L’IMBARAZZO DI PALAZZO CHIGI PER I ROLEX REGALATI DAGLI SCEICCHI IN ARABIA SAUDITA

In un “Paese Normale” qualcuno con gli attributi li avrebbe licenziati  TUTTI “in tronco”, per non fare discriminazioni, e magari li avrebbe abbandonati in Arabia Saudita. Si tratta dei soliti BUROCRATI inutili, anzi dannosi, mangia pane a tradimento. E c’è sempre qualcuno che li difende, poverini….

http://www.lastampa.it/2016/01/08/italia/politica/rissa-tra-i-funzionari-italiani-per-i-rolex-regalati-degli-sceicchi-nI1d2V8rywkKvhpudZsLfO/pagina.html

Retroscena del Fatto Quotidiano sulla visita di novembre: «Rissa tra funzionari per i doni». Ed è mistero: dove sono finiti gli orologi? Il governo: «Sono nella nostra disponibilità»
LAPRESSE

Matteo Renzi con il principe ereditario Mohammed byn Nayef durante la visita dello scorso novembre a Riad (Foto Archivio)

08/01/2016

Una rissa per accaparrarsi dei Rolex. È quella che si sarebbe scatenata a Riad, in Arabia Saudita, durante la visita della delegazione italiana lo scorso novembre. A raccontarla è Il Fatto Quotidiano in edicola oggi, venerdì 8 gennaio. Secondo quanto riporta il giornale, il parapiglia tra i dirigenti del governo Renzi è scoppiato quando uno dei delegati, piccato per aver ricevuto un «pacchiano cronografo», ha preteso di ottenere anche lui uno dei preziosi orologi svizzeri.  

«REGALI DA DECINE DI MIGLIAIA DI EURO»  

Secondo le testimonianze raccolte dal giornalista Carlo Tecce, i sauditi avevano offerto due tipologie di regali agli oltre 50 ospiti di Roma: degli «avveniristici cronografi prodotti a Dubai, con il prezzo che oscilla dai 3 ai 4mila euro», e dei Rolex da «decine di migliaia di euro». Sarebbe stato proprio uno di questi orologi a causare l’accesa discussione tra i delegati italiani.  

LA NOTA DI PALAZZO CHIGI  

Armando Varricchio, il diplomatico a capo della delegazione italiana, non ha replicato o rettificato la ricostruzione de Il Fatto. Ma ha rimandato a una nota poi fornita da Palazzo Chigi: «I doni di rappresentanza ricevuti dalla delegazione istituzionale italiana, in occasione della recente visita italiana in Arabia Saudita, sono nella disponibilità della Presidenza del Consiglio, secondo quello che prevedono le norme. Come sempre avviene in questi casi, dello scambio dei doni se ne occupa il personale della presidenza del Consiglio e non le cariche istituzionali». 

IL MISTERO DEI ROLEX SPARITI  

E la vicenda rischia di diventare ancora più misteriosa. Gli orologi sarebbero spariti da Palazzo Chigi: non sono nella stanza dei regali al terzo piano, denunciaIl Fatto. Se la cosa fosse confermata significa che i preziosi regali sarebbero finiti nelle mani di qualche singolo funzionario, contravvenendo così alla direttiva Monti che impedisce ai dipendenti pubblici di accettare omaggi del valore superiore a 150 euro. Dove sono finiti, allora, i Rolex degli sceicchi? 

I CINQUE PILASTRI PER LE NUOVE CULTURE DELL’ALTERNATIVA NONVIOLENTA

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NON C’E’ GIUSTIZIA SENZA PACE OVVERO I CINQUE PILASTRI PER LE NUOVE CULTURE DELL’ALTERNATIVA NONVIOLENTA (quasi un “bignamino”…)

di Alfonso Navarra.

Questo Secolo XXI inaugura – speriamo – un Terzo Millennio contraddistinto dalla Nuova Civiltà della Pace per il genere umano.

L’epoca che scaturisce dal “crinale apocalittico della Storia” (La Pira) che stiamo attraversando sarà caratterizzata, nello sbocco positivo, se lo raggiungeremo, da Cinque Pilastri culturali: 1); 2) coscienza ecologica globale; 3) eguaglianza: società del diritto eguale tra le differenze (a partire dalla differenza tra maschile e femminile); 4) nonviolenza; 5) conversione all’economia della sobrietà.

  1. Stiamo realizzando il nuovo internazionalismo dei diritti della persona, dei diritti sociali e politici e dei diritti dell’Umanità.

Siamo “cittadini del mondo” che aborriscono il nazionalismo e relegano in secondo piano le identità particolari e locali (pur da preservare, ma non per alimentare e coltivare il “noi contro gli altri”).

La nostra ispirazione per una unica famiglia umana quale soggetto fondamentale di riferimento “identitario” si trova nell’appello Russell-Einstein del 1955: “Ci attende, se lo vogliamo, un futuro di continuo progresso in termini di felicità, conoscenza e saggezza. Vogliamo invece scegliere la morte solo perché non siamo capaci di dimenticare le nostre contese? Ci appelliamo, in quanto esseri umani, ad altri esseri umani: ricordate la vostra comune umanità, e dimenticate il resto“.

Slogan che, di conseguenza, segniamo con la matita rossa: “Prima i francesi” (Marine Le Pen); “Prima gli italiani” (Matteo Salvini); “Prima i siciliani, catalani, i musulmani, i cristiani, i buddhisti … e così via”!

  1. Siamo consapevoli che la specie umana è parte della evoluzione naturale: non è la che ci appartiene ma siamo noi che apparteniamo alla Terra. Abbiamo la responsabilità comune di preservare i cicli eco sistemici(globali e locali) che garantiscono la nostra sopravvivenza e di evitare l’ecocidio (ad es. con le guerre nucleari, con l’inquinamento radioattivo, con tutte le forme di inquinamento). Siamo tutti, in senso proprio, figli e figlie della Madre Terra e quindi perciò stesso fratelli e sorelle. Siamo i custodi degli equilibri ecologici che assicurano le basi vitali anche per le generazioni future.

Riteniamo illuminante quanto afferma la Costituzione dell’Ecuador, che è la prima a riconoscere i “diritti della Madre Terra”, in particolare all’art. 71: “La  o Pacha Mama, dove si riproduce e si realizza

la vita, ha diritto al rispetto integrale della sua esistenza e al mantenimento e alla rigenerazione dei suoi cicli vitali, della sua struttura, funzioni e processi evolutivi. Tutte le persone, comunità, popoli o nazionalità potranno esigere dalle autorità pubbliche il

rispetto dei diritti della natura“.

Frasi che segniamo con la matita rossa (non è molto difficile recuperare di chi sono):

“Rifaremo il mondo ad immagine e somiglianza dell’Uomo”.

“L’Uomo non ha una Natura, ha essenzialmente una Storia che è la sua vera natura”.

Frasi che incorniciamo:

Fratello Sole, Sorella Acqua (S. Francesco di Assisi)

Noi non ereditiamo la terra dai nostri antenati, la prendiamo in prestito dai nostri figli.

(Proverbio degli Indiani d’America)

  1. L’eguaglianza tra gli esseri umani che perseguiamo si fonda sulla “cultura dei diritti”: una codificazione universale di regole che si contrappone alla pratica dell’arbitrio dei singoli Stati e poteri fondata, in ultima analisi, sulla forza (distruttiva).

Il XX secolo è stato, nel suo lato positivo, il secolo dei diritti umani. Innanzitutto con la Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo (ricordiamo tra gli estensori Stéphane Hessel) e l’approvazione dei diritti civili e politici nel 1948; in secondo luogo con l’approvazione dei diritti economici, sociali e culturali nel 1966. Adesso il XXI secolo deve diventare il secolo dei diritti dell’Umanità e della Madre Terra.

La Carta dei diritti dell’Umanità, sulla base della proposta (da emendare e migliorare) dello Stato francese, deve sostanziare la missione che il tempo presente ci consegna: proclamare e realizzare non solo i diritti delle persone singole o organizzate nelle formazioni sociali; ma i diritti dell’Umanità quale componente vivente unica, inscindibile dalla Natura.

L’eguaglianza che perseguiamo, nella logica dei diritti e del diritto, non è egualitarismo appiattente ma riconoscimento e valorizzazione delle differenze e diversità, a partire dalla fondamentale differenza tra genere maschile e femminile, per promuovere il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene comune.

Frasi che segniamo con la matita rossa:

“Solo la forza dell’interesse utilitaristico muove la Storia, che è affermazione di volontà di potenza”.

“Il diritto è la mera mascheratura ipocrita della volontà della classe sociale egemone”.

  1. la nonviolenza, a questo punto della Storia, non è una via ma “la” via: “il cammino che dobbiamo imparare a percorrere” (Stéphane Hessel). Dobbiamo comprendere, poiché fini e mezzi sono legati, che non c’è giustizia senza pace, non c’è futuro della vita senza pace: la pace, anche solo quella “negativa” – una dinamica di confronto e dialogo non armato – è il contesto migliore in cui possono essere combattute le ingiustizie sociali, le oppressioni ed ogni forma di autoritarismo, le discriminazioni legate alla “razza”, alla provenienza geografica, al sesso ed alla religione. Dobbiamo esigere il disarmo totale, a cominciare da quello nucleare, perché la “deterrenza” è certezza di distruzione. Come ci ammoniva Albert Einstein: “O l’umanità distruggerà gli armamenti o gli armamenti distruggeranno l’umanità”. Ma la nonviolenza non va intesa come pacifismo generico, come “non resistenza al male”, o il solo rifiuto etico di uccidere il prossimo, bensì come la “forza dell’intelligenza strategica e dell’unità popolare”. E’ a questa forza, da gestire in modo pianificato ed organizzato (prevenire è essenziale!), che va affidata la difesa dei diritti e del diritto dalla violenza strutturale, ma anche dalla violenza diretta: è l’obiettivo della “difesa popolare nonviolenta”. Questa forza, che è la più potente perché comprende come le dinamiche di potere dipendano da collaborazioni sociali “estorte” o liberamente costruite, nasce dalla partecipazione popolare organizzata e quindi da uno sviluppo democratico legato al protagonismo della base, della cittadinanza attiva mobilitata, con azioni locali dall’ispirazione globale, in associazioni e movimenti sociali e politici. Le singole tecniche e pratiche nonviolente (l’obiezione di coscienza, il boicottaggio, la disobbedienza civile, lo sciopero, etc.) vanno subordinate alla strategia che è basata sul principio di “trasformare i gruppi umani nemici in gruppi umani amici”.

Frasi da segnare con la matita rossa:

“La violenza è la levatrice della Storia”.

“Il fine giustifica i mezzi”.

Frase di Gandhi da incorniciare:

“Il sentiero della nonviolenza richiede molto più coraggio di quello della violenza. È in ogni caso meglio essere violento che mettere la cappa della non violenza per coprire l’impotenza”.

5) Per concludere, i quattro pilastri della cultura della pace sopra richiamati (ma forse è meglio utilizzare il plurale di “culture”), cioè unica umanità organizzata, responsabilità ecologica globale, eguaglianza delle diversità nel diritto, nonviolenza come forza dell’unità popolare, dovrebbero necessariamente fare capo alla “conversione ecologica” come alternativa alla “crescita economica”, che è “tendenza alla guerra.

Conversione ecologica è un concetto inventato da Alexander Langer, oggi riproposto da Papa Bergoglio nella sua ultima, famosa enciclica “Laudato si’”.

Su questo tema – crescita di guerra vs decrescita di pace – è stata svolta una relazione al Convegno “Rigenerare il futuro” (Parma, 5/6 novembre 2015), che è da riprendere nei suoi concetti essenziali.

La “crescita” (più PIL, più consumo di materia ed energia, più pressione sugli ecosistemi, più avidità di cose, più competizione e prevaricazione sull’altro “differente”, più concentrazione di segni monetari, ma anche di controllo reale di risorse, verso l’1% già straricco) è tendenza alla guerra.

La conversione ecologica, la conversione all’economia della sobrietà, è, al contrario, costruzione della pace. Partiamo dalla coscienza che la vera ricchezza è il nostro Pianeta da preservare, la Natura, la materia vivente di cui siamo fatti, con il compito comune di custodirla consapevolmente e responsabilmente perché anche le generazioni che verranno possano abitarla, coltivarla e goderla.

La crescita si nutre di politiche di guerra perché è strutturalmente congiunta con un modello di sviluppo belligeno.

La conversione ecologica ha bisogno di politiche di pace perché persegue un modello economico, sociale e politico intrinsecamente pacifico. La pace positiva si fa con una sostanziale eguaglianza sociale, sconfiggendo il patriarcato che nasce dalla guerra (una invenzione dei “maschi” che hanno messo sotto le donne), e si fa con la Natura.

La crescita promuove l’energia “dura” del nucleare perché l’”anima” della tecnologia atomica è la potenza militare. L’atomo cosiddetto “civile” è solo un sottoprodotto di quello militare.

La conversione ecologica si appoggia sul modello energetico rinnovabile al 100% perché esso traina ed esige partecipazione popolare, opportunità egualitarie e rispetto della natura: è quindi preparazione della pace costruita con percorsi di pace, avvalendosi dell’omogeneità tra mezzi e fini, della strategia e dei metodi nonviolenti, per come sono stati sommariamente descritti.

La crescita è sfruttamento garantito dalla violenza delle risorse energetiche non rinnovabili: i combustibili fossili – carbone, petrolio e gas – ma anche il materiale fissile fornito da uranio e plutonio. La loro economicità è solo apparente perché i costi veri non calcolati di estrazione, produzione, distribuzione, consumo sono scaricati sulla società e l’ambiente. Tra i costi vanno compresi le politiche di potenza, gli strumenti e gli interventi militari necessari a controllare risorse non sparse ovunque ma concentrate in specifiche località spesso lontane. Si pensi, ad esempio, a quanto è affermato nel concetto strategico della NATO (ed è quindi recepito da tutti gli Stati che costituiscono tale Alleanza militare): la “sicurezza energetica” è un “interesse vitale” da difendere con mezzi militari. (Per il testo ufficiale del concetto strategico elaborato al vertice di Lisbona del 2010 si vada alla URL : http://www.nato.int/lisbon2010/strategic-concept-2010-eng.pdf).

Come è ormai certo, l’uso di combustibili fossili è un attentato alla sopravvivenza dell’umanità perché la produzione di gas serra dà origine ad un riscaldamento globale catastrofico. Ma è anche alla base di tanto sangue che scorre, delle cosiddette “guerre per il petrolio”, che costituiscono la componente più rilevante della conflittualità violenta che oggi affligge il mondo.

La conversione ecologica non può concepirsi senza l’adozione di un modello energetico rinnovabile: l’energia è, qualitativamente, metà economia, la base di qualsiasi economia, anche dell’economia alternativa. Ma un tale modello decentrato e democratico, che crea occupazione e va a colpire le sperequazioni di reddito, non può essere costruito se non contrastando le tendenze e le politiche di guerra, connaturate alla crescita, che abbisognano, per preparare e per fare le guerre, dei combustibili non rinnovabili così come i motori attuali (nel modello di consumo della società della crescita!) necessitano di benzina o di gas.

La tendenza alla guerra, radicata nella crescita, va contrastata esplicitamente e con sinergie organizzate da tutti i movimenti che si battono per l’alternativa sociale (ecopacifisti, femministi,

sindacali di base, di difesa dei territori e dei diritti sociali). Essa è il terreno prioritario in cui la loro convergenza è doverosa soprattutto perché la realtà dei fatti oggi, con la possibilità che i conflitti degenerino nel confronto nucleare “per incidente, per caso o per errore”, rappresenta la minaccia più immediata e concreta non solo alla sopravvivenza dell’umanità ma addirittura della vita stessa.

Questa pluralità di movimenti sociali lavora da tempo per cercare di cambiare le proprie vite insieme al mondo: le nuove culture della pace riposano nelle loro pratiche e nelle loro mani, i cinque pilastri sono per essi, in un certo senso, come la scoperta dell’acqua calda.

Ma il problema è che spesso quest’acqua nuova e pulita è frammista a tanta fanghiglia ereditata da un passato, oltretutto molto recente, in cui sono stati tentati assurdi “assalti al cielo” per costruire paradisi in terra.

Esiste la necessità di separare la nuova acqua pulita di idee realmente adeguate alla sfida dei tempi con la vecchia acqua sporca di idee che la Storia si è incaricata di dimostrare fallimentari: il presente “bignamino” forse può contribuire a fare chiarezza in tal senso.

(A.N. 08.01.16)

Ecocidio in California it nel silenzio dei media – Ecocide en Californie fr – Ecocide in California en

Dal 23 ottobre 2015 

Since October 23th, 2015, with the silence of the media

Depuis le 23 octobre 2015 dans le silence des médias

Stop Unnecessary Imposed Mega Projects !

Stop Ecocide !

7 genn 16 Repubblica :

Disastro ambientale in California: stato d’emergenza per fuga di gas  

http://www.repubblica.it/esteri/2016/01/07/foto/disastro_ambientale_in_california_stato_d_emergenza_per_fuga_di_gas-130759207/1/#1

Il governatore della California, Jerry Brown, ha dichiarato lo stato di emergenza a Porter Ranch, un sobborgo alle porte di Los Angeles, a causa di una fuga di gas metano cominciata ad ottobre e che ha provocato da allora il trasferimento di migliaia di persone dalla zona. Ogni ora vengono riversati nell’atmosfera 30mila kg di metano: secondo le autorità si tratta del peggior disastro ambientale in Usa dopo quello della piattaforma petrolifera Bp, nel Golfo del Messico, nel 2010.


http://www.bbc.com/news/world-us-canada-35244634

California state of emergency over methane leak

The governor of California has declared a state of emergency in a suburb of Los Angeles over the leaking of methane gas from an underground storage field.

Jerry Brown ordered “all necessary and viable actions” be taken to stop it.

More than 2,000 families have been moved from their homes and many people have reported feeling ill because of the leakage, which began in October.

It stems from a vast underground storage field in Porter Ranch, on the outskirts of Los Angeles.

Gas is spewing into the atmosphere at a rate so fast that the well now accounts for about a quarter of the state’s total emissions of methane – an extremely potent greenhouse gas.

The well is situated in a mountainous area more than a mile away from residential areas, but residents have complained of health effects like headaches, nausea, vomiting and trouble breathing.

“Let’s call it an environmental and public health catastrophe,” Tim O’Connor, a lawyer with the Environmental Defense Fund, told the BBC’s environment correspondent, Matt McGrath.

“In terms of timelines this is going to surpass the gulf oil problem by a mile. What we do know is that that climate equivalent of this leak is like burning thus far almost 700 million gallons of gasoline or it’s the same amount of pollution as 4.5 million cars put out every day, it’s tragic.”


What has been the fallout?

Image copyright Getty Images Image caption Porter Ranch is about 30 miles from downtown Los Angeles

Methane – the main component of natural gas – is a very strong greenhouse gas, capable of trapping solar radiation in the atmosphere.

It belongs to a category of gases called short-lived climate pollutants.

While methane and other short-lived pollutants remain in the atmosphere for a relatively short time compared to other gases, the California Air Resources Board says that “when measured in terms of how they heat the atmosphere, their impacts can be tens, hundreds, or even thousands of times greater than that of carbon dioxide”.

The BBC’s Matt McGrath says the large amounts of powerful gas that are leaking could have a significant impact on climate change.

Residents have been complaining of nausea, headaches and other symptoms, but the utility company says that “scientists agree natural gas is not toxic and that its odorant is harmless at the minute levels at which it is added to natural gas”.

Health officials in the area have said the long-term effects of being exposed to the gas are unknown.

The utility company is providing temporary accommodation or funds for the displaced residents, and several thousand people in Porter Ranch have been relocated while the gas continues to leak and repairs take place.

But, according to CBS News, only 2,200 families have been relocated even though 6,500 have applied for help.

“You have kids going to school outside their neighbourhoods, families that are living in hotels” says Paula Cracium, president of the Porter Ranch Neighborhood Council. “The longer this goes on the more stress there is.”


When and how did the leak start?

Image copyright EPA Image caption Infrared imagery of the methane leak shows a black cloud coming from the ground

A broken injection-well pipe about 500 ft (152.4m) is believed to be the culprit behind the leak, reports say. Pipes like this are used by utility companies to insert gas into the ground for storage until a later time when it can be withdrawn and sold for use.

It is not known why the pipe ruptured.

The facility, a depleted oil field, was acquired by Southern California Gas Company (SoCal Gas) decades ago for use as a natural storage facility for gas piped in from as far away as Canada, according to the Los Angeles Times.

Using former oil fields as storage for natural gas is quite common in the US. The US Energy Information Administration says that “most existing natural gas storage in the United States is in depleted natural gas or oil fields that are close to consumption centers,” like the large metropolitan Los Angeles area.


Why hasn’t it been fixed?

Image copyright Getty Images Image caption Previous attempts to plug the leak have failed

Repair work has been slow due to the nature of the leak.

SoCal Gas has tried to plug the leak on several occasions, according to the LA Times. Their first attempt was foiled by ice formations that prevented a cocktail of chemicals and mud from reaching the leak point. Another seven attempts failed because the upwards pressure of the leaking gas was greater than the pressure that they could use to push the mud-chemical cocktail into the earth.

Engineers then began to worry that if they applied any more pressure, they may damage the pipes further and worsen the leak.

The new plan is to drill two new “relief wells” that would use less-obstructed and bigger piping to insert the mud-chemical cocktail into the system far below the point at which the pipe is believed to have ruptured. But the company says that this plan could take months and would not be completed until February or March.

In the meantime, the company is installing large mesh screens around the leak site to try and hinder the oily mist from spraying down on the community.

“The stain of this disaster is going to be felt for quite some time,” Ms Cracium says.


http://www.lemonde.fr/planete/article/2016/01/07/etat-d-urgence-en-californie-apres-une-fuite-massive-de-methane_4842896_3244.html

En savoir plus sur http://www.lemonde.fr/planete/article/2016/01/07/etat-d-urgence-en-californie-apres-une-fuite-massive-de-methane_4842896_3244.html#EPpc4a2m5pc3g91C.99

Etat d’urgence en Californie après une fuite massive de méthane

Le Monde.fr avec AFP | 07.01.2016 à 07h34 • Mis à jour le 07.01.2016 à 09h44

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Le gouverneur de Californie a déclaré l’état d’urgence autour de Los Angeles, mercredi 6 janvier, à cause d’une fuite de méthane massive dans un puits gazier qui a forcé des milliers de résidents de la banlieue de Porter Ranch à évacuer.

Depuis plusieurs semaines, habitants et élus réclamaient une telle intervention officielle. La promulgation de l’état d’urgence permet désormais de mobiliser l’ensemble des agences gouvernementales de l’Etat pour venir en aide à la population et de vérifier que l’entreprise à l’origine de la fuite prend les dispositons nécessaires pour mettre fin à la fuite.

La compagnie en question, Southern California Gas Company (SoCalGas), a estimé qu’entre 30 000 et 58 000 kilogrammes de méthane, un gaz inodore, étaient répandus par heure dans l’air. La fuite sur le site d’Aliso Canyon de SoCalGas avait été détectée le 23 octobre par des employés à plus de 2 400 mètres de profondeur dans le puits. Mais la situation s’est largement empirée depuis.

Lire aussi : La région de Los Angeles polluée par une fuite de gaz massive

« L’équivalent de la marée noire de BP sur terre »

Les autorités affirment que la fuite ne pose pas de danger sérieux pour la santé des riverains. Les additifs nauséabonds destinés à signaler les fuites de méthane ont tout de même provoqué chez beaucoup d’habitants des environs des nausées, saignements de nez et maux de tête. Plus de 2 000 familles ont déjà été évacuées et relogées.

Mais c’est surtout l’impact environnemental de cette fuite qui pourrait, lui, être dévastateur. L’autorité de la qualité de l’air en Californie (California Air Resources Board) estime que la fuite est si importante qu’elle correspond à une augmententation de la production de gaz à effet de serre pour toute la Californie de près de 25 %. « Nous ne pourrons évaluer son impact que lorsque la fuite sera définitivement arrêtée et que nous bénéficierons de chiffres », a toutefois temporisé un porte-parole de l’agence.

La fuite de méthane « est l’équivalent de la marée noire de BP [survenue en 2010 dans le golfe du Mexique], sauf qu’elle se produit sur terre, dans un endroit peuplé », a déclaré Mitchell Englander, conseiller municipal de Los Angeles représentant de Porter Ranch, cité par le New Yortk Times, décrivant une « catastrophe environnementale » et une « crise chaotique ».

Tim O’Connor, avocat de l’Environmental Defense Fund, une organisation non gouvernementale qui milite pour la protection de l’environnement, avance lui, auprès de la BBC, une comparaison : « C’est comme si on brûlait 3,15 milliards de litres d’essence, et ça représente aussi la même pollution que produiraient en un jour 4,5 millions de voitures. »

C’est « l’équivalent de trois quarts des émissions de toutes les raffineries de pétrole de la Californie en un an », souligne de son côté Stephanie Pincetl, professeure de sciences environnementales, interrogée par l’Agence FrancePresse. Selon elle, cette fuite est « sans comparaison, catastrophique », car c’est du méthane, un gaz à effet de serre « 80 fois plus puissant que le CO2 à l’échelle de vingt ans, et qui agit beaucoup plus rapidement ».

image: http://s1.lemde.fr/medias/web/img/bg/vide.png

I possibili motivi di un crollo economico mondiale secondo il FT

Sul Financial Times il maggior esperto di economia finanziaria illustra i motivi di una possibile crisi mondiale ma risulta poco convincente.

Martin Wolf e’ una dei miei columnist preferiti. Da quando studiavo in Gran Bretagna seguo con attenzione i suoi arguti commenti che rappresentano contemporaneamente una visione attenta ed informata degli eventi e della storia e economica unitamente alla visione interessata dell’elitario mondo anglosassone che Wolf massimamente rappresenta, ossia per intenderci di quella sfera di potere e di influenza che dalla fine della seconda guerra mondiale governa il globo. E’ una dei pochi che possono davvero permettersi di vedere le cose andando contro la conventinal wisdom, anche antisistemase vogliamo (…).
In breve, in un interessante articolo di domenica scorsa su FT, “Why economic disaster is an unlikely event“, Wolf asserisce che nel prossimo futuro il mondo non cadrà in depressione, egli si sente di escludere che ci sarà una forte caduta del PIL mondiale ben sotto lo zero in forza della presunzione che oggi sappiamo difenderci meglio dagli eventi economici rispetto al passato. E soprattutto considerando che sappiamo ormai individuare con precisione – li cita espressamente uno per uno – quali sarebbero imacro eventi catastrofici da evitare in quanto essi potrebbero davvero comportare una grossa crisi globale con annessa necessità di soluzione altamente traumatica (…).

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Al di fuori della preziosità dell’individuazione degli eventi critici ritengo che la visione proposta da Wolf tradisca, per la prima volta in 30 anni, miopia e fors’anche paura:Londra e’ stata per secoli il centro del mondo ed anche nell’ultimo secolo ha ricoperto un ruolo importante negli equilibri mondiali, sebbene a carro di Washington. Dunque la voce di Londra va ed andava ascoltata in quanto influente. Oggi mi sembra che dai commenti di Wolf traspaia una visione distorta della realtà: gli ambiti degli eventi da lui citati come da evitare mi sembrano perfettamente fuori controllo anche e soprattutto per il mondo che lui rappresenta per cui non vedo la certezza di poter fare lo steering implicati dall’influente economista-giornalista inglese.
Ecco gli eventi traumatici in grado di far collassare l’economia globale, come elaborati da  (cito):

– Una guerra tra grandi potenze
– Elezione di un politico non formato/populista in USA
– Guerra tra Iran ed Arabia Saudita
– Rimpiazzo della dinastia araba Saud con l’Isis
– Una guerra tra Pakistan e India
– Collasso dell’EU

Un primo appunto è che detti eventi sembrano esogeni rispetto alla sfera d’influenza USA/anglosassone attuale, soprattutto ai nostri giorni in cui gli USA stanno di fatto retrocedendo dal ruolo di gendarme globale anche a causa di un presidente, Obama, assolutamente disastroso per l’America e per tutti coloro che si riconoscono/riconoscevano nei suoi valori. Ossia non mi sentirei di escludere che uno o più eventi possano materializzarsi, considerando ad esempio che le tensioni tra USA e Russia e quelle tra Arabia ed Iran sono certamente conseguenza della folle politica estera obamiana degli ultimi 5 anni. Ossia possono essere state volute direttamente dagli USA e quindi non vedo come sipotrebbero/vorrebbero/dovrebberoevitare.
La seconda considerazione è che compare costantemente la caduta dell’EU tra i motivi di una crisi sistemica globale: questo spauracchio, crollo zona euro uguale crisi sistemica globale, è stato precisamente la leva usata dalla Germania nei confronti degli USA per avocare a se’ la gestione della crisi post-Lehman in EU da cui è derivata la crisi imposta con l’austerity ai periferici e successivamente la minaccia tedesca di avvicinarsi almeno economicamente alla Russia in assenza di un supporto USA nelle sue mire neocoloniali in Europa ed anche nel vicino oriente in forza dell’alleanza con Parigi, alleanza incentrata nell’asse franco tedesco [settanta anni fa l’asse si ripeteva ma con un attore diverso….]
La terza considerazione è l’antipatia dell’establishment anglosassone per Donald Trump, secondo lo scrivente antipatia malriposta. Per inciso Trump non sarebbe certamente peggio del disastroso Obama almeno in politica estera, sicuramente tornerebbe un po’ di sano pragmatismo: ad esempio come si fa ad essere folli al punto di sfidare contemporaneamente Russia e Cina come sta facendo la corrente amministrazione USA? Certo è che con Trump le tutte le rendite di posizione sedimentate negli ultimi 70 anni andrebbero ad essere modificate e certamente gli alleati che sono lontani del cuore dell’impero (UK?) ne avrebbero maggiormente a patire.

L’ultima considerazione è che gli eventi traumatici citati da Wolf sembrano in gran parte reciprocamente correlati per cui un singolo evento potrebbe determinarne altri (…). Inoltre oggi siamo innanzi ad una generale tendenza alla manipolazione dei mercati e dei dati macroeconomici da parte di tutti i principali paesi: i vari QE sono una manipolazione, il crollo del petrolio per volere arabo e’ una manipolazione, eliminare i disoccupati di lungo termine nelle statistiche sulla disoccupazione è una manipolazione, confondere paper money con i valori tangibili nel mercato dell’oro è una manipolazione, intervenire come stato e/o banca centrale a mercati aperti per evitare i crolli di borsa è una manipolazione, bloccare i mercati se scendono ma non se salgono è manipolazione…. E ci sarebbero molti altri esempi da citare!

Questo per dire che forse M. Wolf non si rende conto che quasi tutti gli artifici per tenere in piedi i mercati sono già stati implementati ossia le armi sono quasi finite per i governi. E che dire delle numerosissime pulsioni verso forme più o meno marcate di autoritarismo anche in paesi avanzati, in gran parte conseguenza e quindi sintomo politico indotto di un disagio della cittadinanza incapace di accettare – ed interpretare economicamente durante una crisi epocale – le enormi differenze nella distribuzione della ricchezza tra i vari strati della popolazione, differenze così smisurate da riportarci indietro di circa 200 anni, nell’ottocento…

Dulcis in fundo la traballante preminenza dell’impero del dollaro e del moderno capitalismo dopo un centinaio di anni di predominio economico-cultural- militare.

In questo contesto non va assolutamente dimenticata l’analisi di Trotsky secondo cui la deriva fascista rappresenta semplicemente l’ultima fase nel declino del capitalismo, passando per un atteggiamento contemporaneamente nazionalista e socialista di facciata della politica governativa in rappresentanza soprattutto della classe media (…). Profezia oggi vieppiù attuale.

Con tutto questo resto purtroppo molto meno ottimista dello stimato M. Wolf in riguardo alla prognosi per l’economia globale nei prossimi 5 anni.

di Mitt Dolcino per .it

Combanera ci salverà

29 DICEMBRE 2015 DI  

La diga di Ridracoli è simile nello scopo e nelle dimensioni a quella di Combanera

E’ ora di tirare nuovamente in ballo la diga di Combanera in Val di Viù (pensate che lo si fa dagli anni ’60) dopo due mesi di siccità che sta colpendo il Piemonte. Questa volta a parlarne è il presidente della Cia del PiemonteLudovico Actis PerinettoL’articolo è stato pubblicato il 13 dicembre scorso su Targatocn.it, quotidiano online della Provincia di Cuneo.

A cosa servirebbe quest’opera ciclopica? E perché bisognerebbe sommergere una parte della Val di Viù?

Forse non tutti sanno che questa Valle (siamo in provincia di Torino) già dagli anni ’60 è stata letteralmente requisita per tutelare il fabbisogno umano di acqua per Torino e la sua cintura.

Si ripresenta puntualmente il drammatico rapporto tra sviluppo economico fuori controllo, che “corre” come una locomotiva impazzita senza macchinista, e risorse finite del Pianeta.

Se non avete ancora letto questo post, pubblicato la prima volta sui camosci l’11 gennaio 2013 (adesso aggiornato con l’ultimo articolo di Targatocn.it), vi invito a farlo perché continua ad essere oltremodo attuale e perché credo che saprà spiegarvi molte cose dello schizofrenico rapporto tra uomo e ambiente, tra Torino e le Alpi. 


 
Combanera ci salverà 

La crescente diffusione degli inquinamenti chimici negli acquiferi sotterranei, dal cui sfruttamento dipende allo stato attuale il 70% dei fabbisogni idropotabili dell’hinterland torinese, e l’esigenza di migliorare la qualità delle acque destinate al consumo umano (D.Lgs. 31/01), hanno ulteriormente evidenziato l’utilità potenziale del nuovo impianto di Combanera.”

Quanto avete appena letto l’ho estratto dal documento chiamato Indagini e studi finalizzati alla predisposizione del Piano Tutela delle Acque (D.Lgs 152/99) della Regione Piemonte (1 luglio 2004; dell’impianto di Combanera ne tratta da pag. 8 in avanti; qui invece il link al Piano di tutela delle acque, approvato nel 2007).

Da quanto invece ho potuto leggere sui quotidiani negli ultimi anni, non mi è mai stato possibile comprendere chiaramente l’utilità di una diga in Val di Viù (Valli di Lanzo, To), progetto questo che risale addirittura agli anni ’60.

Trovo molto curioso l’utilizzo, da parte della Pubblica Amministrazione, dell’espressione “tutela delle acque” quando una parte delle falde acquifere ormai le abbiamo appestate con la nostra civiltà… Non ci si doveva pensare qualche tempo fa a tutelarle?

Cosa possiamo comprendere oggi, rileggendo in ottica storica – ovvero lungo i decenni dello sviluppo economico di Torino e del suo hinterland – l’evoluzione della nostra vita, dei nostri costumi, delle politiche e della sensibilità verso delle risorse fondamentali che appartengono anche alle future generazioni? E quale ruolo hanno avuto le istituzioni?

Torino e le Alpi da est. La Valle di Viù si può intercettare prolungando idealmente il primo corso alberato che si trova a sinistra della foto (un clic per ingrandirla). Foto di martellot

Torniamo un attimo al presente. Abbiamo appena letto che per tutelare le acque è necessario creare almeno un lago artificiale in Val di Viù (sommergendo anche la valle laterale di Richiaglio).

Lo scopo principale di quest’opera dovrebbe essere quello di fornire di acqua potabile Torino e il suo hinterland in previsione del fatto che le falde acquifere si stanno inquinando sempre di più, e che negli anni a venire saranno sempre più probabili prolungati periodi di siccità, con conseguenti crisi idriche che favorirebbero l’aumento delle concentrazioni di sostanze velenose (credo che questo, tra l’altro, sia un esempio perfetto di superamento dei limiti fisici del Pianeta, così come spiegati dai ricercatori che hanno scritto nel 2006 il libro I nuovi limiti dello sviluppo).

E allora dove andiamo a prenderla l’acqua che ci serve per gli usi quotidiani? E in cosa consiste a tutti gli effetti quest’opera imponente?

La risposta ce la fornisce Italo Losero che qualche tempo fa ha inserito un commento al post E’ il turno della Val Soana indicandoci un sito internet sui cui ha scritto e documentato proprio sull’impianto di Combanera:www.lacassa.net/Ambiente/L-impianto-di-Combanera/cs_3658.html da cui ho potuto prendere la foto che vedete all’inizio del post.

Zone di protezione delle acque destinate al consumo umano (Tavola 8 – Regione Piemonte) – L’area verde tratteggiata in alto a sinistra (NO di Torino) corrisponde alla Val di Viù (Fonte: Tav.8 al link http://www.regione.piemonte.it/ambiente/acqua/pianoTAcque.htm)

Il lavoro fatto da Italo Losero è davvero interessantissimo perché ci permette di comprendere, con un’ottima approssimazione, quali saranno le opere che insisteranno sul territorio della Val di Viù e su quello prospicente al Comune di La Cassa (To).

Se vi interessa sapere chi è questo signore, allora potete visitare il suo sito personale http://www.losero.net/ (il “chi sono” si trova qui).

Una delle tante simulazioni preparate da Italo Losero allo scopo di comprendere l’invaso di Combanera e l’impatto sulla Val di Viù e sul territorio di La Cassa

Sul sito www.lacassa.net/Ambiente/L-impianto-di-Combanera/cs_3658.html possiamo leggere e visualizzare i seguenti aspetti dell’impianto di Combanera:

L’impianto di Combanera (presentazione generale sul progetto) e poi:

_________________________________________

Visto che di questo progetto se ne parla fin dagli anni ’60, gli anni del Vajont (ed io dovevo ancora venire al mondo), ho provato a fare una ricerca su Combanera nell’Archivio Storico del quotidiano La Stampa (termine di ricerca “Combanera”; ordinamento per data) per leggere gli articoli che parlano di quest’impianto ciclopico.

Su alcuni articoli ho espresso la mia personalissima opinione in merito, cercando il più possibile di volgere il mio “sguardo” dalle montagne verso la mia città, come se mi trovassi proprio su una cima delle Valli di Lanzo, una di quelle che si affacciano stupendamente come un balcone sulla pianura torinese.

valli di lanzo

Degli articoli che ho rinvenuto nell’Archivio Storico del quotidiano La Stampa riporto qui solo un estratto, ovvero ciò che personalmente ho ritenuto fosse importante per riflettere su quest’opera. Ovviamente, se lo desiderate, potete leggere l’intero articolo cliccando sul titolo (o sull’immagine del ritaglio): si aprirà, con il visualizzatore “Google Drive”, la pagina su cui è stato pubblicato. E’ anche possibile aprire l’articolo in formato pdf cliccando sul bottone della stampante di Google Drive (in alto a sinistra: consigliato).

Vi suggerirei di prestare attenzione al linguaggio utilizzato per maneggiare le Alpi, dal quale emerge in tutto il suo splendore la visione urbanocentrica della Montagna:

3 agosto 1967: “Si crea un lago in valle di Viù per dare acqua buona a Torino

” […] Il progetto è stato preparato dal prof. Tournon del Politecnico per incarico dell’Amministrazione di Torino, quando l’assessorato era retto dal prof. Zignoli. La «pratica» ha compiuto un primo passo importante proprio in questi giorni. L’Enel di Torino ha dichiarato che la realizzazione è da ritenersi «in linea di massima conveniente e possibile». Ora si attende il consenso dell’Enel nazionale. Il lago artificiale, della capacità di 50 milioni di metri cubi, si formerebbe con la costruzione di una diga nella gola di Combanera, a circa 3 chilometri e mezzo a valle di Viù. La diga, del tipo a gravità semplice, avrebbe un’altezza di 98 metri. Il lago si allungherà fino a Viù, con un ramo secondario che si addentrerà nel vallone laterale fino alla frazione Richiaglio. La capacità di 50 milioni di metri cubi sarà pari al 20,6 per cento del deflusso medio normale annuo del bacino. Dal lago una galleria di 8 chilometri e mezzo, più 2 chilometri di condotta forzata porterà l’acqua (16 metri cubi al secondo) ad una centrale idroelettrica della potenza di 45 mila kw, con produzione annua di 80 milioni di kwh, da costruire tra gli abitati di Giordanino e di Givoletto. Dopo aver prodotto energia elettrica l’acqua entrerà in un bacino, passerà negli impianti di potabilizzazione e verrà portata verso Torino da due condotte: la prima lunga 10 chilometri arriverà ad un serbatoio seminterrato della capacità di 20 mila metri cubi a Cascine Vica; la seconda, lunga 7 chilometri e mezzo porterà l’acqua potabile ad un serbatoio di 20 mila metri cubi a due chilometri da Druento. Di qui la condotta proseguirà fino alla Madonna di Campagna. L’intera rete avrà una portata continua di 4 metri cubi al secondo (4 mila litri), pari a quattro volte l’impianto che estrae acqua potabile dal Po. I torinesi, ed i comuni della «cintura», potranno così disporre di un notevole quantitativo di acqua di montagna. […]”

Acqua buona“… ma cosa bevevano i torinesi in quegli anni? Non c’erano ancora le lobby delle acque minerali che hanno risolto il problema schiavizzandoci con le confezioni da 6 da caricarci nei nonluoghi degli ipermercati? Nell’articolo Combanera serve per la produzione di energia elettrica e poi per la fornitura di acqua potabile dimontagna a Torino. A quell’epoca siamo nella fase di progetto e di contatti preliminari con l’Enel da parte del Comune di Torino.

3 marzo 1968: “Approvato il bilancio dell’azienda acquedotto

Qui è interessante leggere che la Comunità Europea con la “Carta dell’acqua” (caduta nel dimenticatoio con il passare degli anni), già all’epoca invitava a legiferare seriamente per limitare l’inquinamento ed evitare lo spreco dell’acqua.

Sono passati 44 anni e ora leggo che nel 2004 si parla di crescente diffusione degli inquinamenti chimici negli acquiferi sotterranei come ho riportato in apertura di questo post: questo è un lampante esempio di cosa doveva servire l’Unione Europea, non certo ad arricchire la finanza grazie all’Euro, cosa che ha favorito pienamente, ma a difendere il futuro dei cittadini assicurando ad essi una vita dignitosa nel rispetto della Terra e dei limiti dello sviluppo.

Nell’articolo un politico della DC sottolinea che alcuni Comuni della “cintura” concedono permessi di discarica industriale che rischiano di inquinare le falde acquifere.

“[…] L’avv. Acciarini (dc) critica «la larghezza con cui alcuni Comuni della “cintura” concedono permessi di discarica industriale che rischiano di inquinare le falde acquifere». Dl Pietrantonio (soc. Ind.) si preoccupa degli inquinamenti e insiste affinché si provveda al recupero dell’acqua per uso industriale, anziché predicare agli utenti di fare economia. Ha risposto a tutti l’assessore dott. Dotti. Il rifornimento idrico si presenta abbastanza difficile non soltanto par la progressiva scarsità delle falde sotterranee, ma anche per i deprecati inquinamenti che portano alla eliminazione dl alcune riserve: «L’anno scorso abbiamo superato la siccità e gli elevati consumi (fino a 6059 litri al secondo) senza disservizi. Adesso stiamo ampliando l’impianto di Rivalta (circa 200 litri al secondo), che dovrebbe entrare in funzione nella prossima estate e costruiamo un apparecchio dl filtrazione a carbone attivo per il recupero delle acque inquinate dagli impianti di Venarla-Borgaro». Seguiranno altre iniziative per migliorare la produzione di La Loggia e La Verna, e per la nuova filtrazione a carbone attivo anche dell’impianto del Po.

L’assessore ha aggiunto: «Abbiamo iniziato alcuni tentativi per risolvere il problema delle acque inquinate da cromo, nei pozzi di S. Paolo. Riteniamo di poter trovare una soluzione costosa ma soddisfacente dal lato igienico» […]”.

Mi chiedo a cosa sono serviti quei discorsi in merito all’inquinamento. A quei tempi l’Italia è in pieno “sviluppo” economico e le industrie non possono certo accollarsi il prezzo dell’acqua pulita attraverso l’adozione di adeguati impianti di depurazione e di smaltimento. Problema questo enorme, se pensiamo ai costi da stanziare a bilancio che andrebbere immediatamente a riflettersi sul costo del prodotto finito. Questo è l’aspetto economico terribile che ancora oggi, nel XXI secolo, sta condizionando le scelte globali sulla riduzione delle emissioni, per esempio, di CO2. In gioco c’è la concorrenza e la competitività e i sogni di “sviluppo” di tante nazioni del mondo che non possono immaginare di frenare le industrie per la sola ragione di vivere in ambienti sani. Ma ora (e forse, ormai, è troppo tardi per invertire la rotta) ci stiamo giocando la sopravvivenza su questo Pianeta perché abbiamo superato i limiti.

Continua poi l’assessore dott. Dotti: “Nel ’70 incomincerà la costruzione dell’impianto di Combanera, presso la Stura di Viù, che avrà una portata di 4 mc al secondo e assicurerà il rifornimento idrico ai torinesi fino al 1990“.

Da un lato ce l’abbiamo fatta senza la “creazione del lago”, dall’altro gli inquinanti chimici sono penetrati nelle falde acquifere, alla faccia dei suggerimenti dell’Europa.

19 giugno 1968: Nessuna divergenza dc psu nel Consiglio provinciale

Riporto una parte interessante dell’articolo (si parla di “serbatoio” da costruire a Combanera e di drammaticità dell’acqua potabile):

[…] L’avv. Zaaruolo (pli), che è anche presidente dell’Acquedotto municipale, si è occupato dell’utilizzazione dell’acqua della Stura per l’approvvigionamento idrico di Torino. Su incarico del Comune l’ing. Tournon ha preparato un progetto che prevede la costruzione di un serbatoio in regione Combanera di Viù, in grado di fornire alla città 4 metri cubi di acqua al secondo. La spesa ammonta a 19 miliardi. In base ai calcoli dei tecnici l’acqua della Stura costerebbe a Torino lire 12,50 il metro cubo per una fornitura di 126 milioni di metri cubi all’anno. L’Assessorato alla Montagna della Provincia ha presentato ieri al Consiglio alcune varianti a tutela degli interessi degli abitanti e delle industrie della valle di Viù. Il consigliere liberale non ha respinto le osservazioni della Giunta, ma ha ricordato che «la situazione di Torino, per l’acqua potabile, è drammatica. In questo periodo il rifornimento non manca perché la pioggia è abbondante. Ma l’avvenire preoccupa. Ogni giorno il fabbisogno aumenta ed urge trovare nuove fonti di rifornimento» […]”.

Nel 1968 la situazione è drammatica. Come faranno a sopravvivere i torinesi, “cintura” compresa? Ci penserà Combanera a risolvere i problemi dell’acqua potabile?

30 luglio 1970: “Difendere l’acqua

In quest’articolo la fanno da padrona le previsioni fatte dai “tecnici” ed un entusiasmante linguaggio fatto di “modernità” e “razionale programmazione”:

[…] Il dramma dell’acqua va facendosi di anno in anno più angoscioso; quella che c’è è scarsa, molto spesso inquinata, i rimedi sono soltanto in parte efficaci. Che fare? Nel 1980 il mondo sarà popolato da cinque miliardi di esseri umani: i tecnici sono concordi, non bisogna perdere tempo.

L’acqua a Torino, ieri, oggi e domani. Un problema tormentoso. La crescita della città, delle sue industrie fiorenti, il miglioramento del tenore di vita, la trasformazione della capitale subalpina in metropoli moderna, tutto ha contribuito ad acuirlo. I 330 mila abitanti dell’inizio del secolo sono saliti a 1.183.000, il consumo per abitante era di 70 litri al giorno nel 1900; di 205 litri nel 1945; di 340 nel ’60 (quando raggiunse il milione di cittadini).

Oggi ogni torinese consuma, in media, 360 litri d’acqua. Il piano regolatore generale che prevede nei prossimi 50 anni l’aumento della popolazione del capoluogo fino a 1 milione 900 mila abitanti, presume che l’indice salirà a 700 litri per abitante-giorno. Il fabbisogno giornaliero dovrebbe superare il milione di metri cubi, cioè 14.500 litri al minuto secondo. La disponibilità attuale è di soli 6215 litri. […]”

Bene, i prossimi 50 anni, ovvero nel 2018, ovvero l’oggi, ci dicono che gli abitanti di Torino sono inferiori al milione. In tema di previsioni (di ogni genere, soprattutto quelle economiche) John Kenneth Galbraith in L’economia della truffa sostiene che si tratta semplicemente – appunto – di truffa: legalizzata e socialmente accettata.

Altri passaggi interessanti dell’articolo:

“[…] «Eppure — dicono i tecnici dell’Acquedotto — sotto il profilo igienico l’acqua superficiale potabilizzata offre la massima sicurezza. Sono le acque sotterranee a correre i maggiori rischi di inquinamento».

Scarsità e inquinamento, due facce di una stessa medaglia. Le falde del sottosuolo stanno per esaurirsi: sfruttate oltre i limiti di sicurezza (il ricambio naturale assicura 5 metri cubi al secondo, se ne ricavano invece 8) dalle industrie, dagli impianti di condizionamento, dallo stesso Acquedotto […]”.

“[…] Nell’aprile scorso l’Azienda acquedotto ha inaugurato i nuovi impianti a carbone attivo per la depurazione delle acque del fiume: costo 220 milioni, produzione sempre di 1000 litri al secondo, sostituzione del vecchio sistema di depurazione a sabbia, che non riusciva ad eliminare del tutto odori e sapori disgustosi. Il nuovo impianto sul Po è uno dei più grandi d’Europa, l’unico esempio del genere in Italia. Scrive l’arch. Carlo Bima, nella seconda edizione del suo « L’acqua a Torino »: «Se non facciamo qualcosa per combattere la minaccia di inquinamento, sarà come conservare la nostra acqua in un secchio di immondizie ». Il libro, che ci ha fornito numerosi tra i dati riferiti all’inizio, fa tesoro delle esperienze dei passato, ma soprattutto guarda al futuro. Per 60 anni i nostri acquedotti si sono giovati delle falde sotterranee, nell’ultimo decennio si è fatto ricorso alle acque superficiali. Ma si intravede non lontano — aggiunge l’arch. Bima — anche il raggiungimento del limite di capacità del fiume. E allora? L’azienda torinese ha allo studio a lunga scadenza una «razionale programmazione di nuove opere: un invaso a Combanera-Viù sul torrente Stura di Viù. […]”

28 aprile 1972:Bacini nelle vallate come riserva d’acqua

Questo articolo non è stato immediato individuarlo perché risulta “affogato” in un pezzo che parla dello strip del Crazy Horse.

Siamo arrivatì così nel 1972, lo stesso anno in cui veniva pubblicato il primo studio scientifico che documentava l’insorgere della questione ambientale in termini globali: I limiti dello sviluppo. Studio poi ripresentato 30 anni dopo, confortato dai calcoli effettuati con i nuovi elaboratori, aventi maggiore potenza di calcolo, che hanno confermato in pieno lo studio precedente. In Italia il documento è stato oggetto di pubblicazione nel 2006: “I nuovi limiti dello sviluppo” di Donella e Dennis Meadows e Randers Jorgen (Oscar Mondadori). Ne ho parlato qui.

12 luglio 1972: Alla ricerca di acqua pulita sufficiente fino al Duemila

Un lettore scrive: «E’ cosa risaputa che l’acqua potabile di Torino fa veramente schifo e non giova alla salute. Io faccio parte di quelle centinaia e centinaia di torinesi che una volta alla settimana possono, grazie a Dio, recarsi con bottiglie e bidoncini a fare provvista di acqua sorgiva nella zona collinare. E’ mai possibile che Torino, circondata com’è dalle Alpi, con i grandi ghiacciai e i torrenti impetuosi, non possa avere un’acqua bevibile? Forse incanalare l’acqua dai monti offre meno occasioni di mangerie che costruire costosi impianti di depurazione, che peggiorano il gusto dell’acqua e non salvano dal mal di fegato. Come sempre, ci rimettono solo i poveri diavoli: o mangi la minestra o salti dalla finestra!”.

Eccoli i grandi ghiacciai. Chissà se quel lettore è ancora in vita. Chissà se legge ancora La Stampa e gli articoli di Luca Mercalli che ci raccontano come si stanno estinguendo quei poveri ghiacciai (sul sito di Nimbus si prendono in considerazione i ghiacciai proprio delle Valli di Lanzo) anche grazie al nostro sviluppo senza limiti. Sono trascorsi 40 anni e quelle rassicuranti masse glaciali, con la loro imponenza e con la loro riserva d’acqua, si stanno estinguendo da un mondo che li impesta grazie all’impoverimento mentale di noi umanoidi. Stesso discorso vale per i “torrenti impetuosi” che oramai così si presentano solo in occasioni delle bombe d’acqua – i flash-flood –; basta fare una passeggiata tra le nostre belle vallate, durante una delle nostre estati sempre più roventi, per rendersene conto.

“[…] All’Azienda acquedotto municipale si sostiene che queste critiche sono fuori bersaglio: il vero problema sarebbe non la qualità, ma la quantità dell’acqua a disposizione dei torinesi. […]”

“[…] Ma quello idrico è forse l’unico settore in cui si è fatta della programmazione nazionale: esiste il piano regolatore generale degli acquedotti che stabilisce le fonti e la quantità di approvvigionamento per territorio. Al Comune di Torino, per il periodo 1965-2015, sono state riservate tre possibilità di rifornimento, tutte ancora da sfruttare.

Essendo ormai esaurite le risorse della rete sotterranea, si tratta di tre impianti per l’utilizzazlone di acque di superficie: 1) ampliamento della presa diretta sul Po, per una quota di 3 mc al secondo; 2) 4 mc al secondo dalla Stura di Viù, con invaso artificiale a Combanera; 3) 1,5 mc al secondo dalla Germanasca, con invaso artificiale a Ponte Battarello. Ecco gli 8,5 mc al secondo in più necessari per i prossimi cinquantanni. […]”

“[…] «La fase più delicata è dunque quella attuale. Per due anni dovremo accontentarci di piccoli incrementi, qua e là, recuperando quantità d’acqua grazie all’opera di depurazione» dice sempre il direttore generale (Nda: ing. Meucci dell’Azienda Acquedotto Municipale). Per due anni, l’utenza torinese dovrà ancora combattere più o meno intensamente con i problemi quotidiani del rifornimento idrico: bassa pressione nelle zone collinari, afflusso al minimo nei mesi caldi, nonostante la vicinanza della catena alpina e delle nevi eterne. […]”.

Negli Anni Settanta gli ingegneri, i mega direttori generali, credevano nelle nevi eterne… Anche io fino a qualche tempo fa ci credevo. La realtà attuale è ben diversa: basta farsi un giretto sul sito di Nimbus e leggere le puntuali rilevazioni delle masse glaciali ad opera della Società Meteorologica Italiana (l’ultima riguarda quella del ghiacciaio pensile della Croce Rossa proprio in Val di Viù, sul confine con la Savoia).

2 febbraio 1974:Sondaggi per il petrolio han fatto trovare acqua

“Mentre sono in preparazione le leggi regionali per ridurre l’inquinamento idrico e bloccarne l’estendersi, altra preoccupazione costante è quella del rifornimento idrico, per l’agricoltura, per l’industria, per uso delle popolazioni.[…]”

“[…] E’ da notare che la Lombardia fa il maggior ricorso alle acque sotterranee (41,2 su 48), il Lazio a quelle sorgive (37,1).

Le previsioni dell’Acquedotto municipale torinese sono forse più pesanti ancora: al 2015 la sola città di Torino la cui richiesta d’acqua dolce è oggi sul 7 mila litri al secondo, cioè 7 metri cubi, ne avrà bisogno del doppio: 14.500 litri. In uno studio di Carlo Elma sull’acquedotto torinese si legge a questo proposito: «Per garantire la copertura il Piano nazionale ha fissato per l’azienda tre risorse di acqua superficiale, per un totale di 8500 litri al secondo e precisamente: un invaso a Combanera-Viù sulla Stura di Viù per una portata di 4 mila litri al secondo; un secondo invaso a Ponte Battarello-Pomaretto per una portata di 1500 litri al secondo sul torrente Germanasca, un nuovo impianto a presa diretta sul Po, per una portata di 3 mila litri al secondo. […]”

“[…] Ora si pensa ad invasi alpini, ma le reazioni negative che già si sono avute nella valle di Viù fanno pensare che le difficoltà saranno molto forti. Ed allora non rimane che rivolgersi al sottosuolo anche se il Piano nazionale per gli acquedotti sembra non tenerlo in considerazione. Pozzi in pieno centro della città sono stati scavati ultimamente dall’Acquedotto municipale, ma uno sfruttamento razionale su plano regionale impone particolari conoscenze che al momento attuale non ci sono. […]”

Evidentemente quelle leggi regionali non sono riuscite nell’intento visto che trent’anni dopo la Regione Piemonte riscontra una crescente diffusione degli inquinamenti chimici negli acquiferi sotterranei.

4 novembre 1976: Assicurata l’acqua ma costerà più cara

“Acqua, bene di tutti. Va cercata, disinquinata, conservata e utilizzata nel migliore dei modi in funzione del singoli usi. […]”

“[…] A Torino secondo quanto ha dichiarato il presidente dell’Acquedotto dottor Tosi, la situazione è fra le migliori. Il prossimo anno entrerà in funzione l’Impianto del Po con acqua trattata con ozono (il cloro sarà inavvertibile) della capacità di 1500 litri al secondo. Poi si farà l’impianto della Combanera, in vai di Viù (4 mila litri secondo). […]”

Dopo le preoccupazioni dell’articolo precedente, sembra che in due anni si siano messe le cose a posto, garantendo l’acqua per tutti gli usi: “la situazione è fra le migliori” sostiene il dott. Tosi e, come recita il sottotitolo, non dovrebbero esserci problemi fino al 2015. Eppure di Combanera se ne parlerà ancora, fino ad arrivare ai giorni nostri con le dichiarazioni del Governatore Cota (di cui riporterò gli articoli alla fine di questa carrellata storica).

19 maggio 1981: Un “megapiano” per 19 centrali

“[…]Sono inoltre realizzabili in Piemonte altri 6 impianti idroelettrici (in provincia di Torino, Vercelli e Novara) per complessivi 2862 megawatt installati e una producibilità di 5932 milioni di chilowattora (su un totale, previsto in Italia di 2858 megawatt e 6282 milioni di chilowattora. Questi sono impianti di una certa dimensione, poi ce ne sono altri, più piccoli e il Piemonte ne ha ancora tre: Oulx (24 megawatt, 67 milioni di chilowattora l’anno), Salbertrand (29,6 megawatt, 86 milioni di chilowattora), Candoglio (prov. Novara, 41,5 megawatt, 96 milioni di chilowattora). Infine ancora in Piemonte sono ritenuti possibili altri due impianti idroelettrici: sulla Stura di Viu a Combanera (Torino), con una potenza di 52 megawatt e una producibilità annua di 130 milioni di chilowattora. […]”

Scampato il pericolo di rimanere senz’acqua, come abbiamo letto nel precedente articolo, trascorrono cinque anni e si parla di nuovo di Combanera: questa volta l’impianto serve per produrre energia elettrica.

Per un motivo o per l’altro, questa diga s’ha da fare.

6 maggio 1987: Torino potrebbe bere l’acqua di Susa di José Leva

Il ripetersi dei casi d’inquinamento delle falde acquifere ha riportato d’attualità il problema della sicurezza dei pozzi dai quali attingono gli acquedotti delle aree metropolitane. Se queste acque non sono più affidabili non resta che rivolgersi a quelle alpine, che offrono molte possibilità di sfruttamento.

Al convegno promosso dall’Azienda acquedotto torinese per dibattere progetti e politiche per i prossimi ventanni è riemersa la proposta di unire in un’unica gestione i diversi impieghi delle acque alpine. Autore del progetto, Levio Bottazzi, vicesindaco di Rivoli. «La previsione che il lento discendere degli elementi inquinanti verso le falde profonde avrebbe inevitabilmente compromesso i pozzi — osserva Bottazzi — era già stata avanzate a metà degli Anni 60, quando si pose l’alternativa fra la realizzazione del depuratore sul Po e l’impianto di Combanera di Viù. Quest’ultimo, anche se più costoso, avanzava l’importante principio — solo oggi compreso — di un utilizzo delle acque per più scopi: potabile, irriguo ed energetico» […]”

Trascorrono sei anni e l’inquinamento delle falde acquifere procede inesorabile, grazie alle industrie fiorenti, allo sviluppo economico e grazie al fatto di essersi dimenticati di quellaCarta dell’acqua” di cui la Comunità Europea parla già nel 1968.

Ma perché preoccuparci di cosa dice quella “Carta” se tanto dietro casa abbiamo la Val di Viù che, in extremis, quando avremo appestato a dovere tutti i pozzi sotterranei, sarà lì pronta a sacrificarsi all’altare dello sviluppo economico?

Forse abbiamo ciecamente creduto che ghiacciai e “acqua buona” fossero sempre lì ad attenderci, una volta completata l’opera di devastazione delle falde acquifere. E invece, oltre ad aver avvelenato il sottoterra, siamo riusciti, grazie ai nostri sentieri di crescita economica salvifici, ad avvelenare anche quanto sta sopra la terra, ovvero l’aria, pompandoci quantità mostruose di CO2, provocando così quell’effetto serra (di cui si parla quasi tutti i giorni) che sta facendo squagliare la neve e il ghiaccio a ritmi elevatissimi.

28 gennaio 1989-“L’Acquedotto non ha falle

“[…] L’Aam, in realtà, ne immetterà nella rete di distribuzione un totale di 199 milioni di metri cubi, perché il 17,5 per cento se ne andrà in perdite fisiologiche degli impianti, una percentuale che gli esperti considerano «ampiamente accettabile». […]”

“[…] L’Aam investirà quest’anno oltre 5 miliardi per il miglioramento della rete distributrice, per il potenziamento della captazione della zona Nord, per lo spostamento della presa fluviale al Po e per l’avvio dell’impianto di Combanera, a Viù, in val di Lanzo: una realizzazione che dovrebbe garantire l’approvvigionamento idrico nel prossimo decennio per un milione 700 mila abitanti, anche con lo spettro dell’inquinamento. Anche se diminuisce leggermente la domanda dell’utenza (per il calo della popolazione), parallelamente si stanno esaurendo i pozzi, inutilizzabili per la presenza di cromo e solventi clorurati o per l’abbassamento del livello della falda acquifera, determinato questo da un susseguirsi di annate caratterizzate dalla siccità, non avvertibile attraverso la produzione delle sorgenti. […]”

Da notare la seguente considerazione su Combanera (già letta negli anni precedenti) “una realizzazione che dovrebbe garantire l’approvvigionamento idrico nel prossimo decennio” ovvero fino al 1999.

Eppure, ad oggi, senza Combanera – e sono trascorsi 45 anni da quando si è iniziato a parlarne -, non siamo ancora morti di sete. Anzi, mi sembra che ne abbiamo così tanta che la utilizziamo con gran disinvoltura senza preoccuparci troppo di non sprecarla (per quanto ne so io, nei condomini dei paesi del nord Europa l’acqua di scarico dei wc viene recuperata e riutilizzata).

29 settembre 1989: “Acqua il rubinetto perde di Pier Paolo Benedetto

“Torinesi, spreconi d’acqua. Scialano un tesoro buttandone buona parte nei servizi igienici. Altri milioni di litri se ne vanno lungo la rete delle condutture municipali, vecchie, rattoppate di tanto in tanto. Eppure come tutti sanno questo patrimonio abbondante è sottoposto a gravi rischi: non perché le fonti si stiano prosciugando ma perché molte sono ormai inutilizzabili mentre altre sono interessate a striscianti aggressioni di sostanze nocive. La situazione non è allegra per più motivi: si va da uno spreco incredibile di acqua potabile ad uso domestico alla difficoltà di reperire nuove risorse idriche. Lo scenario riferito a Torino e cintura è stato tracciato al congresso internazionale di geoingegneria in corso al Politecnico su «Suolosottosuolo». Relatore il professor Antonio Di Molfetta che con l’ingegner Giancarlo Bortolami segue da tempo i problemi dell’approvvigionamento idrico di Torino.” […]

“[…] Lo spreco ha due motivazioni di fondo: le tariffe irrisorie che non incrementando il patrimonio da destinare agli investimenti limitano ogni intervento dell’azienda in termini di manutenzione, protezione delle risorse, rinnovo delle fonti di approvvigionamento; la mancanza di cultura del risparmio da parte dei cittadini i quali non danno alcun valore al «prodotto acqua. Suggerisce il relatore: «è indispensabile intervenire al più presto sia adeguando le tariffe a quelle europee, sia promuovendo iniziative che responsabilizzino l’utenza.

Le fonti – L’acqua che giunge in città è captata nel seguente modo: un quinto dai tre impianti che filtrano risorse dal Po; l’11 per cento dall’antica sorgente del Pian della Mussa e dalle gallerie filtranti dell’impianto Sangano; il resto è acqua pompata dai 200 pozzi disseminati tra Scalenghe, Venaria, La Loggia, Volpiano, Rivalta, Beinasco, Torino, Druento, Ciriè, Borgaro. L’ipotesi meno percorribile a causa del degrado che minaccia le falde meno profonde forse è quella di scavare nuovi pozzi. Da qui la proposta di ripescare dal fondo dei cassetti il progetto Combanera-Viù che prevede la costruzione di un invaso di 50 milioni di metri cubi con cui potenziare l’acquedotto di Torino. Costo presunto: 400 miliardi.”

I montanari che ho avuto la fortuna di conoscere, mi hanno insegnato che in montagna nulla veniva sprecato. Era una vera e propria cultura quella del non spreco. Drammatico ed annichilente pensare che proprio da quelle montagne si vuole prendere una risorsa così preziosa che noi, cittadini opulenti, ci permettiamo letteralmente di buttare via. Corrompere in questo modo la montagna – simbolo del rapporto misurato ed equilibrato con le risorse scarse disponibili – con le nostre logiche consumistiche malate, è davvero un atto barbaro che non ci lascia alcuna speranza di salvezza se perseveriamo nel trattare la Terra come un oggetto da depredare senza alcun limite.

Nella stessa pagina di questo articolo si trova anche un interessante resoconto sull’inquinamento dell’acqua: “Liscia, gasata, all’atrazina“.

Sono trascorsi 20 anni circa da quando si è cominciato a parlare dell’impianto di Combanera e dell’inquinamento delle falde acquifere sotterranee.

8 marzo 1990: “Per un po’ d’acqua in più di Gianni Bisio

“Prenderemo più acqua dal Pian della Mussa, e ne sfrutteremo la caduta per produrre energia elettrica, cercheremo acqua più pulita nel Po, per evitare i rischi che vengono da due affluenti spesso inquinati, estenderemo e potenzieremo la rete di distribuzione della città rinnovandone le parti più vecchie e consunte. Questi, in un momento in cui la siccità è argomento di dibattito e di timori, sono non solo i proponimenti ma anche i progetti già avviati dell’Acquedotto municipale per prepararsi al 2000. Ed è l’occasione per ribadire ancora una volta che i torinesi, secondo i dirigenti dell’azienda, «non hanno e non avranno problemi per l’acqua, in quanto l’approvvigionamento dipende per il 70 per cento da una falda profonda che difficilmente si esaurirebbe». A meno che l’inquinamento, «progressivo e irreversibile» secondo gli esperti, non arrivi a rovesciare del tutto la situazione: l’azione in corso tende anche a limitare questo rischio. […]”

“[…] L’ingegner Merlo ha invece parlato delle opere in corso e dei progetti futuri. Così ha spiegato che la leggendaria fonte del Pian della Mussa (che copre il 3,3 per cento del consumo totale) sarà integrata con la costruzione di 8 nuovi pozzi (3 sono già fatti) per portare a Torino, ogni anno, un ulteriore quantitativo di 2 milioni di metri cubi «di acqua della migliore qualità tratta da una falda esente da inquinamento». Il salto della condotta consentirà a Balme di produrre energia idroelettrica in grado di autoalimentare l’impianto. Nuovi pozzi saranno scavati tra Venaria e Druento nell’area contigua all’attuale campo di aviazione militare che fungerà da zona di salvaguardia. […]”

“[…] Ma il progetto più ambizioso resta quello del grande invaso di Combanera di Viù (400 miliardi) che potrebbe fornire 3,5 metri cubi al secondo: uno per Torino, due per i comuni dell’area metropolitana con le risorse locali già compromesse, 500 litri al secondo come riserva. L’idea è del ’65, ma l’investimento non si è ancora concretizzato. All’Acquedotto, però, non si sono ancora arresi; prima o dopo dai nostri rubinetti uscirà anche l’acqua di Viù”.

Secondo gli esperti l’inquinamento è progressivo e irreversibile.

Una condanna.

3 agosto 1990: “Cinquant’anni nell’acqua di Giuliano Dolfini

Interessante storia di un personaggio che ha vissuto “50 anni nell’acqua”: Eligio Boccadoro.

“[…] Ma ora sono gli inquinamenti a preoccuparlo: un’insidia continua ed invisibile. Esiste una soluzione? «Grandi consorzi per molti comuni, per diminuire i costi ed avere controlli più accurati». Poi un progetto per il futuro di Torino: «Una diga di raccolta a Combanera in Val di Viù». Ciò perché vi sono troppi pozzi inquinati e inutilizzabili. Eligio Boccadoro ha ricevuto una pergamena ed una medaglia per i 44 anni dedicati all’acqua dei torinesi. E’ stato un riconoscimento dei collaboratori e dei dipendenti. «Che cosa farò adesso? Andrò in ferie a Fenestrelle, per 20 giorni». Sarà un ritorno nelle verdi montagne e vallate del Chisone, dove 46 anni fa – con lo zaino in spalla – era salito pieno di entusiasmo in nome della libertà. Giuliano Delfini Eligio Boccadoro, 44 anni al servizio della città, ora va in pensione”.

Vi sono troppi pozzi inquinati e inutilizzabili“.

12 marzo 1991: “Val di Lanzo, guerra dell’acqua” di Giovanna Favro

“La vicenda ricorda quella ambientata nel 1933 da Ignazio Silone a Fontamara: è guerra tra i contadini delle Valli di Lanzo e l’Acquedotto di Torino. I primi abituati ad irrigare i campi con l’acqua della Stura, il secondo dal 1968 alla ricerca di fondi per creare a Viù la diga di Combanera, che porterebbe all’area metropolitana 4000 litri al secondo di acqua sottratta alla Valle di Lanzo e deviata verso La Cassa. […]”

“[…] «Si tratta – ha spiegato il direttore dell’Acquedotto, Merlo – di costruire sulla Stura di Viù un lago di circa 50 milioni di metri cubi mediante una diga alta 98 metri e lunga 370: il lago diventerebbe un’attrattiva, e ai contadini verrebbe garantito un flusso costante di acqua, oggi soggetto alle variazioni del fiume». «Nei periodi di magra – promette Merlo – l’acqua disponibile sarebbe lasciata agli agricoltori, mentre nei mesi in cui la portata supera i 17 metri cubi al secondo, sufficienti ad irrigare gli 11.300 ettari coltivati a valle, una parte sarebbe deviata nelle condutture dell’acquedotto». L’operazione, dopo un costo iniziale che supera i 500 miliardi (richiesti con un finanziamento statale), comporterebbe un deciso abbattimento dei costi: «L’acqua scenderebbe a Torino sfruttando la forza di gravità, senza le operazioni di pompaggio dai pozzi oggi necessarie – dice Merlo -. Inoltre l’opera di potabilizzazione sarà minima, essendo quella di Viù un’acqua molto pura. L’area metropolitana ha bisogno di nuove risorse idriche, a fronte dei continui inquinamenti delle falde».

Interessante sentire parlare di “acqua molto pura” che deve ad andare a rifornire un’umanità sprecona e zozzona che in nome della crescita e dello sviluppo ad ogni costo è stata capace di devastare anche le falde acquifere sotterranee. Un’umanità totalmente indifferente al proprio futuro in cui anche altre generazioni avrebbero avuto il diritto di vivere su di una Terra non avvelenata.

Leggendo i primi articoli di questa carrellata storica, si scopre però che il problema dell’inquinamento era già stato sollevato.

Come anche quell’allarme sui limiti dello sviluppo che arrivava dall’America e che nessuno, tra i potenti del Pianeta, ha avuto il coraggio di ascoltare. Eppure, già alle elementari, mi raccontavano che l’uomo è un essere intelligente.

Mi chiedo cosa vuol dire “intelligente”.

12 maggio 1991: “L’acqua del nostro rubinetto

[…] «Attualmente la situazione è buona – spiega l’ingegnere Giorgio Merlo, direttore dell’acquedotto – ma per il futuro si dovrà puntare su altre risorse. L’inquinamento è sempre in agguato. Soprattutto per le fognature dissestate o per le industrie che scaricano abusivamente». La presenza di due torrenti killer, il Banna ed il Chisola, già si fa sentire negli impianti di corso Unità d’Italia, dove si potabilizza il Po. Qui si riscontrano in ogni litro 15 microgrammi di «triolometani» (il limite consentito dalla legge è di 30 microgrammi), che si formano nel processo di potabilizzazione, perché nel Po si scaricano prodotti chimici. Si pensa a nuovi impianti. C’è un progetto di spostare la stazione di captazione di corso Unità d’italia, di 7 chilometri, a monte di Moncalieri, prima che il Banna ed il Chisola si immettano nel Po. Il costo previsto sarà di 30 miliardi. «Abbiamo inviato una relazione al ministero dell’Ambiente – dice l’ingegnere Merlo -: prima o poi questo intervento sarà necessario». «Per eliminare le attuali falde inquinate che mettono in crisi i pozzi – prosegue il direttore dell’acquedotto – occorrerebbe pompare l’acqua per 10-15 anni. Si deve quindi puntare sull’acqua di montagna». Sono pronti due progetti. Uno è quello di Combanera in Val di Lanzo, l’altro riguarda l’intubazione di captazioni in Val Susa.

Siamo giunti così ai primi anni ’90 ed ecco che ora spuntano addirittura i torrenti “killer“, oltre alle industrie che scaricano abusivamente. E’ la natura che è diventata assassina, non l’uomo con le sue pratiche suicide. Questo la dice lunga su qual è il nostro rapporto – malato – con l’ambiente che ci ha dato la vita.

4 giugno 1992: “Valli di Lanzo, stop al turismo di Giovanna Favro

“Non è possibile pretendere dalle montagne delle Valli di Lanzo la ricchezza economica e contemporaneamente la buona qualità delle acque: dunque, occorre limitare il più possibile l’espansione turistica ed economica delle Valli. Questa la filosofia di uno studio dell’assessorato alla caccia e pesca della Provincia che ha mandato su tutte le furie gli amministratori delle Valli.

Cinque sindaci hanno già chiesto le dimissioni dell’assessore Livio Besso Corderò: sono Beppe Losero (Cantoira), Luigi Gagliardi (Chialamberto), Roberto Chiariglione (Groscavallo), Umbro Tessiore (Balme) e Giuseppe Alasonatti (Ala di Stura). «Vogliono ridurci a una riserva, come gli indiani, per tutelare il nostro patrimonio idrico – dice Alasonatti -: l’assessore deve andarsene, oppure rimangiarsi quel documento.[…]

“Sotto il titolo «La gestione delle risorse idriche del bacino idrografico dello Stura di Lanzo», lo studio commissionato dall’assessore Besso Corderò a tre docenti universitari definisce «pericoloso ogni progetto di intensificazione delle attività turistiche». La circonvallazione di Venaria, approvata e finanziata dalla Provincia fin dall’89, viene criticata come «opera voluta dal partito della betoniera e dell’asfalto» e fonte di inquinamento nelle Valli. Lo studio, oltre a esprimere parere favorevole alla costruzione delle centrali idroelettriche di Cantoira e Groscavallo (progetto contro il quale si sono pronunciati tutti i Comuni delle Valli, oltre all’assessore Grotto), definisce «inapplicabile» lo sfruttamento a fini turistici dell’invaso di Combanera a Viù. ” […]

Ecco le Valli di Lanzo viste come “serbatoio” di risorse per la metropoli. Nei primi anni ’90, da questo articolo, emerge chiaramente la “distanza” che separa il mondo alpino da quello cittadino: un fossato enorme dove le montagne sono “viste” come uno strumento finalizzato a perpetuare la decadente e supponente civiltà urbanocentrica. Quella civiltà che ci sta spingendo verso l’orlo del baratro. Quella civiltà stoltamente sorda ad ogni allarme sui rischi di catastrofi che già nei primi anni ’70 giungevano dagli studi effettuati dal Club di Roma grazie alla squadra di Aurelio Peccei.

E oggi non è cambiato praticamente nulla: basta ascoltare come viene invocata le crescita a tutti costi. E’ il dogma a cui anche l’uomo deve sacrificarsi preparando in questo modo la strada ad un futuro dominato dalle macchine.

Interessante notare che il concetto di limite (“occorre limitare il più possibile l’espansione turistica ed economica delle Valli”) viene ribaltato a monte. Il problema del limite non risiede in pianura bensì in montagna. Sono i montanari che devono limitarsi per agevolare il più possibile uno sviluppo senza fine della civiltà urbanocentrica.

12 agosto 1992: Viù, i sopravvissuti della diga

Attenzione perché nell’articolo si parla erroneamente di un lago con 50 mila metri cubi: in realtà il progetto ne prevede 50 milioni di metri cubi.

«Cercatevi un’altra casa». Nelle frazioni Porte, Mondrezza e Capinera di Viù se lo sentono dire da vent’anni da politici, geologi, dirigenti dell’Acquedotto municipale di Torino. Una tiritera senza fine alle orecchie dei proprietari di una decina di case che verranno sommerse quando sarà costruita la diga di Combanera per formare un lago con 50 mila metri cubi di acqua raccolti dalla Stura di Viù, destinati ai rubinetti dei torinesi. Un’opera da mille miliardi di lire, un progetto abbozzato alla fine degli Anni Sessanta e più volte aggiornato con prove sismiche e trivellazioni nei terreni dei contadini che ora non ne possono più. Negli uffici di corso XI Febbraio si parla di «un progetto prioritario, irrinunciabile a fronte del sempre maggior inquinamento dei pozzi». Purché arrivino i soldi da Roma. «Appena ci mettiamo l’anima in pace dice Giuseppe Viberti, 59 anni, che vive in frazione Caplinera arriva un geologo a trivellare e a farci ripiombare nell’angoscia. Sembra che dobbiamo andarcene da un momento all’altro: vorrei rifare il bagno di casa mia, ma mi spiacerebbe spendere soldi che finiranno nell’acqua». […]

[…] “Avversato da verdi e ambientalisti, il progetto piace al Comune che sogna di sfruttare il lago a fini turistici. Il sindaco, Giuseppe Fornelli: «Si potrebbero affittare barchette a vela e a remi e incrementare la pesca. Avremmo anche qualche posto di lavoro per la vigilanza sulle sponde. Per la Val di Viù sarebbe una benedizione».

Nel 1992 si continua a leggere che i pozzi sono sempre più inquinati. Ma chi li inquina? E tutto ciò è lecito? Un Paese che si definisce “civile” acconsente, in nome dello sviluppo (criminale?), di devastare la sostanza che ci serve per vivere e di cui il nostro corpo è costituito per oltre il 70%?

Nessun problema. Tanto abbiamo sempre pronto nel cassetto il progetto del serbatoio della Val di Viù che sopperirà alle nostre carenze di civiltà. Possiamo continuare a sprecare e ad inquinare. In nome della crescita e dello sviluppo.

5 aprile 1994: Cancellati dal maxi invaso di Gianni Giacomino

Da trent’anni dal primo progetto, rimasto sulla carta, si torna a parlare dell’invaso di Combanera sopra Viù, in val di Lanzo. La costruzione del lago artificiale e della diga che garantirebbe il rifornimento idrico di Torino sta creando polemiche a raffica. L’invaso significherebbe per qualcuno trovarsi la casa ad un paio di metri dal lago; per molti addirittura sott’acqua, come la frazione Caplinera, quattro case, un capannone e una stalla che sarebbero sommersi da una ventina di metri d’acqua. «Sono nato e vissuto qui – dice con gli occhi lucidi Giuseppe Viberti, agricoltore in pensione di 60 anni – ho dedicato la mia vita a questa terra, ai pascoli; con le mie mani ho portato in questa frazione elettricità, acqua potabile e cavi telefonici. Da trent’anni vivo con l’angoscia che tutto questo venga cancellato» […]

Suggerisco di leggere tutto l’articolo.

19 maggio 1995:Combanera sommersa di Pierfrancesco Franco

Pierfrancesco è uno studente del Liceo Scentifico “Galilelo Galilei” di Cirié (To) e scrive una bellissima lettera a Torino Sette, inserto de La Stampa, con cui pone ai lettori alcune domande molto importanti.

[…] Notevoli sono le critiche rivolte nei confronti di questa ciclopica opera, soprattutto da parte degli ambientalisti. In questo senso alcuni gruppi politici hanno presentato delle interrogazioni in Regione. Si polemizza, innanzitutto, sulla reale necessità della diga. Il progetto, risalente agli Anni 60, era stato portato avanti in base alla notevole crescita urbana di Torino in quegli anni, per cui, per il 2025, si prevedeva una popolazione di 1 milione 968 mila abitanti, mentre oggi non si arriva nemmeno al milione. Non si potrebbe migliorare il sistema idrico, ovviando alle perdite degli impianti privati che (secondo stime dell’Acquedotto Municipale) ammontano, per ogni utenza, a 60 litri al giorno, pari al 18 per cento dell’erogazione media giornaliera? Non è uno spreco che un’acqua cosi pura, come quella delle Valli di Viù, venga utilizzata dalla metropoli, visto che il 27 per cento di essa di perde lungo il tragitto, il 16 per cento finisce negli scarichi del W.C., l’11 per cento viene adibita ad uso industriale e solo il 30 per cento ad uso igienico potabile? Aspre, inoltre, le critiche nei confronti dei supposti vantaggi che l’invaso procurerebbe all’economia montana, incrementando il turismo. Nella bella stagione il «lago» sarà, infatti, in secca. Inoltre le frequenti escursioni di livello previste per il bacino, dell’ordine medio di 12-15 metri e con punte sino ai 40 metri, creerebbero una fascia di fango che renderebbe impraticabili le sponde. Pericolose, inoltre, le alterazioni all’equilibrio faunistico ed antropico della zona. Combanera quindi, progresso, o ennesimo scempio nei confronti della natura e dell’uomo?

24 ottobre 1996: “Sì all’invaso di Combanera” di Gianni Giacomino

«L’invaso di Combanera, in Val di Viù, si può fare». Il parere è quello del ministro dell’Ambiente Edo Ronchi e dei membri della Commissione parlamentare che hanno analizzato la proposta dell’Azienda acquedotto municipale di Torino. Una decisione maturata dopo mesi di riesame delle controdeduzioni presentate da numerosi Enti contrari alla costruzione del maxi-invaso. Così, a più di trent’anni dalla presentazione del primo progetto, è stato compiuto un ultriore passo avanti verso la costruzione del lago artificiale, della portata di 50 milioni di metri cubi di acqua, nell’alta Val di Viù. In Alta Val di Lanzo, fra gli amministratori c’è perplessità, a cominciare dal presidente della Comunità montana, Mauro Marucco: «Il ministro, prima di prendere questa decisione, non ci ha consultati; noi operiamo sul territorio e conosciamo quali sono i veri problemi. Quella che ha preso è una grossa responsabilità politica». Quasi un tradimento, visto che proprio le associazioni ambientaliste, a cominciare dai Verdi, partito del ministro Ronchi, si sono sempre opposte alla costruzione di un’opera da oltre 400 miliardi. Il documento di parere favorevole, trasmesso dal ministero dell’Ambiente, è piombato sulle scrivanie della Regione, che aveva dato l’ok al progetto nel 1994, già a settembre; diciassette pagine fitte di considerazioni, indicazioni, valutazioni, note e dati su quella che è stata definita come «l’unica opportunità per salvare Torino dalla carenza idrica», tenuto conto che la città è rifornita da una falda inquinata al 70 per cento. L’impianto, alimentato dalle acque del torrente Stura di Viù, contenute da una diga alta ben 98 metri, fornirebbe infatti al capoluogo e ai Comuni dell’area metropolitana circa 100 milioni di me di acqua potabile all’anno.

La falda è inquinata al 70% e bisogna salvare Torino. Forse sarebbe meglio salvare l’immagine dell’uomo, quell’immagine costruita nella storia dell’Occidente con tanta fatica e che ora rischia seriamente di andare inesorabilmente alla deriva.

31 marzo 2002: Val di Viù, si farà un lago artificiale di Gianni Giacomino

[…] “L’obiettivo è garantire acqua purissima a quasi tutta la provincia. Insomma, il bacino artificiale della Val di Viù non solo si può fare, ma si deve fare.” […]

[…] “Oggi per i tecnici Combanera è diventato «un progetto prioritario, irrinunciabile, a fronte del sempre maggior inquinamento dei pozzi dell’area metropolitana e dei lunghi periodi di siccità». Vero. Ma gli amministratori delle Valli di Lanzo e gli ambientalisti sono pronti per una nuova battaglia. «Questo è l’ennesimo chiaro attacco al territorio montano. Siamo stufi di difendere prima gli uffici postali, poi le scuole, poi i telefoni pubblici e l’ospedale. Basta – dice Mauro Marucco, il presidente della Comunità Montana delle Valli di Lanzo -. Prima vogliamo sapere quali possono essere i vantaggi che porterà l’invaso per la gente che abita qui, poi cercheremo di capire perché l’area metropolitana è colpita da una crisi idrica permanente.” […]

[…] «L’acqua della Valle di Viù è ottima e l’invaso di Combanera ritengo sia un’opera indispensabile soprattutto per il futuro idrico del Torinese – ammette l’ingegner De Giorgio -. Non è giusto che si parli di un altro furto alla montagna anche perché l’acqua è di tutti e le Valli di Lanzo potranno trarre solo benefici da questo bacino. L’invaso si inserirà bene anche dal punto di vista paesaggistico e non è detto che si non possano svolgere anche attività acquatiche».[…]

“L’acqua è di tutti”. Sì, soprattutto di chi per decenni ha permesso di avvelenare le falde acquifere sotterranee senza ricercare i colpevoli. La visione urbanocentrica è malata perché capace di accettare di uccidere il futuro dei suoi figli, sottraendogli le risorse indispensabili per vivere e poi, dopo aver compiuto lo scempio, va a cercare le cose di cui ha bisogno negli ultimi spazi vergini, andando ad “inquinare” con le proprie logiche ambienti, come la montagna, che sono custodi di narrazioni ricche di siginficato per tentare di modellare un futuro più sano, meno criminale e più equilibrato con la Terra.

21 aprile 2002: “Progetto superato, no al bacino di Combanera” di Gianni Bisio

Di realizzare il bacino di Combanera, in Val di Viù, per ora non se ne parla neanche: la decisione adesso tocca all’Autorità d’ambito 3 (Ato3), che dovrà tener conto di tutti i tanti dubbi emersi fra le popolazioni locali»: Elena Ferro, assessore provinciale alle Risorse idriche, non esita a definire un «errore di vanità» quello compiuto dalla Regione annunciando, a fine marzo, che il grande invaso di 50 milioni di metri cubi d’acqua «si può e si deve fare» […]

[…] “I dubbi sul progetto del grande invaso in Val di Viù sono dettati da una serie di criticità che fino ad oggi non sono state risolte, come spiega Silvano Bavera, direttore generale dell’Ato3: «Da un’attenta analisi è emerso che il progetto di Combanera comporta una forte modificazione del contesto naturale con opere e invaso di notevoli dimensioni, tali, fra l’altro, da creare notevoli problemi anche per quanto riguarda la gestione dei cantieri, che durerebbero anni, con impatti ancora non bene definiti su ambiente, mobilità e così via». Non basta: «Il bacino – aggiunge Pavera – porterebbe a una consistente riduzione delle disponibilità idriche a valle dell’opera, lungo tutto il corso della Stura di Lanzo, con rischio di limitazioni per le attività industriali e irrigue. Infine occorre considerare che non vi sono ancora dettagliate e convincenti analisi sulle ricadute, sia positive che negative, sul territorio montano interessato» […].

Trascorreranno quattro anni senza che si parli più di Combanera.

I prossimi articoli (dal 2006 in avanti) non sono più visualizzabili come i precedenti, ovvero in formato pdf con la fedele riproduzione della pagina del quotidiano, ma saranno visualizzabili direttamente sulle pagine del sito internet de La Stampa o di altre testate giornalistiche.

29 ottobre 2006: A rischio il bacino artificiale di Combanera

L’invaso di Combanera è stato stralciato dal Nuovo Piano delle Acque approvato dalla giunta regionale alcune settimane fa. La decisione è maturata soprattutto su indicazione dell’assessore regionale all’Ambiente Nicola de Ruggiero e della stessa presidente Mercedes Bresso che preferiscono potenziare e utilizzare i bacini gia’ esistenti in Piemonte. […]”

28 aprile 2007: Contro la siccita’ inutili altri invasi di Alessandro Mondo

«L’emergenza-siccità’ non si risolve a colpi di nuovi invasi ma impone una svolta nei consumi: partendo da quelli del comparto agricolo». Questa, molto in sintesi, la posizione dei Radicali. La Regione, fra le altre cose, sollecita il Governo a varare un piano straordinario per la costruzione di nuovi bacini – nel sud del Piemonte Combanera e Stroppo (Cuneese), Molare (Alessandrino) – e si dice pronta a confinanziarlo. Loro replicano a suon di dati. A fronte di un utilizzo industriale e idropotabile pressoche’ identici, circa 500 milioni di metri cubi l’anno, 8 miliardi e 300 milioni sono impiegati in agricoltura. Sono solo alcuni dei numeri contenuti nel «Dossier Acque 2007» presentato ieri da Bruno Mellano e Igor Boni – deputato della Rosa nel Pugno e presidente dell’Associazione Adelaide Aglietta -, quanto basta per dimostrare come i consumi idrici in Piemonte vanno ripensati.[…]

21 ottobre 2008: “Via libera della Regione alla diga di Combanera” di Gianni Giacomino e Maurizio Tropeani

«E’ una delibera che chiude positivamente un lungo iter burocratico caratterizzato anche da notevoli polemiche. Ma credo che adesso si è arrivati ad un’intesa che definisce anche un percorso di verifica che coinvolge direttamente le comunità locali interessate». Mercedes Bresso, presidente della Regione, sintetizza così l’approvazione da parte della Giunta regionale del protocollo d’intesa che dà il via libera alla proposta per la verifica di fattibilità di un bacino artificiale in località Combanera a Viù. L’avvio della procedura è il passo necessario che potrebbe portare a sbloccare un’opera di cui si parla dal lontano 1963 (anno del primo progetto) e che da sola vale circa un miliardo di euro che diventano 1,3 con le strutture collegate. «Di fatto si tratterebbe del più grande investimento pubblico per realizzare infrastrutture dopo le Olimpiadi del 2006», commenta la presidente. La realizzazione di questo bacino dovrebbe permettere al Piemonte di ridurre i rischi di crisi idrica.[…]”

“[…] Mauro Marucco, presidente della Comunità Montana delle valli di Lanzo, infatti, spiega: «Questo è solo un percorso di dialogo. La Comunità montana e i sindaci non hanno ancora sottoscritto nulla e ne parleremo solo dopodomani». Aggiunge: «Noi siamo sempre partiti dal presupposto che quell’impianto non si deve fare. In questa direzione abbiamo anche presentato un ricorso al Tar contro il decreto dell’ex ministro Ronchi». Incalza Marucco: «Prima di decidere di costruire un’opera del genere, che stravolgerebbe la vita di migliaia di persone, sarebbe necessario tappare tutte le perdite degli acquedotti e preparare uno studio di impatto ambientale serio. Parlo non solo dell’impatto dell’invaso, ma di quello che avrebbe un cantiere di proporzioni gigantesche per diversi anni»

29 ottobre 2008:Viaggio nella valle destinata a far posto all’invaso artificiale Valli di Lanzo” di Gianni Giacomino

“Quando Giorgio Viberti e Michelina Bellardi si promisero amore eterno e andarono a vivere in frazione Caplinera di Viù era il 1962. Dall’anno dopo iniziarono a convivere con un incubo che spuntò improvviso: quello di vedere la loro casa sommersa dall’acqua dell’invaso di Combanera. Perche’ Caplinera, casomai si realizzasse il lago artificiale, sarà sepolta da 50 milioni di metri cubi di acqua. Come «Ca’ di Mulin», dove vive un’altra famiglia. Cento anni fa qui c’erano mulini a tre macine, un torchio ad olio, un pastificio, dei secolari ponti in pietra usati dai margari e addirittura un albergo. Oggi si è arrivati all’ennesimo capitolo di «Combanera». La Regione, l’Autorità d’Ambito, la Comunità Montana delle Valli di Lanzo, il Comune di Viù e la Smat (Società Metropolitana Acque Torinesi) hanno firmato una bozza per dare il via ad uno studio che dovrà approfondire la fattibilità del progetto. Questo, dopo che, nel 1998, l’allora ministro dell’Ambiente, il verde Edo Ronchi, aveva dato l’okay. «Se quest’invaso è di utilità pubblica, lo costruiscano pure scuote la testa Viberti, 75 anni da invidiare -. Hanno fatto quarant’anni di progetti e di parole». E intanto la vita è passata. «Proprio così dice lui con gli occhi lucidi – Qui ho portato con le mie mani la corrente elettrica, l’acqua potabile e ho tirato i cavi delle linee telefoniche. Poi, dopo che la zona è finita sotto il vincolo dell’invaso, non ho più potuto ristrutturare nulla». «Mi dispiace perchè scomparirebbero tutti i sacrifici sostenuti dai nostri vecchi confida Aurora Viberti, che è nata a Viù, ma adesso è residente a Cafasse -. L’importante è che ci diano le case e i terreni sommersi dall’acqua da un’altra parte» […]

Gianni Giacomino completa l’articolo riportando le dichiarazioni dell’allora Sindaco di Viù – Carlo Gabriele – e poi segnala le affermazioni dell’ing. Paolo Romano, tecnico della Smat (la Società che ha sostituito l’Azienda Acquedotto Municipale):

[…] «L’invaso è utile e opportuno, per l’uso idrico, per l’agricoltura e per mille altri impieghi. Capisco che, sull’onda emotiva ci possa essere della preoccupazione della gente che vive lì, che resta impressionata da un progetti simile. Anche la Tav era partita un pò storta, poi, con grandi sforzi, il meccanismo si è innescato». Aggiunge: «Un lago come Combanera, potrebbe anche avere un ritorno turistico, se ben inserito nel paesaggio». Che in valle ci sia qualcuno preoccupato è normale. Tra questi c’è’ l’ingegner Ernesto Troglia, il presidente del consorzio Riva Sinistra della Stura. «Non posso dire che Combanera non serve a nulla, ma bisogna tener conto che utilizzerà un terzo dell’acqua della Stura spiega Troglia -. Un torrente che non gode di una grande portata e che deve soddisfare le esigenze del mondo dell’agricoltura, dell’industria, per non parlare della fauna ittica».

Personalmente ritengo molto triste e drammatico ritenere utile e opportuna la diga di Combanera che in verità avrebbe il precipuo scopo – come si evince da quanto fin qui lettto sugli articoli – di rimediare alle nefandezze e all’inettitudine di chi avrebbe dovuto impedire l’inquinamento delle falde acquifere profonde. Ma, come sovente succede nel nostro Paese, non esistono responsabili.

Abbiamo letto negli articoli iniziali come il grave problema dell’avvelenamento dell’acqua (normale conseguenza del miracolo economico italiano), e del suo spreco da parte dei cittadini, fosse stato sollevato già dalla Comunità Europea per mezzo della “Carta dell’Acqua“. Ora che la frittata è stata fatta, dopo più di quarant’anni di becero sviluppo economico senza limiti, si va a caccia dell’acqua nelle valli dove un tratteggio bianco e verde le hanno marchiate a “Zone di protezione acque destinate al consumo umano“. Questa è una mostruosità.

Combanera forse riuscirà momentaneamente a salvare noi umani dalle pessime pratiche di un’industrializzazione fiorente ma devastante per l’ambiente (tanto da ritrovarci avvelenati anche tutti noi), ma di certo non riuscirà a lanciare quel salvagente che dovrebbe impedire al mondo Occidentale di annegare nell’oceano della sua stupidità (articolo di TuttoScienze de La StampaL’inquinamento che ci fa stupidi).

Da segnalare che a seguito del via libera della Regione Piemonte per l’impianto in questione (vedere la notizia del 21 ottobre 2008), Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta il 3 novembre 2008 emette un comunicato stampa: Torna un preoccupante progetto che pensavamo fosse definitivamente archiviato.

14 gennaio 2009: Diga di Combanera arrivano 5 milioni di Gianni Giacomino

“Lemie, Viù e Usseglio hanno firmato l’«Accordo di programma per la realizzazione delle opere compensative nei Comuni interessati dalla realizzazione del bacino artificiale di Combanera di Viù». Si tratta di circa 5 milioni e 300 mila euro che serviranno per una serie di interventi sul territorio dove insisterà lo specchio d’acqua. Per qualcuno è il prezzo pagato dalla Regione per ”ammorbidire” gli amministratori valligiani in vista del mega cantiere per la costruzione della diga. Per Carlo Gabriele, il sindaco di Viù, «è un segnale concreto che ricompensa, in minima parte, i disagi che in valle siamo costretti a patire, da 40 anni, per il progetto di Combanera». Spiega: «Qui ci sono decine e decine di stabili bloccati dai vincoli dell’invaso, c’è gente che è morta senza mai poter costruire un bagno in casa. L’accordo vuol dire che siamo riusciti a far comprendere le nostre rivendicazioni, non che abbiamo svenduto il territorio». E qui Gabriele ci tiene a precisare: «Che non mi sono venduto e nessuno mi ha comprato, ho solo difeso gli interessi della valle e di chi ci abita. Poi dobbiamo capire se l’invaso è ancora utile o non serve più»[…]

[…] Lapidario Mauro Marucco, il presidente della Comunità Montana delle Valli di Lanzo: «Leggerò il documento solo nei prossimi giorni, poi vedremo». E’ invece arrabbiato Franco Airola, il sindaco di Germagnano, il Comune che si troverebbe con milioni di metri cubi di acqua sospesi sulla testa. «Il comportamento dei tre sindaci della valle di Viù è stato scorretto perchè hanno firmato un accordo senza sentirci incalza Airola -. Chiederemo che venga convocato un consiglio di Comunità Montana perchè è evidente che i soldi dirottati in Val di Viù servono per aprire la strada alla realizzazione dell’invaso» Contro il quale è già nato il primo comitato spontaneo «No diga».

22 gennaio 2009: “No al progetto della SMAT: «Chiederemo aiuto a Paolini»” di Gianni Giacomino

Era il 1963, quello del terribile disastro del Vajont. Ma anche quello in cui si progettò l’invaso di Combanera, un grande bacino artificiale in Val di Viù, con un muro di diga alto un centinaio di metri. Sarà anche per questo che a Germagnano, dove forse, un giorno, la gente si ritroverà con 50 milioni di metri cubi di acqua sospesi sulla testa, si teme l’«effetto Vajont». E’ un timore sottile. «Ma che ci deve far riflettere dice il sindaco Franco Airola -. Dico solo che, durante una delle ultime alluvioni, volevano far evacuare il paese per alcuni problemi alla diga del Lago della Rossa che è minuscola e piu’ lontana di Combanera». Il primo cittadino, oltre ad iniziare una raccolta firme per convocare un consiglio straordinario di Comunità Montana, chiederà all’attore e regista Marco Paolini di portare in scena a Germagnano «Il racconto del Vajont». Per adesso, si aspetta.[…] “

2 aprile 2009:E’ allarme in val di Viu’ per una scossa sismica

Una scossa di terremoto, l’altra sera, ha fatto tremare diversi paesi delle Valli di Lanzo: i tecnici parlano di movimento di magnitudo 2,7 della scala Richter, profondità 5 chilometri. L’epicentro è stato localizzato in Val di Viù. Niente di catastrofico, per carità. Ma l’epicentro è in Valle di Viù, dove dovrebbe essere realizzato l’invaso di Combanera. «Anche alla luce di questa situazione saremo costretti a rivedere la situazione» ammette Paolo Romano, amministratore delegato della Smat. E aggiunge: «Io non sono un esperto del settore, ma chiederemo consigli ai nostri professionisti e agli ingegneri del Politecnico di Torino». «Tutto questo ci deve far riflettere in modo molto serio – avverte Franco Airola, il sindaco di Germagnano, il comune che si ritroverebbe con un milione di metri cubi di acqua sospesi sulla testa-. Già anni fa gli esperti avevano espresso perplessità sulla tenuta delle falde rocciose». Nessuno comunque vuole creare allarmismi ingiustificati. E Andrea Bertea, geologo, e responsabile della rete antisismica della Regione, dice: «Quel terremoto rientra nel quadro delle normali attività sismiche della zona delle Alpi Occidentali»

Da quel terremoto arriviamo ad agosto 2012 dove il governatore della Regione Piemonte Roberto Cota rilancia sulla necessità di creare dei bacini artificiali (tra cui ovviamente c’è Combanera) per sopperire ai problemi legati agli effetti collaterali dello sviluppo economico e alle probabili crisi idriche derivanti dagli sconvolgimenti climatici che potrebbero causare lunghi periodi di siccità (cambiamenti climatici in parte provocati dalla nostra civiltà che non è stata in grado di reagire agli allarmi lanciati sulla mancanza di limti alla crescita senza fine, già diramati nei primi anni ’70).

1 agosto 2012: Cinque nuovi invasi per dare risposta all’emergenza idrica – La Stampa

Invasi da costruire, altri da rimettere in funzione. Interventi diversi, un obiettivo: dare una risposta, strutturale e non episodica, alla siccità che devasta sempre più spesso intere aree del Piemonte (e dell’Italia). Attualmente è il Canavese, ma non solo, a trovarsi nel mirino. Parola di Roberto Cota, deciso ad affrontare un problemache, per la sua attualità, si è ritagliato uno spazio anche all’interno della giunta politica convocata sul Lago d’Orta. […]

[…] In sostanza, si tratta di dare attuazione a un capitolo importante del Piano di tutela delle acque approvato nella precedente legislatura. Cinque gli invasi considerati strategici da Cota e da Roberto Ravello, assessore all’Ambiente: quello in Valle Sessera, provincia di Biella, inserito nel Piano irriguo nazionale e finanziato in parte dal Ministero dell’Agricoltura (è il progetto in fase più avanzata); gli invasi in prossimità dei torrenti Moiola e Maira-Stroppo, antrambi nel Cunnese; la diga di Combanera, già progettata ma rimasta sulla carta. Non ultimo, il bacino sul torrente Molare, nell’Alessandrino […]

14 agosto 2012: Cinque dighe contro la siccità ma serve l’aiuto dei privati” – La Repubblica (articolo di Marco Trabucco)

“[…] Sì — continua Cota — da anni nei cassetti della Regione c’è un piano di tutela delle acque che era stato presentato, ancora con le giunte Ghigo, da quello che oggi è il mio vicepresidente, Ugo Cavallera. Questo piano, che stiamo aggiornando, prevede la costruzione di cinque nuovi invasi: uno in val Sessera, in provincia di Biella, due nel Cuneese, a Moiola, sul fiume Stura di Demonte e l’altro sul torrente Maira a Stroppo, un quarto nel Torinese, la diga di Combanera, nelle valli di Lanzo, un quinto infine sul torrente Molare, in provincia di Alessandria, dove già esisteva una diga che è stata interrata nel 1955 […]”.

“[…] Il traguardo temporale per completare il piano è una decina di anni, almeno. Sempre che si riescano a superare le resistenze che da tutti i territori interessati si levano contro questi invasi che vengono definiti «nuovi pachidermi che distruggono l’equilibrio idrico e la bellezza delle nostre montagne». “So che ci sono contestazioni — dice Cota — ma ci si deve rendere conto che anche in Piemonte l’acqua sta diventando un’emergenza. Non lo è ancora, per fortuna, anche se già quest’anno la siccità ha creato molti problemi […] “.

13 dicembre 2015: Cia Cuneo: occorre una riflessione sulla mancanza d’acqua in agricoltura” – Targatocn.it (quotidiano online della Provincia di Cuneo)

“Rileva il presidente della Cia del Piemonte, Ludovico Actis Perinetto:  La pioggia in Piemonte latita dal 29 ottobre e, secondo le previsioni meteo, per un’altra settimana almeno la situazione non cambierà. L’Agenzia per l’Ambiente piemontese ha rilevato che nei 31 principali invasi della regione mancano 18.1 milioni di metri cubi di acqua rispetto alla media. I fiumi sono in secca. I periodi di siccità nella nostra Regione sono sempre più frequenti e prolungati. In questa stagione la carenza d’acqua preoccupa di meno perché l’agricoltura non reclama aiuto, ma in altre stagioni è causa di danni gravissimi. E’ necessario il varo di un vero piano di potenziamento delle infrastrutture per garantire una gestione razionale delle acque. Cinque i progetti considerati strategici: il rifacimento dell’invaso sul torrente Sessera (provincia di Biella) in sostituzione dell’esistente, gli invasi in prossimità dei torrenti Moiola e Maira-Stroppo, entrambi nel Cuneese; la diga di Combanera, già progettata ma rimasta sulla carta […]

Siamo così arrivati alla fine del 2015 e la COP21, appena conclusa, non sembra aver dato concrete ed incisive risposte agli urgenti e drammatici problemi climatici della Terra. Se negli anni ’60 era la mancanza di acqua potabile, causata dal progressivo avvelenamento delle falde acquifere, a creare paure per l’avvenire, ora sono gli episodi siccitosi sempre più frequenti a far tirare in ballo Combanera.

A mio modesto parere non è sufficiente a prendere l’”acqua buona” delle Valli di Lanzo per contrastare la perdurante crisi ambientale (nata molti decenni fa). Per estirpare definitivamente questo drammatico problema della nostra epoca, ovvero l’avvelenamento di ogni angolo del nostro Pianeta, è necessario disinquinare prima di tutto la nostra mente, magari andando a fare qualche bella escursione proprio nelle stupende Valli di Lanzo, anche allo scopo di tentare di liberarsi dalle decadenti visioni urbanocentriche.

Il vero avvelenamento comincia proprio dai nostri neuroni cerebrali: imparare nuovamente a respirare l’aria, a bere l’acqua da un torrente, a sdraiarsi sotto un larice scintillante di sole, a spurgare la sana fatica dai nostri pori, a far dilatare il nostro tempo interiore lungo i sentieri, queste sono le cose autentiche e genuine che possono permettere a noi cittadini di comprendere profondamente la nostra terra e tutte le sue ricchezze. E comprendere così quanto è fondamentale tutelare quei luoghi che poi, in fin dei conti, sono luoghi della nostra anima che mai vorremmo sapere avvelenati proprio dalle nostre stesse mani.

Mie personalissime conclusioni, suggerite da alcune ipotesi. Eccole:

1. il progetto Combanera nasce in un periodo di fervente sviluppo industriale con conseguente crescita economica (quella che tanto invocano, ai giorni nostri, i politici di mezzo mondo) che ovviamente non può arrestarsi per difendere l’acqua, l’aria, gli ecosistemi e via dicendo… ovvero tutte quelle cose che oggi sono problemi drammatici all’ordine del giorno, mentre sicuramente negli anni ’60 erano stupidaggini per romantici ambientalisti;

2. il fervente sviluppo industriale mostra un rovescio della medaglia assai tragico: produrre comporta grave inquinamento; generare PIL (il benessere?) vuol dire provocare effetti devastanti verso l’ambiente naturale e gli ecosistemi;

3. gli effetti negativi – ovvero l’avvelenamento delle falde acquifere causati dagli scarichi industriali – potrebbero essere attenuati (forse addirittura eliminati) obbligando le industrie ad attrezzarsi adeguatamente con impianti di depurazione e di smaltimento: questo significa sostenere costi enormi, impossibili solo da immaginare per riuscire a stare sul mercato con prezzi concorrenziali nel mondo globalizzato;

4. complicità della politica visto che nell’articolo “Approvato il bilancio dell’azienda acquedotto” (3 marzo 1968) l’avv. Acciarini (dc) critica «la larghezza con cui alcuni Comuni della “cintura” concedono permessi di discarica industriale che rischiano di inquinare le faide acquifere».

Quindi da una parte abbiamo una metropoli, con la sua “cintura”, e il suo importante tessuto produttivo (che contribuisce al PIL del Paese in modo significativo) che presenta la necessità di “socializzare” una parte importante dei suoi costi (ambientali), ovvero quelli rappresentati dall’abbattimento degli inquinanti. Socializzazione dei costi vuol dire far pagare i danni dell’inquinamento ai suoi cittadini, ai contribuenti, alla società nel suo complesso. Come?

L’Azienda Acquedotto Municipale all’epoca è un’azienda totalmente pubblica (oggi si chiama Smat ed è partecipata al 65% dal Comune di Torino). Sarebbe interessante sapere da dove sono arrivati i soldi per finanziare tutte quelle opere (come i depuratori necessari per utilizzare l’acqua del fiume Po) che lungo i vari decenni sono state fatte per riuscire a soddisfare la domanda di acqua potabile, evitando di andare a prendere l’”acqua buona” in Val di Viù.

Sembra quasi che lungo i decenni si sia operato una sorta di scambio tra economia ed ambiente: vogliamo che Torino viva modernamente con tutte le sue importanti industrie? E allora dobbiamo accettare che un po’ di merda finisca nella terra, nell’acqua, nell’aria e magari anche nel nostro sangue. Ma non c’è da preoccuparsi, la tecnologia risolverà tutto e le scoperte in campo medico ci guariranno.

Può darsi. Se avremo i soldi per sostenere i costi enormi della sanità che non faranno che aumentare, non solo per il progressivo invecchiamento della popolazione, ma anche perché tutto quell’inquinamento da “sviluppo economico” riempirà i centri specializzati nella cura dei tumori.

Ma come faremo quando le falde saranno completamente appestate? Stiamo tranquilli, andiamo a creare un lago in Val di Viù e il problema è risolto. Da lì, da quelle montagne e dai suoi versanti, cade acqua purissima.

Non vogliamo sconvolgere la Val di Viù con un bacino che contiene ben 50 milioni di metri cubi di acqua? Non lo vogliono i valligiani, gli ambientalisti romantici e i cittadini che pensano “pulito”?

Non è un problema delle industrie. Loro non sono responsabili perché consacrate allo sviluppo. Quelle non si toccano. Come è successo con l’ILVA di Taranto?

E allora? Il progetto Combanera, leggendo gli articoli de La Stampa dal 1967 in poi, sembra che sia anche servito proprio a perpetuare un’economia votata tragicamente alla devastazione ambientale, dormendo così sonni tranquilli e dirottando questo problema (di politica ambientale? Industriale?) in un’arena dove il confronto è tra i “poveri” cittadini bisognosi dell’acqua potabile e gli ambientalisti che non vogliono che una valle venga sconvolta da logiche insostenibili.

Nel frattempo, mentre si dibatte lungo i decenni su Combanera sì, Combanera no, si continua a produrre veleni e di conseguenza ad inquinare le falde acquifere. Tanto, al limite, se Torino avrà 2 milioni di abitanti, se i pozzi non ce la faranno più ad assorbire le scorie spurgate del miracolo economico italiano, se l’acqua diventerà scarsa perché patiremo la siccità, perché ne consumiamo troppa e ne sprechiamo ancora di più, tanto alla fine di tutto Combanera ci salverà.

Da quanto abbiamo letto verrebbe quasi da pensare che Combanera ha agito, lungo i decenni, come un potente ansiolitico a fronte dei terribili veleni che abbiamo prodotto per garantirci uno sviluppo economico senza limiti. Perché è questo che vogliamo. E’ questo tipo di vita, in fin dei conti, che ci seduce terribilmente e ci fa impazzire. Che ci fa sognare. Così tanto da aver ridotto l’orizzonte temporale della nostra vita a un attimo del presente dove tutto si risolve.

Ma nessuno all’epoca si è domandato quanto ci sarebbe costato tutto ciò? E adesso che siamo sull’orlo del baratro, con all’orizzonte catastrofi ambientali di portata globale, cosa possiamo pensare rileggendo quelle considerazioni di quel politico della DC che nel 1968 segnalava la flebile voce della Comunità Europea a difesa dell’acqua, ovvero del nostro ambiente?

Eppure qui, sui sentieri virtuali dei Camosci, si è continuamente alla ricerca di quell’Uomo Selvatico che alla fine ci salverà.

Due sono le parole che mi fanno sorgere mille domande:

– Uomo (quello delle metropoli e dei nonluoghi ormai è in esilio da molto tempo…)

– Selvatico (Combanera?)

Forse è rimasto il Selvatico.

E forse Combanera, alla fine, ci salverà?

Carabinieri: “9mila euro li teniamo noi, altrimenti ti mettiamo la droga in casa e arrestiamo te e tuo marito”.

  • gennaio 07, 2016

Simone Chicarella, Eugenio Maietta e Carmine Ferrante, sono tre Carabinieri che in seguito a una perquisizione illecita, hanno sottratto “13mila euro”, dei quali solo 4mila erano stati denunciati nel verbale mentre 9mila erano finiti in tasca loro.

Nell’abitazione della donna c’erano anche un grazioso portafogli Prada di colore rosa e una bella spilla Chanel con ramage e perle. Così uno dei tre ne ha approfittato per fare un regalo alla fidanzata. E non volendo, forse, passare per spendaccione l’ha avvisata della provenienza. Così ora anche lei è indagata. Ricettazione.

Hasnja Zahirovic, 37 anni, non è di certo una “Santa”… in passato ha avuto alcuni problemi con la giustizia per piccoli furti… ma non accetta di essere stata raggirata e truffata da chi, in realtà, la legge avrebbe dovuto rispettarla.

“Mi trovavo in ospedale –racconta la donna– con la flebo ancora in vena. Squilla il cellulare. Era mio marito che mi avvisava del fatto che tre Carabinieri erano entrati in casa con la scusa di una perquisizione e poi si erano portati via – 13 mila euro – ed alcuni oggetti di valore.  A questo punto – continua la donna – chiedo di firmare e lasciare immediatamente l’ospedale.
Una volta arrivata a casa ilMaresciallo mi dice: “devi venire con me in caserma” ma per strada si ferma e mi minaccia: “Ascoltami bene – afferma il maresciallo – 9mila euro li teniamo noi, altrimenti ti mettiamo la droga in casa e arrestiamo te e tuo marito”.

Secondo la Procura, i tre militari dell’Arma erano certi del fatto che una donna con una condanna per furto non avrebbe mai esposto alcuna denuncia per paura di non essere creduta. Adesso i militari sono formalmente accusati di falso e peculato. Per loro è stata fissata l’udienza del tribunale del Riesame che deciderà le loro sorti.

Vedete, amici, se fosse possibile fare un calcolo accurato dei mali che i regolamenti delle Forze Dell’Ordine  generano, e di quelli che prevengono, il numero dei primi sopravanzerebbe, in tutti i casi, quello degli ultimi.

dal blog di Andrea Mavilla

Brescia, gridano ‘Allah Akbar’ al picchetto di protesta: 20 pakistani finiscono in questura

Repubblica il quotidiano delle cooperative, “dimentica” di scrivere le ragioni dei dipendenti tra l’altro stranieri, non trova scandaloso l’imposizione del dimezzamento dello stipendio, per repubblica tutto amore e solidarietà per lo straniero è IRRITANTE  evidentemente quando le amate “risorse” esigono quanto spetta loro di diritto. 
Repubblica non trova scandaloso finire schedati per aver urlato Allah è grande, a quanto pare il quotidiano tolleranza e diritti trova corretto schedare delle persone per reato di opinione religiosa, o era solo un pretesto per punire chi osa oltraggiare il business dello sfruttamento?????
 
Il gruppo è stato portato via per essere identificato. Era composto da dipendenti di una cooperativa in lotta contro le condizioni di lavoro considerate discriminatorie
08 gennaio 2016
Attimi di tensione a Desenzano del Garda, in provincia di Brescia, durante lo sgombero condotto dalla polizia a un picchetto di protesta. E’ successo davanti al magazzino del supermercato Penny Market, chiuso da alcuni giorni per lo sciopero di un gruppo di dipendenti di una cooperativa che lavora per conto del supermercato.
Un pakistano davanti agli agenti della Digos che stavano facendo alzare i manifestanti ha gridato “Allah Akbar”, facendo scatenare la reazione di altri 20 connazionali che hanno replicato urlando “Allah Akbar”. Il gruppo è stato individuato e portato in questura per gli accertamenti.
 
DESENZANO DEL GARDA
Brescia, polizia sgombera picchetto, dipendenti urlano «Allah Akbar»
I dipendenti della Servizi Associati, coop che opera per conto di Penny Market, sono in sciopero da quattro giorni. Cinque pakistani sono stati portati in Questura
di Redazione Online
Un dipendente si è sentito male durante lo sgombero (Foto Radio Onda d’Urto)
 
«Sciopero, sciopero». Ma anche «Allah Akbar», ripetuto più volte. Attimi di tensione a Desenzano del Garda durante lo sgombero eseguito venerdì mattina dalla Polizia di un picchetto di protesta davanti al magazzino del supermercato Penny Market, chiuso da quattro giorni per lo sciopero di un gruppo di dipendenti di una cooperativa che lavora per conto del supermercato. Nei momenti concitati dello sgombero, dopo i consueti cori un pakistano ha gridato «Allah Akbar» davanti agli agenti della Digos che stavano facendo alzare i manifestanti. E’ scattata la pronta reazione di altri 20 connazionali che hanno replicato urlando «Allah Akbar». Nei momenti successivi gli agenti hanno completato lo sgombero del picchetto. Cinque componenti del gruppo che stava facendo resistenza passiva sono stati individuati e portati in Questura per gli accertamenti. Sostenuti dagli antagonisti che hanno recentemente occupato l’ex ristorante della spiaggia d’Oro trasformandolo nel «Centro Sociale Zanzanù», i facchini si sono diretti al commissariato di Desenzano per protestare contro i fermi. Tutti i dipendenti trattenuti sono stati rilasciati prima dell’ora di pranzo, tre sarebbero stati feriti in modo lieve.
 
I motivi dello sciopero
45 in tutto i lavoratori in sciopero nel magazzino del supermercato che serve 57 punti vendita in tutto il nord Italia. «Molti operai lavorano con contratti più bassi del loro livello professionale. Questo permette di pagarli 400 euro in meno», ha spiegato Alessandro Zadra, sindacalista Si.Cobas. Subentrando a settembre a un’altra cooperativa, la Servizi Associati di Perugia ha preso in gestione il servizio di distribuzione di Penny Market e avrebbe ridotto lo stipendio scatenando il malcontento dei dipendenti. «Lavorano 195 ore al mese, c’è chi arriva a 220. E’ un lavoro usurante ma la coop accusa che la produttività sia bassa», continua Zadra. Il 7 gennaio la prefettura di Brescia aveva intimato ai dipendenti di sciogliere il picchetto che impediva l’ingresso al magazzino nell’attesa di un tavolo di trattativa. I dipendenti hanno proseguito lo sciopero fino allo sgombero di venerdì mattina.
8 gennaio 2016 | 10:38

Lite al casello, in otto lo picchiano a sangue

Arancia meccanica consentita a certi gruppi etnici, ma non è razzismo, è eguaglianza moderna. Chissà se un notav avesse toccato un carabiniere, c’era già da immaginarsi i titoli sui giornali, ma questa notizia rimarrà solo sul secolo xix,  se la vittima fosse stata straniera o nomade allora era grave il fatto, ma “fortunatamente” non è il caso. “Lite” titola il secolo xix, non tentato omicidio. Si consiglia subito fiaccolata contro il razzismo verso i nomadi ed in loro solidarietà.
 
Al casello di bolzaneto 07 gennaio 2016
Tommaso Fregatti
Genova – Prima la lite per una banale precedenza al casello autostradale. Poi la violenza: calci, pugni e spintoni. Otto contro due. Con uno dei contendenti, un pensionato di 63 anni, che finisce in ospedale in gravi condizioni. Quindi l’arrivo dei carabinieri, l’inseguimento delle auto degli aggressori in fuga fino al campo nomadi di Bolzaneto e le pattuglie dei militari assediate da un centinaio di persone e costrette a rinunciare all’intervento.
 
È la cronaca della serata di follia vissuta mercoledì a Bolzaneto in Valpolcevera. Botte e soprusi sui cui indagano i carabinieri del nucleo radiomobile, che stanno cercando di ricostruire quanto accaduto. Non è un’impresa semplice, mentre le condizioni del ferito restano critiche.
 
A. P., pensionato, è ricoverato in terapia intensiva. Ha avuto un’emorragia cerebrale. È in prognosi riservata. Saranno decisive, secondo i medici, le prossime ore. Ferito in maniera più lieve anche il genero, R. N., 28 anni, che era con lui al momento dell’aggressione: ha riportato la rottura del setto nasale e guarirà in una ventina di giorni.

QUAND LES MEDIAS DE L’OTAN DECOUVRENT LA MENACE DE CE “11 SEPTEMBRE EUROPEEN” … QUE JE DENONCAIS DEJA A DAMAS EN JUIN 2013 ET DECEMBRE 2014 !

 LM/ 2016 01 07/

Avec LLB – PCN-TV/

 “Il n’est pire aveugle que celui qui ne veut pas voir”

LM.NET - Vers un 11 sept européen (2016 01 07) FR

Voilà La Libre Belgique qui découvre la « menace d’un 11 septembre européen ».  Deux ans et demi après que je l’ai évoquée lors d’une conférence au Parlement syrien, à Damas, en juin 2013. A l’époque, la Libre préférait citer les élucubrations du procureur fédéral belge en charge du terrorisme, excusant les djihadistes, « partis en Syrie combattre pour la démocratie, contre un dictateur » (sic).

En décembre 2014, je renouvelais mes avertissements. A la tribune de la Séance finale de la « Conférence internationale TERRORISME ET EXTREMISME RELIGIEUX » (sous les auspices du ministre syrien de la Justice du 29 novembre au 2 décembre 2014), à DAMAS, SYRIE, le 1er déc. 2014, j’annonçais « un 11 septembre en Europe » et dénonçais les responsabilités occidentales, surtout celles de Washington, Paris et Bruxelles !

* VOIR sur PCN-TV :

LUC MICHEL ANNONCE UN 11 SEPTEMBRE EN EUROPE !

https://vimeo.com/116499565 

NE PAS DIRE „NOUS NE SAVIONS PAS“ …

Que disais-je à Damas : « Le résultat de ce jeux avec le feu, c’est que l’on a laissé pendant 2 à 3 ans des petits voyous venir se battre en Syrie ou en Irak, on les a laissé commettre des crimes. Maintenant la grande question en Belgique qui préoccupe ces politiciens, ce n’est pas le mal qu’ils ont fait dans votre pays, c’est qu’il faut rééduquer ces jeunes gens ! Nous avons et ce sera ma conclusion, nous avons un magistrat anti-terroriste, ce magistrat anti-terroriste déclare : “Ces jeunes gens ont des circonstances atténuantes, parce qu’ils viennent en Syrie combattre pour la démocratie, contre un méchant dictateur” ! Ces gens sont des apprentis-sorciers. La question qui se pose maintenant dans l’Union Européenne, et c’est pour cela que votre conférence est très importante, c’est quand aura lieu le prochain 11 septembre européen et où aura-t-il lieu ? C’est ça le résultat politique des politiciens belges, européens et de l’OTAN » …

Voici aujourd’hui, lorsqu’il est sans doute trop tard, les médias de l’OTAN, ceux qui ont été complices des croisades américano-occidentales contre la Libye et la Syrie, les médias de l’OTAN qui « découvrent » la menace. Lorsque je la dénonçais, eux tous minorisaient la menace djihadiste et justifiaient ces croisades …

*LIRE sur LLB (Bruxelles) :

ATTAQUES DJIHADISTES : LA CRAINTE D’UN “11-SEPTEMBRE EUROPEEN”

« ce sont des attentats djihadistes multiples, coordonnés dans plusieurs pays européens, que craignent pour 2016 les services antiterroristes du continent (…) “Je pense qu’hélas en 2015 on n’a rien vu”, confie à l’AFP, sous le sceau de l’anonymat, un responsable de la lutte antiterroriste. “On va vers une espèce de 11-Septembre européen : des attaques simultanées, le même jour dans plusieurs pays, plusieurs endroits. Un truc très coordonné. Nous savons que les terroristes travaillent là-dessus”. “Nous assistons actuellement dans les régions tenues par Daech (acronyme arabe du groupe Etat islamique) au recrutement de groupes de jeunes Européens, à leur entraînement, dans le but de les renvoyer frapper dans leurs pays d’origine”, ajoute-t-il. “Ils ont les faux papiers nécessaires, la maîtrise de la langue, des lieux, des armes. Nous en arrêtons beaucoup, mais il faut le reconnaître, nous sommes submergés par le nombre. Certains passeront. Sont déjà passés”. Les récentes arrestations de djihadistes rentrant des “terres de djihad” ajoutent à l’inquiétude, dit-il. “Les profils changent. On voit revenir des gens ultra-radicaux, très aguerris, qui auraient dû rester là-bas. » …

sur http://www.lalibre.be/actu/international/attaques-djihadistes-la-crainte-d-un-11-septembre-europeen-568e97b83570b38a58049f29

Luc MICHEL

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LE ‘TOP 10 EODE AFRICA 2015 DES PERSONNALITES PANAFRICAINES’

EODE Zone Africa avec EODE Think Tank /

2016 01 07/

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EODE-PO - classement Eode Africa top ten 2015 (2016 01 06)  FR

SECONDE EDITION 2015 DU ‘TOP 10 EODE AFRICA

DES PERSONNALITES ET ORGANISMES PANAFRICAINS’

Les Experts internationaux d’EODE et notamment d’EODE ZONE AFRICA n’ont pas dérogé à leur mission pour apprécier à sa juste valeur les prouesses des personnalités et des Organismes africains qui ont marqué l’histoire du continent tout au long de l’année 2015.

Il s’agit ici de la Deuxième édition du classement ‘TOP 10 EODE AFRICA’ des personnalités socio-politiques et des organismes publics ou privés, qui ont été très actifs au courant de l’année 2015 pour sécuriser les acquis de l’Afrique, marquer de leur empreinte le combat pour la libération du continent africain.

Il va s’en dire que certaines personnalités et organismes qui figuraient dans le Classement en 2014 ont perdu soit leur place ou leur position ou ont été déclassés ou ont gagné en points et ont amélioré leur classement. Preuve que quelque chose bouge sur le Continent et que l’Afrique est en marche malgré quelques vicissitudes.

Les Experts d’EODE ont en toute liberté et sans aucune influence, travaillé à rendre fiable et objectif le classement pour l’Année 2015, à travers la consultation d’un vaste panel de 50.000 acteurs du Panafricanisme (experts, journalistes, militants, politiques, engagés de la société civile, etc), dont cette année 8.000 Téléspectateurs actifs d’AFRIQUE MEDIA TV.

LES EXPERTS D’EODE

Il faut par ailleurs rappeler que le classement du ‘TOP 10 EODE AFRICA 2015’ est présenté par le « Conseil des experts d’EODE », présidé par Gilbert NKAMTO, Administrateur d’EODE Zone Afrique, sous la coordination de Luc MICHEL, administrateur-général du Conseil d’Administration d’EODE. Ce Conseil d’Experts regroupe 18 membres de différents pays, notamment de Belgique, du Cameroun, du Tchad, de Guinée Equatoriale, d’Angola, de Côte d’Ivoire, de France, d’Allemagne, de Turquie, de Syrie, du Royaume Uni, d’Iran, de Russie, de Moldavie et de Roumanie.

Le Classement du ‘TOP 10 EODE AFRICA 2015’ des Personnalités et Organismes Panafricains est la somme d’un travail de recherche et d’observation qui dure depuis janvier 2015 et qui prend en compte les sondages et les enquêtes issus d’un échantillon de 50.000 Africains, issus de 54 pays, plus la Diaspora africaine. Il s’inscrit en droite ligne dans la ligne d’EODE qui se veut non-alignée, impartiale, objective dans l’appréciation des données que notre ONG a récoltée tout au long de l’année 2015 et qui consacrent des personnes, personnalités et des organismes publics ou privés qui ont animé la vie publique, politique, culturelle et scientifique panafricaine.

Comme en 2014, les raisons qui justifient le classement d’EODE, deuxième Edition, tiennent compte d’un ensemble d’indicateurs. Les grandes figures (personnes physiques et organismes) qui ont marqué la vie publique panafricaine en Afrique, de par leur charisme, leur dynamisme et leur opiniâtreté en défendant les intérêts de l’Afrique, de leur peuple et/ou de leur pays sans économiser d’efforts. Ils sont le résultat du choix des acteurs engagés du Panafricanisme.

# LE CLASSEMENT 2015 DU ‘TOP 10 EODE AFRICA

DES PERSONNALITES ET ORGANISMES PANAFRICAINS’:

1° TEODORO OBIANG NGUEMA MBASAGO,

Président en exercice de la République de Guinée Equatoriale.

Il conserve sa place de leader politique africain de l’année.

2° ROBERT MUGABE,

Président en exercice de la République du Zimbabwe.

Il gagne en points et talonne de très près le Président de la République de Guinée Equatoriale.

3° AFRIQUE MEDIA,

Chaine de télévision privée panafricaine.

Elle régresse de quelques centimes de points et se fait déclasser de sa 2e place  l’année passée par le Président Robert Mugabe.

4° LAURENT GBAGBO,

Ex-Président de la République de Côte d’Ivoire,

Déporté et illégalement détenu à la pseudo « Cour Pénale Internationale » à la Haye depuis le 29 novembre 2011.

Il conserve sa place à une bonne distance de son poursuivant.

5° IDRISS DEBY ITNO,

Président en exercice de la République du Tchad.

Il fait un très grand bond, partant de la 9ème place en 2014 à la 5ème position. Leader politico-militaire de la guerre contre Boko Haram, il bénéficie aussi de ses spectaculaires déclarations contre le Franc CFA.

6° BRETT BAILEY,

Metteur en scène sud-africain,

un Africain hors pair et très controversé qui compose et réalise des opéras et des expositions choc (parfois mal comprises). Lutte pour la grande cause du continent. Il fait aussi une montée fulgurante et part de la 10ème place en 2014 à la 6ème position.

Le seul blanc du Top 10. Mais le rappel que les blancs (dont les grands Gaston Donat – cameroun et Algérie -, Joe Slovo – Afrique du Sud – et le Che Guevara – Congo -) et les arabes (dont les icônes Nasser et Kadhafi) sont aussi des acteurs du combat panafricaniste.

7° PIERRE NKURUNZIZA

Président en exercice de la République du Burundi. Le plus controversé des lauréats 2015, salué pour sa résistance à l’agression américano-occidentale dans le cadre du pseudo « printemps africain » (clone du sinistre « printemps arabe »). Très populaires sur les réseaux sociaux, il a effectué une véritable percée dans notre classement dans les dernières semaines de 2015. Il ne figurait même pas dans le classement 2014…

8° DR. JOHN MAGUFULI   

Nouveau Président en exercice de la République de Tanzanie dont les premières actions dans sa nouvelle fonction marquent une très grande révolution dans la fonction présidentielle vue d’Afrique.

9°  HENRIETTE EKWE

Journaliste, nationaliste et fervente panafricaniste, paneliste sur AFRIQUE MEDIA TV.

Femme de poigne, de nationalité camerounaise, elle est le symbole de la réussite féminine africaine. Elle ne recule jamais face aux travers de la politique et son combat reste la libération totale de l’Afrique du joug des anciens colonisateurs et des néo-colons d’aujourd’hui. Elle ne figurait pas dans le classement 2014… elle fait une entrée remarquable dans le classement 2015.

10°JOSE EDUARDO DOS SANTOS

Président en exercice de la République d’Angola. Il ne figurait pas dans le classement 2014… il fait également une entrée remarquable dans le classement 2015. Un de ces chefs d’état africain rallié au « Panafricanisme des petits pas ».

A NOTER :

La 54e place de la TV AFRICA24 (seconde TV après AFRIQUE MEDIA et sa 3e place).

La 278e place de l’Union Africaine, qui consacre la désillusion des panafricanistes engagés vis-à-vis de l’UA, devenue un « corps sans tête depuis l’assassinat de Kadhafi » (dixit Luc MICHEL). La participation de l’UA à l’agression occidentale contre le Burundi a joué aussi un rôle dans le déclassement de celle-ci (104e en 2014).

La 67e place de l’activiste panafricaniste camerounais André Blaise Essama (emprisonné à plusieurs reprises pour ses actes de destruction de monuments colonialistes).

* Lire le Classement EODE AFRICA 2014 :

http://www.eode.org/eode-zone-africa-the-top-ten-major-figures-individuals-and-organizations-which-have-shown-outstanding-qualities-of-panafrican-views-during-the-year-2014/

EODE Press Office

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