I fatti d’Egitto, risultato della politica estera degli USA in Medio Oriente

Gennadij Andreevich Zjuganov – KPRF

 Gennady Andreyevich, nei giorni scorsi l’attenzione del mondo si è concentrata sugli eventi in Egitto, dove è in atto un sanguinoso scontro tra l’esercito e il movimento dei “Fratelli Musulmani”. Per la Russia, questi avvenimenti  non sono semplice oggetto di curiosità, in quanto in Egitto si trovano, come turisti, fino a 50.000 nostri concittadini. Quali sono, a suo parere, le cause di fondo di questi fermenti?

– Per individuarne le radici, così come quelle dei disordini della “primavera araba” nei Paesi vicini, è necessario guardare al progetto del “Grande Medio Oriente”, lanciato dagli Stati Uniti molti anni fa. Il suo scopo è quello di sostituire i governi, riplasmare la mappa politica della regione,  estesa e ricca di risorse energetiche, in modo tale da sottoporla al controllo di Washington. Per raggiungere tale scopo, era necessaria una strategia di “caos controllato”. Fatti che all’esterno vengono presentati come spontanei, inaspettati, sono in realtà il risultato di un lavoro sistematico sulla mente dell’opinione pubblica, che è diventata l’ultima vittima della cosiddetta “democrazia”. Può sembrare paradossale, ma l’intenso fervore religioso dell’Islam è stato utilizzato per soggiogare gli stessi popoli che professano l’Islam. L’agitazione è iniziata in Tunisia, si è poi diffusa in Egitto, quindi la distruzione e il saccheggio si sono spostati subito in Libia, mentre la Siria è stata scelta come prossima vittima. Adesso, con una sorta di rimbalzo dalla Siria, dove il governo legittimo ha vinto la guerra contro i mercenari dell’Ovest, un’ondata di shock si è propagata di nuovo in Egitto.

 Perché, secondo lei, questa ondata è tornata in Egitto?

– Non dimentichi che il movimento dei “Fratelli Musulmani” è stato creato negli anni ‘30 del XX secolo, con il coinvolgimento diretto dei servizi segreti britannici. Gli esperti strateghi e i servizi di intelligence occidentali conservano ancora oggi, in una certa misura, un’influenza diretta sui leader di questo movimento. Per tale motivo, non è saggio sottovalutare il ruolo della longa manus dei nostri “partner” d’Occidente negli avvenimenti egiziani. Due anni fa, con l’appoggio degli Stati Uniti, in Egitto sono andati al potere per la prima volta i fondamentalisti islamici, rappresentati dal movimento dei “Fratelli Musulmani”. Questo movimento è stato attivo per decenni, ma non è mai stato in grado di ottenere la vittoria in uno qualsiasi dei paesi del Medio Oriente e Nord Africa. Successivamente alle dimissioni del presidente Hosni Mubarak, la gente ha dato fiducia ai “fratelli” per correggere gli errori del precedente governo, per risolvere i rilevanti problemi sociali ed economici presenti nel Paese, per ottenere un miglioramento del tenore di vita complessivo di milioni di persone. E cosa è successo? Invece di impegnarsi in maniera costruttiva in tal senso, i leader di questo movimento hanno cominciato a lavorare per l’affermazione della sharia – un rigoroso sistema di regole religiose, molto differenti dal diritto civile comune. I leader del movimento dei “Fratelli Musulmani”, in questo modo, hanno semplicemente perso il controllo del Paese. Essi hanno preferito impegnarsi in speculazioni dottrinali, in sproloqui sulla religione,  ma non hanno affrontato i nodi dell’economia. Il popolo d’Egitto ha sopportato pazientemente per quasi due anni, in attesa di sviluppi positivi portati dai nuovi leaders relativamente ai bisogni e ai problemi della gente comune. La pazienza, però,  ha avuto un limite. Hanno preso il via, così, manifestazioni e proteste, alle quali, secondo alcune stime, hanno partecipato fino ad un massimo di 20 milioni di persone, ovvero circa un quarto della popolazione dell’ Egitto.

La leadership delle forze armate, forte del mandato morale ricevuto di fatto dal popolo, si è allora incaricata della rimozione dal potere del Presidente Mursi. Ciò era assolutamente necessario, in quanto i disordini promossi dai “Fratelli“ miravano a distruggere la coesione nazionale e sociale. Questi disordini hanno portato a centinaia di morti e a decine di migliaia di feriti. Pertanto, quello che è avvenuto non è stato il classico colpo di Stato militare. I militari, in Africa e in Medio Oriente, continuano a rappresentare la forza più organizzata della società, e talvolta debbono assumersi la responsabilità del destino del loro Paese. L’Esercito avrebbe potuto usare la forza per salvare il potere del Presidente Mubarak, ma allora l’umore del Paese non pendeva a favore di questa soluzione. Nell’ultimo caso, invece, le masse stesse hanno dimostrato contro il governo dei “Fratelli musulmani” e la rimozione dal potere di Mursi è stata solo un atto formale, il suggello ad un processo che già si era compiuto di fatto. La forza militare è stata usata contro coloro i quali avevano deciso di imporre la loro volontà sulla maggioranza della popolazione. Io credo che questo sia il secondo atto, dopo la vicenda siriana, della sconfitta  della strategia del “caos controllato”.

 Tuttavia, la quantità di raduni e manifestazioni  dei”Fratelli musulmani”, dimostra che essi hanno abbastanza sostenitori.

-Attenzione : le dimostrazioni sono iniziate in maniera pacifica, ma quasi subito si è passati ad una fase violenta, contro la Polizia e l’Esercito. Ciò significa che a scendere in piazza sono state non solo persone in disaccordo con le azioni dei militari, ma anche combattenti bene addestrati, capaci di assaltare stazioni di polizia e anche ben fortificate installazioni militari. Secondo molti osservatori, l’Egitto ha visto giungere all’interno dei propri confini dei mercenari che hanno prima combattuto contro il legittimo governo della Siria. Essi, dispersi ed espulsi dall’Esercito siriano, che ha saldamente in pugno la situazione, sono accorsi sul nuovo campo di battaglia come “cani da guerra“, nella speranza di trarne profitto. Questa gente ha portato in Egitto la sua furia distruttiva. Nel Paese, durante il periodo degli scontri i sostenitori di Morsi hanno distrutto decine di chiese cristiane e scuole, monasteri e ospedali gestiti dalle suore. La maggior parte dei malcapitati pazienti che si trovavano là erano musulmani! La presa della moschea di Al-Fateh al Cairo, è stato il culmine degli eventi. La resistenza organizzata dei “Fratelli Musulmani” è stata infranta. L’Esercito e la Polizia stanno gradualmente prendendo il controllo della situazione nelle città. Le Istituzioni statali, le banche, la borsa funzionano regolarmente. Per quanto riguarda i molti sostenitori di Morsi, che supportano sinceramente il movimento dei “Fratelli musulmani”, i militari sono pronti a dialogare con loro. I capi dell’Esercito hanno proposto ai leaders di questo movimento di entrare a far parte del governo di coalizione, ma l’ala estremista dei  “fratelli” ha puntato invece sull’uso della forza, sperando di poter vincere la battaglia. Questo piano è palesemente fallito.

 Comunque, il gran numero di morti e feriti negli scontri tra l’Esercito, la Polizia e i manifestanti ha suscitato una vasta attenzione internazionale e la condanna da parte di alcuni importanti Paesi, portando alla convocazione di una riunione urgente del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.

– Si deve prestare attenzione a chi ha sostenuto con particolare zelo l’abolizione dello stato di emergenza e, di fatto, ha appoggiato le azioni degli estremisti. Questo qualcuno sono gli Stati Uniti, il Regno Unito, la Francia (quelli che gridano più forte per la minaccia del terrorismo internazionale), così come il loro più fedele alleato in Medio Oriente, la Turchia. Dai paesi del Golfo, che hanno recentemente contribuito alla diffusione della “primavera araba”, la condanna alle azioni dei militari egiziani è venuta unicamente del Qatar. I più potenti (economicamente e politicamente parlando) Stati della regione, l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti, hanno preso posizione a favore dell’azione dell’Esercito dell’Egitto. Inoltre, il Medio Oriente ha cominciato a rendersi conto che tutti questi avvenimenti “spontanei” sono parte di un piano strategico degli Stati Uniti e dei loro alleati che prevede la manipolazione del fervore religioso islamico per raggiungere obiettivi in contrasto con gli interessi delle stesse persone che praticano l’Islam. Pochi giorni fa, il re dell’Arabia Saudita ha messo un punto fermo molto importante: ha parlato contro la politicizzazione dell’Islam.

 Come valuta gli interessi della Russia e la linea adottata dalla Federazione Russa rispetto all’Egitto?

Il Paese in questione è uno dei leader del mondo arabo, un caposaldo significativo nei rapporti di forza del Mediterraneo. Quindi, l’importanza strategica di buone relazioni con l’Egitto è difficile da ignorare. Il nostro rapporto si è evoluto in tempi diversi in modi diversi, ma le relazioni sono state generalmente amichevoli. L’Egitto è, nell’area, il nostro principale partner politico e commerciale. Credo che gli egiziani ricordino l’assistenza sovietica nel respingere l’aggressione di Israele, nonché nella costruzione della diga di Assuan sul Nilo. Questo è uno dei luoghi preferiti dai nostri connazionali che si recano laggiù da turisti. La Russia è interessata ad un pacifico, stabile, prospero Egitto. Penso che la politica della Russia nei confronti degli eventi egiziani nel loro insieme sia equilibrata e soddisfi gli interessi del nostro Paese.

 Traduzione di Luca Baldelli

http://www.statopotenza.eu/8589/i-fatti-degitto-risultato-della-politica-estera-degli-usa-in-medio-oriente

I fatti d’Egitto, risultato della politica estera degli USA in Medio Orienteultima modifica: 2013-08-25T22:50:00+02:00da davi-luciano
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