Marcello Foa: I sauditi rischiano di fallire, per questo cercano la guerra

05/01/2016

E’ fuor di dubbio che sia di Riad la responsabilità della gravissima crisi con l’Iran. Quando si annuncia l’esecuzione in un sol giorno di 47 persone, quasi tutte sciite, tra cui un imam reo soltanto di aver promosso una manifestazione di protesta quando aveva 19 anni, non sono necessarie analisi sofisticate per capire che si tratta di una provocazione deliberata. Ma a quali fini?
Facciamo un passo indietro. L’Arabia saudita è da sempre in cima alla lista nera dei Paesi che violano i diritti umani, ma ha sempre beneficiato di uno statuto speciale da parte degli Stati Uniti e di conseguenza dei loro alleati. La ragione la conosciamo tutti: è il principale produttore di petrolio al mondo. Ed è più che valida per indurre Washington a chiudere per quarant’anni entrambi gli occhi.
Negli ultimi due anni, però, il quadro è cambiato. Lo sfruttamento del cosiddetto shale oil, l’olio di scisto, di cui l’America è ricca, ha reso meno importante il regime saudita. I prezzi del greggio hanno iniziato a scendere e Riad ha reagito tentando il tutto per tutto: siccome i giacimenti di shale oil sono redditizi solo oltre un certo prezzo al barile, il regime saudita anziché tentare di contrastare la caduta dei prezzi con il taglio della produzione, come sarebbe stato logico, ha percorso la via inversa: l’ha aumentata nella speranza di far fallire i produttori americani. Scommessa in buona parte persa per ragioni mai esplicitate ufficialmente ma che sono facilmente intuibili: quello dell’olio di scisto, sebbene molto inquinante, ha un valore strategico per il governo degli Stati Uniti che ha fatto e farà di tutto per non vanificarlo.
A tremare finanziariamente, invece, ora è proprio Riad, dove quest’anno è esploso il deficit pubblico e che vede compromessa a medio termine la propria stabilità economica. Un gigante che appariva incrollabile ora scopre di essere strutturalmente fragile e teme per il proprio avvenire.
L’Iran cosa c’entra? C’entra, c’entra. Perché i sauditi sono sunniti e loro sciiti in un dissenso paragonabile, per intenderci, a quello che a lungo ha opposto cattolici e protestanti in Europa. Ma soprattutto perché l’Iran proprio quest’anno è stato sdoganato dagli Stati Uniti, grazie allo storico accordo sul nucleare.
Quegli Usa che, però, assieme ai sauditi, ai turchi e agli Emirati fino a ieri hanno armato e finanziato l’Isis nel tentativo di rovesciare Assad ovvero il leader di un Paese da sempre amico proprio di Teheran. La fine delle sanzioni ha peraltro spinto ulteriormente al ribasso il prezzo del petrolio, accentuando le difficoltà dell’Arabia Saudita. Aggiungete il fatto che Riad ha speso cifre enormi in armamenti e la criticità della situazione apparirà evidente.
Riad sta fallendo su tutti i fronti. L’offensiva lanciata nello Yemen contro gruppi sciiti vicini a Teheran e che ha provocato una guerra terribile ignorata dall’Occidente, non ha dato i risultati sperati. Da quando Putin ha cominciato a bombardare massicciamente, l’Isis ha perso terreno e tutti hanno capito che Assad resterà al potere ancora a lungo. E’ così svanito il sogno dei sauditi di creare uno Stato Islamico a nord (nell’area tra Siria e Iraq), che avrebbe dovuto chiudere a tenaglia l’Iran. La Russia appare più forte, l’America, in un anno elettorale, più debole mentre il prezzo del petrolio continua calare.
I governanti della Casa Regnante non brillano certo per acume strategico: per quanto ricchi restano dai capi tribali imbevuti di fanatismo religioso. Il timore è che abbiano scelto la via peggiore per tentare di uscire dai guai: quella di approfittare della propria supremazia militare per provocare una guerra con l’Iran che faccia salire il prezzo del petrolio e che si concluda con il dominio sunnita anche a Teheran e, di conseguenza, a Bagdad. Un delirio, che pone l’Occidente di fronte alle proprie responsabilità storiche. Un delirio da fermare ad ogni costo.

Marcello Foa

Educazione Civica una nuova sezione di Tgvallesusa

Una nuova sezione arricchisce Tgvallesusa. Dedichiamo all’Educazione Civica uno spazio per studi e analisi per comprendere la realtà nella quale viviamo

 di Redazione.

Con decreto del presidente della Repubblica 13-VI-1958, n. 585, il corso di storia negli Istituti e Scuole di istruzione secondaria e artistica è stato integrato con un insegnamento definito di “”. Il programma […] comprende sia le essenziali nozioni relative all’ordinamento dello Stato italiano, sia i fondamentali problemi della  moderna, quali i diritti e i doveri civici del cittadino, il soddisfacimento dei bisogni individuali e collettivi, la solidarietà sociale, le previdenze obbligatorie e la tutela dei lavoratori, i pubblicci servizi, la rappresentanza  e i rapporti tra cittadino e stato.

Il programma […] intende impartire agli studenti del primo biennio della scuola Secondaria Superiore le nozioni che nessun cittadino dovrebbe ignorare, essendo queste “vissute” da ciascuno di noi quale membro operante della società statale; tanto meno possono ignorarle coloro che si apprestano, attraverso un lungo e diffuso curriculum di studi, a formare la classe dirigente di domani.

Questa non è la prefazione di un libro di fantascienza, come si potrebbe oggi facilmente pensare, bensì una parte dell’introduzione di un libro ingiallito nella mia biblioteca risalente all’edizione Paravia del 1959 dal titolo “Individuo e Società – elementi di educazione civica” curato da Giorgio Cansacchi (il grassetto è nostro).

Questo volumetto di circa 140 pagine forniva le nozioni basilari per conoscere lo Stato e la società di cui si fa parte. Descriveva la Carta Costituzionale, l’ordinamento dello Stato italiano, la formazione delle , i rapporti tra Stato e Cittadino, i problemi della solidarietà sociale, del  e della sua tutela, i diritti e i doveri della vita associata.

Un vero peccato che questo insegnamento si sia “perso” nel corso delle varie riforme scolastiche, relegando la materia in corsi specifici delle Università. D’altro canto le conseguenze sono palesi. L’ignoranza (proprio nel senso di ignorare) i fondamenti dei principi cui si basa la nostra  è palese; così come la necessaria conseguenza di un popolo continuamente martoriato da politicanti di turno vivendo ignaro dei propri “diritti” e dei propri “doveri”.

Il riformismo bislacco dilagante gode e usa questa ignoranza e ben si adopera per mantenerla viva. Assistiamo da tempo a un attacco feroce nei confronti della nostra Carta Costituzionale (la Costituzione più bella del mondo… ricordate?). In un futuro non molto lontano saremo condotti a esprimere con un referendum il nostro consenso o il nostro diniego alle Riforme che ci vengono propinate da una classe politica assolutamente inadeguata a un compito così delicato. Cosa faremo? Cosa sceglieremo? Ma, sopratutto, cosa saremo in grado di capire e cosa comprendiamo adesso delle chiacchiere che inondano i mezzi di dis-informazione di massa?

Nel nostro piccolo gettiamo nello stagno un contributo aprendo una sezione dedicata all’educazione civica; a ciò che dovremmo conoscere per deliberare (come diceva Einaudi) con coscienza e consapevolmente. Lo faremo con l’ausilio di esperti. Con interviste e raccolte di documentazioni da loro prodotti; con bibliografie e sitografie di riferimento. Tratteremo gli argomenti di cui è bene aver cognizione per capire il mondo politico, economico, sociale nel quale siamo immersi. Ovviamente le analisi proposte saranno in controtendenza rispetto alle “verità” ufficiali. Quelle le potete trovare ovunque.

Sperando che questo lavoro sia gradito e consenta maggior consapevolezza civica e civile a voi e a chi vi sta vicino, vi auguriamo buona lettura.

La Costituzione economica – scheda 1

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Quali sono i fondamenti dell’economia previsti dalla nostra Carta Costituzionale? Quali criteri, quali diritti/doveri sono previsti e perché? Scopriamolo.

Iniziamo il percorso della sezione di “” con una serie di schede preparate dall’avv.  [*] per .it intitolate “La ”.

Nell’epoca delle riforme sul mondo del  che distruggono i  dei lavoratori, comprimono i salari e mercificano le professionalità, in nome di un iperliberismo economico internazionale di cui l’Unione Europea si fa sempre più strumento, l’avvocato Pecchioli ci riporta ai fondamenti dei principi economici e sociali che hanno ispirato i padri Costituenti. Gli articoli che riguardano direttamente l’ e il mondo del lavoro vengono esaminati dall’autore alla luce dei principi generali messi a fondamento della carta costituzionale e con un’analisi del dibattito politico avvenuto in fase costituente. Buona lettura.

Troppo spesso sentiamo dire che la nostra Carta suprema è sorpassata, che non è adeguata alla globalizzazione ed ai principi economici imperanti. Chi lo dice spesso ha l’interesse a che gli italiani, pensando che sia ormai superata, non vadano neanche a vedere che cosa dice la Costituzione in materia di lavoro, salari, imprenditoria, welfare, in maniera da non porsi delle domande e soprattutto non confrontare il sistema economico disegnato dai trattati europei con quello voluto dai nostri Costituenti.

Poiché, come già è stato detto, la conoscenza rende liberi e solo la conoscenza permette di compiere delle scelte ragionate, noi di S.E. riteniamo che tutti abbiano il diritto di sapere cosa prevede per l’economia la nostra Costituzione e pertanto pubblicheremo delle schede semplici, cercando di evitare inutili tecnicismi giuridici e quindi comprensibili anche ai profani, che illustrino il sistema socio-economico pensato e voluto per l’Italia.
Speriamo che questa iniziativa incontri il vostro favore e che la lettura di queste schede stimoli riflessioni, approfondimenti ed anche discussioni che saremo lietissimi di ospitare ed a cui cercheremo di dare il nostro contributo.

Inizia oggi il nostro percorso all’interno della Costituzione economica, un viaggio in cui vedremo di esaminare articolo per articolo il sistema economico-sociale tratteggiato dai nostri costituenti, in cui si cercherà di comprendere le motivazioni ed il significato delle norme che regolano l’attività economica dei cittadini. Questo viaggio non può però essere intrapreso se prima non capiamo cosa si intende per Costituzione economica.

Dal punto di vista meramente formale si definisce “Costituzione economica” quell’insieme di norme raggruppate sotto il titolo III “rapporti economici” e che vanno dall’art. 35 all’art. 47: qui sono regolati i diritti dei lavoratori, dei proprietari, degli imprenditori e dei risparmiatori. Poiché però la Costituzione è un corpo unico e inscindibile per comprendere appieno il contenuto di quegli articoli dovremo fare riferimento anche ad altre norme della Costituzione, soprattutto quelle della parte detta “principi fondamentali” che vanno dall’art. 1 all’art. 12.

Dal punto di vista sostanziale la Costituzione economica è però qualcosa di più: la si può definire il programma filosofico che esplicita quale tipo di società volevano creare i nostri costituenti, quale priorità essi avevano in mente ed hanno fissato e quale finalità conseguentemente il nostro Stato è tenuto a perseguire per non tradire lo spirito della Carta. Se non capiamo prima questo aspetto non potremo mai comprendere pienamente le singole norme.
Questo programma filosofico è stato il frutto della sintesi di due correnti di pensiero economico: quello liberista e quello socialista. Il modello liberista, che dominava fino ai primi del ‘900, era caratterizzato dall’autonomia, riconosciuta dallo Stato, ai soggetti della società civile: la proprietà dei mezzi di produzione doveva essere privata e l’iniziativa economica doveva essere lasciata libera: ciò comportava che l’autonomia negoziale era riconosciuta e tutelata, anche in materia di lavoro. Tutto ciò in funzione di un mercato lasciato libero di produrre, di concorrere e di distribuire la ricchezza prodotta con l’attività economica, senza che lo Stato potesse intervenire per mitigarne gli squilibri, ma al limite garantire la concorrenza, reprimendo la formazione di monopoli, confidando che il mercato stesso sapesse auto-regolamentarsi.

Lo Stato quindi non doveva intervenire se non marginalmente nella fase della produzione e non doveva avere imprese proprie. Lo Stato infine era garante di una moneta stabile e nell’ambito di una sua neutralità nel mercato per evitare distorsioni con il suo intervento doveva perseguire il pareggio di bilancio. (suona familiare?)
Dopo la grande crisi del 1929, che aveva dimostrato l’incapacità del mercato di auto-regolamentarsi efficacemente, il modello liberista, che aveva mostrato i suoi limiti, aveva dovuto fronteggiare l’avanzata del modello socialista, che vedeva nello Stato non più un arbitro del mercato, ma il principale componente attivo, con pieni poteri regolatori e repressivi, uno Stato proprietario di imprese che gestisce il mercato, attraverso una pianificazione generale dell’economia e che concede il potere imprenditoriale al privato, che non è generalmente proprietario dei mezzi di produzione, al fine di perseguire un’allocazione della ricchezza considerata più equa.

La nostra Costituzione opera una sintesi fra questi due modelli estremi, costruendo un sistema che può essere definito di impianto keynesiano, ovvero un capitalismo social-democratico che ha come base la ricerca della piena occupazione e la partecipazione dei lavoratori alla gestione della produzione, attraverso una regolamentazione considerata necessaria del mercato, che agisce sì liberamente, ma all’interno e con il rispetto delle finalità poste dallo Stato all’azione economica. In questo sistema il privato è proprietario dei mezzi di produzione e del reddito prodotto, ma le ragioni del profitto trovano il limite della necessità dello sviluppo sociale. Lo Stato può riservarsi alcune attività considerate strategiche ed agire comunque nel mercato per perseguire l’interesse generale.

Vale la pena di riportare qui qualche considerazione espressa in sede costituente: premetto già che i lavori dell’Assemblea costituente saranno per quanto possibile da me riportate nei commenti ai singoli articoli, sia per mostrare il livello del dibattito che si svolgeva allora, ben lontano da quello attuale, sia perché risultano indispensabili per comprendere appieno quanto poi trasfuso nella Costituzione:

(Bruno Corbi) osserva che taluno si inalbera e protesta ogni qual volta sente parlare di ordine, di coordinamento, di controllo, di pianificazione economica, ancora sollecito nell’esaltare la concezione individualistica del liberismo economico; il che in ultima analisi altro non è che un tentativo di giustificare e difendere, con formule dottrinarie, l’egoismo dei privilegiati.

(Giuseppe Dossetti) ritiene che un controllo sociale della vita economica, da realizzarsi attraverso certe strutture che dovranno essere più analiticamente esaminate, sia una necessità assoluta alla quale non ci si possa in alcuna maniera sottrarre, una necessità imposta dalla vita.

(Giorgio La Pirarileva che, data l’attuale situazione di fatto, nella quale esistono larghe crisi periodiche di disoccupazione mentre non è attuata una effettiva e consapevole partecipazione della massa lavoratrice al meccanismo produttivo, sorge il problema: l’ordinamento economico liberale, che ha creato questi due fatti, ha una virtù interna tale da poterli superare? La risposta non può essere che negativa.

Anche un liberista come Roberto Lucifero D’Aprigliano concorda nella necessità di un superamento della concezione liberista classica, affermando:

Quanto all’affermazione dell’onorevole La Pira circa l’economia liberale, tiene subito a fare una distinzione fra vecchio e nuovo liberalismo, rilevando che quest’ultimo accetta le concezioni di nazionalizzazione, di controllo e di coordinamento dello Stato che non appartengono certo al vecchio liberalismo

La sintesi più lucida la compie Aldo Moro:

è effettivamente insostenibile la concezione liberale in materia economica, in quanto vi è necessità di un controllo in funzione dell’ordinamento più completo dell’economia mondiale, anche e soprattutto per raggiungere il maggiore benessere possibileQuando si dice controllo della economia, non si intende però che lo Stato debba essere gestore di tutte le attività economiche, ma ci si riferisce allo Stato nella complessità dei suoi poteri e quindi in gran parte allo Stato che non esclude le iniziative individuali, ma le coordina, le disciplina e le orienta.

Nella prossima scheda e quindi con l’analisi del primo articolo della parte economica della Costituzione cominceremo a vedere il frutto di questa sintesi.

di Luigi Pecchioli per Scenarieconomici.it

[*] Avv. Luigi Pecchioli Membro del comitato scientifico di Riscossa Italiana. Socio di A/simmetrie. Blogger di Democrazia e Sovranità. Blogger di Scenari Economici. Avvocato.

Angelina Romano: fine di una brigantessa

Castellammare del Golfo (TP), 3 gennaio 1862, Romano Angelina, di anni 9, fucilata, accusata di ‘brigantaggio, la storia che non si studia sui banchi di scuola.

di Daniela Giuffrida.

Castellammare del Golfo (TP), 3 gennaio 1862, Romano Angelina, di anni 9, fucilata, accusata di ‘”, questo quanto risulta dall’Archivio Storico Militare, questo e tanto altro ancora la “storia ufficiale”, quella che si studia sui banchi di scuola, non ha mai raccontato

Ricorreva lo scorso 3 gennaio il 154° anniversario dell’esecuzione della piccola Angelina Romano. Ricordare un crimine di stato compiuto così tanti anni fa forse non ha molto senso ma la storia è “eterna” e questa sanguina ancora. A quanti non sanno o hanno dimenticato, è bene ricordare che l”annessione” della  all’Italia, non fu il frutto di una innocente passeggiata che il regio esercito sabaudo decise un giorno di fare nel meridione della penisola e in . Costò tanto sangue e tante vittime innocenti; tanti “briganti” persero la vita: Angelina Romano fu una di queste.

Ma chi era Angelina Romano?

Correva l’anno 1861 ed era il 17 marzo quando ebbe inizio la storia dell’Italia unita, quel giorno il neonato Parlamento Italiano aprì i suoi lavori con la proclamazione del Regno d’Italia, in seguito a questa, la penisola venne riunita in un unico stato sovrano “autonomo ed indipendente” ed il re di Sardegna, Vittorio Emanuele II di Savoia, assunse il titolo di re d’Italia. Ma in realtà si era ancora molto lontani dalla vera “unità” del paese.

Lo sbarco dei Mille non era passato indenne dalle terre siciliane e dalle altre meridionali, ovunque erano state seminate morti e distruzioni. La storia ufficiale narra di civili siciliani morti negli scontri con le milizie borboniche a fianco dei soldati garibaldini, la contro-storia parla di massacri compiuti dai garibaldini a danno della popolazione inerme, certo è che l’annessione alle regioni centrali e settentrionali del Regno delle Due Sicilie costò molte vittime a tutti i protagonisti in campo e che disordini e rivolte non cessarono per lungo tempo.

Il periodo storico, dunque, era quello che era: tanta povertà in giro e tanto bisogno di braccia da lavoro nei campi, sicché, quando all’alba del Regno d’ Italia, vennero varate le leggi sulla leva obbligatoria che portarono via migliaia di braccia all’agricoltura, il malcontento popolare crebbe ancora.

Già a maggio del 1861, il nuovo stato unitario, pressato dall’esigenza di garantire la propria “difesa”, aveva deciso di arruolare un gran numero di uomini da addestrare, nel minor tempo possibile. Così, prendendo a modello il servizio di leva vigente in Prussia, fu indetta  una sorta di “coscrizione generale”. In poco più di un anno, a partire dal maggio del 1861 e fino al luglio del 1862,furono emanate una serie di norme che “obbligarono” alla leva tutti i giovani nati nel 1840 e qualche mese dopo anche quelli nati nel 1842. La leva, inizialmente, sarebbe durata 6 anni ed i primi ad essere “obbligati” furono oltre 56.000 giovani residenti nei territori dell’ex Regno delle due Sicilie.

I fatti che coinvolgono la piccola Angelina risalgono proprio ai primi giorni del 1862.

Il primo giorno dell’anno, la popolazione di Castellammare del Golfo, in provincia di Trapani, era scesa in piazza al grido “abbasso la leva a morte i cutrara“, la protesta era proprio contro la leva obbligatoria imposta dal ,cutrara erano i ricchi, coloro che potevano pagare la loro esenzione alla leva.

Il 2 gennaio 450 giovani siciliani assaltano la sede del Commissariato di Leva e dentro trovano anche il Comandante della Guardia Nazionale, Francesco Borroso. Arrivano, in tutta fretta, i Bersaglieri, un battaglione intero inviato da Palermo, i giovani scappano e si disperdono tutti nelle campagne e sulle pendici dei monti circostanti, ma i militari trovano sei di loro che avevano trovato rifugio in un casolare di contrada Falconiera e li catturano.

Mariano Crociata di 30 anni, Marco Randisi di 45, Anna Catalano di 50, Antonio Corona di 70 e Angelo Calamia di 70 e il Parroco del paese, Don Benedetto Palermo di 43 anni. Tutti e sei, in virtù dei poteri dovuti alla proclamazione dello Stato di Assedio, vengono passati per le armi, prete compreso, sono accusati di essere “LEALISTI”, così vengono definiti coloro i quali hanno rapporti di connivenza con i “briganti”. Il 3 gennaio i sei lealisti vengono fucilati nella piazza di Castellammare del Golfo per ordine del generale sabaudo Pietro Quintino.

Alla fine dell’esecuzione, nel silenzio della strage appena compiuta, si sentono i pianti di una bambina che aveva assistito alla fucilazione. Angelina Romano è una bambina siciliana, una di quelle bambine che, al tempo di cui raccontiamo, vivevano scalze in un paesino del trapanese: occhi scuri, capelli neri, un faccino pulito come può essere quello di una bambina di poco più di 8 anni. Lei aveva visto tutto, nascosta dietro un angolo, aveva visto tutto e non era riuscita a tacere il suo sconforto, la sua paura. Viene presa facilmente Angelina, che resistenza può opporre una bambina così piccina alla legge degli uomini forti?

La forza di quegli “uomini forti” si esprime nei suoi confronti e sentenzia: “Chiunque verrà incontrato per le vie interne o per le campagne con provvigioni alimentari superiori ai propri bisogni o con munizioni di fuoco per ingiustificato uso, sarà fucilato“. Questo cita l’articolo 3 di un editto speciale creato proprio per “reprimere” la resistenza dei lealisti borbonici ed Angelina doveva davvero essere un pericolosissima brigantessa, per essere messa al muro, con il faccino ancora bagnato di pianto e “giustiziata”.

(D.G. 05.01.16)

Anabolizzanti illegali negli armadietti del reparto “celere” di Torino. Il giudice assolve

Anabolizzanti illegali negli armadietti del reparto “celere” di Torino. Il giudice assolve
settembre 19 2014
 
Dentro i loro armadietti erano state ritrovate delle sostanze anabolizzanti. Ma oggi vengono assolti. Quattro poliziotti del reparto mobile di Torino, quello che un tempo veniva chiamate celere, sono stati assolti dall’accusa di ricettazione di sostanze anabolizzanti. La vicenda risale al 2010 e vedeva coinvolti 31 agenti che già dalle prime battute del procedimento avevano deciso di pattegiare ammettendo la colpa. 

L’inchiesta, coordinata dal pubblico ministero Gianfranco Colace, aveva fatto emergere che negli armadietti della palestra del reparto mobile del capoluogo piemontese, fossero presenti queste sotanze illegali. Oggi il giudice Paola Meroni ha assolto quattro poliziotti ancora sotto processo perché il fatto “non costituisce reato”. Ma la domanda che viene in mente, al di là della provenienza delle sostanze, è dell’utilizzo che ne veniva fatto dagli agenti di un reparto utilizzato per ordine pubblico, dallo stadio alle manifestazioni. 
Le risposte a queste domande rimangono aperte ad ogni pista.

DANIEL IBANEZ: FERMARE IL CANTIERE SI PUO’, SI DEVE!

https://www.facebook.com/PresidioEuropa/photos/a.344069065669313.77023.314929588583261/935997899809757/?type=3&theater

Grazie per riflettere un momento alla fine d’anno

Si può fermare un cantiere che è avviato? 

E’ la questione che ci si è molto spesso posti.
La risposta è “evidentemente”.

Si potrebbe anche porsi la questione di sapere se un alcoolista può fermarsi, se un fumatore può fermarsi.
Si deve continuare una follia proprio perché si sa che lo è? Si deve continuare proprio perché si è nel diritto di dubitare che è forse una follia? La risposta è definitivamente SI’.
A Sivens, c’è voluta la morte di Rémi Fraisse perché fosse sospesa l’opera e che finalmente, coloro che hanno chiesto una repressione molto ferma, (che ha portato i gendarmi a credersi autorizzati a
ferire, a gettare una granata in un caravan e alla fine a essere all’origine della morte di Rémi Fraisse col lancio d’una granata offensiva), segnano oggi l’annullamento di quest’opera :

“Midi-Pyrénées Le projet initial du barrage de Sivens définitivement abandonné

http://france3-regions.francetvinfo.fr/midi-pyrenees/le-projet-de-barrage-de-sivens-definitivement-abandonne-892219.html)

Nel caso del dossier Lyon Turin, si è oggi dimostrato che quest’opera è inutile poiché la linea esistente permette di trasportare le merci tra la Francia e l’Italia, perché il raddoppio delle linee tra Annecy e Aix les Bains permette di raggiungere Annecy in tre ore da Parigi migliorando i trasporti quotidiani, perché il raddoppio della linea St André le Gaz-Chambéry permette di triplicare il numero di treni tra quelli prima dei paesi savoiardi e Chambéry migliorando anche il tempo di percorrenza e permettendo un Lyon Turin più rapido anche per i viaggiatori perché 4 ore invece di 7 ore è falso e menzoniero….
E’ dimostrato che quest’opera è imposta e che le inchieste pubbliche non sono state che mascheramenti dell’accordo Besson/Chirac contro il parere degli studi che dimostrano l’inutilità di quest’opera, come L Besson dichiara nel documentario di France 3: 

“4-NOV-2015 Pièces à conviction Lyon Turin autopsie d’un scandale annoncé https://vimeo.com/144990637)

E’ dimostrato che quest’opera è teatro di numerosi conflitti d’interesse e che i suoi partigiani non provano alcun imbarazzo, come dimostra la decisione del consiglio costituzionale del 22 dicembre 2015 all’incontro con Michel Bouvard : http://www.conseil-constitutionnel.fr/conseil-constitutionnel/francais/les-decisions/acces-par-date/decisions-depuis-1959/2015/2015-33-i/decision-n-2015-33-i-du-22-decembre-2015.146714.html?platform=hootsuite

Come lo dimostro nel mio libro “Les Réseaux déraillent” (Le reti deragliano”)
http://timbuctueditions.fr/index.php?post/44/A-para%C3%AEtre-%3A-Lyon-Turin%2C-Les-r%C3%A9seaux-d%C3%A9raillent-de-Daniel-Ibanez

con Michel Destot, Michel Bouvard, il prefetto della Savoia, il presidente della FNAUT, Philippe Duron, l’IGD…
E’ dimostrato che quest’opera è un’opera del Partenariato Pubblico Privato dall’inizio, è un’opera che distrugge lo statuto dei ferrovieri attraverso lo sfruttamento privato.
E’ dimostrato che quest’opera è perdita per il pubblico e i profitti per il privato come per il dossier Perpignan/Figueras e Tours/Bourdeaux….
Vi invito dunque a indignarvi e a ribellarvi contro l’utilizzazione del denaro pubblico per interessi poco confessabili, contro l’interesse generale
.

E’ stato speso più d’un miliardo negli studi che in ogni modo non sarebbero stati persi se la situazione potesse cambiare, ma su 114 kilometri di tunnel di base non è stato scavato niente. 
Allora, si continua o ci si ferma ? Si fa qualcosa o si lascia fare?
C’è l’urgenza di utilizzare le linee esistenti e raddoppiarle come mostra questo documentario:
https://vimeo.com/146497489 

Il trasporto ferroviario di merci è in declino da molti anni. E continuerà. Gli abitanti delle Alpi subiscono l’inquinamento dei trasporti, è possibile cambiare, la soluzione risiede in nuove infrastrutture , questo documentario da delle chiaviper rispondere.

In questa fine d’anno, prendetevi del tempo per riguardare e ribellarvi
Vi auguro la migliore fine d’anno possibile con gli auguri per il 2016.
Daniel Ibanez 27 Dicembre 2015
(grazie a Silvia Garbelli per la traduzione)

 

Da:      daniel ibanez (daniel.ibanez@framex.org).

Data invio:     domenica 27 dicembre 2015 11:40:46

A:        ct-savoie@listes.rassemblement2015.fr

Merci de prendre un moment en fin d’année

Peut-on arrêter un chantier qui a démarré?

C’est la question qui nous est très souvent posée.

La réponse est “évidemment”.

On pourrait aussi poser la question de savoir si un alcoolique peut s’arrêter, si un fumeur peut s’arrêter.

Doit-on poursuivre une folie lorsque l’on sait que c’en est une?

Doit-on poursuivre lorsque l’on est en droit de douter que c’est peut être une folie?

La réponse est définitivement OUI.

A Sivens, il a fallu la mort de Rémi Fraisse pour que soit suspendu le projet et que finalement, les ceux qui ont demandé une répression la plus ferme, (qui a conduit les gendarmes à se croire autorisés à blesser, à jeter une grenade dans une caravane et finalement à être à l’origine de la mort de Rémi Fraisse par le jet d’une grenade offensive), signent aujourd’hui l’annulation de ce projet:

http://france3-regions.francetvinfo.fr/midi-pyrenees/le-projet-de-barrage-de-sivens-definitivement-abandonne-892219.html

Dans le cas du dossier Lyon Turin, il est aujourd’hui démontré que ce projet est inutile puisque la voie existante permet de transporter les marchandises entre la France et l’Italie, parce que le doublement des voies entre Annecy et Aix les Bains permet de ramener Annecy à trois heures de Paris en améliorant les transports du quotidien, parce que le doublement de la voie St André le Gaz Chambéry permet de tripler le nombre de trains entre avant pays savoyard et Chambéry en améliorant le temps de parcours aussi et en permettant un Lyon Turin

plus rapide aussi pour les voyageurs

Parce que 4 heures au lieu de 7 heures est faux et mensonger….

Il est démontré que ce projet est imposé et que les enquêtes publiques n’ont été que les habillages de l’accord Besson/Chirac contre l’avis des études démontrant l’inutilité de ce projet comme L Besson le déclare dans le documentaire de France 3

4-NOV-2015 Pièces à conviction Lyon Turin autopsie d’un scandale annoncé https://vimeo.com/144990637

(https://www.youtube.com/watch?v=sxEm2OE6Fps non c’è più)

Il est démontré que ce projet est le théâtre de nombreux conflits d’intérêts et que ses partisans ne s’embarrassent pas comme le montre la décision du conseil constitutionnel daté du 22 décembre 2015 à l’encontre de Michel Bouvard

Décision n° 2015-33 I du 22 décembre 2015

http://www.conseil-constitutionnel.fr/conseil-constitutionnel/francais/les-decisions/acces-par-date/decisions-depuis-1959/2015/2015-33-i/decision-n-2015-33-i-du-22-decembre-2015.146714.html?platform=hootsuite

Comme je le démontre dans mon livre “Les “Réseaux” déraillent”

avec Michel Destot, Michel Bouvard, le préfet de Savoie, le président de la FNAUT, Philippe Duron, l’IGD…

http://timbuctueditions.fr/index.php?post/44/A-para%C3%AEtre-%3A-Lyon-Turin%2C-Les-r%C3%A9seaux-d%C3%A9raillent-de-Daniel-Ibanez

Il est démontré que ce projet est un projet de Partenariat Public Privé depuis le début, c’est un projet qui détruit le statut des cheminots par l’exploitation privée.

Il est démontré que ce projet c’est les pertes pour le public et les profits pour le privé comme pour le dossier Perpignan/Figueras et Tours/Bourdeaux….

Je vous invite donc à vous indigner et vous insurger contre l’utilisation de l’argent public pour des intérêts peu avouables, contre l’intérêt général.

Oui il a été dépensé plus d’un milliard dans les études qui de toute façon ne seraient pas perdues si la situation venait à changer, mais sur 114 kilomètres de tunnel de base rien n’a été creusé.

Alors on continue ou on arrête? On fait quelque chose ou on laisse faire?

Il y a urgence à utiliser les voies existantes et les doubler comme le montre ce documentaire:

COP 21, Des trains de marchandises si nécessaire from Réseau agriculture FRAPNA

https://vimeo.com/146497489

Le fret ferroviaire ne fait que régresser depuis de longues années. Pourtant d’autres y arrivent. Les habitants des Alpes subissent la pollution des transports, est-il possible de charger la donne, la solution réside-t-elle dans de nouvelles infrastructures, ce documentaires donnes des clés pour répondre.

En cette fin d’année, prenez votre temps pour regarder et vous insurger

Je vous souhaite la meilleure fin d’année possible avec des vœux pour 2016.

Daniel Ibanez