Ecco come lo stato chiede il pizzo a norma di legge

di LEONARDO FACCO

 Che lo Stato sia ladro han cominciato a capirlo in molti. Che sia anche un estorsore para-mafioso, invece, risulta ancora ostico da metabolizzare per molte persone. Chissà che la dettagliata, e documentata, storiella che vi racconterò non apra gli occhi anche a chi insiste nel sostenere che “lo Stato siamo noi”.

 Siamo alle porte di Milano, dove un amico – un professionista che si occupa di restauro di immobili – un brutto giorno riceve un’infausta raccomandata in busta verde. Il mittente è l’Agenzia delle Entrate, una garanzia per far ribollire il sangue a chiunque. Il destinatario è uno dei tanti contribuenti da spennare, ma soprattutto da infamare agli occhi dell’opinione pubblica come “evasore fiscale”.

 Tutto inizia con l’accertamento, ad opera dei funzionari del Fisco, delle dichiarazioni dei redditi “incongruenti” degli anni 2011 e 2012. In quel biennio, il mio amico ha acquistato un immobile d’un certo valore da rimettere a nuovo e poi rivendere. Per farlo, ha dapprima alienato un altro immobile di cui era proprietario e, successivamente, ha aumentato il suo “fido bancario” presso l’istituto di credito con cui lavora da sempre. Per la dottoressa “Vattalapesca”, dipendente di Befera, le cose starebbero diversamente e – a rigor di redditometro – l’ingegner, dottor “Spennato” non sarebbe per nulla congruo con le tabelle statali. Nel dettaglio: “Spennato” avrebbe “non dichiarato redditi per un valore di 250.000 euro” per ciascun anno preso in esame. Ergo, le imposte evase ammonterebbero a 102.000 euro il primo anno e 101.000 euro l’anno successivo.

 A questo punto, inizia il calvario. L’ingegnere contesta la cartella e la relativa multa da oltre duecentomila euro. Si reca (più di una volta), con dottore commercialista di fiducia appresso, negli uffici di madame “Vattalapesca” e mostra – con la sfilza di documenti alla mano e gli estratti conto del caso – che le cose non stanno come sostiene l’Agenzia delle Entrate. Tempo sprecato. Per “Vattalapesca” i numeri continuano a non quadrare. Il signor “Spennato” – su suggerimento del suo consulente (una spesa extra per la cronaca) – insiste nel trattare ragionevolmente con “Vattalapesca”, la quale, però, ribadisce: “Mi spiace, lei non è congruo, se non le va bene quel che diciamo può iniziare ufficialmente la contestazione per via giudiziaria, ma prima versa un terzo – come prevede la legge – di quanto le abbiamo elevato come sanzione”. In soldoni, per dimostrare le sue ragioni, “Spennato” avrebbe dovuto m ettere sul tavolo 60.000 euro circa per iniziare la trafila presso il giudice tributario. Qualora non avesse ottenuto giustizia in primo grado, avrebbe sempre potuto appellarsi e, versando un altro terzo della sanzione elevatagli, vedersi finalmente riconosciuta la ragione, come accade – stando alle cronache – nel quasi 70% dei casi simili al suo.

 Però, come spiegotogli dalla dottoressa “Vattalapesca”, onde evitare lungaggini del caso ed esborso di ulteriori denari. l’ingegnere avrebbe potuto conciliare, semplicemente pagando 7.500 euro. Traduzione: chiarito che non sono state evase le imposte – l’attività di “Spennato” è risultata a debito, come da fidi bancari ed estratti conto vari – per l’Agenzia delle Entrate il reddito del professionista continuava ad essere incongruente col “mitico” redditometro. “Spennato” s’è trovato, obtorto collo, di fronte ad un bivio: o conciliare l’incongruenza pagando 7.500 euro (tecnicamente si chiama “accertamento con adesione”), oppure vedersi aprire il contenzioso di cui sopra, con odissea connessa (che, tra l’altro, contempla anche che il reato amministrativo di “evasione fiscale” apra anche le porte ad un processo penale ed eventuale galera).

 Finale della storia? “Spennato” ha optato per sborsare 7.500 euro e i due avvisi di accertamento sono stati parzialmente annullati, chiudendo così la pratica.

 La morale della favola sta tutta in queste parole di Sheldon Richman:“In sintesi, il potere di imposizione produce necessariamente due classi: coloro che creano ricchezza e coloro che la estorcono con la predazione”. Lo Stato sono loro, anzi cosa loro…

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Ecco come lo stato chiede il pizzo a norma di leggeultima modifica: 2013-05-29T09:06:00+02:00da davi-luciano
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