Imprenditore si uccide in ditta “Sfinito dalla crisi e da Equitalia”

Tragedia ad Alfonsine

Gabriele Gaudenzi, 50 anni, è stato trovato morto dalla moglie nel suo capannone

Alfonsine, imprenditore si toglie la vita

Alfonsine, imprenditore si toglie la vita

Ravenna, 25 febbraio 2013 – SI È TOLTO la vita nel magazzino della propria ditta di via Reale. Non ha lasciato scritti ma i familiari di Gabriele Gaudenzi, 50 anni, piccolo imprenditore di Alfonsine, tendono ad attribuire le cause dalla tragedia alla crisi e alla paura per ciò che il futuro gli avrebbe riservato. Il lavoro che mancava, una pesante sanzione di Equitalia, un mutuo con ipoteca della casa, sei dipendenti da stipendiare, la necessità di mantenere due figli (15 e 17 anni) e non sapere più in quale maniera. T

utto questo, aggiunto ad altre recenti difficoltà da ricercare nella sfera personale, lo avrebbero spinto a compiere il gesto estremo. Col fratello Marcello e il padre Matteo conduceva la ‘Gaudenzi imballaggi’, storica impresa familiare che opera nel settore degli imballaggi industriali in legno e arredo giardino. Ultimamente, parlando col padre, avrebbe più volte manifestato il proprio disagio, scoppiando in lacrime. A ritrovare il corpo senza vita, ieri mattina intorno alle 9, è stata la moglie, Virna.

A pesare sarebbe stata la difficile situazione economica della ditta, con sei dipendenti e rimasta senza liquidità dopo una sanzione di 47mila euro subìta nel 2009 dall’Agenzia delle entrate. Per questo, ora, resta l’enorme dolore di un padre chiamato a seppellire il proprio figlio. Matteo Gaudenzi, sorretto dall’altra figlia, non si dà pace e grida la propria rabbia contro il sistema e contro la politica: «È colpa loro se mio figlio Gabriele si è ucciso». Ai vigili urbani del corpo unico della Bassa Romagna e ai carabinieri di Alfonsine, intervenuti nel capannone di via Reale dopo la macabra scoperta, l’anziano capostipite ha indicato la catasta dei pannelli di legno, quasi ad attribuire una responsabilità indiretta alla materia prima che fino ad oggi ha dato vita e sostentamento alla famiglia e che ora invece ha portato morte e sconforto.

http://www.ilrestodelcarlino.it/ravenna/provincia/2013/02/25/850470-imprenditore-gaudenzi-suicida-alfonsine-equitalia-crisi.shtml

 

Europol affila gli artigli per volere di Bruxelles

La Commissione vuole un controllo più capillare dell’Ue, attraverso l’unione delle due Agenzie di polizia, l’una europea e l’altra britannica 

Andrea Perrone

Giro di vite ai danni dei cittadini Ue da parte dei tecnocrati di Bruxelles in vista di una possibile unificazione tra l?Agenzia di polizia europea, Europol, e l’Accademia europea delle forze dell’ordine britanniche (Cepol) allo scopo di raggiungere un controllo più capillare dei popoli e delle loro abitudini. Del resto sono note le preoccupazioni esposte negli ultimi anni sulla nuova forza di polizia europea, poiché sta iniziando a somigliare ad un vero e proprio servizio segreto, che con la scusa di monitorare e debellare la criminalità organizzata sul web si occupa di controllare anche i cittadini europei poco graditi dal punto di vista politico al sistema o per le loro opinioni poco ortodosse rispetto alla volontà degli eurocrati. E in una fase così complessa come quella della crisi economica, l’austerità e la recessione, comprese nuove forme di povertà diffusa, lo strumento potrebbe risultare molto utile. In pochi sono informati dei suoi programmi: un articolo pubblicato sul quotidiano tedesco Süddeutsche Zeitung ha precisato che, benché Europol sia stata istituita ufficialmente nel febbraio 1995, ancora non esiste terreno legale, né valide giustificazioni, per i suoi programmi. Tutti i dibattiti riguardanti il futuro di questa Agenzia europea avvengono a porte chiuse. E da quanto si evince Europol ha anche il compito di raccogliere informazioni dettagliate su ogni cittadino europeo,e sarebbe destinata per giunta ad essere indipendente da qualsiasi controllo legislativo. Ma nonostante questi interrogativi, i solerti eurocrati di Bruxelles hanno ritenuto opportuno valutare l’eventuale unione dell’Accademia europea di polizia, Cepol, del Regno Unito, con la polizia dell’Agenzia europea, Europol, con sede all’Aja. Il portavoce della Commissione Ue per gli Affari interni, Michele Cercone, ha precisato che “la questione è attualmente in fase di valutazione”, ma non ha fornito ulteriori dettagli. Da quanto si apprende la Commissione di Bruxelles potrebbe anche proporre una fusione parziale o consigliare alla Cepol di rimanere un organismo indipendente. Attualmente l’Accademia britannica ha un organico di circa 30 dipendenti.
L’idea della fusione è stata lanciata alla fine di gennaio, quando il capo di Europol, Rob Wainwright, ha riferito ai ministri britannici la proposta della Commissione Ue, da presentare nel mese di marzo, anche se ha già incontrato la resistenza da parte di alcuni eurodeputati.
“Al momento la commissione competente del Parlamento europeo ha espresso un parere relativamente ostile a questa possibilità”, ha osservato Wainwright, il 29 gennaio scorso. Il responsabile di Europol ha poi dichiarato che la proposta di fusione fa parte di un regolamento della Commissione legislativa più grande che “serve a modernizzare alcune delle nostre capacità di ricevere e scambiare informazioni”. Il direttore di Europol dal canto suo si oppone alla fusione, poiché potrebbe costituire un problema interistituzionale tra gli Stati membri e l’Europarlamento. “Non sono molto entusiasta. Questo non vuol dire che non lo sosteniamo”, ha ricordato Wainwright.
Dal canto suo l’eurodeputato liberale olandese Sophie In’t Veld ha sottolineato che una fusione avrebbe almeno qualche beneficio, affermando che con l’unione delle due agenzie verrebbe facilitato lo scambio di dati e la cooperazione reciproca. “Se la funzione dell’Europol è quella di sviluppare una vera e propria forza di polizia federale, sembrerebbe sensato avere strutture di formazione di alto livello in casa”, ha osservato la deputata di Strasburgo. Ma già nel 2010 i suoi colleghi dell’Europarlamento avevano rifiutato di concedere la sede nel Regno Unito alla polizia per le enormi difficoltà amministrative derivanti dalla cattiva gestione del bilancio, delle risorse umane, delle procedure di appalto e delle norme da applicare alle spese per i corsi. Ma qualcosa potrebbe rapidamente cambiare. Il portavoce della Cepol Claire Bose ha sottolineato che l’agenzia ha dato conto di tutte le carenze elencate nelle relazioni fornite dall’Europarlamento. La prossima volta dovrà andare meglio, ha ribadito Bose. Nonostante tutto però le due Agenzie di polizia stanno già lavorando assieme per contrastare – come viene sottolineato nei rapporti forniti a Strasburgo – la criminalità organizzata. Ma non è soltanto il criminale legato ad ambienti mafiosi a far lavorare gli intraprendenti poliziotti dell’Ue. L’anno scorso, le due agenzie hanno coordinato ben 25 corsi comuni in materia di squadre investigative, di tratta di esseri umani, di criminalità informatica, frode e confisca di beni. Accanto a questo avranno lavorato in comune per schedare i cittadini europei, insieme ai loro amici e parenti, in relazione alle loro frequentazioni politiche o adesioni ideologiche poco in linea con le regole del sistema imperante del politicamente corretto, che ci vuole non certo parte integrante di una comunità di destino, ma sudditi e consumatori di un Superstato, di stampo iperliberista e liberticida, per la gioia e l’ingordigia dei nemici di sempre: banche, multinazionali, eurocrati e poteri forti, più o meno occulti.


23 Febbraio 2013 http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=19237

Inchiesta sull’usura bancaria: dal suicidio di un imprenditore guai per tre banche

CHIETI. C’è un suicidio dietro l’inchiesta sull’usura scattata a Chieti nel maggio scorso e di cui si è avuta notizia pochi giorni fa con le perquisizioni in due banche di Pescara.
Gli accusati di usura sono 5 funzionari di banca in servizio o in pensione ed alcuni intermediari finanziari. Avrebbero taglieggiato un imprenditore agricolo della Val di Foro – che poi si è tolto la vita lo scorso anno – attraverso l’erogazione di prestiti vietati ed intascando sostanziose “provvidenze” mascherate da commissioni per la pratica bancaria. Per loro il pm Andrea Dell’Orso aveva chiesto l’arresto, poi non concesso dal Gip.
Le perquisizioni da parte delle Squadre Mobili di Chieti, Pescara e Roma sono avvenute in tre banche coinvolte (due abruzzesi ed una fuori regione): si cercano i documenti che in questo caso avrebbero consentito un giro vorticoso di finanziamenti a vario titolo per un importo vicino ai 2 mln di euro, di cui gran parte finiti nelle tasche dei 5 usurai. Ma la storia non finisce qui: nel corso delle indagini gli inquirenti si sono imbattuti in una ventina di altre posizioni di cittadini “costretti” a subire il taglieggiamento attraverso tangenti mascherate da “consulenze” per questi prestiti che non potevano essere concessi.
Su queste posizioni, che interessano il circondario di Chieti, sono in corso ulteriori accertamenti e verifiche. Così come sono sotto verifica molte altre banche locali e nazionali, alcune Finanziarie ed anche diverse associazioni imprenditoriali attraverso le quali sono passati decine di assegni, finanziamenti, mutui, scoperti bancari ed erogazioni di fondi pubblici che forse non potevano essere erogati.
Insomma i 5 presunti usurai avevano messo in piedi un sistema che da una parte invogliava ad indebitarsi e dall’altra rendeva impossibile saldare i debiti per le esose “competenze” estorte: una vera e propria persecuzione che non si è fermata nemmeno di fronte al suicidio e che sarebbe continuata anche nei confronti della famiglia della vittima.
Il dramma della famiglia della vittima è più che vivo acuito anche dal biglietto di quattro righe lasciato dal capofamiglia per chiedere perdono del suo gesto.
Ma proprio questo suicidio spiega il “vortice dell’usura” che travolge gli usurati e cioè la fiducia di poter trovare sempre una soluzione ai problemi, senza accorgersi che i debiti aumentano invece di diminuire. E spiega come alla fine chi è soffocato dal debito abbia la sensazione di non potercela fare, di essere abbandonato da tutti e di non avere altra soluzione che quella estrema. Oltre al biglietto di addio, nelle tasche di questo imprenditore è stato trovato il numero di telefono di un’Associazione antiusura che PrimaDaNoi.it ha contattato. 
Il dramma dell’usura è una piaga difficile da estirpare e che gode purtroppo di ottima salute specie in questi tempi di crisi. La procura di Chieti intanto continua ad indagare mentre l’inchiesta si allarga e potrebbe raggiungere nuovi approdi.

Sebastiano Calella –primadinoi.it

http://bancadegliitaliani.wordpress.com/2013/02/23/inchiesta-sullusura-bancaria-dal-suicidio-di-un-imprenditore-guai-per-tre-banche/