In Arabia Saudita si mozza la testa a 47 dissidenti e si dimostra al mondo l’indole barbara e tirannica del “fedele alleato” dell’Occidente

i dirittoumanisti non organizzano alcun sit in di protesta davanti all’ambasciata? Nessuno striscione? Eh no, i dirittoumanisti a libro paga non si scagliano contro gli amici dei loro finanziatori a stelle e strisce, mica è la Libia di Ghedafi o la Siria di Assad. La società civile contro le discriminazioni DISCRIMINANO tra arabi amici e bravi e quelli cattivi a quanto pare
 
Gen 02, 2016
 
Esecuzione-capitale-2-1
Esecuzione capitale in Arabia Saudita
 
di Luciano Lago
 
Per molto tempo l’apparato dei media occidentali ha cercato di coprire, di minimizzare e di non far trapelare all’esterno le caratteristiche intolleranti. oscurantiste e fanatiche del regime saudita, nascondendo al grande pubblico le atrocità quotidiane commesse da questo regime ed occultandone i legami con la diffusione del terrorismo jihadista.
 
Per un così importante alleato degli USA e della Gran Bretagna, era meglio non interferire nei suoi “affari interni”. Era preferibile dirigere le campagne per il rispetto dei “diritti umani ” verso gli stati ostili agli interessi degli USA e dell’Occidente: la Siria, la Libia di Gheddafi, l’Iran degli Ayatollah, la Corea del Nord e la Russia di Putin.
 
Soltanto in quei paesi, secondo l’orchestra dei media occidentali, albergavano i “tiranni”, i “cattivi dittatori”, i regimi intolleranti e violatori dei diritti umani, dei gay e delle coppie omosessuali, irrispettosi anche della libertà di investimento per il cartello delle grandi multinazionali anglo USA che non potevano liberamente installarsi in quei paesi.
 
Contro questi Stati era lecito e consigliato (dal Dipartimento di Stato USA) introdurre sanzioni ed embargo commerciale: contro la Siria di Bashar Al Assad, contro l’Iran, contro la Russia.
 
Con le ultime esecuzioni capitali attuate dal regime Saudita emerge di tutta evidenza, in questi giorni, il carattere barbaro e tirannico del grande alleato dell’Occidente: l’Arabia Saudita. Lo Stato assolutista e tirannico della Monarchia dei Saud con cui tutti i paesi occidentali fanno il grande business (del petrolio e delle armi).
 
Questo carattere non è più possibile occultarlo neppure all’opinione pubblica più sprovveduta, come ad esempio quella italiana che legge i grandi “giornaloni” come Repubblica, Il Corriere della Sera, La Stampa, guarda la la TV della RAI e di Media Set e crede a tutte le “narrazioni” fatte da questi media che riprendono le corrispondenze della CNN, della Reuters, della Fox news, di ABC News, ecc. e le ripropongono al pubblico italiano.
 
Oggi stesso il Ministero della Monarchia Saudita ha annunciato l’esecuzione (mediante il taglio della testa) di 47 persone accusate di dissidenza rispetto all’ideologia wahabita/salafita che è quella ufficiale del regno saudita. Il comunicato prosegue enunciando il motivo della condanna (che naturalmente ne costituisce anche il pretesto) che è quello di aver promosso attività sovversiva e “terrorista” nel regno. Vedi: Arabia Saudita annuncia esecuzione di 47 “terroristi”
 
Il paradosso è quello che il principale stato notoriamente sostenitore ed ispiratore del terrorismo di marca jihadista, condanna dei dissidenti interni per il delitto di “terrorismo” e questo dimostra l’utilizzo strumentale del termine “terrorista” che viene fatto dai regimi dispotici e repressivi, come l’Arabia Saudita, il Qatar, il Bahrain, il Kuwait e la Turchia ( tutti stretti alleati degli USA e dell’Occidente).
 
Fra i condannati, oltre ad altri dissidenti (fra cui due ragazzi minorenni ) emerge la figura del clerico sciita, Nimr Baqer al-Nimr, un religioso che godeva di grande stima e di largo seguito nella popolazione sciita non solo in Arabia Saudita (dove è presente una minoranza di questa confessione ) ma anche nella comunità mussulmana sciita di tutto il mondo, dal Libano all’Iran ed all’Iraq ed allo Yemen, tutti paesi a maggioranza sciita. Questa persona, Nimr Baqer al-Nimr, di indole mite ed assolutamente pacifica, era stato arrestato l’8 Luglio del 2012 dalle autorità saudite e successivamente condannato alla pena capitale, dopo essere stato ferito, per aver difeso i diritti dei prigionieri ed il diritto a dissentire dalla politica di oppressione e di ingiustizia esercitata dalla famiglia reale dei Saud che comanda il paese con potere assoluto ed insindacabile.
 
Non avevano avuto effetto i numerosi appelli alla sospensione della pena che erano stati lanciati da autorità di vari paesi arabi e, oltre a questi, si era aggiunto il presidente della Commissione Sicurezza del Parlamento iraniano, Alaedin Boruyerdi. Inoltre vi era stato l’avvertimento inviato da Husein Amir Abdolahian, vice cancelliere iraniano, il quale aveva avvisato che l’Arabia Saudita “avrebbe pagato un caro prezzo per l’ingiusta esecuzione capitale di queste persone e sarebbe stata responsabile delle conseguenze”.
Il ministro degli esteri dell’Iran, Hossein Yabir Ansari, nel condannare l’esecuzione di Nimir e degli altri prigionieri ha messo in risalto che, a differenza dei terroristi radicali e fanatici (armati e sostenuti da Regno Saudita), una figura come Sheij Nimr, non aveva altro strumento che la sua parola per perseguire la sua predicazione religiosa e politica ed il suo sacrificio come martire ricadrà sulla monarchia dei Saud e ne dimostra tutta la imprudenza e la irresponsabilità. Vedi: Al Manar
 
Nimr-Baqir-Al-Nimr
Nimr Baquir Al Nimr religioso sciita
 
Forti proteste ed una energica condanna sono anche arrivate dal Libano, dal movimento sciita Hezbollah, che rappresenta la comunità sciita di quel paese, dal governo iracheno e dallo Yemen.
Dall’Iraq è arrivata la precisa accusa di Mohammed Shihud, esponente politico e membro del Parlamento di Baghdad il quale, in una intervista alla rete TV, “Al Sumariya”, ha segnalato che l’esecuzione di Sheij Nimr conferma che il regime saudita vuole “incendiare tutta la regione istigando la guerra tra le comunità religiose”.
 
Nessuna reazione invece dai governi occidentali, in particolare dai governi dei paesi europei, come la Francia, la Gan Bretagna e l’Italia che vantano stretti rapporti commerciali e di alleanza militare con l’Arabia Saudita.
 
Non tutti sanno (visto l’occultamento delle notizie in proposito) che questi governi stanno collaborando, assieme agli Stati Uniti, alla guerra di aggressione che l’Arabia Saudita sta conducendo da circa nove mesi contro lo Yemen, il più povero dei paesi della regione, reo di aver scelto un governo considerato non conforme con gli interessi della monarchia saudita. Questa guerra, quasi totalmente oscurata dai grandi media, che si produce con bombardamenti indiscriminati da parte dell’aviazione saudita, rifornita ed assistita dalle forze USA e NATO, ha prodotto fino ad oggi oltre 7.000 vittime in buona parte civili, distruzione di ospedali, scuole ed abitazioni, distruzione dei palazzi storici della capitale Sanaa, dichiarata a suo tempo patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO.( Vedi: Yemen: Martirio e Resistenza di un popolo) .
 
Un conflitto sangunoso che ha creato condizioni di emergenza umanitaria per la popolazione yemenita che è anche chiusa in un embargo totale di rifornimenti dei generi essenziali e dei medicinali.  Embargo a cui collaborano le potenze occidentali  per mantenere i buoni rapporti con Riyad.  L’aggressione criminale dell’Arabia Saudita è stata pienamente appoggiata dai paesi europei (Francia e Gran Bretagna in testa) con il ministro degli esteri italiano Gentiloni che ha manifestato “comprensione” al suo omologo saudita in occasione della visita di questi a Roma. Senza contare l’invio di forniture militari che viene fatto periodicamente anche da imprese italiane che collaborano nella esportazione di parti di bombe che vengono poi utilizzate dai sauditi per massacrare la popolazione yemenita. Vedi: L’Italia smetta di appoggiare i crimini sauditi
 
Gentiloni-con-arabo-saudita1
Gentiloni con il ministro degli esteri saudita
 
Neanche una parola di riprovazione è stata pronunciata dal presidente del consiglio italiano, Matteo Renzi, in occasione della sua recente visita a Riyad, per “omaggiare ” monarchi sauditi ed intrecciare affari. Il business prima di tutto come vuole la tradizione

OUI LE PRESIDENT NKURUNZIZA A RAISON : ENSEMBLE NOUS AVONS FAIT BASCULER LE PANEL ET LE PUBLIC !

# DEBATS SUR LE BURUNDI SUR AFRIQUE MEDIA/

Luc MICHEL pour PANAFRICOM / Avec Afrique Media – EODE-TV / 2016 01 03/

https://www.facebook.com/panafricom

https://vimeo.com/panafricomtv

 PANAF - LM DEBATS SUR LE BURUNDI SUR AMTV (2016 01 03)  FR

Depuis des semaines le débat sur l’agression occidentale au Burundi s’était enlisé dans un “Burundi Bashing” reprenant la propagande occidentale contre le gouvernement du Président Nkurunziza (notamment mot pour mot les médiamensonges de Jeune Afrique). Avec parfois des relents honteux de propagande anti-Kadhafi …

Et je me suis souvent senti bien seul (celà ne me pose aucun problème) à prêcher le soutien à un Président africain agressé. Il a même fallu arrêter le débat lors du FACE A L’ACTUALITE du 22 décembre.

Vous êtes nombreux à m’avoir alors soutenu …

Nous avons fait tout d’abord basculer les réseaux. Lors du débat du 22 décembre tous les panelistes étaient contre ma défense du Burundi. Mais ce soir là 99% des réseaux étaient avec moi.

Entre le DEBAT PANAFRICAIN du 27 décembre et celui du BOUQUET SPECIAL de ce 2 janvier 2016, c’est le panel qui a basculé. Sous la pression des téléspectateurs appelant et sous celle du bon sens, les anti-Nkurunziza se sont retrouvés bien isolés.

* Voir PANAFRICOM-TV/ BURUNDI (1) : POURQUOI LE PRESIDENT NKURUNZIZA A RAISON ! (LUC MICHEL SUR AFRIQUE MEDIA, LE BOUQUET SPECIAL, 2 JANVIER 2016)

https://vimeo.com/150578509

* Voir PANAFRICOM-TV/ BURUNDI (2) : BUJUMBURA DANS LE COLLIMATEUR OCCIDENTAL (HALTE AU “BURUNDI BASHING” !) (LUC MICHEL SUR AFRIQUE MEDIA, LE DEBAT PANAFRICAIN, 27 DEC. 2015)

https://vimeo.com/150578507

MERCI à tous.

La place des panafricanistes est aux côtés des présidents, des politiques et des états agressés par les USA et l’OTAN. Et pas à reprendre les médiamensonges honteux de Jeune afrique, RFI et autres Euronews …

Luc MICHEL

# Sur PANAFRICOM-TV pour en savoir plus sur

l’agression américano-occidentale contre le Burundi :

* PANAFRICOM/ US AGRESSION AGAINST BURUNDI (1) : CRISIS MONGERS. TARGET BURUNDI (PHIL TAYLOR & LE BENI TAZIRA)

https://vimeo.com/150582151

* PANAFRICOM/ US AGRESSION AGAINST BURUNDI (2) : IS THE SELL OUT AFRICAN UNION A WESTERN FRONT FOR CIVIL WAR IN BURUNDI?

https://vimeo.com/150582547

* PANAFRICOM/ US AGRESSION AGAINST BURUNDI (3) : MEDIA BRIEFING ON POLITICAL SITUATION IN BURUNDI

https://vimeo.com/150581918

Capodanno NOTAV in Clarea, articolo di rettifica‏ ai giornali!

2 genn 15 CronacaQUI Nella notte attacco al cantiere

Alla redazione del quotidiano CronacaQui

All’attenzione dei sigg Marco Bardesono e Claudio Neve

In merito all’articolo del 2 genn 16 “Nella notte assalto al cantiere. Bombe carta e fuochi NOTAV” pubblicato a firma m.bar, abbiamo parlato con il sig Marco Bardesono che ha ammesso di essere l’autore dell’articolo e aver tratto le notizie da una comunicazione della questura, poiché nessun giornalista era presente.

Volevamo portarvi a conoscenza che la cronaca non è veritiera, non si è trattato di un’assalto ma di una festa, nessuno era travisato, non sono state tirati petardi, per non disturbare gli animali del bosco, e quindi quanto meno 10 bombe carta, i fuochi artificiali erano delle fontane luminose inoffensive….

Un gruppo di NOTAV partecipanti alla festa di Capodanno al cantiere della Clarea di Chiomonte, manda qui di seguito un articolo di rettifica alla notizia pubblicata, con invito di pubblicazione, per cercare di contribuire al miglioramento dell’informazione

Auguriamo ai giornalisti per il nuovo anno di non dover riferire notizie su eventi a cui non hanno partecipato, sentire fonti diverse, vi seguiamo sempre con attenzione e saremo lieti di verificare miglioramenti.

ARTICOLO DI RETTIFICA:

 “Capodanno al cantiere TAV di Chiomonte. Sessantenni Notav festeggiano con fuochi d’artificio”

Anche i NOTAV mantengono fede all’abitudine inveterata dei pensionati a posizionarsi ai bordi dei cantieri per controllare i lavori in corso, evidenziando tutte le anomalie nelle lavorazioni e le ruberie con conseguente aumento dei costi in corso d’opera pagati dai contribuenti.

Anche quest’anno hanno voluto dare testimonianza dell’opposizione alla Grande Opera Inutile festeggiando sui terreni di loro proprietà di fronte al cantiere con panettone, spumante ed alcuni giochi pirotecnici di libera vendita acquistati in un supermercato a 3,99 euro .

Non botti per rispetto degli animali.

Sulla via del ritorno alla rituale ed innocua battitura delle reti si è risposto con l’uscita di nervosissimi agenti in assetto antisommossa pronti come al solito a menare.

Una normale e tranquilla manifestazione di dissenso non può diventare nei titoli dei giornali un “assalto “, come se dei pensionati o delle impiegate fossero così cretini o masochisti da affrontare a mani nude reticolati taglienti e Robocop armati .

Per la cena del prossimo Capodanno , i NOTAV  organizzeranno una FAGIOLATA ,  ma se andranno  a SCORREGGIARE di fronte al cantiere , speriamo di non dover leggere titoli roboanti del tipo “ Assalto dei Notav con gas letali”.

 

“Spett. Redazione di La Stampa, all’attenzione del neo direttore Maurizio Molinari

Spett. Specchio dei tempi

Riguardo al vostro articolo on line del 1 genn 16 titolato: 

“Sassi contro il cantiere di Chiomonte, No tav dispersi con idranti. UNA SESSANTINA GLI ATTIVISTI che hanno lanciato l’attacco”

(http://www.lastampa.it/2016/01/01/cronaca/sassi-contro-cantiere-no-tav-dispersi-con-idranti-IMQm67Pu7xisloKaZiGoiL/pagina.html)

Un gruppo di NOTAV partecipanti alla festa di Capodanno al cantiere della Clarea di Chiomonte, manda qui di seguito un articolo di rettifica alla notizia che avete ripreso pari pari dall’ANSA con vostro titolo, (peraltro nessun giornalista ci risulta fosse presente), con invito di pubblicazione, per cercare di contribuire al miglioramento dell’informazione. 

Auguri di un anno nuovo con nuovo direttore e nuova linea editoriale più obbiettiva, vi seguiamo sempre con attenzione.

ARTICOLO  DI RETTIFICA:

“Capodanno al cantiere TAV di Chiomonte. ATTIVISTI SESSANTENNI festeggiano con fuochi d’artificio 

(segue il testo dell’articolo uguale a quello di Cronaca QUI)

UNA VITA STRETTA TRA LE MAGLIE DELLA LEGGE

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La storia di Marcelo è esemplificativa per comprendere le storie di tanti migranti che non accettano la condizione umiliante a cui sono costretti e decidono di lottare

Marcelo arriva in Italia dall’Ecuador nel 2003 tramite ricongiungimento familiare, raggiungendo la madre che vive a Milano da anni con regolare permesso di soggiorno. Trovato un lavoro a contratto, ottiene un permesso di soggiorno per motivi lavorativi rinnovabile ogni due anni. Nel frattempo consegue il diploma in un liceo e si iscrive all’università. Inizia ad accumulare qualche denuncia per la partecipazione ai cortei studenteschi dell’Onda nell’autunno del 2008 e alle lotte in università, venendo arrestato dopo una contestazione e azione di disturbo ai danni della CUSL, una libreria di Comunione e Liberazione. Dopo anni di fidanzamento, si sposa con una cittadina italiana. Nel 2008 il permesso di soggiorno scade e al momento del rinnovo non riceve alcuna risposta né negativa né positiva dall’ufficio immigrazione, restando per quattro anni in una sorta di limbo: non può transitare nei Paesi dell’Area Schengen, non può allontanarsi dall’Italia poiché sarebbe impossibilitato a rientrarvi, non gli vengono rinnovati i documenti in scadenza (carta d’identità, patente ecc.). Nel 2012 viene contattato dalla Questura che sostiene di aver smarrito la sua pratica negli ultimi anni e di averla ritrovata ora. Si deve quindi recare all’ufficio immigrazione per riattivare la procedura (schedatura, impronte digitali…) al fine di ottenere un permesso di soggiorno per motivi familiari, essendo sposato con una cittadina italiana. La mattina in cui avrebbe dovuto andare in Questura viene però arrestato per resistenza a seguito del corteo No Tav del 3 luglio 2011 e portato in carcere, dove rimarrà per 5 mesi. Le procedure in corso si interrompono e perde il lavoro. Mentre è in carcere riceve un documento dalla Questura in cui gli si comunica che, visti i “precedenti di polizia” e le denunce a suo carico, viene considerato una persona socialmente pericolosa e senza alcuna volontà di integrarsi nella società italiana, ragion per cui non ha diritto al permesso di soggiorno nonostante il matrimonio contratto. Va sottolineato che i “precedenti di polizia” e le denunce sono di natura squisitamente politica in quanto riguardano situazioni di lotta politico-sociale: occupazioni, reati relativi a cortei, una denuncia per rapina, consistente nella sottrazione di 200 fotocopie, relativa alla vicenda CUSL.

IL LUNGO ITER DEI RICORSI LEGALI

  • TAR per la Lombardia

Il rigetto del rinnovo del permesso di soggiorno è stato impugnato dinanzi al TAR per la Lombardia – sede Milano, che si è pronunciato nella camera di consiglio del 4 aprile 2013, con un’ordinanza di rigetto dell’istanza di sospensiva. Con l’ordinanza cautelare, il Collegio ha avallato il giudizio di pericolosità sociale formulato dalla Questura di Milano col decreto di rigetto impugnato e ha posto un dubbio sulla giurisdizione del TAR.

  • Consiglio di Stato

L’ordinanza del TAR è stata impugnata dinanzi il Consiglio di Stato. Con ordinanza del 25 luglio 2013, il giudice del gravame ha accolto le istanze della difesa nella sola parte in cui è stata chiesta una pronuncia sulla giurisdizione del giudice amministrativo e ha invitato il TAR Milano a pronunciarsi in merito alla sussistenza o non della propria giurisdizione.

Con sentenza pubblicata il 23 gennaio 2014, il TAR Milano ha declinato la propria giurisdizione in favore del Tribunale Ordinario.

  • Tribunale civile di Milano

Il giudizio è stato, conseguentemente, riassunto dinanzi il Tribunale civile di Milano. Il fascicolo è stato assegnato al Giudice Guido Vannicelli che, a seguito della discussione del 25 febbraio 2015, ha pronunciato l’ordinanza di accoglimento delle pretese del ricorrente, annullando il decreto di rigetto della Questura di Milano originariamente impugnato. Il giudice si esprime infatti a favore, dichiarandolo idoneo a ottenere il permesso di soggiorno per motivi familiari, in quanto nonostante i “precedenti di polizia”, molti non ancora andati in giudicato, vive ormai da più di dieci anni in Italia, è sposato con una cittadina italiana e si è diplomato e laureato in Italia, non può quindi essere considerato una persona non integrata nella società o senza alcuna volontà di farlo.

La pronuncia del Tribunale di Milano è stata sottoposta a una procedura di riesame da parte della Questura di Milano. Quest’ultima, con il decreto del 31 luglio 2015, ha reiterato la propria determinazione negativa, rigettando nuovamente la domanda di conversione del permesso di soggiorno per motivi familiari.

I motivi salienti del nuovo rigetto sono due: la sua presunta pericolosità sociale e la mancata dimostrazione della convivenza coniugale. Questo poiché la moglie di Marcelo si è trasferita in Germania per contingenti motivi di studio e lavoro e Marcelo non potendo transitare in altri Paesi dell’Area Schengen a causa della mancanza del permesso di soggiorno si è visto impossibilitato a raggiungerla, dovendo continuare la relazione a distanza fino al suo rientro in Italia.

Ricorso assegnato al Giudice dott. Fuda, che ha fissato l’udienza di comparizione delle parti per il giorno 14 gennaio 2016.

Questo è l’ultimo passaggio legale praticabile per ottenere il permesso di soggiorno.

Se il ricorso verrà perso, Marcelo diverrà un clandestino a tutti gli effetti. Ovverosia una “non-persona” che vive come un fantasma, senza diritto all’assistenza sanitaria base, che non può lavorare né studiare, costantemente esposto al rischio d’espulsione a causa d’un banale controllo di polizia.

Messe in campo tutte le possibili armi legali rimane un solo modo per continuare a vivere felicemente in Italia: la lotta e la solidarietà. Il primo appuntamento per dimostrare vicinanza a Marcelo e per dare il via a questa lotta è il 14 Gennaio sotto il tribunale di Milano, dove viene chiamato un presidio pubblico di solidarietà a Marcelo e a tutti i migranti sotto ricatto del permesso di soggiorno. Perché se lottare per un mondo nuovo è reato, allora siamo tutti socialmente pericolosi!

#RompereIlRicatto

#CeloLibre

La Russia rivendica la resa dei terroristi in Siria

http://www.controinformazione.info/la-russia-rivendica-la-resa-dei-terroristi-in-siria/

Da  Gen 01, 2016

Aerei Russi colpiscono postazioni dei takfiri

Aerei Russi colpiscono postazioni dei takfiri
 

By Finian Cunningham

Come i siriani si riuniscono nella loro capitale, a Damasco, per celebrare la fine dell’anno, c’è una sensazione diffusa che il nuovo anno porterà una misura di pace e questa sarà la prima volta che si avverte tale speranza dopo cinque anni di guerra nel paese.
L’intervento militare russo a fine settembre, per aiutare il suo antico alleato arabo, è stato l’avvenimento fondamentale di quest’anno. Dopo tre mesi di operazioni aeree delle forze russe a sostegno dell’Esercito Arabo siriano contro un insieme di gruppi mercenari jihadisti appoggiati dall’estero, si ha una sensazione inequivocabile che si sia “rotta la colonna vertebrale” dei terroristi come ha affermato il presidente Vladimir Putin di recente.

Nell’ultima settimana si sono verificate diverse tregue locali attraverso la Siria, con l’evacuazione dei miliziani jihadisti che fuggono dai paesi che mantenevano sotto assedio armato. Le popolazioni civili di questi luoghi sono state utilizzate dai miliziani come scudi umani in modo da evitare fino ad ora l’avanzata dell’Esercito siriano.

I media occidentali, tali come la “Voice of America” (organo del governo USA) hanno invertito la situazione reale raccontando che i miliziani si trovavano sotto l’assedio dell’Esercito siriano invece di raccontare che quelli sotto assedio erano i civili, presi in ostaggio dai miliziani jihadisti, come avvenuto nel caso dell’assedio di Homs che è stato successivamente rotto dall’Esercito siriano.
Quello che ha cambiato radicalmente la situazione è stato l’energico intervento delle forze aeree russe – che hanno effettuato più di 5.000 incursioni in tre mesi- che ha permesso all’Esercito siriano di distruggere le basi dei miliziani jihadisti, i depositi di armi e munizioni, e di interrompere il cotrabbando di petrolio trasportato dal nord della Siria lungo la rotta con la frontiera della Turchia. Questo ha ridotto le fonti di alimentazione dei miliziani, quelli più distanti dal loro retroterra logistico ed ha permesso la preparazione delle tregue, accettate sotto egidia dell’ONU e della Croce Rossa che consentono l’evacuazione dei miliziani.

Migliaia di ribelli sono individuati e localizzati nelle aree vicine a Damasco come Zabadani, al Qadam, Hajar al Aswad e Yarmouk.
Un attacco aereo, sembra delle forze russe, ha ucciso il comandante del gruppo dei militanti dello “Jaish al-Islam”, Zahran Alloush, nei sobborghi di Damasco, nel Gouta orientale, assestando un colpo devastante agli Jihadisti dei gruppi autonomi. Alloush, secondo le informazioni, è stato ucciso assieme ad altri capi del gruppo terrorista.

Leader terrorista di Jaish al Islam, Zahran Alloush

Leader terrorista di Jaish al Islam, Zahran Alloush

Interessante verificare come i media occidentali hanno informato riguardo questi avvenimenti. I reportage sulle tregue raggiunte e sulle evacuazioni sono descritte nello sforzo di minimizzare il contesto di questi progressi. Tipica l’informazione passata dalla BBC intitolata: “prosegue l’evacuazione dei  combattenti della Siria da Zabadani”. Il network britannico parla di centinaia di combattenti che sono stati trasferiti dalla città di Zabadani, come se lo sviluppo di questa operazione si fosse materializzato quasi per magia o come un “regalo di Natale”.
Quello che la BBC non spiega è che la tregua, come varie altre tregue realizzate nei sobborghi di Damasco, si è materializzata grazie all’intervento strategico russo in aiuto della Siria colpita pesantemente dagli attacchi dei terrroristi foraggiati dall’estero. I media occidentali si sono invece preoccupati di raccontare che gli attacchi aerei russi sono finalizzati a puntellare il regime di Damasco ed a colpire gli “oppositori moderati” ed i civili, secondo quanto dettato dal Dipartimento di Stato USA.

La falsa narrativa occidentale o meglio detto la propaganda, a sua volta crea un enigma circa le tregue e le evacuazioni che si stanno realizzando. Queste dovrebbero essere un fatto positivo, segnalando una possibile fine del conflitto ma rimane inspiegabile se questo contraddice il presupposto negativo spiegato in precedenza, sul regime di Assad e circa l’intervento russo, secondo i media occidentali.
Inoltre i media occidentali sono obbligati ad essere reticenti circa l’identità esatta dei “combattenti” evacuati. Come si è segnalato, i miliziani jihadisti vengono descritti dai media occidentali come “oppositori moderati”. Tuttavia le fonti informative regionali e locali, come “Al Manar” o “Al Mayadeen”, identificano la brigata “Jaish al-Islam” e le altre come appartenenti al gruppo dello Stato Islamico e collegato con Al Nusra (Al Qaeda in Siria). Questi sono a tutti gli effetti gruppi terroristi, come vengono qualificate queste organizzazioni anche dagli organi degli USA e dall’Unione Europea.

Così avviene che i media occidentali devono essere censori di se stessi per non autosmentirsi e cadere in contraddizioni. Questo avviene per la BBC, la CNN, Reuters, ABC News, Sky News ed anche per la RAI in Italia, Mediaset, Il Corriere della Sera, Repubblica, ecc.. El Jaish al-Islam (esército dell’ Islam), il cui comandante è stato ucciso da una incursione aerea russa, si integra nella rete del terrore, finanziata ed armata da Arabia Saudita e Qatar, utilizzata come tramite dalla CIA americana per armare i gruppi jihadisti, nonostante che i media come la “Voice of America” avessero definito eufemisticamente Zahran Alloush, come un “leader ribelle”, assassinato dai russi.

Quello che si sta dimostrando con la instaurazione delle tregue e la fine degli assedi è che la parte occidentale della Siria, da Daraa nel sud, attraverso Damasco e fino alla costa nord del mar Mediterráneo intorno ad Aleppo e Latakia, è infestata dalle brigate del terrore di Al Nusra e delle sue molteplici ramificazioni.

I media occidentali hanno ripetutamente accusato la Russia di aver effettuato attacchi aerei contro i “ribelli moderati” e non contro le brigate dell’ISIS che, secondo loro, si sono concentrate ad est della Siria. E’ un fatto sicuro che una buona parte delle forze dell’ISIS si trovano concentrate nell’est, su al-Raqqa e Deir Ezzor, da dove vengono dirette le operazioni di contrabbando del petrolio.
La Russia ha intensificato i suoi attacchi sulle rotte del contrabbando del petrolio all’Est con risultati devastanti. Tuttavia sono parte integrante anche le operazioni condotte per tagliare i rifornimenti di armi e combustibile nel nord ovest e lungo tutto il fianco occidentale, includendo i sobborghi di Damasco. La consegna delle armi da parte dei miliziani e le tregue con la fine degli assedi intorno a Damasco, confermano il successo delle tattiche adottate dai russi e indicano la reale natura di tutto il conflitto in Siria.
Il concetto occidentale dei “ribelli moderati” e dgli “estremisti” si viene delineando in tutta la sua assurdità.Questo spiega perchè i media occidentali sono obligati a nascondere qualsiasi contesto che sia esplicativo sulla copertura degli ultimi avvenimenti in Siria. (……………….)

Nella copertura dei media occidentali manca anche un fattore importante circa l’evacuazione dei miliziani che avviene durante la tregua: la domanda del dove vengano evacuati i mercenari. Questi non vengono inviati in altri luoghi all’interno della Siria e questo dimostra che i presunti “ribelli” non godono di alcun  appoggio popolare all’interno del paese.
Nostante che i media occidentali abbondino nella narrazione secondo cui il conflitto siriano sarebbe una specie di guerra civile tra un regime dispotico ed una rivolta popolare per la democrazia, il fatto che questi miliziani non abbiano dove andare dentro la Siria, dimostra che questi miliziani non godono di  alcun appoggio popolare.

In altre parole si tratta di una guerra appoggiata dall’estero in Siria, una guerra coperta di aggressione contro un paese sovrano condotta utilizzando eserciti mercenari foraggiati da potenze esterne.

A quale destinazione saranno inviati i terroristi ? Secondo tutte le informazioni i terrorristi riceveranno approdo sicuro in Turchia dove sono previste assistenza e santuari dal presidente Recepit Erdogan – senza dubbio sovvenzionato dalla UE con tre miliardi e mezzo per prendersi cura dei rifugiati.
Una volta ancora si tratta di precise accuse, dirette alla Turchia, membro della NATO, per i collegamenti terroristici, a un paese che di recente è stato candidato per l’ingresso nell’Unione Europea.

L’intervento russo non solo è giustificato in Siria ma anche dovuto. I governi occidentali, i loro media ed i loro regimi, clienti regionali (dall’Arabia Saudita, al Qatar, al Kuwait, ecc.) vengono trascinati come banditi sul terreno della Siria.
Se il processo di pace patrocinato dall’ONU, che avuto inizio da poco, avrà successo nel nuovo anno , per mettere fine al conflitto in Siria, sarà dovuto in gran parte alla campagna militare russa che ha annichilito gli apparati terroristi che operavano per conto del progetto criminale occidentale, mirato al cambio di regime in questo paese.

Fonte: Information Clearing House

Traduzione: Luciano Lago

ARABIA SAUDITA: I NOSTRI AMICI NE AMMAZZANO 47

02/01/2016

Lo Stato canaglia per eccellenza del Medio Oriente, l’ Arabia Saudita, ha iniziato il 2016 esattamente come aveva concluso il 2015: ammazzando gente. 47 esecuzioni capitali per decapitazione o fucilazione in un solo giorno. Il che vuol dire che il secondo giorno dell’ anno il regime wahabita ha già messo a morte un terzo delle persone uccise nel 2015 (157, secondo il calcolo delle diverse organizzazioni umanitarie) e più di metà di quelle uccise nel 2014 (87). La pena di morte, in Arabia Saudita, è sempre meno uno strumento, pure allucinante, della giustizia penale e sempre più uno strumento di controllo sociale, usato senza alcun ritegno dall’ accoppiata re-muftì. Il re Salman al-Saud, sul trono da meno di un anno, e Sheikh Abdul Aziz Alal-Sheikh, gran muftì dal 1999, per il quale parlano certe fatwa: per esempio, nel 2012, l’ invito a distruggere tutte le Chiese cattoliche della penisola arabica e, sempre quell’ anno, la conferma della legittimità del matrimonio coatto per le bambine di 10 anni. Vedremo se la stampa internazionale, domani, parlerà di “svolta storica” per l’ Arabia Saudita, come si precipitò a fare, poco tempo fa, per l’ elezione di 13 donne in una tornata elettorale disertata dagli elettori (25% di affluenza ai seggi) perché coreografica e ininfluente.  Nell’ attesa, molti si sono concentrati sulla messa a morte dello sceicco Nimr al-Nimr, influente esponente della comunità sciita, minoritaria in Arabia Saudita (10-15% della popolazione) ma forte nella provincia del Qatif, affacciata sul Golfo Persico, ricca di riserve petrolifere (produce 500 mila barili al giorno dal 2004) e vicina al Bahrein. Con la Primavera araba del 2011, Nimr al-Nimr era diventato una figura di punta nella contestazione al regime e nella richiesta di maggiori diritti per le minoranze religiose. Gli sciiti del Qatif avevano anche cominciato a chiedere la separazione dall’ Arabia Saudita e l’ annessione al Bahrein, dove gli sciiti sono maggioranza (70% della popolazione) ma soggetti alla monarchia sunnita degli Al Khalifa. Richiesta che aveva fatto scattare la repressione: gli Al Khalifa chiesero l’ intervento dell’ Arabia Saudita che mandò in Bahrein l’ esercito, con tanto di forze corazzate. Morti, feriti, prigionieri politici e torture a seguire, senza alcuno scandalo internazionale. Al contrario, con la benevola approvazione del premio Nobel per la Pace Barack Obama. Mettere a morte Al Nimr, oltre a molti altri personaggi che avevano come colpa soprattutto quella di opporsi agli Al Saud, non vuol dire tanto cercare lo scontro con gli sciiti, perché questo scontro va avanti da secoli e non saranno queste esecuzioni a cambiarne la natura o la radicalità. Vuol dire soprattutto ricordare all’ Occidente che il patto col diavolo dev’ essere rispettato. L’ Occidente che sventola la bandiera della democrazia, e della sua diffusione in Medio Oriente, non deve impicciarsi della penisola arabica, dove pure la democrazia è fatta a pezzi. Le maggioranze controllate da minoranze possono farsi sentire altrove, tipo in Siria. Ed essere anche armate, finanziate, organizzate, sponsorizzate all’ Onu e in ogni dove. Ma non in Bahrein. E l’ Arabia Saudita può fare ciò che vuole: appoggiarsi a una delle versioni dell’ islam più retrive per giustificare la repressione politica, esportare il credo wahabita nel mondo, finanziare quasi tutti i movimenti islamisti più radicali, fomentare guerre civili, intervenire militarmente in altri Paesi, bombardare villaggi e città dello Yemen (quasi 6 mila morti, tra i quali tantissimi bambini, nella guerra contro i ribelli sciiti Houthi), appoggiare gli islamisti in Siria. Per noi va tutto bene. Al momento in cui scrivo, Barack Obama non ha aperto bocca sulle 47 esecuzioni. Forse è meglio così: probabilmente direbbe “l’ Arabia Saudita ha diritto di difendersi”, come se non bastassero i 27 mila soldati Usa sul Golfo Persico, le basi, le imponenti forniture di armi che da due anni fanno proprio dei sauditi i maggiori acquirenti e importatori di armi del mondo (primi, con 20 milioni di abitanti, davanti all’ India, grande come un continente e con 1,3 miliardi di abitanti). Del resto, Obama portò la famiglia e mezzo Governo Usa a piangere ai funerali del re saudita Abdallah, un anno fa, e quindi non c’ è molto da aspettarsi. Nulla dirà anche il presidente francese Hollande, visto che solo due mesi fa il suo premier Manuel Valls andò a Riad e twittò orgoglioso per i 10 miliardi in contratti che riportava a casa, anche sotto forma di vendita di armi. Tacerà anche Matteo Renzi che pure non ama tacere: quando andò a Mosca si precipitò a portare fiori sul ponte dov’ era stato ucciso Boris Nemtzov, oppositore di Vladimir Putin. Dubito che farà lo stesso gesto per Al Nimr:  anche Renzi è stato da poco in Arabia Saudita, anche lui ha firmato contratti, ha dispensato sorrisi ed è tornato a casa. In silenzio.     

Le combattenti curde cantano Bella Ciao

http://www.videosenzacensura.info/hacker-gary-ecco-i-video-trafugati-30885/

Dal canto dei partigiani a sogno di libertà delle combattenti curde a Kobane.
 
venerdì 1 gennaio 2016 19:54
bella ciao
 

Quanta strada ha fatto questo canto di libertà! Dalle risaie piemontesi al ricordo di Vittorio Arrigoni durante l’ultimo addio, dal canto dei partigiani a sogno di libertà delle combattenti curde a Kobane. Il canto popolare italiano lo conoscono tutti in tutto il mondo. Bella ciao rappresenta ovunque un canto di dignità e libertà per qualsiasi popolo oppresso.

Checco Zalone incontra i notav in Quo Vado (video)

mediapost — 4 gennaio 2016 at 15:55

Un veloce passaggio con delle bellissime immagini della Val di Susa, dellaSacra di San Michele, simbolo del Piemonte e una pittoresca descrizione dei no tav. Due anziani pastori che si vedono arrivare alle porte di casa un giovane e sprovveduto impiegato statale con un decreto di esproprio e che prontamente rispondono di no “l’alta velocità qui non la vogliamo!”. Tutto molto romanzato, sia la visione idilliaca del territorio che della lotta no tav stessa. Un’immagine di un’Italia o di una valle che tutti vorremmo, sole, natura, rapporti umani, un bel lieto fine. Purtroppo la realtà ci spiazza ogni giorno, con la sua durezza e la sua difficoltà, nella lotta e nello scontro sempre duro e difficile contro un mondo o meglio un modo di pensare al mondo come ad un oggetto da consumare.

Ci resta il sorriso dopo aver visto questo film, critico, ironico, che guarda però in avanti con un bel lieto fine dove il mondo e le persone trovano la forza di ripensarsi. Non sarà un film da oscar e forse neanche da festival del cinema ma se dobbiamo essere sinceri neanche i no tav lo sono. Non sappiamo le intenzioni degli autori, non sappiamo il loro pensiero riguardo a questa lotta ma come dicevamo, a noi resta un sorriso nel vedere i no tav al cinema, e vedere un Checco Zalone, notav a modo suo.

E allora visto che ci siamo con cortesia ringraziamo.

zalone

Caccia, blindati, droni, missili: così Putin sta riarmando la Russia

 – Lun, 04/01/2016 – 15:41

Vladimir Putin riarma la Russia. Tra le priorità del Cremlino, illustrato dallo stesso presidente russo a dicembre, c’è lo sviluppo delle forze armate del paese.

“Un’attenzione particolare – ha spiegato Putin – va rivolta al consolidamento del potenziale bellico delle forze nucleari strategiche, alla realizzazione dei programmi spaziali difensivi, all’aumento dell’efficienza dei sistemi per l’avvistamento di attacchi missilistici e per la difesa aerospaziale”.

Nell’arco dei prossimi dodici mesi, scrive in una analisi il quotidiano Gazeta, saranno resi operativi in seno alle Forze missilistiche strategiche del paese cinque battaglioni missilistici armati con complessi Yars e Yars-M, mentre alle unità aeree delle forze nuclearistrategiche verranno consegnati bombardieri strategici ammodernati: due Tu-160 e sette Tu-95ÐœS. “In tutto – spiegano fonti vicine alla Difesa – le Forze aerospaziali della Federazione Russa riceveranno in dotazione nel 2016 oltre 200 velivoli ed elicotteri”. Nel 2016 verranno anche ultimati i test del nuovo caccia stealth di quinta generazione Т-50, progettato per assolvere a funzioni di superiorità aerea e di attacco. Inizialmente il programma del nuovo velivolo prevedeva le prime consegne alle forze armate russe già entro il 2016, ma la crisi economica e le modifiche apportate al progetto hanno spostato la data indicativa dell’entrata in servizio di circa un anno.

Sempre nel 2016 inizieranno le consegne dei veicoli corazzati Armata, caratterizzati dalla presenza di una capsula universale blindata che ospiterà l’equipaggio equipaggiabile con diverse configurazioni per l’attacco, il trasporto di truppe e altre funzioni. Il prezzo unitario del carro armato Т-14 sarà di ben 350 milioni di rubli. Per questa ragione le consegne avverranno alla spicciolata. Quest’anno saranno, poi, avviate le forniture di nuovi mezzi bellici pre le truppe russe: veicoli da combattimento della fanteria Kurganets-25 e veicoli da trasporto corazzato Bumerang. E, infine, nell’arco di quest’anno sarà ultimato lo sviluppo del nuovo sistema missilistico contraereo a media gittata S-350Е Vityaz, dotabile di missili a medio e corto raggio.

“Negli ultimi cinque anni – spiega Denis Fedutinov, esperto nel settore degli aeromobili a pilotaggio remoto – i droni in dotazione alle forze armate russe siano decuplicati”. Secondo l’analista, si tratta soprattutto dei droni leggeri per la ricognizione costruiti dalle aziende russe, di cui il modello più diffuso è l’Оrlan-10. “Per il momento le forze armate russe, a differenza di quelle degli Stati Uniti e di altri Stati, non dispongono di droni da combattimento medi e pesanti – conclude Fedutinov – ome droni tattici vengono impiegati soprattutto gli aeromobili Forpost, assemblati in Russia su licenza israeliana”.