Iran, vituperio delle genti e della memoria
Preceduto e accompagnato, dall’arrivo alla partenza, dalla campagna d’ordinanza di vituperi e diffamazioni, ordinata dalla coppia israelosaudita, il presidente iraniano, Hassan Rouhani, ha suscitato l’entusiasmo di coloro che le sue aperture all’Occidente faranno partecipare al banchetto offerto da un mercato di 80 milioni di dinamicissimi abitanti. Ho fatto esperienza diretta e recente dell’Iran (vedi il docufilm “Target Iran”) e dubito che quel popolo intelligente, progredito e fiero, abbia accolto con grande soddisfazione tali “aperture”. Con Ahmadinejad, il governo aveva promosso le classi popolari, rafforzato l’antimperialismo, sviluppato infrastrutture e tecnologia, tagliato le unghie ai ceti famelici, quelli che nel 2009, con la famigerata “rivoluzione colorata”, avevano minacciato di riportare il paese ai nefasti filoccidentali dello Shah, il più spietato dei tiranni, e il più amato in Occidente. Il cedimento al ricatto delle sanzioni che, nelle promesse di Obama e Hillary Clinton, dovranno ritornare non appena l’Iran sgarri dalla retta via “moderata” e inoffensiva (e in parte sono già state rinnovate col pretesto dei missili balistici), ha privato il paese della tecnologia nucleare. Tecnologia rigorosamente civile, con l’arricchimento dell’uranio al 20% (ora ridotto all’inutile 3%), essenziale per energia e medicina, ma assolutamente insufficiente per l’uso militare. Che del resto l’Iran non aveva mai contemplato, avendo firmato il trattato di Non Proliferazione Nucleare (diversamente dall’ipernuclearizzato Israele) ed emesso fatwe contro l’arma atomica.
Il lato positivo è che, per poche ore, l’Italia si è potuta risparmiare l’annuale martellamento di tutte le lobby atlantico-sioniste sulla Giornata della Memoria, con la parossistica strumentalizzazione dell’Olocausto ai soliti fini del tutto impropri (vedi Norman Finkelstein, figlio di genitori periti nei campi, “L’Industria dell’Olocausto”) della distrazione di massa da eventi recenti, comprovati e di una letalità più estesa e in buona parte attribuibili ai figli e nipoti di vittime tramutate in paraventi. Palazzo Chigi, abitato, oltreche da malviventi, da idioti e ignoranti che non hanno mai visitato né Persepoli, nè musei e mostre d’arte a Tehran, strutture tutte generose di nudi, ha ordinato di rinchiudere in scafandri di cartone i nostri ignudi di marmo perchè non offendessero il medievale senso del pudore attribuito all’ospite persiano, hanno versato cianuro sulla benzina della lobby. Che ha potuto isterizzare i suoi strepiti con l’accusa ai codardi di aver steso la civiltà occidentale.a tappeto sotto i calzari del levantino oscurantista e ottenebrato. Potendo ancora una volta oscurare sotto ignoranza e diffamazione eurocentrica il dato, evidente a chiunque veda quel paese come l’ho visto io, che l’Iran rispetta i diritti umani e la democrazia molto, ma molto meglio e censura molto meno (vedi il premiatissimo cinema iraniano, spesso assai critico) di questo ipocrita, truffaldino, bigotto e poliziesco Occidente cristiano. Di cui si è fatto ottuso portavoce Marco Travaglio nell’editoriale sul “Fatto” del 28 gennaio, quando, tramutatosi in un criptosalvini, lui che si specializza nelle sacrosante scudisciate ai leccapiedi dei potenti renziani, ha leccato i piedi e tutto il resto ai più ottenebrati e disonesti divulgatori di falsità e pregiudizi sui paesi invisi alle cosche giudaico-cristiane del basso impero occidentale in atto.
Fosse solo questo. La Comunità ebraica di Roma si è indignata anche per la coincidenza temporale della visita dell’infame negazionista (Rouhani non ha mai negato nulla) e pianificatore della distruzione di Israele (mai pianificata. Semmai Ahmadinejad aveva auspicato la fine del regime razzista, esclusivista e genocida, non la distruzione del popolo ebraico) con la concomitante (non proprio, Rouhani era già partito, ma tutto fa brodo) giornata della memoria che ricorda lo sterminio del popolo ebraico. “E’ intollerabile che, mentre un intero apparato è impegnato a mantenere la memoria della Shoah, questa viene passata in seconda scena dalla celebrazione dei negazionisti” (Riccardi Segni, rabbino capo). Con il che, oltre a rinnovare l’accusa mortale di negazionismo, atta a dare forza all’impulso, anche in Italia, a una legge che metta la mordacchia a qualsiasi ricerca storica non conforme, vale a dire a qualsiasi ricerca storica tout court, e ne sbatta in galera i cultori, la lobby inavvertitamente scopre il suo irato risentimento per una pur breve interruzione di una sua, di manovre.
Donne isolate dietro la rete di separazione. Sinagoga, non moschea.
Che è quella di far scomparire con il tambureggiamento sulla Shoah, avvenimento unico nella storia fin dall’ Homo Erectus, alcune cose tanto infime, quanto imbarazzanti. Che so,il settantennale genocidio strisciante di un popolo espropriato sulla sua terra usurpata, sublimatosi nelle ultime settimane nell’assassinio di quasi 200 ragazzi palestinesi perché, da morti, gli hanno trovato un coltello addosso (in Colombia, li chiamano “falsi positivi”, quando ai contadini uccisi mettono accanto un’arma); il tiro a tre Obama-Netaniahu-Saud che va facendo passare il carro carico di jihadisti sui corpi straziati di Libia, Siria, Iraq, Yemen, Somalia, Afghanistan, paesi africani vari; l’impennata militarista di Obama che rioccupa con migliaia di soldati Afghanistan e Iraq e spedisce Forze Speciali, eufemismo per “squadroni della morte” a sostegno dei mercenari Nusra e Isis in fuga davanti all’avanzata delle forze patriottiche irachene e siriane sostenute dai russi. L’infanticidio continuato a Gaza. L’elenco delle nefandezze da nascondere potrebbe continuare da qui a dieci post successivi.
Ma è interessante anche notare come l’arrivo del leader iraniano e la celebrazione sionista dell’unica memoria degna di essere celebrata, siano stati preceduti ed affiancati dalla campagna che marchia di assassino sia Rouhani (nonostante tutta la sua buona volontà, pur sempre poderoso rivale e concorrente in Medioriente dei gemelli democratici saudisraeliani), sia Vladimir Putin. Si tratta di bombe assordanti, di sostanza nulla, ma di grande effetto acustico. Putin “probabile” assassino di Litvinenko secondo l’alto magistrato Sir Owen che sentenzia colpevolezze in base alla sua idea di “probabilità”, ripresa con foga dalla lobby, e Rouhani e tutto l’Iran musulmano (ma scita, di quelli cattivi) forsennato esecutore di pene capitali. La fonte delle notizia sul migliaio di giustiziati dal governo Rouhani in un anno è un’oscura Ong iraniana dei diritti umani, subito rilanciata al diapason tonitruante da Amnesty International, con l’aggiunta dell’orripilante esecuzione anche di bambini di 9 anni. E così nessuno ha più fiatato, o saputo, dei 57 impiccati dall’amica Arabia Saudita nei primi 20 giorni di gennaio (che, se tanto mi da tanto, il primato mondiale a dicembre non glielo leva nessuno). Oppure degli 8000 giustiziati in tre mesi dai sauditi in Yemen a forza di bombe teledirette dagli Usa e fornite da Roma.
Assassini probabili e assassini indiscutibili
Putin, intollerabile vincitore in Siria e che rimette in sesto un po’ di diritto internazionale, serve a nascondere una manina israelo-italiana nella faccenda dello spione russo al servizio dell’intelligence britannica. Gli ultimi a pasteggiare con Litvinenko non furono due presunti agenti russi, bensì il noto ma sbianchettato pregiudicato Mario Scaramella, che nell’occasione, prudentemente, non toccò né cibo né bevanda. Scaramella, faccendiere attivo in Israele e con la mafia ebraica, condannato per traffico d’armi e attivissimo in quello di sostanze nucleari, è anche il provocatore che imbastì la famosa farsa dell’inchiesta Mitrokhin, con cui si volle attribuire al povero Prodi, militante di tutt’altra affiliazione, la qualifica di spia del KGB. A forza di maneggiare polonio, ne rimase leggermente intossicato anche lui, ma si riprese subito. E tracce di polonio si trovarono sull’aereo British Airways su cui Scaramella andava e veniva da Israele. Il che non impedisce al superlobbista Furio Colombo di omaggiare, insieme al discepolo Leonardo Coen, il governo inglese “che ha fatto luce sulla tenebrosa storia”.
Ma il discorso va allargato. Vogliamo parlare di assassini? Ma che figura ci fanno Rouhani, che giustizierebbe adulteri e Putin, che ammazzerebbe giornalisti, davanti a un primatista assoluto del masskilleraggio come Obama, che non si preoccupa neanche di dare veste giudiziaria ai suoi omicidi? E i cui omicidi non sono “probabili”, come quel pagliaccio di giudice inglese ha definito quello presunto di Litvinenko, ma certi ed eseguiti con protervia illimitata davanti agli occhi del mondo. Cifre rispettose dell’irritazione amerikana parlano di appena 2000 ammazzati dai droni tra Pakistan e Afghanistan, di cui il 90% riconosciuto di civili. buona parte partecipanti a funerali e matrimoni, perlopiù frantumati dal secondo missile, destinato ai soccorritori. Cifre ammesse dallo stesso Osservatorio dei diritti umani in Siria, messo su dall’intelligence britannico, parlano di quasi 300mila siriani uccisi da quando Nato, Israele e Golfo hanno deciso di far fuori la Siria. E dovremmo mettere sul conto del presidente dell’ “Yes we can” (possiamo ammazzare chi ci pare) anche qualche centinaio di migliaia tra Iraq, Libia, Yemen, Somalia. Tutti con droni, bombardieri e Forze Speciali e senza processi, accuse, avvocati, giudici. Nessun presidente degli Stati Uniti, paese pur votato alle aggressioni belliche e ai genocidi dall’inizio della sua vicenda, si era mai dato una licenza di uccidere di tale portata, qualitativa e quantitativa. E ci deve pure provare gusto, l’uomo del rinnovamento democratico e pacifista, l’uomo dei diritti umani da far piovere ovunque, se è vero che ogni settimana riunisce nello studio ovale tutti i suoi servizi segreti e decide personalmente quali dei sospetti sottopostigli debba essere tolto di mezzo.
Leader dell’Irgun, inventori del terrorismo
Putin e Rouhani? Ma di cosa stiamo parlando? Li chiamano assassini? Anzi, Putin è anche corrotto. Secondo il regime più corrotto del mondo, è, nelle parole alate del sottosegretario al Tesoro Usa, l’immancabile israelita Szubin, il più corrotto di tutti i corrotti. Tanto è vero che ha cacciato a pedate gentiluomini dabbene come gli oligarchi Berezkovsky, Khodarkovsky, Abramovic (tutti ebrei, guarda un po’). Eltsin, al confronto, era Catone il censore e, dunque, intimo del regime Usa. Davanti a tanta nequizia, si sono consolati i cittadini Usa che, al 75%, avevano giudicato il proprio governo pervaso e infettato da corruzione. Ma davvero hanno la faccia come il culo. E’ come se Torquemada desse dell’assassino a Giordano Bruno. E non abbiamo neppure parlato di Netaniahu, o Tzipi Livni, col loro fosforo bianco e le loro SS su Gaza, o tutti i loro predecessori dal 1948, ognuno indefettibilmente killer di massa di prim’ordine. Rischieremmo di mettere in ombra perfino Obama, o la Clinton che, fatti i suoi 100mila morti in Libia, va in estasi mistico-fisica davanti al corpo violato di Gheddafi.
Ci togliamo però il gusto di un ricordino che sfugge agli specialisti della memoria da far incombere su tutti a perenne spada di Damocle.Tutti colpevoli. In eterno se si è tedeschi. Allora cos’è che non ricordano i nipotini delle vittime del nazismo? Forse che i benemeriti primi ministri Begin e Shamir, erano cresciuti prodi sionisti nella brigata terrorista dell’Irgun? Quell’Irgun di cui i documenti ci rivelano quanto efficacemente abbia brigato con il regime di Adolf Hitler per la soluzione della questione ebraica.Quell’Irgun, levatrice dell’attuale Israele pacifica, democratica e rispettosa dei diritti di popoli e confessioni, che al regime nazista aveva assicurato appoggio nei propositi di dominio europeo in cambio della sua collaborazione nel trasferimento degli ebrei in terra di Palestina? Sentiamo un po’, non deve essere a tutti i costi mantenuta e nutrita la memoria?
Convegni liberi e convegni in linea
Si intensificano, man mano che ci si rende conto di chi siano i veri criminali di guerra e contro l’umanità, le operazioni di marketing in sintonia con gli sterminatori, spesso organizzate da Ong per i diritti umani e la solidarietà tra i popoli. Relatori la
créme de la créme del giornalismo embedded.e del fiancheggiamento Nato-jihadisti nella distruzione di Libia e Siria e dei rispettivi popoli. Gente che sta con i genocidi dall’inizio della montatura di una ribellione democratica contro Gheddafi e Assad, quando già ratti armati, pagati, addestrati, venivano convogliati da Usa, Israele, Nato, Turchia e tiranni del Golfo, per eliminare dalla faccia della Terra il cuore nobile della nazione araba.
Operazione salutare di verità, internazionalismo antimperialista, sostegno alla sovranità e autodeterminazione dei popoli domenica 16 gennaio, a Campodarsego di Padova. Nell’incontro ottimamente organizzato da Francesca Salvador, mezzo migliaio di persone nel palazzo dei convegni “Alta Forum” hanno ascoltato Giulietto Chiesa in diretta da Mosca dopo il suo Blitz in Siria, Massimo Mazzucco, il famoso demistificatore di tutte le False Flag sionimperialiste, Bruno Ballardini, autore di un libro sull’Isis e il sottoscritto, moderati da Claudio Messora del sito web Bioblù. Il titolo della conferenza “E’ la stampa, bellezza!” era preso da un mio recente post sul blog e ha permesso, alla mano dell’esegesi del menzognificio mediatico occidentale, di spaziare su una serie di argomenti relativi allo scontro planetario in corso per il dominio mondiale dei globalizzatori: guerre appaltate, terrorismo mercenario, UE, sovranità, TTIP, quadro politico europeo e nazionale, Nato.
Giulietto Chiesa ci ha illustrato una situazione geopolitica all’interno della quale si profila il terzo conflitto mondiale, provocato dall’aggressività dei circoli imperialisti che utilizzano gli Usa e la Nato come strumento per eliminare ogni ostacolo alla marcia verso un dominio mondiale assoluto e totalitario. A questo disegno si oppone con forza la Russia di Putin che, in Siria come in Ucraina, come a livello globale, ha saputo neutralizzare la pretesa statunitense di costituire l’unica e decisiva potenza in un mondo unipolare costruito sulla negazione della sovranità nazionale degli Stati, sulle violazioni costanti del diritto internazionale, sulla produzione di terrorismo e guerre. La brillante oratoria di Mazzucco ha illustrato il filo rosso che lega tutte le maggiori operazioni terroristiche realizzate in Occidente dall’11 settembre di New York ai recenti attentati di Parigi, attraverso le operazioni di Londra, Madrid, Boston, Oklahoma City e molte altre. Tutte realizzate contemporaneamente a esercitazioni programmate dalle autorità dei rispettivi Stati e che si proponevano di simulare proprio quanto poi è avvenuto ed è stato attribuito a terroristi, poi sistematicamente uccisi. Una strategia False Flag finalizzata a promuovere, con la creazione in provetta di un Islam votato alla distruzione dell’Occidente cristiano (fola strumentale che ancora serpeggiava tra alcuni interlocutori del convegno), la cosiddetta guerra al terrorismo, effettiva guerra a chiunque non fosse disposto a sottomettersi alla volontà e agli interessi dei manovratori dell’imperialismo.
L’Isis rivisitato
Ballardini ha scritto e illustrato nell’occasione un curioso libro in cui, per ben 287 pagine è riuscito a non menzionare gli inventori, addestratori, finanziatori, armatori del jihadismo. Viene rappresentato un Isis, o Stato Islamico, autogerminato, autogestito, autoamministrato e autodiretto. Sparisce dal racconto il nubifragio di prove, ammissioni, documenti, rivelazioni che inchiodano Turchia, Arabia Saudita, Emirati, Qatar, Kuweit, Israele, tutti paesi o Nato, o associati, o comunque clienti degli Usa, al ruolo di responsabili del fenomeno sotto padrinaggio Usa e Nato, attraverso finanziamenti, addestramenti, armamenti, rifornimenti, reclutamenti. Accreditare l’Isis come realtà statuale organizzata, in termini di autonomia e indipendenza, da istigatori, reclutatori, manipolatori, finanziatori, armieri, in grado di amministrare territori e comunità, struttura evidentemente del tutto scissa da sponsor esterni (Usa, Nato, Israele, Golfo), è un fenomeno recente e rappresenta un cambio di paradigma. Non si sa quanto innocentemente, o consapevolmente, rilanciato da certi comunicatori.
Mercenariato terrorista, o vero Stato Islamico?
Fino a ieri, ma anche ancora oggi, si trattava di coltivare nel pubblico occidentale deliri prepolitici e tardomedievali sulla minaccia dei mori all’assalto della sedicente “comunità internazionale”. Da cui, dopo gli altri, gli attentati stragisti a Parigi, cuore dell’Europa colta, civile, repubblicana, democratica, erede dell’illuminismo e della rivoluzione. Un Islam feroce, sanguinario e belluino, stragista, torturatore, efferato in tutte le sue manifestazioni. Un Islam che, dopo aver annegato nel sangue e nell’orrore un paese musulmano dopo l’altro, punta alla cristianità (senza paradossalmente mai importunare Israele). I disperati espulsi dalle loro terre dal feroce Saladino (che così spiana la strada, guarda un po’, proprio al ritorno degli odiati colonizzatori crociati), dovranno essere percepiti tutti come terroristi, attuali o potenziali, che insidiano la nostra tanto civile convivenza, i nostri valori e, soprattutto, archetipo decisivo, le nostre donne. Una liturgia dei “valori occidentali” che passa disinvolta sopra 15 secoli di crimini della cristianità crociata e poi colonialista nei confronti del resto del mondo e, in particolare, del mondo musulmano.
La campagna ha prodotto ottimi risultati. Sugli stati di coscienza alterata di popolazioni narcotizzate passano misure che sarebbero state inammissibili ancora poco tempo fa. Chiusura delle frontiere, assalti polizieschi a rifugiati in stracci, sottrazione di catenine d’oro e dei quattro soldi, quanto rimane dei risparmi dopo il taglieggiamento di scafisti e doganieri, codificazione del reato di fuga dalla morte, espulsioni di massa per avere nei cellulari “immagini di jihadisti”, o in tasca il corano, decerebrazione collettiva, panico di pubblico e isterismo delle autorità, evacuazione della più grande stazione del paese perché un tizio circolava col fucilino giocattolo da regalare al figlioletto. A buttarla nel ridicolo ci voleva un ministro degli Interni con la coppola sulle sinapsi che ha definito la figura di merda “grande dimostrazione di efficienza del sistema di sicurezza”.
Rimanendo seri, si tratta di psicosi collettiva programmata per radere al suolo ogni residua resistenza, o anche solo critica. Mica tanto ai bombardamenti genocidi su popolazioni innocenti, quella si è spenta da anni, ma, più immediatamente, al diluvio di misure liberticide, antidemocratiche repressive, di sorveglianza e criminalizzazione universale che introducano a uno Stato di Polizia in grado di imporci la seconda “crisi”. Cioè l’ulteriore e definitivo spostamento verso l’alto di quanto resta di ricchezza sociale.
Ma dicevo del nuovo approccio a Isis, Al Nusra, Al Qaida e sigle varie. Per ora marcia in parallelo con la satanizzazione dei tartari in arrivo dal deserto, arabi, africani, o asiatici che siano, comunque musulmani. Mai sottovalutare l’effetto che si può trarre dal profondo della memoria collettiva, quella di Lepanto (1571), o di Poitiers (732), quando dalle orde musulmane ci salvò Carlo Martello, uno che tagliò più teste lui che tutti i sultani messi insieme. Ma incomincia a serpeggiare un nuovo approccio. E’ esemplificato dal libro di cui sopra, ma soprattutto in articoli e trasmissioni televisive. Da noi ha incominciato, prendendola alla lontana, un’associazione pacifista che si è premurata di far sapere al mondo terrorizzato che, dopottutto, quelli di Al Nusra (edizione mediorientale dell’Al Qaida di Bin Laden, massimo bau bau prima dell’epifania di Al Baghdadi), non erano tanto male. Dove erano in controllo si comportavano discretamente e, forse forse, li si poteva anche prendere in considerazione per rimpiazzare il masskiller Assad. Altre Ong si allineano. Ultimamente si è posto in prima linea, “Un ponte per…”. Ong cara al mainstream, a suo tempo venuta alla ribalta con la sconcertante sceneggiata delle due Simone rapite in Iraq (ne ho scritto l’altra volta) e che ora si inorgoglisce a dare ospitalità e credibilità ad alcuni dei più collaudati corifei mediatici dei “ribelli” siriani. Corifei di “diritti umani” come intesi dai terroristi in Libia e Siria, di quelli che riportino territori e nazioni all’età della pietra. Al tempo dell’assalto alla Libia, nel classico transfert freudiano, a me e a Marinella Correggia hanno dato, a scelta, dei venduti al dittatore, o dei cretini irretiti dalle sue balle. Di sicuro loro prendono i soldi da editori imparziali come la Rai. Noi no.
Il nuovo approccio viaggia in parallelo con la propaganda islamofobica fondata sulle scelleratezze di Isis e affini. Due lame della stessa forbice. Questa è necessaria a mantenere in fibrillazione psicotica i sudditi in Europa e Occidente allo scopo di giustificare, uno, guerre mediorientali e interventi militari in paesi africani troppo intrecciati economicamente a Cina e Russia e, due, i totalitarismi in marcia a casa nostra. Quello serve a preparare il terreno a una legittimazione, in loco e agli occhi delle cancellerie e opinioni internazionali, di un jihadismo riqualificato come “moderato“, per poterne fare il protagonista del disegno di frantumazione degli Stati arabi ancora in piedi. Con il ministro della Difesa, Moshe Yaalon, che dichiara di preferire l’Isis all’Iran (e ovviamente ad Assad), con Netaniahu che abbraccia i jihadisti feriti nelle sue cliniche sul Golan, con i Peshmerga che, dopo averci bisticciato un po’ sulle reciproce fette di Iraq da divorare, cogestiscono con l’Isis la spartizione del paese, con Erdogan che nutre l’Isis e se ne nutre con i traffici di petrolio, non sorprende e, anzi, visti i mandanti della trasmissione, c’era da aspettarselo, che Formigli, su Piazza Pulita, mandasse in onda un forbito e spettacolare documentario di Daish a esaltazione di quanto gli ex-scuoiatori e crocefiggitori fossero diventati bravi. Stessa cosa ha fatto il nostro relatore al convegno. E’ proprio la stampa, bellezza.
Questo documentario, virale in rete, accompagnato da una serie di reportage dai contenuti e obbiettivi analoghi nei media di tutto l’Occidente, viaggia in parallelo, incurante del paradosso, con la caccia al “jihadista della porta accanto” che deve continuare a terrorizzarci e mantenerci succubi, o addirittura collaborazionisti della nostra riduzione a schiavi. La combinazione produce episodi grotteschi. Come quel poveretto di Cosenza che, volendo andare in Turchia e avendo sul cellulare immagini di musulmani cattivi, è stato immediatamente arrestato ed espulso. Pensa che lavoro toccherà ora alle nostre zelanti autorità, al comando dell Obersturmstammfuehrer Alfano, per cacciare dal paese tutti coloro cui è rimasta appesa in rete, o nel telefonino, qualche fotogramma dello tsunami di grandiosi video prodotti da Daish e diffusi, prodigiosamente all’istante, dall’israelita di obbedienza Usa, Rita Katz.
La nuova rappresentazione non mostra più bambinelli che sparano alla nuca di infedeli, non più lame che tranciano gole, non più schiave sessuali dei matrimoni a ore, non più prigionieri in gabbia incendiati o calati nello stagno. Quella resta la comunicazione destinata a tenerci nella condizione di subalterni angustiati, ma decerebrati complici nella crociata di civiltà contro il male. Ma vi si affianca la proiezione di un jihadismo, totalmente scisso da qualsiasi sponsor, padrino, mandante e che dimostra sul campo di saper essere anche saggio e efficiente governante. Vigili sorridenti che dirigono il traffico, distribuzione di generi alimentari e abbigliamento, scuole che si aprono ai bambini (rigorosamente maschi), cliniche, trasporti pubblici, tribunali, tasse, ricostruzione, gente serena e affaccendata in vite normali. Se ne sparge subliminalmente la sensazione che prima tutto questo non c’era. Che i governi siriano e iracheno erano fossili residui di un oscuro medioevo. E se ne deve trarre la convinzione che, dopottutto, per quei popoli laggiù non tutto il male viene per nuocere e ci si può anche stare.
Tutto questo è lo scaltro perseguimento di un’opinione pubblica internazionale che accetti e approvi lo schema imperialsionista che, per comodità chiamiamo di “Oded Yinon”, primo uomo politico, consigliere del primo ministro israeliano, ex-terrorista, Menachem Begin, a dare compiuta formulazione al disegno strategico della rivincita colonialista e della Grande Israele. La disgregazione degli Stati nazionali arabi lungo linee etnico-confessionali, utilizzando le fin lì laicamente sopite divergenze islamiche, i curdi e altre minoranze.Una Grande Israele che spazzi via, oltre alla storicamente legittimata unità araba, anche i singoli Stati unitari.padroni del petrolio, risorsa vitale per il capitalismo. Un Occidente che trovi spianata la strada all’assedio di Iran, Russia e Cina e alla nuova sottomissione dell’Africa dalle irrinunciabili materie prime. Se domani, oltre ai vari protettorati curdi (escluso l’incontrollabile PKK in Turchia) in via di definizione, si vuole realizzare un Sunnistan, egemone su quelle che risulteranno inoffensive minoranze scite (ovest della Siria, sud dell’Iraq), toccherà pure riabilitare coloro che ne hanno conquistato il territorio su mandato israeliano e occidentale.
Vedrete che pian piano spariranno le immagini e le vulgate delle atrocità jihadiste dalle aree mediorientali e si diffonderanno sempre più quelle di uno Stato Islamico nascente, razionale e compatibile. Avrà anche cambiato nome. Meno Isis e più Daish. O “Repubblica democratica di Mesopotamia”. Le atrocità terroristiche affidate da Cia, Mossad e servizi sicari ai “fanatici islamisti” le riserveranno a noi. Libri e documentari, come quelli di cui si è trattato qui, ci avranno abituati e convinti.
******************************************************************************************************
Aggiungo un commento al mio ultimo post, degno di nota e considerazione
Ho vissuto in Russia, conosco bene i Russi.
Il problema dell’omofobia non ha nulla a che vedere con Putin né con l’attuale politica russa, quanto piuttosto è atavico retaggio cristiano e patriarcale esattamente com’era in Italia fino a qualche anno fa.
L’omofobia è più diffusa nelle aree rurali conservatrici che nelle grandi città dov’è normale incontrare coppie omosessuali che passeggiano mano nella mano. Ne ho viste tante. Una coppia gay vive tranquillamente da 10 anni in un appartamento accanto a quello dei genitori di una persona a me molto cara. Nessuno ha mai pensato di disturbare questa coppia in alcun modo.
Sappiate pure che nelle grandi città russe ci sono taxi notturni messi a disposizione esclusiva della comunità LGBT per permettere a queste persone di ritirarsi dai locali in tutta sicurezza. E che la famosa “legge omofoba” tanto strombazzata dai media occidentali non è una legge contro gli omosessuali bensì una legge contro le marchette minorili maschili, molto diffuse nelle zone più povere e disagiate del Paese. Purtroppo però l’informazione codina si dimentica sempre di contestualizzare i fatti…
Solo un’aggiunta.
I Russi sono mille anni avanti a noi.
E per livello culturale, e -soprattutto- per livello umano.
In Russia ho imparato cosa sia la generosità. Prima non lo sapevo. Qui non l’avevo mai sperimentata.
***************************************************************************************************
P.S. Pressenza, newsletter del Partito Umanista curata da Olivier Turquet, dopo aver dato credito e diffusione al grottesco reportage sul fantastico numero di esecuzioni in Iran, fatto circolare da una Ong iraniana già impegnata per conto di Cia e Mossad nella “rivoluzione colorata del 2009 e ripresa con slancio da Amnesty International, senza minimamente curarsi di una verifica con dati ufficiali, sia del governo, sia dell’ONU, ha anche dato un nuovo contributo alla propaganda Nato sull’intervento risolutore russo in Siria contro i mercenari Nato-Israele-Golfo:Titolo del capitolo: “Vergognoso silenzio della Russia sulle vittime civili degli attacchi in Siria”. Basta la parola. E questo signore voleva farsi capo della comunicazione di un organismo che combatte la Nato.