica BNR ieri mattina. Undici persone sono state arrestate per teppismo e atti vandalici, ha aggiunto, al temine di una protesta in cui la folla, stimata dai media in 1.500-2.000 persone, ha lanciato pietre contro gli edifici del parlamento a Sofia. Per disperdere i manifestanti, che hanno lasciato l’area circostante il Parlamento, occupando le strade del centro per parecchie ore, è intervenuta la polizia antisommossa con manganelli e scudi. La televisione pubblica BNT ha mostrato gli agenti mentre inseguono e picchiano un drappello di manifestanti, sullo sfondo di vetrine rotte e bidoni dell’immondizia rovesciati. Danneggiate anche sei auto della polizia, secondo quanto denunciato dalle stesse forze dell’ordine. Dal canto suo il premier di Sofia ha promesso un taglio netto dei costi delle bollette elettriche fino all’8 per cento, annunciando persino la revoca della licenza per la distribuzione di energia alla ceca Cez. Oltre a quest’ultima anche un’altra società ceca, Energo-Pro, verrà punita e assieme a queste l’austriaca EVN. “Possiamo ridurre i prezzi elettrici dell’otto per cento dal primo marzo, se l’autorità per l’energia li autorizza”, ha osservato Borisov, ricomparso ieri davanti ai media per la prima volta dall’inizio delle violente proteste. “La licenza di Cez sarà revocata entro stasera e i tre distributori di energia sono stati multati”, ha proseguito sulla stessa lunghezza d’onda. Ma Borisov, nonostante tutto, non intende nazionalizzare di nuovo le società di distribuzione. Tuttavia per indorare la pillola ha promesso di intervenire affinché i rincari si fermino.

 

Bersani sogna di intruppare gli eletti del M5S –

Se esistesse un Oscar  per demagogia lo vincerebbe sicuramente Gargamella – propone un’Opa sui grillini e parla di clientelismo altrui.

Fantastico

Bersani sogna di intruppare gli eletti del M5S

Il Pd: “Con i grillini in Parlamento ci sarà da fare uno scouting e capire se intendono essere eterodiretti” 

Matteo Mascia

Un’enorme pattuglia di parlamentari grillini si prepara ad invadere i seggi di Montecitorio e Palazzo Madama. Oltre cento persone – stando agli ultimi sondaggi disponibili – dovranno prendere confidenza con le dinamiche interne alla stanza dei bottoni. Ci saranno da nominare i componenti della Commissioni permanenti e gli organi di garanzia nelle Commissioni di controllo.
Quasi sicuramente, un uomo del “Movimento 5 stelle” sarà destinato alla vicepresidenza di Camera o Senato. Sempre che i “dirigenti” del partito liquido accettino di scendere a patti con le altre forze politiche presenti nelle Aule. L’approccio annunciato qualche mese fa da Beppe Grillo si annuncia rivoluzionario.
Sicuramente è molto curiosa l’idea di voler attraversare la legislatura con un “capogruppo rotativo” da rinominare ogni tre mesi. Stessa cosa dicasi per la disciplina relativa ai finanziamenti erogati ai Gruppi parlamentari. Le norme interne al Parlamento garantiscono un quantum ogni mese in base al numero dei componenti. Soldi che dovranno essere impiegati per il pagamento delle spettanze ai dipendenti, per l’acquisto di prodotti editoriali e per garantire l’organizzazione di manifestazioni interne alla Camera di appartenenza. Con il passare dei mesi, Grillo potrebbe avere sempre più difficoltà a controllare la condotta dei suoi eletti. Molti di questi sono alla prima esperienza politica. Un dettaglio positivo che può nascondere certamente delle insidie. Bersani ha lanciato un importante ammonimento a tutti i futuri deputati e senatori del “5 stelle”. “Con i grillini in Parlamento ci sarà da fare uno scouting, capire se preferiscono essere eterodiretti o partecipare alla discussione parlamentare senza vincoli di mandato. Qui non si tratta di campagna acquisti ma li testeremo sui fatti”, ha dichiarato il leader del centrosinistra durante un’intervista. Il segretario del Pd ha riconosciuto l’importanza di alcuni temi sollevati dal Movimento 5 Stelle, “la democrazia diretta, la sobrietà nella politica, la Rete, quello che dicono su alcuni temi è interessante”.
Capisco la gente che va in piazza a protestare “però devo chiedere a Grillo dove vuole portare questa gente, visto che fa cose sconosciute a tutte le democrazie del mondo, non risponde alle domande, dice che non esiste né sinistra né destra: ha deciso di uscire dalla democrazia?”. Una domanda retorica a cui potrebbe rispondere qualunque cittadino italiano. Il Movimento non ha nessuna intenzione di uscire dai binari della democrazia parlamentare. Anzi, ne sta utilizzando formule e norme per cercare di essere determinante nella prossima legislatura. Un punto di svolta che ne cambierà ufficialmente la storia. Tra due settimane, Grillo non potrà più dire che il Parlamento fa schifo, non si potrà più augurare l’arrivo di un missile sopra il Transatlantico. I suoi uomini diventeranno pienamente organici a tutta l’organizzazione. Il suo funzionamento dipenderà anche dal loro voto. Bersani ha manifestato un’intenzione di cui si parla da tempo. Il centrosinistra sta facendo di tutto per esorcizzare il pericolo di un pareggio nella Camera alta.
Entro dieci giorni dalla nomina del suo Governo – sempre che il Pd esca vincitore dalle urne – dovrà presentarsi in entrambi i rami del Parlamento per incassare la fiducia. La sconfitta in Lombardia, Veneto, Friuli e Sicilia (le Regioni maggiormente in bilico) potrebbe rovinare i suoi piani e rendere difficilissima la conquista della maggioranza semplice. Per questo motivo, sarebbe determinante puntare sull’appoggio esterno del “Mov5S”, per permettere la nascita di un Esecutivo della “non sfiducia”, o puntare sulla transumanza di una manciata di eletti. Come insegnano le ultime due legislature, non sarebbe certo una novità.
Antonio Ingroia si è già chiamato fuori da un eventuale patto tra Bersani e gli uomini di Grillo. Per l’ex pm palermitano molte delle persone presenti nelle liste del Movimento sono solo degli “incompetenti”. Grillo dovrà dimostrare – nei fatti – di riuscire a gestire un grande Gruppo parlamentare dall’esterno del Palazzo. La missione non è affatto semplice. In Sicilia, al momento, non si sono registrate forti difficoltà. Il Mov5S ha però preso parte attiva ad alcune importanti votazioni dell’Assemblea regionale. A dimostrazione che il suo comportamento non collima sempre con quello di una forza che fa dell’essere “anti-sistema” la sua ragione sociale.


20 Febbraio 2013 12:00:00 – http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=19146

 

USA: intere città saranno sorvegliate da droni 24 ore su 24

di Paul Joseph Watson – 19/02/2013

SORVEGLIANZA-TOTALEUn sensore collocato sul drone può vedere oggetti di 15 cm da un’altitudine di circa 6000 metri.

 

La videocamera di sorveglianza ARGUS-IS da 1,8 miliardi di pixel, altrimenti nota come Area Persistent Stare (“sguardo fisso permanente sull’area”, NdT) è stata sviluppata dalla BAE Systems quale parte del contratto con la Defense Advanced Research Projects Agency (DARPA).   Attraverso l’uso di 368 videocamere da cellulari da cinque megapixel, il sistema può essere adattato a un velivolo telecomandato e si può perfino progettare di incorporarlo all’interno del prototipo di drone solare Eagle, in grado di restare in volo per anni.  Il video richiamato in questo articolo ci mostra l’inventore del sistema ARGUS,Yiannis Antoniades, della BAE Systems, mentre descrive il modo in cui il sistema equivale ad avere «fino a 100 droni di tipo Predator che controllano insieme unarea grande quanto un media città», e come il sistema possa tracciare qualsiasi oggetto in movimento in un’area di 38 chilometri quadrati: chiunque cammini per strada, perfino qualsiasi uccello in volo nel cielo, nonché oggetti sul terreno di appena 15 centimetri.

«Qualsiasi oggetto o soggetto in movimento è automaticamente identificato. Puoi vedere gli individui che attraversano la strada, o quelli che camminano nei parcheggi. C’è in effetti abbastanza risoluzione da poter vedere le persone che muovono le proprie braccia e notare quali abiti indossino», dichiara Antoniades.

Il sistema può archiviare un milione di terabyte di video al giorno5mila ore di registrazioni video in alta definizione, mentre invia in tempo reale il filmato a una postazione a terra. ARGUS può «zoomare e vedere fino a un incredibile livello di dettaglio».

I particolari del progetto, intrapreso nel 2007, sono stati diffusi solo recentemente, dopo che il Governo ha revocato l’ordine di riserbo, ma il sensore in sé resta materiale classificato e non può essere fotografato.

Antoniades si ha rifiutato di fare commenti in merito al fatto che il sistema sia stato già dispiegato sul campo oppure no, ma ha affermato: «Non ho la facoltà di discutere dei piani del Governo, ma se avessimo questa scelta, ci piacerebbe che ARGUS sorvegliasse un’area fissa per 24 ore al giorno, 7 giorni alla settimana» e ha aggiunto che i droni sarebbero una «piattaforma ideale» per quel sensore.

«Ci stiamo muovendo verso una società sempre più elettronica, in cui tutti i nostri movimenti saranno tracciati», ha dichiarato Mary Cummings, dell’Humans and Automation Lab presso il MIT.

Gli esperti prevedono che ci saranno 30mila droni di sorveglianza nei cieli americani entro il 2020 a seguito della legge approvata lo scorso anno dal Congresso, che consente l’uso di droni spia sul suolo patrio.

«Adesso: considerate questa tecnologia all’interno del contesto degli attacchi extra-giudiziali attuati con i droni, le cui singole azioni sono decise e intraprese da sistemi di intelligenza artificiale in base a parametri che determinano in modo automatico se tu sei o meno una minaccia, e potrete rendervi conto di quanto diventeranno pericolosi dei droni armati con simili sistemi di rilevamento delle immagini», scrive Max Slavo.

 

Traduzione per Megachip a cura di Pino Cabras.

Fonte: http://www.infowars.com/new-surveillance-system-tracks-every-moving-object-in-an-entire-city/

 

Candidata centrosinistra si ritira: “Faranno accordo con Monti, non votatemi”

Posted By Nicoletta Forcheri On 20 febbraio 2013 

Fonte: http://www.nocensura.com/2013/02/candidata-centrosinistra-si-ritira.html [1] – Fonte:http://www.controlacrisi.org/notizia/Politica/2013/2/19/31393-candidata-centro-sinistra-si-ritira-faranno-accordo-con/ [2] di Alessia Forgione

Non ci sta, e ritira la sua candidatura dalla corsa elettorale. Non gli va di stare in una coalizione che dopo le elezioni aprirà a Monti truffando un sacco di persone con la scusa del voto utile. Buona lettura.

Candidata con il centro sinistra (Psi), nonché esponente locale del suo partito (Guidonia e Tivoli), Marta Baldassarini si ribella alla decisione presa ai vertici del suo schieramento a livello nazionale, ovverosia: allearsi con Mario Monti in caso di mancanza dei voti per garantire il nuovo governo.

E il “sì” a Monti sarebbe stato ribadito proprio da un big del Psi, nei giorni scorsi al Tg5, Bobo Craxi, candidato senatore di spicco per tutta la lista.
Proprio a lui la Baldassarini avrebbe chiesto di «chiarire» in pubblico – più precisamente nell’incontro aperto alla cittadinanza svoltosi domenica scorsa a Guidonia – la linea politica nazionale, ribadendo che chi si è candidato poco più di due settimane fa’ in una lista che a detta della stessa candidata «deve stare a fianco al popolo, ai lavoratori e a tutti gli strati più deboli» non potrebbe spiegare «in nessun modo, davvero» una strategia elettorale di appoggio a fazioni «notoriamente al servizio delle lobby finanziarie e dei poteri forti». Ma non sarebbe stata confortante la risposta del leader socialista, che avrebbe sottolineato in maniera secca la “necessità” di appoggiare il cosiddetto ‘centrino’ in caso di mancanza di “numeri” all’indomani del voto, lasciando probabilmente intendere uno sforzo condiviso nel suo stesso partito di sostenere una linea Bersani, già declamata dallo stesso leader Pd in questi giorni e ampiamente discussa sulle cronache nazionali.

Sconcertata e indignata, preferisce, sostiene lei, «rinunciare, piuttosto che fare da testimonial a una scelta assurda» e aggiunge «purtroppo non posso ritirarmi però posso protestare dicendo di non votarmi perché a questo punto non lo trovo assolutamente giusto».
E ancora «fosse anche un’eventualità remota – quella di una possibile alleanza con i “tassatori del popolo” – dico “no” a gran voce. Questa scelta non risponde affatto al mio modo ‘onesto’ di fare politica; io non faccio promesse e non porto i miei elettori a cena, io sono una casalinga e prima ancora sono una cittadina e voglio rappresentare la voce del popolo, delle mamme di famiglia, dei lavoratori, dei disabili. Voglio continuare a fare politica, ricominciando dalla mia città, e spero che anche le spaccature interne al mio partito su Guidonia e Tivoli, trovino una risoluzione al più presto . Senza contare che ho una reputazione, sono rispettata e alla mia faccia ci tengo quindi non ammetto che venga associata a quella di chi ha rovinato la vita a tanta gente; io voglio continuare a camminare a testa alta ed è per questo che preferisco rinunciare piuttosto che farmi convincere». Alessia Forgione

 http://www.stampalibera.com/?p=60384

 

Notizie dalla magnifica, solidale, umana, tollerante antirazzista UE

UE: per il Mali stanziati 115 milioni di euro in un anno

20 febbr – La Commissione Ue aumenta il suo impegno per il Mali di 22 milioni di euro. Con questa nuova cifra lo stanziamento complessivo di fondi da parte dell’Ue al paese africano si attesta a 115 milioni di euro dall’inizio della crisi nel 2012. Obiettivo del finanziamento extra sono l’assistenza alimentare i servizi essenziali.

”In Mali i piu’ deboli sono stati colpiti da una tripla crisi negli ultimi anni: prima una siccita’ che ha portato ad una crisi alimentare nel 2012 e poi l’instabilita’ politica ed il conflitto”, osserva il Commissario per la cooperazione internazionale e aiuti umanitari Kristalina Georgeva, che pone tra i suoi primi obiettivi quello di ”stabilizzare la situazione molto critica sotto il profilo alimentare, che e’ stato aggravato dal conflitto”. ansa

http://www.imolaoggi.it/?p=42175

 

Certo certo, lo fa per il bene dei cittadini del Mali così come ha imposto sanzioni economiche da anni contro i cittadini dello Zimbabwe senza le quali avrebbero cibo a sufficenza mentre per le riforme che la Ue per conto degli Usa vuole IMPORRE ANCHE a chi non fa parte della banda criminale europeide- leggasi Zimbabwe. Il partito di Mugabe contro l’Ue

Oppure le sanzioni contro l’Iran e Siria e CENSURA ED OSCURAMENTO dei satelliti iraniani sono considerati un NOBILE GESTO PER LA PACE? La Ue è sempre un premio nobel no?

 

Prodi fa da megafono all’altro pacifista criminale internazionale BLAIR che auspica una guerra per intere generazioni-

 

UE: Rehn ricorda le parole Prodi, “l’euro è il nostro futuro”

19 feb – ”L’euro e’ uno dei piu’ grandi successi dell’integrazione europea”, concordo con quanto dichiarato da Romano Prodi quando nel 2002 nel ruodo di presidente della Commissione Ue disse che ”l’euro e’ la vostra moneta e la nostra moneta.

E’ il nostro futuro e un pezzo d’Europa nelle nostre mani”. Cosi’, il commissario europeo agli Affari economici e monetari Olli Rehn, nel corso di un’audizione pubblica sul futuro economico e politico dell’Unione valutaria al Comitato economico e sociale europeo (Cese).

Prodi e Ciampi truccarono i conti per entrare nell’euro e la Germania lo sapeva

Tuttavia, ha aggiunto Rehn, ”come ogni grande conquista al principio l’euro ha nascosto delle debolezze e delle lacune, verificatesi poi nella crisi finanziaria che stiamo vivendo. E affrontare queste debolezze ha richiesto un notevole sforzo da parte dei leader e dei popoli della zona euro”.

http://www.imolaoggi.it/?p=42163

Rajoy come Monti ha salvato la Spagna. Ed io che pensavo a sentire i tg che lo psiconano avesse rovinato l’Italia, che ha governato anche in Spagna?!

Spagna, Rajoy: abbiamo salvato il Paese dal naufragio

Pubblicato da ImolaOggi EUROPA UENEWS feb 20, 2013

20 feb – ”Abbiamo salvato il Paese dal naufragio. Senza perdere un minuto abbiamo implementato tutte le riforme necessarie” per il rilancio del ”sistema produttivo”. Cosi’, il primo ministro spagnolo Mariano Rajoy, nel suo primo discorso come capo del governo durante la 22esima edizione del Dibattito sullo stato della Nazione.

Spagna; nuovo crac immobiliare, buco di 3,6 mld di euro

”Nessuno avrebbe mai scommesso sulla Spagna un anno fa – ha aggiunto -. Beh, nessuno nessuno pensa oggi che la Spagna non potra’ avere successo in futuro”. asca

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§                     Spagna: una donna si dà fuoco nella banca con la quale è in debito

§                     Spagna: pignoramenti, disoccupazione, suicidi. Draghi: le banche spagnole stanno bene

§                     Crisi Spagna: Tv annuncia via e mail 843 licenziamenti

§                     Spagna: pignoramenti e sfratti, 3 suicidi in poche ore

§                     Povertà in Spagna: Croce Rossa assiste 2,3 milioni di indigenti

§                     Spagna: famiglie e imprese fallite +40% a fine 2012

§                     Spagna: Siviglia sommersa dai rifiuti

Standard & Poor’s: non abbandonare le riforme (votare Monti)

Pubblicato da ImolaOggi NEWSPOLITICA feb 20, 2013

20 feb – In Italia ”la frammentazione e la debolezza delle coalizioni politiche che hanno guidato il paese ”contribuiscono a spiegare l’alto debito pubblico, stimato al 127% del Pil a fine 2012”, cosi’ l’agenzia di rating Standard & Poor’s (S&P) che pubblica le risposte alle domande degli investitori sui paesi dell’Eurozona che presentano le maggiori criticita’.

Gli investitori chiedono lumi sui possibili effetti delle prossime elezioni politiche.

Per S&P, considerando l’avanzo primario del bilancio pubblico italiano, il principale ”rischio per l’Italia e’ dal lato della crescita economica”, soprattutto se dopo le elezioni del 25 febbraio dovesse essere abbandonato il sentiero delle ”riforme strutturali per migliorare le prospettive di crescita del paese”.

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Ma guarda questi italiani cosa non si inventano per evadere….tentano il suicidio..

 

ECCOLO IL FUTURO DI PRODI E DEGLI EUROFANATICI

 

Roma: imprenditore tenta il suicidio, salvato dai carabinieri

20 feb – I carabinieri di Frascati (Rm) hanno strappato alla morte un imprenditore 60enne che aveva tentato il suicidio stretto nella morsa della crisi economica. Lo riferisce una nota del Comando provinciale di Roma.

Nel primo pomeriggio ieri un amico dell’imprenditore ha allertato i carabineri dopo aver ricevuto un sms in cui l’uomo dichiarava di aver gia’ ingerito diverse scatole di barbiturici e bevande alcoliche con la chiara intenzione di farla finita.

Grazie alla localizzazione del cellulare del 60enne e alla collaborazione di una sua amica, i Carabinieri sono riusciti ad individuarlo in un appartamento di Rocca Priora, trovandolo gia’ in stato di incoscienza, disteso su un letto: l’intervento lo ha salvato da morte certa. Nell’abitazione i militari hanno rinvenuto alcuni biglietti, indirizzati prevalentemente ai suoi familiari, in cui l’uomo spiegava che le difficolta’ economiche che stava attraversando a causa della crisi lo avevano portato a prendere quella decisione estrema.

L’imprenditore e’ ora ricoverato presso l’ospedale di Frascati, ma non in pericolo di vita.

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E CONCLUDIAMO IN BELLEZZA, PIU’ EUROPA PER TUTTI!! CHE BELLO NO???

 

Approvato: la UE potrà “imporre” modifiche alle finanziarie degli Stati

20 febbr – Accordo tra Parlamento Ue, Consiglio e Commissione sul ‘Two pack‘, che rafforza la governance europea e da’ nuovi poteri alla Commissione tra cui quello di ‘imporre’ modifiche alle finanziarie degli Stati.

 

Il ‘two pack’ era bloccato da mesi perche’ il Parlamento voleva inserirvi il ‘fondo di redenzione del debito’ dove far confluire le eccedenze degli Stati da riscattare in 25 anni, ma a causa dell’opposizione della Germania si solo e’ delegato a un gruppo di saggi lo studio di fattibilita’.

Il Parlamento si e’ poi voluto assicurare che la nuova stretta sulla governance tenga conto degli sforzi gia’ fatti dai Paesi e non aggravi quindi le richieste sui bilanci gia’ falcidiati. ”Bisogna assicurare che i tagli non vengano fatti a discapito di investimenti con potenziale di crescita”, spiega il Parlamento.

Agli Stati verra’ quindi chiesto di dettagliare quali investimenti hanno un potenziale di crescita e occupazione, e ”la riduzione dei loro deficit dovra’ essere applicata in modo piu’ flessibile in circostanze eccezionali o in condizioni di andamento molto negativo dell’economia”.

Per il commissario agli affari economici Olli Rehn si tratta di un passo in avanti ”significativo, che consente all’eurozona di beneficiare di una politica piu’ integrata ed efficace gia’ dal ciclo finanziario del 2014”. Per il presidente del Parlamento Martin Schulz il two pack rende l’Europa ”piu’ forte di fronte a nuove crisi”.

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