Archivi giornalieri: 26 gennaio 2016
GOLDMAN-SACHS E IL PREZZO DEL PETROLIO (LA SPERANZA E’ DI FAR AFFONDARE LA RUSSIA
Il prezzo del petrolio sembra muoversi irresistibilmente verso lo zero, sulla base delle aspettative di una Cina sempre più in crisi e del petrolio iraniano che si appresta a inondare i mercati mondiali, provocando un aumento dell’offerta sulla domanda. Almeno questo è quello che vogliono farci credere.
Il Brent è sceso sotto i 30 dollari al barile e continua a diventare sempre meno caro. Il basket del petrolio OPEC è sceso a 25 dollari al barile, la messicana Pemex ha perso un dollaro al barile, il greggio canadese è sceso a 15 dollari. “Il nostro business sta morendo dentro” – ha scritto il Wall Street Journal riportando le parole del proprietario di un’azienda dell’Illinois, e facendo riferimento agli analisti della Barclays che prevedono che i costi dell’industria scendano ancora del 20%, dopo essere caduti di un quarto nel 2015.
Il prezzo del petrolio, riaggiustato con le fluttuazioni attuali, sembra una linea retta che scende in verticale dallo scorso settembre, quando cominciò a cadere dai 50 dollari al barile agli attuali 29.
Ma cosa è successo di tanto eclatante nel mercato mondiale nel mese di settembre? A settembre la “Goldman Sachs” ha abbassato le sue aspettative per il prezzo medio del petrolio nel 2016, portandole a 20 dollari al barile, e subito hanno fatto eco Merrill Lynch, Bank of America e le altre.
I 20 dollari indicati dalla Goldman Sachs non erano una previsione ma un obbiettivo. I Ministeri dell’Economia fanno le loro previsioni, mentre la Goldman Sachs fa il mercato.
I contratti petroliferi coprono solo il 2% del mercato delle materie prime, il resto è composto solo da titoli speculativi, futures e altri derivati. I prezzi dei futures non sono determinati dalla domanda e dall’offerta, ma dalle “aspettative”, mentre il mercato è controllato dalle più grandi banche degli Stati Uniti, insieme alle agenzie di rating, dagli esperti “indipendenti” e dai media.
In realtà, il motivo principale per il calo dei prezzi del petrolio è la rivoluzione dello shale negli USA, che ha fatto aumentare la produzione americana del 50%. Il numero degli impianti di trivellazione degli Stati Uniti è diminuito dei 2/3 dal momento dal suo picco nel 2014, anche se la produzione si è mantenuta a un livello stabile – circa 9,2 milioni di barili al giorno.
Il fenomeno dello scisto americano trascende il fattore prezzo. Le banche hanno fornito il credito che ha permesso alle aziende shale di rimanere a galla in ogni caso, per sostenere la produzione americana, il cui declino potrebbe rovinare tutto il gioco.
Quando i prezzi hanno cominciato a cadere, l’Arabia Saudita ha annunciato che non avrebbe tagliato la sua produzione, paralizzando così tutti gli sforzi dell’OPEC per controllare il mercato. Da questo punto in poi, ad ogni dichiarazione della monarchia, i prezzi sono scesi. L’ Arabia Saudita ha chiuso l’anno con un deficit di bilancio di 100 miliardi di dollari, mentre la produzione effettiva è diminuita di 400 mila barili al giorno, ovvero circa il 4% negli ultimi sei mesi. “Andremo incontro alla domanda dei clienti, e non ci saranno più limiti alla produzione” – ha detto il Ministro saudita del Petrolio ai primi di gennaio “Un genio può fare un incantesimo, ma non bisogna esagerare con il Vecchio Hottabych (si cita un mago arabo in una fiaba russa – ndr). Per ogni Hottabych ci sarà sempre un lupo.
Se “La Cina ha rallentato”, perché dovrebbe ricominciare a crescere a fine anno? Per vincere, quando si scommette, bisogna sapere quando si deve smettere. Direi che è il momento.
L’autore è un influente giornalista ed economista russo oltre che commentatore di Odnako, una rete TV nazionale su cui l’argomento è stato discusso. Il suo punto di vista riflette il pensiero delle elite conservatrici russe, orientate al protezionismo.
Fonte: russia-insider.com
Il testo di questo articolo è liberamente utilizzabile a scopi non commerciali, citando la fonte comedonchisciotte.org e l’autore della traduzione Bosque Primario.
Piemonte il M5S presenta proposta di legge per i processi di mafia
In Regione Piemonte il M5S presenta una legge per obbligare l’ente a costituirsi parte civile nei processi di mafia.
Il 26 gennaio presso la prima Commissione (seduta legislativa) della Regione Piemonte, verrà discussa la proposta di legge del M5S per stabilire l’obbligo della Regione Piemonte di costituirsi parte civile nei processi di mafia.
La norma, di cui è prima firmataria Francesca Frediani, prescrive:
Art. 1
(Aggiunta dell’articolo 5 quinquies nella legge regionale 18 giugno 2007 n. 14 )
1. Dopo l’ articolo 5 quater della legge regionale 18 giugno 2007, n. 14 (Interventi in favore della prevenzione della criminalità e istituzione della Giornata regionale della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime delle mafie) è aggiunto il seguente:
“Art. 5 quinquies
(Costituzione di parte civile della Regione Piemonte)
1. E’ fatto obbligo alla Regione di costituirsi parte civile in tutti i processi penali di mafia, relativi a fatti commessi nel proprio territorio.
2. La Regione Piemonte destina le somme liquidate a titolo di risarcimento a seguito della costituzione di parte civile alle iniziative promosse per il raggiungimento degli obiettivi generali della presente legge. “.
Art. 2
(Clausola di neutralità finanziaria)
1. La presente legge non comporta alcun onere a carico del bilancio regionale.
Addio Ai Comuni Sotto I 5.000 AbitantiSi Salvano Giaveno, Susa, Bussoleno, Almese E Avigliana


MARIO TONINI 26 GENNAIO 2016
Prendete una carta delle nostre valli e una gomma. Pronti? Adesso cancellate tutti comuni dal Sestriere a Villar Dora eccezion fatta per Susa, Bussoleno, Avigliana, Almese, Alpignano e Giaveno. Giusto Condove, con i suoi 4800 abitanti potrebbe sperare in un improvviso aumento demografico per arrivare alla soglia! E Cesana, Oulx, Borgone e tutti gli altri? Potrebbero sparire dalla mappa dei municipi d’Italia.
Lo stabilisce la proposta di legge numero 3420 che propone l’accorpamento di quelli più piccoli attraverso l’intervento delle regioni che saranno costrette alla fusione, pena il taglio dei fondi Statali. I deputati proponenti sono in realtà appena 20, tutti insoddisfatti dalle soluzioni normative attuali che propongono incettivi e contributi per i comuni che mettono insieme parte della propria amministrazione per ridurre le spese. Un’opportunità sfruttata da pochi amministratori locali che se la proposta diventasse legge dovranno rassegnarsi ad una decisione che verrà presa d’imperio dai governatori.
Potrebbero sparire nell’arco di due anni ben 34 comuni pari al 95% del totale che, dovrebbero fondersi con uno o più comuni vicini fino a raggiungere la cifra dei 5.000 abitanti. Stiamo parlando di Bardonecchia, Cesana Torinese, Chiomonte, Claviere, Exilles, Giaglione, Gravere, Meana di Susa, Moncenisio, Oulx, Salbertrand, Sauze d’Oulx, Sauze di Cesana, Sestriere, Borgone Susa, Bruzolo, Caprie, Chianocco, Chiusa di San Michele, Condove, Mattie, Mompantero, Novalesa, Rubiana, Sant’Ambrogio di Torino, Sant’Antonino di Susa, San Didero, San Giorgio di Susa, Vaie, Venaus, Villar Dora e Villar Focchiardo.
Dopo aver spogliato dei poteri le province e dopo aver incrementato, forse, le competenze delle regioni, si pensa ora di ottimizzare l’apparato dei piccoli comuni con quella che ai governatori può apparire come una velata minaccia: le regioni che non provvederanno a quanto sancito dalla proposta di legge perderanno fino alla metà dei contributi.
Ma si sa una proposta di legge, il più delle volte, rimane tale.
TELT ex LTF deve restituire parte del maltolto
La Corte di Appello di Torino – terza sezione civile – ha dimezzato le richieste che LTF aveva preteso da Perino, Bellone e Vayr a titolo di risarcimento danni per la mancata realizzazione del sondaggio S68 all’autoporto di Susa a gennaio del 2010.
LTF dopo una citazione per danni di 228.238 euro + spese legali, forte di una sentenza di primo grado a lei favorevole aveva preteso ed ottenuto il pagamento in data 19/01/2015 di € 220.802,82 (191.966,29 per danni + 23.077,53 per spese legali e 5.759,00 per registrazione della sentenza) soldi che abbiamo potuto versare grazie al contributo ed alla generosità di migliaia di NO TAV di tutta Italia e non solo.
Ora la Corte di Appello ha fissato i danni in € 98.193,15 e le spese legali di primo e secondo grado in 13.000 € +IVA e tasse varie per cui LTF dovrà restituirci poco meno di 110.000 euro che andranno alla cassa di resistenza.
Un grande e sentito ringraziamento di tutto il movimento ai nostri legali che hanno saputo difenderci in modo superlativo.
Quei sottomarini di Putin pronti alla battaglia
http://www.ilgiornale.it/news/mondo/i-56-sottomarini-putin-pronti-battaglia-1216530.html
Nel 1990 la Marina dell’Unione Sovietica contava una flotta di 240 sottomarini

I primi tre Borei-Progetto 955, sono lo “Yury Dolgoruky” K535 che si è unito alla Flotta del Nord nel gennaio del 2013, seguito dal K-550 “Aleksandr Nevskij” alla fine di dicembre dello stesso anno. Il “Vladimir Monomakh” K-551 è entrato in servizio nel 2014. Il quarto Borei, lo “Knyaz Vladimir” (Progetto 955/A) è in costruzione dal luglio 2012 presso il cantiere Sevmash, nel nord della Russia. La costruzione del quinto sottomarino a propulsione nucleare il “Knyaz Oleg” è iniziata nel luglio dello scorso anno. I lavori sul “Generalissimus Suvorov” sono iniziati alo scorso novembre. L’ultimo della classe, lo “Knyaz Pozharskiy”, dovrebbe essere avviato nel dicembre del prossimo anno. Nonostante le indiscrezioni, non ci sono conferme su altri due possibili sottomarini. I sottomarini di quarta generazione classe Borei comporranno la spina dorsale del deterrente nucleare strategico della Marina russa. Andranno a sostituire i sottomarini classe Typhoon, Delta-3 e Delta-4. Entro il 2020, la Marina russa conta di operare su un totale di otto sottomarini balistici classe Borei: tre 955 e cinque 955-A. Considerando le modifiche strutturali, non sarebbe un errore definire i sottomarini 955-A come una classe Borei-II.
Progettata su uno scafo idrodinamico pensato per ridurre le emissioni di rumore a banda larga, la classe Borei è la prima nella marina russa ad utilizzate una propulsione “pump-jet”. I sottomarini Borei sono lunghi 170 metri, con un diametro di 13 metri ed una velocità massima in immersione di 46 chilometri all’ora conferita dal reattore nucleare OK-650. La profondità operativa è attestata sui 380 metri (test massimo avvenuto a 450 metri). Ad oggi l’intera classe non può ancora entrare in servizio deterrente perché non possiede l’armamento per compierlo. Ogni Borei dovrebbe trasportare da sedici a venti missili “Bulava” (solo per i 955A), ognuno dei quali dotato da sei a dieci testate Mirv. I russi nutrono ottimismo per i missili “Bulava” ed i sottomarini classe Borei, a cui è demandata la deterrenza nucleare almeno fino al 2050 (dopo l’abbandono degli studi sul missile R-39UTTH Bark). I lanci di prova si concluderanno entro l’anno. I missili saranno lanciati dai sottomarini della Flotta del Nord e del Pacifico. Il missile a tre stadi “Bulava”, nome in codice Nato SS-N-30 Mace, è la versione navale del più avanzato missile balistico russo, l’SS-27 Topol-M. Può essere lanciato anche in movimento. Trasporta fino a 10 testate Mirv, può colpire bersagli fino ad otto mila chilometri di distanza ed è progettato per equipaggiare esclusivamente i sottomarini nucleari classe Borei (le modifiche sui Typhoon sono state ritenute troppo costose). Nonostante i numerosi fallimenti dovuti a difetti di fabbricazione, l’esercito russo sostiene che non vi è alcuna alternativa al “Bulava”. A causa del fallimento durante i test dei nuovi missili intercontinentali “Bulava”, i Borei non sono ancora in grado di svolgere il loro compito primario e cioè la deterrenza nucleare. Ogni missile “Bulava” (lungo 12,1 metri, diametro di 2,1 metri e pesante 36,8 tonnellate) è armato con 6-10 testate termonucleari per 96-196 testate a sottomarino. La possibile copertura di obiettivi sensibili, considerando la gittata di ottomila chilometri, potrebbe essere il Mare di Barents ed il Mare di Okhotsk. Se i russi lanciassero da queste aree, potrebbero colpire qualsiasi punto degli Stati Uniti continentali Il primo Borei, lo “Yury Dolgoruky” K535, è costato al governo russo poco meno di 720 milioni di dollari, inclusi capitoli di ricerca e sviluppo.
Il Cremlino attualmente affida il pattugliamento nucleare strategico ad alcuni sottomariniereditati dalla Marina Sovietica. Ancora in servizio l’unico superstite della classe Typhoon, il TK-208 Dmitriy Donskoy 824. E’ il più grande sottomarino mai entrato in servizio ed è stato opportunamente modificato per lanciare i missili Bulava.
Mosca ha ancora in linea di fuoco sei sottomarini classe Delta-IV. Equipaggiati con dodici missili SS-N-23 Skiff, ognuno dei quali dotato di quattro testate MIRV da 100 kilotoni, rappresentano l’attuale spina dorsale russa del deterrente strategico. Risultano in servizio il K51 Verkhoturye, il K-84 Ekaterinburg, il K-18 Karelia, il K-114 Tula, il K-117 Bryansk ed il K-407 Novomoskovsk. Qualora la situazione lo richiedesse, il Cremlino potrebbe rischierare in pattugliamento strategico anche tre Delta III: Il K-223 Podolsk, il K-433 Svyatoy Georgiy Pobedonosets ed il K-44 Ryazan.
Entrati in servizio a metà degli anni ’80, il Cremlino mantiene ancora in servizio la terza generazione di sottomarini lanciamissili antinave rappresentata dalla classe Oscar-II. Sono stati progettati nello specifico ruolo “carrier-killer”, per contrastare cioè le portaerei americane ed impedire la loro proiezione strategica. In servizio risultano sei battelli classe Oscar-II: il K-150 Tomsk, il K-442 Chelyabinsk, il K-410 Smolensk, il K-119 Voronezh, il K-456 Vilyuchinsk ed il K-186 Omsk. I russi hanno sempre mantenuto un certo riserbo sull’intera classe Oscar. Nonostante non sia mai stato confermato, il Cremlino sta sviluppando una versione migliorata della classe Oscar-II con due battelli, il “Belgorod” ed il “Khabarovsk”. Il destino di questi ultimi sottomarini è particolare: rientrano nell’esclusiva categoria delle “armi del giorno dopo”. Il “Belgorod” ed il “Khabarovsk” saranno i primi sottomarini ad essere equipaggiato con siluri radioattivi a propulsione nucleare in grado di contaminare i target economici delle coste nemiche come le aree di pesca. Saranno armati con il sistema “Ocean Multipurpose System: Status-6”, stato progettato per “provocare danni inaccettabili, contaminando vaste zone costiere nemiche rendendole completamente senza vita per lunghi periodi di tempo”. Il prototipo dovrebbe essere pronto entro il 2019 con prove in mare previste per l’anno successivo. E’ un ICBM sottomarino con una testata al cobalto, un’arma nucleare strategica. Lo Status-6 è stato concepito per essere un sistema missilistico automatico di rappresaglia. Qualora gli USA dovessero spazzare via la leadership russa con un attacco preventivo, gli Status-6 verrebbero lanciati dalle profondità del mare. La sua testata al cobalto sarebbe devastante per le risorse naturali come la pesca ed i giacimenti di petrolio offshore. Lo Status-6 è stato progettato per affamare dal mare i sopravvissuti ad un olocausto nucleare.
Sono 17 i sottomarini nucleari d’attacco in servizio con la Marina russa. In pattugliamento quattro sottomarini classe Victor III, il B-388 Petrazavodsk, il B-138 Obninsk, il B414 Danil Moskovskiy ed il B-448 Tambov. Restano in servizio anche dieci temibili Akula, uno dei capolavori dell’ingegneria navale russa. Risutano attivi il K-317 Pantera, il K-331 Magadan, il K-154 Tigr, il K-391 Bratsk, il K-157 Vepr, il K-459 Kuzbass, il K-328 Leopard, il K-295 Samara ed il K-461 Volk. Da ritenere attivo anche il K-335 Gepard, unico classe Akulla-III realizzato.
Lo scafo interamente in titanio della classe Sierra, rappresentava un incubo per la NATO e gli Stati Uniti. Silenziosi e pesantemente armati, erano anche costosissimi. Mosca riuscì a completarne soltanto quattro, demolendo il quinto battello in costruzione. Risultano operativi due Sierra-II: il K-534 Pskov ed il K-336 Nizhniy. La spina dorsale dei nuovi sottomarini nucleari d’attacco sarà rappresentata dalla classe Yasen.
Il “K-329 Severodvinsk”, primo sottomarino d’attacco russo progetto 885 classe “Yasen”, ha completato le prove finali nel dicembre del 2013 ed è stato consegnato alla Marina con molte perplessità. Una commissione governativa istituita per l’occasione ha poi dato il via libera per la messa in servizio con alcune migliorie che sarebbero state adottate nei successivi Yasen. Lo Stato Maggiore della Marina non sarebbe stato pienamente convinto del “Severodvinsk” per problemi tecnici non meglio specificati. Il sottomarino d’attacco nucleare multiruolo classe “Yasen” ha un dislocamento in immersione di 13.800 tonnellate. E’ lungo di 119 metri, con una velocità massima di trentuno nodi in immersione. Può immergersi fino a 600 metri, anche se la profondità operativa si attesta sui 500 metri. Ha un equipaggio di novanta uomini, tra cui trentadue ufficiali. I sottomarini classe Yasen sono considerati (dai russi) come i migliori battelli del pianeta. Alcune caratteristiche, le poche fino ad oggi trapelate, parlano di un doppio scafo in acciaio amagnetico in modo da rendere minima la traccia acustica e, quindi una maggiore capacità di sopravvivenza del battello rispetto ai già temibilissimi Akula I/II. Si tratta di un sottomarino monoalbero alimentato da un reattore termo-nucleare OK-650V da 200 MW raffreddato ad acqua. La torre di comando ha una forma ovale idrodinamica, mentre lo scafo è suddiviso in dieci scomparti. I classe Yasen (sette le unità previste oltre al Severodvinsk) saranno equipaggiati anche con i missili da crociera supersonici Kalibr con un’autonomia di volo di circa 2500 km. I contratti firmati dal ministero della Difesa russo e la United Shipbuilding Corporation nell’ambito del programma di approvvigionamento dei sistemi d’arma, prevedono equipaggiamenti per altri sette sommergibili classe “Yasen” entro il 2020. Le migliorie proposte dalla commissione della Marina russa sono già state implementate nel secondo, terzo e quarto sottomarino della serie: il “Kazan”, il “Novosibirsk” ed il “Krasnoyarsk”. Faranno parte del “Progetto 885m”, la classe Yasen-M aggiornata.
I russi, infine, possiedono venti sottomarini d’attacco diesel-elettrici appartenenti alla classe Kilo ed Improved Kilo. L’ultima evoluzione è la classe Varshavyanka. Il quarto Varshavyanka, il ‘Krasnodar’, è entrato in servizio lo scorso novembre. I sottomarini diesel-elettrici classe “Varshavyanka” entro il 2016 equipaggeranno la Flotta da Guerra del Mar Nero. Questi sottomarini rappresentano un elemento chiave della strategia navale russa nel Mediterraneo, dove Mosca ha formato una task force permanente composta da dieci navi di superficie. La costruzione del primo sottomarino, il ‘Novorossiysk’ ha preso il via nell’ agosto del 2010, seguito dal “Rostov Na Donu” nel novembre 2011, dalla “Stary Oskol” nell’agosto del 2012 e dal quarto battello, il “Krasnodar” entrato in cantiere il venti febbraio del 2014. Il quinto battello, il ‘Veliky Novgorod’ ed il sesto, il ‘Kolpino’, sono in costruzione dal 30 ottobre dello scorso anno. La Flotta del Mar Nero non riceveva nuovi sottomarini da 23 anni ed operava soltanto con ‘L’Alrosa’, battello classe Kilo entrato in servizio nel 1990. I sottomarini russi soprannominati dalla US Navy come “Buchi Neri nell’oceano / Black Holes in the ocean”, una volta immersi non sarebbero più identificabili. I classe Varshavyanka (Progetto 636m) sono propulsi da motori a diesel-elettrici a bassissima emissione di rumore e possono colpire bersagli a lunghe distanze senza essere rilevati dai radar antisommergibile nemici. La classe Varshavyanka è una versione migliorata della Kilo (quest’ultimo al di sotto dei cinque nodi di velocità risulta invisibile ai sonar passivi), con tecnologia stealth avanzata. Ha un dislocamento di 3.100 tonnellate, raggiunge una velocità di 20 nodi, può immergersi fino a 300 metri e trasportare equipaggi di 52 persone. I sottomarini, armati con 18 siluri, mine ed otto missili da crociera “Kalibr 3M54” (NATO SS-N-27 Sizzler), svolgeranno missioni anti-sommergibile (Hunter Killer) in acque relativamente poco profonde. Tutti e sei sottomarini saranno impiegati presso la base navale “Novorossiysk” entro il 2016. Il ‘Novorossiysk’ è già in servizio nel Mar Nero dal 22 agosto dello scorso anno. Il ‘Rostov-on-Don’ e lo ‘Stary Oskol’, raggiungeranno la base di Novorossiysk dopo che avranno concluso la fase di sperimentazione con la Flotta del Nord.
Discorso a parte, infine, per la classe “Lada”, inizialmente prevista per entrare in servizio con la Flotta da Guerra del Baltico. Nonostante le smentite, il Cremlino avrebbe stornate i finanziamenti per il nuovo progetto Kalina”. I nuovi sottomarini di quinta generazione classe ‘Kalina’, potrebbero entrare in produzione tra il 2020 ed il 2025. Lo sviluppo del sistema AIP dovrebbe essere completato entro il 2017, con primo battello dotato di propulsione indipendente dall’aria pronto entro il 2018. Il nuovo sistema di propulsione è stato sviluppato presso il cantiere Sevmash, il più grande del paese. La classe Lada entrerà comunque nella storia. Il secondo battello, il “Kronstadt” e probabilmente l’ultimo della classe, il “Sebastopoli”, saranno i primi ad essere equipaggiati con il sistema indipendente dall’aria.
I sistemi AIP consentono al sottomarino non nucleare di operare senza l’utilizzo dell’aria esterna. I vantaggi, almeno concettualmente, sono molti. Mentre per il reattore di un sottomarino nucleare si deve pompare continuamente liquido di raffreddamento, generando una certa quantità di rumore rilevabile, i battelli non nucleari alimentati a batteria con sistema AIP, navigherebbero in silenzio. Un sottomarino propulso con sistema AIP, potrebbe operare per missioni di pattugliamento o deterrenza per 30/40 giorni. Un sottomarino classe ‘Lada’ è equipaggiato con sei tubi lanciasiluri da 533 mm e può sparare missili da crociera. E’ progettato per difendere le basi navali e le linee di comunicazione sul mare. Può essere efficacemente impiegato sia contro navi di superficie che contro sommergibili in ruolo Hunter Killer.
La Marina russa, ad oggi, dispone di 56 sottomarini in servizio attivo. Nel 1990 la Marina dell’Unione Sovietica possedeva una flotta di 240 sottomarini.
IN VAL DI SUSA UNA CICLOPICA CITTA’ DI 15000 ANNI FA?
http://selosotelodico.blogspot.it/2012/02/in-val-di-susa-una-ciclopica-citta-di.html?m=1
Notiziario tecnico scientifico ed altre divagazioni
mercoledì 29 febbraio 2012
È il 1974 ed è bello ripercorrere le atmosfere di quegli anni con i giovani esploratori del Gruppo 4 in Val di Susa, tra leggende e misteri
Le foto che seguono sono tratte da un articolo interessante su Rama
Muos, la Cassazione conferma sequestro del sistema radar Usa
Rigettato il ricorso presentato dall’avvocatura dello Stato per conto del ministero della Difesa. Legambiente: «Grande soddisfazione, ma la battaglia continua»
di Redazione online

CALTANISSETTA – Nuovo capitolo della vicenda Muos, il contestato impianto satellitare Usa realizzato nella riserva del Sughereto di Niscemi, in provincia di Caltanissetta. La struttura resterà sotto sequestro perché la Cassazione ha rigettato il ricorso dell’avvocatura dello Stato per conto del ministero della Difesa. Rimane dunque vigente l’ordinanza emessa il 1 aprile del 2015 dal Gip di Caltagirone, confermata poi dal Tribunale per il Riesame di Catania, su richiesta del procuratore Giuseppe Verzera, che ha bloccato la prosecuzione dei lavori per la realizzazione dell’impianto di Telecomunicazione nella base americana. La Cassazione ha anche condannato il ministero della Difesa al pagamento della spese processuali. Il procuratore di Caltagirone, Giuseppe Verzera, competente per territorio su Niscemi, ritiene che il sistema di comunicazione del dipartimento della Difesa Usa, Mobile user objective system, o Muos, è sottoposto ai vincoli di rispetto ambientali perché realizzato in un’aerea protetta con inedificabilità assoluta. Tesi condivisa dal Gip Salvatore Ettore Cavallaro, che il 1 aprile del 2015 ha disposto il sequestro della struttura. Il provvedimento, che era stato eseguito dal nucleo di polizia giudiziaria della Polizia municipale e dai carabinieri della Procura, era stato confermato il 27 aprile del 2015 dal Tribunale del riesame di Catania, presieduto da Maria Grazia Vagliasindi.
La vicenda giudiziaria
Un primo sequestro del Muos era stato adottato nell’ottobre del 2012 su richiesta dell’allora procuratore Francesco Paolo Giordano che aveva ritenuto illegittime le autorizzazioni concesse dalla Regione Siciliana, ma era stato poi annullato dal Tribunale del riesame di Catania che invece valutava validi gli atti del governo dell’isola. Ma nel febbraio 2015, il Tar di Palermo, accogliendo il ricorso del Comune di Niscemi, ha annullato tutte le autorizzazioni delle Regione, imponendo il blocco dei lavori. Su questo fronte è ancora pendente un ricorso al Consiglio di giustizia amministrativo di Palermo. Ma per la Procura di Caltagirone è stata la svolta giudiziaria: non si è posto più il problema sulla legittimità delle autorizzazioni, perché non esistono più e quindi, per l’accusa, il «Muos è abusivo».
Legambiente: grande soddisfazione
Legambiente Sicilia esprime «grande soddisfazione per la decisione della Cassazione e ribadisce che «il sistema satellitare di comunicazioni militari realizzato a Niscemi è e rimarrà assolutamente abusivo». «Da anni lo diciamo: il Muos è abusivo – dice Gianfranco Zanna, presidente regionale di Legambiente Sicilia – è stato costruito in un’area protetta, la Sughereta, con inedificabilità’ assoluta. La Cassazione ha finalmente messo un punto fermo. Ancora una volta, però, resta forte l’amarezza di una politica inadeguata e miope che non riesce a salvaguardare né la salute dei siciliani né il suo territorio». Intanto, come ricorda Legambiente nella nota, è in corso la verifica sulla pericolosità delle emissioni dell’impianto per la salute ambiente e traffico aereo disposta da Consiglio di giustizia amministrativa. La prossima udienza è fissata per il 3 febbraio.
Orlando
Commenta la sentenza anche il sindaco di Palermo Leoluca Orlando: «Un nuovo importante passo è stato compiuto, da un lato, per affermare il diritto dei cittadini e degli enti locali a partecipare ed essere attori delle scelte che li riguardano e, dall’altro, per affermare la vocazione pacifica della Sicilia, la cui posizione strategica deve essere spunto per promuovere azioni di pace e dialogo e non per nuove strutture e interventi militari».
Movimento 5 Stelle: interrogazione in Senato
«Il Muos è illegittimo – tuona Vincenzo Santangelo del Movimento 5 stelle – L’impianto satellitare previsto a Niscemi non può essere installato su un territorio tutelato da vincoli ambientali, e la sentenza della Cassazione conferma ciò che diciamo da tempo: questo progetto non può andare avanti. Non solo per l’ambiente ma anche per la salute: non è stata accertata la sua pericolosità per la popolazione». «Solo pochi giorni fa – aggiunge – abbiamo presentato una interrogazione in Senato a firma dei siciliani Bertorotta, Santangelo, Catalfo e Giarrusso con la quale abbiamo chiesto conto anche dell’impossibilità di effettuare i test previsti dalla legge. Ho ribadito la necessità di insistere e continueremo su questa strada finché non venga rispettato l’articolo 32 della Costituzione che tutela il diritto alla salute dei siciliani».
Crozza scherzava, ora la Macroregione sarà ufficiale
Vicino a Lubiana, il 25 e 26 gennaio 2016, il lancio ufficiale della Macroregione Alpina Eusalp. Avrà contatto diretto con l’Europa e si occuperà anche di trasporti.

di Valsusa Report
Riconosciuta dal Parlamento e dal Consiglio d’Europa, la Macroregione viene istituzionalizzata come le sue tre precedenti, il Mar Baltico (Eusbsr), il Danubio (Eusdr) e l’Adriatico-Ionica (Eusair). Nord Italia, Eusalp, “nasce da una prima consultazione pubblica nel 2014, che si è svolta, in tutti e sette gli Stati e nelle 48 Regioni alpine, da giugno a ottobre 2014 – ricostruisce il sottosegretario lombardo Ugo Parolo – poi, l’1 e 2 dicembre, a Milano, noi, Regione Lombardia, che abbiamo avuto l’onere e l’onore di coordinare le Regioni italiane dentro la Strategia macroregionale lungo il percorso di formazione, abbiamo ospitato la Conferenza finale degli stakeholder, con oltre 1.200 persone, con la presenza di capi di Stato e rappresentanti di tutte le Regioni, dei Lander e dei Cantoni che compongono la Macroregione Alpina”.
I sette Stati e le Regioni partecipanti avranno a turno la rappresentanza dentro la macroregionale. Ugo Parolo, avrà la delega alla Macroregione Eusalp, il 25 e 26 gennaio volerà insieme agli altri rappresentanti degli Stati membri dell’Unione europea (Austria, Francia, Germania e Slovenia), oltre a Liechtenstein e Svizzera, a Brdo pri Kranju, in Slovenia per fondare ufficialmente le intenzioni operative dei gruppi di lavoro interregionali. Parteciperà anche una delegazione del Governo italiano, il commissario europeo alle Politiche regionali, Corina Cretu, e il commissario europeo ai trasporti, Violeta Bulc.
Eusalp coinvolge una popolazione complessiva di 70 milioni di abitanti suddivisi in 48 Regioni, tra cui per l’Italia Liguria, Piemonte, Valle d’Aosta, Lombardia, Veneto, Provincie autonome di Trento e Bolzano e Friuli Venezia Giulia. “La Macroregione delle Alpi non è una cosa politica, ma una novità istituzionale, che rappresenta una grande opportunità per tutti noi” così afferma positivamente il presidente della Regione Lombardia Roberto Maroni, intervenendo in diretta durante la trasmissione Orario Continuato, su TeleLombardia. “Noi, come Lombardia, abbiamo la Presidenza del principale gruppo di lavoro, quello sull’Innovazione e la Ricerca”. Il Trentino sarà leader del “Gruppo di azione” riguardante istruzione e formazione con il governatore Ugo Rossi.
Gli altri compiti di Eusalp saranno la connettività, l’energia e l’ambiente con “gruppi di azione”, sulla promozione, sulla tutela del patrimonio culturale, sulla valorizzazione dell’ambiente e al miglioramento dei trasporti. Come ricorda bene Maroni, “collegamenti tra cui le strade, ma anche quelli immateriali, come la fibra ottica”.
Eusalp, almeno per come viene presentata, potrà interferire con le decisioni di una sola Regione. Poniamo il caso che Lombardia in Italia e la Savoia e Delfinato in Francia vogliano una infrastruttura, ma il Piemonte vuole opporsi, sarà difficile probabilmente per l’Europa decidere sul da farsi e le autorizzazioni da concedere. Quale avrà più peso nella decisione?
V.R. 23.1.16